XVII Legislatura

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 9 di Martedì 22 luglio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Brandolin Giorgio , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI FLUSSI MIGRATORI IN EUROPA ATTRAVERSO L'ITALIA, NELLA PROSPETTIVA DELLA RIFORMA DEL SISTEMA EUROPEO COMUNE D'ASILO E DELLA REVISIONE DEI MODELLI DI ACCOGLIENZA

Audizione del sindaco di Gradisca d'Isonzo, Linda Tomasinsig.
Brandolin Giorgio , Presidente ... 3 
Tomasinsig Linda , sindaco di Gradisca d'Isonzo ... 3 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 6 
Tomasinsig Linda , sindaco di Gradisca d'Isonzo ... 6 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 8 
Cominardi Claudio (M5S)  ... 8 
Ermini David (PD)  ... 8 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 8 
Tomasinsig Linda , sindaco di Gradisca d'Isonzo ... 8 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 9 
Tomasinsig Linda , sindaco di Gradisca d'Isonzo ... 10 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 10

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIO BRANDOLIN

  La seduta comincia alle 9.10.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che se non vi sono obiezioni la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, nonché mediante la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del sindaco di Gradisca d'Isonzo, Linda Tomasinsig.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del sindaco di Gradisca d'Isonzo, Linda Tomasinsig, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul problema dell'immigrazione.
  Prima di dare la parola al sindaco, che tra l'altro è neosindaco di Gradisca da due mesi (però è stata anche assessore per cinque anni e quindi conosce molto bene le problematiche di quel centro), la saluto e le do il benvenuto, anche a nome di tutti i partecipanti e della presidente, ricordando che, dopo il presidente dell'ANCI Piero Fassino, dopo il sindaco di Lampedusa e il sindaco di Milano, lei è il quarto sindaco che audiamo.
  Le do del tu, perché è giovanissima e ci conosciamo da parecchio. Io avrei due o tre temi da porti, anche a nome della presidente. Ovviamente, però, sei libera e autonoma nella tua illustrazione. Vorrei conoscere in generale le politiche dell'accoglienza del territorio e in particolare quali sinergie vengono stabilite d'intesa con la questura, la prefettura, la provincia di Gorizia, il commissariato e il governo di Trieste, relativamente ai problemi legati alla presenza sul tuo territorio di un CARA attualmente e di un CIE fino a sei mesi fa.
  In secondo luogo, vorrei sapere qual è la situazione e qual è la vostra idea relativamente alla possibile riapertura del CIE, anche se qui il Ministro Alfano ha dichiarato pubblicamente che l'eventuale riapertura del CIE dovrà esser concordata con l'assenso degli amministratori locali e della regione.
  Infine, vorrei sapere se e come affrontate il problema dei minori stranieri non accompagnati nel tuo comune e nei vostri comuni, e se e quanto siete stati coinvolti dall'ANCI, regionale o nazionale, sul cosiddetto «nuovo piano di accoglienza», che l'onorevole Fassino ci ha illustrato circa quindici giorni fa. Do quindi la parola al sindaco per l'illustrazione della sua relazione.

  LINDA TOMASINSIG, sindaco di Gradisca d'Isonzo. Ringrazio il vicepresidente e il comitato, che mi dà l'opportunità di rappresentare la situazione del mio comune, ma più in generale del territorio Pag. 4della provincia di Gorizia, relativamente alle tematiche che il vicepresidente ha introdotto.
  Sono problematiche che hanno un impatto molto forte sulla vita del mio comune e della comunità e che, in linea generale, credo debbano essere gestite in modo che ci siano una risposta e una soluzione strutturale, più che emergenziale, come è stato finora, anche se da molti anni il territorio della provincia di Gorizia si trova in prima linea ad affrontare i flussi migratori.
  In particolare, ricordo quelli dei primi anni 2000, quando arrivarono in gran numero i profughi dalle zone di guerra dell'ex Jugoslavia. Siamo ancora in terra di frontiera e in prima linea, in quanto stanno arrivando, sempre utilizzando la via terrestre, profughi e richiedenti asilo, soprattutto dal Medioriente, in particolare, attualmente, da Afghanistan e Pakistan.
  Per inquadrare un po’ il nostro territorio, Gradisca è un comune di circa 6.600 abitanti in provincia di Gorizia. È un centro storico, con un patrimonio artistico e storico abbastanza importante. Dal punto di vista economico, lavoriamo con i servizi; c’è una piccola imprenditorialità; il tessuto associativo della nostra città e in genere della provincia è molto ricco e interessante.
  Come ricordato nell'introduzione fatta dall'onorevole Brandolin, nel territorio comunale hanno sede un CIE con 248 posti autorizzati, un CARA e un CPA, per complessivi 200 posti. Tutte le strutture sono localizzate nello stesso spazio, quello di un'ex caserma.
  Il CIE è stato aperto nel 2006, con una posizione contraria molto forte dell'amministrazione comunale e di tutte le istituzioni del territorio, dalla provincia alla Regione. A quel tempo ci furono manifestazioni di protesta, ordini del giorno, mozioni e incontri, che partirono in realtà già nell'anno 2000, quando ci fu la proposta dell'allora Ministro Bianco di individuare la nostra caserma dismessa per l'apertura di un centro emigrati.
  Questa struttura si è caratterizzata, fin dall'inizio, per un elevato grado di conflittualità e tensioni sociali, sia perché furono realizzate manifestazioni di protesta, che tuttora sono frequenti, sia perché c'erano forze politiche contrapposte. Tutto questo ha portato a scontri con le forze dell'ordine e ad arresti. C’è, quindi, tensione sul territorio.
  Oltre a questo, ci sono state rivolte scoppiate all'interno della struttura del CIE, tentativi di fuga, danneggiamenti e atti di autolesionismo anche gravi. La scorsa estate ci sono stati dei disordini molto seri. Per settimane gli ospiti si sono rifugiati sui tetti nel tentativo di fuggire, finché uno di loro è caduto e, dopo otto mesi di coma, è morto nell'aprile di quest'anno.
  Con questo intendo dire che attorno alla struttura ci sono molta tensione e molta conflittualità. Tutto ciò ha un impatto molto negativo sulla vita della comunità.
  Oltre a ribadire in questa sede la contrarietà dell'amministrazione comunale alla presenza sul proprio territorio di questo CIE, che attualmente è chiuso per lavori di ristrutturazione – scusate se non l'ho detto prima – siamo qui a rappresentare anche la nostra contrarietà all'ampliamento della capienza del CARA, per le ragioni che poi vorrei esporre.
  Più in generale, vorrei porre all'attenzione del Comitato alcuni problemi che riguardano queste strutture e, come mi avete chiesto, anche il flusso di migranti in provincia di Gorizia.
  Partirei dal CIE. La struttura attualmente non accoglie cittadini extracomunitari, in quanto è chiusa per lavori di ristrutturazione, a seguito di quei gravi disordini che l'avevano resa inagibile. Ora sono in atto i lavori di ripristino delle parti danneggiate, che riguardano soprattutto gli apparati di sicurezza – reti e inferriate – che vengono rafforzati.
  Questi lavori non pongono rimedio a delle carenze strutturali che sono state evidenziate, in particolare da una relazione che è stata presentata dal direttore del servizio di igiene e sanità della nostra azienda sanitaria, che ha rilevato, appunto, gravi carenze igienico-sanitarie, tra Pag. 5cui, per esempio, l'impossibilità di garantire un'adeguata aerazione ai locali, sia alle camere che ai servizi igienici. Ripeto che, nel corso di questi recenti lavori, queste problematiche non sono state risolte.
  Riguardo alle condizioni dei trattenuti, durante le numerose visite di amministratori, di rappresentanti di associazioni, del Comitato Schengen qualche anno fa e della Commissione diritti umani del Senato l'anno scorso, queste sono sempre state ritenute gravi sotto il profilo del rispetto delle norme e anche del rispetto dei diritti umani fondamentali.
  In particolare, i detenuti del CIE di Gradisca si trovavano in condizione di particolare gravità: camerate con spazi all'aperto molto limitati, chiusi da gabbie e inferriate; uso dei cellulari vietato; attività di ricreazione e di socializzazione inesistenti; mancanza della mensa comune, che negli ultimi due anni era inagibile; divieto di libri e giornali; e, come vi dicevo, condizioni igieniche piuttosto gravi.
  Inoltre, ad appesantire questa situazione, nel CIE di Gradisca i tempi di trattenimento erano anche molto lunghi: si è arrivati ai diciotto mesi e addirittura al rilascio delle persone senza l'avvenuta identificazione.
  Per quanto riguarda le condizioni di lavoro degli operatori, sia del consorzio che gestisce l'accoglienza, sia del personale di polizia, mi preme sottolineare che anche queste sono difficili e insufficienti, anche dal punto di vista della sicurezza. Le organizzazioni sindacali della polizia l'hanno messo in rilievo più volte e hanno denunciato in particolare la carenza di personale e di mezzi. Le amministrazioni del territorio temono che queste carenze possano riverberarsi sulle condizioni di sicurezza all'esterno, con un ridotto presidio del territorio.
  Considerato tutto ciò, in questa sede, l'amministrazione di Gradisca d'Isonzo ribadisce, sostenuta da tante amministrazioni comunali del territorio che in questi giorni mi hanno fatto pervenire le loro mozioni di sostegno (dalla provincia di Gorizia, alla regione Friuli-Venezia Giulia), la richiesta di definitiva chiusura della struttura, in luogo della riapertura dopo i lavori di ripristino e dell'accoglienza di persone.
  Inoltre, mi sembra importante ribadire in questa sede che, per quello che vi ho detto riguardo alle condizioni della struttura e all'inagibilità dei locali, riteniamo inopportuna e anche impraticabile una riconversione di questa struttura in funzione di un ampliamento del CARA (centro di accoglienza dei richiedenti asilo), che si trova proprio nello stesso compendio. Per gli stessi motivi, riteniamo, quindi, impraticabile anche una riconversione della struttura in CARA.
  Per quanto riguarda il CARA e le politiche di accoglienza sul territorio da parte dei richiedenti asilo, vorrei esporre la nostra esperienza maturata nei sei anni di apertura del CARA a Gradisca d'Isonzo. I CARA sono stati pensati come strutture indipendenti dal territorio, nelle quali tutti i servizi sociali, sanitari e ricreativi sarebbero – uso il condizionale – erogati all'interno. Ciò che mi preme sottolineare in questa sede, è che in realtà i CARA hanno vaste ricadute sociali sul territorio, delle quali il sistema non si fa carico, tale onere ricadendo molto spesso sulle amministrazioni locali.
  Faccio degli esempi: manca l'integrazione con il sistema dei servizi sociali sul territorio, a cominciare dalla frequenza scolastica, ai corsi di formazione, all'assistenza verso le vittime di violenza, a quella per i problemi di salute mentale, ma anche per quanto riguarda il sistema dei trasporti. Il nostro CARA, infatti, si trova in una zona piuttosto periferica, non servita dal trasporto pubblico. Inoltre, nel CARA di Gradisca i richiedenti asilo sono scarsamente occupati e le attività ricreative e socializzanti sono molto carenti. Tutto ciò porta l'amministrazione comunale a cercare di sopperire rispetto a tali carenze, Per esempio, per l'integrazione scolastica e per garantire la frequenza dei minori, l'amministrazione comunale garantisce il trasporto scolastico, la mensa e, in questo periodo, la frequenza nei centri estivi, con risorse proprie.Pag. 6
  Allo stesso modo, l'amministrazione cerca di sopperire alla mancanza di corsi di formazione e di attività ricreative mediante progetti che sono stati messi in campo dall'amministrazione comunale stessa, sostenuta dalla provincia, dalla Regione, dalla sinergia con gli istituti scolastici del territorio e dal sostegno della prefettura di Gorizia.
  Tuttavia, per questi progetti di integrazione le risorse finanziarie sono sempre state molto scarse. Le abbiamo reperite in particolare dalla provincia e dalla Regione, che tra l'altro ci sta finanziando dal 2013 con un contributo triennale per delle progettualità che abbiamo messo in campo.
  Abbiamo aperto un centro di aggregazione diurno molto vicino, ma posto all'esterno della struttura del CARA, per lo svolgimento di corsi di italiano e di educazione civica, di laboratori di teatro e di musica e di attività di dopo scuola rivolte ai minori.
  Mi preme evidenziare anche un progetto che è stato attivato da noi, con il supporto di tutti gli enti che vi ho citato, per promuovere attività di volontariato degli ospiti sul nostro territorio. A gruppi di tre o quattro, gli ospiti hanno svolto attività di volontariato: hanno supportato, per esempio, le nostre squadre di manutenzione del verde e hanno anche frequentato dei corsi professionalizzanti presso l'istituto agrario che si trova nella nostra città.
  Tutto questo ha l'obiettivo di sopperire alla mancanza di servizi all'interno della struttura e di far fronte a quella tensione che c’è nella nostra popolazione riguardo alla presenza di queste persone sul territorio. Per prevenire intolleranza e rigetto nella popolazione, sono state quindi messe in campo queste attività.
  Peraltro, vi devo dire che le persone ospitate nel CARA escono e vivono il territorio e non mancano episodi negativi: piccoli furti, danneggiamenti e, ultimamente, la presenza molto forte di persone sulle rive del nostro fiume, dove bivaccano e si accampano. Abbiamo un abbandono di rifiuti e, quindi, un degrado ambientale che dobbiamo cercare di contrastare, anche con delle azioni nei loro confronti.
  Per esempio, lo scorso sabato abbiamo fatto assieme agli ospiti un'azione di pulizia del fiume con Legambiente.

  PRESIDENTE. Il fiume Isonzo !

  LINDA TOMASINSIG, sindaco di Gradisca d'Isonzo. Il fiume Isonzo, fiume sacro alla patria !
  Sulla gestione da parte del consorzio Connecting people, ci preme sottolineare che il consorzio è in grave crisi di liquidità ormai da molti mesi (almeno dal 2012). Questo significa che gli operatori del CARA sono loro stessi in difficoltà: non ricevono lo stipendio dal mese di gennaio e hanno ricevuto gli stipendi del 2013 solo in acconto; sono in cassa integrazione e non hanno ricevuto la cassa integrazione per tutto il 2014. I liberi professionisti che operano all'interno, in particolare il personale sanitario, non vedono saldate le fatture da più di un anno. Altri lavoratori in subappalto con altre cooperative a loro volta sono in difficoltà.
  Questo significa che le difficoltà finanziarie del consorzio si riverberano sui dipendenti. Si tratta di 70 nuclei familiari del territorio che, a loro volta, entrano in difficoltà e che poi chiedono supporto, giustamente, ai servizi sociali del comune.
  Queste difficoltà gestionali si riverberano, poi, anche sulla qualità dell'assistenza. In particolare, negli ultimi mesi l'assistenza sanitaria è gestita in maniera piuttosto difficoltosa, per la discontinuità della presenza del personale sanitario presso la struttura.
  In conclusione di questo capitolo sul CARA, vorrei riportare la nostra esperienza come territorio isontino. Tutto ciò ci porta a concludere che si tratta di un modello di accoglienza che non è funzionale, non è economico e genera tensioni sociali per la presenza di diverse centinaia di persone in un comune che, come vi dicevo, è piuttosto piccolo. Pag. 7
  Quello che si auspica è che il modello CARA venga superato a favore di un'accoglienza diffusa sul territorio, con progetti piccoli e medi, che sicuramente potranno essere più efficienti e più razionali, anche dal punto di vista dell'impiego delle risorse, possibilmente gestite dagli enti locali, che garantirebbero l'integrazione con i servizi sociali. Agli enti locali, però, vanno devolute le risorse per coprire integralmente i servizi e gli interventi che vengono offerti, cosa che invece adesso non avviene.
  I profughi che giungono sul nostro territorio non trovano completamente accoglienza presso il CARA. Ormai, da diversi mesi, il CARA si trova al limite della capienza: è saturo ! Ciò significa che i profughi che arrivano con l'aereo da Lampedusa, che sono quelli dell'operazione Mare Nostrum, vengono accolti nella nostra provincia, in parte, attraverso una convenzione tra provincia di Gorizia e prefettura, in strutture alberghiere; in parte, al di fuori della convenzione – quindi non rimborsati – sono ospitati dalla Caritas. In totale, attualmente, sono circa cento, che si aggiungono ai 200 della struttura CARA di Gradisca d'Isonzo.
  Quello che mi preme sottolineare come principale criticità, è che i profughi che giungono via terra arrivano sul nostro territorio spontaneamente e sono richiamati dal fatto che c’è la Commissione territoriale di Gorizia, che è l'unica Commissione territoriale che accoglie e processa le domande di asilo di tutto il Triveneto. Arrivano nella provincia di Gorizia perché c’è la Commissione territoriale e perché c’è un CARA che, tutto sommato, funge anche da rete di supporto per chi si trova all'esterno. Tuttavia, non c’è un protocollo di presa in carico di queste persone che sono sul territorio. Queste persone vengono segnalate, perché trovano rifugi di fortuna nei giardini pubblici o, come vi dicevo, sul fiume. Dopo la segnalazione, vengono prese in carico dalla Caritas e poi dalla prefettura, se ci sono ancora posti in convenzione per l'accoglienza in albergo.
  C’è quindi anche un problema di ordine pubblico, per la presenza di persone in condizioni non di sicurezza sul territorio. Inoltre, c’è il problema delle dimissioni dal CARA sia delle persone che sono diniegate, e che quindi vengono rilasciate senza mezzi e senza destinazione in un progetto SPRAR, sia delle persone che, come è successo in questi giorni, vengono espulse dal CARA per motivi disciplinari, e vengono quindi lasciate sul territorio senza mezzi e in attesa di trovare qualche ricovero di fortuna.
  Un'altra problematica è che anche le persone che trovano accolta la loro richiesta di asilo, spesso, non hanno il progetto SPRAR. Come sapete, i posti attualmente sono insufficienti, per cui l'integrazione dei rifugiati dopo l'ottenimento dello status è un po’ lasciata a quello che possono fare loro con i loro mezzi, che è molto poco.
  Vi devo dire che il mio comune ha anche il problema delle persone rilasciate, oppure inserite in qualche progetto SPRAR, che poi ritornano sul nostro territorio senza alcun mezzo. Anche in questo caso, ci dobbiamo «arrangiare» con i nostri servizi per trovare qualche soluzione. Con questo, avrei terminato i miei punti.
  Vorrei ora dire qualcosa riguardo ai minori stranieri non accompagnati. Per quanto riguarda il comune di Gradisca d'Isonzo, negli ultimi anni abbiamo avuto un numero di minori stranieri sempre al di sotto della decina. Ho i dati: a partire dal 2010 siamo sempre sotto la decina. Nel 2011 c’è stato un picco di 600 giorni di accoglienza in struttura dei minori.
  Il nostro comune, essendo un comune con un numero di abitanti inferiore ai 15.000, si vede ristornare totalmente le risorse impiegate per l'accoglienza in struttura. Finora abbiamo sempre avuto un indennizzo da parte della Regione, che copre totalmente tali spese. Questo, però, non succede per i comuni con una popolazione superiore ai 15.000 abitanti. Avendo avuto un incontro in prefettura a Trieste, qualche settimana fa, so che i comuni più grandi, in particolare Pordenone, Pag. 8Udine e Trieste, hanno invece il problema della copertura con i loro fondi di parte delle risorse utilizzate per l'accoglienza in struttura dei minori.
  Per quanto riguarda l'ANCI, ho ricevuto sia il resoconto del presidente Fassino, sia i documenti dell'ANCI nazionale. L'ANCI Friuli-Venezia Giulia si è espressa in particolare con la preoccupazione da parte dei comuni per l'emergenza che si è venuta a creare in questi giorni.
  So che, nonostante le difficoltà da parte dei comuni nel trovare le strutture, comunque la Regione Friuli-Venezia Giulia si è fatta carico, anche ieri, dell'accoglienza di 120 persone, che sono arrivate in una struttura di smistamento – un hub - che è stata costituita presso la sede della Protezione civile regionale a Palmanova e poi sono state dirottate nelle diverse province. Ho anche sentito che ieri sera venti persone sono arrivate nella provincia di Gorizia.
  Continuiamo ad accogliere dall'operazione Mare Nostrum, però – lo sottolineo di nuovo, perché è un aspetto che non riceve la stessa attenzione e non è visto come emergenza – continuiamo ad avere anche un flusso via terra. Si tratta di un flusso continuo, che va avanti, giorno dopo giorno, ormai da anni e che non è visto come emergenza, perché non raggiunge grossi numeri e anche perché, per loro fortuna, i migranti non vivono una situazione di pericolo quale è quella della traversata via mare. Comunque, è un flusso che esiste e persiste.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  CLAUDIO COMINARDI. Innanzitutto, la ringrazio per la presenza e per il contributo che ha dato al Comitato. Io vorrei solo avere una conferma rispetto a ciò che ho compreso della situazione attuale. Pare evidente che uno dei più grossi problemi sia l'assenza dello Stato, o meglio: lo Stato c’è, però, come ci ha raccontato poco fa, c’è una questione di degrado dei CARA e dei CIE, e quindi, forse, servirebbe monitorare meglio questa situazione e non lasciare che ricada tutto sugli enti locali. Inoltre, c’è la questione dei progetti SPRAR, che talune volte non partono.
  Riprendo una considerazione che lei ha fatto verso la fine del suo intervento, nella quale chiede che ci sia un'accoglienza vera e innanzitutto diffusa, che non ricada più soprattutto su piccole comunità come la sua, con piccoli progetti gestiti dagli enti locali.
  Vorrei sapere se riesce a esplicitare meglio quale ruolo dovrebbe avere l'ente locale in queste situazioni, magari con degli esempi concreti di realtà all'estero dove esistono esperienze diverse in tal senso.

  DAVID ERMINI. Lei ha fatto un accenno ai minori non accompagnati. Ha parlato di 600 giorni di picco, se ho capito bene. Come si conclude la vicenda dei minori non accompagnati ? Avete rapporti con il tribunale per i minorenni ? Ha detto – se ho capito bene – che sono meno di dieci all'anno, ma vorrei comunque conoscere l’iter che tali soggetti seguono, ed eventualmente gli affidamenti successivi.

  PRESIDENTE. Do ora la parola al sindaco Tomasinsig per la sua replica.

  LINDA TOMASINSIG, sindaco di Gradisca d'Isonzo. Sui minori non accompagnati, in realtà, arrivano le segnalazioni al comune per l'accoglimento di struttura, però non è il comune direttamente che se ne fa carico, se non per la gestione dei fondi e l'accoglienza in struttura.
  Non so neanche bene quale sia la conclusione di questi progetti, ma su questo devo dire che la Regione, per l'assegnazione dei fondi, finora, è stata sempre pronta.
  Ci sono anche dei progetti che vanno avanti oltre la maggiore età, per esempio, per la conclusione di un percorso scolastico. So che sono stati autorizzati diversi di questi progetti. In particolare, per quelli Pag. 9che durano più a lungo, succede che vengono portati fino alla conclusione, anche oltre la maggiore età, magari per qualche mese, in modo che si possa concludere un percorso formativo. Per quanto riguarda il mio comune di preciso, la problematica non è molto sentita, anche perché le strutture sono poche in regione e in realtà sono lontane. Per quanto riguarda, invece, il modello di accoglienza, si tratta di un'accoglienza diffusa su piccoli numeri. Un esempio è quello dei progetti SPRAR, che già ora vengono gestiti dagli enti locali. In provincia di Gorizia è l'ente provincia stesso che gestisce i 33 posti SPRAR, in prevalenza nel comune capoluogo.
  Io penso che il modello sia avere molti più posti SPRAR, in modo che i CARA diventino solo delle strutture di passaggio e non delle strutture di permanenza per così lunghi periodi.
  In questi anni sono venuta a contatto con persone che hanno trascorso nel CARA anche due anni, quindi, anche aldilà di qualsiasi previsione normativa. Alcune persone, in questi due anni, hanno fatto anche dei percorsi scolastici, per esempio per l'acquisizione del diploma di terza media, però hanno passato due anni nel CARA di Gradisca d'Isonzo, un'ex caserma militare, che non è una struttura in cui l'accoglienza può essere gestita al meglio, né tale da favorire una vera integrazione nel tessuto sociale.
  Il modello, quindi, è quello dei progetti SPRAR: piccoli appartamenti e piccole comunità negli enti. In quel modo, l'ente potrebbe gestire in prima persona anche tutto ciò che riguarda l'integrazione, e quindi i rapporti con i servizi sociali. Attualmente, i nostri servizi sociali non hanno rapporti con i richiedenti asilo del CARA.
  Per quanto riguarda la frequenza scolastica, come vi dicevo, noi facciamo ciò. Anni fa, tra l'altro, abbiamo firmato un protocollo con tutti gli enti del territorio e anche con gli istituti comprensivi per l'accoglienza a scuola, mettendo noi a disposizione, con risorse del comune, il trasporto e la frequenza, compresi la mensa scolastica e i centri estivi. Tuttavia, capirete che in questi momenti di difficoltà economica ciò è complicato. Non vorrei mai non poter garantire ai cittadini residenti a Gradisca d'Isonzo il centro estivo per i figli, quando lo voglio dare ai minori che sono presenti nel CARA.
  In questo momento, gli enti locali sono molto spaventati dal dover ospitare. Credo che ci si dovrà impegnare di più e coinvolgere anche l'Unione europea, perché non so quanto riusciremo a far fronte da soli, come sistema Italia. Tuttavia, i comuni, se messi nelle condizioni giuste, con un modello di accoglienza appropriato e con le risorse necessarie, potrebbero svolgere bene questo compito.

  PRESIDENTE. Faccio una domanda io. In questa prima parte ha già risposto anche ai colleghi. Qui, con il presidente Fassino, abbiamo capito che si sta predisponendo, anche per dare una risposta, questo nuovo piano di accoglienza. Ti avevo chiesto prima se l'ANCI regionale in qualche maniera si è fatta carico di organizzare questa accoglienza sul territorio della nostra regione.
  Mi fa piacere che è stato individuato un hub, perché qui il presidente Fassino aveva parlato proprio di un hub per ogni regione. È sbagliato dire «hub», perché non stiamo parlando di merci e di aeroporti, ma comunque avere un hub a Palmanova, presso la Protezione civile, è già importante, perché c’è un punto di riferimento e la struttura ospedaliera è a soli 50 metri. Vuol dire che qualcosa sta andando avanti su questo piano.
  Questo processo, che è iniziato un mese e mezzo fa con una conferenza Stato-Regioni, almeno nella nostra regione, da quello che mi stai dicendo, è partito (mi sembra anche abbastanza bene). Arrivano a Ronchi dei legionari con l'aereo; a 20 chilometri dal centro c’è l’hub, e da lì, poi, vengono distribuiti secondo i progetti SPRAR sul territorio, già organizzati dal commissario di governo e dalle prefetture: ho capito bene ?Pag. 10
  Vorrei sapere se questa è anche la tua idea su come portare avanti questo discorso dell'emergenza Mare Nostrum.

  LINDA TOMASINSIG, sindaco di Gradisca d'Isonzo. Tra l'altro, in questo modo si sono spostati piccoli gruppi di persone. Ieri sono arrivati in 120, ma i gruppi erano di 30-40 persone nelle diverse province. In ciascuna provincia, poi, le strutture accoglievano dei piccoli gruppi o addirittura delle famiglie.
  Penso che questo sia il modo migliore. Dal punto di vista logistico va abbastanza bene, nel senso che l'aeroporto del Friuli-Venezia Giulia è molto vicino all’hub di Palmanova e anche al CARA-CIE di Gradisca: è stato ben studiato.
  A Palmanova c’è la sede della Protezione civile regionale, nonché un ospedale contiguo, quindi, anche il presidio sanitario è garantito dalla Croce Rossa italiana a Palmanova. Poi c’è lo smistamento nelle diverse province.
  Qualche settimana fa ho partecipato a un incontro in prefettura a Trieste, in cui sono stati convocati, oltre che i prefetti delle altre province, anche i comuni con il maggior numero di abitanti delle diverse province e il comune di Gradisca per la presenza del CARA. Gli amministratori locali non sono felici. In particolare, gli amministratori delle zone turistiche hanno manifestato le loro difficoltà, soprattutto nel periodo estivo. Mi riferisco sia agli amministratori del mare, sia a quelli della montagna. In quella sede nessuno ha dato la sua disponibilità. Tuttavia, alla fine il Friuli-Venezia Giulia ha fatto la sua parte e i migranti vengono continuamente accolti.
  Bisogna anche dire che le persone che giungono in Friuli-Venezia Giulia si fermano pochissimo. Alcuni di loro sono anche accolti nel centro di prima accoglienza, che si trova nel CARA di Gradisca. So per esperienza che arrivano con l'aereo verso sera e al mattino si sono già allontanati, perché non vogliono essere identificati in territorio italiano. Per esempio, arrivano non identificati a Gradisca e poi si allontanano. Questo è un problema: ve lo segnalo.
  Il CARA di Gradisca è un'ex struttura militare e ha delle recinzioni. Vedere queste persone che di notte cercano di scavalcarle per andarsene, quando in realtà sono libere di farlo, non è molto dignitoso e non è un bel vedere.
  Comunque, loro si trovano in Friuli-Venezia Giulia, vicini alla frontiera, e quello che vogliono fare in realtà è raggiungere i Paesi del Nord Europa. A questo si potrebbe ovviare – penso che sia la vostra materia – rivedendo gli accordi di Dublino, perché tutto ciò è dovuto al fatto che non si vuole essere riconosciuti in Italia. Il fatto di mettere piede in Italia e di essere identificati in Italia, come sapete, li vincola a permanere sul nostro territorio e questo è comunque un problema.
  È un problema – lo segnalo – anche perché, dopo essere stati diniegati nelle diverse Commissioni dell'Unione, questi migranti ritornano nel mio comune e nella provincia di Gorizia, per la presenza della nostra Commissione territoriale. Abbiamo esperienza di persone che hanno già ricevuto il diniego praticamente da tutti i possibili Paesi europei e ritornano da noi. La loro richiesta, quindi, deve essere – così mi dicono – nuovamente presa in carico dalla Commissione territoriale: è un nonsense.
  Una volta che è stato ricevuto un diniego in un Paese dell'Unione, l'esperienza dovrebbe concludersi lì, purtroppo per loro, perché altrimenti il circolo è senza fine. Inoltre, sono persone che non trovano l'accoglienza, e quindi ingrossano le file di chi sta all'esterno.

  PRESIDENTE. Il sindaco ci ha consegnato una memoria, di cui sono state fatte delle fotocopie che adesso verranno distribuite, che illustra la relazione presentata dal sindaco, anche con la cronistoria, che è stata brillantemente illustrata questa mattina, della struttura nel nostro territorio. Ringrazio quindi il sindaco. Anche questi sono elementi di informazione e di valutazione che a noi servono, perché la Pag. 11realtà di Milano è una cosa, quella di Lampedusa è un'altra. La nostra realtà territoriale nasce, come è stato detto, da un'emergenza del 2000 rispetto a problemi che, all'epoca, erano legati all'ex Jugoslavia. Adesso i problemi sono diversi, però la struttura c’è, con tutte le questioni che il sindaco ha illustrato.
  Ringrazio anche i colleghi che sono intervenuti. Comunico che l'Ufficio di presidenza previsto per oggi non avrà luogo. Mi è stato detto di comunicarvi che la prossima settimana non ci saranno audizioni del nostro Comitato. Vedremo se prima di agosto ne faremo ancora un'altra, sulla base delle disponibilità degli auditi, che la presidente e la struttura stanno chiedendo già da diverse settimane. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.55.