XVII Legislatura

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 39 di Mercoledì 22 febbraio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ravetto Laura , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA GESTIONE DEL FENOMENO MIGRATORIO NELL'AREA SCHENGEN, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLE POLITICHE DEI PAESI ADERENTI RELATIVE AL CONTROLLO DELLE FRONTIERE ESTERNE E DEI CONFINI INTERNI

Audizione del presidente dell'Anci,
ing. Antonio Decaro.

Ravetto Laura , Presidente ... 3 
Decaro Antonio , presidente dell'Anci ... 4 
Ravetto Laura , Presidente ... 6 
Decaro Antonio , presidente dell'Anci ... 7 
Ravetto Laura , Presidente ... 7 
Decaro Antonio , presidente dell'Anci ... 7 
Ravetto Laura , Presidente ... 9 
Decaro Antonio , presidente dell'Anci ... 9 
Ravetto Laura , Presidente ... 9 
Orellana Luis Alberto  ... 9 
Ravetto Laura , Presidente ... 9 
Orellana Luis Alberto  ... 9 
Decaro Antonio , presidente dell'Anci ... 10 
Orellana Luis Alberto  ... 10 
Ravetto Laura , Presidente ... 10 
Arrigoni Paolo  ... 10 
Decaro Antonio , presidente dell'Anci ... 11 
Ravetto Laura , Presidente ... 11 
Arrigoni Paolo  ... 11 
Mazzoni Riccardo  ... 11 
Brandolin Giorgio (PD)  ... 12 
Ravetto Laura , Presidente ... 12 
Campana Micaela (PD)  ... 12 
Ravetto Laura , Presidente ... 13 
Decaro Antonio , presidente dell'Anci ... 13 
Ravetto Laura , Presidente ... 15 
Iuzzolini Lucia , legale Servizio Centrale SPRAR ... 15 
Ravetto Laura , Presidente ... 16 
Iuzzolini Lucia , legale Servizio Centrale SPRAR ... 16 
Ravetto Laura , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA RAVETTO

  La seduta comincia alle 8.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del presidente dell'Anci,
ing. Antonio Decaro.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente dell'Anci, il sindaco Antonio Decaro, che ringrazio di essere con noi. Come lei sa, presidente, questo Comitato bicamerale si occupa delle tematiche relative a Schengen e all'immigrazione. Abbiamo ascoltato la scorsa settimana il Ministro Minniti e, tra l'altro, negli scorsi giorni sappiamo che sono stati licenziati due decreti che arriveranno all'esame dell'Aula, di cui uno è relativo all'immigrazione e l'altro alla sicurezza. Naturalmente, ci interessa il suo parere e l'opinione anche dell'istituto che lei presiede relativamente al decreto sull'immigrazione e, in particolare, su questa nuova determinazione del Ministero dell'interno per la tipologia di accoglienza sul nostro territorio. Si è parlato di accoglienza diffusa, vorremmo da lei dei commenti in merito e vorremmo sapere se, nel dettaglio, ci può dare informazioni relativamente agli incontri che avete avuto anche con il Ministro. Le chiediamo se può fornirci dei dati numerici, quindi se ci sa dire in linea di massima quanti comuni hanno aderito allo SPRAR. Inoltre, vorremmo anche sapere quale sia attualmente la situazione del rapporto tra comuni e prefetti. In questa sede, lo stesso Ministro Minniti ha detto che bisogna valorizzare il ruolo dei sindaci. Effettivamente, si dice che le comunità locali, nella persona del sindaco, debbano essere probabilmente maggiormente coinvolte, anche relativamente alla numerica e all'individuazione dei luoghi dove accogliere i migranti, quindi le chiediamo se su quest'aspetto ci può dare dei dati.
  In più, chiediamo se potesse dare una parola di chiarezza a questo Comitato relativamente ai cosiddetti «fondi», che vengono messi nella disponibilità dei comuni, a seguito della risposta all'accoglienza. C'è un dibattito in corso sulla destinazione di questi fondi. Le chiediamo se il cosiddetto «bonus» possa essere destinato per i servizi a tutti i cittadini o se deve rientrare nel circuito dell'accoglienza.
  C'è un altro tema, su cui i sindaci vorrebbero chiarezza, relativo all'iscrizione all'anagrafe, quindi le chiediamo di spiegare se effettivamente c'è questo dovere di iscrizione rispetto ai permessi di soggiorno, magari di natura temporanea, e come può essere risolto o comunque se, secondo lei, è necessario accelerare o semplificare le procedure, che impongono poi ai sindaci, di fatto, di avere in carico i migranti anche durante il periodo della mera richiesta d'asilo. Il Ministro Minniti aveva ben presente questo tema, per il quale probabilmente ci si aspettava una soluzione nel decreto. Da una lettura ovviamente parziale, perché lo aspettiamo ancora in Aula, ci risulta che questo non sia effettivamente indicato, mentre nel decreto sono dettagliati i criteri dell'accoglienza diffusa, per cui le chiediamo se tali criteri soddisfano l'Anci.
  Le chiediamo di dirci qualche cosa sui nuovi CPR (Centri di permanenza per il Pag. 4rimpatrio). Capiamo che magari la sua non è una competenza diretta, ma lei comunque probabilmente sarà interessato, anche nel suo altro ruolo rispetto a quello di presidente dell'Anci, quindi vorremmo sapere se è stato discusso dove farli e come organizzarli. Poi, qualunque cosa relativa alla vostra attività e qualunque informazione che possa essere utile a questo Comitato o qualunque stimolo al Governo e anche al Parlamento, visto che poi dovremo discutere i decreti, o qualunque sua opinione in merito per noi sarà molto utile. La procedura ovviamente prevede che prima ascoltiamo il suo speech e poi lascerò la parola ai colleghi per le domande. La seduta naturalmente è pubblica e, per qualunque dato o qualunque cosa voglia dire in maniera secretata, può chiedere di interrompere la seduta.

  ANTONIO DECARO, presidente dell'Anci. Grazie, presidente. Buongiorno a tutti e grazie per l'invito. Il fenomeno del flusso migratorio, come sapete, nel nostro Paese è aumentato negli anni. Dagli sbarchi dei migranti nel 1999, che provenivano dall'Albania, a seguito della guerra del Kosovo, abbiamo avuto una presenza di migranti altalenante negli anni, a seconda delle condizioni geopolitiche, soprattutto nel territorio del Nordafrica e del vicino Medio Oriente. Inoltre, se proviamo a vedere i dati degli ultimi anni, abbiamo 170.000 migranti nel 2014, 153.842 nel 2015 e oltre 181.000 nel 2016, con un più 18 per cento rispetto al 2015.
  Il flusso migratorio purtroppo, all'interno del nostro Paese, in questi anni non è stato distribuito in maniera omogenea, motivo per il quale l'Anci ha fatto al Ministero dell'interno una proposta di distribuzione equa. All'interno delle quote di riparto tra le diverse regioni, che erano state stabilite nel 2014 con un'intesa Stato-regioni, abbiamo fatto una proposta, che è stata poi accettata dal Ministero. Abbiamo proposto una distribuzione equilibrata, sulla base della popolazione demografica, tra i diversi comuni che appartenevano a quella regione. Abbiamo individuato, quindi, dei coefficienti. Per tutti i comuni fino a 2.000 abitanti, il numero dei migranti da accogliere è pari a sei, mentre per tutte le città metropolitane, che sono 14 in tutto, la percentuale è di due migranti per ogni 1.000 abitanti. La differenza, a seconda del flusso migratorio, viene distribuita in percentuale tra i restanti comuni sulla base della popolazione, per una percentuale che si aggira attorno al 3 per mille, quindi, per ogni 1.000 abitanti abbiamo la presenza di tre migranti. Abbiamo fatto questa proposta, perché, se si analizza quello che è successo negli ultimi mesi e se si guardano i giornali o le riprese televisive e i telegiornali, anche di qualche mese fa, il problema del flusso migratorio non riguardava nemmeno il numero dei migranti in sé, rispetto a 60 milioni di abitanti, ma la presenza sul territorio. Uno dei casi eclatanti è stato quello di Cona, un comune di 3000 abitanti, in cui una caserma è stata utilizzata da parte della prefettura per farci un CAS (Centro di accoglienza straordinaria), diventando la sede per la presenza di 1.000 migranti, quindi abbiamo avuto 1.000 migranti in una comunità di 3.000 persone. L'altro caso eclatante è stato quello del comune di Bagnoli di Sopra con 1.400 migranti, anche in quel caso in una caserma, all'interno di una comunità di 3.500 persone, con un altro dato: la distanza tra Cona e Bagnoli di Sopra è di soli cinque chilometri, quindi è come se si trattasse di un'unica comunità. È chiaro che la presenza di 1.000 migranti in una comunità di 3.000 persone crea dei problemi ai 1.000 migranti – che sono tutti collocati all'interno della stessa caserma e hanno provenienze geografiche diverse, abitudini diverse e religioni diverse – ma anche alla comunità che accoglie, perché 3.000 abitanti vedono arrivare 1.000 persone, cioè un terzo della popolazione si riversa istantaneamente, nello stesso giorno, all'interno di quella comunità. Ci sono dei problemi dal punto di vista sociale, perché anche il servizio del trasporto pubblico diventa un problema, come è accaduto, per esempio, nella mia Bari, che notoriamente è una città accogliente. Abbiamo spiegato al Governo che così non poteva funzionare, perché quella non è un'attività che può essere fatta direttamente dalle prefetture, utilizzando Pag. 5 il sistema dei CAS, per il quale, a volte, si usa una struttura pubblica e, altre volte, poiché si fanno le gare, capita di utilizzare, soprattutto nel periodo invernale, strutture ricettive nei comuni della costa non utilizzate. Anche in quel caso, ci ritroviamo con presenze di 300 migranti in comuni di 500 abitanti, solo perché è stata utilizzata una struttura ricettiva.
  Questo sistema non funziona e abbiamo detto al Governo «lo gestiamo noi, come comuni, anche se non si tratta di una nostra competenza, e cerchiamo di utilizzare un'attività fatta negli anni dai comuni: il sistema dello SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati). Tale sistema negli anni è cresciuto, perché siamo partiti da 1.365 posti disponibili nello SPRAR all'inizio, quindi 14 anni fa, nel 2003, e siamo arrivati, nel 2014, ai 20.752 migranti accolti attraverso il sistema SPRAR. Nel 2015, abbiamo avuto 21.613 presenze e, nel 2016, sono stati 26.000 i posti. Quanti sono i comuni che, al momento del decreto, aderivano dal sistema SPRAR? In realtà, i sistemi SPRAR sono circa 800 e i comuni sono 1200, perché molti comuni fanno un sistema SPRAR attraverso un'attività coordinata, cioè presentano un progetto insieme al Ministero».
  Fino a qualche giorno fa, lo SPRAR era un sistema a progetto, cioè il comune singolo o associato presentava un progetto al Ministero e c'erano due finestre annuali per presentare il progetto, che il Ministero finanziava, per cui venivano forniti i soldi ai comuni, che poi si occupavano di accoglienza. Che cosa è successo con l'accordo? Il sistema SPRAR è stato adottato, ma non ci sono finestre per la presentazione dei progetti, nel senso che diventa un progetto sportello, per cui un comune o più comuni associati presentano un progetto e quel finanziamento che arriva al comune o ai comuni viene utilizzato per fare l'accoglienza attraverso il sistema SPRAR. Il sistema SPRAR non è un obbligo per i comuni perché è un sistema volontario. Il sindaco di un comune può decidere in piena autonomia se adottare il sistema SPRAR, per cui, se adotta il sistema SPRAR, scatta la clausola di salvaguardia, quindi nessun prefetto può utilizzare una struttura pubblica o una struttura privata per aprire un CAS, che è l'acronimo delle strutture gestite direttamente dalla prefettura, invece lo SPRAR è il sistema gestito in autonomia dei comuni. Ora, se un comune ha un sistema SPRAR e rispetta quella percentuale di cui ho parlato prima (tre migranti ogni 1.000 abitanti), nessun prefetto può portare ulteriori migranti all'interno di quella comunità.
  Per essere chiari e per fare un esempio concreto, posso dirvi che il comune di Cona doveva accogliere col sistema SPRAR nove migranti, dunque, se quel comune avesse adottato il sistema SPRAR, il prefetto non poteva utilizzare quella caserma e portare 1.000 migranti, perché questa è la clausola di salvaguardia. Il primo esempio di funzionamento della clausola di salvaguardia risale a qualche giorno fa ed è diventato fatto noto alle cronache. Il sindaco ha dovuto bloccare l'accesso a una strada, però aveva ragione, nel senso che il sindaco di Vitulano aveva aderito al sistema SPRAR e il numero dei migranti accolti con il sistema SPRAR era superiore alla percentuale prevista dall'accordo tra il comune e il Ministero dell'interno, quindi il prefetto non ha più portato i 40 migranti che stava per collocare all'interno della struttura del CAS. In quel comune, dove c'era uno SPRAR comunale e c'era un CAS gestito dalla prefettura, il prefetto non solo non ha più trasferito i migranti all'interno di quel CAS, ma ha anche chiuso il CAS, perché quel CAS non poteva essere aperto in quanto c'era già uno SPRAR che copriva i posti, quindi è scattata la clausola di salvaguardia.
  A oggi, i comuni in cui sono presenti i migranti sono 2.600. Non si tratta di accoglienza SPRAR, perché i comuni che accolgono con il sistema dello SPRAR sono 1.600, mentre i comuni dove c'è una presenza di migranti, perché c'è un CAS o un CARA (Centro di accoglienza per richiedenti asilo) che non è stato ancora chiuso o un sistema SPRAR, in tutto sono 2.600 su un totale di 8.000 comuni. È chiaro che più i comuni aderiscono al sistema SPRAR più c'è la possibilità di distribuire in maniera Pag. 6equilibrata il flusso migratorio. Questo non solo viene distribuito in maniera equilibrata, ma c'è anche la possibilità da parte del sindaco, facendo la gara per la gestione dello SPRAR, di porre dei paletti, dare delle indicazioni e mettere dei vincoli nell'individuazione della ubicazione del sistema SPRAR. Un sindaco può decidere, per esigenze territoriali, di tenere lo SPRAR all'interno del centro cittadino, perché magari lo vuole rivitalizzare o perché c'è un esodo, come nei comuni dall'entroterra, mentre un altro sindaco può pensare di tenerlo in una zona semiperiferica o di scegliere una zona periferica. Inoltre, se al comune spettano 40 migranti, un sindaco può decidere di metterli tutti in una struttura o di fare una gara a distribuirli magari in dieci appartamenti da quattro posti. Ecco, c'è la possibilità di tarare il servizio sulla base delle caratteristiche di quel comune. Molti sindaci, per esempio, si lamentano del fatto che le prefetture, attraverso il sistema della gara, individuano dei CAS in zone periferiche, che non sono nemmeno collegate col trasporto pubblico. Ci sono strutture al di là di strade provinciali e di strade statali nelle zone buie, quindi c'è questo flusso di persone che di sera, non avendo altra possibilità, attraversano a piedi le strade provinciali e le strade statali con tutti i problemi legati alla loro sicurezza.
  Questo è quanto stiamo cercando di fare. Ci deve essere un impegno della prefettura, quindi del Governo e del Ministero dell'interno, e dell'Anci regionale, ma anche, se scendiamo di livello, sulla base provinciale, per spiegare ai sindaci le condizioni dell'accordo e quelle che possono essere le opportunità. Poi, ovviamente, a decidere è la singola comunità o l'amministrazione comunale, perché non c'è un'imposizione da parte del Ministero, tantomeno ci potrebbe essere, quindi non c'è un'imposizione da parte dell'Associazione nazionale dei comuni.
  In merito ai fondi e al cosiddetto bonus, la legge di bilancio ha individuato un importo di 500 euro a migrante da conferire ai comuni con presenza di migranti, quindi non si tratta dei comuni che accolgono con sistema SPRAR, ma di tutti i comuni. Ai 2.600 comuni con presenza di migranti, o perché volontariamente hanno aderito a uno SPRAR o perché una prefettura ha portato in quel comune un CAS o perché ci sono ancora dei CARA o perché ci sono ancora dei CIE (Centri di identificazione ed espulsione), visto che ci sono ancora quattro CIE aperti, arriva un importo di 500 euro per ogni migrante, che può essere usato dal comune in maniera libera, rientrando all'interno del bilancio ed essendo spesa corrente. Ecco, il comune può decidere di impiegare quei fondi come meglio crede, quindi li può usare per la mensa scolastica, per il trasporto pubblico e per i servizi sociali, perché si tratta di una scelta che fa l'amministrazione. L'importo è una tantum – ora, non so se questo sarà ripresentato, ma speriamo di sì per gli anni a seguire – e viene utilizzato dal comune inserendolo all'interno delle spese correnti, quindi al titolo primo del bilancio del comune, in piena autonomia.
  Riguardo al tema del nuovo decreto sull'immigrazione, posso dire che questo ha previsto alcune cose. Il decreto è stato ovviamente concordato con l'Anci, infatti siamo stati ascoltati e abbiamo fatto delle proposte, di cui alcune sono state adottate. Tra i temi più importanti, il primo è quello della procedura per il rilascio del permesso di soggiorno. Come sapete, oggi, per ottenere un permesso di soggiorno bisogna passare attraverso una commissione territoriale, che, per fortuna, negli ultimi anni ha ridotto il tempo per esprimersi a nove mesi, perché prima ci voleva un anno e mezzo o anche due anni. Sono aumentate le commissioni territoriali, diventando 40, e si è incrementato il numero delle persone che ne fanno parte, quindi il tempo da circa due anni si è ridotto a nove mesi.

  PRESIDENTE. Al di là del tema dei nove mesi, bisogna capire quando inizia e quando finisce la pratica, perché, se, per aprire una pratica, impieghiamo sei mesi, ci sono molte pendenze. Il nuovo personale che viene dislocato di 250 unità andrà nei collegi giudicanti o è personale amministrativo? Lo chiedo perché io temo che sia personale amministrativo e che non ci sia un aumento dei collegi giudicanti realmente. Pag. 7 Comunque, questo probabilmente non è di competenza nostra in questa sede.

  ANTONIO DECARO, presidente dell'Anci. Questa è già la previsione del nuovo decreto, che ha previsto due aspetti. Innanzitutto, c'è l'assunzione di nuovo personale professionale all'interno delle commissioni, quindi le 250 persone vanno tutte nelle commissioni. Ora, non so se questi sono tutti componenti della commissione o personale tecnico amministrativo di supporto alla commissione, ma comunque è prevista una figura professionale, che prima veniva individuata su base volontaria, mentre adesso ci saranno delle persone professionalizzate per fare questa attività, in modo da contrarre ulteriormente i tempi e passare da nove mesi a probabilmente a sei mesi, come ci diceva il Ministro. Il primo tema presente nel decreto sull'immigrazione riguarda la contrazione dei termini per il rilascio o comunque per l'esame della richiesta di permesso di soggiorno, quindi la contrazione dei tempi da nove mesi a sei mesi. Il secondo tema è molto più importante e riguarda il ricorso. La maggior parte delle persone che ottengono un diniego poi fa ricorso e il 70 per cento di quei ricorsi ha una risposta positiva. La percentuale di dinieghi è aumentata: per esempio, nel 2016, il 60 per cento delle domande arrivate in commissione è stato respinto, però il 70 per cento dei dinieghi ha ottenuto poi una risposta positiva da parte del tribunale.
  Il tema riguarda appunto il tribunale: viene utilizzata una procedura analoga a quella dei processi civili con i tre gradi di giudizio, in un tempo stimato in 2 anni, quindi, a oggi, abbiamo nove mesi per la risposta della commissione, perché questi sono i tempi medi, e due anni per il tribunale. Ora, due anni e nove mesi sono quasi tre anni e rappresentano un problema serio che i sindaci avvertono all'interno del proprio comune, perché per tre anni ci sono persone che non sanno se ottengono o meno un permesso di soggiorno. Questi sono presenti all'interno delle strutture SPRAR, quando va bene, perché – magari poi vi lasceremo una documentazione per dimostrarlo – i sistemi SPRAR comunque non si occupano solo di accoglienza, ma cercano anche di fare un po’ di integrazione, fanno fare attività di volontariato, creano degli scambi culturali e a queste persone insegnano non solo la lingua, ma gli spiegano anche quali sono i diritti. Chi, invece, è presente all'interno dei CAS ha più difficoltà, perché, non essendo i CAS gestiti direttamente dal comune, non c'è l'assistente sociale e non c'è la struttura sanitaria integrata all'interno della comunità, quindi la situazione è un po’ più complicata.

  PRESIDENTE. Vorrei chiedere se può darci un'opinione. Noi abbiamo dibattuto, in questo Comitato, sul dato che lei ci ha fornito. Le commissioni territoriali non sono un covo di xenofobi, ma sono fatte di persone serie che applicano il diritto internazionale. Ora, se abbiamo quella percentuale di diniego e, quando usciamo dal tribunale, abbiamo il 70 per cento di ribaltamento di quelle decisioni, vuol dire che in mezzo c'è un baco. Dato per scontato che i giudici non sono sicuramente persone che si distanziano dalla legge, anzi la applicano così com'è, con la mia parte politica abbiamo ravvisato il baco nella diversità applicativa delle leggi, nel senso che il tribunale ha anche un'altra legge, quella della protezione umanitaria, che le commissioni non hanno.
  Detto ciò, ognuno può individuare dove vuole il problema, ma poi bisognerà decidere, perché non è normale che due istituti di tale rilevanza e anche preparazione, che sono sia i tribunali sia le commissioni, prendano decisioni così asimmetriche, quindi questo ovviamente è un tema che bisognerà anche portare di nuovo all'attenzione del Ministro della giustizia o dell'interno.

  ANTONIO DECARO, presidente dell'Anci. Il tema non riguarda solo il permesso di soggiorno, ma anche il permesso umanitario e i permessi che vengono rilasciati direttamente dal questore, per cui l'articolazione è abbastanza complessa. Questo decreto, però, da un lato potenzia le commissioni e dall'altro lato specializza i tribunali, Pag. 8perché ci saranno delle sezioni specializzate dei tribunali ordinari, che sono sede di Corte di appello, ed è prevista l'adozione di un rito semplificato, il che vuol dire che viene semplificata la procedura da parte del tribunale per i ricorsi relativamente al rilascio del permesso di soggiorno, quindi, anche in questo caso, è prevista una contrazione dei tempi a meno di un anno. Ora, considerando sei mesi per la commissione e meno di un anno per il tribunale, si dovrebbero dimezzare i tempi, passando da tre anni a circa un anno e mezzo, per ottenere il permesso di soggiorno e per avere un diniego rispetto alla domanda relativa al permesso di soggiorno.
  Sui centri per il rimpatrio, la posizione dell'Anci non è chiaramente definita, perché non sappiamo ancora che cosa saranno questi centri per il rimpatrio. I centri dovrebbero essere sedici e sono 1.600 le persone che saranno introdotte al loro interno. Noi abbiamo due temi che continuiamo a sottoporre al Governo. Il primo tema riguarda le Forze dell'ordine, perché, se c'è un centro per il rimpatrio, è chiaro che deve essere realizzata adeguatamente la presenza delle Forze dell'ordine. Noi sindaci non vorremmo che le stesse Forze dell'ordine dei nostri comuni prima utilizzate per mantenere le strade sicure, come la pattuglia della Polizia, la pattuglia dei Carabinieri e la pattuglia dei militari che in molti comuni stanno dando una mano alle Forze dell'ordine per la sicurezza urbana, vengano trasferite al controllo dei centri per il rimpatrio.
  Il secondo tema è: come deve funzionare il centro per il rimpatrio? Il Ministro ci ha spiegato che, nell'approvazione del decreto, il centro per il rimpatrio sarà diverso dal CIE, che era una specie di carcere amministrativo, dove c'era la badante alla quale era scaduto il permesso di soggiorno, ma anche la persona che era stata quattro anni in carcere e poi era stata portata nel CIE, che diventava così una struttura tipo carcere amministrativo. Ora, se una persona è stata in un carcere ordinario, perché ha commesso un reato all'interno del nostro Paese e ha scontato una pena di quattro anni, la procedura per il rimpatrio non deve essere fatta nel CIE, ma direttamente in carcere, o meglio, scaduto il termine della condanna, se c'è ovviamente la possibilità, procedi al rimpatrio. È inutile riportarlo in un altro centro, anche perché – lo ripeto – c'era una dicotomia, per cui trovavi contemporaneamente persone alle quali era solo scaduto il permesso di soggiorno con persone che avevano commesso dei reati.
  Dal Governo, vogliamo capire se le Forze dell'ordine saranno aggiuntive e non c'è un depauperamento della loro presenza all'interno delle nostre città, ma anche come deve funzionare nel dettaglio il centro per il rimpatrio, fermo restando che il tema più complesso non è l'istituzione del CIE, perché, alla fine, il centro per il rimpatrio ci può anche stare bene, ma è capire come fare il rimpatrio. Sul rimpatrio, c'è un tema di costi, perché, come abbiamo capito in questi anni, costa circa 25.000 euro rimpatriare una persona. E c'è un tema legato agli accordi con gli Stati di provenienza, perché tu puoi tenere nel centro per il rimpatrio una persona, ma, se non hai l'accordo col Paese d'origine per riportarla indietro, alla fine, scaduti i termini del centro per il rimpatrio, quella persona rimane comunque nella comunità senza avere un permesso di soggiorno.
  Quello dell'iscrizione all'anagrafe è un tema dibattuto. Avevamo tentato all'interno di questo decreto di eliminare la residenza anagrafica per chi ha ottenuto il permesso di soggiorno, però noi crediamo che quello sia un diritto, che non può essere contratto e sicuramente non poteva essere eliminato all'interno di un decreto. Credo che il dibattito parlamentare in questo senso potrà fare chiarezza. La possibilità dell'iscrizione all'anagrafe senza ottenere la residenza, nella prima versione del decreto, si riferiva a chi aveva un permesso di soggiorno, perché le norme sulla protezione internazionale, ma anche le norme del nostro Paese, prevedono che il permesso di soggiorno è un titolo a tutti gli effetti, quindi, se hai un permesso di soggiorno e sei presente in un comune, hai diritto ad avere la residenza in quel comune. Ora, se la norma debba essere modificata, certamente non poteva, Pag. 9essendo un diritto, essere modificata con un decreto, ma attraverso un iter legislativo, quindi credo che il dibattito parlamentare potrà in questo senso intervenire.
  Questi sono i temi riferiti all'immigrazione, che vengono affrontati quotidianamente da parte delle amministrazioni comunali. Credo che ci sia un altro tema, di cui non abbiamo discusso e che è previsto nel decreto immigrazione. Mi riferisco alla possibilità di partecipazione su base volontaria dei richiedenti asilo ad attività di utilità sociale. Non si tratta di un lavoro, anche perché, per il diritto internazionale, non si può obbligare nessuno a lavorare gratuitamente, infatti nessuno verrà pagato per questa tipologia di attività su base volontaria di utilità sociale. L'unico investimento economico previsto è la possibilità di utilizzare dei fondi europei per acquistare, per esempio, attrezzature o elementi necessari a svolgere quest'attività. Faccio un esempio per tutti: se un gruppo di richiedenti asilo, attraverso la struttura dello SPRAR o attraverso la prefettura, decide di collaborare a un'attività di pubblica utilità come la pulizia o la cura di un giardino, ci sarà la necessità di acquistare delle attrezzature per la cura del giardino, quindi l'unica spesa prevista, utilizzando fondi europei, può essere questa.

  PRESIDENTE. Mi pare di capire che ovviamente l'Anci sia d'accordo su quest'aspetto. Sul tema delle coperture assicurative per i migranti che effettuano questo lavoro, cosa può dirci?

  ANTONIO DECARO, presidente dell'Anci. La copertura assicurativa è ovviamente a carico della comunità, perché, anche se non si tratta di un lavoro, ma di un'attività di volontariato, è prevista, se uno svolge una attività che comporta dei rischi, la copertura assicurativa.

  PRESIDENTE. La ringrazio moltissimo perché ci ha fornito dati interessanti, che, tra l'altro, non avevamo, perché credo di non aver mai sentito specificare il costo del rimpatrio per migrante, e anche grazie per i numeri chiari sullo SPRAR nonché per la precisazione sul bonus, perché credo che lei sia abbia chiuso un dibattito importante sulle spese.
  Lascio la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LUIS ALBERTO ORELLANA. Ringrazio anzitutto il presidente dell'Anci, che effettivamente ci ha dato un quadro che non avevamo colto così bene nel dettaglio. Per quanto riguarda il decreto, vorrei dire che questo è stato un punto oggetto anche della precedente audizione del Ministro Minniti. Tra l'altro, sollecito gli uffici anche ad avere la risposta del Ministro ai nostri quesiti, perché l'audizione si chiuse, dopo la lunga prolusione del Ministro, con le nostre domande, ma le risposte ci sarebbero arrivate dopo, quindi io sollecito magari che ci arrivino queste risposte. Io avevo fatto una domanda, per cui in parte ha risposto...

  PRESIDENTE. Questo non è il tema dell'audizione e sicuramente gli uffici si premureranno di sollecitare il Ministro dell'interno, che ovviamente ha tantissime cose da fare, ma risponderà anche a noi.

  LUIS ALBERTO ORELLANA. Lo dicevo perché uno dei temi, per me, era stato quello del ricorso, che era stato espresso in questi termini, almeno da un punto di vista giornalistico e sul sito del Governo, cioè si è parlato dell'eliminazione della possibilità di fare ricorso, cui io sono assolutamente contrario. Da quanto ho capito dalle sue parole, sindaco, si sta pensando alla specializzazione dei tribunali e comunque a semplificare, quindi a fare un'altra via per ridurre i tempi, ma il ricorso resta. Per me, questo è fondamentale, mentre, sinceramente, nell'altra audizione avevo capito il contrario, quindi che il ricorso era scomparso e rimanevano solo il primo grado e un'eventuale remota possibilità di Cassazione, che di fatto non è praticabile. Resta il punto già evidenziato dalla presidente sulla differenza enorme tra i due dati, quello di rifiuto in prima istanza e quello di ricorso con esito positivo in seconda istanza, che credo meriterebbe un approfondimento, Pag. 10 grazie all'aiuto del Ministro dell'interno di nuovo oppure dal Ministro della giustizia, perché credo che questo sia il punto fondamentale.
  Sui dati, io ero rimasto – perché avevo partecipato anche a qualche incontro in particolare tra l'Anci-Lombardia e il prefetto Morcone alla fine dell'anno scorso a Milano – a un dato di 2,5 migranti per abitante. Adesso, il dato viene un po’ più calibrato, in quei tre casi (comuni fino al 2.000 abitanti, città metropolitane eccetera) che ci ha detto prima, ma questo dato risulta nel decreto o fa parte di un accordo, di cui si è già parlato ampiamente? Vorrei capire meglio questa realtà. Sul tema dei fondi, quindi sull’una tantum, vorrei capire se questo fa parte del decreto o della legge di stabilità?

  ANTONIO DECARO, presidente dell'Anci. Della legge di stabilità.

  LUIS ALBERTO ORELLANA. Per le situazioni in itinere, vorrei sapere se, in un comune che ha già un CAS e vuole partecipare allo SPRAR, il CAS immediatamente verrebbe chiuso oppure ci sarà una transizione e, in qualche modo, i due sistemi dovranno convivere, perché immagino ci siano comuni, che hanno già dei CAS e che magari vogliano aderire allo SPRAR per avere quei benefici, relativi al limite dei numeri, che sono sicuramente più bassi di un CAS. Il suo esempio del comune di Cona e di Bagnoli di Sopra è giusto, ma, in questa situazione, si sta pensando anche a un regime transitorio per gestire l'uscita da un sistema CAS per alcuni comuni e l'entrata in un più virtuoso sistema SPRAR? Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, senatore Orellana. Tra l'altro, le confermo che gli uffici hanno già sollecitato le risposte, quindi provvederemo quanto prima a fornirle. Le chiedo, prima di lasciare la parola al senatore Arrigoni, se, per caso, questo accordo è pubblico e se addirittura potremmo averne il testo, perché lasciarlo anche al verbale sarebbe veramente per noi utilissimo. Mi riferisco all'accordo relativo a questa numerica, che non credo sia nel decreto.

  PAOLO ARRIGONI. Oggi, apprendiamo che non è vero che esiste un parametro di 2,5 richiedenti asilo per 1.000 abitanti e che questo parametro è suddiviso in base alla dimensione dei comuni, quindi constato che questo è peggiorativo per i piccoli comuni, a vantaggio delle città metropolitane. Mi pare di poter dire che un comune con 200 abitanti prende sei richiedenti, quindi il parametro è peggiorativo per i piccoli comuni ed è a vantaggio delle città metropolitane. Detto ciò, visto che tra i parametri sono tre, vi chiedo se avete valutato qual è la capacità complessiva del Paese, posto che, se il parametro era di 2,5 abitanti per 60 milioni, avremmo avuto 150.000 capacità, contro un dato esistente che già ci dice che sono 175.000 i richiedenti asilo/persone che hanno già ottenuto lo status di rifugiato nel sistema di accoglienza. Si tratta di un numero sottostimato e mi verrebbe da dire che, se tutti i comuni aderissero al protocollo dell'Anci, probabilmente tutto questo non sarebbe sufficiente per contenere il sistema di accoglienza. Faccio un ragionamento «vuoto per pieno» che mi veniva semplice con il parametro di 2,5, mentre ora, non conoscendo il parametro della distribuzione nei comuni, il ragionamento diventa più complicato.
  Vorrei fare una domanda perché, qui, ci sono state date versioni diverse. Nel sistema SPRAR, permangono delle persone che già avevano ottenuto lo status di protezione internazionale o nazionale. In altri casi, invece, come penso di aver capito da quanto ha detto lei, chi aderisce al sistema SPRAR probabilmente riceve nel suo territorio anche dei «semplici» richiedenti asilo. Vorrei capire qual è la versione corretta: nello SPRAR ci sono solo persone che hanno ottenuto lo status di protezione o anche semplici richiedenti asilo? Lo chiedo perché questo è fondamentale e penso di farmi interprete della protesta di molti sindaci; anch'io lo sono stato fino a poco tempo fa. La protesta deriva dal fatto che il nostro Paese accoglie una massa di persone e, alla fine di un percorso che dura, come ha detto lei, tre anni, solo il 5 per Pag. 11cento ottiene lo status di rifugiato, o meglio la maggior parte si dimostrerà essere fatta da clandestini, quindi quella domanda che le ho fatto è fondamentale.
  Le pongo anch'io la domanda fatta dall'onorevole Orellana: per chi aderisce al sistema SPRAR e ha già sul suo territorio un CAS, questo viene immediatamente rimosso? Inoltre, qual è la tempistica? L'avete già concordata?
  Sul fondo di 500 euro a migrante, le chiedo: se un comune ospita per un mese un migrante arrivato all'inizio di dicembre, questo ha diritto a percepire i 500 euro oppure i 500 euro sono riconosciuti per la permanenza di almeno otto mesi o nove mesi o un anno? Vorrei aggiungere, per trasparenza nei confronti dei sindaci, che, se non ricordo male, per il 2016, i 500 euro sono stati garantiti con una legge che ha preceduto la legge di stabilità, mentre sul triennio questa cifra viene garantita oppure è solo sul 2017?
  Sulla carta di identità e l'iscrizione all'anagrafe comunale, i sindaci sono molto preoccupati, come lei sa benissimo, e sono stato contattato da molti di essi. Lei ha detto che non è possibile negare l'iscrizione all'anagrafe comunale e il rilascio della carta d'identità per chi ottiene un permesso di soggiorno. Questo può anche star bene, ma, siccome oggi viene posto loro il diritto di richiedere il rilascio della carta d'identità, nel momento in cui uno richiede asilo, trovo che questo sia veramente sconvolgente, come ha ammesso anche il prefetto Morcone, che si era anche impegnato in qualche modo a mettere mano a questo problema, che purtroppo non vediamo risolto nel decreto. Le chiedo, essendo lei il presidente dell'Anci, di farsi portavoce a tutela dei molti sindaci, perché questo è veramente un problema preoccupante, anche perché, poi, c'è un altro aspetto da considerare. La sparizione di molte persone, che, senza informare nessuno, lasciano il CAS o il centro SPRAR, impone a voi sindaci l'avvio di un procedimento lungo e costoso per la cancellazione dall'anagrafe comunale di un richiedente asilo/persona che ha ottenuto uno stato di protezione. Sulla garanzia che queste persone sul proprio territorio non debbano gravare sul bilancio comunale in ordine ai servizi di welfare, avete fatto richiesta o meno?
  Infine, sono sobbalzato sulla sedia, sentendo il dato di 25.000 euro per migrante in ordine al rimpatrio...

  ANTONIO DECARO, presidente dell'Anci. È una stima che abbiamo fatto noi, le spiego da dove deriva...

  PRESIDENTE. Ce lo spiega dopo...

  PAOLO ARRIGONI. Questo dato potrà sembrare alto, ma pure mantenere un richiedente asilo nel sistema di accoglienza, che, dopo tre anni, dimostra di essere clandestino, per tre anni ci costa oltre 35.000 euro, quindi più del costo del rimpatrio.
  Ho un'ultima domanda da porre e mi scuso con i colleghi. Lei non ritiene, per avere un quadro complessivo del sistema dell'accoglienza e della gestione dei migranti nel nostro Paese, che i numeri ufficiali, che, oggi, riguardano gli ingressi relativi solo agli sbarchi, debba essere ricompreso e integrato anche dei numeri non meno importanti di coloro che arrivano via terra, che non sono poche decine di persone, ma sono decine di migliaia, quindi sono una fetta importante rispetto alle 150.000 o alle 170.000 persone dello scorso anno registrate come ingressi via mare?

  RICCARDO MAZZONI. Grazie, presidente. Io farò solo tre domande molto brevi, quindi si tranquillizzi. Mi sembra che il buco nero di questo decreto siano i CPR, cioè i CIE trasformati in CPR. I CIE sono stati un fallimento, tanto che su dodici solo quattro sono ancora aperti. Ora, io ho letto nel decreto che si aumenta da 30 a 45 giorni il periodo di permanenza. Tuttavia, ci sono alcune difficoltà per i rimpatri, come si è visto ieri, quando 50 migranti che venivano rimpatriati hanno devastato un traghetto. Con le difficoltà per il costo e per i mancati accordi bilaterali con altri Paesi eccetera, io temo che poi la permanenza nei CPR diventerà molto più lunga. Certo, è previsto un numero complessivo di 1.600, ma questo mi sembra Pag. 12molto limitato, o meglio è giusto, se commisurato alla permanenza di un mese o 45 giorni, ma, se poi la permanenza si prolunga, quei centri diventano sovraffollati, generando i soliti problemi che abbiamo avuto con tutte le altre strutture. Vorrei sapere cosa ne pensa.
  In secondo luogo, i comuni aderenti al sistema SPRAR sono molto pochi, se commisurati al numero complessivo dei comuni. Ma a un sindaco conviene prendersi comunque un numero certo e limitato di immigrati, piuttosto che veder entrare in una struttura, come una vecchia caserma eccetera, centinaia di immigrati tutti insieme, per decisione del prefetto. Quindi, sulla clausola di salvaguardia, le chiedo come mai così pochi comuni l'hanno finora applicata? Mi aspettavo un'adesione molto più entusiastica.
  Inoltre, le chiedo se può spiegarmi meglio la questione sulla residenza anagrafica. Questa è rimasta nel decreto o non è stata più affrontata? Grazie.

  GIORGIO BRANDOLIN. Anch'io vorrei fare una domanda già fatta da altri colleghi riguardo ai comuni in cui ci sono già dei CAS o dei CARA. Abbiamo degli esempi sul territorio, di cui lei ne ha riportati due, ma io potrei specificarne altri nel nord est, dove abbiamo piccoli comuni con presenza di centinaia e centinaia di migranti. Vorrei capire la tempistica e come si può risolvere il problema per far sì che i comuni aderiscano allo SPRAR, quindi si chiuda il CARA o il CAS.
  Vorrei fare una seconda domanda sulla tempistica dell'applicazione della clausola di salvaguardia. Sono 1.600 i comuni che hanno aderito allo SPRAR e ho sentito che voi state facendo, se ho ben capito, un'azione di sensibilizzazione sul territorio attraverso l'Anci regionale e le strutture provinciali. Che tempi pensate di prevedere per arrivare a una partecipazione molto più numerosa dei comuni all'accordo tra Anci e Ministero.
  Infine, l'ultima domanda riguarda il problema dei rimpatri. Avevo posto una domanda al Ministro sui pochi accordi bilaterali tra il nostro Paese e quelli in cui dovremmo rimpatriare queste persone. Vorrei sapere se anche voi pensate di stimolare il Governo e l'Europa per poter avere questi strumenti. Lo dico perché, altrimenti, il discorso dei rimpatri è molto difficile. Sono rimasto un po’ impressionato dai 25.000 euro di costo stimato per ogni rimpatrio, per cui le chiedo se ci può fornire altri elementi, perché li ritengo un costo elevato.
  Vorrei anche sapere come pensate di individuare i sedici centri di rimpatrio regione per regione. Il Ministro diceva di distribuirli uno per regione e sappiamo che questi sono già individuati nella legge, con nome e cognome, territori eccetera. Tuttavia, io non ho visto ancora il decreto, che non è arrivato ufficialmente, giusto?

  PRESIDENTE. In Aula, non l'abbiamo ancora ricevuto, ma lo riceveremo.

  MICAELA CAMPANA. Non ho ascoltato la relazione iniziale, quindi, se già sono state fatte queste domande, mi scuso. Molte delle domande che sentivo immagino debbano essere rivolte al Ministro e non al Presidente dell'Anci, nel senso che ho ascoltato molte domande riguardanti in particolare il decreto. Rispetto ai sindaci, ho letto che il pacchetto di misure adottate dal Consiglio dei ministri prevede anche la possibilità di far svolgere ai richiedenti asilo politico delle attività di volontariato. So che alcuni comuni già stanno sperimentando questa strada, quindi vorrei capire anche quanti sono questi comuni e se questa sperimentazione sta andando bene. In particolare sulle regioni colpite dal terremoto, immagino che oggi quelle sperimentazioni siano sospese, ma che magari possano essere utili in seguito.
  Sulla questione del pacchetto che riguarda il decreto, forse – lo dico anche al Presidente – sarebbe utile, una volta che il decreto arriverà ufficialmente in Aula, risentire anche il Ministro di competenza.
  Sui rimpatri, penso che la volontà del Governo e anche quella del Ministro di continuare le collaborazioni con i Paesi terzi e con i Paesi di provenienza dei richiedenti asilo politico possa essere un'indicazione che so che già l'Anci ha posto, sia in Conferenza Stato-regioni sia nelle relazioni Pag. 13 e nella documentazione che ho visto. Grazie.

  PRESIDENTE. Il Ministro ci ha già onorato della sua presenza. Chiameremo senz'altro il sottosegretario con delega. Do la parola al presidente Decaro per la replica.

  ANTONIO DECARO, presidente dell'Anci. Cercherò di rispondere in dettaglio a tutte le domande. L'accordo di 2,5 migranti per ogni 1.000 abitanti non è previsto nel decreto, ma è un accordo che abbiamo fatto tra l'Anci e il Ministero dell'interno. Il dato di 2,5 era legato al flusso migratorio fotografato in quel momento, che era di circa 150.000 persone, anche se sono state 180.000, e lo abbiamo tarato a 200.000 migranti, quindi, se facciamo 200.000 migranti diviso 60 milioni di abitanti, ci ritroviamo con il dato pari a tre. Tuttavia, come vi ho detto prima, il dato di tre per ogni 1.000 può essere anche di 2,7 o 2,8 o 2,6, perché questo dipende da tre elementi. Innanzitutto, la percentuale per ogni regione non è uguale dappertutto, perché ogni regione ha una capacità di accoglienza che è stata stabilita nel 2014 con l'intesa Stato-regioni, quindi la quota dipende dal numero dei migranti che devono essere accolti da quella regione. Poi, ci sono le due ali laterali. La prima è quella sui piccoli comuni e la seconda è quella sulle città metropolitane. Perché sulle città metropolitane il dato passa a 2 ogni 1.000 abitanti? Non si tratta di un favore alle città metropolitane, ma questo dipende dal fatto che le città metropolitane sono già sede di CAS, che devono essere chiusi e di cui, poi, parlerò nello specifico, e ci sono i CARA, che in molti casi non possono essere chiusi. Inoltre, ci sono gli hotspot, che, pur non facendo parte dello SPRAR si trovano nelle città metropolitane, e ci sono i Centri permanenti per il rimpatrio, che ospitano migranti fuori dal sistema SPRAR e CAS. Infine, ci sono i minori stranieri non accompagnati, che non vengono distribuiti sulla base della popolazione, ma si trovano dove ci sono aziende e cooperative che gestiscono questo servizio, per il quale l'assegnazione viene fatta direttamente dal tribunale per i minori. Questi si concentrano tutti nelle città metropolitane, dove ci sono aziende e cooperative che gestiscono il servizio per i minori stranieri non accompagnati.
  Quindi, all'interno delle città metropolitane, ci sono: i minori stranieri non accompagnati, che vengono assegnati direttamente dal tribunale per i minori; i CARA, che non sono chiusi; gli hotspot, dove i migranti, dopo il loro arrivo, stanno temporaneamente e poi vengono distribuiti; i CAS; gli SPRAR, perché questi centri sono presenti in molte città metropolitane, come anche nella mia. C'è una concentrazione elevata che va fuori da quel conteggio, quindi mettere anche la stessa aliquota per le città metropolitane sembrava eccessivo.
  I piccoli comuni non sono penalizzati perché è vero che in un comune con 200 abitanti possono arrivare sei migranti, ma il sistema SPRAR porta all'associazione, perché, come spieghiamo nelle riunioni dell'Anci, non è opportuno che un comune di 200 abitanti gestisca in autonomia uno SPRAR, ma è opportuno che si associno quattro o cinque o sei comuni, raggiungendo una popolazione maggiore, su cui si fa il calcolo, quindi in quel comune di 200 abitanti, cui dovrebbero essere destinati sei migranti, magari ne arrivano due, perché i migranti vengono distribuiti in maniera equa attraverso un sistema SPRAR gestito dai comuni associati.
  Per quanto riguarda i 500 euro, posso dire che questi sono individuati all'interno della legge di bilancio. Si tratta di un contributo una tantum e l'importo non dipende dal fatto che sei un comune che adotta lo SPRAR, quindi un comune che accoglie, o se sei un comune che è sede di un CAS, che è arrivato dalla prefettura, o sede di un hotspot o di un CARA. La cosa importante è che ci sia la presenza del migrante. Per rispondere a un'altra domanda, la fotografia restituisce la situazione al 24 di ottobre, quando è stato calcolato il numero dei migranti presenti nei diversi comuni ed è stata stabilita l'assegnazione di 500 euro per migrante. Il 25 di ottobre potrebbero essere anche aumentati Pag. 14 o diminuiti i migranti, ma bisognava individuare comunque una data all'interno del decreto per una norma di bilancio.
  Per quanto riguarda la questione dei servizi del welfare, sia nel caso del sistema CAS che del sistema dello SPRAR, quindi di gestione del Ministero e delle prefetture o di gestione dei comuni, comunque c'è un minimo di struttura welfare, nel senso che comunque con i fondi europei il Ministero o alle prefetture o ai comuni paga quanto fatto all'interno di questi centri, che prevede anche attività di welfare, di servizi sociali. Ci sono dei servizi di integrazione e c'è la possibilità di usufruire del mediatore culturale o di frequentare un corso di lingua. Le attività previste per i servizi sociali sono già pagate attraverso il finanziamento dello SPRAR o il finanziamento del CAS. Ovviamente, la presenza dei migranti che hanno chiesto il permesso di soggiorno ha un impatto sulla società, perché quella presenza ha un impatto sul trasporto pubblico, sui servizi sociali e su tutto il sistema della comunità. È chiaro che una parte di quell'impatto viene ammortizzato dal finanziamento sia per il sistema SPRAR sia per il sistema del CARA.
  Poi, è stato sollevato il tema dei 25.000 euro. In base al calcolo che abbiamo fatto, il costo massimo è di 25.000 euro, perché comunque ci sono i costi di viaggio per il rimpatrio e il costo per l'accompagnamento. La persona deve essere accompagnata da due componenti delle Forze dell'ordine e non si può solo mettere in un aereo per rimpatriarlo, in quanto è necessario che questa sia accompagnato. Il calcolo che abbiamo fatto è di circa 25.000 euro. Quello del costo è un tema, ma il tema vero è quello che avete sollevato anche voi e che riguarda gli accordi con i Paesi di provenienza. Lo dico perché c'è una difficoltà, se non hai un accordo con il Paese di provenienza, cosa che ho capito non solo dalle interlocuzioni col Ministro, ma anche leggendo i giornali. Il tema di questi giorni riguarda appunto gli accordi con i Paesi di provenienza per permettere un rimpatrio più facile, perché, se non hai l'accordo, diventa quasi impossibile poter rimpatriare una persona.
  I CAS saranno soppressi nella fase di attuazione del programma. Il numero dei comuni che aderiscono allo SPRAR è di 1.200, ma riguarda la fotografia fatta prima dell'accordo. È chiaro che il numero dei comuni sta aumentando in maniera esponenziale, per cui il dato sarà noto a fine marzo, perché c'è stata una call da parte del Ministero, che ha chiesto ai comuni di cominciare a presentare la progettazione, quindi, a marzo, sapremo quanti progetti sono stati presentati e, qualche giorno dopo, capiremo quanti di quei progetti sono stati approvati. Come si chiudono i CAS? Le prefetture fanno una gara annuale, per cui, a oggi, ci sono delle scadenze già in molte province. La prefettura che fa la gara guarda l'elenco dei comuni e, se c'è un comune che ha uno SPRAR con quell'aliquota di circa 3 migranti per ogni 1.000 abitanti, lo cancella. La prefettura, quando fa la gara, dice «cerco la disponibilità di strutture ricettive per un anno e per un certo numero di migranti» e cerca questa disponibilità all'interno della provincia di Bari, ma tra i comuni cancella quelli dove c'è già allo SPRAR. Ci sono, infatti, comuni che hanno aderito allo SPRAR prima della gara e hanno fatto scattare la clausola di salvaguardia, quindi non rientrano nella gara della prefettura, mentre altri comuni, che avevano lo SPRAR, ma il numero dei migranti accolti era inferiore rispetto al numero previsto da quell'accordo con il Ministero dell'interno, hanno subito aumentato il numero delle persone all'interno dello SPRAR per far scattare la clausola di salvaguardia. Di certo, in quel caso la prefettura deve cancellare quei comuni dalla gara per forza, perché c'è un accordo.
  Ho fatto l'esempio di Vitulano, perché noi tutti abbiamo chiamato il Ministero. Anch'io ho chiamato il Ministro, che ha telefonato al prefetto, e il CAS è stato chiuso, quindi non stati più portati i migranti ed è stato chiuso il CAS. È chiaro che si tratta di un'opportunità per comuni. Certo, nel caso di comuni che non vogliano aderire, ovviamente non scatta la clausola di salvaguardia. Non è mica detto che un comune debba per forza aderire. Può darsi che non ci siano strutture pubbliche o Pag. 15ricettive o appartamenti in fitto o aziende che vogliano investire all'interno di quel comune, per cui non ci saranno migranti, ma può capitare il contrario e, in quel caso, io non posso aiutare da Presidente dell'Anci il sindaco, nel senso che possiamo parlare solo con la prefettura.
  In tal senso, sollevo un altro tema: anche nella gestione dei CAS la prefettura deve stare più attenta. Non è accaduto in questi anni, però non è normale utilizzare una caserma e non c'è bisogno della clausola di salvaguardia, perché si tratta di buon senso. Mettere 1.000 persone in una comunità di 3000 abitanti è chiaro che ha un impatto sociale sulla comunità e che quell'impatto può portare anche a fenomeni di intolleranza, anche nel caso di persone che sono normalmente tolleranti. Si tratta di un motivo di opportunità, quindi la richiesta che noi abbiamo fatto al Ministero, indipendentemente dal percorso che stiamo facendo con gli SPRAR, è stata di dire «anche nella gestione dei CAS, cercate di stare attenti». In effetti, se c'è già un CAS che orientativamente ha un numero di migranti paragonabile a quello dello SPRAR, è inutile che in quel comune si aumenti il numero dei migranti e poi si cerchi un'altra struttura. Sarebbe più utile farlo in un comune vicino, che magari non ha nemmeno un migrante. Abbiamo chiesto, per motivi di opportunità, un comportamento che segua il buon senso anche da parte delle prefetture.
  Poi, c'è il tema dei Centri per il rimpatrio, che erano quattordici per 1.500 posti. Non abbiamo mai superato i 5.000 rimpatri. Quando i CIE invece sono scesi, come dicono i giornali, a quattro centri, anche se, in realtà, sono cinque, il numero dei rimpatri è rimasto pressoché lo stesso. In merito, i giornali scrivono di 5.000 rimpatri, ma in realtà sono 3.000 o poco meno ma non dipendono dal numero dei centri per il rimpatrio. In realtà, se gestito bene, il centro per il rimpatrio potrebbe essere quella struttura che permette di attivare le pratiche per il rimpatrio. Lo dico perché, se uno non ottiene il permesso di soggiorno, da quel momento in poi diventa irregolare sul territorio del nostro Paese e c'è la necessità di doverlo rimpatriare. Ora, per attivare la procedura per il rimpatrio, sempre se ci sono gli accordi con i Paesi di origine, è opportuno che quelle pratiche vengano fatte all'interno di un centro, che, se vogliamo, possiamo chiamare Centro permanente per il rimpatrio e a noi sindaci può anche stare bene, perché l'importante è che, per sorvegliare quel centro, non vengano utilizzate le Forze dell'ordine che stanno sul nostro territorio.
  Le procedure del volontariato, in realtà, sono già attive, perché la norma impedisce il lavoro prima dell'ottenimento del permesso di soggiorno, offrendo già la possibilità di fare attività di volontariato. Ricorderete una circolare del Ministero, la «circolare Morcone», che dava questa possibilità. Nei centri SPRAR, il volontariato era uno degli elementi che dava una premialità, quando bisognava presentare i progetti che venivano valutati e per i quali non c'era lo sportello, perché c'erano due bandi annuali del Ministero. Il fatto di fare attività di volontariato era un elemento premiante per ottenere il finanziamento. Devo dire la verità, se volete vi lasciamo o vi trasmettiamo la documentazione, ci sono anche, con tutte le difficoltà e con tutti i problemi del flusso migratorio, dei casi interessanti di attività di volontariato, che hanno portato più che all'accoglienza a fenomeni di integrazione. Nelle zone del terremoto, quelle attività di volontariato ci sono state e sono state anche importanti.
  Sul tema dell'anagrafe comunale, che è molto tecnico, io, se mi permettete, lascerei la parola all'avvocato, per spiegare nel dettaglio qual è la norma, anche se è rimasta la stessa, perché non c'è mai stata una nuova norma nel decreto. C'è stata l'ipotesi di inserire una modifica, che sembrava ledere un diritto sancito non solo da una norma nostra, ma anche dal diritto di protezione internazionale, quindi c'è stata una pausa di riflessione da parte del Governo.

  PRESIDENTE. Immagino si tratti dell'avvocato Lucia Iuzzolini, legale Servizio Centrale SPRAR.

  LUCIA IUZZOLINI, legale Servizio Centrale SPRAR. Per quanto riguarda l'iscrizione Pag. 16 anagrafica, così come per la cancellazione, che sono i due punti sui quali si focalizzava l'attenzione, vale esattamente quanto disposto dal regolamento anagrafico n. 223 del 1989, per le modalità dell'iscrizione. È chiaro che questo vale con una serie di debite particolarità, perché, tra i documenti, viene richiesta la dimora abituale di almeno tre mesi all'interno di un centro, quindi dal quarto mese in poi, e un documento valido, che, in questo caso, è il permesso di soggiorno perché vale a tutti gli effetti come documento di riconoscimento. C'è stata in agosto una circolare del Ministero dell'interno che prevedeva, così come da regolamento anagrafico, anche la possibilità di poter attivare, attraverso una convivenza anagrafica, una via più snella di iscrizione anagrafica, ovvero il capo convivenza, che in genere è il responsabile del Centro, procede con l'iscrizione e poi successivamente con la comunicazione all'anagrafe di tutte le variazioni.
  Per quello che riguarda la cancellazione, effettivamente si procede così come disposto dallo stesso regolamento anagrafico; tra le ipotesi, c'è la morte della persona oppure il trasferimento in altro luogo certo, per il quale è immediato il trasferimento della residenza anagrafica, oppure c'è la cancellazione per irreperibilità, per il quale ci sarà una vacatio di circa un anno, nel quale il Centro, dove prima era domiciliata o residente la persona, viene monitorato dai vigili per verificare effettivamente l'assenza, dopodiché si procederà con la cancellazione. In merito, non ci sono delle norme particolari, ma esattamente quelle disposte dall'ordinamento.

  PRESIDENTE. Grazie, il suo discorso è molto chiaro. Magari si potrebbe anche pensare che i Centri, se uno diventa irreperibile, lo comunichino al sindaco.

  LUCIA IUZZOLINI, legale Servizio Centrale SPRAR. Una delle grandi «soluzioni» della convivenza anagrafica consiste nel fatto che il responsabile della convivenza comunica, contestualmente, dall'iscrizione a tutte le variazioni, diversamente c'è l'obbligo individuale di chi si è iscritto.

  PRESIDENTE. Si tratta di un punto importante, che alcuni sindaci lamentano, anche se non sappiamo se sia vero che succede.
  Vorrei ringraziare moltissimo il presidente e vi faccio presente che il presidente è la prima volta che parla formalmente dinanzi al Parlamento di questi temi. Vogliamo ringraziarlo particolarmente perché ci ha fornito molti dati. Tutti i documenti che ci manderete sono i benvenuti.
  Voglio ringraziare anche chi lo accompagna, la dottoressa Veronica Nicotra, segretario generale Anci, la dottoressa Adriana Logroscino, portavoce del presidente Anci, l'avvocato che abbiamo appena ascoltato, Lucia Iuzzolini, e la dottoressa Camilla Orlandi, responsabile del Dipartimento politiche per l'integrazione e l'accoglienza Anci, la dottoressa Angela Gallo dell'ufficio stampa Anci.
  Dichiaro conclusa la seduta.

  La seduta termina alle 9.45.