XVII Legislatura

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 18 di Mercoledì 2 marzo 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ravetto Laura , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA GESTIONE DEL FENOMENO MIGRATORIO NELL'AREA SCHENGEN, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLE POLITICHE DEI PAESI ADERENTI RELATIVE AL CONTROLLO DELLE FRONTIERE ESTERNE E DEI CONFINI INTERNI

Audizione dell'Ambasciatore di Svezia in Italia, S.E. Robert Rydberg.
Ravetto Laura , Presidente ... 3 
Rydberg Robert , Ambasciatore di Svezia in Italia ... 4 
Ravetto Laura , Presidente ... 5 
Rydberg Robert , Ambasciatore di Svezia in Italia ... 5 
Ravetto Laura , Presidente ... 6 
Rydberg Robert , Ambasciatore di Svezia in Italia ... 6 
Ravetto Laura , Presidente ... 7 
Mazzoni Riccardo  ... 7 
Brandolin Giorgio (PD)  ... 8 
Ravetto Laura , Presidente ... 8 
Conti Riccardo  ... 8 
Ravetto Laura , Presidente ... 8 
Rydberg Robert , Ambasciatore di Svezia in Italia ... 9 
Ravetto Laura , Presidente ... 10

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA RAVETTO

  La seduta comincia alle 8.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione dell'Ambasciatore di Svezia in Italia, S.E. Robert Rydberg.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'Ambasciatore di Svezia in Italia, S.E. Robert Rydberg, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla gestione del fenomeno migratorio nell'area Schengen. Prima di tutto, ringrazio l'ambasciatore per essere qui con noi oggi. Sappiamo che lei è da circa sei mesi nel suo ruolo. Noi, oggi, l'ascoltiamo nell'ambito di questa indagine conoscitiva che, in particolare, è volta ad analizzare le problematiche dell'area Schengen, in relazione alla reazione che vediamo, nell'ambito di alcuni Paesi dell'area Schengen, di chiusura e di volontà di ripristino dei controlli interni, a causa della difficoltà della gestione dei flussi migratori.
  Abbiamo già ascoltato molti ambasciatori e tutti i ministri interessati. Oggi, naturalmente ascoltiamo lei che è un interlocutore per noi molto importante. Abbiamo, infatti, già ascoltato gli ambasciatori di Francia, Germania, Gran Bretagna, Ungheria, Austria, Russia e Danimarca, la rappresentante del Governo regionale del Kurdistan iracheno, gli ambasciatori di Tunisia, Egitto, Marocco e Israele.
  Secondo quanto risulta a questo Comitato, recentemente sette Paesi dell'area Schengen hanno reintrodotto controlli alle rispettive frontiere interne; in particolare l'Austria, la Danimarca, la Francia per alcuni giorni in seguito agli attacchi terroristici, la Germania, la Norvegia e la Svezia, dal 12 novembre 2015 al 9 marzo 2016. Risulta, inoltre, che da martedì 23 febbraio 2016 anche il Belgio abbia ristabilito temporaneamente i controlli alla frontiera con la Francia per la questione, a noi tutti – ahimè! – nota di Calais. Le decisioni di ripristinare i controlli alle frontiere interne da parte di un numero crescente di Stati membri, rendendo sempre più precaria la libera circolazione, destano preoccupazione per la tenuta complessiva del sistema Schengen. A tale proposito, risulta al Comitato, anche da notizie stampa (ANSA del 25 gennaio 2016) che il Ministro dell'interno svedese, Anders Ygeman, al suo arrivo al Consiglio dell'Unione europea del 25 febbraio scorso, abbia dichiarato: «È difficile essere ottimista di questi tempi, ma abbiamo bisogno di una soluzione europea, se vogliamo avere l'Accordo di Schengen, per cui l'Unione europea deve mantenere i suoi obblighi e le decisioni che sono state prese per affrontare la crisi dei profughi». Le chiediamo di riferire, nell'ambito delle sue competenze, la posizione del suo Governo in merito.
  Il secondo punto riguarda l'espulsione dalla Svezia di coloro cui è stata rifiutata la richiesta di asilo. Risulta al Comitato (Corriere della Sera del 28 gennaio 2016) che il suo Governo abbia annunciato una stretta nella politica migratoria. La Svezia, infatti, secondo quanto reso noto dal Ministro dell'interno, Anders Ygeman, si preparerebbe a espellere tra le 60.000 e le 80.000 persone cui è stata rifiutata la richiesta di asilo. Il Pag. 4Ministro ha spiegato che, considerato il numero di migranti respinti, il Governo utilizzerà voli charter per riportarli a casa, nell'arco dei vari anni.
  Il problema dei rimpatri, almeno per l'Italia – magari i colleghi mi correggeranno – è sempre quello di avere degli accordi di rimpatrio con i Paesi di destinazione dove queste persone vengono rimpatriate. Su questo, i numeri comunicati dalla Svezia sono numeri importanti, per cui le chiedo se può dirci qualcosa sulle destinazioni e se la Svezia è riuscita a chiudere degli accordi di rimpatrio con questi numeri. Lo chiedo perché, per esempio, all'interno del Comitato spesso lamentiamo ancora una scarsa capacità dell'Europa in sé di chiudere accordi di rimpatrio, demandandoli ai singoli Stati dell'area europea. In merito, vi chiediamo se siete stati in grado di farlo perché parlare di questi numeri significa avere accordi di rimpatrio importanti.
  Nella riunione del Consiglio europeo dei Capi di Stato e di Governo e del Consiglio dei ministri dell'interno europei del 18 e 19 febbraio sulla crisi dei rifugiati, il Consiglio europeo dei Capi di Stato e di Governo, sulla questione dell'immigrazione, ha ribadito in sostanza l'esigenza di un'accelerazione sulle misure già concordate. Inoltre, secondo quanto dichiarato dal Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, al Parlamento europeo il 24 febbraio scorso, lo spazio Schengen sarà anche un punto chiave del vertice con la Turchia che si terrà il 7 marzo prossimo e del Consiglio europeo del 17 e 18 marzo prossimo. Il 25 febbraio scorso si è svolto anche un Consiglio dei ministri dell'interno europei in cui il Consiglio ha raggiunto un orientamento generale sulla proposta di Regolamento finalizzata a modificare il Codice frontiere Schengen, rafforzando, di fatto, le verifiche nelle banche dati pertinenti delle frontiere esterne. I ministri hanno anche discusso una proposta di Regolamento relativa all'istituzione di una Guardia costiera e di frontiera europea.
  Su questo, le chiediamo se può darci la posizione del suo Paese. Nel nostro Comitato, abbiamo discusso più di una volta della necessità di rafforzare le frontiere esterne per evitare le chiusure delle frontiere interne e abbiamo chiesto a tutti gli Ambasciatori se, a questo proposito, la posizione del loro Paese è di contrarietà o di favore rispetto a una «Forza di frontiera esterna» o «Forza di polizia di frontiera esterna», come l'ha chiamata recentemente un membro del Governo italiano.
  Da ultimo, le chiediamo la posizione del Governo svedese, in relazione alle nuove proposte presentate dalla Commissione dell'Unione europea per la gestione delle migrazioni. Il 9 settembre 2015 la Commissione europea ha presentato nuove proposte di gestione delle migrazioni, tra cui il ricollocamento di 120.000 richiedenti asilo all'interno dell'Unione europea, in aggiunta alla proposta di maggio 2015 di ricollocazione di altri 40.000. Purtroppo, sappiamo che le ricollocazioni, a oggi, sono veramente poche. Non conosco il numero esatto che dovrebbe essere tra i 563 e i 583 ricollocati. Comunque, parliamo di numeri limitatissimi: circa 280 dalla Grecia e altri 260 dall'Italia. Le chiediamo qual è la posizione del Governo svedese su questo e se, secondo lei, bisogna insistere anche su questo tema.
  La ringrazio, ambasciatore, e le cedo la parola.

  ROBERT RYDBERG, Ambasciatore di Svezia in Italia. Grazie. Signora presidente e membri del Comitato, buongiorno. Innanzitutto, vorrei ringraziarvi per l'invito che ho apprezzato perché questa è un'occasione per discutere con voi di una questione di massima importanza per entrambi i nostri Paesi che è anche una priorità politica per noi e per l'Europa. Parlerò stamattina della politica europea e svedese, i cui temi sono ovviamente legati, e risponderò alle vostre domande specifiche, rimanendo comunque a disposizione del Comitato per eventuali chiarimenti.
  Permettetemi, in un modo forse più giornalistico che diplomatico, di cominciare con la mia riflessione e il mio messaggio fondamentale. Su questa questione così importante, la Svezia e l'Italia sono partner. Noi lavoriamo insieme e abbiamo bisogno di continuare a farlo affinché l'Europa Pag. 5 si assuma finalmente e pienamente la sua responsabilità. Lasciatemi anche esprimere un sincero apprezzamento, sia per le importanti operazioni italiane di soccorso nel Mediterraneo sia per la generosa prima accoglienza a Lampedusa e in altre comunità colpite. Siamo lieti di lavorare con voi, tra l'altro, nell'ambito dell'Operazione Sophia (EUNAVFOR-Med).
  Abbiamo già fatto qualche progresso insieme. L'Accordo europeo sul meccanismo di ricollocazione è stato un passo significativo. È stato un momento simbolico e, per me, commovente essere all'aeroporto di Ciampino con il Ministro Alfano e i rappresentanti dell'Unione europea, quando il primo gruppo di rifugiati eritrei transitava dal sud Italia al nord della Svezia. Certo, l'attuazione è mancata e, anche se fosse stato implementato l'Accordo, sarebbe solo stato un inizio.
  Dobbiamo ricordare il quadro più ampio: il mondo non ha, dopo la seconda guerra mondiale, mai visto così tanti rifugiati e sfollati, come li stiamo vedendo ora, e non abbiamo mai affrontato così tante catastrofi umanitarie e di tale portata allo stesso tempo. La maggior parte di queste è il risultato delle guerre, del terrorismo e della repressione politica in tutte le sue forme.
  La Svezia è un leader mondiale nell'assistenza umanitaria; compresa l'esperienza dell'Alto Commissariato delle Nazioni Uniti per i rifugiati sotto la sua nuova leadership italiana. La Svezia è stata, per molti anni, uno dei Paesi europei che ha, relativamente parlando, ricevuto il maggior numero di richiedenti asilo, pur avendo una popolazione inferiore a quella della Lombardia. Il numero di domande d'asilo in Svezia è stato tra le 20.000 e 30.000 ogni anno, per oltre un decennio, aumentando a 54.000 domande nel 2013, a 81.000 domande nel 2014 e a 163.000 domande nel 2015. Si tratta del 12 per cento delle domande di tutta l'Unione Europea benché la nostra popolazione sia il 2 per cento di quella europea. Il numero dei minori non accompagnati è aumentato ancora più rapidamente: siamo passati da 4.000 minori non accompagnati nel 2013 a 7.000 casi nel 2014 e a 35.000 nel 2015. Vi ripeto che tutti i numeri menzionati si riferiscono non alle persone arrivate, ma ai richiedenti asilo in Svezia, come destinazione finale.
  Tutti coloro che vengono in Svezia per richiedere asilo hanno diritto a una procedura per il riconoscimento che è corretta e sicura. Negli ultimi anni, circa il 55 per cento delle domande è, di fatto, stato accettato. Si tratta di uno dei tassi di approvazione più alto in Europa.
  Lei ha menzionato, signora Presidente, un'intervista fatta al Ministro dell'interno svedese, Anders Ygeman. Ci sono state alcune interpretazione errate nella diffusione a mezzo stampa della sua dichiarazione. Il Ministro ha osservato che, con lo stesso tasso di domande accettate e respinte degli ultimi anni che, come ho detto, sono circa il 55 per cento, non sarebbe comunque stato concesso l'asilo ai 60.000 o agli 80.000 che sono arrivati nel 2015. Il Ministro non ha affatto detto che stiamo programmando di espellerli in qualsiasi momento. Per mettere le cose in prospettiva, vorrei dire che circa 2.000 o 3.000 persone all'anno sono ormai andate via dalla Svezia per tornare nei loro Paesi di origine contro la loro volontà. Tale cifra forse aumenterà, particolarmente perché speriamo di vedere una cooperazione più efficace con i Paesi di origine. Molte più persone, però, continueranno a lasciare la Svezia volontariamente, dopo che la procedura legale avrà determinato che non hanno il diritto d'asilo. Purtroppo, come accade anche nel caso dell'Italia, alcuni cercheranno di nascondersi.

  PRESIDENTE. Mi scusi, ambasciatore. Se ho capito bene i numeri 60.000 e 80.000 che sono stati annunciati dalla stampa italiana come rimpatri, in realtà non sono rimpatri e si tratta di soggetti che non hanno diritto a ottenere la richiesta di asilo. In merito, la domanda che le pongo è: cosa succede a questi soggetti? Lo chiedo perché teoricamente sono soggetti che comunque dovrebbero essere rimpatriati.

  ROBERT RYDBERG, Ambasciatore di Svezia in Italia. Si tratta di una stima del Pag. 6Ministro sul numero di coloro che non hanno il diritto di asilo. Noi non possiamo sapere il numero prima che il processo legale sia concluso.

  PRESIDENTE. La ringrazio. L'ho chiesto perché è questo un punto fondamentale.

  ROBERT RYDBERG, Ambasciatore di Svezia in Italia. Certo, si tratta di un punto fondamentale, dove l'interpretazione, non solo in Italia ma anche in altri Paesi, non è del tutto corretta. I richiedenti asilo in Svezia vengono di solito alloggiati in Centri di accoglienza. Tuttavia, con l'immenso afflusso dell'autunno scorso, cioè di 10.000 persone alla settimana nei mesi di ottobre e novembre, noi abbiamo dovuto aggiungere altri tipi di alternative, come i centri di vacanza stagionalmente in disuso, i padiglioni sportivi, le tende eccetera. Ai richiedenti asilo viene fornita una diaria e, in alcuni luoghi, anche del cibo. Essi hanno il diritto all'assistenza medica e i bambini possono andare a scuola. I richiedenti non hanno, però, il diritto di lavorare, prima di aver ottenuto il permesso di asilo. Ovviamente, tutto questo ha un costo. Secondo i dati del Fondo monetario internazionale, le spese per l'accoglienza dei rifugiati in Svezia, in percentuale del PIL, sono circa due volte superiori a quelle, per esempio, della Germania o dell'Italia. Detto questo, il costo non è il problema principale. L'economia svedese va bene, con una crescita del PIL di 4,1 per cento nel 2015. Oltre agli aspetti morali e politici che riguardano il fatto di aiutare le persone nel momento del bisogno, è convinzione mia e, tuttora, di una maggioranza degli svedesi, che la nostra società guadagnerebbe se si potesse integrare con successo una generazione di giovani e nuovi arrivati, disposti a studiare, lavorare e vivere stabilmente con noi.
  Visti i numeri estremi delle persone arrivate sei mesi fa, è diventato, però, evidente che un afflusso costante di tale entità non renderebbe possibile un'accoglienza degna. Ecco perché il Governo ha deciso di andare in Parlamento e chiedere l'autorità di prendere una serie di misure temporanee, per darci una pausa e per ridurre sostanzialmente il numero dei nuovi richiedenti asilo. In questo modo, avremo la possibilità di rinforzare la capacità d'accoglienza e di integrazione.
  Le misure prese comprendono, per esempio, l'introduzione di controlli di identità sugli autobus, sui treni e sui traghetti dalla Danimarca e dalla Germania per la Svezia. Questo crea ordine e una misura di prevedibilità e non impedisce alle persone con documenti di identità di venire in Svezia per richiedere asilo. I confini non sono chiusi e le misure non riguardano il traffico aereo e i veicoli privati. Adotteremo, poi, anche su base temporanea, la legislazione in materia di asilo che comporta uno standard più restrittivo, paragonabile a quello degli altri Stati membri. Questo includerà i permessi di soggiorno temporaneo per la maggior parte dei rifugiati e non, come finora, permanenti, nonché una portata più limitata per i ricongiungimenti familiari.
  I primi risultati dimostrano che il numero dei nuovi richiedenti asilo si sia sostanzialmente ridotto. Tuttavia, è troppo presto per trarre una conclusione da questi dati. L'Ufficio nazionale dell'immigrazione svedese stima, nelle sue previsioni, che fra i 70.000 e i 140.000 nuovi richiedenti asilo arriveranno nel 2016 in Svezia. Il Governo, senza menzionare nessun tetto o limite specifico, ha sottolineato che una quantità superiore a tale spettro sarebbe insostenibile. Vale la pena notare che, anche con la cifra più bassa delle previsioni, la Svezia rimarrebbe comunque tra i primi Paesi europei riguardo al numero di nuovi rifugiati arrivati. Inoltre, come ho detto, stiamo rinforzando la nostra capacità d'accoglienza. Per esempio, da ieri, primo marzo, tutti i comuni svedesi hanno l'obbligo di fornire l'alloggio ai richiedenti asilo che gli vengono assegnati dalle autorità statali.
  Signora presidente, le sfide che oggi sta affrontando la Svezia, insieme alla Germania, alla Grecia, all'Italia e ad altri Paesi, illustrano chiaramente la necessità di trovare soluzioni europee ai problemi che sono europei o ancor più internazionali. Non c'è più tempo da perdere, come mostrano le immagini provenienti dal confine Pag. 7tra la Grecia e la Macedonia che abbiamo visto negli ultimi giorni. Per citare quanto detto dal Ministro degli affari esteri al Parlamento svedese la settimana scorsa, vorrei ribadire che l'Unione europea ha bisogno di un nuovo ordine migratorio basato sulla responsabilità collettiva e sugli impegni internazionali, dove venga salvaguardato il diritto di asilo. Questo è possibile solo se tutti i 28 Paesi membri prenderanno la loro responsabilità e se la cooperazione migliorerà. Con 60 milioni di profughi – il Ministro si riferiva al contesto globale, non soltanto all'Europa – non possiamo più avere una situazione in cui alcuni Paesi stanno comprando le coperte, mentre altri «investono sul filo spinato».
  Nella situazione di oggi, è particolarmente urgente proteggere la frontiera esterna tra la Grecia e la Turchia. Dobbiamo procedere e attuare le decisioni che abbiamo già preso sulla ricollocazione, sulla registrazione e sugli hotspot, dove l'Italia sta prendendo misure importanti. Vogliamo un piano concreto e urgente per l'implementazione delle decisioni già prese. Inoltre, è importante che il Consiglio europeo ne parli seriamente alla riunione informale del 7 marzo e durante quella formale del 17 e 18 marzo.
  Abbiamo bisogno di sviluppare una nuova e sostenibile politica di asilo nell'Unione europea, basata su un sistema permanente di trasferimento che sostituisca il Regolamento di Dublino. Abbiamo bisogno di nuove strade per entrare legalmente nei Paesi dell'Unione europea e anche di un sistema più efficace per poter espellere coloro che non hanno diritto di restare. Abbiamo bisogno di sviluppare la nostra cooperazione con la Turchia e i Paesi dei Balcani occidentali e con i Paesi di origine e gli altri Paesi colpiti dai flussi migratori. Abbiamo bisogno di impiegare tutti gli strumenti a nostra disposizione per affrontare le cause profonde dei flussi di profughi e di migrazione forzata. Certo, vedo che anche su molti di questi temi, la Svezia e l'Italia sono già partner.
  Vi ringrazio per la vostra attenzione e attendo i vostri commenti e le vostre domande. Vi chiedo scusa perché molto probabilmente risponderò in inglese.

  PRESIDENTE. Molte grazie per aver parlato sempre in italiano.
  Voglio solo dire ai colleghi che l'ambasciatore svedese ci ha spiegato che il Ministro dell'interno Ygeman è stato, in realtà, frainteso dalla stampa europea. La notizia è circolata anche nella stampa italiana (Corriere della Sera del 28 gennaio). La stampa europea ha detto che la Svezia avrebbe proceduto a 80.000 rimpatri. Tuttavia, ho chiesto chiarimenti in merito all'ambasciatore e la domanda è stata: dove e con chi avete questi accordi di rimpatrio? L'ambasciatore ci ha spiegato che, in realtà, il Ministro dell'interno si riferiva al numero potenziale e probabile di richiedenti asilo cui, alla fine del processo di richiesta, non sarebbe stato probabilmente riconosciuto il diritto di permanenza. Comunque, non c'è nessun dato assodato e nessuna procedura di rimpatrio in atto.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  RICCARDO MAZZONI. Grazie. Lei è il primo ambasciatore audito con cui mi trovo completamente d'accordo, quindi è anche difficile fare domande. Lei ha detto che bisogna arrivare a un nuovo ordine migratorio basato sulla responsabilità collettiva. In realtà, il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, lo prevede già ed è stato già approvato perché l'articolo 68 prevede appunto una politica comune di asilo. Forse il vizio originale è nell'articolo 79 che parla di una politica comune dell'immigrazione, ma, al comma 5, prevede che ogni Paese possa decidere autonomamente le quote di immigrati.
  La mia prima domanda è questa: siccome l'Unione europea ha aperto una procedura di infrazione contro l'Italia per la gestione degli hotspot, per i ritardi eccetera, lei ritiene giusto che si aprano procedure di infrazione nei confronti di quei Paesi che non rispettano le quote decise dalla Commissione europea? Oltre al Regolamento di Dublino che, come lei giustamente ha detto, Pag. 8andrebbe rivisto, forse andrebbe rivisto anche l'articolo 79 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
  La seconda cosa che le chiedo è un chiarimento. Lei ha ricordato che il PIL svedese è aumentato molto e al di sopra del previsto; c'è stato un aumento del 4,1 per cento. Quello che mi ha incuriosito è che, tra i motivi per cui è cresciuto il PIL, c'è anche la spesa pubblica per la gestione dell'emergenza dell'immigrazione. Lei ha detto che è una spesa che incide il doppio rispetto ad altri Paesi perché la Svezia spende appunto, in proporzione, il doppio di quanto spendono Germania e Italia, ma la gestione dell'immigrazione ha portato comunque a un balzo in su del PIL, non solo per la spesa pubblica ma anche per l'aumento dei consumi privati. Si tratta di una cosa che mi ha incuriosito e che ho letto anche su Il Sole 24 Ore, per cui le chiedo se può darci qualche dettaglio in merito.

  GIORGIO BRANDOLIN. Velocemente, vorrei dire che anch'io condivido tutte le affermazioni fatte dall'ambasciatore. Sono veramente contento questa mattina, anche per le spiegazioni che ci ha dato e anche per aver precisato e puntualizzato la disinformazione che abbiamo in questo nostro Paese e questa nostra Europa.
  La prima domanda è la seguente: lei ritiene che gli accordi con gli Stati da cui arrivano questi poveri disgraziati debbano essere fatti a livello non soltanto nazionale? Io ritengo che si debbano fare a livello europeo perché l'Italia ha una serie di accordi già stipulati, la Svezia probabilmente ne ha altri, la Slovenia o l'Austria ne hanno ancora altri con alcuni Paesi e non con altri, quindi le chiedo se, anche qui, l'Europa dovrà fare un passo avanti nell'avere degli accordi dell'Europa con questi Paesi, in modo tale che gli iracheni o i marocchini in Svezia, in Italia e in Austria siano trattati allo stesso modo.
  In secondo luogo, il nostro Sottosegretario Gozi, l'altra settimana, parlava di una volontà di arrivare entro giugno a quella che io chiamo «Polizia di frontiera europea». Le chiedo se anche lei ritiene che questo sia un passo fondamentale per affrontare il problema della migrazione.
  La terza domanda riguarda il discorso dei minori stranieri. Lei ci ha dato dei numeri esponenziali che, appunto, sono in aumento: nel 2013 ci sono stati 4.000 minori, nel 2014 sono stati 7.000 e nel 2015 sono stati 35.000. Da chi sono – non so usare un altro termine – «trattati» questi ragazzi, dai comuni, dallo Stato o dalle associazioni, e come vengono accompagnati nella loro permanenza in Svezia? Su questo discorso dei minori, le chiedo, al compimento dei diciotto anni, che cosa succede?

  PRESIDENTE. Senatore Conti, la sua cameriera non ha domande? Di solito, il senatore Conti ci porta sempre quest'esempio.

  RICCARDO CONTI. Io ho una curiosità che lei forse può soddisfare.
  Non è mai stata fatta a livello europeo una riunione degli ambasciatori dei vari Paesi europei su queste problematiche? Nessuno dell'Unione europea, come Governo, Commissione o Parlamento, si è mai preso la briga di fare una ricognizione dei pareri degli ambasciatori dei vari Paesi su questi argomenti? Lo dico perché noi che stiamo facendo queste audizioni e che siamo parlamentari dovremmo ascoltare altri parlamentari o uomini di Governo, cioè rappresentanti più politici degli ambasciatori che pure rappresentano i Governi, quindi i nostri interlocutori sarebbero forse altri e non direttamente gli ambasciatori. Certo, voi siete persone preziose che hanno ruoli di rappresentanza e anche di coordinamento tra due Paesi, cioè quelli che vi mandano e quelli che vi ospitano. Mi chiedo se persone come voi siano mai state riunite da nessuno a livello europeo per cercare di capire direttamente la vostra esperienza sul campo, sia rispetto al vostro Paese sia rispetto al Paese dove vi trovate. In particolar modo, mi riferisco ai Paesi che sono di frontiera o a quelli più esposti a questi problemi della migrazione. Grazie.

  PRESIDENTE. In realtà, noi abbiamo già sentito tutti i membri di Governo, e Pag. 9sentiremo il Sottosegretario Manzione la prossima settimana, però penso che l'onorevole Conti volesse anche dire che dagli ambasciatori abbiamo avuto molte informazioni, certe volte anche di più di quelle ricevute da altri rappresentanti politici.
  Se non ci sono altri colleghi, do la parola all'ambasciatore per la replica.

  ROBERT RYDBERG, Ambasciatore di Svezia in Italia. Grazie tanto. Cercherò di rispondere alle domande secondo l'ordine con cui mi sono state poste.
  All'interno dell'Unione europea abbiamo un grave problema relativo al fatto che le decisioni che sono state assunte e approvate dagli Stati membri, poi non sono state attuate. Mi riferisco in particolare a quella che riguarda la ridistribuzione dei rifugiati. È prioritario per il nostro Governo agire e provvedere affinché le decisioni adottate siano attuate, quindi auspichiamo che ci possa essere un piano concreto da sottoporre all'esame dei Capi di Stato e di Governo nel prossimo Consiglio europeo che si svolgerà tra tre settimane. La decisione di aprire o meno una procedura di infrazione nei confronti di uno Stato membro spetta alla Commissione europea. È comunque importante che ci sia un'attuazione delle decisioni adottate, altrimenti non saremo in grado di affrontare in maniera corretta la crisi dei rifugiati e dovremo pagare tutti un prezzo altissimo per l'impatto assolutamente negativo che ci sarà sull'intera Unione europea che in questo momento si trova ad affrontare anche altre sfide molto impegnative. Mi riferisco alla situazione economica e al referendum sulla possibile uscita del Regno Unito.
  Certo, è corretto ritenere – è un'opinione condivisa anche da numerosi esperti – che la spesa pubblica e privata relativa all'afflusso di rifugiati che si è verificato nell'anno passato abbia contribuito alla crescita del nostro PIL nel 2015, ma questa è soltanto una parte relativamente piccola della spiegazione dell'aumento del 4,1 per cento. Sicuramente sarà importante stabilire il tipo d'impatto che questi numeri avranno a lungo termine sulla nostra società e concordano su questo anche gli esperti. Molto dipenderà dalla nostra capacità di riuscire a far integrare i nuovi arrivati, nel senso di riuscire a consentire loro di entrare a far parte della nostra società e della nostra economia in modo produttivo. Voglio dire che, se riusciremo in questo senso, l'impatto a lungo termine sarà sicuramente positivo per la nostra crescita, altrimenti per numerosi anni dovremo avere una spesa sociale molto alta che avrà delle ripercussioni negative. Questa è una sfida che deve consistere nel dare la possibilità a chi arriva, e a chi è autorizzato a restare, di integrarsi pienamente.
  Per quanto riguarda gli accordi di riammissione, ne abbiamo alcuni bilaterali con alcuni Paesi. In questo ambito, l'Iraq è sicuramente il Paese più importante, ma ne esistono altri anche su base più specificamente europea. Sicuramente siamo favorevoli a che ci sia un ampliamento del numero di accordi europei per la riammissione, dando la priorità ad alcuni Paesi che sono significativi in termini di numeri. Mi riferisco in particolare ai Paesi del Nordafrica, tra cui il Marocco.
  Certo, è una responsabilità nazionale quella di proteggere i confini di ciascuno Stato membro, ma è chiaro che la capacità di questi Paesi di farlo in maniera efficace ha poi delle ripercussioni sull'intera Unione europea, quindi siamo sicuramente favorevoli a un rafforzamento della cooperazione europea in termini di controllo delle frontiere esterne. Inoltre, è chiaro che, in una situazione come quella di oggi, un Paese come la Grecia ha bisogno di un maggiore sostegno da parte degli altri Stati membri e, nel caso specifico, da parte della NATO.
  Per quanto riguarda l'esplosione del numero di minori non accompagnati, questo elemento rappresenta una fonte di preoccupazione per noi. Certo, la prima fase successiva al loro arrivo è caratterizzata dalla necessità di trovare per loro una sistemazione dignitosa, come è accaduto nella maggior parte dei casi nell'anno trascorso. È fondamentale, quindi, fornire loro l'istruzione, la possibilità di imparare la lingua e di avere un'educazione scolastica affinché possano avere, nel caso in cui restino in maniera permanente in Svezia, la possibilità, un giorno, di lavorare e di Pag. 10essere produttivi, il che è importante considerato che molti di loro sono destinati a restare permanentemente in Svezia. I servizi sociali e l'istruzione primaria e secondaria sono responsabilità dei comuni che hanno bisogno e fanno affidamento sul sostegno del Governo per poter affrontare in maniera adeguata le necessità finanziarie molto onerose legate al mantenimento di questi minori.
  Il nostro ruolo, cioè il mio e quello degli altri colleghi che sono stati auditi da questo Comitato, è quello di spiegare e di riferire alle nostre capitali qual è la situazione in Italia, cosa sta facendo l'Italia e qual è l'oggetto del dibattito che si svolge in Italia. Abbiamo bisogno di un dialogo politico e di una responsabilità politica ai massimi livelli perché ci sia un impatto positivo sull'intera Unione europea e si possano registrare progressi. In realtà, se c'è questa volontà a livello di leadership politica, sicuramente anche ad altri livelli ci sarà il desiderio poi di dare un contributo perché si trovino soluzioni a questi problemi.

  PRESIDENTE. Grazie, ambasciatore. Voglio salutare chi l'accompagna, cioè la signora Kristin Forsgren Bengtsson, consigliere d'Ambasciata, e naturalmente la nostra dottoressa Paola Borrelli, che ormai abbiamo incontrato più di una volta, interprete alla Camera.
  Ringrazio anche i colleghi, ricordando che la prossima settimana avremo l'audizione del Sottosegretario del Ministero dell'interno, Domenico Manzione.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.25.