XVII Legislatura

Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale

Resoconto stenografico



Seduta n. 43 di Mercoledì 1 ottobre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Di Gioia Lello , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA FUNZIONALITÀ DEL SISTEMA PREVIDENZIALE PUBBLICO E PRIVATO, ALLA LUCE DELLA RECENTE EVOLUZIONE NORMATIVA E ORGANIZZATIVA, ANCHE CON RIFERIMENTO ALLA STRUTTURAZIONE DELLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE

Audizione del presidente e del direttore generale dell'Ente nazionale di previdenza e di assistenza farmacisti (ENPAF).
Di Gioia Lello , Presidente ... 2 
Croce Emilio , Presidente dell'ENPAF ... 2 
Di Gioia Lello , Presidente ... 6 
Gualdani Marcello  ... 6 
Morassut Roberto (PD)  ... 6 
Puglia Sergio  ... 6 
Di Gioia Lello , Presidente ... 6 
Lazzaro Marco , Direttore generale dell'ENPAF ... 6 
Di Gioia Lello , Presidente ... 9 

ALLEGATO: Relazione presentata da ENPAF ... 11

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LELLO DI GIOIA

  La seduta comincia alle 8,40.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del presidente e del direttore generale dell'Ente nazionale di previdenza e di assistenza farmacisti (ENPAF).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla funzionalità del sistema previdenziale pubblico e privato, alla luce della recente evoluzione normativa e organizzativa, anche con riferimento alla strutturazione della previdenza complementare, del presidente Emilio Croce e del direttore generale Marco Lazzaro dell'Ente nazionale di previdenza e di assistenza farmacisti.
  Do la parola al presidente Croce per lo svolgimento della sua relazione.

  EMILIO CROCE, Presidente dell'ENPAF. Onorevoli e presidente, anche a nome del consiglio di amministrazione dell'ENPAF, ritengo preliminarmente opportuno ringraziare la Commissione per l'odierna audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva promossa sulla funzionalità del sistema previdenziale pubblico e privato, alla luce della evoluzione normativa e organizzativa.
  L'ENPAF, al quale sono obbligatoriamente assoggettati tutti gli iscritti agli ordini dei farmacisti, oltre 90.000 unità, è l'ultimo ente tra le casse dei professionisti ad aver ottenuto, ai sensi del decreto legislativo n. 509 del 1994, la trasformazione in fondazione di diritto privato, in forza del decreto interministeriale del 7 novembre 2000.
  Tale circostanza è di particolare rilievo dal momento che, prima della sua trasformazione in persona giuridica di diritto privato, l'ENPAF è stato l'unico ente previdenziale dei professionisti parzialmente investito dalle politiche governative che hanno riguardato i primi processi di valorizzazione del patrimonio immobiliare di proprietà degli enti pubblici previdenziali, ancorché gli effetti sul piano contabile si sono prodotti successivamente alla trasformazione.
  In particolare, l'ENPAF è stato assoggettato alle procedure di dismissione straordinaria (ex articolo 7 della legge n. 140 del 1997), che hanno per lo più interessato alcune sedi locate a ordini provinciali di farmacisti.
  Inoltre, l'ente, sempre prima della trasformazione, è stato coinvolto nelle procedure di dismissione ordinaria, che hanno interessato il 25 per cento del proprio patrimonio immobiliare, ai sensi dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 104 del 1996, in attuazione di quanto stabilito dalla circolare del Ministro del lavoro e della previdenza sociale del primo agosto 1999.
  In mancanza della definizione del complesso iter procedimentale che ha prodotto Pag. 3la trasformazione dell'ente in fondazione di diritto privato, solo nel 2000, alla luce dei processi di unificazione che hanno interessato trasversalmente la previdenza pubblica, la previdenza di categoria sarebbe stata assorbita nell'ambito del sistema generale obbligatorio.
  È indubbio che la prevista autonomia gestionale e contabile, riconosciuta agli enti previdenziali privatizzati nell'ambito dei limiti stabiliti dalla legge, ha consentito nei primi anni della trasformazione l'adozione di modelli gestionali più aderenti al settore privatistico, come, ad esempio, nella disciplina del rapporto di lavoro del personale dipendente.
  Tuttavia, nel tempo, anche alla luce dei reiterati interventi di finanza pubblica nei confronti delle pubbliche amministrazioni ricomprese nel conto consolidato redatto dall'Istat, tra cui sono inserite le casse di previdenza dei professionisti, appare evidente che la privatizzazione degli istituti previdenziali dei professionisti presenta ormai caratteristiche profondamente mutate rispetto al quadro normativo originario.
  Recenti tentativi del legislatore erano volti a mitigare gli impatti della normativa afferente la finanza pubblica sulle casse, come è avvenuto con l'ultima legge di stabilità, che all'articolo 1 comma 417, ha previsto la facoltà per gli enti di professionisti di assolvere a tutte le misure di contenimento in materia di revisione della spesa, con l'eccezione della spesa per il personale, attraverso un riversamento annuale al bilancio dello Stato sulla base delle spese per consumi intermedi sostenute nel 2010.
  Tuttavia, non si può ritenere che questi tentativi possano rappresentare un'inversione di tendenza rispetto al lento ma progressivo processo di attrazione delle casse nel sistema pubblico.
  Ovviamente nessuno ha mai posto in discussione la finalità pubblica dell'attività delle casse e soprattutto il rilievo che assume, anche ai fini del rispetto dei parametri europei, la spesa previdenziale nel suo complesso.
  Tuttavia, è incontestabile che l'estensione del perimetro della pubblica amministrazione, con la previsione di precisi obblighi anche nei confronti degli enti previdenziali privatizzati, come, ad esempio, in materia di contabilità pubblica, di per sé rappresenti un elemento di criticità, soprattutto laddove la gestione dei patrimoni a garanzia delle prestazioni, pur non potendo prescindere dai principi di trasparenza e sana e prudente gestione e soprattutto dall'adozione di schemi codificati nelle procedure, richiede una necessaria flessibilità.
  Nonostante sia stata più volte registrata in sede politica un'attenzione particolare al predetto tema, non può tuttavia non essere evidenziato a questa Commissione che anche il disegno di legge governativo recante «Norme sulla riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni» ribadisce, di fatto, l'inclusione nel perimetro della pubblica amministrazione delle casse di previdenza, in quanto ricomprende nella definizione di pubbliche amministrazioni gli enti che gestiscono forme obbligatorie di previdenza.
  L'ente che ho l'onore di presiedere, che nel settore è quello che tradizionalmente presenta da sempre i minori costi gestionali, non si è mai sottratto, responsabilmente e senza bisogno di precisi obblighi normativi, al miglioramento dei processi di razionalizzazione e riqualificazione della propria spesa.
  È indubbio, però, che processi di revisione imposti in modo lineare su budget economici già ridotti rischiano di pregiudicare la corretta funzionalità degli enti, soprattutto per quanto riguarda le necessarie attività di monitoraggio e controllo nella gestione del portafoglio finanziario.
  In buona sostanza, la peculiarità del sistema delle casse nel panorama delle pubbliche amministrazioni sta nel fatto che l'attività istituzionale di controllo pubblico, che riveste a tutti gli effetti rilievo costituzionale, è affiancata da un'importante attività di gestione delle risorse patrimoniali, a garanzia della stessa attività istituzionale.Pag. 4
  Infatti, fermo restando il principio del saldo previdenziale tra entrate per contributi e spese per prestazioni, il patrimonio costituisce elemento di assoluto rilievo per la sostenibilità della gestione previdenziale.
  Con riguardo alla gestione immobiliare, si precisa che l'ENPAF adotta in prevalenza un modello di gestione diretta degli investimenti. Costituisce eccezione a questo modello l'acquisizione di un fondo immobiliare chiuso dedicato, su cui è confluita in gran parte la liquidità generata dalle dismissioni immobiliari realizzate a metà degli anni 2000, d'intesa con le organizzazioni sindacali degli inquilini.
  In tal modo, si è proceduto a una sensibile riconversione del patrimonio immobiliare, riducendo quella a uso abitativo gestita in forma diretta e incrementando progressivamente quella gestita in via indiretta attraverso il fondo immobiliare.
  Per completezza, va inoltre precisato che l'ente non ha alcuna partecipazione azionaria nella società di gestione del risparmio né tantomeno nell'istituto di credito che controlla la predetta società.
  Proprio in ragione dei nuovi sistemi di controllo sugli investimenti delle risorse finanziarie, nel corso del 2013 la fondazione si è dotata di un manuale delle procedure, diretto a disciplinare le diverse fasi dell'investimento sui mercati finanziari, individuando i centri di responsabilità e soprattutto i presìdi diretti a verificare la correttezza degli investimenti, nel rispetto dei criteri stabiliti nel piano annuale d'impiego dei fondi disponibili. La redditività netta media della gestione nell'ultimo biennio si attesta al 3,4 per cento.
  Mi preme evidenziare in questa sede, anche se abbiamo appreso che la gestione degli investimenti sarà oggetto specificamente di una nuova indagine conoscitiva della Commissione, che l'ENPAF non ha mai detenuto in portafoglio prodotti strutturati e che, soprattutto nel campo della gestione degli investimenti mobiliari, il presupposto per gli acquisti è sempre stato l'esistenza di un flottante dell'investimento non inferiore a 200 milioni di euro. In tal modo è stata sempre preclusa ab origine la possibilità di acquistare prodotti finanziari non sufficientemente liquidi.
  È evidente che nell'ambito dell'indagine conoscitiva avviata dalla Commissione non può non trovare spazio la previsione dell'obbligo del saldo previdenziale positivo per 50 anni imposto alle casse privatizzate, ai sensi dell'articolo 24, comma 24, della legge n. 201 del 2011.
  Come allora, non discutiamo la finalità del provvedimento quale moral suasion per il passaggio al metodo di calcolo contributivo delle prestazioni. Tuttavia, ancorché l'ENPAF, per il proprio sistema di calcolo delle prestazioni in misura definita su base contributiva fissa, su cui pertanto non incide la riduzione dei fatturati, rappresenti una cassa che mantiene nel cinquantennio il saldo previdenziale positivo per i nostri iscritti, è di difficile comprensione la richiesta di aumento a dismisura dei patrimoni a garanzia sulla base di utili di esercizio progressivamente accantonati, senza che in alcun modo assuma rilievo, ai fini dell'imprescindibile equilibrio corrente tra entrate e spese, anche la redditività del patrimonio.
  Siamo consci che la preoccupazione di chi governa la spesa pubblica è quella di assicurare nel lungo periodo la sostenibilità del sistema previdenziale delle casse privatizzate, per evitare futuri oneri finanziari a carico dello Stato, ma è evidente che l'aumento dei patrimoni, soprattutto in termini di gravi crisi economica e a fronte di indiscutibili sacrifici che le categorie hanno sopportato in termini di aumento della contribuzione e di riduzione delle tutele previdenziali, mal si concilia con lo stato di difficoltà in cui versano le professioni nel nostro Paese.
  Chi ha la responsabilità nel settore della sicurezza sociale non può chiudere gli occhi sulla situazione e sulle prospettive del Paese, avendo l'onere di conoscere per tempo i cambiamenti.
  La previdenza non è al di fuori del sistema Paese, né tanto meno si può accettare che la sostenibilità e l'adeguatezza Pag. 5delle prestazioni si traducano in semplici slogan, qualora non si creino le condizioni per la crescita economica.
  In tale contesto senza riforme, senza formazione, senza innovazione e senza crescita, il declino è certezza. Dobbiamo essere consci che non è possibile tenere in vita alcuna forma di sicurezza sociale in una società desertificata.
  L'equilibrio dei sistemi previdenziali non può prescindere da segnali coraggiosi di riforme nel campo dell'istruzione, della formazione, del mercato del lavoro e dell'accesso alle professioni e di scommesse audaci sul cambiamento e sulla ricerca di soluzioni che sappiano superare le contraddizioni che purtroppo ostacolano l'innovazione, la voglia di investire e soprattutto la speranza nel futuro.
  Nel contempo, il perdurare dello stato di crisi in cui versa il Paese ha imposto anche al nostro ente una profonda rivisitazione delle prestazioni previste dalla sezione assistenza. A tale riguardo, il consiglio di amministrazione ha rimodulato gli interventi, con l'obiettivo di estendere le iniziative a sostegno del reddito, nella consapevolezza che la funzione della fondazione, oggi più che mai, non può limitarsi alla riscossione dei contributi e all'erogazione delle pensioni.
  Nel corso di una vita professionale, che anche sul piano previdenziale è più estesa rispetto al passato, in virtù degli obblighi normativi sull'equilibrio del saldo previdenziale, è imprescindibile avvicinare l'iscritto in difficoltà al proprio ente, attraverso misure di sostegno che non hanno la pretesa di sostituirsi al reddito professionale, ma che possono mitigare temporaneamente le situazioni di difficoltà economica.
  L'assistenza può rappresentare, quindi, un'efficace supporto rispetto alle situazioni di criticità in cui ciascun iscritto può trovarsi nel corso della carriera.
  In un contesto di profonda sofferenza delle professioni, dove il prelievo contributivo è a priori ritenuto dagli iscritti improprio ed eccessivo e dove l'entità delle prestazioni pensionistiche, ormai esenti da forme di privilegio, è oggettivamente contenuta, riteniamo indispensabile evitare forme autoritative di intervento nella gestione delle risorse finanziarie.
  I patrimoni a garanzia delle prestazioni, presenti e future, devono avere connotazioni tali da assicurare adeguata remunerazione e soprattutto devono avere la caratteristica della liquidabilità.
  Ritengo doveroso evidenziare alla Commissione che l'ENPAF, in assenza di vincoli di portafoglio, ha la gran parte delle risorse investite nel sistema finanziario italiano e principalmente nel debito pubblico italiano.
  Se si ritiene che ulteriori risorse debbano essere convogliate specificamente a sostegno dell'economia reale del Paese, riteniamo necessario che la provvista sia unicamente raccolta attraverso strumenti finanziari quotati e con rating emessi dalla Cassa depositi e prestiti.
  Per quanto sopra precisato, manifestiamo invece le nostre perplessità rispetto a iniziative che convogliano risorse in fondi immobiliari chiusi, tenuto conto dei costi connessi a tali operazioni, che comunque presupporrebbero una tempistica di intervento non immediata nell'economia reale.
  La preoccupazione è che, come già avvenuto con gli investimenti effettuati da alcune casse nell’housing sociale, tali forme di investimento non siano coerenti alla missione istituzionale di chi gestisce il risparmio previdenziale, presentando rischi elevati.
  Da ultimo, riteniamo necessario, aldilà della qualificazione giuridica delle casse, che il legislatore realizzi una profonda semplificazione nel sistema dei controlli, che oggi vede quali attori molteplici soggetti istituzionali. Attualmente gli stessi dati, oggetto di più referti, vengono richiesti con modalità di acquisizione diverse. In tal senso, sarebbe auspicabile che l'attività di controllo e monitoraggio prevedesse almeno modalità uniche nell'elaborazione dei dati.
  Con il direttore generale, sono a vostra disposizione per ogni richiesta di chiarimento e per rispondere alle vostre domande. Grazie per l'attenzione.

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  PRESIDENTE. Grazie, presidente. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MARCELLO GUALDANI. L'ENPAF recentemente ha svelato il dato dei farmacisti disoccupati, che sono circa il 6 per cento degli iscritti. A quanto sembra, la vostra cassa eroga un contributo per la durata di cinque anni a questi disoccupati.
  Vorrei capire tecnicamente come vengono erogati questi contributi e se questo sistema, secondo voi, può essere esteso alle altre categorie di professionisti oppure è un problema legato soltanto a voi.
  A quanto sembra, gli iscritti disoccupati versano l'un per cento alla vostra cassa. Ovviamente ai fini previdenziali è una cosa assolutamente utile, però questo versamento viene fatto per cinque anni e in questo momento alcuni professionisti mi dicono che sono in dubbio tra il versamento e la cancellazione dall'albo. Hanno questa grande difficoltà.
  Vorrei capire se voi avete qualche strategia o qualche metodologia a breve per poter risolvere questo problema del versamento da parte dei disoccupati, come una sorta di agevolazione ulteriore a questa categoria.

  ROBERTO MORASSUT. La mia è soltanto una richiesta di una più dettagliata documentazione. Dall'esposizione del presidente effettivamente vengono sollevati temi molto importanti, che valgono anche ai fini dell'indagine conoscitiva per una chiave di lettura su tutto il sistema delle cosiddette «casse privatizzate», a partire dal tema del profilo giuridico di queste casse.
  Questo ormai si pone come un tema urgente, non solo per l'evoluzione che la questione ha avuto anche nell'ultimo provvedimento del Governo, ma anche per i pronunciamenti della giustizia amministrativa. Infatti, il Consiglio di Stato e alcuni TAR hanno sollevato questo punto, a partire dalla questione della dismissione dei patrimoni immobiliari delle casse.
  È molto interessante la parte che lei ci ha illustrato relativa alla politica di investimento che l'ente ha svolto nella direzione dei fondi del patrimonio mobiliare, con un'attenzione particolare a fondi che avessero una garanzia anche di natura pubblica.
  Io credo che questa sia la politica giusta. È un modello virtuoso di gestione dell'ente. È interessante capire nel dettaglio qual è stata questa strategia, cioè dove si sono indirizzati gli investimenti, le caratteristiche di questi investimenti e la solidità della tenuta finanziaria dell'ente. Io credo che questo ci possa servire anche come elemento di lettura di altre situazioni che invece virtuose purtroppo non sono state.
  La mia richiesta è quella di farci pervenire una documentazione di dettaglio su questi punti.

  SERGIO PUGLIA. Le domande dei colleghi hanno soddisfatto in parte alcune osservazioni. Io mi soffermo in particolare a porre alcune domande per mia chiarezza.
  I farmacisti dipendenti hanno un trattamento previdenziale e assistenziale diverso rispetto a quello dei titolari ? Qualora lo avessero, versano un contributo identico a quello dei titolari ?
  I titolari farmacisti sono anche iscritti alla gestione commercianti INPS ?
  I parafarmacisti sono obbligatoriamente iscritti alla vostra cassa ? I titolari parafarmacisti, qualora siano iscritti alla vostra cassa, sono comunque obbligati a essere iscritti anche alla gestione commercianti INPS ?

  PRESIDENTE. Do la parola al dottor Lazzaro per la replica.

  MARCO LAZZARO, Direttore generale dell'ENPAF. Cercherò di andare per gradi. La prima questione sollevata dal senatore riguarda gli iscritti disoccupati.
  In realtà, l'ENPAF è l'unica cassa di previdenza dei professionisti che nel proprio regolamento attribuisce rilievo a questa posizione. Noi possiamo leggere tutti i regolamenti delle venti casse e vedremmo che di disoccupazione non c’è traccia, Pag. 7proprio perché la disoccupazione non è oggetto, neanche a livello costituzionale, di una tutela previdenziale. La disoccupazione è oggetto di un riconoscimento dal punto di vista della tutela assistenziale anche nell'ordinamento generale.
  Tuttavia, la disoccupazione assume rilievo all'interno del nostro sistema contributivo, proprio nel tentativo di agevolare la posizione contributiva di chi, per un periodo temporaneo e involontariamente, non eserciti attività professionale.
  In buona sostanza, non esiste all'interno del sistema dell'ENPAF, come in tutte le professioni sanitarie, la necessità che l'iscrizione a un albo sia concretamente collegata all'esercizio dell'attività professionale. Un soggetto si può iscrivere a qualsiasi albo professionale, senza che in concreto eserciti questa attività.
  Naturalmente questo pone delle implicazioni anche dal punto di vista contributivo. L'ENPAF ha un sistema contributivo su base fissa, per cui il contributo è in linea di principio uguale per tutti, pur avendo l'iscritto che si ritrovi in determinate posizioni la possibilità di chiedere volontariamente l'abbattimento di questo contributo, secondo determinate aliquote percentuali, a cui corrisponde una proporzionale decurtazione del trattamento pensionistico che viene a maturare.
  Per i neoiscritti a partire dal 2004 è consentita la facoltà (è sempre un atto di responsabilità che viene chiesto all'iscritto) di non versare una contribuzione rilevante ai fini previdenziali, ma di versare quella che il senatore ricordava, ovvero la cosiddetta «contribuzione di solidarietà», una contribuzione minima pari al 3 per cento del contributo soggettivo fisso. Per i soggetti disoccupati, quindi privi di occupazione, questa possibilità viene addirittura ridotta all'1 per cento, e pertanto si prevede un prelievo contributivo pari a 40 euro.
  Perché avviene questo ? L'ente è governato, oltre che dalle proprie disposizioni, anche da disposizioni legislative, in particolar modo le disposizioni che regolamentano l'attività di iscrizione agli albi delle professioni sanitarie, che prevedono l'inscindibilità tra iscrizione all'ordine e iscrizione alla Cassa.
  Di conseguenza, la scelta che è stata fatta dall'ente attraverso la previsione di queste agevolazioni contributive, fino alla solidarietà, è quella di responsabilizzare l'iscritto, che ha la possibilità di chiedere questa riduzione, fino addirittura ad azzerare la propria tutela previdenziale, perché la contribuzione di solidarietà non dà luogo a prestazioni pensionistiche.
  In buona sostanza, l'iscritto che versa il contributo di solidarietà non incide sul fondo previdenziale, ma ha la possibilità di usufruire delle prestazioni assistenziali. La farmacista disoccupata, che versa l'1 per cento e versa anche la quota contributiva per la maternità, ha diritto alla tutela di maternità erogata dalla cassa.
  La questione che è stata recentemente posta e che il senatore ricordava e che, essendo la posizione di disoccupazione è collegata a uno stato temporaneo e involontario, il regolamento dell'ENPAF l'ha circoscritta sulla base di un arco temporale che è quello del quinquennio. Consideriamo che l'anzianità contributiva minima per accedere alle prestazioni della cassa è di 30 anni. La scelta fatta nel regolamento è stata quella di individuare in un periodo massimo di cinque anni la possibilità di avere il cosiddetto «bonus», o comunque di mantenere questa situazione di riduzione.
  Cosa succede dopo cinque anni ? Il soggetto viene considerato, da parte delle attuali disposizioni regolamentari dell'ente, come non esercente l'attività professionale e in questo caso viene prevista un'aliquota contributiva pari al 50 per cento della quota contributiva soggettiva.
  Molti disoccupati, soprattutto quando lo stato di disoccupazione permane oltre il quinquennio, hanno la possibilità di rimanere iscritti, però questa iscrizione prevede un prelievo contributivo più pesante.
  Io credo che prevedere stati di disoccupazione sine die all'interno dell'esercizio di un'attività professionale sia sempre di difficile comprensione. Tuttavia, gli organi statutari, soprattutto a fronte della crisi Pag. 8economica attuale, hanno individuato la possibilità di allungare questo periodo da cinque a sette anni.
  Il problema che è allo studio, anche da parte della cassa, è che questa elevazione in termini di equilibrio del saldo previdenziale ha un costo. Abbiamo verificato che in realtà i soggetti disoccupati oltre il quinquennio si cancellano in misura minima dall'albo e, quindi, dalla cassa. Rimangono iscritti e, pertanto, hanno l'elevazione contributiva al 50 per cento.
  Se noi dobbiamo estendere questa contribuzione di solidarietà dell'1 per cento per altri due anni, questo in termini di minori entrate per l'ente ha un costo, che deve essere ripianato all'interno del saldo previdenziale, o attraverso un aumento delle quote soggettive per tutti gli altri iscritti, oppure attraverso una riduzione delle prestazioni, intesa nel senso di un blocco dell'indicizzazione sulle pensioni in essere.
  Questo problema è allo studio e si sta cercando di individuare una soluzione che abbia un impatto positivo per questi soggetti, pur non potendo riconoscere uno stato di disoccupazione sine die, ma nello stesso tempo eviti un impatto in termini di contribuzione che sia più gravoso nei confronti degli altri iscritti. Questa è la situazione e stiamo cercando di trovare qualche soluzione in questi giorni.
  Nel contempo, naturalmente la sezione assistenza dà un particolare rilievo ai soggetti disoccupati iscritti. Ciò vuol dire che gli iscritti disoccupati hanno comunque degli interventi a sostegno del proprio reddito, che sono stati recentemente rimodulati, per poter intervenire più efficacemente rispetto a queste situazioni.
  Per quanto riguarda le osservazioni dell'onorevole Morassut, quando si partecipa a indagini conoscitive ovviamente non si può dare per presupposto tutto quello che c’è dietro. Bisogna sintetizzare le connotazioni principali della cassa.
  Uno dei principi che è stato osservato da noi, e credo ormai da tutte le casse, è quello di dare massima trasparenza e diffusione in primo luogo ai documenti contabili, che sono acquisiti. Sono altresì acquisite dal sito le relazioni della Corte dei conti. C’è un controllo ad ampio raggio sull'attività delle casse.
  In questa prospettiva, vedremo le indicazioni che verranno via via date, anche nell'ambito del regolamento sulla gestione delle risorse finanziarie che dovrebbe essere adottato dal Ministero dell'economia, di concerto con il Ministero del lavoro, e che dovrebbe attribuire compiti di maggiore vigilanza e maggior controllo alla Commissione di vigilanza sui fondi pensione.
  Ovviamente siamo a disposizione per quanto riguarda le problematiche e le soluzioni che abbiamo cercato di adottare in questi anni.
  Lei faceva riferimento al problema delle dismissioni pubbliche. Probabilmente nel caso dell'ENPAF le dismissioni pubbliche hanno favorito e facilitato dei processi di valorizzazione del patrimonio che probabilmente si sarebbero delineati con tempi molto più lunghi. Le dismissioni pubbliche hanno stimolato maggiormente l'ente a prendere in esame il problema delle dismissioni e quantomeno a riconvogliare i proventi delle dismissioni in strumenti più redditizi e, quindi, evitare contrasti eccessivi con l'inquilinato. Queste dismissioni sono state attuate con le organizzazioni sindacali, attraverso politiche di tutela nei confronti di coloro che in quel momento non avevano la possibilità di acquistare.
  Circa la metà del patrimonio residenziale su Roma è stato così alienato, in particolar modo nel quartiere di Ostia. Io credo che realizzare oggi processi di dismissione sia molto difficile, soprattutto in considerazione del fatto che a metà degli anni 2000 c'era un accesso al credito molto diverso rispetto all'attuale e anche le condizioni economiche delle persone che abitavano questi stabili erano profondamente diverse.
  Per quanto riguarda la domanda su farmacisti, titolari di parafarmacia e farmacisti dipendenti, agli effetti della cassa tutti sono uguali, però, come ho detto, tutti hanno la possibilità, qualora siano in possesso di determinati requisiti, di ottenere Pag. 9la riduzione di questo contributo. In primis, oltre ai disoccupati, possono chiedere la mitigazione del contributo previdenziale i farmacisti dipendenti.
  Il presupposto è questo: siccome i farmacisti dipendenti sono iscritti a noi, ma sono obbligatoriamente iscritti anche alla gestione dei lavoratori dipendenti dell'INPS, questi hanno la possibilità di riduzione. La gran parte di essi hanno optato o per la riduzione al 15 per cento della quota o per la contribuzione di solidarietà. Hanno cercato di attenuare il più possibile la loro posizione contributiva nei confronti della cassa, pur mantenendola perché è obbligatoria.
  Nel contempo, sono obbligatoriamente iscritti all'ENPAF, che è per loro l'unico ente di previdenza di riferimento, i titolari di farmacia, gli associati in partecipazione farmacisti, i farmacisti che sono in impresa familiare, i soci di persone gestite per l'esercizio della farmacia e, a partire dal 2008 (anche se le parafarmacie sono state istituite nel 2006, col cosiddetto decreto Bersani) anche i titolari di parafarmacia che sono farmacisti. Infatti, i titolari di parafarmacia possono essere anche farmacisti.
  Era sorta una questione di carattere interpretativo, che poi è stata di fatto risolta dall'INPS, sul fatto che i titolari di parafarmacia farmacisti dovessero essere iscritti da noi obbligatoriamente, perché sono farmacisti, ma nel contempo essere iscritti anche alla gestione commercianti dell'INPS.
  A fronte di posizioni non univoche da parte delle sedi territoriali dell'INPS, la direzione centrale dell'INPS è intervenuta con la circolare n. 12 del 2008 e ha praticamente equiparato il titolare di parafarmacia farmacista al titolare di farmacia, riconoscendo solo l'ENPAF come ente previdenziale di riferimento.
  Di conseguenza, il titolare di parafarmacia a tutti gli effetti paga la stessa contribuzione soggettiva che paga il titolare di farmacia, maturando gli stessi diritti pensionistici di quest'ultimo.
  L'ENPAF prevede una contribuzione soggettiva e una contribuzione oggettiva, che è versata dal servizio sanitario alla cassa ed è la trattenuta che viene effettuata sulle ricette spedite in regime di servizio sanitario nazionale.
  Il farmacista, quando spedisce le ricette in regime di servizio sanitario nazionale, ha una trattenuta pari allo 0,90, che viene riconosciuta dall'ASL all'ENPAF. È a tutti gli effetti una decurtazione di corrispettivo a valenza previdenziale.
  Naturalmente, siccome le parafarmacie non hanno il regime convenzionale, quindi non distribuiscono farmaci erogati in regime di servizio sanitario nazionale, questa è una contribuzione che ha valenza solidaristica. Ciò significa che, ancorché è oggetto di una decurtazione sul corrispettivo del singolo titolare, sia pubblico che privato (infatti, anche le farmacie comunali sono soggette a questo prelievo), in ogni caso si spalma sulla solidarietà dell'intera gestione.

  PRESIDENTE. Ringrazio sia il presidente che il direttore per le risposte alle domande poste, che credo siano state esaurienti.
  Io le vorrei porre una questione. Leggo dalla sua relazione che per quanto riguarda la gestione mobiliare è direttamente l'ente a effettuare alcuni investimenti, quindi vorremmo sapere dettagliatamente come e dove sono stati investiti questi risparmi previdenziali.
  Avendo voi costituito un fondo immobiliare, riteniamo altresì utile avere un dettaglio degli interventi immobiliari che avete realizzato.
  Nel quarto capoverso leggo che nel 2013 vi è stata una redditività media del 3,4 per cento. È chiaro che vi sono delle redditività più elevate e delle redditività meno elevate. Vorremmo avere contezza di come sono gli investimenti che sono stati realizzati.
  Chiedo questo perché noi avvieremo a breve un'indagine conoscitiva sul sistema delle società di gestione del risparmio (SGR), che sotto certi aspetti è ormai obsoleto nel mondo della finanza, e anche un'indagine conoscitiva sui fondi immobiliari.Pag. 10
  Pertanto, avere un quadro di riferimento degli interventi che vengono realizzati ci consentirebbe di convocare alla prossima indagine conoscitiva, che avvieremo a breve, tutti i soggetti che detengono somme di patrimonio da parte delle fondazioni, che poi investono in vari sistemi, a livello internazionale e a livello nazionale.
  L'ultima cosa che mi pare di aver compreso dalla vostra relazione e dalle sue considerazioni è che tutto quello che sta accadendo per quanto riguarda gli investimenti delle fondazioni sulla cosiddetta «economia reale» del Paese non vi vede molto convinti. Ho letto che avete delle perplessità, anche in riferimento a ciò che è accaduto con l’housing sociale.
  È chiaro che la vostra è una posizione di predisposizione all'investimento sull'economia reale del Paese, ma ovviamente con una certa riluttanza, perché quello che è accaduto con l’housing sociale probabilmente ha determinato, soprattutto in alcune fondazioni, qualche problema.
  Noi, come Commissione, abbiamo fatto quest'indagine conoscitiva e possiamo affermare con convinzione che abbiamo un'idea chiara di come fare in modo che vi sia l'investimento da parte delle fondazioni e, quindi, delle casse privatizzate, ma anche da parte dei fondi pensione, con delle regole certe che creino garanzie per ciò che riguarda i rendimenti (da questo dipende la sostenibilità del sistema previdenziale) e anche per ciò che riguarda la trasparenza dell'investimento, in relazione al rendimento dell'investimento stesso.
  Nel ringraziarvi per la vostra partecipazione, dispongo che la relazione prodotta sia allegata al resoconto stenografico della seduta odierna e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9,25.

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ALLEGATO

  RELAZIONE PRESENTATA DA ENPAF

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