XVII Legislatura

Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Giovedì 5 marzo 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Di Gioia Lello , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA GESTIONE DEL RISPARMIO PREVIDENZIALE DA PARTE DEI FONDI PENSIONE E CASSE PROFESSIONALI, CON RIFERIMENTO AGLI INVESTIMENTI MOBILIARI E IMMOBILIARI, E TIPOLOGIA DELLE PRESTAZIONI FORNITE, ANCHE NEL SETTORE ASSISTENZIALE

Audizione del Presidente di Assofondipensione, Michele Tronconi.
Di Gioia Lello , Presidente ... 3 
Tronconi Michele , Presidente di Assofondipensione ... 3 
Di Gioia Lello , Presidente ... 7 
Di Salvo Titti (PD)  ... 7 
Galati Giuseppe (FI-PdL)  ... 9 
Puglia Sergio  ... 9 
Di Gioia Lello , Presidente ... 9 
Tronconi Michele , Presidente di Assofondipensione ... 10 
Di Gioia Lello , Presidente ... 11 
Tronconi Michele , Presidente di Assofondipensione ... 11 
Di Gioia Lello , Presidente ... 12 

ALLEGATO Documentazione prodotta da Assofondipensione ... 13

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LELLO DI GIOIA

  La seduta comincia alle 8.45.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Presidente di Assofondipensione, Michele Tronconi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla gestione del risparmio previdenziale da parte dei Fondi pensione e Casse professionali, con riferimento agli investimenti mobiliari e immobiliari, e tipologia delle prestazioni fornite, anche nel settore assistenziale, del dottor Michele Tronconi, presidente di Assofondipensione. Avverto che il dottor Tronconi è accompagnato dal dottor Giuseppe Pagliarani, coordinatore del Comitato Tecnico di Assofondipensione, e dal dottor Salvatore Cardillo, responsabile struttura operativa di Assofondipensione.
  Do la parola al dottor Tronconi per la sua relazione introduttiva.

  MICHELE TRONCONI, Presidente di Assofondipensione. In materia di investimenti sul risparmio previdenziale avete avuto già l'audizione con Covip in data 12 febbraio, che credo abbia rappresentato in maniera autorevole e super partes la situazione a consuntivo per il 2014. Oggi non potremmo darvi indicazioni diverse o migliori rispetto a quello che è stato.
  Quello che per noi è importante oggi è poter parlare delle occasioni favorevoli, ma anche di quelle perse nel corso del 2014, e delle prospettive che ci si presentano per il 2015, anche con riferimento a un contesto normativo in evoluzione, purtroppo a nostro avviso in maniera disorganica, che possono condizionare in maniera sfavorevole anche le attività di investimento dei fondi pensione, in particolare dei fondi pensione negoziali.
  Ricordo che, oltre alla legge di stabilità che alla fine dell'anno, a dicembre, è intervenuta prevedendo la possibilità di anticipare il TFR maturando, e quindi sospendendo l'erogazione a favore dei fondi pensione, c’è stata anche l'elevazione della tassazione sui rendimenti dei fondi pensione. Evidentemente, quest'aumento di tassazione incide sulla creazione del montante a favore dei lavoratori, e quindi su ciò che permette il calcolo della rendita pensionistica integrativa. Oltre a questi due elementi di novità – sono tutte cose che, oltretutto, richiedono l'emanazione di decreti a oggi non ancora emanati – da ultimo anche il Governo ha presentato un disegno di legge sulla concorrenza in cui si interviene sulla materia della previdenza integrativa.
  In ogni caso, penso che sia opportuno partire da due osservazioni che sono state ben sottolineate dalla vostra relazione del 9 luglio 2104, nell'ambito della precedente indagine cui anche noi abbiamo avuto l'onore di partecipare. In questa vostra Pag. 4indagine molto articolata e che abbiamo molto apprezzato c'erano due punti che, secondo me, è importante oggi ricordare.
  Innanzitutto, avevate giustamente sottolineato l'importanza di trovare i modi per riportare una parte del risparmio previdenziale a essere investito nell'economia reale italiana. L'altro punto molto importante che avevate sottolineato era, in analogia con la best practice a livello OCSE, la necessità di evolvere il nostro sistema di tassazione sulla previdenza integrativa verso la logica EET (esenzione-esenzione-tassazione).
  In questo contesto, che giudicavamo molto favorevole perché c'era un'attenzione verso il risparmio previdenziale e l'importanza di renderlo ancora più produttivo per innescare un circolo virtuoso, per far sì che anche i lavoratori potessero avere più occasioni di lavoro, e quindi potessero accumulare risorse per la loro pensione integrativa, abbiamo avuto anche un'attenzione positiva da parte del Ministro Padoan, che nel mese di settembre ci ha convocato proponendoci un gruppo di lavoro ristretto e finalizzato alla realizzazione di un fondo per la crescita in cui dove convogliare il risparmio previdenziale sia dei fondi pensione negoziali sia delle casse di previdenza.
  Ricordo che, se fosse così semplice investire nell'economia reale, che significa infrastrutture, private equity, mini bond, i cosiddetti investimenti alternativi, cioè diversi dalle classiche asset class, bond o l’equity di aziende quotate, ci sarebbe da chiedersi perché non già non lo facciamo. Ricordo due cose molto importanti per quanto ci riguarda.
  Innanzitutto, ai sensi del decreto n. 703 del 1996, poi sostituito dal 166 del 2014, i fondi pensione negoziali investono prevalentemente in maniera indiretta, cioè collettiamo il nostro risparmio in maniera collettiva, ma tramite bando di gara selezioniamo dei gestori professionali, che ovviamente mettiamo continuamente in concorrenza, per gestire questo risparmio. C’è la possibilità di un investimento diretto, che riguarda appunto gli investimenti alternativi, ma può essere fatto nell'ambito massimo di un 20-25 per cento. Per fare questo, però, bisogna costituire un fondo chiuso, delle cui quote i nostri fondi diventano acquirenti, apportano risorse acquistando quote, e poi il fondo deve essere gestito da un gestore professionale, come può essere una SGR.
  Il problema che si aggiunge è che abbiamo anche delle esigenze di liquidità delle nostre posizioni, perché in ogni momento dobbiamo anche essere pronti a far fronte alle uscite per fronteggiare le prestazioni, e c’è un problema anche di fair value, cioè di valorizzazione di queste quote. È ovvio che, quando si fanno investimenti alternativi, la valorizzazione al fair value è molto più difficile e la liquidità delle quote è molto più difficile perché non esiste un mercato secondario.
  Con questo gruppo ristretto organizzato dal Ministro Padoan si era, appunto, affrontato tutte queste tematiche, che sono molto tecniche, e si era vicini a una soluzione. Purtroppo, quando siamo arrivati vicini a una soluzione, che poi ovviamente andava anche proposta perché bisognava rispettare l'autonomia dei fondi e delle casse, che possono decidere se assumere certi rischi aggiuntivi, con i primi giorni del mese di ottobre si rendeva evidente che la legge di stabilità veniva fortemente caratterizzata da quest'esigenza di sostenere i consumi interni anche mettendo a disposizione in via anticipata il TFR. Ovviamente, chiudere il rubinetto della previdenza integrativa andava un po’ in contrasto con quest'esigenza, invece, di riportare il risparmio previdenziale sull'economia reale italiana, e quindi favorendo gli investimenti a lungo termine.
  Non dimentichiamo che subito si è iniziato a parlare anche di un aumento della tassazione. In questo contesto un po’ ambivalente in cui, da una parte, il Governo ci coinvolgeva per fare qualcosa di reciproco interesse, dall'altra parte, il Governo nella sua collegialità riteneva opportuno invece spingere in un'altra direzione: più consumi interne anziché più investimenti a medio e lungo termine, che ricordo sono un po’ i due elementi fondamentali della domanda aggregata.Pag. 5
  Sulla questione del TFR penso sia opportuno ricordare il documento con cui il Consiglio di Stato il 18 febbraio scorso ha dato il suo parere positivo sul DPCM, che poi non è stato, se non sbaglio, ancora emanato. In questo parere del Consiglio di Stato si dice che la liquidazione immediata del TFR incide sul complessivo assetto del regime pensionistico. Anticipo quella che è un po’ la nostra conclusione: quella previdenziale è una materia estremamente delicata e penso che nessuno meglio di voi possa condividere questo parere, perché sentite un po’ tutte le parti coinvolti sulla materia previdenziale. Non può essere oggetto di una trattazione normativa se non in maniera organica, se non considerando contemporaneamente tutti i pilastri: quello pubblico, che ha evidenti problemi di abbassamento del tasso di sostituzione a causa del cambiamento del criterio di calcolo delle prestazioni dal retributivo al contributivo, e la previdenza integrativa, nata per volere vostro, del legislatore, proprio per sostenere e aggiungersi al primo pilastro pubblico.
  Non dimentichiamo che, mentre insieme a noi sottolineavate l'opportunità di andare verso l'esenzione-esenzione-tassazione, la legge di stabilità ha rafforzato l'altro acronimo, esenzione-tassazione-tassazione sulle prestazioni. Ora, nella legge di stabilità si è cercato di correggere un po’ il tiro creando questo credito di imposta, tutto sommato plafonato a 80 milioni, sugli investimenti alternativi. Si è parlato soltanto di investimenti infrastrutturali: evidentemente, era un'esemplificazione. Tutto è demandato anche qui a un emanando decreto che specifichi sia l'area degli investimenti sia le modalità.
  Devo dire che l'abbiamo preso contemporaneamente in termini sia positivi sia negativi: l'aspetto positivo è che indubbiamente c’è l'intento comunque di segnalare e incentivare questa tipologia di investimenti. Dall'altra parte, sottolineammo due aspetti: è una misura plafonata e questo crea un'incertezza sull'effettiva possibilità di ottenere questo credito di imposta; è un po’ come intervenire sull'autonomia gestionale dei fondi con una sorta di vincolo di portafoglio, come a dire che in quel caso se ne trae un beneficio, e quindi è un po’ come orientare a fare quello.
  Ricordo che la gestione del risparmio previdenziale deve essere sempre pilotata dalla finalità precipua di garantire le prestazioni pensionistiche ai lavoratori. Dal punto di vista tecnico, ogni fondo pensione deve gestire correttamente la propria ALM, l’asset liability management, cioè aver il matching, la corrispondenza tra flussi in entrata e flussi in uscita. Questi ultimi sono le prestazioni, mentre i primi sono i ritorni dagli investimenti del risparmio previdenziale.
  Se non ci fosse stato questo cambio di focalizzazione della legge di stabilità più sul rilancio dei consumi che sul sostegno agli investimenti a medio e lungo termine, sono convinto che oggi saremmo qui a presentarvi il fondo per la crescita, perché c'erano i tempi per farlo. Penso che insieme anche voi avreste potuto riconoscere l'importanza del lavoro svolto assieme, perché si andava veramente nella stessa direzione, c'era la stessa progettualità.
  Questo non significa che ci siamo arresi. Questo tipo di investimento nell'economia reale, questi investimenti alternativi sono importanti anche per noi da un punto di vista tecnico, ma è ovvio che non c’è più quella spinta che c'era soltanto qualche mese fa a collaborare mettendo insieme fondi pensione, casse di previdenza e quant'altro per un grande fondo. Probabilmente, dovremo fare dei fondi più piccoli e in questo momento ne stiamo ancora discutendo, ma è un po’ come ripartire da capo.
  Vi dicevo che a neanche due mesi dalla legge di stabilità, che interveniva appunto sul risparmio previdenziale in maniera indiretta perché la finalità era appunto quella di sostenere il consumo interno, col disegno di legge sulla concorrenza nuovamente si interviene. In particolare, troviamo in maniera un po’ un sorprendente l'articolo 15, lettera d), dove si prevede di introdurre la portabilità automatica della posizione pensionistica, estendendo questa portabilità anche al contributo datoriale, Pag. 6che come sapete è uno dei principali frutti della contrattazione collettiva, quella che, seguendo lo spirito della 252, consente alle parti sociali di sostenere questo secondo pilastro previdenziale.
  A nostro avviso, quest'intervento crea dei problemi gestionali per i fondi pensione. Per farla breve, cosa può succedere se questo tipo di norma dovesse essere approvata dal Parlamento ? Automaticamente gli aderenti ai fondi pensione negoziali diventerebbero il terreno di caccia delle reti di vendita del sistema assicurativo e dei fondi aperti. Anziché pensare a estendere l'area dell'adesione alla previdenza integrativa, ci sarebbe il tentativo di continuare a bussare alla porta a chi già aderisce a un fondo pensione negoziale soltanto per portarsi a casa anche quest'elemento aggiuntivo del contributivo datoriale.
  Per capire meglio questa situazione, penso che sia utile guardare un attimo i numeri e partirei proprio da quelli che vi sono stati presentati da Covip. Covip ha fatto stato sulla situazione al 31 dicembre 2014 e i suoi dati sono estremamente focalizzati su due elementi. Innanzitutto, la previdenza ha degli ottimi risultati reddituali. Che si considerino i fondi pensione negoziali, i fondi aperti o i PIP, fondamentalmente c’è stato un rendimento medio nel 2014 superiore al 7 per cento, che è da valutare estremamente positivo soprattutto se lo confrontiamo al benchmark amministrativo, e cioè il tasso di rivalutazione del TFR, che nel 2014 è stato solo dell'1,3. Qui parliamo di tassi netti. L'1,3 e già defalcato della componente fiscale. Sapete che il TFR per legge non è altro che l'aggiunta di uno spread dell'1,5 per cento sul 75 per cento del tasso di inflazione: ovviamente, in una fase di deflazione, questo rendimento è plafonato all'1,3.
  L'altro elemento che risulta lampante dai dati di Covip, dati purtroppo ricorrenti negli ultimi anni, è che le adesioni al sistema previdenziale integrativo sono tutto sommato al palo. I nuovi aderenti compensano le uscite, cioè le persone che vanno in pensione. I dati, a dire il vero, danno indicazione di una dinamica maggiore nel comparto assicurativo: i PIP nominalmente crescono addirittura del 21 per cento tra il 2013 e il 2014, per cui si sarebbe portati a dire che evidentemente sono più bravi, più attrattivi, hanno qualcosa che i fondi pensione negoziali non hanno.
  Ripeto che i rendimenti sono lì, i costi sono completamente diversi, perché i fondi pensione negoziali nascono come istituzioni no profit, mentre ovviamente il sistema assicurativo deve ricaricare i costi sulle proprie commissioni e lo fa, ovviamente, in maniera legittima per ottenere un profitto. Non si riesce a capire perché lì crescano le adesioni e nel nostro caso no.
  Se, però, facciamo parlare i numeri e dividiamo il totale del risparmio accumulato, quindi delle risorse accumulate per coprire le future prestazioni, lo dividiamo per il totale degli aderenti a fine anno ed evidenziamo la posizione media capitaria, ci accorgiamo che su questa non c’è la stessa dinamica. Addirittura, la situazione si inverte e la posizione media capitaria cresce di anno in anno nei fondi pensione negoziali. Tra il 2013 e il 2014, passa da 17.600 a 20.000 euro, mentre nei PIP, che sembrano molto più dinamici, si passa da 6.000 a 6.400.
  Semplicemente, il sistema assicurativo che sta dietro i PIP è estremamente efficiente dal punto di vista della rete di vendetta, che quindi cerca di trovare nuove aderenti, ma ha dei flussi contributivi molto più regolari. Uno dei motivi con cui si vende la polizza è proprio la possibilità anche di sospendere il flusso contributivo. Evidentemente, questo è contrario allo spirito della costituzione del risparmio previdenziale. Questa posizione media capitaria inferiore spiega anche perché ci sia così interesse verso gli attuali aderenti ai fondi pensione negoziali: evidentemente, portandosi dietro il contributo datoriale, c’è la possibilità di incrementare queste posizioni, cioè poter godere di flussi contributivi più regolari e più consistenti.Pag. 7
  Ricordo altri tre aspetti molto importanti. i piani individuali di previdenza, per loro natura, da un punto di vista tecnico non possono essere coinvolti nei cosiddetti investimenti alternativi, e quindi non possono concorrere, come vorremmo, a riportare parte del risparmio previdenziale adesso investito nell'economia reale.
  Non dimentichiamo che lasciare il lavoratore a scegliere e a confrontare queste posizioni pensionistiche individuali, quindi i vari offerenti, concorre a formare un mercato caratterizzato tipicamente da asimmetrie informative, proprio quelle che la 252 aveva cercato di correggere dicendo che il secondo pilastro previdenziale nasce dalla canalizzazione del risparmio dei lavoratori attraverso istituzioni, come i fondi pensione negoziali, che senza fini di lucro pensino loro poi a mettere in concorrenza i gestori e di volta in volta selezionare i gestori più convenienti per il lavoratore.
  Da ultimo, i PIP non solo soffrono di maggiori sospensioni contributive, ma quando succede, al contrario, che siano le aziende a sospendere i contributi perché magari finiscono in una procedura concorsuale, mentre i fondi pensione negoziali magari devono coprire più aderenti ed evidenziano la loro natura mutualistica – spesso, il giudice delegato specifica che siano non i lavoratori ma i fondi a perorare la posizione e il recupero del non versato – nel caso dei PIP dei fondi aperti questo non succede, perché magari devono farlo soltanto per una o per poche posizioni in quell'azienda, e quindi il costo caricato sulla posizione individuale è assolutamente non conveniente. C’è anche quest'elemento di difficoltà.
  Il problema vero di tutta questa situazione, però, a cui si aggiunge la possibile e auspicata introduzione di una maggiore flessibilità di uscita sul primo pilastro pubblico, creando un range anagrafico entro il quale si può andare in pensione, ovviamente con una rendita diversificata a seconda che si vada prima o dopo, è che si creano elementi di incertezza sulla gestione del risparmio previdenziale che portano inevitabilmente i gestori a privilegiare gli investimenti a breve termine.
  L'assetto normativo che si sta creando in questo Paese, anziché andare nella direzione che voi stessi avete auspicato a luglio, e cioè che si privilegi l'investimento a lungo termine, che si facciano evolvere i fondi pensione verso la natura di investitori istituzionali, quindi con capitali pazienti e prudenti, sta automaticamente spingendo il sistema verso il breve termine. Bisogna essere coerenti.
  Cosa vogliamo fare insieme ? Se vogliamo rafforzare i fondi pensione come investitori istituzionali, convinti che la pensione integrativa sia indispensabile in un sistema in cui la prestazione del primo pilastro è calcolata sul sistema contributivo, dopo aver passato anni di crisi e che hanno indubbiamente determinato delle discontinuità occupazionali, per cui ci saranno molti futuri pensionati che avranno dei buchi contributivi perché non hanno avuto la possibilità di lavorare sempre in questi anni, non possiamo e non dobbiamo intervenire continuamente sulla normativa in maniera disorganica. È una cosa troppo delicata e scopriremo solo troppo tardi i guasti che, eventualmente, si realizzeranno.
  Sono convinto che la riforma realizzata dieci anni fa – la 252 è del 2005 -avesse costruito un assetto coerente. Se si vuole modificarlo, deve essere fatto in maniera altrettanto coerente. Ricordiamo che tutti insieme stiamo cercando di interpretare correttamente due articoli della nostra Costituzione: l'articolo 38 e l'articolo 47, che sanciscono il risparmio dei cittadini italiani, che va gestito con oculatezza. Se si vuole modificare il lavoro svolto anche dalla sussidiarietà orizzontale delle parti sociali, prima di dire che deve essere modificato, ci si dimostri che abbiamo male operato. Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  TITTI DI SALVO. Ringrazio il presidente Tronconi per la relazione.
  In realtà, più che delle domande, avrei delle considerazioni da condividere di due Pag. 8ordini. La prima è su una sua affermazione di valutazione di quanto la legge di stabilità definisce rispetto al fondo di 80 milioni costruito per il credito d'imposta. Dirò dopo come io condivida alcune sue considerazioni critiche sulla nettezza delle direzioni di marcia da intraprendere, ma tengo a evidenziare una mia convinzione.
  Penso che, nel momento in cui la politica economica di un Paese, oggi fortemente condizionata anche dalle politiche europee poiché la leva monetaria è in mano, per fortuna in questo, alla Banca europea, e quindi Mario Draghi, ma in ogni caso nelle mani della Banca europea, la leva fiscale sia uno strumento nelle mani dei singoli Paesi per fare una cosa a mio avviso molto utile, che nel Paese si è fatta troppo poco: non la politica statalista, ma incentivare alcune direzioni di marcia che si ritengono utili.
  Penso, quindi, che il nostro problema di oggi sia continuare in una direzione di marcia che la legge di stabilità ha aperto. Considero positiva ma insufficiente la scelta del credito d'imposta finanziato dal fondo di 80 milioni, 6 per cento, 9 per cento, e quindi il problema non è, a mio avviso, il fatto che sia utilizzato il credito d'imposta per incentivare una strada. Considero positivamente che la strada, nonostante tutto, sia stata aperta, che è l'obiettivo dell'impegno della Commissione su cui – questo è il secondo punto – dobbiamo proseguire.
  Considero esiguo il fondo. Considero necessario – il sottosegretario Baretta ci dice che è pronto – il regolamento per definire il criterio attraverso cui si compone la graduatoria di chi fa domanda e di chi riceve Considero decisiva anche l'elencazione degli interventi e degli investimenti, ma tengo a dire che penso sia positivo usare la leva fiscale per indirizzare verso la strada. Sostanzialmente, altre leve oggi sono poco a disposizione.
  La seconda considerazione è questa. Anche noi nella Commissione ci siamo interrogati su come continuare una discussione in Parlamento, che abbiamo voluto tradurre in una mozione parlamentare che è stata approvata, per definire la necessità del rapporto tra sistema previdenziale ed economia reale.
  Ora, non c’è dubbio che, se paragonato ad altri Paesi c’è molto da fare dal punto di vista sia delle percentuali di investimenti oggi fatti dal risparmio previdenziale all'estero piuttosto che in Italia, sia complessivamente delle attività finanziarie mosse dai fondi in Italia piuttosto che in altri Paesi, anche solo in riferimento alla media europea. Condividiamo, quindi, questa necessità e abbiamo fatto la mozione.
  La domanda che dovremmo rivolgerci collettivamente tra soggetti che condividono questa strada è come continuiamo ad alimentare una discussione che, prima che concreta, è anche culturale e di convinzione che quella sia la strada giusta. Bisogna essere anche consapevoli che la strada che si è aperta con la legge di stabilità ha un contesto di risorse.
  In parte, c’è il tema di conquistare a un'idea, cioè che il risparmio previdenziale possa essere utile per finanziare l'economia reale; in parte, c’è un contesto reale. Perché il fondo è di 80 milioni di euro e non di 300 ? C’è una questione di risorse, un contesto che pesa. C’è, però, anche un tema che riguarda il fatto di portare dentro quella convinzione tutti i soggetti che vanno portati. Come continuiamo insieme ?
  Personalmente, per esempio, penso che, per le cose che ho detto, la delega fiscale sia ancora un'occasione. Sul fisco c’è una delega votata, decreti attuativi ancora da fare, una strada che si apre di ristrutturazione del sistema d'imposizione. Siccome sono convinta che la leva fiscale oggi sia nelle nostre mani, penso che insieme dovremmo immaginare come su atti ancora da compiere sia possibile continuare, traguardandoli magari anche alla prossima legge di stabilità.
  Infine, una considerazione va fatta sul disegno di legge sulla concorrenza e sulla portabilità, che magari dal punto di vista del singolo risparmiatore può essere vista come un vantaggio. Ritengo che la riflessione vada fatta, però, con riferimento Pag. 9all'intero sistema, in quanto quello che può essere un vantaggio magari immediato si può trasformare in uno svantaggio futuro.

  GIUSEPPE GALATI. Presidente Tronconi, vorrei riprendere proprio da questo ultimo punto che la collega Di Salvo stava trattando. Anche lei recentemente, in un'intervista a Il Sole 24 Ore, ha manifestato perplessità sui provvedimenti inseriti all'interno di questo disegno di legge sulla concorrenza, in particolare all'articolo 15. Oltretutto, ovviamente questo viene anche dopo la legge di stabilità, che ha già provveduto a una vostra posizione critica.
  Per entrare nel merito, visto che questo è un disegno di legge, e quindi avremo la possibilità di concorrere anche attraverso iniziative singole o, se si riterrà, anche della Commissione, vorrei capire se abbiate già dettagliati elementi di valutazione rispetto all'impatto che potrebbe esserci da questo disegno di legge sul settore e anche quali potrebbero essere le proposte migliorative, che ovviamente devono guardare sia al contribuente sia agli operatori del settore per cercare di trovare quella giusta bilancia che in questi casi è necessaria.

  SERGIO PUGLIA. Ringrazio il presidente Tronconi per essere intervenuto questa mattina. Purtroppo, sì, il Governo è andato dritto senza considerare alcune osservazioni che avevamo posto in questa Commissione e alla fine ha pensato di tassare il risparmio, perché è molto più semplice e non ha immediata evidenza, politicamente non si vede. Purtroppo, però, questa è una politica senza lungimiranza e guarda semplicemente alle prossime elezioni anziché alle future generazioni. Purtroppo, è l’«Italietta».
  Ovviamente, da parte nostra torneremo sul tema della tassazione del risparmio, perché riteniamo che non ci si possa fare pubblicità anche in tv, e mi riferisco proprio alla riforma del secondo pilastro, quando era Ministro Damiano, e quando uno spot diceva che dare il proprio TFR conveniva perché c'era un risparmio anche fiscale. Era pubblicità ingannevole ? Non è possibile tassare quello che in precedenza si diceva non essere tassato.
  Oggi in Italia abbiamo il sistema contributivo, e sappiamo benissimo che si ha bisogno di un'integrazione. L'integrazione che possa venire da un fondo o da un altro è un punto principale, perché è dovere dello Stato assicurare che quel fondo faccia degli investimenti certi e sicuri e che non mettano a rischio la pensione dell'aderente.
  Per quanto riguarda le vostre osservazioni in merito al decreto sulla concorrenza circa la portabilità, vorrei maggiori informazioni. In particolare, attualmente, se dovesse realmente passare questa norma e a prescindere dai casi di fallimento aziendale e magari omessa contribuzione nei periodi precedenti della contribuzione dei fondi integrativi – sappiamo benissimo che molto spesso il fondo deve farsi carico lui stesso del costo, come succede un po’ con la previdenza obbligatoria – nel momento in cui il lavoratore trasferisce la sua scelta, cosa si trasferisce all'altro fondo ? Montante e rendimenti o soltanto montante ?

  PRESIDENTE. La sua relazione mi è parsa esaustiva di un percorso che abbiamo iniziato insieme; purtroppo, per tanti eventi e tante situazioni che si sono verificate durante il percorso della legge di stabilità, non siamo riusciti nell'intento di mettere in piedi quell'operazione che avrebbe, secondo me, portato beneficio al Paese. È chiaro, infatti, che sull'investimento si poteva pensare anche ai consumi. Mi pare scontato e naturale.
  Nel discorso che lei faceva sul decreto sulla concorrenza, sono profondamente d'accordo. Lei ha anche sviluppato una considerazione e un passaggio significativo nel sottolineare che i fondi aperti, quindi tutti i fondi che riguardano il mercato e via discorrendo, non ci consentirebbero di fare quell'operazione a cui abbiamo pensato, e cioè di intervenire per quanto riguarda il problema dell'economia reale, anche se oggi non è tramontato il fondo maggiore, perché pensavamo a un fondo Pag. 10grande, mentre oggi siamo pensando a fondi molto più piccoli. I fondi aperti, quindi, o altri si accaparrerebbero, se così possiamo dire, quella quota parte che è parte datoriale, perché è chiaro che il fondo negoziale è sostanzialmente questo. Bisognerebbe, quindi, rivedere sostanzialmente l'articolo 15, se non vado errato, del decreto sulla concorrenza perché questo metterebbe in discussione il sistema.
  Su questo, però, mi viene una riflessione e mi piacerebbe ragionare con voi. Prendo spunto da un articolo de Il Sole 24 Ore, sul decreto delle banche popolari. Ieri nella presentazione di un emendamento da parte del relatore si dice che si può intervenire nel capitale delle banche con il risparmio previdenziale per costruire la cosiddetta Spa per quanto riguarda il recupero.
  Il dubbio che a me sorge e su cui vorrei ragionare con voi è che questo emendamento sia strettamente collegato all'articolo 15, lettera d), per ciò che riguarda il decreto sulla concorrenza. Alcune SGR, oggi costruite da insiemi di banche, che raccolgono il risparmio previdenziale non possono intervenire, come lei ben sa, sul capitale delle banche. Con questo tipo di ragionamento, aprire ai fondi aperti qualificandoli come fondi negoziali può dare la possibilità di entrare direttamente nel capitale delle banche ?
  A me sorge il dubbio che tutto sia collegato a un sistema, che quindi ci sia una raccolta anche della parte del datoriale, che nell'insieme sarà ridefinito il sistema e che, di conseguenza, si possa entrare attraverso quest'articolo 15, lettera d) all'interno del capitale delle banche stesse. Secondo me, questo è un problema grosso che dobbiamo affrontare con grande responsabilità e serietà, perché stravolge completamente quello che è stato fatto nel 2005 e crea problemi oggettivi al sistema previdenziale e anche al risparmio.
  Questi sono gli aspetti che mi interessa conoscere. È chiaro, infatti, che non avendo ancora chiuso il ragionamento che riguarda la trasformazione delle banche popolari – di questo stiamo discutendo – che avrà un suo percorso abbastanza importante sia alla Camera sia al Senato, bisogna capire se questa questione sarà collegata con questo emendamento all'articolo 15 del decreto sulla concorrenza, di cui avete parlato e di cui sono convinto.
  Do ora la parola al presidente Tronconi per la replica.

  MICHELE TRONCONI, Presidente di Assofondipensione. Presidente, vi ringrazio per i preziosi interventi. Rispondo in ordine cronologico, partendo della leva fiscale.
  Personalmente, sono pienamente d'accordo, a tal punto che con voi fummo d'accordo sull'opportunità di evolvere verso l'esenzione-esenzione-tassazione. La questione è che priorità vogliamo dare alla previdenza integrativa.
  Se crediamo che sia fondamentale per tenere in piedi un sistema multipilastro che assicuri ai futuri pensionati una vita dignitosa perché sorretta da rendite pensionistiche in grado di assicurare una continuità di consumi e uno stile di vita simile a quello in cui erano attivi, cioè lavoravano, se è quello il nostro vero punto d'arrivo, la leva fiscale andava operata riducendo la tassazione sui rendimenti del risparmio previdenziale, riconoscendo che quella non è speculazione finanziaria. Nessuno, infatti, può immediatamente beneficiare di quei rendimenti. Non è come quando si comprano le quote di un fondo aperto e a un certo punto, ottenuto un buon rendimento, se ne vuole beneficiare, trasformarlo immediatamente in consumo, comprarsi un auto: si può farlo, ma non con il risparmio previdenziale, che è destinato a una finalità specifica.
  Perché, allora, non abbiamo apprezzato completamente la misura degli 80 milioni, che anche lei ha detto che tutto sommato potevano essere di più, sugli investimenti alternativi, cioè su quelli che ritorno sull'economia reale ? Fondamentalmente, è stata presentata come un passo indietro. È come aver dato prima quattro sberle, ma sospenderle se si va in una certa direzione. Capite che è un incentivo, ma legato a un Pag. 11disincentivo. Ci hanno aumentato la tassazione, ma ci si dice che si può tornare indietro si si fanno determinate scelte.

  PRESIDENTE. Dottore, dateci un pizzico di merito. Nel passaggio tra Camera e Senato, c’è stata l'approvazione della nostra mozione.

  MICHELE TRONCONI, Presidente di Assofondipensione. Sono partito dandovene merito. Sono d'accordo con lei che la leva fiscale sia l'unica strada, ma fino a un certo punto, perché anche lei ha detto che le ristrettezze della finanza pubblica sono tali che, purtroppo, non si può poi usare bene questi incentivi.
  C’è, inoltre, un aspetto legato alle adesioni che va anche rimarcato in questi termini. Abbiamo un'adesione tutto sommato bassa, il 25 per cento degli aderenti potenziali nel settore privato: non dimentichiamo che ci sono tutti i dipendenti pubblici che non possono beneficiare della previdenza integrativa, e quindi di fatto oggi abbiamo un sistema che discrimina tra cittadini di serie A e cittadini serie B.
  Un altro problema è che i dipendenti nelle aziende di piccole dimensioni sotto i 50 dipendenti preferiscono tenere il TFR in azienda, perché sanno che possono più facilmente ottenere dal proprio datore di lavoro, in un ambito quasi familiare, l'anticipazione quando serve.
  È stato ricordato anche un mio recente intervento su Il Sole 24 Ore: qui è stata persa un'occasione. Quando si è fatto quest'intervento di sostegno del Quir (quota integrativa della retribuzione), dicendo che c'era una garanzia pubblica, un finanziamento a tasso agevolato, perché non si è colta l'occasione di dare finalmente compimento alle previsione del 252, secondo il quale bisognava trovare un sistema di finanziamento supportato da garanzia pubblica anche per quelle imprese di piccola dimensione che perdono il TFR maturando come autofinanziamento a favore dei fondi pensione ? Perché se qualcuno ha l'uscita di cassa perché anticipa può avere un finanziamento a tasso conveniente e, se perde invece il TFR a favore del fondo pensione, quello non è finanziabile, non è sostenibile ?
  Vado alla domanda dell'onorevole Galati, che ci pone un quesito estremamente solleticante. Chiede se abbiamo una valutazione di dettaglio di quello che può succedere a seguito dell'approvazione del DDL: lo chiedo a voi. Il Governo, nel presentare di DDL, ha presentato la propria valutazione d'impatto, ha spiegato perché ritiene che questo sia un intervento migliorativo ? Vi ringrazio perché mi avete alzato la palla e io spero di essere riuscito a schiacciarla. A me piacerebbe che il Governo spiegasse, per un intervento di miglioramento, ai cittadini italiani e ai futuri pensionati se effettivamente c’è un beneficio sui lavoratori.
  Oltretutto, è esattamente l'altro quesito che poneva il senatore Puglia: i lavoratori ne riceveranno un beneficio e in che modo ? Sono loro da mettere al centro, quindi non devo difendere soltanto la sussidiarietà orizzontale, che però mi piacerebbe fosse anche attrezzata per lo sforzo fatto in questi anni per costruire questo secondo pilastro previdenziale, però è giusto che al centro siano i lavoratori, i cittadini. Avranno o non avranno una pensione dignitosa ? L'intervento ulteriore – mi permetto di ribadire – in termini episodici migliora la situazione dei futuri pensionati o no ? Lo deve dimostrare prima chi propone una modifica alla normativa preesistente.
  In ogni caso, le confermo che la portabilità, così come disegnata nel provvedimento, è integrale, cioè automatica. Da imprenditore vi dico cosa succede. A me è capitato che qualche mio dipendente mi dicesse che aveva cambiato idea e aveva preferito un PIP, che sapeva di rinunciare – nel sistema previgente non c’è la portabilità automatica – al contributo aziendale, ma che pensava che era un momento difficile, al rischio della cassa integrazione. Ammetto, infatti, che anch'io nelle mie aziende ho dovuto ricorrere alla cassa integrazione.
  Si diceva che, se avesse avuto bisogno di chiedere un'anticipazione, non avrebbe potuto chiederla al fondo pensione negoziale, Pag. 12perché non c'erano i requisiti; che avevano bussato alla sua porta per dirgli che, se fosse passato a quella posizione assicurativa, in qualsiasi momento avrebbe potuto sospendere o chiedere un'anticipazione. Non è vero, ma la rete di vendita vende queste illusioni a scapito del risparmio previdenziale.
  Capite che, se un fondo pensione negoziale dice una cosa non vera, giustamente si può portarlo in causa. A me, però, fa piacere anche ricordarvi che dal 1998, in cui sono stati costituiti i fondi pensione negoziali, non ce n’è stato uno finora che sia stato oggetto di scandalo, perché la struttura normativa era perfetta: il fondo raccoglie, ma poi gestisce individuando tramite bando di gara, quindi in maniera diretta, dei gestori professionali, sempre tramite bando di gara una banca in cui sono depositate le risorse, che ha anche un obbligo di controllo, e ancora con bando di gara un service.
  Tenete presente che i PIP e i fondi aperti sono gestori diretti, che significa che, quando il lavoratore sceglie, dopo ha anche il problema di controllare se i rendimenti sono adeguati, se deve farsi carico dell'eventuale switch per il cambio di gestore, quindi di fondo. Queste cose, invece, sono in capo ai fondi pensione negoziali.
  Sulla riflessione che lei, presidente, ci segnalava, spero che non si voglia ritenere che col risparmio dei lavoratori si possa coprire tutti i buchi di questo Paese. Il risparmio previdenziale è una cosa seria. Il primo obiettivo è mantenerlo e farlo rendere, poi è giusto riportarlo nell'economia reale, ma con l'intento propulsivo maggiore, e quindi tramite la logica della costituzione preventiva di fondi chiusi, e quindi sempre creando queste interposizioni che in un certo senso aiutano a non avere problemi spiacevoli.
  Spero che si possa col vostro aiuto riportare, ma sugli investimenti giusti, che veramente poi possono anche servire ai cittadini e ai lavoratori, creando un circuito virtuoso, ma non che adesso si dica che col risparmio previdenziale si può finire da tutte le parti e, nello stesso tempo, dall'altra parte si rende più difficile questo risparmio anche nella gestione. Ripeto che, se dovesse essere approvato questo DDL sulla concorrenza, i fondi pensione negoziali sarebbero forzati a gestioni di breve termine, cioè si andrebbe nella direzione opposta a quella che insieme a voi riteniamo opportuna. Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Presidente, la ringraziamo della sua disponibilità e anche della sua relazione. Avremo modo di rincontrarci per ulteriori approfondimenti.
  Dispongo che la documentazione prodotta sia pubblicata in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.45.

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