XVII Legislatura

Commissione parlamentare per le questioni regionali

Resoconto stenografico



Seduta n. 13 di Martedì 16 giugno 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE PROBLEMATICHE CONCERNENTI L'ATTUAZIONE DEGLI STATUTI DELLE REGIONI AD AUTONOMIA SPECIALE, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AL RUOLO DELLE COMMISSIONI PARITETICHE PREVISTE DAGLI STATUTI MEDESIMI

Audizione del presidente e dei componenti della commissione paritetica della regione siciliana, Antonio La Spina, Ida Angela Nicotra e Giuseppe Verde.
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 2 
Nicotra Ida Angela , Componente della commissione paritetica della regione siciliana ... 2 
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 5 
La Spina Antonio , Presidente della commissione paritetica della regione siciliana ... 5 
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 8 
Verde Giuseppe , Componente della commissione paritetica della regione siciliana ... 8 
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANPIERO D'ALIA

  La seduta comincia alle 11.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del presidente e dei componenti della commissione paritetica della regione siciliana, Antonio La Spina, Ida Angela Nicotra e Giuseppe Verde.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente e dei componenti della commissione paritetica della regione siciliana, Antonio La Spina, Ida Angela Nicotra e Giuseppe Verde, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle problematiche connesse alle procedure di attuazione degli statuti delle regioni ad autonomia speciale e, in tale contesto, al ruolo delle commissioni paritetiche previste dagli statuti medesimi.
  Ringrazio gli intervenuti per la disponibilità dimostrata. Do la parola alla professoressa Nicotra per lo svolgimento della sua relazione.

  IDA ANGELA NICOTRA, Componente della commissione paritetica della regione siciliana. Grazie, presidente. Io, per rimanere nel tempo che mi è stato assegnato, seguirò lo schema del questionario che è stato posto alla nostra attenzione.
  Con riferimento alla prima domanda in merito alla necessità di norme di attuazione dello statuto speciale e segnatamente dello statuto siciliano, la mia risposta è che sicuramente occorre insistere sulla necessità delle norme di attuazione. Tuttavia, non si può nascondere che lo statuto ormai da tempo avrebbe bisogno di un profondo aggiornamento, alla luce del quadro costituzionale più volte mutato e che si appresta a una nuova modifica, almeno secondo quanto è possibile intravedere dai lavori parlamentari sulla riforma costituzionale.
  La questione delle norme di attuazione dello statuto speciale, così come la stessa istituzione della commissione paritetica, come è stato ripetuto più volte, è frutto della necessità di un metodo basato sull'intesa, che costituisce la declinazione di un'autonomia.
  Pertanto, le norme di attuazione dello statuto e la commissione paritetica rappresentano oggi il mezzo della leale collaborazione fra lo Stato e, nel nostro caso, la regione Sicilia, affinché si possa attuare lo Statuto, alla luce delle considerazioni che nella scheda si sottolineano.
  Mi riferisco al necessario aggiornamento dello statuto, che – lo ricordiamo – ha nella specialità una sua particolare atipicità, essendo stato emanato prima dell'entrata in vigore della Costituzione e non avendo avuto la possibilità di un coordinamento con la Costituzione stessa. È stata la Corte costituzionale che, nella sua opera di armonizzazione fra lo statuto siciliano e la Costituzione, ha portato lo Statuto dentro i binari del percorso costituzionale.
  Ricordo per tutte l'ultima vicenda che ha caratterizzato la storia dello statuto, con riferimento al commissario dello Stato e al controllo preventivo sulle leggi, che addirittura prima erano leggi statali. In Pag. 3seguito, è venuta meno questa competenza, sulla base di una sentenza della Corte costituzionale.
  Da ultimo, la sentenza Mattarella ha infatti dichiarato illegittimo il controllo preventivo, sulla scorta della maggiore autonomia che il Titolo V riconosce pure alle regioni ordinarie e della vigenza per tutte le regioni del sistema più garantista previsto dall'articolo 127 della Costituzione e, quindi, del controllo successivo.
  La risposta, dunque, è che bisogna insistere sulle norme di attuazione, ma con un necessario aggiornamento.
  Con riferimento alla seconda domanda, ovvero se la mancata attuazione sia imputabile anche alla mancata adozione di norme di attuazione dello statuto, anche in questo caso la risposta è in parte affermativa.
  Anche in questo caso, la soluzione non può essere data soltanto dalle norme di attuazione, che pure in alcuni casi sono mancate, ma anche dal fatto che lo statuto siciliano continua a possedere dei caratteri che non sono del tutto in linea con la Costituzione italiana. Pertanto, per alcuni aspetti, era complesso individuare delle norme di attuazione che riportassero lo statuto all'interno dell'alveo della Costituzione italiana.
  In terzo luogo, ci si chiedeva in che misura può aver influito sulla mancata attuazione la vaghezza di alcune disposizioni degli statuti speciali. Io non direi che si tratti di vaghezza. Si è trattato anche di espressioni disarmoniche negli statuti delle regioni speciali rispetto alla Costituzione.
  Basti pensare al limite alla potestà esclusiva della regione siciliana segnato dalle grandi riforme agrarie e industriali, quando nelle altre regioni si parlava di grandi riforme economico-sociali.
  Anche su questo è intervenuta la Corte costituzionale, con un'opera di risistemazione e di allineamento delle norme dello statuto rispetto alla Costituzione italiana.
  Con la quarta domanda entriamo più in medias res. Essendo noi componenti della commissione paritetica, oltretutto da tanto tempo, ho delle idee abbastanza chiare su questo. La quarta domanda pone la questione dei meccanismi di funzionamento e di una loro eventuale rivisitazione, e quella delle procedure per la nomina e la sostituzione dei componenti.
  Posso dire che certamente le commissioni paritetiche, così come sono, presentano delle forti criticità, che riguardano innanzitutto il fatto che esse vengono ricomposte a ogni formazione degli esecutivi.
  Questo, a mio modo di vedere, è un fatto, non solo negativo, ma un po’ contraddittorio. Infatti, la commissione paritetica, con i due membri in rappresentanza dello Stato, è appunto rappresentante dello Stato e, quindi, di un indirizzo politico permanente, che dovrebbe essere collegato alla legislatura, più che alla fine dell'esecutivo, considerando che in Italia l'esecutivo e la legislatura non vanno sempre insieme, come in altri Paesi che hanno democrazie più stabili della nostra.
  Pertanto, l'idea di agganciare la nomina della paritetica e, quindi, anche la sua fine alla formazione di nuovi governi è un fatto certamente disarmonico.
  Se io fossi il legislatore, proporrei questa prima modifica, per fare in modo che le paritetiche durino una legislatura.
  Questo lo dico perché, nel periodo in cui sono stata componente – e lo sono tuttora – della commissione paritetica, ho potuto verificare che la fine dei governi porta alla fine della commissione paritetica.
  Non esiste un regime di prorogatio, che andrebbe incontro alle necessità di un organismo che dovrebbe continuare a lavorare, assicurando il principio di continuità dell'organo costituzionale. Infatti, la paritetica è prevista dall'articolo 43 dello statuto siciliano e, quindi, è un organo di rango costituzionale. Da questo punto di vista, la prorogatio potrebbe andare incontro alle esigenze.
  Inoltre, ci sono ritardi dovuti ai Governi e ai ministri degli affari regionali, che a volte impiegano molto tempo nella nomina della successiva commissione paritetica. È successo, per esempio, che, nell'intero anno 2013 la commissione paritetica non si è mai riunita, perché al cambio dei due Governi, come è noto, non è stata ricomposta. Mi pare che la prima Pag. 4riunione della paritetica ci sia stata a ottobre del 2014. Evidentemente, il tempo che è trascorso è stato troppo lungo. Da questo punto di vista, io farei una riflessione sulle procedure di nomina.
  C’è un'altra questione, che riguarda lo schema di norme di attuazione che le paritetiche preparano. Come sappiamo, nel nostro ordinamento non esiste una procedura che accompagna lo schema di attuazione predisposto dalla paritetica in un percorso virtuoso verso il Consiglio dei ministri, che poi lo dovrà approvare. A volte questo non accade.
  Anche in questo caso, cito un esempio concreto, visto che vivo questa esperienza da molti anni. Noi, come commissione paritetica, abbiamo esitato uno schema di attuazione in materia di medicina penitenziaria il 1o aprile 2014 e ancora oggi il Consiglio dei ministri non l'ha approvato.
  Anche in quest'ambito, ci sono delle disfunzioni che potrebbero essere superate, attraverso una sorta di procedimentalizzazione di questo percorso, che potrebbe essere legata a un tempo che il Governo potrebbe avere, entro il quale adottare lo schema. Questo è un primo punto. Si potrebbe prevedere un obbligo di motivazione per il Governo che adotti uno schema in difformità, oppure non lo adotti proprio e, quindi, trovare dei meccanismi che rendano effettivo questo percorso.
  Se la paritetica lavora e produce atti, che poi rimangono assolutamente inesitati, si comprende bene come sia difficile parlare di mancata attuazione. La mancata attuazione dipende da una serie di disfunzioni che, a mio parere, con modifiche normative, neanche troppo avanzate, potrebbero essere superate.
  Mi si chiedeva in che modo è assicurato un collegamento tra l'operato della componente regionale interna alla commissione paritetica e la giunta regionale. I componenti di parte regionale sono nominati dal presidente della regione e, quindi, hanno uno stretto collegamento con quest'ultimo, che può anche dare delle direttive.
  Inoltre, nella situazione concreta, abbiamo un componente di parte regionale che è addirittura un assessore del governo regionale. Il collegamento è quasi un'immedesimazione organica fra il governo e la commissione paritetica.
  Con riferimento, invece, al rapporto tra l'Assemblea regionale siciliana e la commissione paritetica, l'Assemblea regionale, nella sua attività ispettiva, gode di poteri per audire i componenti della commissione paritetica e, quindi, dettare loro delle linee o suggerire degli argomenti da trattare, con la predisposizione delle norme di attuazione.
  Il problema serio sono i rapporti finanziari. Si pone l'interrogativo se la mancata attuazione delle disposizioni degli statuti speciali possa aver influito negativamente, aumentandolo, sul contenzioso costituzionale tra lo Stato e la regione.
  La mia idea è che, in realtà, vi è una parte di norme di attuazione che certamente non sono state attuate e che, quindi, hanno impedito il funzionamento delle commissioni paritetiche. Il nodo del trasferimento delle funzioni – diciamocelo chiaramente – è innanzitutto di carattere finanziario.
  Tuttavia, io ritengo che il problema non sia solo questo, perché abbiamo due esempi di norme di attuazione che sono andate in porto. La prima è datata (1965) ed è in attuazione dell'articolo 36 dello statuto siciliano. La seconda è più recente (del 2005) ed è in attuazione dell'articolo 37, sempre in tema di rapporti finanziari fra lo Stato e la regione siciliana.
  Sia nel primo caso che nel secondo, si può riscontrare che la Corte costituzionale ha influito su quelle scelte, nel senso che a volte ha stigmatizzato il comportamento dello Stato, con riferimento, ad esempio, alla necessaria simmetria fra risorse e funzioni. In una sentenza più recente (del 2013), la Corte costituzionale ha chiaramente affermato che lo Stato avrebbe dovuto trasferire senza indugio alla regione siciliana le risorse di cui allo statuto siciliano.
  Pertanto, direi che non c’è solo un problema di mancata attuazione delle disposizioni statutarie, ma anche un problema che riguarda la necessità di coordinare meglio le norme statutarie con le Pag. 5norme di attuazione. Prova ne sia che la Corte costituzionale interviene, anche mettendo in crisi il contenuto delle norme di attuazione stesse.
  Tuttavia, il nodo fondamentale rimane la necessità di risolvere le questioni che riguardano i rapporti finanziari fra lo Stato e la regione siciliana.
  Con l'attuazione dell'articolo 37, si parla di 50 milioni di euro all'anno che lo Stato dovrebbe trasferire alla regione siciliana, che sono una parte delle risorse che dovrebbero passare e che potrebbero far funzionare meglio il bilancio della regione e le scelte che quest'ultima compie dal punto di vista politico.
  Con riferimento, invece, all'armonizzazione fra la riforma costituzionale in itinere e la posizione delle regioni speciali, io ritengo che la riforma costituzionale, se andasse in porto così com’è, ridimensionerebbe la posizione delle regioni ordinarie, soprattutto laddove riporta alla competenza esclusiva dello Stato alcune materie e segna una discontinuità forte con la Costituzione attuale.
  Mi riferisco alla clausola di supremazia dello Stato, disegnata sulla falsariga dell'articolo 72 della Costituzione tedesca: come sappiamo, quando ci sono ragioni di unità giuridica o economica e di salvaguardia dei diritti fondamentali in tutte le parti del territorio, prescindendo dai confini territoriali, è possibile che lo Stato riprenda le competenze.
  Invece, la clausola contenuta nell'articolo 39 afferma che le regioni speciali seguono un loro percorso, fino alla revisione degli statuti.
  Cosa penso di questo ? Penso che, se si vuole davvero che le regioni speciali riformino i loro statuti – lo dico perché la storia di questo Paese è chiara – si dovrebbe quantomeno mettere un termine alla revisione di questi statuti, sia pure con la procedura concordata, con l'intesa e con la formula pattizia che è alla base delle regioni speciali. Ritengo sia fondamentale porre un termine, dopo il quale si «riespande» per tutte le regioni la Costituzione italiana oppure si trova un altro sistema.
  Vedo che è stato proposto un tavolo unitario fra lo Stato e le regioni speciali, per consentire una procedura unitaria e, quindi, razionalizzare questo percorso. Anche questa mi sembra una proposta importante, che magari potrebbe essere accompagnata dalla previsione che, entro un termine perentorio previsto dalla legge, gli statuti speciali devono uniformarsi all'idea di modificare le loro norme statutarie.

  PRESIDENTE. Ringrazio la professoressa Nicotra, anche per aver rispettato il tempo assegnatole.
  Do la parola al professore La Spina, presidente della commissione paritetica della regione siciliana.

  ANTONIO LA SPINA, Presidente della commissione paritetica della regione siciliana. Grazie di questa opportunità.
  La commissione paritetica della regione siciliana in questo momento è in una situazione un po’ particolare: i due membri più anziani dell'attuale composizione, nel senso che hanno maggiore esperienza, sono loro due, cioè la professoressa Nicotra e il professor Verde, che in passato è stato presidente.
  Io sono stato nominato l'anno scorso, perché, visto l'avvicendamento fra un Governo e l'altro, si è ritenuto di dover nominare un nuovo presidente. Il Ministro successivo ha confermato tutte le nomine precedenti, però c’è stato questo ulteriore passaggio. Per varie ragioni, che non sto a sintetizzare, sono stato eletto io presidente. Tuttavia, le memorie storiche sono più loro.
  Peraltro, non ho ricevuto lo schema di domande, forse per un disguido. Ora ho dato una sbirciata e ho capito quali sono le domande. Non risponderò puntualmente, anche per questa ragione. Vorrei soffermarmi soprattutto su un paio di questioni, a un livello non molto elevato di carattere organizzativo, che penso siano molto rilevanti ai fini dell'argomento di cui ci occupiamo, ovvero la funzionalità di queste commissioni paritetiche.
  La nostra prima riunione di insediamento – correggetemi se sbaglio – è avvenuta il 2 ottobre del 2014. Era arrivato un Pag. 6input urgente, perché in quel momento si doveva trattare la già richiamata norma di attuazione in materia di sanità penitenziaria, che era uno degli argomenti che esistevano già da anni agli atti delle precedenti commissioni. Io mi sono documentato. Esistevano già delle proposte di norme di attuazione negli anni precedenti, anzi alcune attraversavano più commissioni ed erano rimaste non affrontate. È un po’ strano, però questo è ciò che è successo.
  In questo caso, ci siamo mobilitati – è il caso di dirlo – per la lavorazione di queste norme di attuazione, che peraltro erano già state fondamentalmente definite in una prima versione, perché c'era una richiesta abbastanza precisa da parte del Ministero della giustizia.
  Questa richiesta era legata a una scadenza, peraltro annunciata tramite mezzi di comunicazione, entro la quale si prevedeva la chiusura in tutta Italia dei manicomi criminali. La sanità penitenziaria non riguarda solo questo, ma fondamentalmente c'era un ex manicomio – è un termine brutto e anche da questo deriva l'esigenza di chiudere questa esperienza – a Barcellona Pozzo di Gotto. C'era una forte sollecitazione a chiudere questa vicenda, legata, peraltro, anche al fatto che c'erano dei finanziamenti che sarebbero passati alla regione, se si fossero rispettate certe scadenze.
  Con molta buona volontà, abbiamo fatto una decina di riunioni, perché inizialmente vi era l'esigenza di capire quale fosse l'impatto finanziario e quante e quali fossero le unità di personale. Sono tutte cose intuitive, ma non abbastanza, tant’è che, successivamente all'adozione dello schema di norma di attuazione trasmesso alla Presidenza del Consiglio dei ministri, pur essendo stato dato un parere favorevole da parte di una delle articolazioni dell'amministrazione centrale, è emersa un'esigenza legata a del personale a tempo determinato. Credo che sia questo che al momento ha bloccato l'adozione finale del decreto legislativo.
  Che cosa ci dice questa esperienza ? Ci dice che, quando c’è un interesse specifico di un'amministrazione dello Stato – in questo caso, importante come la giustizia – c’è una sollecitazione. Quando, invece, questo è mancato, pur avendoci provato diverse volte, non c’è stato verso di riuscire a fare una programmazione dei lavori.
  Aderisco all'idea che è stata enunciata prima dell'opportunità di avere, per esempio, una durata coincidente con la legislatura. Aggiungo che si potrebbero prevedere dei requisiti, che già sono previsti in senso lato, ai fini della selezione di rose all'interno delle quali effettuare la nomina.
  Ciò nonostante, quello che è assolutamente fondamentale è stilare un'agenda dei lavori. In mancanza di questo, potrebbe paradossalmente succedere una cosa, che magari è pure successa nella storia. Nel caso della Sicilia, lo statuto è del 1946; siamo nel 2015, per cui un lasso di tempo è passato. In questo lungo lasso di tempo, potrebbe esserci stato un immobilismo, non essendoci stata nessuna sollecitazione né da parte dell'amministrazione regionale né da parte di quella statale.
  Da noi, questo non è successo sicuramente, perché abbiamo prodotto almeno una cosa, anche se poi non è andata avanti, e io intendo assolutamente produrre anche tutto il resto. Non so se ci riuscirò, però ho già tentato in vari modi di capire qual è la programmazione dei lavori, quali sono le cose urgenti e quelle meno urgenti, quelle che vengono prima e quelle che vengono dopo, fermo restando che dobbiamo affrontare almeno tutto quello che già esiste come lascito delle commissioni precedenti e presumibilmente anche qualcos'altro.
  Il nodo fondamentale è: chi fa questa agenda ? Secondo me, questo dovrebbe essere oggetto di una normativa specifica, ovviamente nazionale. Le forme della normativa saranno valutate da voi, però l'ideale sarebbe che fosse frutto di un accordo fra il Governo nazionale e i governi regionali.
  Nel momento in cui si insedia la paritetica, l'accordo politico indica una strada chiara ai componenti della stessa, i quali poi programmeranno i loro lavori di conseguenza. L'accordo indica anche quali sono le priorità e i temi su cui concentrarsi. Da Pag. 7quel momento in poi, i componenti hanno anche il titolo per poter chiedere i materiali e gli strumenti normativi.
  Peraltro, la commissione paritetica produce uno schema di decreto legislativo. Infatti, è previsto che per questo schema di decreto legislativo, così come avviene per gli altri schemi di decreto legislativo e in generale per gli altri schemi di atto normativo, è prevista la redazione della scheda di impatto finanziario e della scheda di impatto della regolamentazione.
  Chi predispone queste schede ? Di fatto, le predispongono gli uffici della regione, in interazione con le varie branche dell'amministrazione nazionale.
  L'analisi di impatto della regolamentazione è un tema di cui mi sono occupato molto. Fare un'analisi di impatto della regolamentazione significa esplorare più opzioni regolative alternative. Non è affatto detto che, se c’è una previsione statutaria, l'attuazione di quella previsione sia meccanica. Se fosse meccanica, non ci sarebbe bisogno delle commissioni paritetiche.
  Per esempio, si potrebbe perseguire il filone A, il filone B o il filone C. Quale di questi è quello più auspicabile ? Quale di questi ha un certo impatto, maggiore o minore, sui conti regionali e nazionali ? Peraltro, non si tratta soltanto di un impatto finanziario. Quale regolamentazione è quella più adatta ?
  Come fa la commissione paritetica a stabilire questo ? Può essere che al proprio interno abbia le professionalità – ammettiamo che ce le abbia – ma ha bisogno di informazioni, di dati e di statistiche, così come gli altri organi legislativi e così come è prescritto – non sempre questo avviene – per gli altri schemi di decreto legislativo proposti dai vari Ministri e poi adottati dal Consiglio dei ministri.
  Se si vuole far funzionare questi organismi, che hanno un potere normativo, sia pure ovviamente in termini di proposta – è chiaro che l'adozione non compete alla commissione paritetica – bisogna attrezzarli.
  Non parlo di creare degli apparati ad hoc, ma di creare le possibilità all'interno della commissione, sulla base dell'agenda stabilita da qualcuno, idealmente in sede di accordo all'inizio dei lavori (è meglio se questi lavori durano cinque anni).
  Se non sono le due parti, Governo nazionale e governo regionale, a fare l'agenda, magari lo faranno i membri interni alla commissione, che rappresentano pariteticamente il Governo nazionale e il governo regionale. La soluzione preferibile sarebbe la prima che ho detto, ma comunque qualcuno deve fare questa agenda.
  Magari tutte le agende del mondo vengono disattese e, se si dovevano fare quattro cose, se ne fanno tre o due. Tuttavia, essere nella condizione di non poter prevedere se fare x o y è francamente assurdo. Non dico che questo problema si protrarrà, ma finora è un'esperienza che comincio a intravedere. Parlando con i colleghi, so che non è una cosa del tutto nuova, ma forse è successa anche in passato. Non so se è una cosa tipica della Sicilia. Può essere che in altre commissioni ci si regoli diversamente – questo me lo direte voi – però sicuramente nel caso nostro questo problema si è riscontrato.
  Farò soltanto un'osservazione nel merito di un'altra domanda, ma vorrei sottolineare con una certa enfasi, come era stato già fatto, l'esigenza della programmazione di un'agenda. In mancanza di questo, per la ragione che ho appena enunciato, nessun ritardo si può addebitare alle commissioni paritetiche, a meno che non emergesse che c’è stato già un chiaro input per la commissione tale, nell'anno tale, nel momento tale, da parte di almeno una delle parti, lo Stato o la regione, e che la commissione ha latitato e perso tempo.
  Se così non fosse – nell'esperienza nostra così non è – i ritardi non sarebbero addebitabili alle commissioni partitiche, ma deriverebbero da questa esigenza di programmazione.
  Non è colpa di nessuno. Non sto dicendo che c’è necessariamente un'intenzione, ma comunque questa esigenza sicuramente c’è e, almeno fino a questo momento, manca una sua concretizzazione. Sottolineo questo.
  Per quanto riguarda la domanda sette, che si riferisce alle previsioni statutarie Pag. 8che regolano i rapporti finanziari tra Stato e regioni speciali e all'incremento della conflittualità fra questi enti, in realtà finora la Sicilia, come è stato accennato, ha avuto una specialità nella specialità: la sopravvivenza del commissario dello Stato.
  Questo, da un lato, ha diminuito il contenzioso, perché una gran parte del potenziale contenzioso veniva fatta emergere dal commissario dello Stato, e poi la regione tipicamente approvava la legislazione, espungendo la norma impugnata dal commissario dello Stato. Spesso è successo questo, quindi molte norme che avrebbero potuto dar luogo a un contenzioso si fermavano lì.
  Molto recentemente, come è stato ricordato, la figura del commissario dello Stato è stata, non abolita, ma svuotata dal punto di vista di questa competenza. Leggo sui giornali che forse sono previste delle utilizzazioni in sede nazionale dell'elevata competenza tecnica che si è maturata in questi anni all'interno dell'ufficio siciliano del commissario dello Stato.
  In Sicilia c’è questa specificità. Pertanto, ci sarebbe potuto essere molto più contenzioso. Non dico che non ce ne sia stato, ma ci sarebbe potuto essere molto più contenzioso di quanto non ce ne sia stato, perché c’è stata questa specificità, che adesso sarebbe finita. Vedremo che cosa succederà.
  Un tema per cui ci si sarebbe aspettato un forte impulso da parte della regione siciliana è l'attuazione delle norme finanziarie, ovvero di alcune norme dello statuto che prevedono, come è noto al di là della Sicilia, l'attribuzione alla regione di una potestà impositiva in senso proprio, con riscossione dei tributi maturati e così via. In questo caso, il dibattito ha dato luogo anche a un contenzioso.
  Neanche su questo finora vedo una sollecitazione. A livello di declamazioni, spesso si afferma che è assolutamente necessario dare attuazione agli articoli 36 e 37 dello statuto siciliano. Tuttavia, in concreto, visto che oggi questa attuazione entrerebbe in una più vasta problematica di discussione e determinazione dei rapporti finanziari tra Stato e regione, sarebbe facile dire alla regione: «Ti riconosciamo la potestà impositiva nella materia x, però questo, per esempio, deve andare a finanziare la sanità o un altro ambito rispetto al quale c’è uno squilibrio fra la tua regione a statuto speciale e altre regioni».
  Anche in materia finanziaria, occorre un forte impulso. Questo è quanto ho capito durante la mia breve esperienza. Erano cose che in parte sapevo da prima, ma adesso le sto toccando con mano, anzi vorrei cominciare a mettere mano a questa normativa.
  Quando si cominciò a discutere della nostra nomina, tutti dissero che la prima cosa di cui ci saremmo occupati sarebbero state le norme di attuazione degli articoli 36 e 37. Rispondemmo che l'avremmo fatto ben volentieri. Tuttavia, ancora non siamo riusciti a metterci mano, ma ovviamente è una cosa che dovremo fare prima o poi (speriamo prima che poi).
  Anche da questo punto di vista, c’è necessità assoluta di una programmazione di queste tematiche e delle priorità, fermo restando che tutte le tematiche vanno coperte e di un minimo di strutturazione di questo percorso, non dico con un apparato apposito, ma almeno con delle prerogative da riconoscere alla commissione. Diversamente, la commissione non sarebbe nelle condizioni di fare quello che le si richiede di fare.
  Spero di essere stato nei tempi. Non ne sono sicuro. Eventualmente, nel caso avessi sforato, vi chiedo perdono e vi ringrazio per l'attenzione.

  PRESIDENTE. È stato nei tempi e la ringrazio molto, presidente.
  Do la parola al professor Giuseppe Verde.

  GIUSEPPE VERDE, Componente della commissione paritetica della regione siciliana. Grazie, presidente, per la possibilità di interloquire in una sede così prestigiosa, presso la quale cercherò di rappresentare un'esperienza che è iniziata con il secondo Governo Prodi e che si è mantenuta finora dentro le commissioni paritetiche.
  La prima domanda che mi viene rivolta è se sia ancora utile insistere sulle norme di Pag. 9attuazione, di fronte a uno statuto che richiederebbe un aggiornamento. La mia risposta è che le norme di attuazione hanno una grande valenza. Non si tratta qui di rendere in forma originaria lo spirito dello statuto del 1946, frutto di un processo decisionale molto particolare, in cui i siciliani davano un'indicazione sulla forma dello Stato. Nel 1946, attraverso l'esperienza siciliana, non si costruiva l'autonomia siciliana, ma si costruiva lo Stato regionale.
  Quando si occupa del consiglio di giustizia amministrativa della regione siciliana, la Corte costituzionale ci dice che la norma d'attuazione non è una trasposizione su un piano sub-costituzionale di un principio, ma è una normativa che può farsi carico di amplificare e adattare al momento contingente lo spirito statutario.
  Nella seconda domanda mi viene chiesto se la mancata attuazione di norme di attuazione dello statuto abbia inciso sui rapporti tra Stato e regione. Certamente ha inciso. Questa tematica avrebbe consentito la risoluzione di una serie di controversie o di questioni, riguardanti, per esempio, i rapporti tra le fonti della Sicilia e dello Stato.
  Spesso il Parlamento approva norme accompagnate dalla clausola di cedevolezza, per cui queste norme non si applicano agli statuti speciali «fino a che» o «fino a quando». Si pone il problema se la disposizione in questione sia applicabile nel territorio regionale siciliano.
  Mentre per l'Alto Adige le disposizioni di attuazione hanno dato vita a una regola certa sulla possibilità di risolvere questo rebus, in Sicilia ne discutiamo per alcuni anni, fino a quando il Parlamento non approvi una legge di recepimento, come se si trattasse di ordinamenti giuridici diversi, con la quale, trascorsi alcuni anni, si scrive che si dà attuazione alla legge statale nell'ordinamento regionale siciliano.
  Nel frattempo, tutte le questioni toccate dalla riforma statale – pensate alla materia degli appalti o alla privatizzazione del pubblico impiego – rimangano in un limbo, in cui non si capisce quale normativa applicare e ognuno cerca di portarsi a casa propria ciò che gli fa più comodo.
  Si chiede se la vaghezza dello statuto ha influito sulla mancata attuazione delle norme di attuazione. Non ha assolutamente influito. Certamente ognuno di noi è portatore di una certa visione del diritto costituzionale. La vaghezza, il valore anfibologico del diritto costituzionale e il diritto costituzionale che si riempie di clausole vuote rappresentano per me un vantaggio. Di fronte a un tecnicismo, in cui la parola ius esprime il comando, io preferisco ricorrere alla parola «diritto», dove si indirizza il comportamento di uomini liberi nel rispetto di quei princìpi definiti dal testo costituzionale.
  Dunque, la vaghezza avrebbe potuto consentire ancor di più e consente questa dialettica tra i soggetti politici e il diritto costituzionale.
  Ci si chiedeva come viene assicurato il collegamento tra la commissione paritetica e la giunta regionale. Siamo di nomina regionale, nel senso che siamo nominati con un decreto del presidente della regione, che poi viene fatto proprio dal Ministro degli affari regionali, e che ha valore costitutivo per la parte statale, ma ricognitivo per la parte regionale. Dunque, il Ministro per gli affari regionali non potrebbe modificare le decisioni assunte dal presidente.
  Nei fatti, è la segreteria generale che veicola i rapporti tra i componenti della commissione paritetica e il Governo. È dalla segreteria generale che noi dovremmo attingere indicazioni, obiettivi e ordini del giorno da porre sul tavolo della commissione paritetica.
  Si vuole sapere se l'assemblea regionale siciliana monitora periodicamente l'attività svolta dalla commissione paritetica. L'assemblea regionale siciliana è, di fatto e di diritto, estranea al processo decisionale delle commissioni paritetiche.
  Alessi, uno dei padri dell'autonomia, voleva che la commissione paritetica avesse sede dentro al parlamento regionale; andava alla ricerca di una stanza dentro al parlamento regionale. Non è così. La disposizione d'attuazione viene chiusa nel rapporto dialettico tra Governo nazionale e governo regionale. Il presidente Pag. 10della regione partecipa alla deliberazione del Consiglio dei ministri, che approva la disposizione d'attuazione. Questo vanifica la possibilità di attivare un contenzioso dinanzi alla Corte, perché la partecipazione della regione all'approvazione la priva dell'interesse a ricorrere da un punto di vista processuale.
  Il parlamento regionale è coinvolto dal garbo istituzionale dei componenti della commissione paritetica. Io avverto sempre la necessità di confrontarmi con il presidente dell'assemblea e di informarlo, ma è un aspetto del rapporto personale che mi lega al presidente Ardizzone. Di fatto, potrei non farlo. Spesso non si è verificato questo collegamento.
  Siamo di fronte a un processo di estraniamento dei Parlamenti, su cui tornerò rispondendo all'ultima domanda, riguardante le modifiche allo statuto.
  Mi si chiede se la mancata attuazione delle disposizioni può essere ritenuta la causa principale del contenzioso Stato-regioni. Certamente è così.
  La domanda è formulata in riferimento ai rapporti finanziari. A questo proposito, spero che sia superata questa sorta di film che viene proiettato su tutti gli schermi, secondo cui tutti i redditi dei siciliani sono assegnati alla regione siciliana, che ha, quindi, una dotazione finanziaria che produce un surplus. Questo non è assolutamente vero. È una delle falsità istituzionali più ricorrenti.
  Le disposizioni di attuazione sono del 1965 e non sono state mai coordinate con la riforma tributaria del 1973. La giurisprudenza costituzionale stabilisce che la potestà impositiva è dello Stato e che il luogo della riscossione è decisivo.
  Per dirla in breve, la mia busta paga di professore universitario è stampata a Latina e la regione non la vede. Questo è solo un esempio, ma potrei procedere con l'IVA e con tutti i tipi di imposte.
  Per quanto riguarda il contenzioso, è certo che in Sicilia ci sono degli autonomisti un po’ sfegatati, che pensano di fare ricorsi alla Corte, come se questa avesse un ufficio mandati che, di fronte a una domanda, stacca assegni per la Sicilia da 800.000 euro o da un milione di euro.
  È chiaro che questo non si può realizzare. È necessario ridefinire le norme di attuazione sui rapporti finanziari tra Stato e regione, perché ci sono 5,5 milioni di abitanti italiani che sono quasi in punto di morte, di fronte alla situazione che si sta vivendo.
  Non parlo tanto per me, che ho una vita abbastanza dolce e delicata, ma parlo per tutti coloro che se la passano molto peggio di me, soprattutto per i giovani che abbandonano questa terra, facendo della Sicilia un territorio di vecchi mafiosi (nemmeno quelli bravi che sanno giocare con la finanza o con altre cose).
  Mi si chiede come vada visto l'articolo 39, comma 11, che salva le regioni speciali. Dal mio punto di vista, va visto malissimo. Lo dico senza mezzi termini.
  In primo luogo, tutte le regioni speciali dal 2001 al 2015 non hanno portato avanti nessuna modifica statutaria. Sono saldamente ancorate agli statuti, per ragioni diverse: quelle del Nord hanno una politica e rappresentano il senso della specialità in un certo modo; i poveracci del Sud guardano alla specialità che hanno come l'unico elemento di salvaguardia di quelle poche cose rimaste.
  Le modifiche degli statuti non sono partite. Non è partita nemmeno la legge statutaria. Noi stiamo discutendo di competenze e di clausole di salvaguardia, ma, se devo dire la verità sulle possibilità che lo Stato ha, utilizzando il coordinamento della finanza pubblica, dopo la legge costituzionale sul pareggio di bilancio, tutto questo gioco di fuoco sull'accentramento statale praticamente era già nel sistema, considerando anche la giurisprudenza costituzionale.
  Dunque, bisogna cercare di modificare questi statuti. Io avevo una proposta, che avevo formulato in uno scritto consegnato in un convegno. Purtroppo, si è perso uno dei tratti politico-costituzionali del senso dell'autonomia nel nostro Paese. Secondo me, sarebbe stato meglio affidare alle regioni speciali un termine entro il quale Pag. 11o modificavano lo statuto oppure quest'ultimo usciva di scena, e si giocava la partita sul tavolo dei princìpi costituzionali.
  Peraltro, la Corte afferma che lo statuto speciale ha un carattere derogatorio. Per cosa chiedi questa deroga ? Cosa pensi di poter fare, derogando alle regole generali sul regionalismo ? Questo è il contenitore.
  Nel merito della disposizione, io sono molto preoccupato, perché, se venisse approvata domani, io, regione speciale, troverei le mie competenze nelle seguenti fonti: la Costituzione del 1948, di cui alcune disposizioni permangono; lo statuto speciale; la legge costituzionale n. 3 del 2001, ovvero il cosiddetto «nuovo Titolo V», che ora chiameremo «vecchio» di fronte al nuovissimo; e la legge costituzionale sulla parità di bilancio.
  Pensate che una regione, per capire che cosa deve fare, deve guardare quattro fonti di carattere costituzionale diverse e integrarle fra di loro. Avremo uno sviluppo del contenzioso tra regioni speciali e Stato che sarà, secondo me, pazzesco. Una logica di semplificazione qui ci vuole.
  L'intesa compare con il riferimento all'articolo 120 della Costituzione e al potere sostitutivo. Abbandoniamo il tema del diritto e confrontiamoci sul tema della politica. Se l'idea è «o fate gli statuti o ve li facciamo noi», come si modifica uno statuto speciale ? Questo è un altro bel problema.
  Questa disposizione sta modificando la legge costituzionale n. 2, che prevede la procedura di cui all'articolo 138 senza il referendum, oppure no ? Il Parlamento potrebbe approvare una legge ex articolo 138 in senso pieno, per modificare lo statuto ? Ci mancherebbe altro, la revisione della Costituzione è la competenza fondamentale del Parlamento.
  In primo luogo c’è questo equivoco che va chiarito: come interviene questa disposizione sulle modifiche di statuto ?
  In secondo luogo, c’è l'intesa: chi sono i soggetti dell'intesa ? Sono i Governi ? I Parlamenti dove sono rispetto alla modifica degli statuti, quando abbiamo un parlamento regionale che ha la possibilità di esprimere con una legge-voto un indirizzo sulla propria modifica ?
  Ha senso immaginare una modifica di uno statuto speciale fatta dall'alto ? Noi parliamo di deroga e di specialità, ma abbiamo un territorio che non riesce a produrre nemmeno una proposta di questa specialità. Ha senso ? Io onestamente avrei dei dubbi su questa possibilità.
  In sostanza, di fronte a questa disposizione, io vedo una serie di dubbi e di questioni. L'intesa, come dice la Corte nella sua ultima giurisprudenza, è un'indicazione di metodo. Inizio io ? Inizi tu ? L'importante è iniziare, poi vediamo cosa succede ? Cerchiamo di chiarire. Forse non sarebbe male che su questo punto il Parlamento facesse un attimo di riflessione, per offrire un quadro che non complichi ulteriormente la vicenda.
  Io mi fermo qui. Mi sono permesso di mandare via e-mail questo indice di risposte e di allegare due appunti, uno leggibile e un altro che è un articolo in cui espongo tutte le questioni. Ci sarebbe tanto da dire. Quando noi parliamo di rapporti finanziari e di prelievo fiscale, sappiamo che, se ci occupiamo di un territorio che ha un PIL di un certo tipo, quel gettito fiscale produce x. Secondo gli ultimi dati ISTAT, il reddito pro capite di Palermo è di 16.800 euro, ed è molto distante, per esempio, da quello di Bolzano e della Val d'Aosta, dove è di circa 40.000 euro. È chiaro che il gettito finanziario è diverso.
  Aggiungo un altro elemento di distorsione. In alcuni sistemi, lo Stato torna dalle regioni speciali del Nord e gli dice: «Avete avuto più soldi, datemeli indietro». Le regioni speciali rispondono a gestacci, e lo Stato dice: «Allora ti prendi funzioni». Si cominciano a trasferire funzioni, come quella universitaria che è stato oggetto di disposizioni di attuazione per Trento, che anche negli ordinamenti federali rimangono accentrate.
  Questa schizofrenia andrebbe governata da una linea politica, che non può arrivare soltanto dal Ministero dell'economia e delle finanze.
  Quando si discute di Ministero dell'economia e di Sicilia, vi posso assicurare che nella commissione paritetica mandano un Pag. 12usciere del Ministero, il quale si presenta dando nome, cognome e numero di matricola, e legge un comunicato che gli hanno dato, in cui c’è scritto: «Non c’è trippa per gatti». Avviene sempre così, o almeno questa è la mia esperienza.
  Fare il trasferimento di funzioni senza risorse è quasi miracoloso.

  PRESIDENTE. Ringrazio molto il professor Verde, anche per aver depositato questa memoria e questi appunti. Se anche gli altri autorevoli auditi volessero fare la stessa cosa, per noi sarebbe assolutamente gradito.
  Mi permetterei di formulare una proposta. Una delle questioni che sono oggetto di approfondimento di questa indagine conoscitiva, ovviamente con riferimento non solo alla Sicilia ma a tutte le cinque regioni ad autonomia speciale, è l'idea di utilizzare il dibattito sulla riforma costituzionale relativa alle regioni a statuto speciale per proporre dei meccanismi che consentano al rapporto fra lo Stato e le regioni speciali di funzionare.
  Questo rapporto funziona, se funzionano in termini di efficienza le commissioni paritetiche, non soltanto come organi in sé, ovvero con riferimento alla composizione e al mandato politico che devono ricevere e che deve essere concreto nel suo esercizio quotidiano, ma anche dal punto di vista del procedimento. Ovviamente questo procedimento deve coinvolgere i Parlamenti, ma deve anche porre dei termini al Consiglio dei ministri per l'esame, l'approvazione o la bocciatura dei decreti legislativi che riguardano le eventuali norme di attuazione.
  Si tratta di migliorare o ripristinare il circuito virtuoso che era stato pensato per le regioni a statuto speciale, per prevenire i conflitti e per dare certezza giuridica nei rapporti, che è il presupposto perché questo meccanismo funzioni.
  Noi pensiamo di completare questo nostro lavoro, se ci riusciamo, prima dell'estate. Ovviamente la Commissione deciderà quando esaminare il documento conclusivo per il Parlamento, e, quindi, sicuramente finiremo dopo l'estate.
  Se voleste farci pervenire delle proposte concrete, che sono state oggetto della vostra relazione, per noi sarebbe molto utile e gradito.
  Noi abbiamo ancora qualche minuto prima di chiudere i nostri lavori, perché siamo legati ai tempi dell'Assemblea Camera. Non ci sono domande da parte dei colleghi.
  Vorrei ricordare che proseguiremo i nostri lavori giovedì prossimo alle ore 8,00 con le audizioni del presidente della regione Valle d'Aosta, Rollandin; del presidente del consiglio regionale della Sardegna, Ganau; e del presidente della sezione regionale della Corte dei conti della Sardegna, Petronio.
  Colgo l'occasione per salutare e ringraziare la senatrice Nicoletta Favero, che da qualche settimana fa parte della nostra Commissione e che accogliamo con piacere.
  Ringrazio gli auditi e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 11.55.