XVII Legislatura

Commissione parlamentare per le questioni regionali

Resoconto stenografico



Seduta n. 11 di Martedì 9 giugno 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE PROBLEMATICHE CONCERNENTI L'ATTUAZIONE DEGLI STATUTI DELLE REGIONI AD AUTONOMIA SPECIALE, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AL RUOLO DELLE COMMISSIONI PARITETICHE PREVISTE DAGLI STATUTI MEDESIMI

Audizione del presidente della regione siciliana, Rosario Crocetta, del presidente dell'Assemblea regionale siciliana, Giovanni Ardizzone, del presidente del Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana, Raffaele Maria De Lipsis, del presidente della sezione di controllo della Corte dei conti per la regione siciliana, Maurizio Graffeo, e del presidente della prima sezione del tribunale amministrativo regionale per la Sicilia di Palermo, Nicolò Monteleone.
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 3 
Ardizzone Giovanni , presidente dell'Assemblea regionale siciliana ... 3 
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 6 
Lo Bello Mariella , vicepresidente della regione siciliana ... 6 
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 8 
De Lipsis Raffaele Maria , presidente del Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana ... 8 
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 12 
Graffeo Maurizio , presidente della sezione di controllo della Corte dei conti per la regione siciliana ... 12 
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 19

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANPIERO D'ALIA

  La seduta comincia alle 11.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del presidente della regione siciliana, Rosario Crocetta, del presidente dell'Assemblea regionale siciliana, Giovanni Ardizzone, del presidente del Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana, Raffaele Maria De Lipsis, del presidente della sezione di controllo della Corte dei conti per la regione siciliana, Maurizio Graffeo, e del presidente della prima sezione del tribunale amministrativo regionale per la Sicilia di Palermo, Nicolò Monteleone.

  PRESIDENTE. La seduta odierna è dedicata all'audizione del presidente della regione siciliana, Rosario Crocetta, sostituito dalla vicepresidente Mariella Lo Bello poiché impossibilitato a partecipare a causa di urgenti e sopravvenuti impegni, nonché all'audizione del presidente dell'Assemblea regionale siciliana, Giovanni Ardizzone, del presidente del Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana, Raffaele Maria De Lipsis, e del presidente della Sezione controllo della Corte dei conti per la regione siciliana, Maurizio Graffeo, che è accompagnato dalla dottoressa Licia Centro, consigliere della medesima Sezione.
  Avverto altresì che il presidente del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia con sede a Palermo, Nicolò Monteleone, impossibilitato a partecipare all'audizione odierna, ha inviato una memoria scritta che è stata depositata agli atti della Commissione.
  Nel ringraziare i presenti per la loro disponibilità, do la parola al presidente dell'Assemblea regionale siciliana, Giovanni Ardizzone.

  GIOVANNI ARDIZZONE, presidente dell'Assemblea regionale siciliana. Ringrazio tutti i commissari per questo importante momento, che ci permette, come Parlamento siciliano, di evidenziare alcuni problemi, alcune necessità e anche il lavoro che è stato portato avanti nel corso di questi mesi nella prospettiva di una attualizzazione – mi piace dire attualizzazione e non revisione – del nostro statuto alla luce dei suoi sessant'anni: che si sentono tutti ma fanno del nostro statuto un punto di riferimento per le regioni non solo a statuto speciale ma anche a statuto ordinario.
  Lo dico in un momento in cui le regioni non godono di una buona opinione pubblica, tutt'altro. È in atto una profonda revisione costituzionale e ringrazio del fatto che è stato rivisto l'articolo 39 originario, se non erro, laddove si parla di revisione del Senato e del ruolo delle regioni e dove si stabiliva che la revisione del Titolo V si applica anche alle regioni a statuto speciale fino a quando non fossero stati adeguati gli statuti. Per fortuna ci è stato riferito che si trattava di un Pag. 4refuso, e non possiamo che esserne compiaciuti.
  Consegnerò, presidente, una nota scritta che vorrei brevemente illustrare. Si chiede di insistere sulle norme di attuazione dello statuto speciale siciliano. Noi riteniamo che le norme di attuazione, elaborate dalla commissione paritetica, abbiano avuto un ruolo importante perché garantiscono da un punto di vista sia formale che sostanziale la pari dignità fra la regione siciliana e lo Stato.
  C’è un punto di debolezza che riguarda il percorso, avviato dalla commissione paritetica, che serve a dare attuazione, attraverso le norme relative al trasferimento delle funzioni amministrative. Il punto di debolezza è dovuto al fatto che, una volta assunta la decisione dalla commissione paritetica, il procedimento si blocca perché non viene emesso il decreto legislativo consequenziale. Questo è il dato fondamentale.
  In commissione paritetica sono presenti, in pari numero e con pari dignità e autorevolezza, rappresentanti dello Stato e della regione siciliana, ma non essendo previsto un termine, come per altre regioni e province autonome è chiaro che al Governo nazionale viene lasciata la discrezionalità per ogni tipo di decisione e si rinvia sine die.
  L'Assemblea regionale siciliana già nella XIII legislatura aveva approvato una riforma dello statuto, evidenziando la necessità di porre un termine perentorio di centottanta giorni che impegnasse il Governo nazionale a emettere il decreto legislativo. Questo è uno dei punti fondamentali perché il lavoro che viene svolto, da un punto di vista formale e sostanziale, dalla commissione paritetica si blocca. Noi siamo, quindi, per il mantenimento della commissione paritetica, ma per la fissazione di un limite.
  Avvieremo in questi giorni una commissione per l'attualizzazione dello statuto e ci daremo tempi certi, anche per essere in sintonia con le modifiche costituzionali e istituzionali che stanno avvenendo nel resto del Paese. Di questo siamo ben coscienti.
  Mi si chiede se i meccanismi di nomina dei componenti non debbano essere rivisti. Non credo che ci sia un problema di nomina o meno perché, come ripeto, si tratta di persone di assoluta autorevolezza. Nel mio ruolo di presidente dell'Assemblea regionale siciliana (ARS) preciso che il rapporto con il presidente della regione è diretto e che l'Assemblea regionale siciliana viene informata attraverso gli strumenti propri delle assemblee legislative, cioè gli atti ispettivi.
  Possiamo rivolgerci agli assessori per capire a che punto sia il percorso che è stato avviato dalla commissione paritetica perché è normale – e mi risulta che sia così – che i componenti della commissione paritetica riferiscano al Governo. Possiamo anche sentire in commissione, come a volte è avvenuto, i singoli componenti della commissione paritetica.
  Forse in un eccesso di assemblearismo è stato ventilato di coinvolgere l'Assemblea regionale siciliana in questo percorso. Non siamo tutti fermamente convinti di questo, perché il procedimento si aggraverebbe. Io ho però il dovere di riportare, essendo il rappresentante del Parlamento, che qualche istanza in tal senso è pervenuta. Non essendoci però condivisione, lo riporto solo come fatto di cronaca parlamentare.
  Le questioni secondo me più pregnanti sono quelle che riguardano la materia finanziaria. Questa Commissione ha audito l'autorevole professoressa Lapecorella, che ha evidenziato la non condivisione da parte del Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) del disegno di legge voto che l'Assemblea regionale siciliana ha approvato e che riguarda la modifica del famoso – per noi deputati siciliani – articolo 36 dello statuto, secondo cui le imposte di produzione sono riservate allo Stato.
  In altre parole è previsto attualmente che le accise vengano versate tutte nelle casse dello Stato. Il dottor Graffeo sui numeri è molto più preciso, ma ci possiamo sbagliare di pochi euro: si tratta di una somma che si aggira intorno agli 8 miliardi di euro, somma che viene versata direttamente nelle casse dello Stato.Pag. 5
  Approfitto di questo incontro anche per evidenziare che la regione siciliana concorre al risanamento dei conti pubblici nazionali versando 1,2 miliardi di euro. Se pensiamo che rappresenta il 44 per cento di quanto viene versato dalle regioni a statuto speciale, ci accorgiamo che non è una somma indifferente.
  Dobbiamo anche tenere presente che, nonostante l'articolo 36 dello statuto della regione siciliana attribuisca alla stessa tutte le entrate tributarie ed erariali riscosse nel territorio, in Sicilia rimane solamente il 60 per cento dell'IRPEF. Vi porto un esempio per essere più comprensibile dall'esterno: a volte basta un semplice atto amministrativo per sottrarre risorse alla Sicilia.
  Con l'atto più recente che è stato adottato, lo Stato ha trasferito dall'ufficio di riscossione di Palermo a quello di Latina la funzione di sostituto d'imposta ai fini del pagamento dell'IRPEF. I cedolini-paga adesso vengono fatti dall'ufficio imposte di Latina: con un semplice atto amministrativo alle casse regionali sono stati sottratti 250 milioni di euro.
  Altra questione è quella della sanità. La tanto vituperata e contestata sanità siciliana costituisce, anche da un punto di vista finanziario, il settore nevralgico, un po’ come avviene in tutte le regioni. Quella della regione siciliana assorbe il 54,7 per cento dell'intera spesa, almeno secondo i dati più recenti; sicuramente il dottor Graffeo avrà dati recentissimi.
  Sino al 2006 la compartecipazione regionale alla spesa sanitaria era pari al 42,5 per cento. Con la legge finanziaria del 2007 tale compartecipazione è stata innalzata unilateralmente al 49,11 per cento, a fronte della retrocessione alla regione di una percentuale del gettito sulle accise petrolifere. Questo era l'accordo, ed era una disposizione di legge.
  Ogni tanto leggiamo sui giornali che lo Stato ci ha fatto la concessione – senza alcuna vena polemica – di trasferire 50 milioni di euro in più. Non è così: sono i soldi che dovrebbero esserci retrocessi. Questi 50 milioni, però, circolano sempre, ma non entrano mai nelle casse della regione siciliana. Non si è data attuazione a questa norma perché se ne dovrebbe occupare la commissione paritetica. È il cane che insegue la propria coda, è un circolo vizioso dal quale purtroppo non usciamo.
  Vorrei evidenziare che sono in itinere, per esempio, il federalismo fiscale e il federalismo demaniale. Tutti noi sappiamo che è stato fatto un accordo in commissione paritetica per il trasferimento dei beni immobili dal demanio statale al demanio regionale, ma ancora manca il decreto legislativo di attuazione. Sono passati diversi anni.
  In conclusione vorrei fare un'ulteriore considerazione perché mi ero ripromesso, con la nota che vi consegno, di essere esaustivo. Si parla molto di riforme in atto e di spending review. Nell'attualizzazione del nostro statuto pensiamo di prevedere – non me ne voglia il rappresentante del Consiglio di giustizia amministrativa (CGA) – la soppressione del CGA.
  Si parla di unicità della giurisdizione. So perfettamente che si tratta di un concetto diverso. Addirittura il Presidente del Consiglio dichiarò che unificando la giurisdizione ordinaria, la giurisdizione amministrativa e la giurisdizione militare avremmo un aumento del PIL del 2 per cento.
  In questo momento si parla di soppressione delle Corti d'appello per un problema di spending review. Noi rilanciamo. Penso che porteremo in Aula il dibattito sulla soppressione della CGA e sarà una proposta della quale mi farò promotore, anche alla luce del decreto legislativo n. 104/2010 sul processo amministrativo. Poiché la Corte di cassazione si occupa in definitiva dei diritti soggettivi e quindi sappiamo con certezza qual è il diritto in tutta Italia, da siciliani vogliamo uniformità di giudizio, in Sicilia come nel resto del Paese. Questo è ciò che rilanceremo !
  È chiaro che ci sarà un dibattito serrato in Aula, non facciamo un dibattito di retroguardia. Ci sono sei sezioni a livello nazionale e c’è il Consiglio di Stato. Si fa l'adunanza plenaria, alla quale ritengo partecipi anche il presidente del CGA; Pag. 6siamo disponibili a venire incontro, ma il principio non è tanto quello dell'unicità della giurisdizione quanto quello dell'uniformità dei giudizi in tutta Italia.
  Lo stesso non vale per la Corte dei conti e anzi andiamo fieri del fatto che la nostra Corte dei conti è stata l'antesignana. È l'articolo 23 del nostro statuto a prevedere la Corte dei conti, Sezione di controllo. Se sbaglio il dottor Graffeo mi correggerà, ma il giudizio di parifica è stato fatto prima nella regione siciliana, con i riferimenti dei conti della nostra regione, e poi è stato introdotto nelle altre regioni.
  È evidente anche alla luce del decreto-legge n. 174 del 2012, il famoso decreto Monti, che ha visto coinvolte le Corti dei conti, soprattutto nelle Sezioni di controllo. Noi siamo stati antesignani, ma c’è comunque uniformità di giudizio in tutta Italia perché nelle materie in cui sono in gioco i diritti soggettivi, gli interessi legittimi e – se mi consentite – anche la democrazia, è giusto che non ci discostiamo dal resto d'Italia.
  Ho concluso.

  PRESIDENTE. La ringrazio, presidente Ardizzone.
  Do ora la parola alla vicepresidente della regione siciliana, dottoressa Mariella Lo Bello.

  MARIELLA LO BELLO, vicepresidente della regione siciliana. Ringrazio il presidente e l'intera Commissione per aver voluto affrontare le questioni che la regione siciliana pone da tanto tempo.
  Vorrei collegarmi all'intervento del presidente dell'Assemblea regionale, che ringrazio, perché la mia introduzione sembra essere complementare alla sua. Vorrei riallacciarmi a uno degli esempi che faceva, allorché noi abbiamo posto la questione del trasferimento dei beni immobili.
  Io vorrei indicarvi le date e fare un paragone. Le norme di attuazione dello statuto speciale in materia di credito e risparmio hanno avuto il seguente iter: La determina della commissione paritetica è del 5 giugno 2012; la delibera del Consiglio dei ministri è del 4 ottobre 2012; il decreto legislativo n. 205 viene emanato il 29 ottobre 2012. Da giugno a ottobre le questioni relative a credito e risparmio sono state quindi attuate.
  Guardiamo invece cosa è successo per il trasferimento dei beni immobili. La determina della commissione paritetica è del 5 giugno 2012, ma la delibera del Consiglio dei ministri non è mai intervenuta.
  La non obbligatorietà, da un lato, e la mancanza di una scadenza per i termini, dall'altro, pongono un problema legato al criterio di univocità degli interventi. Avvertiamo una difficoltà nell'attuazione, ma anche una disparità. Certamente non vogliamo collegarla ad un atto preciso, ma altre regioni a statuto speciale hanno concluso l’iter e hanno assunto gli atti deliberativi, finendo per determinare piena attuazione delle commissioni paritetiche e delle decisioni, mentre per quanto riguarda la Sicilia, insieme alla Sardegna, queste difficoltà rimangono. La Sicilia è al 25 per cento e la Sardegna al 23 per cento, mentre gli esiti di altre regioni sono intorno al 100 per cento.
  Tornando alle questioni che dobbiamo qui affrontare, credo che nell'ambito dell'autonomia speciale della regione siciliana e del suo statuto, che ne costituisce l'atto fondante, il ruolo che l'articolo 43 dello statuto affida alla commissione paritetica e le norme di attuazione assumono una funzione centrale per l'essenza della stessa autonomia.
  Le procedure per l'emanazione delle norme di attuazione dello statuto e la funzione della commissione paritetica assicurano non solo alla regione ma anche allo Stato pari dignità, formale e sostanziale, nei rapporti per la definizione degli ambiti di autonomia della stessa regione, attraverso la determina del contenuto delle disposizioni d'attuazione dei principi statutari e il trasferimento delle funzioni e delle relative risorse finanziarie, umane e strumentali.
  Questo è il nodo. L'attuazione vera si realizza attraverso un ruolo della commissione paritetica che è stato costantemente Pag. 7affermato e ribadito anche dal legislatore statale lungo tutto il suo percorso evolutivo, sin dalla legge n. 59 del 1997.
  La stessa Corte costituzionale nei propri giudizi, al di là dell'esito favorevole o meno per le regioni a statuto speciale, ha ribadito ed evidenziato il ruolo delle commissioni paritetiche nel confronto tra Stato e regioni, con particolare riferimento alla definizione dei rapporti finanziari.
  Crediamo quindi che il ruolo, i compiti, le funzioni e l'essenza stessa della commissione paritetica siano una sorta di norma d'attuazione del nostro statuto, ai fini della sua approvazione e applicazione. L'applicazione del nostro statuto, infatti, può trovare la sua essenza, come diceva il presidente dell'Assemblea regionale, nel rispetto di quelle norme, a partire dall'articolo 43.
  Per quanto riguarda invece l'autonomia differenziata della regione siciliana, residuano ampi spazi di autonomia, come originariamente previsto dallo stesso statuto, ancora da attuare sia sul piano delle funzioni da acquisire sia sul piano dell'adeguamento delle disposizioni in materia di rapporti finanziari.
  Sia l'aspetto delle norme sia quello dei rapporti finanziari risultano indissolubilmente tra di loro collegati, non potendosi procedere per senso di responsabilità istituzionale, che deve essere comune a Stato e regione, al trasferimento di funzioni nei confronti della regione siciliana – quantomeno per quelle più rilevanti, naturalmente – senza operare nel contempo la simmetrica individuazione di nuove risorse finanziarie con cui farvi fronte.
  Tale situazione costituisce il fondamentale elemento che ostacola l'operato della commissione paritetica, non potendosi individuare, ove non altrimenti indicate dal legislatore nazionale, le nuove risorse finanziarie con le quali far fronte alle nuove funzioni da acquisire.
  Per questo ho voluto dire che le nostre comunicazioni risultano quasi complementari. Da un lato, c’è la questione dei 50 milioni di euro che girano e non arrivano e, dall'altro, la questione delle buste-paga dei dipendenti regionali. Il semplice spostamento del luogo di elaborazione delle buste paga ha prodotto per la regione siciliana, come detto, un «danno» di 250 milioni di euro.
  Crediamo anche che qualche opportunità possa essere rinvenuta nelle risorse finanziarie spettanti alla regione siciliana ai sensi dell'articolo 37 dello statuto, che – ricordo – individua la regione siciliana quale ente di riscossione per tutte le attività operanti in Sicilia, anche in presenza di sedi legali al di fuori della regione.
  La ridefinizione dei rapporti finanziari, anche alla luce delle profonde riforme che il sistema fiscale italiano ha conosciuto dagli anni Settanta a oggi e dei nuovi vincoli discendenti dall'ordinamento comunitario, costituisce una priorità per la sostenibilità stessa del bilancio regionale a funzioni invariate.
  Proprio in tema di relazioni finanziarie con le regioni a statuto speciale, la Corte costituzionale ha avuto modo di censurare un comportamento dello Stato, osservando che indubbiamente l'inerzia statale troppo a lungo ha fatto permanere uno stato di incertezza, che determina conseguenze negative per le finanze regionali alle quali occorre tempestivamente porre rimedio trasferendo senza ulteriore indugio le risorse determinate a norma dello statuto. È la sentenza n. 95 del 2013.
  Io non avevo preparato una relazione. Ho con me alcuni appunti che tuttavia posso far arrivare alla Commissione nel pomeriggio o al massimo domani mattina in un formato migliore. Credo tuttavia che vada evidenziato che, nell'esperienza degli ultimi anni, al di là delle situazioni di difficoltà oggettiva – quelle che ho appena elencato –, continuano a verificarsi ritardi e disfunzioni operative nei procedimenti di emanazione delle norme di attuazione dello statuto.
  Per quanto riguarda, per esempio, il rinnovo della composizione paritetica ex articolo 43 dello statuto siciliano, da ultimo lo stesso è stato operato per due volte con decreti ministeriali (il 29 gennaio 2014 e il 10 giugno 2014) per l'avvicendarsi dei Ministri per gli affari regionali, mentre la Pag. 8prima seduta della stessa commissione ha avuto luogo il 1o ottobre 2014 su convocazione, secondo prassi costante, del Ministro per gli affari regionali. Per tutto il 2013 la commissione non è stata ricostituita per l'avvicendarsi dei Governi statali e per una non pronta attivazione dei ministri competenti.
  Con riguardo all’iter approvativo delle norme di attuazione, lo stesso si articola nella sua parte finale in tre momenti: la determina del testo da parte della commissione paritetica ai sensi dell'articolo 43 del nostro statuto regionale; l'approvazione mediante delibera da parte del Consiglio dei ministri; l'emanazione mediante decreto legislativo.
  Voglio riportare alla memoria quanto dicevo nell'introduzione e cioè che, per quanto riguarda la materia del credito e risparmio, le date sono 5 giugno 2012, 4 ottobre 2012 e 29 ottobre 2012. Al contrario, con riferimento alle norme di attuazione dello statuto speciale per il trasferimento dei beni immobili, la determina della commissione paritetica è del 5 giugno 2012 e la deliberazione del Consiglio dei ministri ancora non è intervenuta.
  Credo che questo ci dia un'occasione per riflettere e per assicurare che, attraverso gli atti ispettivi, come diceva il presidente dell'Assemblea regionale, esiste un collegamento tra l'operato della componente regionale della commissione paritetica e gli assessorati che portano gli atti in discussione alla commissione stessa.
  Dobbiamo anche dire che nel rapporto Stato-regione il raccordo e la comunicazione formale tra il governo regionale, nella persona del presidente della regione, e i componenti di nomina regionale della commissione avvengono tramite atti regolati, che, anche in presenza di una dimissione, sono stati adottati con molta celerità. Se ne occupa la segreteria generale della regione, che assicura anche il coordinamento in materia.
  Vogliamo che sia dato impulso alle due necessità, cioè l'obbligo e la scadenza delle decisioni, affinché il percorso sia definito temporalmente; altrimenti si finisce per determinare una non attuazione dello stesso articolo 43 dello statuto della regione siciliana. Riteniamo che nel rapporto Stato-regione questo debba essere assolutamente previsto.
  L'aspetto temporale è fondamentale e giudichiamo la commissione paritetica essenziale.

  PRESIDENTE. Ringrazio la vicepresidente Lo Bello e do la parola al presidente del Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana, Raffaele Maria De Lipsis.
  Ringrazio per la partecipazione e per i documenti che lascia alla Commissione il presidente dell'Assemblea regionale, Ardizzone, che deve salutarci a causa di un impegno parlamentare.

  RAFFAELE MARIA DE LIPSIS, presidente del Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana. Ringrazio la Commissione per l'invito rivolto al CGA ad esprimere il proprio avviso su queste problematiche così delicate.
  La mia è l'opinione non di un tecnico dell'impianto costituzionale del nostro Paese, ma più semplicemente di un modesto operatore del diritto che agisce nella realtà siciliana. In maniera molto sintetica svolgerò considerazioni non sulla possibile riforma dell'assetto dei poteri e del rapporto fra Stato e regioni, ma più semplicemente darò delle concrete valutazioni, per quanto riguarda il CGA, al fine di rappresentare anche possibili suggerimenti emendativi allo status quo da inserire in una emananda normativa di attuazione.
  Ho redatto una nota molto sintetica, che depositerò agli atti e che si compone di una prima parte di carattere generale e di una seconda parte di carattere specifico sul CGA, anche se ho sentito che il presidente Ardizzone auspica addirittura la soppressione del CGA. Mi pare che si proceda in modo ondivago.
  Da un lato, si vorrebbe addirittura l'istituzione della Cassazione in Sicilia, al pari della Corte dei conti e del CGA, e se non erro c’è un disegno si legge in elaborazione che dovrebbe essere varato. Dall'altro, si auspica la soppressione del CGA. Pag. 9Concretamente bisognerebbe ritenere il CGA una sezione del Consiglio di Stato; è questa la natura giuridica che è sempre stata riconosciuta anche a Roma; come tale, esso opera in consonanza con Palazzo Spada e non in difformità.
  Tornando allo stato dell'arte, in via preliminare e in termini generali è evidente che nell'attuale momento storico, nel quale è in corso un'ulteriore riforma del Titolo V della Costituzione, dopo quella scaturita dalla legge n. 3 del 2001, diviene preminente valutare l'attualità dell'impianto delle autonomie regionali come voluto dal costituente del 1948. Ciò significa verificare la persistente necessità di mantenere, nel disegno costituzionale, regioni a statuto differenziato e regioni a statuto ordinario.
  A me sembra che tale dicotomia debba permanere anche in futuro nel nostro impianto costituzionale, perché l'articolo 10 della legge n. 3 del 2001 prevede un adeguamento dei rispettivi statuti delle regioni a statuto speciale. Ciò sta a significare, da un lato, che dette regioni permangono nell'assetto costituzionale: non si pone quindi un problema di soppressione; dall'altro, i loro statuti vanno comunque modificati alla luce delle mutate competenze ripartite fra Stato e regioni a statuto ordinario.
  Peraltro, le specificità delle regioni a statuto differenziato – richiamate dal professor Mangiameli, che è stato audito in precedenza –, delle quali due hanno il carattere della insularità e tre presentano al loro interno comunità alloglotte, sono realtà indubbiamente non modificabili, delle quali non può non prendersi atto e che inducono a riflettere sulle connesse realtà sociali.
  In tale contesto, con particolare riguardo alla Sicilia, desidero ricordare la sentenza della Corte costituzionale n. 255 del novembre 2014, per effetto della quale gli articoli 27, 28, 29 e 30 dello statuto di autonomia, articoli che prevedevano la competenza del commissario dello Stato a impugnare le delibere legislative dell'Assemblea regionale, non trovano più applicazione per effetto dell'estensione alla regione siciliana del controllo successivo previsto dall'articolo 127 della Costituzione per le regioni a statuto ordinario. Il commissario, quindi, esercita soltanto le residue competenze previste dall'articolo 8 dello statuto.
  La riforma costituzionale del 2001 ha inciso anche sulle norme di attuazione degli statuti, non facendo tuttavia venir meno le commissioni paritetiche. L'articolo 11 della legge n. 131 del 2003, che riguarda l'adeguamento dell'ordinamento delle regioni alla legge costituzionale n. 3 del 2001, ha confermato l'attualità delle commissioni paritetiche previste negli statuti speciali, in particolare per quanto riguarda il trasferimento dei beni, le risorse strumentali, finanziarie, umane e organizzative.
  Deve quindi ritenersi che le commissioni in argomento debbano continuare a svolgere la loro funzione istituzionale per l'attuazione degli statuti speciali. L'adeguamento di questi ultimi, tuttavia, si impone sulla base di intese fra regioni e province autonome.
  Occorre fare attenzione perché le «intese» hanno all'evidenza carattere pattizio. Esse presuppongono che siano stipulate fra soggetti equiordinati, con la conseguenza di configurare quasi una dimensione federale, allo stesso modo dello statuto regionale siciliano; ciò è stato evidenziato anche da qualche professore in audizione. Ciò significa che dette regioni potrebbero non avere interesse a stipulare tali intese, ove il prezzo delle stesse dovesse comportare una compressione delle proprie competenze.
  Va ancora osservato che il procedimento di aggiornamento dello statuto sulla base di intese sembrerebbe sovrapporsi al vigente articolo 41-ter dello statuto della regione siciliana. Pertanto, per le modificazioni dello statuto stesso, non troverebbe più applicazione il procedimento stabilito dalla Costituzione per le leggi costituzionali, essendo sufficienti le intese. Qui va fatta una riflessione; comunque, poiché detto aggiornamento richiederà tempi non brevissimi, mi sembrerebbe opportuno che medio tempore non si congelino le norme Pag. 10di attuazione dello statuto, strumento necessario per la piena operatività del medesimo.
  Per quanto concerne il quesito numero 3 dell'ordine del giorno, cioè in che misura possa aver influito sulla mancata attuazione la vaghezza di alcune disposizioni degli statuti speciali e se vi siano ragioni politiche per la ritardata o mancata attuazione, non credo che la vaghezza di alcune disposizioni degli statuti speciali possa aver influito sulla loro mancata o incompleta attuazione, in difformità da quanto osserverò brevemente in tema di rapporti finanziari fra Stato e regione siciliana.
  Lo statuto, come qualsiasi atto legislativo di tale natura, non può all'evidenza contenere enumerazioni dettagliate: sono proprio le norme di attuazione predisposte dalla commissione paritetica la sede idonea per la puntuale individuazione delle specifiche norme di settore. Non compete poi al sottoscritto, in relazione alla funzione che svolge, inoltrarsi e addentrarsi in valutazioni di ordine politico, valutazioni che competono agli studiosi della materia in senso lato. Anche per ciò che attiene alla procedura di nomina e di funzionamento delle commissioni, ritengo che esprimermi su tali argomenti sarebbe da parte mia poco opportuno, in quanto è mio dovere mantenere una posizione di assoluta terzietà.
  Venendo ai rapporti finanziari tra Stato e regione siciliana – sicuro e fluente contenzioso dinanzi alla Corte costituzionale –, va precisato che le altre regioni a statuto speciale hanno realizzato un migliore coordinamento tra finanza statale e finanza regionale. Nell'ambito regionale siciliano il predetto coordinamento, sia alla luce della riforma tributaria degli anni Settanta (legge n. 825 del 1971) sia alla luce della implementazione del federalismo fiscale (legge n. 42 del 2009), non è stato portato a termine.
  Le prerogative regionali in materia fiscale, come disciplinate dagli articoli 36, 37 e 38 dello statuto, restano nel vago. Si riscontra in questa materia una vaghezza che ha comportato anche il contenzioso davanti alla Corte costituzionale, la cui giurisprudenza, peraltro, non è stata mai univoca nel tempo: ci sono state anche là delle oscillazioni. Queste oscillazioni giurisprudenziali vanno ascritte, oltre che a questa vaghezza delle disposizioni statutarie – pensate, per esempio, ai tributi propri della regione che sono privi di indicazione della latitudine e dell'area di imposizione ex articolo 36 o all'approccio sostanziale riferito al luogo del realizzo del presupposto di imposta ex articolo 37 –, all'alluvionale legislazione statale di settore nonché alla mancata adozione di norme di attuazione.
  Le implicazioni che ne discendono sono sicuramente notevoli, soprattutto nella considerazione del delicato momento economico e finanziario che si attraversa. A mio avviso, pertanto, si impone una rinnovata attenzione al riguardo.
  Questa era la parte di carattere generale. Adesso mi sia consentito dire qualche piccola cosa sulla giustizia amministrativa e su come potrebbe essere migliorata nell'ambito della emananda normativa di attuazione. Quotidianamente, nell'ambito dell'applicazione della giustizia amministrativa in Sicilia, si registrano asimmetrie e disarmonie di sistema, che potrebbero trovare giusta soluzione in questa emananda normativa.
  Mi riferisco innanzitutto alla questione relativa agli atti regionali da sottoporre obbligatoriamente al parere del CGA. Mi spiace che non ci sia il presidente Ardizzone, ma di questo abbiamo parlato qualche volta in privato. L'articolo 9, comma 2 del decreto legislativo n. 373 del 2003 dispone che il parere sui regolamenti regionali assume carattere obbligatorio. La norma testualmente recita: «La legge regionale, ferma restando l'obbligatorietà del parere sugli atti regolamentari del Governo della regione, determina altri casi in cui è richiesto il parere obbligatorio del Consiglio di giustizia amministrativa».
  Nella pratica succede che né l'Assemblea regionale né il Consiglio regionale emanino molti regolamenti e di questi non tutti vanno al parere obbligatorio del Consiglio di giustizia, preferendo lasciare questa Pag. 11attività ai singoli assessorati: con la conseguenza che molti decreti assessoriali, a valenza regolamentare e a efficacia erga omnes, sfuggono al parere del Consiglio di giustizia.
  Mi sembrerebbe allora ragionevole ribadire con un'apposita previsione normativa, da inserire nella regolamentazione di attuazione dello statuto, che tutti gli atti aventi carattere e contenuto regolamentare debbano essere trasmessi per il parere al CGA, prevedendo altresì ulteriori ipotesi nelle quali è facoltà del governo regionale l'acquisizione del parere del CGA. Penso, per esempio, ai contratti tipo per la pubblica amministrazione o a qualche quesito di importanza notevole, come può essere un'interpretazione normativa di inquadramento in materia di pubblico impiego, tutte cose che possono essere inviate anche al CGA per il parere.
  Inoltre, nell'ottica di una ristrutturazione della commissione paritetica potrebbe essere inserita la possibilità per il CGA di formulare, in termini generali, proposte all'Assemblea in materia di ottimale funzionamento della giustizia amministrativa in Sicilia, come avviene a Roma per la Corte dei conti e per il Consiglio di Stato – si tratterebbe quindi di un potere di proposta in termini generali –, nonché l'inserimento fra i componenti della stessa commissione di un membro togato del CGA. Non vedo alcun ostacolo o incompatibilità.
  Una ulteriore discrasia rispetto al sistema nazionale che si vorrebbe eliminare con apposite norme di attuazione riguarda la natura del parere espresso dal CGA sui ricorsi straordinari. Come è noto, l'originaria impalcatura del ricorso straordinario prevista dal decreto del Presidente della Repubblica n. 1199 del 1972 è stata modificata nel 2009 con la legge n. 69, il cui articolo 69 ha attribuito al parere in questione natura assolutamente vincolante, eliminando per l'amministrazione la possibilità di andare in difformità previa delibera del Consiglio dei ministri. Prima si poteva fare: l'amministrazione, avuto il parere del Consiglio di Stato, decideva se uniformarsi o meno; se non voleva uniformarsi, convocava il Consiglio dei ministri e andava in difforme avviso. Oggi non si può più fare. L'amministrazione deve recepire in toto il parere del Consiglio di Stato. Questo avviene a Roma.
  Vediamo cosa avviene in Sicilia. Lì si applica l'articolo 9 del decreto legislativo n. 373 del 2003, contenente norme di attuazione dello statuto speciale della regione siciliana concernenti l'esercizio delle funzioni spettanti al Consiglio di Stato. Il comma 9 di questo articolo 9 prevede che il presidente della regione, qualora non intenda decidere il ricorso in maniera conforme al parere, con motivata richiesta sottoponga l'affare alla delibera della giunta regionale.
  È una chiara disarmonia con quanto previsto dalla normativa di carattere nazionale e con quello che fanno a Palazzo Spada. Naturalmente non si può risolvere. Siccome la legge n. 69, che ha previsto questa modifica del parere da non obbligatorio a obbligatorio, è una norma nazionale, non può sovrapporsi a una norma di rango costituzionale quale è quella del decreto del Presidente della Repubblica n. 373 del 2003. Bisogna quindi adottare una norma ad hoc, inserendo questo principio in una norma di attuazione.
  Sempre in tema di ricorsi straordinari, si dovrebbe poi prevedere l'obbligo per la regione di relazionare subito al CGA sui gravami che contengono la richiesta di sospensiva dell'atto impugnato, sia pure limitatamente al profilo cautelare: così si fa a Palazzo Spada. Invece l'atto impugnato con ricorso straordinario e con richiesta di sospensiva segue il corso che segue, e dopo tre o quattro anni arriva la relazione della regione che non ha più senso per la sospensiva. Con una norma bisognerebbe stabilire che, qualora l'atto contenga un'istanza cautelare e una sospensiva dei suoi effetti, va subito fatta una relazione sotto questo profilo ed esaminata, fermo restando il merito del ricorso.
  C’è poi un'ultima questione che merita una riflessione. Si tratta della impossibilità attuale di consentire la formazione dei collegi della sezione giurisdizionale attraverso Pag. 12l'autorizzazione di consiglieri laici assegnati alla sezione consultiva. Come sapete, ci sono membri non togati che vengono assegnati alla sezione consultiva e altri che vengono assegnati alla sezione giurisdizionale. Poiché l'assegnazione alla sezione consultiva avviene con una destinazione di scopo, nel senso che non possono essere toccati, non di rado capita che un ricorso assegnato alle sezioni giurisdizionali del CGA non possa essere trattato in tempi rapidi qualora vi sia assenza, impedimento o incompatibilità del membro laico, fatti che non consentono la costituzione di un collegio regolare.
  Il caso limite è un contenzioso che investa l'università di Catania in ordine al trattamento economico o all'inquadramento dei professori universitari di Catania. Siccome i tre membri laici del CGA sono tre professori dell'università di Catania, questo ricorso non si potrà mai discutere a meno che io non possa assegnare temporaneamente alla giurisdizionale consiglieri laici della consultiva che non siano professori. Allo stato degli atti questo non è possibile ed è per questo che ci vorrebbe una norma.
  Credo di non avere null'altro da aggiungere. Lascio questa breve nota, e ringrazio per l'attenzione dedicata.

  PRESIDENTE. Siamo noi che ringraziamo lei.
  Con l'occasione vorrei anche ringraziare il Consiglio di Stato, che in questa indagine conoscitiva, che dura ormai da qualche mese, è abbastanza articolata e proseguirà con l'esame delle situazioni delle altre regioni a statuto speciale, ci ha dato un preziosissimo aiuto.
  Nel dare la parola a Maurizio Graffeo, presidente della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti, approfitto per ringraziare anche la Corte dei conti per la preziosa collaborazione che abbiamo avuto sia nella fase generale della nostra indagine conoscitiva sia con riferimento alle singole regioni a statuto speciale. Scopo di questa indagine è infatti quello di compiere un'operazione-verità su tutto il complesso e articolato quadro dei rapporti controversi fra Stato e regioni a statuto speciale, sia dal punto di vista economico-finanziario sia dal punto di vista giuridico-costituzionale.
  Come è noto, in Senato inizia la discussione in terza lettura della riforma costituzionale, che riguarda anche il rapporto paradossalmente nuovo o paradossalmente vecchio tra lo Stato e le regioni a statuto speciale. Il lavoro che stiamo facendo con i colleghi della Commissione serve a dare un contributo anche alla discussione e al dibattito in Commissione affari costituzionali del Senato e al Senato stesso.
  Colgo quindi l'occasione per formulare un ringraziamento a nome di tutti i colleghi della Commissione.

  MAURIZIO GRAFFEO, presidente della sezione di controllo della Corte dei conti per la regione siciliana. Signor presidente, tramite la sua persona intendo ringraziare l'intera Commissione per averci fatto l'onore di essere sentiti in questa sede e di poter contribuire umilmente, con questo nostro intervento, alla riflessione del massimo organo della sovranità popolare in merito all'indagine conoscitiva in questione.
  Abbiamo predisposto e fornito alla segreteria un documento che è stato condiviso dal presidente della Corte dei conti, Squitieri, che vi porta il suo saluto. Come lei ha accennato, questo documento specifico per la regione siciliana va inquadrato nel contributo che la Sezione delle autonomie ha fornito alla Commissione nel corso dell'audizione del 23 aprile scorso.
  Per il resto, le considerazioni che vengono svolte traggono origine dalla nostra esperienza applicativa dello statuto siciliano e delle norme di attuazione, che è maturata dal 1948. La Corte fu infatti istituita in Sicilia nel 1948 ed è coeva al Consiglio di giustizia amministrativa. Ci basiamo principalmente sulle pronunce e sulle analisi elaborate a livello istituzionale. La relazione è stata sviluppata sulla base degli otto quesiti che sono stati posti alla nostra attenzione e ha lucrato ampiamente Pag. 13sulle audizioni tenute dalla Commissione e le discussioni del mondo accademico.
  In particolare, per la regione siciliana faccio riferimento agli interventi dei professori Falcon e Tria e soprattutto del professor Antonini, che si è diffuso ampiamente sul problema finanziario della regione siciliana, fornendo anche soluzioni e spunti «politici» sui quali, come magistrati, ci asteniamo dal prendere una posizione.
  Il primo quesito è volto a conoscere la persistente validità dello strumento delle norme di attuazione, pur in presenza di parti dello statuto che richiederebbero un aggiornamento (oggi abbiamo sentito dal presidente Ardizzone che si parla di attualizzazione). Devo ricordare a me stesso che l'ultimo tentativo di revisionare lo statuto siciliano è avvenuto con una legge voto dell'Assemblea regionale dell'aprile 2005 – siamo a dieci anni di distanza –, che poi è stata trasfusa nel disegno di legge costituzionale Atto Senato n. 3369 della XIV legislatura decaduto per fine legislatura. L'unico intervento a livello costituzionale è invece quello della legge n. 2 del 2013, che ha riguardato la riduzione del numero dei componenti dell'Assemblea regionale da novanta a settanta.
  Mi sembra che dal dibattito del mondo accademico emerga una prevalente opinione che il professore D'Amico ha ieraticamente focalizzato affermando che «i decreti legislativi di attuazione costituiscono oggi, a normativa costituzionale e ordinaria vigente, l'unico strumento per dare attuazione agli statuti speciali». Tale conclusione è da condividere ed è suffragata da evidente giurisprudenza costituzionale.
  Afferma la Consulta, nella sentenza n. 201 del 2010, che la commissione paritetica è titolare di una speciale funzione di partecipazione al procedimento legislativo e in quanto tale costituisce un essenziale raccordo tra la regione e il legislatore statale, finalizzato agli obiettivi di cui all'articolo 43 dello statuto siciliano. Peraltro, quando il legislatore nazionale ha tentato di affidare alla commissione funzioni diverse, in vista di nuovi accordi tra Stato e regione, la Consulta ha ritenuto incompatibile con l'articolo 43 dello statuto la disposizione statale che aveva inteso attribuire alla commissione paritetica una speciale funzione consultiva (sentenza n. 145 del 2008).
  D'altra parte, la giurisprudenza costituzionale ha messo in luce che lo statuto siciliano è in grado di determinare con precisione le materie legislative di competenza della regione, in quanto lo stesso deve ritenersi sufficiente a conferirle direttamente i poteri legislativi e amministrativi relativi alle varie materie. È una giurisprudenza datata perché la sentenza è la n. 58 del 1958, ma è stata ribadita nel 1969 e nel 1971.
  Resta però fermo, sempre secondo la Corte costituzionale, che la mancanza di esplicite norme di attuazione regolanti il passaggio di funzioni e uffici dallo Stato alla organizzazione amministrativa della regione vieta che gli organi regionali possano esercitare competenze amministrative spettanti allo Stato sulla base di leggi vigenti (la sentenza è la n. 65/1959),
  Come ha messo in luce il presidente De Lipsis, anche dopo la riforma costituzionale del 2001, che pure ha ridefinito i rapporti tra Stato e regioni, sono rimasti immodificati i meccanismi di attuazione dello statuto, attribuiti sempre alla commissione paritetica. Anzi, il legislatore ordinario con la cosiddetta legge La Loggia, n. 131 del 2003, articolo 11, ha esplicitamente ribadito la piena vigenza delle modalità attuative degli statuti e del trasferimento delle funzioni alle regioni ad autonomia differenziata.
  Questa situazione è stata confermata, con sentenza n. 236 del 2014, dalla Corte costituzionale, che ha quasi consequenzialmente affermato che, per tutte le competenze legislative aventi un fondamento nello statuto speciale, il principio del parallelismo tra funzione legislativa e funzione amministrativa conserva la sua validità. Per le ulteriori e più ampie competenze che le regioni speciali e le province autonome traggono dalla Costituzione in virtù della clausola di Pag. 14maggior favore, troverà invece applicazione l'articolo 11 della legge n. 131 del 2003. Il trasferimento delle funzioni avrà quindi luogo secondo le modalità previste dalle norme di attuazione e con l'indefettibile partecipazione della commissione paritetica. Questo riguarda il primo quesito.
  Come seconda questione abbiamo sintetizzato quelle poste nei quesiti 2 e 3, cioè quali siano le cause dell'inattuazione dello Statuto e se la situazione sia imputabile alla mancata adozione di norme d'attuazione oppure a ragioni politiche – evidentemente non possiamo entrare nel merito politico, – e quella posta nel settimo quesito, che riguarda il contenzioso e i rapporti finanziari.
  Devo ricordare che negli ultimi anni sono stati pubblicati solamente cinque decreti legislativi recanti norme di attuazione dello Statuto siciliano. Il decreto legislativo n. 125 del 2005 ha trasferito le funzioni in materia di medicina penitenziaria. Sempre nel 2005 c’è stato il famoso o famigerato decreto legislativo n. 241 di attuazione dell'articolo 37 dello Statuto. Nel 2007 il decreto legislativo n. 140 ha disposto l'integrazione in materia di opere pubbliche, intervenendo sul datato decreto del Presidente della Repubblica n. 878 del 1950, così come il decreto legislativo n. 153 del 2010 ha riguardato le grandi derivazioni di acque pubbliche, i cui canoni sono stati devoluti da quel momento alla regione. L'ultima norma d'attuazione è il decreto legislativo n. 205 del 2012, a cui accennava l'onorevole Lo Bello, che riguarda il credito ed il risparmio.
  Ritornando al quesito, occorre rilevare come la disciplina della potestà legislativa della regione siciliana, del tutto peculiare rispetto alle altre autonomie sia speciali che ordinarie, abbia posto fin dall'approvazione dello statuto nel 1946 non pochi problemi di raccordo con la normativa statale, in modo particolare per la difficoltà di individuare in concreto i rispettivi reciproci limiti e attribuzioni.
  Gli articoli 14 e 17, da una parte, prevedono le materie di competenza legislativa esclusiva e dall'altra quelle concorrenti. La previsione di due tipi di potestà legislativa, come poi si è verificato con la riforma del Titolo V, ha rappresentato uno degli elementi più problematici del regionalismo siciliano. Dopo la modifica dell'articolo 117 della Costituzione peraltro questa situazione si è evoluta in un senso di più accentuata complessità nei rapporti, con conseguente incremento del ricorso al giudice della legge, chiamato in molti casi a interpretare la clausola di adeguamento automatico che estende alle regioni speciali le forme di maggiore autonomia riconosciute alle regioni di diritto comune.
  Va evidenziato, come anticipazione, che l'esigenza di chiarire i rispettivi ambiti di competenza mediante l'intervento delle norme di attuazione dello statuto ha incontrato le difficoltà di un procedimento lento e a volte complesso – mi sembra che questo sia abbastanza chiaro e che questa Commissione lo abbia accertato in parecchie audizioni –, in ragione della stessa natura delle norme d'attuazione, che costituiscono norme cosiddette rinforzate, cioè norme di rango superiore alla legge ordinaria, da determinarsi ad opera della commissione mista statale e regionale. Questo punto specifico del funzionamento della commissione paritetica lo affronteremo con il successivo quesito.
  In questo ambito generale, il rapporto tra Stato e regione siciliana è stato imperniato prevalentemente su due fondamentali questioni, distinte ma strettamente connesse. La prima attiene alla richiesta più volte rappresentata dalla regione dell'approvazione di norme di attuazione dello statuto per il trasferimento di funzioni in materia di pubblica istruzione, assistenza pubblica, insegnamento universitario e sanità, ascritte formalmente alla competenza regionale ma attualmente non attribuite in maniera integrale.
  In particolare, la regione sostiene – faccio riferimento al documento elaborato dalla regione in occasione della riunione del 7 febbraio del tavolo tecnico di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 gennaio 2012 – che in tali materie le norme di attuazione siano limitate a sparuti e sommari interventi, che Pag. 15non hanno consentito l'effettivo e integrale trasferimento delle materie alla propria sfera operativa.
  La seconda questione riguarda il sistema di finanziamento della regione siciliana, che secondo le previsioni dello statuto doveva essere in grado di assicurare entrate patrimoniali e tributarie sufficienti all'esercizio delle proprie funzioni. L'articolo 36 prevede in particolare che al proprio fabbisogno finanziario la regione provveda, oltre che con le entrate patrimoniali di pertinenza, a mezzo di tributi deliberati dalla medesima. Sono comunque di spettanza dello Stato sia le imposte di produzione sia le entrate di monopoli, tabacchi e lotto.
  Ha fatto riferimento il presidente De Lipsis anche alle datate norme di attuazione, che risalgono al 1965, prima della riforma tributaria. Lo statuto ha fissato il principio generale che presiede al riparto dei tributi erariali tra Stato e regioni, statuendo che spettano alla regione tutte le entrate tributarie dirette e indirette, comunque denominate, riscosse nell'ambito del suo territorio. L'articolo 4 attribuisce altresì alla regione le entrate relative a fattispecie tributarie che, sebbene maturate nell'ambito regionale, affluiscono per esigenze amministrative a uffici finanziari situati fuori dal territorio della regione.
  C’è stata una presa di posizione della Corte costituzionale, che ha posto alcuni paletti a tali trasferimenti. Ne ha fatto cenno il presidente Ardizzone: con un provvedimento amministrativo è stato trasferito il sostituto di imposta per militari e insegnanti dagli uffici della Sicilia al centro di Latina, facendo venire meno un gettito che ormai contabilizziamo da due anni. Sembra che la questione comunque verrà risolta a breve per la via di intese.
  Sulla portata dell'interpretazione di tali criteri di riparto del gettito dei tributi erariali, fin dall'avvio della riforma tributaria degli anni Settanta, è stata chiamata più volte a pronunciarsi la Corte costituzionale, soprattutto su iniziativa della regione, che in effetti rivendica proventi ritenuti di propria spettanza.
  La materia delle entrate è stata poi oggetto di altro frequente contenzioso costituzionale avverso le norme statali che nel tempo e per esigenze di bilancio statale hanno riservato entrate tributarie allo Stato. Infatti l'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1074, nell'attribuire alla regione tutte le entrate erariali riscosse nel territorio, riconosce allo Stato la spettanza delle nuove entrate tributarie il cui gettito sia destinato, con apposite leggi, alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalità contingenti o continuative dello Stato specificate nelle leggi medesime.
  Questa clausola di riserva ha prodotto un vastissimo contenzioso di costituzionalità circa i criteri per qualificare come nuova un'entrata tributaria o per individuare la clausola di finalizzazione o le garanzie procedurali nell'applicazione dei provvedimenti che derogavano al criterio ordinario di riparto dei tributi. Naturalmente, sul tema abbiamo una giurisprudenza costituzionale numerosa che nel tempo ha tracciato, attraverso un'interpretazione evolutiva delle vigenti norme di attuazione, i limiti applicativi del principio della territorialità dell'imposta con le sentenze n. 138 del 1999 e n. 306 del 2004.
  Su questa materia, tuttavia, con la sentenza n. 116 del 2010 la Corte costituzionale ha affermato un criterio interpretativo che in qualche modo – per usare un eufemismo – modifica i precedenti orientamenti, delegando la spettanza alla regione siciliana di tutti quei tributi che sono espressione della capacità fiscale che si manifesta nel territorio siciliano in ragione della collocazione in tale ambito del fatto in cui si collega il sorgere dell'obbligazione tributaria. In definitiva, la Consulta ha ritenuto che l'unico criterio generale è quello basato sul luogo della riscossione.
  La più recente sentenza della Consulta, la n. 97 del 2013 riguardante l'imposta sulle assicurazioni di responsabilità civile, ha confermato il principio della territorialità dei tributi, ribadendo che il legislatore statale non può disporre direttamente l'assegnazione alle province del gettito dei Pag. 16tributi erariali riscossi nel territorio regionale siciliano. Viceversa, il gettito di questa imposta riscossa nel territorio regionale spetta alla regione, la quale potrà poi provvedere con normativa, nell'ambito della propria autonomia di competenza legislativa esclusiva, a dare attuazione alla legge statale, eventualmente devolvendo, come è accaduto, le somme derivanti da tali entrate alle province.
  Dello stesso tenore sono le sentenze n. 143 del 2012 e la n. 42 del 2013 – entrambi ricorsi proposti dalla regione siciliana – con riferimento alle disposizioni normative volte a riservare allo Stato il maggior gettito delle imposte derivanti dal contributo unificato in materia di processi tributari, con contestuale abolizione dell'imposta di bollo, nonché le disposizioni che hanno raddoppiato l'importo del contributo unificato alle spese di giustizia.
  In entrambe le ipotesi, il giudice delle leggi ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale, reputando sussistenti i requisiti derogatori di cui all'articolo 36 dello statuto e all'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1074, ovvero la novità del tributo e la specificità dello scopo.
  La giurisprudenza costituzionale, pur accedendo all'interpretazione estensiva del concetto di novità del tributo, ritenuta tale anche in presenza di un mero incremento dell'aliquota, com'era in quel caso, ha ribadito in entrambe le circostanze un concetto di assoluta rilevanza nell'ambito dei rapporti finanziari Stato-regione. In presenza di tributi nuovi e destinati a specifiche finalità, sottratte alle disposizioni statutarie che hanno previsto la devoluzione del gettito riscosso alla regione siciliana, quest'ultima potrà sempre tutelarsi anche tramite il conflitto di attribuzione, sia nell'ipotesi in cui si profili la possibilità che il gettito erariale confluisca indistintamente nel bilancio dello Stato, sia nel caso in cui lo Stato, in sede di riparto del tributo, dovesse determinare in modo erroneo la quota di spettanza della regione, sia infine nell'eventualità che si possano realizzare economie direttamente confluenti nel risultato di amministrazione.
  Sempre nell'ambito del riparto delle risorse finanziarie tra Stato e regione, va menzionata la recente sentenza n. 207 del 2014, nella cui sede la Corte ha chiarito che l'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1074 va inteso nel senso di assicurare alla regione il gettito derivante dalla capacità fiscale che si manifesta nel suo territorio eccetera, e i rapporti tributari che in essa sono radicati in ragione della residenza fiscale del fatto cui si collega il sorgere dell'obbligazione tributaria. Dalla pronuncia emerge in definitiva il riconoscimento alla regione del gettito corrispondente alla sua capacità fiscale, a nulla rilevando che, come nel caso di specie, l'incremento di quest'ultima era dovuto a detrazioni fiscali introdotte dal legislatore statale, peraltro comunque poste a carico della regione.
  Ancora più di recente, nell'ambito dei rapporti finanziari tra Stato e regione, è intervenuta la più volte citata sentenza n. 19 del 2015 sul ricorso con cui la regione siciliana ha promosso, insieme ad altre autonomie speciali, alcune questioni nei confronti dell'articolo 32 della legge di stabilità del 2012, sostenendo il mancato previo raggiungimento dell'intesa in sede di Conferenza Stato-regioni circa i criteri e le conseguenti quantificazioni nel concorso delle autonomie speciali alla manovra.
  La regione, richiamando il principio di leale collaborazione, ha lamentato in particolare il fatto che l'entità del contributo alla manovra finanziaria sarebbe stato determinato unilateralmente dalla legge statale, senza preventivo accordo con la medesima. Tutte le questioni sono state dichiarate non fondate dalla Corte costituzionale per la famosa considerazione che le misure legislative statali censurate erano direttamente riconducibili non solo all'articolo 117, come immaginavamo, ma anche all'articolo 11 della Costituzione: ha quindi rigettato le questioni.
  Pertanto, nel rapporto tra Stato e autonomie speciali, il principio contenuto Pag. 17nella sentenza n. 19 del 2005, in qualche modo innovativo rispetto agli orientamenti giurisprudenziali della Consulta, sancisce che la determinazione unilaterale da parte dello Stato, in assenza di criteri condivisi con le autonomie speciali, consente di assolvere comunque l'onere di assicurare il raggiungimento, nei termini temporali previsti, degli obiettivi finanziari delle manovre di bilancio in attesa del perfezionarsi dell'accordo.
  Passando alla quarta problematica sollevata dalla Commissione, in merito ai meccanismi di funzionamento della commissione paritetica nonché alle procedure per nomina e sostituzione dei suoi componenti, è stato già sottolineato che l'articolo 43 dello statuto affida alla commissione paritetica il compito di determinare – uso un verbo particolare – le disposizioni transitorie per il passaggio degli uffici e del personale dallo Stato alla regione, nonché quelle necessarie per l'attuazione del medesimo statuto.
  Tanto per chiosare, presidente, ricordo che il presidente della regione Alessi ci raccontò come la regione avesse avuto l'autonomia finanziaria. Ebbene, quando si insediarono, i padri statutari non avevano né carta né penne né uffici e approfittarono del fatto che l'intendente di finanza di Palermo era separatista. Chiesero a lui quale sarebbe stata la reazione se, anziché dare l'ordine di versare i tributi allo Stato, l'ordine scritto fosse stato di versarli alla regione e il separatista disse che non c'erano problemi a scrivere che andavano versati alla regione. In quella maniera si attuò nei fatti l'autonomia finanziaria della Sicilia.
  L'insediamento dei quattro componenti della commissione paritetica, due di nomina statale scelti di solito dal Ministero degli affari regionali e delle autonomie e due di nomina regionale designati dal presidente della regione, avviene per iniziativa dell'anzidetto Ministro, che di fatto adotta il provvedimento costitutivo della commissione e convoca la prima seduta, nel corso della quale si procede all'elezione del presidente della commissione e si stende un calendario dei lavori.
  Per quanto riguarda la commissione in carica, è bene osservare che il relativo iter costitutivo prese avvio il 2 agosto 2013 con comunicazione da parte del presidente della regione dei nominativi dei due componenti regionali, concludendosi il 29 gennaio 2014. In tale data, infatti, è stato emanato il decreto del Ministro degli affari regionali e delle autonomie con il quale, nel completare il plenum con la nomina dei due componenti in rappresentanza dello Stato, veniva ricostituita la commissione paritetica.
  Per assicurare «lo stretto raccordo tra la decisione della commissione stessa e gli indirizzi politico-programmatici del Governo in materia di ordinamento regionale», il medesimo decreto di costituzione della commissione fu reiterato il 10 giugno 2014 a firma del nuovo Ministro. In considerazione di tale ultimo provvedimento, i componenti della commissione paritetica si sono infine insediati il 1o ottobre 2014.
  In quell'occasione è stato nominato il relativo presidente; senonché c’è stato un incidente di percorso: a seguito delle dimissioni in quella sede di uno dei rappresentanti della regione e della nuova designazione operata dal presidente della regione stessa il 23 ottobre, solamente il 4 novembre 2014 il Ministro pro tempore ha provveduto a ricostituire la commissione, completandone la composizione. Da quel momento, sulla base di notizie assunte informalmente, la commissione opera regolarmente.
  Lo Stato ha proposto, come prima questione avente carattere d'urgenza, l'adozione di norme concernenti il trasferimento della sanità penitenziaria, tema a cui la commissione paritetica ha dedicato cinque sedute. È stato trovato un accordo e, dopo questa convergenza, il 10 marzo 2015 la commissione ha approvato le conseguenti norme di attuazione e le ha trasferite alla Presidenza del Consiglio. Recentissima notizia è che il Ministro della funzione pubblica, nonostante i concerti, le intese e il lungo iter di questo procedimento, ha bloccato la norma di attuazione sollevando perplessità.Pag. 18
  Verrebbe quasi da ridere, sapendo che si chiede il parere su quella norma a tutte le amministrazioni statali. Per una norma in materia di CGA, ad esempio, si chiede il parere anche al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Il capo di gabinetto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo comincia a chiedere qual è la loro competenza in materia di CGA e si perde un sacco di tempo, fino a quando, dopo gli accertamenti della burocrazia, arriva una risposta.
  Secondo quanto comunicato da uno dei componenti della commissione, restano da esaminare e approfondire alcune questioni, quali il concreto funzionamento della commissione, il ruolo svolto dalla clausola dell'articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, l'eventuale contenzioso derivante dalla parziale attuazione dello statuto e le conseguenze di certezza normativa, l'incidenza sui rapporti finanziari Stato-regione e – mi sembra molto opportuno – le ipotesi di codificazione delle procedure.
  Per quanto riguarda la commissione paritetica in carica il quadro finisce per confermare quanto già segnalato a questa Commissione nelle precedenti audizioni, in particolare dall'intervento del professor Bin, circa l'esigenza di codificare, tramite adeguate fonti normative – c’è il problema del collocamento della fonte normativa –, le procedure di provvista – nel senso di sostituzione e non di nomina, perché questa è prevista dallo Statuto – e di funzionamento delle commissioni paritetiche.
  A tal fine, osserviamo che nel disegno di legge costituzionale seguito alla legge voto dell'Assemblea regionale dell'aprile 2015, cui ho fatto cenno prima, tale problematica era stata tenuta presente. Come è stato ricordato dal presidente Ardizzoni, era stato aggiunto un comma con un termine di centottanta giorni affinché la Presidenza del Consiglio deliberasse (mi permetto di ritenere che il termine non può che essere ordinatorio e non perentorio). Si poneva comunque il Governo di fronte a una responsabilità, mentre attualmente non esiste alcun parametro.
  Mi accingo ad arrivare alla conclusione. Con la quinta domanda si chiedono le modalità attraverso le quali assicurare un collegamento tra la componente regionale della commissione paritetica e la giunta regionale. Penso che il vicepresidente della regione abbia già dato la risposta: presso la segreteria della presidenza della regione è stato costituito un apposito servizio, che cura il coordinamento delle proposte per l'attuazione dello statuto in rapporto con gli organi dello Stato e con la segreteria di parte regionale della commissione, attribuita allo stesso dirigente del servizio. Per quanto riguarda l'Assemblea regionale, ha risposto il presidente Ardizzone.
  Gli ultimi quesiti riguardano la riforma costituzionale in itinere. Tali profili sono stati, a mio parere, adeguatamente ex funditu affrontati in sede di audizione da parte degli esponenti del mondo accademico. Per la loro soluzione si richiedono competenze ed esercizio di funzioni che non sono riconducibili a quelle di controllo della Corte dei conti.
  In questa sede possiamo semplicemente notare come le iniziative di modifica degli statuti speciali, pur presupposte da clausole come quelle di cui all'articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 o dall'articolo 39, comma 12 del disegno di legge in corso di esame al Senato, fino all'adeguamento dei rispettivi statuti, non hanno avuto alcun successo, collocandosi in una prospettiva di conservazione e di mantenimento dell'originale specialità senza dar luogo a una nuova auspicabile progettualità statutaria.
  Il testo della riforma in discussione rinvia alla possibile applicazione alle autonomie differenziate di quanto previsto dall'ennesimo nuovo Titolo V della Costituzione a futura modifica degli statuti speciali, previa intesa con le regioni e le province autonome interessate. Come ha messo in luce anche il collega De Lipsis, viene delineato un innovativo procedimento pattizio, che attribuisce di fatto alle regioni e province autonome una sorta di potere di veto su modifiche statutarie e finanziarie non favorevoli – perché questo Pag. 19si conduce rispetto alla specialità originaria –, con il rischio di rinviare sine die ogni revisione.
  Faccio un ultimo intervento, sollecitato da quello del presidente De Lipsis, sulle norme di attuazione riguardanti la Corte dei conti. Sono d'accordo sulla questione dei regolamenti perché, così come nell'ordinamento statale è previsto il parere del Consiglio di Stato, altrettanto in Sicilia è previsto il controllo dei regolamenti da parte della Corte dei conti. Nella mia esperienza non ho mai contrastato uno schema di regolamento passato dal CGA perché i colleghi sono molto bravi e sempre molto puntuali.
  Ci saranno due problemi. In primo luogo in Sicilia ancora non si applica la legge La Loggia e per questo non abbiamo i componenti di nomina regionale. Non faccio un discorso di parte o di rigetto della nomina regionale perché in altre regioni a statuto ordinario ci sono state esperienze di alto profilo e di alto livello; in Sicilia però non abbiamo questa possibilità, che, in questo momento di grandi ristrettezze di turn over e di risorse, sarebbe una valvola di sfogo perlomeno per due magistrati. Nel merito c’è la necessità di aggiornare queste norme alla luce del decreto-legge n. 174 del 2012, a cui ha accennato il Presidente Ardizzone.
  Per quanto riguarda il controllo dei rendiconti dei gruppi parlamentari, l'Assemblea ha prontamente recepito la normativa nel proprio regolamento interno e con una legge regionale. Ci sono però altri aspetti, legati alle semplificazioni del controllo sui bilanci di previsione e sui rendiconti, che richiedono un approfondimento.
  Se lo ritiene opportuno, presidente, la collega consigliera Centro, che mi accompagna, potrebbe fornirvi un breve focus sulle questioni legate alla sanità regionale, toccate dall'assessore Lo Bello e dal presidente Ardizzone. Altrimenti abbiamo concluso.

  PRESIDENTE. La ringrazio, presidente. Purtroppo abbiamo la necessità di chiudere qui i nostri lavori perché alle 12.30 è prevista l'elezione del vicepresidente e dopo i colleghi dovranno recarsi in Aula.
  Chiederei però a lei e alla consigliera Centro, che ringrazio, la cortesia di farci pervenire un documento su questi aspetti specifici, che sono stati anche oggetto della relazione della vicepresidente Lo Bello. Lo apprezzeremo e lo esamineremo con grande attenzione.
  Va da sé che avevamo previsto anche la possibilità di alcune domande, e quindi un'interazione con i membri della Commissione. Dovendo concludere ora l'audizione ci è impossibile, ma mi permetto di dire che le istituzioni audite sono disponibili a rispondere alle eventuali specifiche domande dei colleghi tramite una documentazione che ci faranno pervenire successivamente.
  Ringrazio tutti gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 12.30.