XVII Legislatura

XIV Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Mercoledì 2 dicembre 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bordo Michele , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUGLI STRUMENTI E I METODI PER LA VALUTAZIONE EX ANTE E EX POST DELL'IMPATTO DELLA NORMATIVA DELL'UNIONE EUROPEA.

Audizione di rappresentanti dell'Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (UNHCR).
Bordo Michele , Presidente ... 3 
Clerici Riccardo , Capo dell'Ufficio protection Italia UNHCR ... 4 
De Bonis Andrea , Funzionario UNHCR ... 9 
Bordo Michele , Presidente ... 11 
Schirò Gea (PD)  ... 11 
Capua Ilaria (SCpI)  ... 12 
Guerini Giuseppe (PD)  ... 12 
Bordo Michele , Presidente ... 13 
Clerici Riccardo , Capo dell'Ufficio Protection Italia UNHCR ... 13 
De Bonis Andrea , Funzionario UNHCR ... 15 
Bordo Michele , Presidente ... 16

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MICHELE BORDO

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (UNHCR).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli strumenti e i metodi per la valutazione ex ante e ex post dell'impatto della normativa dell'Unione europea, l'audizione di rappresentanti dell'Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (UNHCR).
  L'odierna audizione dei rappresentanti dell'UNHCR consente di avviare l'indagine conoscitiva nel migliore dei modi.
  Voglio ricordare che abbiamo individuato alcune tematiche su cui concentrare la nostra attenzione, per verificare quali progressi possono essere realizzati nella valutazione dell'impatto di alcune decisioni strategiche adottate a livello europeo.
  Le politiche relative alla gestione dell'emergenza migratoria costituiscono per ovvi motivi la prima delle tematiche su cui lavorare.
  Le dimensioni dei flussi migratori che hanno investito l'Europa hanno indotto la Commissione europea ad adottare un'iniziativa molto importante. L'Agenda sulla migrazione potrebbe segnare una vera e propria svolta nell'approccio al problema da parte dell'Unione europea, perché per la prima volta si affrontano contestualmente, in una logica complessiva, i diversi aspetti della questione: salvataggio in mare, assistenza e accoglienza dei rifugiati, modifica delle regole ormai insostenibili di Dublino, lotta ai trafficanti, potenziamento dei controlli alle frontiere esterne, gestione dei rimpatri, adozione di criteri uniformi per il riconoscimento del diritto all'asilo, collaborazione con i Paesi di transito.
  Peraltro, l'agenda giustamente prevede che siano valorizzate le competenze delle agenzie e degli organismi specializzati in materia, non soltanto per quanto concerne il contributo che tali soggetti possono fornire in termini di conoscenza del fenomeno e di possibili soluzioni, ma anche per quanto riguarda l'assistenza ai Paesi più esposti, tra cui l'Italia, nella gestione dei flussi.
  Vengono in particolare chiamati direttamente in causa l'Agenzia europea per i diritti fondamentali, l'Ufficio europeo di supporto per l'asilo (EASO), Frontex e, fuori dall'ambito europeo, proprio l'UNHCR.
  Quest'ultima in particolare è in grado di assicurare un valore aggiunto estremamente prezioso, in considerazione della speciale competenza acquisita nel tempo in tanti teatri di crisi, in contesti molto diversi e comunque sempre assai problematici.Pag. 4
  Purtroppo, una parte consistente delle misure attuative dell'Agenda sulla migrazione non ha trovato sinora attuazione, se non molto limitatamente, per le resistenze di alcuni Stati membri. Mi riferisco ai programmi di ricollocazione e di reinsediamento, che chiamano direttamente in causa l'UNHCR.
  A mio parere, costituisce invece un dato confortante la decisione, presa qualche giorno fa dall'Unione europea, di sostenere finanziariamente la Turchia, il Paese più esposto ai flussi di migranti provenienti dalla Siria. Voglio ricordare che il numero di profughi ospitati dalla Turchia è superiore a 2 milioni e che tantissimi profughi sono anche in Libano e in Giordania.
  Queste cifre dovrebbero far riflettere, se non far vergognare, tanti Paesi europei che, al contrario, rifiutano di collaborare in una logica di condivisione delle responsabilità e dei relativi oneri, peraltro esplicitamente prevista nei trattati, per l'attuazione dei programmi di reinsediamento e di ricollocazione.
  Chiedo, quindi, ai rappresentanti dell'UNHCR, che ringrazio per essere intervenuti nella seduta di oggi, di fornirci tutti gli elementi d'informazione e di valutazione, non soltanto sui recenti progetti adottati in sede europea, ma anche più in generale sulle problematiche globali del fenomeno delle migrazioni.
  Presumibilmente questa non sarà un'emergenza transitoria, ma un dato strutturale del prossimo futuro, alla luce della diffusione di conflitti e di dittature, ma anche di catastrofi naturali, che inducono tanti uomini, donne e bambini ad abbandonare le loro terre per provare a trovare rifugio in Paesi più sicuri, tra cui quelli europei.
  Si tratta, quindi, di capire quali sono le dimensioni complessive del fenomeno su scala mondiale, che previsioni si possono fare per il futuro sulla provenienza e sull'incidenza dei diversi fattori che ne sono all'origine (economiche, politiche, sul terrorismo, climatiche) e quali potrebbero essere, a giudizio dell'UNHCR, i rimedi più adatti per migliorare la gestione dei flussi, eventualmente con un intervento nei Paesi di provenienza o almeno di transito, per indurre i Paesi di destinazione a maturare atteggiamenti più collaborativi e per pervenire a un vero sistema comune di asilo, che uniformi le procedure e i criteri adottati dai diversi Paesi.
  Ritengo che sarebbe utile anche acquisire una valutazione dell'UNHCR sull'attuale sistema italiano di accoglienza e di gestione delle domande di asilo, oltre che sull'esperienza dei cosiddetti hot spot, che sono stati oggetto di tanti rilievi, per esempio nella Conferenza degli organi specializzati in affari comunitari (COSAC) alla quale abbiamo partecipato nei giorni scorsi.
  Prima di dare la parola ai rappresentanti dell'UNHCR qui presenti, desidero infine esprimere il compiacimento, che ritengo condiviso da tutti noi, per la recente nomina di Filippo Grandi ad alto commissario dell'UNHCR.
  Sono presenti Riccardo Clerici, capo dell'Ufficio protection Italia dell'UNHCR, e Andrea De Bonis, funzionario dell'UNHCR.
  Do la parola ai rappresentanti dell'UNHCR per lo svolgimento della loro relazione.

  RICCARDO CLERICI, Capo dell'Ufficio protection Italia UNHCR. Buongiorno, onorevoli. Presidente, la ringrazio per aver chiesto il contributo dell'UNHCR a questa attività conoscitiva sulla crisi dei rifugiati, che insieme ad altri – l'euro e la sicurezza – rappresenta un tema assoluto per il futuro dell'Unione europea e degli Stati membri.
  Ringrazio la Commissione in particolar modo per la cooperazione con l'UNHCR degli anni precedenti, anche sulle leggi di delegazione.
  Presidente, i temi che lei ha citato sono molti. Se me lo consente, farò una breve introduzione, per lasciare spazio alle domande.
  Comincio con due dati storici per illustrare da dove arrivano questi provvedimenti. L'Agenda europea e le decisioni successive, tra cui quella sulla relocation,Pag. 5vengono essenzialmente dagli ultimi due anni e da due discussioni di fondo sulla responsabilità e sulla solidarietà a livello europeo.
  Sostanzialmente, ci sono due questioni fondamentali: il foto-segnalamento e l'identificazione di tutti i migranti che arrivano via mare – questo è il tema discusso negli ultimi due anni – e, sotto il profilo della solidarietà, la distribuzione equa all'interno dell'Unione europea di un flusso che – fatemelo dire a titolo di premessa – è composto da rifugiati.
  La maggioranza delle persone che arrivano via mare in Grecia e in Italia (in Grecia circa l'80 per cento e in Italia dal 50 al 60 per cento) hanno diritto a una forma di protezione nell'Unione europea. Sapete che le forme sono diverse.
  Gli altri elementi che hanno contribuito a queste decisioni sono le tragedie in mare avvenute dal 2013 a oggi, che non possiamo dimenticare, e il flusso straordinario dalla Grecia ai Balcani. Pensate che fino all'inizio di questa settimana Grecia e Italia hanno visto l'afflusso di 880.000 persone, tra cui 730.000 in Grecia. Si tratta di un numero straordinario.
  Questa è una breve introduzione per capire quali sono stati i passaggi che hanno portato a questi provvedimenti e a questa situazione di crisi che definiamo estremamente complessa. Sono due considerazioni di carattere metodologico e di approccio iniziale.
  Ciò che è importante dirci è che non c’è una soluzione semplice e che l'approccio che la stessa Agenda sulla migrazione ha adottato, ovvero quello comprehensive o olistico, è quello giusto, che va assolutamente condiviso. Si tratta di misure nel breve, nel medio e nel lungo periodo, che riguardano l'interno dell'Unione, la politica estera e anche le modalità di accesso al territorio.
  Ci troviamo di fronte a una crisi complessa che, come diceva giustamente il presidente, non va vista come un problema, ma come un fenomeno da gestire. La sfida è nella gestione, ovvero nel modo e nel rispetto dei diritti con cui questa crisi viene gestita.
  Quali sono gli elementi di complessità ? Li elenco molto velocemente, per dare spunti alle domande.
  Il primo è il contesto internazionale, costituito da quelle che in inglese vengono definite le root cause (le cause alla base di questi conflitti). Come il prossimo Alto commissario ha detto ieri sera al TG1, questi flussi si risolvono se si risolvono le crisi. È molto semplice dirlo. Come UNHCR – ma penso anche come Unione europea – c’è uno sforzo nel prevenire i conflitti, nell'intervenire e nel garantire soluzioni durevoli.
  Come abbiamo visto durante l'incontro informale tra i Ministri degli affari esteri e il vicepresidente/Alto rappresentante Mogherini, c’è un'azione dell'Unione europea su diversi fronti. Va detto che nel 2014 le persone sotto il mandato dell'UNHCR che hanno dovuto fuggire erano 60 milioni, la cifra più alta dal dopoguerra. Qualche mese fa La Repubblica titolava: «Un Paese intero che si muove». L'86 per cento di queste persone si trova nei Paesi limitrofi alle zone di crisi e solo una piccola percentuale raggiunge l'Unione europea. Questo va ricordato. I Paesi dove ci sono più rifugiati sono la Turchia, il Pakistan e l'Etiopia (ne cito solo alcuni).
  La crisi siriana è emblematica di queste crisi internazionali. Quattro milioni di persone sono scappate dalla Siria e circa 6,5 milioni sono sfollati interni.
  Le misure messe in campo dall'agenda europea sono lodevoli e sottoscrivibili, a partire dai fondi per l'Africa e per la Siria, che ovviamente devono corrispondere a delle dotazioni adeguate, anche per le operazioni di emergenza che l'UNHCR ha in questi Paesi, che, se non sono finanziate, indubbiamente portano a condizioni per cui le persone tendono a spostarsi oltre.
  Abbiamo parlato delle azioni di politica estera. Ci sono poi un'altra serie di meccanismi, tra cui mi sembra importante citare i cosiddetti «Regional development and protection programme» (RDPP), ossia i programmi di sviluppo e di protezione. L'Italia, come sapete, ha la leadership per il Nord Africa.Pag. 6
  Riteniamo che anche queste siano opportunità molto utili. L'UNHCR collaborerà col Ministero dell'interno per sviluppare sistemi d'asilo nei Paesi di transito o di primo asilo.
  Il secondo elemento di complessità è dato dai numeri. Abbiamo parlato degli arrivi via mare, ma anche delle domande d'asilo. Nel 2014 nell'Unione Europea ci sono state 650.000 domande d'asilo e a fine ottobre ne sono già state registrate 877.000. Si tratta di numeri straordinari, che hanno messo in crisi il sistema europeo.
  L'altro aspetto numerico della crisi – che è assolutamente attuale, perché se ne parla a Parigi in questi giorni – è quello dei cosiddetti «rifugiati ambientali». Qualunque attività, anche normativa, dovrà tener presente nel medio-lungo periodo l'impatto dei cambiamenti climatici sui movimenti di persone, non solo come causa in sé, ma anche come cofattore insieme ad altri.
  Infine, c’è il boom demografico in Africa. Voi sapete che nel 2050 la popolazione dell'Africa raddoppierà, mentre quella europea rimarrà costante. Pertanto, la sfida, simile a quella intervenuta nel Sud-Est asiatico e in Sudamerica, è quella di garantire a questa crescita demografica di giovani adeguate risposte lavorative e sociali, altrimenti le ripercussioni potrebbero essere notevoli.
  La parte più interessante della complessità è la risposta europea, che divido sotto due aspetti: il primo è l'accesso al territorio e il secondo è la gestione del fenomeno.
  Per ciò che riguarda l'accesso al territorio, i temi, che penso conoscete molto bene, sono: il soccorso in mare a chi compie la traversata per arrivare in Europa, la lotta al traffico degli esseri umani e i canali di ingresso regolari. Sono temi tra di loro collegati. Le morti in mare, la possibilità di venire attraverso canali sicuri e il combattere chi lucra sulle tragedie altrui sono tre elementi che vanno insieme.
  Che cosa hanno proposto l'Agenda e gli altri provvedimenti ? Sui soccorsi in mare siamo molto soddisfatti, perché, dopo che è stato triplicato l'investimento nell'operazione Tritone di Frontex, le morti in alto mare sono diminuite.
  Perché, allora, i morti sono ancora superiori ai 3.000 ? Ciò avviene perché molti di questi incidenti si verificano nelle acque territoriali libiche, dove né Mare nostrum né la Guardia costiera italiana possono intervenire. Dunque, c’è un risultato positivo, ma c’è da fare un passo ulteriore.
  Il passo ulteriore che l'Unione europea ha fatto è Eunavfor Med, l'operazione militare di contrasto all'immigrazione, che, come sapete, adesso è in fase due e non ancora in fase tre. Tale operazione ha avuto un esito positivo in alto mare, ma neanche questa può intervenire nelle acque territoriali, dove la maggioranza degli incidenti si verificano.
  Il terzo aspetto su cui mi preme porre la vostra attenzione è quello dei canali d'ingresso. È di buonsenso e di comune evidenza che, potendo gestire e identificare i rifugiati nei Paesi di transito e portarli con un volo Ryanair o di qualunque altra compagnia d'Europa, si risparmierebbe una tragedia e si toglierebbe mercato ai trafficanti. Non ci sarebbe più mercato, perché non avrebbero più persone a cui chiedere i fondi.
  C’è una lunga lista di possibilità per garantire l'ingresso regolare. La prima, su cui bisognerebbe lavorare di più, secondo noi anche da un punto normativo, è la modifica della direttiva europea sul ricongiungimento familiare, per renderla più flessibile e rigorosa, ampliando al contempo le categorie di persone da far entrare nell'Unione europea.
  Ci sono una serie di schemi umanitari e di visti umanitari, con cui alcuni Paesi si sono già cimentati, che potrebbero essere sviluppati ulteriormente. In alcuni contesti, ci sono schemi lavorativi o di studio di cui anche i rifugiati, come risorsa, potrebbero beneficiare.
  Lo strumento più importante è il reinsediamento che l'UNHCR gestisce in molti Paesi. A questo proposito, quello che voglio sottolineare è la dimensione quantitativa. Pag. 7Nel 2014 l'UNHCR stimava che il fabbisogno era di 700.000 posti per il reinsediamento a livello mondiale. Sono state reinsediate 70.000 persone, cioè il 10 per cento. La stima per il 2016 a livello mondiale è di 1,2 milioni.
  È chiaro che qualunque sistema di reinsediamento deve dare una risposta quantitativa importante, per far sì che le persone che sarebbero intenzionate a spostarsi in maniera irregolare e pericolosa aspettino uno o due anni, avendo una prospettiva.
  Ci auguriamo che questo possa succedere anche adesso, a seguito degli accordi con la Turchia. Speriamo che al bacino enorme di siriani in Turchia siano state date possibilità di accesso all'Unione europea adeguate.
  Ultimamente – Andrea De Bonis ne parlerà – vengono esplorate altre possibilità, quali le sponsorship private, attraverso cui le comunità che si trovano già in Europa potrebbero prendersi carico dei propri familiari o appartenenti.
  Il secondo aspetto di complessità all'interno della gestione dell'Unione europea è molto più critico. I temi che vorrei portare alla vostra attenzione sono: la direttiva n. 55 del 2001 sulla protezione temporanea, le varie direttive sul sistema d'asilo, sulle qualifiche e sulle procedure di accoglienza, che ben conoscete, il Regolamento di Dublino e i ritorni forzati.
  Per ciò che riguarda la protezione temporanea, si tratta di uno strumento che non è stato mai utilizzato e che dovrebbe essere rivisto per un utilizzo anche più ampio. L'importante è che gli aspetti essenziali di questa disciplina, cioè un meccanismo di solidarietà, un'accoglienza adeguata e un supporto finanziario, siano presenti nelle risposte che l'Unione Europea dà agli afflussi massicci di persone. Questo è il tema rispetto al quale va considerata la direttiva per un suo eventuale utilizzo.
  Per ciò che concerne le altre direttive, noi abbiamo un sistema comune di asilo europeo. C’è stata una seconda fase di provvedimenti. Andrea De Bonis approfondirà l'attuazione in Italia, mentre io vorrei porre alla vostra attenzione due temi: l'armonizzazione e la frammentazione. Già con la trasposizione, il dato normativo viene contestualizzato ai singoli Paesi. In seguito, anche nell'attuazione dello stesso, cioè quando le politiche e le risorse vanno allocate, si creano delle disarmonie a livello europeo.
  La Commissione europea, però, si è imposta un monitoraggio più stretto, tanto che ultimamente lo strumento che quest'ultima ha in mano è quello della procedura di infrazione. Se non sbaglio, sono state aperte una quarantina di procedure solo nei mesi precedenti.
  Rispetto al Regolamento di Dublino, come ha già detto in premessa il presidente, è prevista una revisione per il 2016. Il tema è quello di cui abbiamo parlato all'inizio: ormai c’è una consapevolezza a livello europeo. Non più solo l'Italia e la Grecia, ma anche la Germania e la Svezia dicono che il criterio del primo ingresso non regge rispetto a questi numeri. Il buonsenso vuole che si trovino dei criteri per una distribuzione equa, come la distribuzione regionale adottata dall'Italia, nata con il Ministro Maroni e ripresa col Governo Renzi. Questo è il futuro e il passo successivo per l'Unione.
  Chiariamo dall'inizio che senza il pilastro dei ritorni il sistema non funziona. Bisogna garantire che chi non ha diritto all'accoglienza venga rimpatriato con tutte le garanzie di rispetto dei diritti e delle procedure. Questo è un pilastro fondamentale.
  Ci sono diverse iniziative di varia natura in questo senso. Mi riferisco al ruolo di Frontex e all’action plan sui ritorni. È di immediata evidenza il ruolo della politica estera, soprattutto nella capacità degli Stati membri dell'Unione europea di ottimizzare le proprie risorse e il proprio peso per ottenere degli accordi di riammissione che tengano presente questo aspetto.
  Cito due ultimi elementi di complessità. Il primo è quello della sicurezza, un tema difficile prima e dopo Parigi, di cui non possiamo non parlare anche oggi. Di sicurezza coi flussi misti si parlava già da Pag. 8due anni. Io ho incontrato varie delegazioni di varia natura con cui se ne è parlato. L'UNHCR da due anni invoca dei meccanismi di registrazione e di identificazione adeguati al momento dell'ingresso nel territorio, soprattutto in caso di ingresso irregolare.
  Tuttavia, lasciatemi dire una cosa: contrastiamo qualunque tentativo di mischiare o confondere i ruoli e le persone. I rifugiati scappano dagli stessi atti orrendi e drammatici e da queste persone. La Convenzione di Ginevra esclude dai suoi benefici le persone che si macchiano di questi crimini seri (articolo 1, sezione F), quindi teniamo ben distinta questa situazione.
  Il Consiglio ha già preso delle conclusioni condivisibili sulla messa in comune di informazioni di intelligence, sull'uso dei database europei al momento dell'ingresso e anche sull'utilizzo delle agenzie per un controllo più sistematico.
  L'ultimo tema rientrante nel sistema di complessità, che il collega approfondirà, è l'integrazione. Tutto quello che ci stiamo dicendo sul futuro del sistema d'asilo è legato all'integrazione dei rifugiati. Chi ne ha diritto deve potersi integrare e, se rispetta le regole, deve essere trattato a pari livello dei cittadini europei, perché è su questa solidarietà, su questa unità e sulla libertà di movimento che l'attuale Unione è stata costruita. L'Unione è nata in primo luogo per ragioni economiche, ma anche per i valori. Anche i rifugiati devono essere parte di questa comunità.
  Concludo con un approfondimento molto veloce su due aspetti citati in precedenza, l’hot spot e la relocation, per dare poi la parola al collega e lasciare spazio alle domande.
  Ci sono varie definizioni di hot spot. Come accennavo in premessa, l’hot spot è la risposta alle carenze nell'identificazione e nel foto-segnalamento.
  Fatemi dire che queste carenze, per noi che lavoriamo in cooperazione col Ministero dell'interno nel Sud dell'Italia, sono dovute anche a obiettive difficoltà logistiche. Gli arrivi di migliaia di persone nell'arco di poche ore creano delle difficoltà.
  Peraltro, alcune di queste persone si oppongono in maniera molto ferma al foto-segnalamento, non perché non si vogliano fare identificare, ma perché puntano a riunirsi con membri della propria famiglia in altri Paesi oppure perché vogliono spostarsi in Paesi dove c’è una loro comunità o più prospettive di integrazione. Occorre garantire che questo sia possibile e, nello stesso tempo, che ci siano una registrazione e un'identificazione.
  L'altro aspetto caratteristico, che è assolutamente condivisibile, è il modus operandi. L’hot spot è un meccanismo per cui le agenzie europee, in particolar modo Frontex e EASO, supportano gli Stati membri in difficoltà nel gestire afflussi massicci. È una metodologia, che va verso una cooperazione e una solidarietà europea, assolutamente condivisibile.
  L'altro elemento che voglio aggiungere è che, nell'attuazione dell’hot spot nel sistema italiano, in questi primi due mesi si sono registrate alcune problematicità, che il tavolo sull'asilo, formato dal gruppo di ONG, ha recentemente posto all'attenzione del Ministro Alfano.
  Mi riferisco soprattutto alla difficoltà, da parte nostra ma anche da parte di altri soggetti, di informare i migranti quando arrivano sulla possibilità di presentare la domanda d'asilo, come previsto dall'articolo 8 della direttiva procedure, e alla difficoltà nell'accesso alla procedura stessa, con una valutazione fatta semplicemente sulla nazionalità.
  A questo si aggiunge l'aspetto, che come voi sapete è abbastanza ricorrente, del trattenimento di alcune persone, anche a Lampedusa, oltre i termini previsti dalla Costituzione. Nel 2011 l'Italia è stata recentemente condannata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo per un caso simile.
  Per quanto riguarda la relocation, anche questo, come l’hot spot, è un provvedimento che l'UNHCR supporta, se fatto nella maniera corretta, e che deve dare Pag. 9risposta all'altro tema che ho introdotto all'inizio, cioè quello dell'equa distribuzione.
  È un programma che nasce in maniera transitoria e che riguarderà 160.000 persone in due anni, ma che noi speriamo possa diventare strutturale. C’è una proposta per il Consiglio sul relocation crisis mechanism. Speriamo che possa diventare strutturale e che dia il via a una distribuzione più equa delle domande d'asilo all'interno dell'Unione.
  L'Italia ha presentato una road map molto accurata, che prevede l'apertura di hot spot e una procedura di ricollocamento.
  Presidente, nell'introduzione lei chiedeva quali aspetti devono ancora svilupparsi. Sicuramente queste strutture vanno aperte (alcune non lo sono ancora) e devono avere una capacità d'accoglienza adeguata soprattutto per i picchi stagionali, perché tutti siano registrati e la procedura possa aver luogo.
  Inoltre, sono necessari la cooperazione degli Stati – perché questo è un banco di prova, come lo era Dublino, sulla cooperazione tra Stati – nonché un coordinamento e una snellezza delle procedure che lo facciano funzionare.
  A questo si collega l'altro provvedimento, che è stato citato, relativo ai Paesi di origine sicuri. Come sapete, questo è un altro elemento per snellire gli arrivi di migranti economici. L'UNHCR lo sostiene, purché sia attuato con le dovute garanzie che la presenza nella lista a livello individuale possa essere contestata e che ci siano dei meccanismi chiari di inserimento e di esclusione da queste liste.
  Concludo con un'osservazione, che penso riguardi il vostro lavoro quotidiano. La crisi dei rifugiati, come quella dell'euro, è un po’ una cartina di tornasole delle difficoltà dell'Unione e del percorso che l'Unione vuole prendere. Mi riferisco alla tensione tra politiche e istituzioni europee da un lato e politiche e istituzioni degli Stati membri dall'altro. Il futuro dell'Unione si gioca su queste partite, che sono quotidianamente sui giornali e negli incontri.
  Da parte nostra, facciamo tre considerazioni. È estremamente complesso capire dove andrà il sistema, però ci sono dei punti fermi: combattere la xenofobia e il razzismo, che spesso alimentano una visione piuttosto che un'altra, e garantire per chiunque, in ruoli diversi, un'informazione precisa e adeguata.
  Dal punto di vista dell'asilo, tra una tendenza al ritorno allo Stato membro singolo e una tendenza più europea, è meglio quella europea, che prevede politiche europee. Già si pensa, come sapete, alla Guardia costiera o alla Polizia di frontiera europee.
  Infine, auspichiamo che la direzione del sistema si ispiri comunque alla Convenzione del 1951. Mi sono limitato a quindici minuti. Cedo la parola al collega Andrea De Bonis, prima di passare alle domande. Grazie.

  ANDREA DE BONIS, Funzionario UNHCR. Nel mio intervento, che sarà molto breve, farò una riflessione sull'attuale legislazione italiana in materia di asilo, che peraltro è frutto del recepimento di una serie di direttive europee.
  Il 30 settembre scorso, con l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 142, si è chiusa una stagione di circa due anni di intenso lavoro legislativo in materia di asilo. Sono state trasposte negli ultimi anni all'incirca cinque direttive, che hanno avuto un'immediata rilevanza sui temi dell'asilo e dei rifugiati: la direttiva sul contrasto alla tratta di esseri umani, la direttiva che ha esteso ai beneficiari di protezione internazionale il permesso di soggiorno per lungo soggiornanti (la direttiva 2011/51) e la direttiva qualifiche (recast), la cui delega era inclusa nella legge di delegazione europea 2013, che questa Commissione ha ampiamente discusso.
  Quest'ultima direttiva è stata trasposta, a nostro modo di vedere, con standard molto elevati, apportando delle modifiche significative in termini di garanzia e assistenza per i rifugiati, anche grazie ai criteri di delega che erano contenuti nella legge di delegazione europea.Pag. 10
  Le altre due direttive molto importanti sono state la 2013/32, che disciplina le procedure per il riconoscimento della protezione internazionale, e la 2013/33 sull'accoglienza dei richiedenti asilo, che sono state trasposte col decreto legislativo n. 142 e la cui delega era contenuta nella legge di delegazione 2013-bis.
  Rispetto a questo decreto legislativo, noi registriamo alcuni significativi aspetti di innovazione con riferimento principalmente al tema dell'accoglienza, in quanto si è data attuazione all'accordo tra Stato e regioni firmato nel luglio del 2014, che l'UNHCR aveva salutato positivamente, soprattutto nella misura in cui ridefiniva l'architettura del sistema d'accoglienza, superando il modello basato sui grandi centri collettivi e favorendo invece il sistema dell'accoglienza integrata e diffusa rappresentato dal Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR).
  Il decreto dà attuazione a questo nuovo modello. Inoltre, introduce altri elementi estremamente significativi e positivi, rafforzando il sistema di governance e l'accoglienza, implementando il tavolo nazionale di coordinamento e istituzionalizzando i già previsti tavoli regionali di coordinamento.
  L'altro aspetto estremamente positivo e molto importante per un reale superamento di un approccio emergenziale è che il decreto introduce per la prima volta lo strumento di pianificazione dell'accoglienza. Il nuovo decreto prevede, infatti, che il tavolo nazionale di coordinamento emani annualmente un piano sull'accoglienza in cui vengono indicati il fabbisogno e l'accoglienza per l'anno successivo. L'altro aspetto positivo attiene al monitoraggio dei centri d'accoglienza.
  Sul piano delle procedure, come ben sapete perché se n’è discusso ampiamente, l'UNHCR aveva proposto una riforma sostanziale dell'attuale sistema basato sulle commissioni con l'introduzione di un organismo dedicato, composto da funzionari professionali, quindi con un superamento dell'attuale sistema basato sulle commissioni territoriali composte da rappresentanti di amministrazioni diverse.
  Rispetto a questo tema, registriamo negli ultimi mesi una presa di consapevolezza anche politica molto diversa, oltre a un'apertura di dialogo da parte del Ministero dell'interno, tanto che è stata istituita una commissione tecnica che ci vede partecipi, che discuterà nei prossimi mesi delle proposte per modificare il sistema. Si è chiusa recentemente, appunto, questa stagione di intenso lavoro legislativo, che però non chiude completamente la possibilità di nuove modifiche. Abbiamo all'orizzonte due possibili nuovi provvedimenti legislativi, i decreti correttivi del decreto legislativo n. 142 del 2015, che auspichiamo, soprattutto in relazione agli aspetti che riteniamo sia opportuno modificare, e il testo unico asilo.
  Sapete che nella legge di delegazione 2013-bis, all'articolo 7, è prevista la delega al Governo per l'emanazione di un testo unico che accorpi tutti i decreti legislativi rilevanti per l'asilo. Quando si è dibattuta questa norma abbiamo provato a portare all'attenzione del Parlamento l'esigenza che la delega si allargasse ad ambiti di disciplina che attualmente non trovano una puntuale disciplina legislativa nei decreti legislativi. Questi due ambiti sono il reinsediamento e l'integrazione.
  Il collega Clerici ha già parlato ampiamente del tema dei canali d'ingresso legali, di cui il reinsediamento rappresenta una sorta di modello ideal-tipico. Apprezziamo particolarmente il grosso sforzo del Governo italiano nel portare avanti un programma di reinsediamento iniziato nel 2015, con una prima pledge per 500 rifugiati, che saranno reinsediati in parte dal Libano – parliamo di rifugiati siriani – e in una misura minore dal Sudan, in questo caso rifugiati eritrei, ma che nell'ambito dell'agenda europea è stato esteso fino al 1.989 rifugiati.
  In questo contesto, vediamo con particolare favore le misure di private sponsorship e il coinvolgimento dell'associazionismo e della società civile, soprattutto nell'ambito di un programma portato avanti da alcune organizzazioni non governative, come Sant'Egidio, la Tavola Valdese, la Federazione delle Chiese evangeliche, Pag. 11nel farsi carico dell'accoglienza di rifugiati da loro selezionati, con una presa di responsabilità importante dunque della società civile. Pensiamo, però, che questo programma potrebbe essere rafforzato nella misura in cui si disciplinasse il tema del reinsediamento. Auspichiamo che questo possa avvenire nell'ambito del testo unico.
  L'altro aspetto è quello dell'integrazione. Il collega Clerici ha detto ampiamente che questo è l'aspetto cruciale del tema dei rifugiati in Italia, uno di quelli di maggiore debolezza del sistema italiano, proprio perché, non essendo parte del sistema comune d'asilo, l'integrazione non ha avuto mai una puntuale disciplina.
  Sul tema dell'integrazione avanziamo tre proposte, dal nostro punto di vista estremamente di buon senso. Una è quella di riconoscere un periodo di accoglienza a tutti i beneficiari di protezione internazionale. Sapete che, dopo il periodo di accoglienza, durante la procedura con il riconoscimento molti rifugiati si trovano di fatto senza alcun tipo di alloggio e solo con il semplice permesso di soggiorno. Questo crea quei grandi disagi nelle città metropolitane, con rifugiati che vivono in situazioni di grande disagio abitativo in palazzi occupati.
  La seconda proposta è l'inserimento dei beneficiari di protezione internazionale tra le categorie dei lavoratori svantaggiati previsti dalla legge sulle cooperative sociali. La terza proposta è quella di dare attuazione all'articolo 25 della Convenzione di Ginevra sull'assistenza amministrativa dei rifugiati, articolo a cui non è mai stata data attuazione nell'ordinamento italiano. Queste proposte sono contenute in ordini del giorno accettati dal Governo durante la discussione sulla legge di delegazione europea 2013-bis. Auspichiamo che, quando si discuterà e si comincerà a mettervi mano, trovino una puntuale applicazione nell'articolato del testo unico asilo.
  Il tema dell'integrazione – poi davvero concluderò, perché rischiamo di essere troppo lunghi – rimanda di nuovo alla dimensione europea: non ci sarà integrazioni finché non si riconoscerà ai rifugiati libertà di movimento dentro i confini Schengen. Questa è una premessa inevitabile per una seria politica di integrazione.
  Come si può arrivare a questo riconoscimento della libertà di movimento ? Evidentemente, attraverso l'applicazione del mutuo riconoscimento delle decisioni circa la protezione internazionale, proposta avanzata dalla Presidenza italiana dell'Unione europea, che non trova un forte riscontro in altri Paesi europei.
  Si può, inoltre, facilitare l'accesso dei rifugiati, dei beneficiari di protezione internazionale in genere, al permesso di soggiorno per lungo residenti, l'unico a garantire la possibilità di spostare la propria residenza in altro Paese europeo. Questo permesso di soggiorno è ottenibile dai beneficiari di protezione internazionale dal 2014, stante la trasposizione della direttiva citata, che l'Italia ha trasposto con standard molto elevati, garantendo una maggiore possibilità per i beneficiari di protezione internazionale di ottenere questo permesso, che comunque si ottiene dopo cinque anni di residenza.
  Aprire una riflessione a livello europeo per abbassare questo termine è, secondo noi, una proposta di buonsenso, proprio per favorire quella necessaria libertà di movimento all'interno dei confini Schengen.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GEA SCHIRÒ. Ringrazio i nostri ospiti per quest'interessantissima audizione. Più che una domanda, vorrei esporre dei problemi di cui eventualmente discutere.
  Innanzitutto, mi viene in mente il documento più aggiornato, quello licenziato dal summit di La Valletta, con l’action plan che lo supporta, che comprende tutte le buone intenzioni. In verità «buone intenzioni» suona buonista e poco politico; parliamo piuttosto delle azioni positive da voi proposte. Il problema è metterle a regime tutte insieme. Probabilmente, Pag. 12alla luce di quello che sta succedendo – non dimentichiamo che a La Valletta era presente anche l'Unione africana – occorre puntare sulla collaborazione, come già avviene in Nigeria, con tentativi positivi di partenze dignitose già dall'Africa.
  Sono dell'idea, ma sapete meglio di me che se ne parla già da un po’, di creare dei punti di partenza dove fare dei visti. È anche un modo per eliminare una sorta di immigrazione di arrivo irregolare, che poi è la madre di tutte quelle forme di immigrazione che possiamo sussumere sotto la sussidiaria, ma che diventa irregolare. Se, però, il primo spot è in Nigeria, poi bisogna attraversare il Sahel e Paesi più o meno sottoposti a forti pressioni, compresa la Tunisia. In questo momento, quindi, è difficile pensare che si possano creare in loco dei veri hot spot.
  Ciò premesso, serve davvero – vengo alla controparte politica che rappresentiamo – una grande collaborazione tra la società civile e il decisore politico, per due motivi: innanzitutto, una sorta di crudezza nel riconoscere che il fenomeno è irreversibile, al di là della drammaticità della guerra. Peraltro, non vedo grandi differenze tra il migrante economico e quello per guerra, perché non si capisce se sia meglio morire di fame o di guerra, come se una cosa fosse permessa e l'altra no. Nel 2050, la Nigeria avrà 200 milioni di abitanti a fronte della decrescita della Russia del 9 per cento, della Cina costretta ad applicare la politica del figlio unico. È quasi fisiologico che tra vent'anni i nostri nipotini saranno un po’ più scuri e che tante cose saranno cambiate. Questo significa che serve davvero un'alleanza tra la politica e voi, e chi rappresentate.
  In questo metto dentro anche una corretta applicazione della Carta di Roma relativamente all'informazione che si dà, meno urgente, meno basata sullo spin del giorno, dimenticando che cosa è successo e che cosa accadrà. Serve anche uno studio degli strumenti che usiamo, compreso quello della relocation. Finora viene applicato il criterio che nacque nel 1949 in Germania per la distribuzione delle borse di studio, cioè secondo il ceto sociale, la densità della popolazione, eccetera: così vengono redistribuiti nel 2015 i migranti, i rifugiati, chiunque essi siano.
  Noi possiamo fare la nostra parte e pecchiamo sicuramente di una grande lentezza decisionale, nel senso che subiamo le decisioni, e ci si spaventa di esser propositivi; dall'altra parte, è la mia proposta, forse anche voi potreste costringerci a prendere delle decisioni.

  ILARIA CAPUA. Nella mia vita precedente facevo il virologo, e questo spiegherà la mia domanda.
  I migranti hanno uno stato sanitario diverso dal nostro per una serie di motivi, anzitutto perché è ovvio che la copertura vaccinale è andata scendendo con la guerra e le difficoltà presenti, ma anche perché, in particolare in alcuni Paesi africani, sono presenti ceppi di tubercolosi multi-resistente particolarmente difficili da estirpare. Il sistema d'accoglienza prevede, secondo voi, un piano di screening sanitario ? Qui ho menzionato soltanto alcune delle problematiche che i migranti possono avere, senza per questo volerli discriminare. Il problema esiste e va affrontato.
  Allo stesso modo, esistono malattie di migranti che abitano in alcuni Paesi africani, come la schistosomiasi, che, se trattata inizialmente, viene debellata; se, però, si permette a questo parassita di continuare il suo ciclo, porta a insufficienza renale grave e a una serie di problemi che incideranno sui costi del servizio sanitario del Paese ospitante. Secondo voi, il sistema di screening sanitario è adeguato ? Se non lo è, come temo, vi sono iniziative o comunque è un ambito tenuto in considerazione per far fronte al problema, ovviamente inarrestabile ?

  GIUSEPPE GUERINI. Vorrei formulare tre domande molto semplici e rapide, come spero le risposte, sulle due relazioni di Clerici e De Bonis.
  La prima è relativa all'ampliamento delle maglie del ricongiungimento: che cosa significa ampliare ai fratelli e alle sorelle dei richiedenti ?Pag. 13
  In relazione alla nozione di Stato terzo sicuro, se non ho capito male l'UNHCR non è pregiudizialmente ostile a una conformazione di questo tipo: non esiste, però, il rischio di un diniego di protezione anche per persone che teoricamente potrebbero accedervi ? O non ritenete, secondo i vostri screening e controlli, che già in questo momento ci siano delle diversificazioni nell'esito delle domande semplicemente in relazione alla nazionalità dichiarata all'arrivo ? A me è capitato di sentire di persone trattenute nei CIE sostanzialmente perché sono nigeriani. Direi che è un po’ poco per essere considerati potenzialmente richiedenti asilo.
  Infine, una volta che verrà auspicabilmente superato il Regolamento di Dublino e si procederà alla definizione di quote da ripartire per gli Stati membri, questo secondo voi avrà una ricaduta anche sull'eventualità di predisporre dei corridoi umanitari ?
  Finora, tra i milioni di difficoltà nell'ipotizzare che si organizzino i viaggi di cui parlava, c’è anche il fatto che non si saprebbe materialmente neanche dove collocare le persone. Nel momento in cui c’è un meccanismo di ricollocazioni a regime, che supera quindi il meccanismo di Dublino, teoricamente si potrebbe pensare che la domanda di asilo si possa fare anche direttamente in loco: secondo voi, è fattibile ? Creerà un iper-aumento delle richieste di protezione internazionale ? Sarà irrilevante ?

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola ai nostri ospiti per la replica, vorrei dire che sappiamo bene che, specialmente per il funzionamento degli hot spot, le difficoltà spesso sono dovute anche al fatto, come si diceva nel vostro intervento, che gli immigrati rifiutano di farsi riconoscere. Concretamente, che cosa si può fare per ovviare a un problema di questo genere ? Mi rendo conto che è molto diffuso e che, purtroppo, bisogna misurarcisi, specialmente nella fase iniziale, nella decisione su come distinguere chi ha effettivo diritto al riconoscimento dello status di rifugiato e chi invece, essendo immigrato economico, se non ci sono ragioni diverse, deve essere rimpatriato.
  In secondo luogo, si diceva, credo da parte di De Bonis, in riferimento a come funziona la legislazione italiana, che sarebbe utile superare l'attuale sistema di funzionamento individuando un organismo dedicato. Comunque, c’è una commissione tecnica alla quale è stato affidato il compito, d'accordo anche il Ministero dell'interno, di valutare come modificare l'attuale sistema. Ci sono già idee concrete su come snellire le procedure, accelerare i tempi e così via ?
  In ultimo, vorrei anche chiedere se potrebbe essere utile attuare punti cogestiti dalle rappresentanze del SEAE e dall'UNHCR nei Paesi limitrofi a quelli di provenienza per raccogliere le richieste d'asilo e valutarle sulla base di criteri uniformi, in base alla capacità di assorbimento effettivo in Europa.
  Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  RICCARDO CLERICI, Capo dell'Ufficio Protection Italia UNHCR. Vi ringrazio per le domande.
  Rispondo all'onorevole Schirò partendo non da una domanda, ma da molte osservazioni condivisibili: mi fa piacere, ad esempio, che abbia citato la Carta di Roma, perché è uno degli strumenti per garantire quell'informazione che è nell'interesse di tutti. Un'informazione corretta in previsione futura di una società multi-multietnica è fondamentale, quindi la ringrazio per averla citata.
  Onorevole Capua, non per evadere la domanda, ma non ho le competenze tecniche, avendo un background legale, per poter dire se il sistema nazionale sia organizzato in maniera adeguata per l'arrivo dei rifugiati e dei migranti. Ho avuto la fortuna di lavorare per parecchi anni sia in Africa sia in Italia con Medici senza frontiere, quindi sono stato «esposto» a colleghi medici e faccio due osservazioni, ma ribadisco pur non avendone le competenze tecniche.
  Anzitutto, non so se la situazione sia cambiata negli ultimi anni, ma i migranti Pag. 14che arrivano non sono portatori di patologie in maniera – i miei termini non sono corretti – significativamente rilevante, più alta rispetto alle medie europee. Al contrario, soffrivano di una serie di patologie gastroenteriche legate soprattutto al viaggio, alle condizioni orribili a cui erano stati sottoposti durante il tragitto. Le riporto, però, indagini di colleghi medici.
  Quanto allo screening all'arrivo, la mia è una valutazione empirica. Come spesso succede, dipende dai luoghi degli sbarchi. In alcuni, vi è un'organizzazione anche con lo sforzo delle ASL locali o della regione per creare tramite protocolli, interventi mirati, un sistema di screening efficace all'inizio. Sono d'accordo che debba esserci proprio nei cosiddetti CPSA (Centri di primo soccorso e assistenza), nelle zone di primo arrivo. Deve essere funzionale e garantire la collettività e la salute pubblica. In altri casi, quest'organizzazione è un po’ più carente.
  Quanto al trasferimento nei progetti SPRAR e nei centri governativi, mi auguro, auspico e in parte ho visto che, essendo le persone col permesso di soggiorno iscrivibili al Servizio sanitario nazionale, in teoria possono usufruire del sistema nazionale come ne usufruiamo noi, quindi scontando difetti e beneficiando di vantaggi. Ricordo che in Italia l'articolo 35 del testo unico prevede anche per gli irregolari l'STP, secondo noi a livello europeo una norma d'avanguardia. Le ho risposto con la mia limitata competenza.
  Sui familiari abbiamo risposto.
  Quanto al Paese sicuro, siamo favorevoli, ma con una serie di garanzie: in primo luogo due, a cominciare dall'esistenza di criteri e procedure chiari, trasparenti, efficaci per cui i Paesi vengono inseriti o tolti dalle liste, che non possono essere né troppo lunghe né avere appunto criteri poco trasparenti, altrimenti ne viene meno la funzione. In secondo luogo, deve esserci assolutamente la possibilità per l'individuo di contestare l'appartenenza a una lista di Paese sicuro. Si deve avere la possibilità di dire che si viene da un certo Paese considerato sicuro, ma che in quel determinato caso – vi ricordo che la persecuzione ha, per lo status di rifugiato, carattere individuale – devono esserci condizioni e strumenti particolari.
  Il Paese d'origine sicuro, insieme alle procedure accelerate, che conoscerete perché le avete viste, e alla manifesta infondatezza sono quegli strumenti per rendere la gestione di alcuni casi provenienti da determinati Paesi più rapida, efficiente, ma con le stesse garanzie. Non so se ho risposto.
  Venendo alla terza domanda, se ho capito bene, può esserci un collegamento diretto e importante tra un aumento dei canali d'ingresso regolari e la distribuzione a livello europeo. Attualmente, le quote a cui l'Europa si è impegnata di 20.000 è ancora a titolo volontario, ma se gli ingressi regolari all'interno dell'Unione potessero confluire in questi criteri di distribuzione, quella sarebbe la chiusura del cerchio perché il sistema possa funzionare. Francamente, non mi aspetterei un numero eccessivo ulteriore di domande, ma bisognerebbe vedere.
  Presidente, sul foto-segnalamento non esiste una risposta semplice. Anche nei testi non è stata trovata, ma ci sono alcune azioni semplici da fare. La prima è l'informativa, che deve essere – anche noi in parte lo facciamo – chiara sull'obbligo di farsi foto-segnalare e identificare per chiunque, senza distinzione. Questo viene fatto. Bisogna porre in essere un sistema di prima accoglienza che funzioni, che cioè abbia la capacità sufficiente per gestire le prime attività in maniera adeguata, per accogliere tutti gli sbarchi, in modo che le persone possano essere secondo le norme di legge trattenute per queste adempienze. Così oggi non succede. Se tanti progressi ha fatto il sistema d'accoglienza in Italia per numeri e qualità, i centri di primissima accoglienza restano inadeguati.
  Queste sono le cose semplici da fare. Una risposta definitiva, cui anche la commissione ha cercato di venire incontro, sull'uso della forza, sull'utilizzo della direttiva ritorni, va – lasciatemi dire – Pag. 15sperimentata e vista caso per caso. Col permesso del presidente, cederei la parola al collega De Bonis.

  ANDREA DE BONIS, Funzionario UNHCR. Vorrei apportare un'integrazione alla risposta sul servizio sanitario per l'onorevole Capua, che però non vedo più. Come diceva giustamente il collega Clerici, l'esperienza ci dice che in questo momento a livello regionale esistono diversi protocolli d'intesa tra le regioni e le ASL locali per lo screening sanitario. Registriamo alcune esperienze estremamente significative, come nella regione Lazio: una volta inviati i richiedenti asilo dallo sbarco, viene informata la prefettura di Roma, che informa la regione, quest'ultima l'ASL locale del luogo dove saranno ospitati, che a sua volta provvede subito allo screening.
  Il tema forse è l'assenza di un modello unico, un'eterogeneità di modelli di intervento estremamente significativa anche nello screening sanitario rispetto alla patologia di cui parlava la dottoressa Capua. Su quest'aspetto, però, a breve l'INMP, l'Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti ed il contrasto delle malattie della Povertà, dovrebbe pubblicare delle linee guida che hanno proprio lo scopo di dare omogeneità al tipo di intervento di screening.
  L'altro aspetto di criticità su questo tema è la replicazione degli interventi di screening. Purtroppo, uno degli aspetti di criticità evidenziati sia da chi lavora nell'assistenza sia dagli operatori delle ASL è che nel passaggio da un centro d'accoglienza a un altro molto spesso l'assenza di comunicazione sui tipi di accertamenti medici effettuati in precedenza fa sì che questi siano replicati, per cui a volte c’è un eccesso di analisi mediche. Un aspetto su cui il Ministero della salute intende lavorare è quello dell'affinamento del sistema di comunicazione che segue il richiedente asilo. Ovviamente, il tema è complesso, perché si rientra anche nell'ambito della privacy.
  Rispetto allo Stato terzo sicuro, onorevole Guerini, chiariamo che la lista dei Paesi sicuri non vuol dire assolutamente che chi proviene da quegli Stati immediatamente ottiene un diniego. Riceve un tipo di valutazione della propria domanda uguale a tutti gli altri. La differenza è che l'appartenenza a questi Stati può autorizzare un tipo di procedura accelerata, quindi semplicemente nei tempi più breve. L'effetto della procedura accelerata o in frontiera sarebbe poi quello che non c’è un'automaticità della sospensiva in caso di ricorso. Questi sono i due effetti eventuali dell'applicazione del Paese terzo sicuro, ma la valutazione di prima istanza deve contenere gli stessi elementi di garanzia di una qualsiasi valutazione ordinaria.
  Relativamente all'organismo tecnico e a quanto diceva il presidente, il gruppo tecnico è stato istituito da pochissimo e ancora non si è mai riunito. Deve valutare delle proposte e poi portarle all'attenzione del ministero. Io posso approfondire la nostra proposta, ma non posso certo farvi partecipi di un dibattito ancora non iniziato all'interno di questo gruppo tecnico. Noi siamo convinti che la creazione di un organismo dedicato accelererebbe le procedure e renderebbe il sistema più efficiente.
  In questo momento, infatti, le 40 commissioni sono in larga parte composte da funzionari che non svolgono in maniera dedicata questo compito, che possono mettere a disposizione dei lavori delle commissioni un tempo limitato, che sono soggette a un elevatissimo turnover. Nella stessa commissione girano per esempio più presidenti, più funzionari di Polizia, che si alternano un giorno dopo l'altro. Questo rende il sistema estremamente inefficiente.
  Anche in altre occasioni pubbliche abbiamo portato un dato che rende evidente quanto ho detto poc'anzi: in Italia, ci sono 40 commissioni, ognuna delle quali composta da quattro persone, per cui quotidianamente 160 persone valutano le domande d'asilo. Ebbene, per farle lavorare, il Ministero dell'interno ha dovuto nominare 800 membri, che significa formare e aggiornare 800 persone per farne lavorare 160. Questo spiega in maniera evidente i motivi per i quali questo sistema non può andare più avanti.Pag. 16
  Un organismo dedicato avrebbe un numero x di funzionari che svolgerebbero questo lavoro in maniera dedicata, rendendo il sistema più efficiente e, a nostro modo di vedere, garantendo anche livelli e standard qualitativi più elevati del sistema attuale.

  PRESIDENTE. Ringrazio Riccardo Clerici e Andrea De Bonis per il contributo che hanno dato alla nostra indagine conoscitiva.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.10.