XVII Legislatura

XIII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 5 di Giovedì 26 marzo 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Sani Luca , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SUL SISTEMA DI FINANZIAMENTO DELLE IMPRESE AGRICOLE

Audizione dei rappresentanti delle organizzazioni agricole Agrinsieme (Confagricoltura, CIA, Alleanza delle cooperative italiane), Coldiretti, Copagri, UeCoop e UNCI.
Sani Luca , Presidente ... 2 
Giansanti Massimiliano , Vicepresidente della Confagricoltura ... 2 
Lelli Gianluca , Capo dell'area azione economica della Coldiretti ... 4 
Leporati Stefano , Referente tecnico di UeCoop ... 5 
Fravili Enrico , Esperto dei settori produttivi della Copagri ... 7 
Sani Luca , Presidente ... 8 
Bernini Massimiliano (M5S)  ... 8 
Taricco Mino (PD)  ... 8 
Romanini Giuseppe (PD)  ... 9 
Sani Luca , Presidente ... 9 
Giansanti Massimiliano , Vicepresidente della Confagricoltura ... 10 
Lelli Gianluca , Capo dell'area azione economica di Coldiretti ... 11 
Leporati Stefano , Referente tecnico di UeCoop ... 12 
Sani Luca , Presidente ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCA SANI

  La seduta comincia alle 14.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione dei rappresentanti delle organizzazioni agricole Agrinsieme (Confagricoltura, CIA, Alleanza delle cooperative italiane), Coldiretti, Copagri, UeCoop e UNCI.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul sistema di finanziamento delle imprese agricole, l'audizione dei rappresentanti delle organizzazioni agricole Agrinsieme (Confagricoltura, CIA, Alleanza delle cooperative italiane), Coldiretti, Copagri, UeCoop e UNCI.
  Saluto i nostri ospiti. Sono presenti: per l'Agrinsieme, Massimiliano Giansanti, vicepresidente di Confagricoltura, Giorgio Buso, direttore dell'area rapporti con il Parlamento di Confagricoltura, Alessandro Mastrocinque, vicepresidente della CIA, Carlo Basilio Bonizzi, responsabile dell'ufficio legislativo della CIA, Matteo Milanesi, responsabile dell'area normativa della Fedagri, e Fabio Tracagni, responsabile del settore credito della Confagricoltura; per la Coldiretti, Gianluca Lelli, capo dell'area azione economica; per la Copagri, Enrico Fravili, esperto dei settori produttivi; per la UeCoop, Stefano Leporati, referente tecnico. L'UNCI non ha comunicato la sua partecipazione.
  Do la parola ai nostri ospiti per lo svolgimento della loro relazione.

  MASSIMILIANO GIANSANTI, Vicepresidente della Confagricoltura. Grazie, signori onorevoli. Sono qui in rappresentanza del coordinamento Agrinsieme, che, come affermava il presidente, rappresenta il coordinamento tra la Confagricoltura, la CIA e l'Alleanza delle cooperative italiane.
  Innanzitutto, grazie per questa convocazione. Noi abbiamo prodotto una memoria che credo sia alla vostra attenzione. Vorrei svolgere una breve premessa a un'analisi che illustro come Agrinsieme.
  Allo stato attuale, il settore dell'agricoltura è fortemente in sofferenza verso il mondo bancario. Questo stato di disagio nasce dal fatto che negli ultimi anni, come negli altri settori dell'economia italiana, si sono registrati fenomeni di credit crunch anche verso il settore dell'agricoltura. Quest'ultimo è sempre stato strategico per molti istituti di credito fino alla metà degli anni Ottanta, tanto che, come ricorderete, la legge bancaria prevedeva una legislazione dedicata proprio per il credito in agricoltura, con una specializzazione richiesta ai vari istituti di credito. Con la fine della specializzazione da parte degli istituti di credito, sostanzialmente oggi un'azienda agricola, in maniera più o meno equa, viene trattata al pari di altre aziende dell'economia italiana.
  Ovviamente, quando si valuta un'azienda commerciale o un'azienda industriale, anche se una produce bulloni e un'altra vende abiti in centro a Roma, si ragiona generalmente su dati di bilancio e, quindi, per una banca sono facilmente Pag. 3interpretabili l'evoluzione e l'andamento dello stato economico e patrimoniale di quell'azienda.
  Cosa diversa avviene nel settore dell'agricoltura, che il più delle volte vede una forte contrapposizione tra la gestione economica della famiglia e quella dell'azienda agricola. Come sapete, in agricoltura la forma prevalente di conduzione è quella del titolo diretto dell'agricoltore.
  Ovviamente, presentarsi di fronte alle banche e spiegare qual è la differenza tra la gestione propria e la gestione aziendale diventa spesso difficile, soprattutto alla luce della mancanza di un vero e proprio bilancio e, quindi, con la presentazione del modello unico.
  Capirete quanto può essere difficile, ad esempio, spiegare a un funzionario di un'agenzia nel centro di Roma che cosa è un'azienda agricola, in termini di richieste che poi quell'agricoltore rivolgerà all'istituto di credito.
  Tutto ciò ha portato, negli anni, a una profonda disaffezione, da parte del sistema del credito, verso il settore agricolo, legata proprio alla mancanza di conoscenza dello stesso. Fatti salvi alcune banche locali e alcuni grandi istituti nazionali che ancora hanno conoscenze nel sistema dell'agricoltura, i nostri agricoltori ci segnalano una difficoltà legata al rilascio di nuovo credito in agricoltura.
  Ovviamente, signori onorevoli, ci troviamo di fronte anche a un cambio radicale dell'economia internazionale. Gli agricoltori, fino a qualche anno fa, avevano una loro gestione totalmente dedicata a un mercato domestico, mentre oggi molti di essi hanno la necessità di ristrutturare le proprie aziende, viste le dimensioni mondiali che vengono chieste nel commercio internazionale. Spesso molte aziende agricole incontrano grandi difficoltà nel trovare forme di finanziamento per attuare nuovi investimenti al loro interno.
  Come vi dicevo, il quadro è abbastanza difficile. Leggermente migliore è la situazione per il mercato cooperativistico, che può contare su alcuni strumenti dedicati, soprattutto grazie ad accordi di partenariato che nascono attraverso il sistema del credito cooperativo. Comunque, la cooperazione ha saputo far sistema al proprio interno e, quindi, ha cercato di reperire le risorse, attraverso linee di credito dedicate e attraverso il sistema della banca cooperativa.
  Voi sapete che in agricoltura vi è un istituto centrale di garanzia, che è l'ISMEA, che spesso ha limitato le capacità di garanzia sul settore agricolo. Le risorse a disposizione degli altri settori dell'economia italiana sono nettamente superiori rispetto a quelle a disposizione del settore agricolo, il quale non può accedere a tali risorse: vi sono, infatti, solamente i fondi dedicati da parte dell'ISMEA, la cui attività, quindi, influenza fortemente il sistema della garanzia e dell'accompagnamento al credito in agricoltura.
  Rispetto a questo, l'auspicio è quello di una profonda revisione dell'istituto: riteniamo, infatti, che l'istituto, in termini di rilascio di garanzie e di costi, debba adeguarsi all'andamento del mercato della moneta. Oggi, come sapete, quando si chiede il rilascio di una garanzia ISMEA, ancora si paga il fondo integrativo di garanzia, con tassi estremamente elevati. La maggior parte delle volte gli agricoltori non richiedono la garanzia ISMEA, perché è troppo cara, e devono ricorrere, se possibile, agli strumenti previsti dall'articolo 107 del Testo unico bancario o a forme di garanzia private.
  I dati segnalano che negli ultimi anni il credito verso il settore dell'agricoltura non è aumentato. Sono, ahimè, aumentate le sofferenze, proprio per una mancanza di specializzazione del mondo bancario.
  Quando si accompagnano le aziende agricole, o si ha una profonda conoscenza del ciclo economico e della durata del ciclo economico di tutte le produzioni agricole, oppure se una banca approccia al sistema dell'agricoltura come approccia al sistema industriale, è evidente che la lunghezza dell'affidamento incide pesantemente sulla capacità economica di ritorno della gestione.
  Spesso, infatti, vengono fatti affidamenti a breve laddove c’è la necessità di periodi più o meno lunghi e, viceversa, le Pag. 4aziende che necessitano di affidamenti a breve si vedono proposti affidamenti sul medio-lungo periodo.
  Oggi c’è una profonda discrasia temporale e d'impatto, in generale, tra agricoltura e banca.
  Noi, come Agrinsieme, stiamo valutando una serie di proposte da porre alla vostra attenzione.
  Il tema più importante concerne il modo in cui deve essere valutata un'azienda agricola da parte del sistema credito. Riteniamo che oggi ogni banca, in maniera propria, svolga una valutazione. Si sente spesso che i nostri agricoltori non trovano riscontro nella presentazione in una banca, ma trovano riscontro in un'altra. Questo avviene perché nella valutazione del rating aziendale, a seconda del parametro utilizzato nel leggere l'azienda agricola, la banca può decidere di non erogare credito oppure di erogarlo a buon tasso.
  Sarebbe, quindi, opportuno avere un unico sistema di valutazione, un unico sistema di rating sul settore dell'agricoltura, tanto più che, come dicevo poc'anzi, stiamo parlando di un'attività economica con un'altissima patrimonializzazione e con una bassissima redditività.
  Quando si effettuano valutazioni sull'agricoltura, è facilmente individuabile l'andamento economico di un'azienda agricola. Ci sono parametri più o meno indicativi e certi, che il più delle volte vengono espressi anche dall'ISMEA stesso, sull'andamento economico e, quindi, dovrebbe essere abbastanza semplice valutare un'azienda. Così non è, purtroppo. A tale proposito, riteniamo che si debba avere un'armonizzazione nella valutazione di un'azienda agricola. Ovviamente ISMEA può farlo e lo fa, ma credo che dovrebbe farlo in maniera coordinata assieme a tutto il sistema credito.
  Un altro tema che deve essere individuato riguarda la possibilità di accesso al credito e i relativi costi. Come sapete, oggi nel mondo economico ci sono varie possibilità di accedere a fondi, in particolare a fondi europei e a fondi della Cassa depositi e prestiti. Il più delle volte il settore agricolo è tagliato fuori da queste forme di finanziamento. Sarebbe opportuno che anche il settore agricolo potesse beneficiare, al pari degli altri settori economici, di questi fondi.
  È estremamente interessante raccontare l'esperienza portata avanti da un importante istituto di credito nazionale, il quale ha avuto un plafond garantito da parte di ISMEA. Si trattava di una garanzia sul plafond e non sulla singola azienda. Se non ricordo male, questo istituto ha fatto un'operazione da 400 milioni di euro, con una garanzia sussidiaria di ISMEA. Questo istituto di credito oggi lo ha cartolarizzato con gli anticipi della BCE, perché era comunque un plafond di spesa garantito. Nel sistema nazionale italiano è l'unica banca che lo ha fatto.
  Sarebbe opportuno che questo stesso strumento, che oggi è stato garantito a una banca, potesse essere garantito, ad esempio, alle associazioni di categoria. Infatti, anche noi al nostro interno, ovviamente in maniera vigilata, potremmo raccogliere l'adesione di un certo numero di aziende agricole interessate, che, attraverso la costruzione di un plafond garantito, possa essere messo sul mercato e ceduto ai singoli istituti di credito interessati.
  Credo che si dovrà svolgere un'attenta valutazione su tutto ciò che riguarda il tema della finanziarizzazione dell'azienda agricola intesa in senso lato. Si deve discutere come si finanzia un'azienda agricola. Si parte dal presupposto che un'azienda agricola si finanzia o attraverso il credito o attraverso mezzi propri. Credo che debba essere svolta un'analisi approfondita sulle possibili varie alternative di ricorso al credito, attraverso mini bond o altri strumenti che oggi il mercato offre e che dovremmo rendere molto più agevolmente accessibili al sistema agricolo.

  GIANLUCA LELLI, Capo dell'area azione economica della Coldiretti. Ringraziando anch'io per l'audizione, riferirò sul sistema di finanziamento delle imprese agricole.
  I dati, ahimè, sono impietosi. Le banche stanno aumentando i depositi, mentre dal Pag. 52011 assistiamo a un'evoluzione negativa del credito per le imprese agricole, legata fondamentalmente a tre fattori. Le garanzie che vengono chieste, in genere, sono troppo gravose, pur trattandosi di aziende molto patrimonializzate: vi sono tassi troppo alti e, spesso, istruttorie troppo lunghe, unitamente a una bassa diversificazione dell'offerta.
  Questo si ripercuote su tutto il sistema, particolarmente al centro-sud, dove i costi mediamente sono superiori di un punto percentuale rispetto al nord.
  Peraltro, il settore agricolo è ancora il più affidabile, anche nel 2014. Il tasso di decadimento in agricoltura è di circa la metà rispetto agli altri settori (0,4 contro 0,8).
  Di fronte a questa situazione che affrontiamo come sistema, oggi abbiamo oggettivamente due opportunità. La prima è immediata e riguarda l'utilizzo dei PSR. Su questo il ritardo di approvazione da parte delle regioni necessita di una rivisitazione del quadro finanziario pluriennale, onde evitare di perdere l'annualità 2014 e riportarla agli anni successivi.
  L'altra grande opportunità è l'apertura che è stata fatta recentemente dal Commissario europeo sui soldi della BEI, il cosiddetto «piano Juncker», anche per gli interventi in agricoltura e nel settore agroalimentare. Il commissario Hogan ha aperto a questa opportunità per il settore latto-caseario, ma penso che sia interessante anche per gli altri.
  Queste sono, oggettivamente, due opportunità. Su questo aspetto ci sentiamo di presentare alcune proposte.
  Secondo noi, tra le varie proposte che ci sono, c’è sicuramente la necessità di un sostegno al sistema dei confidi agricoli, perché siamo ancora dimensionalmente e strutturalmente più indietro rispetto agli altri settori. Questo è un intervento che, come sempre, ha una ripercussione che viene moltiplicata per n volte, legata ai fondi di garanzia.
  Riguardo ai confidi agricoli occorre svolgere un ragionamento anche sui soldi della BEI. Vorremmo evitare che questi soldi vengano utilizzati, come sempre, dalle banche per patrimonializzare se stesse e che alle imprese vada molto poco. Siccome queste risorse transiteranno nel sistema bancario italiano, c’è la necessità che vengano indirizzate a essere utilizzate direttamente per le imprese.
  In ultimo, è necessaria probabilmente una rivisitazione, oltre che del quadro finanziario del PSR, anche del regime de minimis. Viste le dimensioni economiche sviluppate oggi dall'agricoltura e anche dalle singole aziende, il limite di 15.000 euro in tre anni in regime de minimis per le aziende agricole sembra ridicolo rispetto a quello di 200.000 euro per tutti gli altri settori. Capite bene che con il limite di 15.000 euro non si sostiene nessun tipo di impresa.

  STEFANO LEPORATI, Referente tecnico di UeCoop. Non voglio svolgere un'analisi sugli aspetti che sono già stati elaborati, ma vorrei aggiungere alcune integrazioni.
  All'interno del credito si registra una forte differenza, oltre che tra Nord e Sud, anche tra settori produttivi. Ci sono alcuni settori produttivi, ad esempio quello olivicolo, che hanno difficoltà maggiori rispetto ad altri, come il vitivinicolo. Perciò le analisi dovrebbero essere anche settoriali.
  All'interno dello stock dei finanziamenti c’è anche una modifica per quanto riguarda il termine: c’è uno spostamento sul medio termine rispetto al lungo termine.
  Vorrei soffermarmi sui piani di sviluppo rurale, che dovrebbero essere approvati a maggio. C’è una problematica ulteriore: abbiamo un anno di ritardo, perciò l'annualità finanziaria del 2014 verrà spalmata probabilmente sul 2015-2016. Se nel 2013 alcune regioni hanno perso alcune risorse, probabilmente adesso la situazione diventerà ancora più critica, perché c’è una concentrazione delle risorse su queste due annualità.
  Sicuramente, per quanto riguarda i finanziamenti allo sviluppo rurale – ricordo che valgono, ormai nei sei anni, 20,8 miliardi di euro – si registrano alcune Pag. 6criticità e quindi gli stessi devono essere semplificati. C’è il problema della disponibilità della quota privata da parte della cooperativa agricola, perché comunque, anche se il settore agricolo ha mantenuto il finanziamento a fondo perduto, una quota deve essere fornita dalla cooperativa. Da parte della cooperazione c’è una difficoltà proprio a reperire quei fondi privati: la situazione, come ho detto poc'anzi, dipende dal settore di appartenenza.
  Spesso nei PSR si sono registrate difficoltà sulla misura «trasformazione dei prodotti agricoli», perché, pur essendoci le domande, non si trovava il cofinanziamento privato da parte della cooperazione.
  Pertanto, ben venga l'attività che lunedì 23 marzo è stata annunciata dalla BEI sul piano di collaborazione tra la Banca europea per gli investimenti e la Commissione europea, per intervenire su alcuni strumenti finanziari all'interno dei piani di sviluppo rurale.
  Spesso nelle cooperative, nonostante lo sblocco dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni, il carico burocratico è talmente elevato – faccio riferimento alla certificazione dei crediti – che non riescono a sostenerlo.
  Pensate che, se la cooperazione ha un credito scaduto da tre anni, la banca lo considera inesigibile e, per questo motivo, la cooperazione lo dovrebbe svalutare. Logicamente non viene svalutato, perché in effetti è un credito esigibile, essendo un credito nei confronti della pubblica amministrazione.
  Tuttavia, le banche valutano questa mancata svalutazione come un elemento negativo nel merito creditizio e, perciò, per alleggerire il settore agroalimentare per la fornitura di beni e servizi, è necessario lo sblocco dei pagamenti da parte della pubblica amministrazione.
  Se c’è un problema nella lettura dell'impresa agricola, legato al ciclo culturale, ancora di più tale problema si riscontra nella cooperazione. Il principio mutualistico della cooperazione viene letto da parte del sistema creditizio da un punto di vista finanziario-economico. Pertanto, il settore agricolo ha difficoltà nella lettura corretta della cooperazione.
  Noi crediamo che siano importanti una maggiore trasparenza, criteri direttivi e linee di intervento per quanto riguarda quelle società pubbliche, come Cassa depositi e prestiti e ISA, che gestiscono le linee di finanziamento pubbliche. Questi soggetti dovrebbero avere linee di intervento trasparenti e rispondere a obiettivi ben precisi.
  Anche all'interno di questi soggetti pubblici, se si valuta la cooperazione alla stregua di una società di capitali di un altro settore, la cooperazione a volte incontra difficoltà, perché risponde a un principio mutualistico differente rispetto al principio capitalistico delle altre società.
  Io credo che sia importante un aiuto ai giovani, soprattutto nel piano di sviluppo rurale. Pensate che i giovani, per quanto riguarda il primo insediamento, hanno la necessità di presentare un piano di sviluppo aziendale, ricevono una parte in conto capitale e poi dovrebbero prestare una fideiussione per ricevere l'anticipo da parte della regione per la parte di quell'investimento pubblico.
  Io credo che ci potrebbe essere un aiuto da parte dei PSR, un sistema in cui possa essere l'ente pubblico a concedere la fideiussione sugli interventi per i giovani agricoltori, in modo da incentivarli, perché hanno difficoltà nel reperire le risorse finanziarie.
  Durante le ultime crisi, quali quella dell'embargo russo, quelle legate ai cambiamenti climatici oppure le crisi eccezionali come il terremoto in Emilia-Romagna, abbiamo riscontrato l'inadeguatezza degli strumenti utilizzati. A volte questi non sono tempestivi e altre volte, come nel caso dell'embargo russo, intervengono con livelli di prestito uguali in tutta Europa. Logicamente, con livelli di prestito differenti in tutti i Paesi dell'Unione europea – l'Italia sostiene costi differenti rispetto ad altri Paesi – quei prestiti uguali per tutti non intervengono realisticamente nel sistema agricolo italiano.Pag. 7
  Pertanto, credo che sia importante studiare alcuni meccanismi tempestivi che permettano di intervenire realmente sulle situazioni di crisi, perché nel momento in cui l'impresa agricola e la cooperativa chiudono è difficile riattivarle.

  ENRICO FRAVILI, Esperto dei settori produttivi della Copagri. Ringrazio e saluto il presidente e gli onorevoli qui presenti.
  Diverse considerazioni sono state già svolte dai colleghi che mi hanno preceduto. Un fatto è certo: siccome c’è un'assonanza fra le posizioni che sono state espresse, evidentemente questo è un problema sentito, che secondo me va affrontato in maniera globale.
  Forse questo tema meriterebbe addirittura un ulteriore incontro per approfondire alcune questioni, che non sono legate completamente al credito, come dicevano i miei colleghi precedentemente, ma anche agli sviluppi che si potrebbero verificare, in virtù di un uso corretto del credito. Mi riferisco, per esempio, al discorso relativo ai PSR.
  Procedendo gradualmente, uno dei motivi per i quali il settore dell'agricoltura è in crisi, come è stato detto, è la farraginosità con cui si può accedere al sistema creditizio. Le cause non sono endogene all'agricoltura, ma sono, più che altro, legate a un sistema bancario che ormai manca di specializzazione in questo settore. È stato detto e io tengo ribadirlo. Un tempo c'erano gli sportelli e il credito agrario e il sistema era strutturato in un'altra maniera; oggi questo tipo di problematiche è stato accantonato e di questo ha sofferto tutta la catena legata all'erogazione del credito.
  Tuttavia, questo non è l'unico problema: un altro problema, che è stato sottolineato, è quello del rating e del business plan. Personalmente a me è capitato, anche a livello professionale, di mettere in piedi dei business plan. Ci sono divergenze tra regione e regione; ci sono business plan preparati sulla scorta di progetti che vengono predisposti da un'università e altri sulla base di progetti che vengono fatti da un'altra università. Non esiste una sorta di linea che possa collegare in un modo o nell'altro la preparazione di un business plan uguale per tutto il comparto agricolo. Ognuno si è regolato autonomamente con riferimento ai business plan, che non servono esclusivamente per la preparazione dei PSR.
  Un'altra questione che vogliamo sottolineare è la velocità nelle procedure di finanziamento. È assolutamente inutile avere una buona apertura di un fido o di un finanziamento, se questo non arriva con la velocità che serve all'imprenditore, sia nella fase dell'assunzione, sia nella fase dell'attuazione delle decisioni.
  Infine, in relazione al regime del de minimis, io penso che chi si occupa di agricoltura sappia perfettamente che con 15.000 euro non si può comprare nemmeno una motozappa, figurarsi un trattore. Stiamo parlando di cifre che non vanno a incidere minimamente nell'economia di un'azienda, a meno che non vengano erogate sei volte all'anno nel corso di cinque anni, ma in quel caso non stiamo più parlando del regime de minimis.
  È ovvio che a questo punto è meglio evitare di portare a finanziamento iniziative con un regime de minimis di questo genere, perché così si sottraggono fondi ad altri comparti che potrebbero utilizzarli meglio. Questa, ovviamente, è una provocazione, ma a cosa può servire un livello di questo genere ?
  Con riferimento all'ultimo bando dell'INAIL, questo dovrebbe interessare sia gli onorevoli presenti oggi in aula sia tutte le confederazioni. Per le aziende agricole è stato stabilito un de minimis di 15.000 euro, che non serve a niente. Se si vuole fare veramente prevenzione e aiutare le aziende agricole a evitare incidenti mortali in azienda, non è quella la strada giusta.
  Il nuovo sistema messo in piedi da ISMEA, con tutte le problematiche che ISMEA può comportare in rapporto all'erogazione del credito e all'approccio ai giovani, è comunque una buona iniziativa. Stiamo ancora aspettando che vengano inserite nel sito le indicazioni relative a come fare per presentare le domande per Pag. 8questo nuovo fondo di credito. Vedremo quanto tempo occorrerà per poter ottenere qualcosa.
  Riguardo alle proposte, innanzitutto, occorre riattivare il discorso relativo alle sezioni speciali di credito oppure muoversi in questa direzione, affinché questo tipo di problema possa essere superato. Inoltre, bisogna promuovere quei fondi interprofessionali che possano favorire gli accordi contrattuali, magari assegnando un valore alle merci conferite o al plusvalore derivato da queste iniziative di tipo mercantile. Si dovrebbe inserire il settore dell'agricoltura in tutti i programmi di sostegno che oggi sono riservati esclusivamente a industrie e commercio. Penso alla legge cosiddetta «Sabatini» e ad una serie di difficoltà, anche legate alla complessità delle pratiche istruttorie, che oggi noi abbiamo di fronte.
  Come affermava il collega della Coldiretti, bisogna favorire l'allargamento dei confidi al settore agricolo, perché questo è un ramo che potrebbe dare un contributo piuttosto forte.
  Un'altra questione che dovrà essere affrontata concerne tutte quelle aziende che, come si dice, non stanno in bonis per ciò che riguarda l'erogazione dei finanziamenti dei PSR. Vi sono due problemi: in primo luogo, queste aziende rischiano di non accedere a tali finanziamenti e, in secondo luogo, questi finanziamenti vengono restituiti a chi li ha erogati e, quindi, perdiamo due volte.
  Ovviamente, a tal fine è necessario velocizzare e, soprattutto, sburocratizzare tutte le questioni relative ai PSR – credo che su questo la Commissione, aldilà di un'indicazione, possa fare ben poco –, perché la velocità, in questo caso, coincide con l'ottenere un buon finanziamento.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MASSIMILIANO BERNINI. Ringrazio gli auditi dei loro preziosi contributi e rivolgo loro una domanda. Ho una curiosità che vorrei sia confutata. Recentemente è stata approvata dal Parlamento la riforma delle banche popolari: le maggiori banche popolari, che hanno un attivo superiore a 8 miliardi di euro, diventano di fatto S.p.A.
  In merito alla questione dell'accesso al credito da parte delle aziende agricole, questa riforma agevolerà l'accesso del settore primario al sistema creditizio italiano, oppure ci troviamo di fronte all'ennesima occasione mancata da parte del Governo ? Vi chiedo un parere in merito: al mondo agricolo questo gioverà ? La mia domanda è retorica. Io ho già la risposta, sinceramente. Penso che non sia cambiato niente e, anzi, che il mondo agricolo sia stato assolutamente dimenticato in questo frangente. Comunque, vorrei sapere da esperti, quali voi siete, se effettivamente questa riforma aiuterà il settore primario oppure no.

  MINO TARICCO. Ringrazio gli auditi per i punti di vista che ci hanno fornito sulla situazione del finanziamento per le imprese agricole. Mi preme avere un loro punto di vista su due questioni.
  In primo luogo, da quanto vi è dato sapere, nei prossimi PSR che si stanno predisponendo quanta attenzione è stata dedicata all'attivazione di strumenti finanziari che mettano le aziende in condizioni di poter effettuare investimenti ? Negli interventi che avete svolto, alcuni di voi lamentavano il rischio relativo alla parte di cofinanziamento.
  La seconda domanda verte sempre su questo tema. A fronte di un contributo pubblico del 35 o 40 per cento, molte imprese, per situazioni di indebitamento aziendale o per condizioni pregresse, faticano a fare la provvista del rimanente 60-65 per cento per poter effettuare l'investimento.
  In passato, in alcune occasioni si erano immaginati strumenti finanziari che convertissero tutta o parte della quota di contributo pubblico in uno strumento finanziario (mutuo, prestito o altro), in modo da fornire all'impresa tutta la provvista, sia pure abbattendo significativamente la riduzione di spesa legata al Pag. 9contributo pubblico. Si tratterebbe di rinunciare a una quota di contributo pubblico, a fronte dell'attivazione di strumenti finanziari che permettano la copertura di tutto il fabbisogno di investimento.
  Su questo mi premerebbe capire innanzitutto qual è, a vostra conoscenza, lo stato dell'arte su questa vicenda, ma soprattutto qual è il vostro punto di vista su un ragionamento di questo genere.
  Io ho la sensazione che si difenda a spada tratta il contributo a fondo perduto, mentre garantire una stessa disponibilità di risorse alle aziende agricole, attivate in conto interesse e non in conto perduto, per investimenti che hanno una prospettiva reddituale per l'azienda agricola, potrebbe mettere in condizioni di gestire più agevolmente il ragionamento dell'approvvigionamento finanziario.
  Vorrei capire qual è il punto di vista su tali questioni di chi rappresenta il mondo agricolo.

  GIUSEPPE ROMANINI. Ringrazio anch'io gli auditi per il quadro della situazione che ci hanno descritto, segnalando un tema che è fondamentale in questo passaggio, dal momento che stiamo per arrivare alla definizione, con i bandi, del prossimo PSR. Vista la necessità di crescita delle imprese agricole attraverso investimenti, si renderà palese – come richiamava il mio collega Taricco – la possibilità o la difficoltà di riuscire a cofinanziare gli interventi previsti dal Piano di sviluppo rurale.
  Il vicepresidente della Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, intervenuto per primo, ha illustrato una storia dell'evoluzione del sistema bancario, che vede ormai da anni prevalere la banca generalista. Si è persa una certa specializzazione sia per quanto riguarda la capacità di valutazione e di analisi del fido sia per quanto riguarda gli strumenti appropriati per il mondo agricolo.
  Nelle intenzioni, questo non avrebbe dovuto rappresentare un problema, nel senso che non è detto che la grande banca generalista non possa avere sezioni specializzate e strumenti, soprattutto di analisi del credito, appropriati rispetto a un mondo specializzato come quello dell'impresa agricola, che ha certamente peculiarità proprie.
  Questo approccio è molto generale adesso. Negli ultimi tempi si stanno riorganizzando i sistemi, tramite accorpamenti. Pensiamo a quanto previsto a proposito del Corpo forestale dello Stato, nelle ultime proposte riguardanti la pubblica amministrazione. Noi auspichiamo che la perdita di un corpo specialistico non significhi perdita della professionalità all'interno della polizia. Questo è solo un auspicio. Riguardo a quello che ci è stato riferito a proposito delle banche, invece, la cosa non può che preoccuparci.
  Secondo me, non è vero che i sistemi di valutazione del rating e, quindi, di definizione dei requisiti patrimoniali per le banche siano così rigidi, dopo gli accordi di Basilea, da non permettere, con approcci avanzati, di costruire modelli che siano adatti alle imprese agricole.
  È vero che non sono sempre trasparenti, dal punto di vista dell'esplicitazione dei criteri con i quali i modelli vengono costruiti, soprattutto quelli avanzati all'interno del sistema bancario. Tuttavia, vorrei sapere se c’è un'interlocuzione con l'Associazione bancaria e con il sistema delle imprese del credito per definire modelli di rating e requisiti patrimoniali condivisi, che possano essere un efficace supporto nelle analisi, che oggi sappiamo essere sempre più «automatiche», in quando procedono da modelli e non sono affidate alla sensibilità del singolo analista di credito all'interno della banca.
  Se non ci sono stati passaggi in questo senso, penso che potrebbe essere interessante se la Commissione potesse effettuare audizioni su questo tema, cominciando a ragionare anche con il sistema bancario in tal senso. Comunque, auspico che questi passaggi siano già stati compiuti dalle associazioni.

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica, ricordando loro la Pag. 10possibilità di far pervenire alla Commissione eventuali integrazioni in forma scritta.

  MASSIMILIANO GIANSANTI, Vicepresidente della Confagricoltura. Proverò a rispondere alle domande poste.
  Per quanto riguarda le banche popolari, io credo che, a oggi, non ci siano motivi per immaginare che qualcosa possa variare in peggio. Che le banche popolari, storicamente, siano le banche più vicine al territorio è un dato di fatto. Certamente, il cambio di proprietà potenziale, con il passaggio da banca partecipata (una testa, un voto) a società per azioni con pacchetti azionari probabilmente in mano a pochi soggetti, potrà cambiare i rapporti con il territorio.
  Tuttavia, voglio sperare e immaginare che le banche popolari che si trasformeranno in S.p.A. vorranno mantenere ferma la loro vocazione di banca dei territori. Infatti, queste banche popolari hanno forti radicamenti in determinati territori italiani e non hanno una mappatura totale sul territorio italiano. L'auspicio, ovviamente, è che nulla cambi.
  Parto dall'ultima considerazione dell'onorevole Romanini, che ha fatto riferimento alla mia relazione. Per quanto riguarda i sistemi di rating, ISMEA ha elaborato un proprio sistema di rating e, pertanto, l'ISMEA oggi è in grado di fornire valutazioni rispetto all'affidabilità o meno di un'azienda agricola potenzialmente interessata alla richiesta di un affidamento bancario.
  Ci risulta che questo strumento sia stato messo nella disponibilità dell'ABI. Ogni istituto di credito italiano, però, ritiene di agire in autonomia e, quindi, valuta l'azienda agricola con il proprio strumento di rating. Ogni singola banca ha preferito comunque utilizzare modelli propri piuttosto che utilizzare uno strumento comune.
  Voi capite che in un contesto come quello dell'agricoltura italiana avere un unico strumento sarebbe estremamente auspicabile, anche perché stiamo parlando non di alcune decine di milioni, ma di diverse centinaia di migliaia di imprese agricole, che non ricorrono tutte al credito bancario: stiamo parlando di 44-45 miliardi di affidamenti nel settore agricolo.
  È facilmente comprensibile che sarebbe opportuno un unico strumento di valutazione, anche perché consentirebbe un'uniformità di giudizio che purtroppo oggi non c’è, prima sul rilascio e poi sul costo, anche tra diversi territori italiani.
  La differenza tra Nord e Sud è un fattore che prima è stato affrontato marginalmente ed è un altro dei temi che oggi generano dumping tra le varie aziende agricole italiane. Vogliamo fare gli italiani nel mondo, ma abbiamo il problema in casa. Oggi un'azienda agricola del Sud-Italia paga somme di denaro superiori di quattro o cinque punti percentuali rispetto a un'azienda del Nord-Italia. Un'azienda che fa il latte nel Sud-Italia rispetto a un'azienda che fa il latte al Nord Italia ha un costo di funzionamento molto più elevato. È difficile fare impresa tra italiani, quando il punto di partenza non è il medesimo.
  Per quanto riguarda i PSR, io credo che l'esperienza della programmazione appena terminata dovrebbe insegnare molto sia alle regioni che alle banche.
  Se avrete modo di parlare con l'ISMEA, saprete che quest'ultimo, per esempio, più volte ha chiesto alle regioni italiane di dirottare i fondi per la garanzia sui piani di sviluppo rurale. Le regioni, infatti, stanziano fondi per le garanzie, ma lo fanno direttamente per le aziende agricole che aderiscono a consorzi fidi ex articolo 107 del TUB nazionali o a consorzi fidi locali.
  Sarebbe estremamente più semplice, come già si sta immaginando, ad esempio, per gli anticipi PAC, un istituto di garanzia centrale che possa dare garanzia direttamente con fondi regionali per iniziative di carattere regionale legate ai piani di sviluppo rurale.
  Su questo, l'auspicio è che l'ISMEA possa farsi attore prioritario nel rilascio di garanzia sui piani di sviluppo rurale. Per quanto riguarda le banche, queste utilizzeranno gli strumenti che hanno sempre utilizzato fino a oggi, perché le misure di Pag. 11investimento sui diversi assi restano quelle: potranno esser leggermente diverse, ma immagino che gli strumenti che le banche mettono a disposizione siano gli stessi.
  Per quanto riguarda la conversione da conto capitale a conto interesse, siamo in un'economia prossima al terzo millennio. Siamo appena entrati nel secondo millennio, ma dobbiamo iniziare a guardare al terzo, anche se è lontano. Visto che viene chiesto all'agricoltore se vuole partecipare o meno a un piano di sviluppo rurale, gli si può chiedere anche se intende avere un contributo in conto interessi piuttosto che un contributo in conto capitale.
  Ad esempio, nel momento in cui un'azienda agricola presenta un progetto di investimento da 100.000 euro, un conto capitale pari al 35 per cento vale 35.00 euro. Sta all'agricoltore decidere se preferisce avere i 35.000 euro in conto capitale piuttosto che in conto interesse. Penso che sarebbe molto semplice, anzi auspicabile, avere la possibilità di scelta.
  Sarebbe interessante poter inserire, cosa che a oggi non è ancora possibile, altri strumenti per la finanziarizzazione degli acquisti delle macchine agricole o della ristrutturazione. Oggi i piani di sviluppo rurale non prevedono, per esempio, la possibilità di finanziarsi attraverso strumenti quali il leasing. Un'ipotesi di lavoro per il prossimo futuro potrebbe essere l'individuazione di una serie di strumenti, oggi non utilizzabili, quali strumenti utilizzabili, per dare la possibilità agli agricoltori di avere una proposta commerciale molto più ampia.
  Ad esempio, per quanto riguarda l'acquisto tramite leasing, esistono anche altri istituti, oltre agli istituti di credito tradizionali, che oggi fanno operazioni di leasing. Peraltro, il più delle volte si va incontro a proposte di grandi gruppi bancari internazionali, con tassi molto più bassi.

  GIANLUCA LELLI, Capo dell'area azione economica di Coldiretti. Inizio rispondendo alle domande dell'onorevole Bernini. Riguardo alle banche popolari, come utenti, vedremo in futuro, in base a quali saranno gli azionisti, come funzionerà il meccanismo di rapporto con il territorio.
  Parto da tale questione per rispondere all'onorevole Taricco. Penso che il primo problema, nel nostro Paese, sia sapere cosa vogliano fare le banche, cioè se siano disponibili a fare le banche.
  Riguardo alla domanda su conto interesse o conto capitale, aldilà della possibilità della scelta, che sarebbe ottima, vediamo che sui PSR, a parte qualche iniziativa in Friuli, non c’è una grande propensione a finanziare strumenti come i confidi, per generare credito.
  Negli ultimi tre anni i titoli nel portafoglio delle banche italiane sono cresciuti del 6 per cento, quasi il doppio delle altre banche, in un sistema in cui le risorse della BEI o quelle europee sono servite più a patrimonializzare le banche che a finanziare famiglie e imprese, come doveva accadere.
  A questo proposito occorre, da un lato, fare un richiamo alle regioni perché tengano conto di questo e, dall'altro, prestare attenzione alle garanzie che vengono chieste. Oggi il problema dell'impresa, che abbia il 35 o il 40 per cento a fondo perduto, risiede nelle garanzie che deve prestare per il restante 60 per cento.
  Il bene terra, che tutte le imprese agricole hanno, è il bene che negli ultimi cinquant'anni si è più rivalutato nel nostro Paese. Tuttavia, con la crisi immobiliare che si registra, quando lo si utilizza per garanzia, le richieste sono sempre pari al doppio o al triplo rispetto al valore. Questo, ovviamente, genera alcuni problemi.
  Se andiamo a spacchettare la torta, tra le piccole e medie imprese circa il 25 per cento ha grandi problemi, il 50 per cento ha problemi e dovrebbe essere aiutato – tra queste rientrano tutte le start-up – e al restante 25 per cento tutti vorrebbero dare i soldi. Bisognerebbe cercare di aiutare quel corpo che si colloca in mezzo, che rappresenta la maggior parte delle nostre imprese e comprende tutte le start-up.Pag. 12
  Secondo me, la sfida è tradurre il più possibile i soldi pubblici che arriveranno, anche dalla BEI, in soldi che possano dare garanzie e abbattere i costi, soprattutto per il Centro-Sud, per cercare di far ripartire il sistema, in particolare riguardo ai giovani.

  STEFANO LEPORATI, Referente tecnico di UeCoop. Anch'io vorrei partire dalla prima domanda sul sistema bancario. Io ho provato a leggere i numeri dello stock di credito che si sta concedendo alle imprese agricole pensate che a gennaio, su base annua, è diminuito dello 0,4 per cento. Sarebbe dovuto avvenire il contrario, visto che hanno annunciato il quantitative easing, che avrebbe dovuto assicurare una maggiore disponibilità. Ci troviamo in una situazione in cui i numeri non tornano.
  Nell'annuario di INEA, che è basato su dati 2013, però, si dà un'idea chiara del sistema, con una tesi che probabilmente potrebbe rispondere alla realtà. Già in passato c’è stata un'immissione di liquidità da parte della Banca centrale europea con tassi dell'1 per cento e dello 0,75 per cento.
  L'Italia era uno dei principali beneficiari, perché ha preso circa il 18 per cento di queste disponibilità, pari a circa 200 miliardi di euro. Mentre in tutti gli altri Paesi, soprattutto in Germania, nelle banche è diminuito il portafoglio di titoli di Stato e di obbligazioni, in Italia è aumentata in portafoglio la disponibilità di titoli di Stato e di obbligazioni. Probabilmente si è lucrato sull'interesse che concedono il titolo di Stato e l'obbligazione rispetto allo 0,75-1 per cento.
  Sintetizzo quanto affermava il rappresentante della Coldiretti: ognuno ha il suo mestiere, le banche facciano le banche. I segnali di gennaio non sono un buon monito, perché stanno andando dalla parte opposta.
  Sulla questione conto capitale-conto interessi, probabilmente dobbiamo svolgere un'analisi regione per regione, perché esse hanno disponibilità sul PSR molto diverse tra loro. Per esempio, l'Umbria ha la stessa disponibilità della Lombardia, ovvero un miliardo di euro per sette anni, però nelle due regioni vi sono situazioni molto diverse con riferimento al settore dell'agricoltura. Probabilmente l'Umbria porta il tabacco all'interno del PSR, così come la Campania, perciò per i sette ha disponibilità economiche e finanziarie anni molto elevate. Probabilmente, l'Umbria propenderà maggiormente per il conto capitale, mentre la Lombardia, avendo minori risorse, preferirà sul conto interessi.
  Sono queste a volte le dinamiche del conto interessi. Ho visto che si è sviluppato molto, per esempio, in Veneto, dove si registra una richiesta di credito molto elevata. Probabilmente c’è un dinamismo particolare e anche lì ci si sta indirizzando sul conto interessi.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.30.