XVII Legislatura

XII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 6 di Giovedì 14 maggio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE MALATTIE RARE

Audizione di rappresentanti dell'Istituto superiore di sanità (ISS) e del direttore generale della programmazione sanitaria del Ministero della salute.
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 2 
Taruscio Domenica , Direttrice del Centro nazionale malattie rare (CNMR) dell'Istituto superiore di sanità ... 2 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 4 
Botti Renato Alberto Mario , Direttore generale della Programmazione sanitaria del Ministero della salute ... 4 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 4 
Botti Renato Alberto Mario , Direttore generale della Programmazione sanitaria del Ministero della salute ... 4 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 6 
Miotto Anna Margherita (PD)  ... 6 
Binetti Paola (AP)  ... 6 
Baroni Massimo Enrico (M5S)  ... 6 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 6 
Taruscio Domenica , Direttrice del centro nazionale malattie rare (CNMR) dell'Istituto superiore di sanità ... 7 
Botti Renato Alberto Mario , Direttore generale della Programmazione sanitaria del Ministero della salute ... 7 
Taruscio Domenica , Direttrice del centro nazionale malattie rare (CNMR) dell'Istituto superiore di sanità ... 8 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 8

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIERPAOLO VARGIU

  La seduta comincia alle 13.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'Istituto superiore di sanità (ISS) e del direttore generale della programmazione sanitaria del Ministero della salute.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle malattie rare, l'audizione di rappresentanti dell'Istituto superiore di sanità (ISS) e del direttore generale della programmazione sanitaria del Ministero della salute.
  Sono presenti la dottoressa Domenica Taruscio, direttrice del centro nazionale malattie rare (CNMR) dell'Istituto superiore di sanità, e il dottor Renato Alberto Mario Botti, direttore generale della Programmazione sanitaria del Ministero della salute, accompagnato dalla dottoressa Silvia Arcà, dirigente dell'Ufficio II della Programmazione sanitaria.
  Ringrazio gli ospiti che hanno accettato la nostra richiesta di audizione, che ovviamente sono a conoscenza degli obiettivi della nostra attività e sono anche particolarmente competenti nella materia sulla quale stiamo cercando di raccogliere le informazioni.
  Pregherei dunque gli auditi di fare una breve introduzione sul tema, in modo da consentire ai colleghi che eventualmente volessero porre delle domande di completare il quadro con le loro richieste di chiarimento.
  Do la parola alla dottoressa Domenica Taruscio.

  DOMENICA TARUSCIO, Direttrice del Centro nazionale malattie rare (CNMR) dell'Istituto superiore di sanità. Buon pomeriggio a tutti e grazie per questa opportunità.
  Per quanto riguarda l'Istituto superiore di sanità, vorrei brevemente informare che siamo attivi nel settore delle malattie rare da moltissimi anni, dal 1998. Abbiamo partecipato al disegno della Rete nazionale malattie rare, quando compare per la prima volta, nel Piano nazionale 1998-2000. Da allora abbiamo sempre operato, dal punto di vista tecnico-scientifico, a livello nazionale in collaborazione con il Ministero, con le regioni e con tutte le istituzioni, e a livello internazionale principalmente con la Commissione europea ma anche con analoghe strutture scientifiche. Per esempio, negli Stati Uniti, con l'Office of Rare Diseases del NIH (National Institutes of Health).
  Questo ci ha dato la possibilità, quindi, di operare sin dal 1998 nel settore, ampliando le nostre competenze a favore del Paese, dei pazienti nazionali e internazionali, operando a livello sia di ricerca scientifica, a livello sperimentale, sia di sanità pubblica, e contribuendo al disegno delle iniziative intraprese principalmente a livello nazionale, per quanto riguarda i decreti, gli aggiornamenti e il Piano nazionale sulle malattie rare, e a livello europeo tutte le iniziative a favore dei pazienti che istituiscono alcune normative. Pag. 3Penso, ad esempio, all'istituzione di piani nazionali a favore delle malattie rare.
  Tornando più specificatamente al tema di oggi, l'Istituto ha contribuito, attraverso i suoi ricercatori, in linea di massima come struttura complessa. È stato poi istituito il reparto malattie rare e, nel 2008, il Centro nazionale malattie rare che, come tale, ha continuato tutte le sue attività sia a livello sperimentale sia a livello di sanità pubblica.
  Dopo la pubblicazione del decreto ministeriale n. 279 del 2001, che prevede l'istituzione del registro nazionale malattie rare presso l'Istituto superiore di sanità, abbiamo attivato il registro nazionale, abbiamo contribuito alla creazione dei registri regionali, coadiuvando le regioni attraverso corsi di formazione, workshop e convegni. Principalmente abbiamo lavorato sulla formazione anche degli operatori, l’empowerment delle associazioni. In questa continuità, oggi possiamo dire che contribuiamo attivamente al monitoraggio della Rete nazionale delle malattie rare.
  Abbiamo contribuito recentissimamente anche all'elaborazione del Piano nazionale sulle malattie rare, che risponde a una richiesta della Commissione europea e a una raccomandazione del Consiglio d'Europa, principalmente, la quale appunto raccomandava agli Stati membri di elaborare un Piano nazionale dedicato alle malattie rare possibilmente entro il 2013, seguendo le raccomandazioni di un progetto di cui peraltro, come Istituto superiore di sanità, eravamo coordinatori, il progetto «Europlan».
  In questo abbiamo dato la massima collaborazione, a livello istituzionale nazionale ma anche negli altri Paesi membri, e abbiamo contribuito a elaborare il Piano nazionale italiano.
  In base a questo Piano, che è già in vigore – è stato pubblicato e prevede un'attività 2013-2016 – contribuiamo a tutti gli obiettivi. Tra questi, il monitoraggio della rete nazionale attraverso le attività del registro nazionale, dei registri regionali e dei presìdi. Contribuiamo anche – ed è un punto che sta molto a cuore – alla codifica delle malattie rare a livello internazionale, attraverso l'ICD (International Classification of Diseases) e Orphanet.
  Per quanto riguarda i percorsi assistenziali – non è tanto nostra competenza, perché questo compete più a livello di presìdi e di regioni – noi diamo il nostro contributo attraverso l'elaborazione di linee guida per patologie specifiche, per esempio l'emiplegia alternante o l'aniridia. Si tratta di linee guida che abbiamo elaborato seguendo il Sistema nazionale linee guida (SNLG).
  Ancora più ampiamente stiamo coordinando da due anni un progetto europeo il cui obiettivo principale è quello di individuare una metodologia appropriata per elaborare linee guida per malattie rare. Il nostro contributo è anche a questo livello, ossia è un contributo di natura scientifica. Stiamo elaborando questa metodologia insieme al circuito Cochrane e università internazionali, ad esempio McMaster e McGill University, e altri collaboratori.
  Per quanto riguarda le associazioni, abbiamo da sempre privilegiato la collaborazione con le associazioni dei pazienti, sia organizzando corsi per il loro empowerment, sia ascoltando le associazioni e creando insieme dei percorsi di formazione reciproca ma anche di ascolto attivo per capire i loro bisogni.
  Quanto alla ricerca, ovviamente come ente di ricerca noi abbiamo un'attività privilegiata che è la ricerca sperimentale, quindi laboratoristica. Abbiamo un gruppo di ricercatori che individua biomarcatori specifici per malattie rare, che servono per fare una diagnosi precoce, per fare un follow-up.
  Abbiamo anche filoni di ricerca in sanità pubblica, ad esempio sulla qualità di vita dei pazienti. Tutto questo è pubblicato e, infatti, vorrei lasciare agli atti un volume, che è in corso di stampa, nel quale è descritto tutto ciò che vi sto dicendo.
  Un'attenzione particolare viene data alla formazione degli operatori sanitari ma anche ai pazienti: formazione attiva, quindi, e non soltanto empowerment.Pag. 4
  Quanto all'informazione, attraverso il Telefono verde Malattie rare abbiamo un numero istituzionale che è attivo dal 2008, tutti i giorni. Diamo informazioni a tutti i cittadini, principalmente pazienti, ma anche professionisti, che ci chiamano per sapere dove sono i presìdi di diagnosi e cura, dove sono alcune facilitazioni diagnostiche e così via.
  Ovviamente noi non facciamo diagnosi attraverso il Telefono verde, ma è semplicemente un counseling telefonico, di accoglienza a questi pazienti. Le colleghe del Telefono verde, infatti, sono psicologhe che fanno questo counseling telefonico, quindi guidiamo chi ci chiama verso un percorso per individuare il centro o verso le istituzioni regionali.
  Oltre al Telefono verde, esiste anche un mezzo informativo piuttosto importante, il sito del Centro nazionale malattie rare e abbiamo anche una newsletter, un supplemento del notiziario dell'Istituto superiore di sanità che si chiama Malattie rare e farmaci orfani, che è dedicato esclusivamente a questo e va a tutti gli operatori sanitari.
  Ci sarà un'evoluzione di questo notiziario per renderlo più veloce e anche aggiornabile, quindi lo trasformeremo in forma elettronica, mentre attualmente è in forma cartacea.
  L'obiettivo successivo è la prevenzione. Siamo fortemente impegnati nella prevenzione primaria di alcune patologie, in particolare la spina bifida e tutte le patologie del tubo neurale.
  Dal 2004 è attivo un network di medici volontari che lavorano dapprima sull’awareness, ossia l'educazione alle famiglie e ai medici sull'efficacia dell'acido folico per abbattere il rischio di incidenza di spina bifida. Facciamo anche attività di prevenzione secondaria, come quella molto importante degli screening neonatali estesi. Stiamo completando un progetto finanziato dal Ministero della salute e dal CCM (Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie) il cui risultato finale sarà presentato al pubblico il 28 maggio presso l'Istituto superiore di sanità.
  Sull'ultimo punto, quello dei farmaci orfani, diamo il nostro contributo dal 2000. Personalmente dal 2000 al 2009 sono stata istituzionalmente designata come membro esperto per i farmaci orfani all'EMA (European Medicines Agency). Attualmente lo è un altro ricercatore, il dottor Armando Magrelli, che ogni mese si reca all'EMA – come facevo anch'io – per prendere parte istituzionalmente al comitato «Orphan Drug» che designa i prodotti come orfani e dà avvio all'iter autorizzativo.
  Penso di aver descritto le nostre principali attività. Se avete quesiti più specifici da porre sono a disposizione.

  PRESIDENTE. Grazie. Do adesso la parola al dottor Renato Alberto Mario Botti.

  RENATO ALBERTO MARIO BOTTI, Direttore generale della Programmazione sanitaria del Ministero della salute. Buongiorno e grazie dell'invito.
  Mi scuso, ma invieremo la relazione scritta appena la completeremo.

  PRESIDENTE. La relazione scritta non è obbligatoria, anche se noi la chiediamo perché può essere utile per integrare gli interventi, che sono sempre piuttosto brevi. La relazione viene trasmessa a tutti i colleghi, compresi quelli che magari non hanno avuto la possibilità di assistere all'audizione direttamente.

  RENATO ALBERTO MARIO BOTTI, Direttore generale della Programmazione sanitaria del Ministero della salute. A proposito degli obiettivi che la Commissione si pone, esistono temi e criticità che stiamo cercando di affrontare come Ministero e che, tutto sommato, ritroviamo come caratteristiche del Servizio sanitario nazionale. Mi riferisco alla difficoltà di esercitare o di avere un effettivo coordinamento sul territorio, con situazioni molto differenziate tra loro.
  Passo a un tema che credo sia importante per la Commissione. Ritengo sappiate che il Ministero ha presentato alle Pag. 5regioni una proposta di aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, nella quale è stato inserito il lavoro di aggiornamento dei contenuti delle prestazioni, in particolare di quelle specialistiche a supporto di tutte le patologie oggi inserite tra le malattie rare. Si tratta, insomma, di un aggiornamento dell'elenco.
  Naturalmente il tema è per il nostro Paese abbastanza articolato e complesso, visto che, come sapete, l'ultimo DPCM di aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza è datato al 2001. In realtà, poi le regioni autonomamente hanno spesso proceduto a inserire e a concedere ulteriori esenzioni e prestazioni, ma al di fuori di uno strumento coordinato e governato a livello statale.
  Abbiamo, quindi, un'opportunità molto importante che, tra l'altro, vorremmo fosse accompagnata anche da meccanismi di aggiornamento e di revisione periodica e continuativa dei livelli essenziali di assistenza, onde evitare passaggi così distanti nel tempo.
  Per quanto riguarda le reti regionali, che indubbiamente sono un grande valore per il nostro servizio sanitario, certamente ci sono ancora molti ambiti e spazi di miglioramento nel far sì che la rete nazionale non sia una semplice sommatoria di reti regionali, ma qualcosa di sinergico e integrato complessivamente. Cercherò di spiegarmi meglio su questo punto.
  Un primo elemento è quello dei criteri cosiddetti «di selezione» e dei requisiti di accreditamento dei vari centri a livello territoriale. Essendo stati i criteri definiti nel 2001, ma poi ogni regione ha proceduto nella sua autonomia, in realtà le reti regionali non hanno tutte gli stessi requisiti e gli stessi criteri di configurazione, né hanno criteri di valutazione periodica che consentano di esprimere tranquillamente a livello centrale una garanzia dell'erogazione secondo i livelli che vorremmo assicurare.
  Altrettanto importante e connesso a questo è il tema delle informazioni. Come diceva prima la dottoressa Taruscio, abbiamo un registro nazionale che si interfaccia con i registri regionali. Nei registri regionali, sostanzialmente, vi è un flusso – oggi ancora volontario delle regioni – che talora purtroppo è incompleto nei contenuti e a volte anche poco tempestivo. Il risultato è naturalmente che, sulla base di elementi incompleti, facciamo fatica a conoscere e a prendere delle decisioni.
  Oggi, il dataset minimo di informazioni che viene definito per il registro nazionale è veramente minimo. In alcuni casi le regioni hanno sicuramente dati molto più ricchi, ma abbiamo dei problemi nel trasferimento delle informazioni. Se ricordo bene – poi la dottoressa mi può correggere – più o meno la sommatoria dei dati dei pazienti nei registri regionali dovrebbe essere intorno a 240.000. Probabilmente si tratta di un dato non completo. A livello nazionale abbiamo informazioni su circa 120.000, appena la metà delle anagrafiche inserite a livello regionale.
  Il tema è ancora più significativo se consideriamo che le regioni in realtà riescono – o almeno dovrebbero riuscire – ad avere i percorsi assistenziali, quindi la presa in carico del paziente, e dunque si tratta di capire che tipo di assistenza sia stata erogata. Noi non abbiamo questa informazione a livello centrale, né nel registro né al Ministero della salute.
  Come è stato già evidenziato anche nel programma dell'indagine, certamente un punto importante è rappresentato dalla varietà e dalla diversità spesso anche dei protocolli diagnostico-terapeutici. Nella presa in carico del paziente con il programma assistenziale individuale, nel Piano nazionale approvato a ottobre è contenuto l'impegno a condividere i protocolli e a cercare di garantirne la diffusione in una logica conoscitiva e formativa dei vari operatori, ma c’è da implementare e da fare ancora un grosso lavoro.
  Vorrei aggiungere, come ulteriore elemento di lavoro, il collegamento tra i centri di riferimento a livello regionale e gli ulteriori attori che possano garantire la presa in carico del paziente, quindi gli altri centri individuati dalle regioni e la rete dell'assistenza primaria, ossia i medici di medicina generale e i pediatri, che sono coinvolti nella presa in carico del paziente.Pag. 6
  È stato recentemente approvato un accordo con linee di indirizzo per l'applicazione della telemedicina anche per poter garantire una presa in carico a distanza e un consulto tra i centri di riferimento e gli altri professionisti o gli altri centri coinvolti nella presa in carico del paziente.
  Abbiamo un problema legato all'uso della tecnologia e alla definizione di criteri di remunerazione, di tariffe sulla telemedicina, che non riguarda solo le malattie rare, ma in ogni caso questo potrebbe essere un primo campo applicativo importante per il Servizio sanitario nazionale.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ANNA MARGHERITA MIOTTO. La dottoressa Taruscio ha fatto riferimento alle collaborazioni con le associazioni dei pazienti, che rappresentano una grande risorsa per il sistema sanitario. A tal proposito, chiedo se è stata individuata una modalità di accreditamento. Lo dico perché le collaborazioni delle associazioni si attuano, in verità, non solo con l'Istituto, che è un aspetto positivo, ma spesso riscontriamo collaborazioni anche con l'industria farmaceutica.
  Forse una sorta di codice di comportamento – non saprei come chiamarlo – e un comitato scientifico che garantisca delle minime condizioni di accreditamento sarebbero utili. Non mi sembra ci siano. Oppure sbaglio ? Nel caso in cui non sia stato già fatto, ritiene che potremmo noi inserire tale richiesta nel documento conclusivo di questa indagine ?

  PAOLA BINETTI. Uno dei problemi che stiamo affrontando in questo momento riguarda una particolare malattia rara, l'autismo, sul quale stiamo esaminando un disegno di legge (non so se avete avuto modo di vederlo).
  Tuttavia, non ho intenzione di entrare nel merito di tale questione, ma vorrei affrontare il tema dei centri di riferimento, del loro coordinamento e della necessità di riuscire a cogliere – il Ministero in questi casi e anche l'Istituto superiore di sanità suppongo per altri versi – il riferimento nella sua dimensione scientifica, assistenziale e sociale. Molte volte le famiglie hanno bisogno di qualcuno che fornisca loro modalità concrete e organizzative per affrontare i loro problemi e per venirne a capo. In questo momento mi vengono in mente queste interfacce, ma sicuramente ce ne sono di più.
  Mi chiedo quale attenzione vi sia, se ci siano dei criteri, che cosa significhi per voi un centro di riferimento e se esistano centri di riferimento che sono centri di eccellenza secondo un quid. Potrebbe esserci un eccellente centro di ricerca ma non è detto che necessariamente sappia prendere i pazienti in carico. Io, per esempio, ne conosco alcuni dove il paziente potrebbe fare una diagnosi genetica, ma non se ne prenderebbero cura, perché non sono in grado o forse non sono interessati. Mi chiedo se, con questa operazione sinergica, si possa riuscire a fare qualcosa per dare una mappa efficace ai pazienti, alle famiglie, ai professionisti e, in qualche modo, anche a noi parlamentari.

  MASSIMO ENRICO BARONI. Mi sembra di aver capito che la dottoressa Taruscio si è impegnata a inviare una documentazione. Anche per i colleghi assenti, che potranno recuperare l'audizione di oggi, sarebbe importante avere, qualora non fosse stata inviata, una documentazione a supporto dell'audizione, di qualsiasi carattere, perché il vostro contributo è sicuramente molto importante. Volevo solo sottolineare quest'aspetto.

  PRESIDENTE. Vorrei fare una domanda che deriva da considerazioni sollevate in altre occasioni durante l'indagine conoscitiva. Spesso ci viene posto il tema che, per quanto riguarda le malattie rare, è estremamente difficile definire l'elenco delle malattie comprese all'interno dei LEA e che molto spesso le prestazioni erogate in base ai LEA rappresentano una sorta di mosaico con cui si tenta di Pag. 7rispondere alla malattia, poiché la stessa non è materialmente inserita all'interno degli stessi.
  Una delle ipotesi che si è fatta strada più volte, e che mi sembra sia stata riproposta anche nell'audizione odierna, è quella di un aggiornamento in progress dei LEA, almeno per quanto riguarda le malattie rare. Voi ritenete che tale aggiornamento possa essere possibile ? In che modo ?
  Do la parola agli auditi per la replica.

  DOMENICA TARUSCIO, Direttrice del centro nazionale malattie rare (CNMR) dell'Istituto superiore di sanità. Rispondo per la parte di mia competenza, cominciando dal tema delle associazioni dei pazienti. Quanto detto è verissimo: non esiste – perlomeno a mia conoscenza – una modalità di accreditamento delle associazioni.
  Quello che noi facciamo pubblicamente, a livello di Istituto superiore di sanità, è chiedere a ogni associazione tutta la documentazione istitutiva, incluso lo statuto. Accettiamo ovviamente tutte le associazioni che si dedicano alle malattie rare non a scopo di lucro, quindi le Onlus.
  Una volta verificata la documentazione secondo determinati criteri, tali associazioni vengono incluse in un database pubblico, dedicato alle associazioni, incluso nel sito del Centro nazionale malattie rare. Ciò al fine di facilitare i contatti reciproci fra associazioni e fra istituzioni e associazioni, che invogliamo anche attraverso il Telefono verde.
  Credo che si potrebbe – e anzi sarebbe auspicabile – andare nella direzione che diceva l'onorevole Miotto prima, perché abbiamo sul territorio nazionale una ricchezza enorme rappresentata da persone vogliose di contribuire e da associazioni molto attive. Tra l'altro, alcune di queste associazioni hanno fatto enormi percorsi di empowerment (come lo definiscono loro) e potrebbero veramente dare un grandissimo contributo. Incoraggerei questo ulteriore step e quale può essere il contributo di questa Commissione.
  Per quanto riguarda i centri di riferimento, non so se i colleghi vogliono prendere la parola.

  RENATO ALBERTO MARIO BOTTI, Direttore generale della Programmazione sanitaria del Ministero della salute. Sul tema dei centri di riferimento, innanzitutto è importante dire che una serie di criteri erano già stati definiti nel decreto ministeriale del 2001, legati alla competenza e all'esperienza maturata dagli operatori su una determinata patologia e a una serie di dotazioni anche tecnologiche e strutturali per poter portare a buon fine l'accertamento diagnostico.
  Forse, però, è importante chiarire un passaggio: in realtà, il modello prevede che il centro di riferimento sia sostanzialmente il luogo dove avvenga l'accertamento diagnostico e dove effettivamente si possa costruire il piano assistenziale individuale del paziente, mentre la presa in carico effettiva dovrebbe avvenire nel presidio di riferimento del cittadino. Il problema, quindi, è garantire l'effettivo collegamento tra il centro che ha effettuato l'accertamento diagnostico, confermando il sospetto, e chi sul territorio (la medicina generale o il pediatra o il presidio del territorio) effettivamente prende in carico il paziente. Si tratta indubbiamente di un punto molto delicato per garantire il percorso del paziente.
  Per rispondere al quesito posto dal presidente, la proposta fatta alle regioni è quella di prevedere un meccanismo di aggiornamento periodico e continuativo non solo per le malattie rare, che consenta di valutare in modo adeguato lo sviluppo organizzativo e tecnologico dei percorsi assistenziali e di fare non solo l'inserimento di nuove prestazioni ma anche eventualmente il cosiddetto «disinvestment», quindi anche cercare di capire dove le prestazioni non sono efficaci o possano essere considerate la pratica assistenziale.
  In tal senso, quello delle malattie rare è sicuramente un tema che richiede assoluta Pag. 8attenzione e certamente potrebbe essere uno dei punti oggetto di un aggiornamento periodico.
  Quanto all'osservazione che faceva anche il presidente riguardo al tema delle singole patologie, questa è una discussione che affrontiamo spesso, non solo sulle malattie rare, perché il provvedimento sui livelli essenziali di assistenza è configurato oggi per elenchi di prestazioni offerte ai cittadini, mentre certamente il concetto di lavorare per patologia è un concetto più trasversale, quindi dovrei evidentemente costruire non tanto dei silos di elenchi di prestazioni, ma appunto questa ricomposizione, come ha detto lei, del mosaico.
  Sino ad oggi si è sempre molto lavorato in termini di elenchi, per livello assistenziale. Naturalmente, nel momento in cui ci muoviamo sempre di più verso una continuità di cura, verso una presa in carico, è evidente che una riflessione su questo tema deve essere fatta. Anche sul Piano nazionale della cronicità stiamo lavorando in questa direzione e certamente oggi tutto lo strumentario – mi si passi il termine – e i provvedimenti nel tempo hanno seguito questa logica. Questa è ancora oggi la composizione anche sulle malattie rare. Non trattiamo evidentemente le prestazioni per singola patologia, ma è lasciato al professionista o a chi prende in carico il paziente di definire il percorso di cura e di ricomporre, all'interno delle prestazioni offerte dal Servizio sanitario, quello che ritiene essere il percorso più corretto. C’è il problema della differenziazione dei percorsi, come dicevo prima, quindi bisognerebbe definire maggiormente, anche a livello nazionale, un coordinamento delle linee guida sui vari protocolli.

  DOMENICA TARUSCIO, Direttrice del centro nazionale malattie rare (CNMR) dell'Istituto superiore di sanità. La documentazione è disponibile e ho appena consegnato un rapporto ISTISAN, un rapporto formale dell'Istituto superiore di sanità.

  PRESIDENTE. Grazie. Le chiedo, se è possibile, di farcelo avere come file, perché è più facile per noi farlo circolare.
  Vi ringrazio di cuore per la vostra disponibilità e per la competenza che ha reso l'audizione interessante, anche più di altre, per lo specifico ruolo che voi ricoprite.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.05.