XVII Legislatura

XII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 5 di Martedì 5 maggio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE MALATTIE RARE

Audizione dell'avvocato Luca Cordero di Montezemolo, presidente della Fondazione Telethon e del professor Bruno Dallapiccola, responsabile del progetto Orphanet-Italia.
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 3 
Cordero di Montezemolo Luca , Presidente della Fondazione Telethon ... 3 
Pasinelli Francesca , Direttrice della Fondazione Telethon ... 5 
Cordero di Montezemolo Luca , Presidente della Fondazione Telethon ... 6 
Pasinelli Francesca , Direttrice della Fondazione Telethon ... 6 
Cordero di Montezemolo Luca , Presidente della Fondazione Telethon ... 7 
Pasinelli Francesca , Direttrice della Fondazione Telethon ... 7 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 7 
Dallapiccola Bruno , Responsabile del progetto Orphanet-Italia ... 7 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 11 
Miotto Anna Margherita (PD)  ... 11 
Patriarca Edoardo (PD)  ... 11 
Binetti Paola (AP)  ... 11 
Calabrò Raffaele (AP)  ... 11 
Carnevali Elena (PD)  ... 12 
Sbrollini Daniela , Presidente ... 12 
Pasinelli Francesca , Direttrice della Fondazione Telethon ... 12 
Cordero di Montezemolo Luca , Presidente della Fondazione Telethon ... 14 
Pasinelli Francesca , Direttrice della Fondazione Telethon ... 14 
Dallapiccola Bruno , Responsabile del progetto Orphanet-Italia ... 14 
Sbrollini Daniela , Presidente ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIERPAOLO VARGIU

  La seduta comincia alle 14.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione dell'avvocato Luca Cordero di Montezemolo, presidente della Fondazione Telethon e del professor Bruno Dallapiccola, responsabile del progetto Orphanet-Italia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle malattie rare deliberata il 18 marzo scorso, l'audizione di rappresentanti della Fondazione Telethon e del responsabile del progetto Orphanet-Italia.
  Per la Fondazione Telethon sono presenti il presidente, l'avvocato Luca Cordero di Montezemolo, e la direttrice generale, la dottoressa Francesca Pasinelli. Per Orphanet-Italia è presente il professor Bruno Dallapiccola, responsabile del progetto Orphanet-Italia e direttore scientifico dell'ospedale pediatrico Bambino Gesù.
  Siamo un po’ in ritardo, come sempre, con i lavori della nostra Commissione. Abbiamo il problema che alle 15,30 reiniziano i lavori dell'Assemblea e abbiamo anche alcuni altri punti all'ordine del giorno. Pertanto, darei immediatamente la parola ai nostri ospiti, che ringrazio a nome della Commissione per la presenza ai nostri lavori.
  I nostri ospiti sono a conoscenza dell'attività che sta svolgendo la Commissione. Vi pregherei di essere, se possibile, non particolarmente lunghi, in modo da lasciar spazio a domande da parte dei colleghi che volessero approfondire qualche aspetto.
  Do la parola all'avvocato Luca Cordero di Montezemolo, presidente della Fondazione Telethon.

  LUCA CORDERO di MONTEZEMOLO, Presidente della Fondazione Telethon. Grazie a voi dell'invito e della possibilità che ci date di farvi un quadro della nostra attività e dei problemi che abbiamo di fronte.
  Io ho preparato un intervento che voglio tenere nell'ambito delle due ore e mezza. Sarò il più breve possibile. Scusate la curiosità. Alle 15,30 cosa si approva ?
  Aldilà di tutto, grazie veramente, anche a nome di Francesca Pasinelli, che è la direttrice di Telethon. Vi posso garantire che Telethon è una straordinaria associazione, con ricercatori di primissimo ordine e soprattutto con dei criteri di ricerca, che peraltro abbiamo copiato pedissequamente dai criteri americani, che portano una grande trasparenza e soprattutto un rinnovamento continuo dei ricercatori in funzione del merito, delle pubblicazioni e dei risultati.
  Noi operiamo da 25 anni come charity che finanzia e sviluppa ricerca biomedica in Italia per dare finalmente risposta alla speranza di tante famiglie.
  Telethon affronta un numero enorme di malattie rare e genetiche, con la voglia di portare le prime terapie, anche per coinvolgere le grandi case farmaceutiche Pag. 4rispetto a un business non certo importante, visto, ahimè, il numero molto ampio delle malattie, che non permette dei medicamenti in larga scala. Tuttavia, molte cose stanno cambiando.
  Al centro della nostra missione c’è il paziente, portatore di un mandato che si rinnova ogni giorno, in un'esperienza di famiglie eccezionali che, malgrado problemi enormi, soprattutto con i loro bambini, reagiscono con una forza d'animo, con un ottimismo e con una speranza che sono veramente straordinari.
  I risultati della ricerca finanziata con il sostegno dei cittadini italiani hanno portato, con esiti finalmente molto promettenti, all'applicazione clinica di terapie innovative, che stanno dando risposte a prospettive di vita di pazienti provenienti da diverse parti del mondo.
  Richiamo la vostra attenzione su un fatto di orgoglio. Voi ricorderete che il dopoguerra italiano era stato caratterizzato dai famosi viaggi della speranza in tanti Paesi del mondo. Oggi abbiamo l'orgoglio di dire che da molti Paesi del mondo famiglie con bambini afflitti da malattie rare vengono in Italia e ricevono prospettive molto interessanti.
  Vengo ora al contributo della Fondazione Telethon all'indagine conoscitiva sulle malattie rare. Noi guardiamo con molto interesse a questa indagine conoscitiva e auspichiamo che il Parlamento lavori per concretizzare gli impegni da esso presentati e accolti dal Governo nel 2014, tramite la mozione Binetti. Voi sapete che l'onorevole Binetti, su questo si è sempre molto impegnata.
  In particolare, in base all'esperienza maturata in 25 anni di ascolto della comunità dei pazienti e di impegno per migliorare la qualità e le prospettive di vita delle persone affette da malattie genetiche rare, la Fondazione Telethon desidera in maniera coincisa porre particolare attenzione a due temi veramente critici per noi. Il primo è l'accesso alla diagnosi e il secondo sono gli incentivi allo sviluppo di terapie fruibili per le persone afflitte da malattie rare.
  Richiamo la vostra attenzione su un fatto. Io penso che, per un motivo o per un altro, qualunque famiglia italiana abbia avuto visione, anche non al suo interno ma indirettamente, di situazioni con bambini e persone afflitte da questo tipo di malattie, che sono molto numerose.
  Su questi due temi, accesso alla diagnosi e incentivi allo sviluppo di terapie fruibili, è nostra opinione che il Governo italiano possa impegnarsi, sia concretizzando gli impegni presentati dal Parlamento, come l'adozione di un sistema di incentivi fiscali per la ricerca preclinica e clinica sulle malattie rare, sia esercitando un'opera di influenza a livello europeo, ad esempio per ciò che è in capo all'Agenzia europea del farmaco.
  Per quanto riguarda l'accesso alla diagnosi, noi auspichiamo l'attuazione di politiche sanitarie volte a migliorare l'accesso alla diagnosi per le persone affette da queste malattie genetiche rare, tramite la messa a sistema delle competenze cliniche e degli strumenti tecnologici della genetica di ultima generazione e l'accesso universale allo screening neonatale per le malattie metaboliche ereditarie. Lo screening neonatale è un elemento molto importante.
  La nostra particolare esperienza ha riguardato finora lo sviluppo di terapie geniche innovative contro malattie rare e ultrarare, per cui spesso il fattore tempo è cruciale. Prima si riesce a intervenire e maggiori sono le possibilità di prevenire, rallentare o arrestare la manifestazione della malattia.
  Per questo, riteniamo cruciale rendere sempre più efficiente e alla portata di tutti l'accesso alla diagnosi.
  Per quanto riguarda, invece, gli incentivi allo sviluppo di terapie fruibili per le persone affette da malattia rara, solo rafforzando tutto il percorso che va dall'identificazione dei meccanismi patologici alla produzione di terapie, è possibile favorire un'efficace passaggio del testimone tra la ricerca e l'industria.
  Ciò vuol dire introdurre misure fiscali per incentivare l'interesse dell'industria e allo stesso tempo per far sì che anche i Pag. 5risultati prodotti dalla ricerca accademica, tipicamente sostenuta in maniera significativa da charity che agiscono su mandato della comunità dei pazienti grazie alla donazione dei cittadini, possano essere utilizzabili a scopo registrativo.
  Il principio ispiratore del modello introdotto, ad esempio, negli Stati Uniti tiene conto della necessità di adottare misure di agevolazione che incentivino l'investimento dell'industria farmaceutica in un campo, quello delle malattie rare, dove le prospettive di guadagno sono obiettivamente limitate.
  È tuttavia importante tener conto anche del fatto che per promuovere la produzione di terapie per le malattie rare è fondamentale consolidare tutte le condizioni favorevoli alla collaborazione tra ricerca e industria.
  È necessario porre la ricerca accademica nelle migliori condizioni per avviare linee d'indagine su malattie rare e ultrarare, assumendosi ogni tanto anche un rischio di start-up, che, anche in presenza di agevolazioni allo sviluppo e alla commercializzazione, l'industria non affronterebbe, in particolar modo per tutte quelle patologie per cui il percorso dalla ricerca di base allo sviluppo preclinico è pressoché tutto da costruire.
  In estrema sintesi, da un lato c’è il grande tema fondamentale per la prevenzione, neonatale e non solo, dell'accesso alla diagnosi; dall'altro c’è il tema degli incentivi allo sviluppo di terapie fruibili.
  Faccio un ultimo flash. Io vi devo dire con franchezza, sulla base di questa magnifica esperienza come presidente di Telethon, che sentiamo molto l'esigenza che nel dibattito della politica, non solo italiana, si parli un po’ più di ricerca e di ricercatori. Oggi è un tema troppo sottostimato.
  Abbiamo anche visto che quando si parla, per esempio nel Jobs act, di lavoratori e di figure professionali, non si cita mai il ricercatore. È facile dire che un Paese che non pensa alla ricerca e ai ricercatori è un Paese che non pensa al futuro, ma non possiamo neanche pensare che la ricerca e il sostegno ai ricercatori avvengano solo attraverso risorse private.
  Noi ce la mettiamo tutta, grazie alla solidarietà e al grande apporto degli italiani. Per esempio, quando noi facciamo con la RAI la famosa maratona, riceviamo molto denaro. Tutto questo denaro è destinato alla ricerca.
  Diciamo con orgoglio che dopo vent'anni stiamo cominciando ad avvicinarci a dare le prime risposte alle speranze di tante famiglie. Devo dare atto a Francesca Pasinelli e a tutti i nostri collaboratori del fatto che per la prima volta siamo riusciti a stringere un accordo importante con una grande multinazionale come Glaxo, che sta iniziando a preparare finalmente le prime medicine per dare risposta a queste malattie.
  Io ho cercato di essere sintetico.

  FRANCESCA PASINELLI, Direttrice della Fondazione Telethon. Io vorrei entrare nello specifico di quanto attiene alla facilitazione del percorso di messa a punto dei farmaci da parte di organizzazioni non profit.
  La ricerca scientifica è condizione necessaria e indispensabile per sviluppare delle strategie terapeutiche. Storicamente il passaggio che fa diventare una ricerca un farmaco è un passaggio, evidentemente molto complesso, di sviluppo di terapia, che attiene tipicamente solo all'industria farmaceutica.
  Non parliamo delle malattie artatamente considerate rare, vale a dire le malattie delle quali possiamo vedere varie declinazioni. In questi casi, il farmaco è attivo per tante malattie e, quindi, su un mercato molto ampio. Invece, quando si lavora su malattie veramente rare come quelle di cui ci occupiamo noi, legate al difetto di un singolo gene e per le quali ci possono essere dieci o quindici nuovi pazienti all'anno, lo sviluppo di una terapia da parte dell'industria non è veramente una strada percorribile e molto raramente viene percorsa.
  Ciò vale soprattutto nei casi di quelle terapie che sono state sviluppate in Italia, per la prima volta nel mondo, da Fondazione Pag. 6Telethon. Si tratta di terapie una tantum, ovvero terapie geniche che vengono somministrate una volta e che curano definitivamente le malattie. Parlo di quelle terapie a cui faceva riferimento il presidente Montezemolo, per cui sono arrivati pazienti in Italia dal mondo per essere curati.
  In questo momento, per le accademie e soprattutto per gli enti non profit che hanno come missione il finanziamento della ricerca con l'obiettivo di arrivare a queste terapie, non ci sono agevolazioni economiche come quelle che sono concesse alle piccole e medie imprese, per avere relazione anche con gli enti regolatori europei.
  In questo senso, l'Italia potrebbe farsi portavoce, perché l'esempio di Telethon dello sviluppo di una terapia a partire da una charity è il primo in Europa. Noi ci siamo mossi per andare fino allo sviluppo, per preparare la prima produzione degli studi clinici e l'effettuazione degli studi stessi. Tutto questo ci ha richiesto di andare a consultare in Europa gli enti regolatori, senza avere accesso alle facilitazioni regolatorie che sono previste per le piccole e medie imprese.
  Analogamente, noi chiediamo che venga rivisto il decreto ministeriale del 17 dicembre 2004 sulla sperimentazione clinica indipendente dei farmaci. Questo decreto facilita la sperimentazione clinica effettuata da ricercatori indipendenti all'interno degli ospedali e delle università italiane.
  Questo decreto escludeva specificamente quegli studi che sono fatti a scopo registrativo, vale a dire per dimostrare per la prima volta e, quindi, ottenere l'indicazione di un farmaco che prima non esisteva. Infatti, il decreto assumeva che questa parte di indicazioni utili a scopo registrativo, da mettere in un foglietto illustrativo, fossero tipiche dell'industria farmaceutica.
  Invece, quando si parla di malattie rarissime, la ricerca clinica indipendente utilizzabile a scopo registrativo è appannaggio delle charity. Queste ultime devono trovarsi nella condizione di passare il testimone, una volta avuta una nuova indicazione e scoperta una nuova terapia, a un'industria che sia disponibile a produrre e distribuire il farmaco nel mondo per tutti i pazienti, non solo quelli di oggi, ma anche quelli di domani.
  Questo può avvenire solo se il percorso è compiuto fino in fondo, vista la rarità della malattia.

  LUCA CORDERO di MONTEZEMOLO, Presidente della Fondazione Telethon. Mi scusi, può fare un flash sui nostri due centri di ricerca e sui nostri ricercatori, in modo che i signori possano capire come lavoriamo ?

  FRANCESCA PASINELLI, Direttrice della Fondazione Telethon. In particolare uno di questi centri, l'Istituto Telethon di terapia genica che ha sede presso il San Raffaele, è un istituto interamente accademico e non profit, che lavora con un'interazione dal banco di laboratorio al paziente, trasferendo a quest'ultimo programmi di ricerca fortemente innovativi quali quelli sulla terapia genica, che costituisce un salto paradigmatico rispetto alle terapie tradizionali.
  In questo istituto ci siamo assunti come charity, quindi come ente non profit, una responsabilità che tradizionalmente è sempre stata appannaggio dell'industria farmaceutica. Per questo il presidente parlava di start-up.
  Nel caso di malattie veramente neglette, deve diventare una responsabilità di chi si fa portavoce di un gruppo di interessi, che nel nostro caso sono pazienti affetti da malattie rare, raccogliere dei fondi dalla popolazione, con la promessa di non rendere la ricerca un fine del nostro finanziamento, bensì uno strumento del nostro finanziamento, che deve essere tutto mirato al paziente e, quindi, alla terapia. Questo non è affatto ovvio.
  Analogamente, l'istituto che abbiamo a Napoli è un istituto che, partendo da ricerca di base di stampo genetico, anche adesso sta mettendo a punto protocolli clinici che, presso i centri ospedalieri di Napoli della Seconda Università e della Federico II, stanno entrando in clinica.Pag. 7
  Anche in questo istituto noi stiamo agendo come sponsor, nel senso che è tipicamente indicato per l'industria farmaceutica.

  LUCA CORDERO di MONTEZEMOLO, Presidente della Fondazione Telethon. A Napoli abbiamo ricercatori da tutto il mondo e abbiamo raccolto denaro internazionale, che è significativo in funzione della sede di Napoli per la ricerca.

  FRANCESCA PASINELLI, Direttrice della Fondazione Telethon. Recentemente abbiamo avuto un investimento, che è arrivato dagli Stati Uniti, di circa 17 milioni di dollari. Questa è stata una cosa molto significativa.
  Infatti, in Italia si è creato un paradosso, legato al fatto che gli investimenti alla ricerca scientifica negli anni sono andati scemando, mentre gli investimenti di Telethon sono rimasti costanti. Pertanto, i ricercatori hanno indirizzato molto le proprie attenzioni in un ambito dove esisteva il finanziamento che permettesse loro di lavorare.
  Questo ci ha permesso di sviluppare delle unicità e delle forti competenze estremamente competitive sul piano internazionale, anche nell'accesso ai fondi pubblici. Per esempio, presso i nostri istituti siamo recettori di fondi governativi americani, perché i fondi del Governo americano vengono distribuiti a quei ricercatori che dimostrino di fare cose che non possono essere svolte in quel Paese. In questo caso si riesce ad attrarre finanziamenti.
  Vorrei sottolineare la necessità di estensione alle charity delle agevolazioni. Inoltre, mi permetto di ricordare il decreto ministeriale del 17 dicembre 2004, che non include la possibilità di fare ricerca a fine registrativo. Questo è fortemente limitante.
  Sarebbe fortemente limitante anche nel caso – mi riferisco a quanto proposto nella mozione Binetti – dell'utilizzo off-label di farmaci di cui sia nota l'efficacia per alcune indicazioni e che vogliano essere studiati per diverse indicazioni.
  Anche questo, secondo quel decreto del 2004, non può essere fatto laddove quei dati possano essere utilizzati per l'inserimento in un foglietto illustrativo. L'inserimento in un foglietto illustrativo passa attraverso la possibilità di sviluppare dati che vengano registrati per quell'indicazione.
  Questo è un dato molto importante, perché incentiverebbe la ricerca clinica italiana a produrre dei dati utili a scopo registrativo e, quindi, costruiti in modo tale da garantirne la replicabilità e soprattutto l'estensione nel tempo, per far sì che questi dati non finiscano con il medico o con il centro clinico che se ne è occupato, ma diventino patrimonio anche per il futuro. Questa è una cosa molto importante che in questo momento non è possibile.
  Un'ultima annotazione concerne il rimborso delle spese di viaggio dei pazienti che vengono in Italia a fare sperimentazione clinica a scopo registrativo. Anche queste sono spese che noi stiamo sostenendo all'interno dei nostri programmi di ricerca.
  Questo elemento potrebbe essere considerato anche nell'ambito delle politiche regionali, laddove viene data indicazione su come agire per queste malattie rare. Se vogliamo essere attrattivi per questi pazienti, visto che non tutti possono permettersi dei viaggi, in fase di sperimentazione clinica, sarebbe molto importante considerare anche questa ipotesi.

  PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti di Telethon, che hanno posto una serie di temi di grande concretezza, che credo possano essere ripresi anche dall'esperienza che il professor Dallapiccola ci può raccontare, ovviamente stando più sugli aspetti scientifici, che sono quelli che tipicamente il professore può rappresentare alla Commissione.

  BRUNO DALLAPICCOLA, Responsabile del progetto Orphanet-Italia. Innanzitutto vi ringrazio per l'invito. Io ho preparato un file, ma ve lo lascio come documentazione. Credo che sia più efficace se si parla stando da questa parte del tavolo.
  Io vorrei fare solo alcune riflessioni su quelle che credo possano essere considerate Pag. 8le cinque pietre angolari delle malattie rare: la diagnosi, la presa in carico, la ricerca, la formazione e l'informazione e l’empowerment dei pazienti.
  Partiamo dal tema della diagnosi, che è già stato ricordato. Innanzitutto ricordiamoci che non si parte con una diagnosi se non c’è una buona clinica. Si può fare – e l'Italia lo sta facendo – dell'ottimo lavoro di ricerca clinica. In Italia ogni anno si identificano delle nuove malattie rare. Oggi siamo arrivati a 7.000 malattie e sicuramente l'elenco si allungherà, ma certamente il contributo della clinica in Italia è estremamente importante. La clinica è il primo passo per poi porre delle domande e andare in laboratorio a fare certe specifiche ricerche.
  La diagnosi è difficile, perché si tratta di malattie molto variegate, tutte le specializzazioni sono interessate, tutti gli organi e tutti gli apparati. I meccanismi sono estremamente eterogenei. Più dell'80 per cento delle malattie hanno una base genetica e dal 50 al 70 per cento interessano l'età pediatrica. Questo spiega perché io faccio il genetista all'interno di un ospedale pediatrico e mi interesso di malattie rare.
  Un punto da tener presente, che è fondamentale ai fini del discorso sulla ricerca, è che circa la metà delle malattie rare oggi note non hanno un corrispettivo a livello biomolecolare. Ciò significa che non ne conosciamo il meccanismo e, quindi, c’è da fare una ricerca straordinaria su questo tema.
  Naturalmente tutto questo pone delle difficoltà in termini di diagnosi. Hanno fatto dei bellissimi documenti in questi anni. I pazienti lamentano che nel 25, 30 o 40 per cento dei casi le diagnosi arrivano in ritardo e spesso si fanno delle diagnosi sbagliate. Alle diagnosi sbagliate seguono terapie sbagliate.
  Inoltre, i pazienti si lamentano della trasmigrazione. Tuttavia, è stata adottata una normativa transfrontaliera, che indica che la trasmigrazione di pazienti è un fenomeno che non può essere assolutamente arrestato.
  Sottolineo l'importanza di quel provvedimento che è stato emanato in Italia, passato recentemente alla Conferenza Stato-regioni, sulla teleconferenza. Io credo che, se in questo Paese cominceremo a ragionare meglio sulle teleconferenze e faremo degli incentivi per chi attua dei buoni progetti, questo sarà un vantaggio per i malati rari.
  Qual è il vero problema della presa in carico di questi pazienti ? Innanzitutto, bisogna che questi pazienti vengano presi in carico da quelli che noi chiamiamo «centri di competenza» o «centri di esperienza», che sono stati definiti l'ultima volta nel 2011 a livello di Unione europea.
  L'Italia, però, non si è adeguata a questa definizione. L'Italia ha creato unità operative, centri di competenza, centri di esperienza e presìdi, indicando con una variegatura di termini delle cose che spesso sono abbastanza diverse.
  Nell'ultimo censimento che ho fatto in occasione di un meeting di pochi giorni fa a Venezia, al quale ha partecipato anche l'onorevole Binetti, è emerso che in questo momento ci sono 196 presìdi. Immaginate un ospedale come il Bambino Gesù. È un grosso presidio dove si gestiscono diciotto tipologie fondamentali di gruppi di patologie genetiche. C’è un numero enorme di unità operative, che in Italia invece sono circa 800.
  Un altro problema dell'Italia è che il modo con cui si sono mosse le regioni è stato del tutto distorto, per cui ci sono venti modi diversi di affrontare il tema delle malattie rare. C’è bisogno di armonizzare, di usare un gergo comune e di identificare i centri alla stessa maniera. Speriamo che questo venga fatto, perché questa è un'urgenza per il Paese Italia. Vi spiego cosa intendo per urgenza. Entro dicembre, l'Unione europea creerà le prime reti di riferimento europeo per le malattie rare, i cosiddetti European reference network (ERN). Se noi non partecipiamo come protagonisti italiani a queste reti, perdiamo anche la possibilità di arruolare i pazienti e di portarli verso le eccellenze italiane. È vero che abbiamo 196 centri, ma almeno 50 di questi centri Pag. 9sono eccellenti e sono a livelli altamente competitivi con tutta Europa. Pertanto, c’è questo bisogno.
  Questi centri di competenza devono essere identificati dalle regioni. Questo è uno dei primi doveri. Bisogna che le regioni definiscano che i loro 60 centri, che hanno identificato secondo i loro criteri, rispondono ai criteri europei e, quindi hanno le carte in regola per stare insieme a tutti gli altri in Europa. Questo è un punto estremamente importante.
  Un altro aspetto fondamentale da tener presente è che, grazie ai successi della terapia, della presa in carico e quant'altro, oggi molti di questi pazienti, che prima morivano, sopravvivono.
  Quando ero ai primi anni di medicina e stavo nel ferrarese, vedevo i talassemici e i malati di fibrosi cistica morire a quindici anni. Ora i pazienti con fibrosi cistica diventano adulti e si sposano. I pazienti con il morbo di Cooley o talassemia major diventano adulti e si sposano; guariscono con il trapianto di midollo e dopodomani guariranno con la terapia genica, che è già partita in alcuni trial con un successo straordinario.
  Dobbiamo imparare a gestire la transizione dall'età pediatrica all'età adulta. È un problema enorme in tutta Europa, che va affrontato. Ne parlavo poc'anzi con Francesca Pasinelli. Penso che noi, interagendo con Telethon, possiamo fare un oggetto di ricerca molto specifico anche su questo argomento.
  Un altro punto importante della presa in carico, che vorrei affrontare, è il problema del trattamento di questi pazienti. Spesso al tema delle malattie rare è legato il tema dei farmaci-orfani, che sono importantissimi, ma sono una briciola nell'ambito della variegatura di interventi che vengono fatti a carico di questi pazienti.
  Voi immaginate che in Italia ci sono una settantina-ottantina di molecole usate come farmaci-orfani, di cui il 40 per cento sono per i tumori. Questa è un'altra curiosità: l'Italia è l'unico Paese europeo dove i tumori rari non fanno parte della rete delle malattie rare. Ci dobbiamo domandare perché stiamo in Europa e abbiamo dei comportamenti atipici.
  Ci sono almeno 400 molecole, quelle che compriamo in farmacia, che beneficiano altamente i pazienti per circa 400-500 di queste malattie rare.
  Vorrei ricordare che la cibo-terapia oggi riesce a controllare un certo numero di malattie metaboliche. Eliminando una sostanza tossica per alcuni pazienti che hanno difetti metabolici, questi possono guarire e non sviluppare, ad esempio, un ritardo mentale. Pensate al caso della fenilchetonuria.
  Pensiamo a tutta la correzione chirurgica dei difetti; pensiamo all'uso delle protesi; pensiamo alle terapie cellulari, che stanno diventando qualcosa di estremamente importante, oltre naturalmente alla terapia genica a cui è stato fatto riferimento.
  Non dimentichiamoci, da ultimo, che il 3 per cento dei bambini hanno una disabilità mentale. Oggi la psicomotricità e la logopedia, fino agli interventi più arditi con la robotica per la riabilitazione, stanno ottenendo risultati eccezionali. La ricerca robotica in Italia nell'ambito della pediatria sta producendo risultati estremamente importanti.
  Come piccola nicchia, vorrei ricordare l'importanza della ricerca in ambito sociale. Poc'anzi citavo il concetto dell’empowerment, che è un brutto termine, difficilmente traducibile in italiano, che vuol dire «tirar fuori tutte le potenzialità che hanno i pazienti, anche se affetti da malattie rare». Io credo che la ricerca in ambito sociale, per cercare di dare delle opportunità maggiori a questi soggetti, vada portata avanti.
  Vorrei spendere una parola su quello che sta capitando a livello della ricerca. L'ultimo censimento fatto ha individuato alla fine del 2013 in Europa 5.800 progetti di ricerca dedicati alle malattie rare finanziati. Il 69 per cento di questi progetti sono ricerche nell'ambito genetico, il 12 per cento ricerche cliniche, l'8 per cento ricerche precliniche e l'8 per cento ricerche per l'individuazione di biomarker. C’è Pag. 10poi un piccolo gruppo di ricerca dedicato all'ambito degli aspetti economici e sociali delle malattie rare.
  Guardando i progetti di ricerca previsti e finanziati dall'Europa, l'Italia si sta comportando molto bene. I nostri ricercatori sono quelli che applicano più progetti all'estero. Noi, dopo la Germania e la Francia e quasi a pari merito con l'Inghilterra, siamo quarti per numero di progetti che vinciamo a livello europeo e che vengono, quindi, finanziati.
  Vorrei dire due parole sul problema dell'informazione, che forse è una delle ragioni per cui sono stato invitato qui. Ci sono tanti strumenti per informare sulle malattie rare, ma pochi sono strumenti certificati e validati. Non sto a menzionare le varie attività che vengono fatte dalle associazioni, dal Ministro della salute, dall'Istituto superiore della sanità e da ospedali dove esistono centri per le malattie rare.
  Io sono qua in rappresentanza di Orphanet, che è il più importante database al mondo per le malattie rare. Non l'ho inventato io, ma una mia collega che vive a Parigi. È un progetto dell'Institut national de la santé et de la recherche médicale (INSERM), che oggi ha una rete di 39 Paesi. È nato come un progetto europeo, ma ormai è andato aldilà dell'Europa, ha raggiunto il Canada, il Sud America e si è spostato verso oriente. Diventerà a poco a poco un progetto mondiale.
  L'importanza di Orphanet è quella di fornire dati sulle malattie rare, per spiegare cosa sono e per far capire nello specifico Paese chi fa cosa, dove ci si può rivolgere a livello clinico, quali sono i centri che fanno ricerca, quali sono i progetti in atto, quali sono le associazioni, dove si può andare per fare un test e una serie di informazioni collaterali.
  È un progetto enorme, che la joint commission dell'Europa ha rifinanziato adesso per i prossimi tre anni.
  Questo progetto da tre anni a questa parte è condiviso fra gli Stati. Pertanto, il Ministero della salute dovrebbe farsi carico del 50 per cento delle retribuzioni del personale che collabora al progetto ma di fatto non lo fa. Io, in quanto responsabile di questo progetto per l'Italia, essendo direttore di un istituto scientifico (IRCCS), ricorro ad altre risorse per coprire ciò che esula dal 50 per cento che ci fornisce l'Europa. È un progetto estremamente importante.
  Collegato a questo, l'ultimo punto su cui vorrei spendere una parola è il problema della formazione. Stiamo parlando di malattie multisistemiche, che hanno bisogno di molti specialisti. Purtroppo, la nostra università ancora oggi non forma i medici con una visione nell'ambito delle malattie rare. Non c’è neanche una grande formazione a livello di molte scuole di specializzazione.
  Noi abbiamo adottato un sistema di formazione a distanza. Non ci credevo molto, ma mi sbagliavo, perché poi abbiamo avuto successo. Abbiamo fatto un progetto che è stato finanziato da Farmindustria. In un anno questo progetto di formazione a distanza, composto da dodici lezioni per spiegare le basi della genetica e venti lezioni per spiegare alcuni temi generali sulle malattie rare, ha avuto migliaia e migliaia di studenti, che hanno preso anche i crediti.
  Io credo che la formazione a distanza, che oggi si può fare anche sullo smartphone, sia diventato uno strumento estremamente importante. Quando si fa un buon prodotto e lo si fa gratuitamente, questo è uno strumento importante per disseminare questo tipo di informazioni.
  L'Italia si muove molto bene nell'ambito delle malattie rare. Certamente non siamo le cenerentole in Europa, ma siamo ai primi posti. Forse meglio di noi c’è soltanto la Francia. C’è una buona organizzazione.
  Tuttavia, il servizio in Italia va armonizzato, perché ci sono troppe differenze tra le regioni. Pertanto, ci vuole un ruolo attivo da parte della Conferenza Stato-regioni.
  Faccio una raccomandazione a tutti voi, perché interveniate a livello del Ministero del salute. Se noi perdiamo oggi il treno delle reti europee, perdiamo qualcosa di estremamente importante. Noi Pag. 11possiamo essere i protagonisti all'interno di queste reti, ma ci vogliono delle scelte che devono essere fatte a livello politico centrale. Noi non lo possiamo fare. Contiamo molto sul vostro aiuto. Questa è un'opportunità affinché le nostre informazioni vengano rimbalzate a chi di dovere. Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Siamo noi che la ringraziamo, professore, per quanto è stato approfondito e dettagliato.
  Chiederei ai colleghi di essere sintetici, in modo da poter porre un numero congruo di domande e di lasciare spazio per le risposte. Sapete che abbiamo altri atti prima dell'inizio dei lavori dell'Assemblea.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ANNA MARGHERITA MIOTTO. Non ho sentito citare AIFA nelle interessantissime cose che ci avete detto. AIFA ha un fondo per la ricerca indipendente abbastanza consistente, ancorché non oggetto di bando negli ultimi periodi.
  Telethon potrebbe accedervi ? Questo fondo è aperto a ricercatori, privati e non profit. C’è collaborazione ?

  EDOARDO PATRIARCA. Vi ringrazio per le informazioni. Ho una richiesta di chiarimento per la dottoressa Pasinelli.
  Lei sa che da poco abbiamo approvato in prima lettura alla Camera la legge-delega sul terzo settore, laddove si parla di rivisitazione dell'aspetto agevolativo. Lei in un passaggio ha parlato della difficoltà di Telethon, che probabilmente riguarda anche altri soggetti che lavorano nella ricerca nel settore non profit, che è legata al fatto di non avere le stesse facilitazioni delle piccole e medie imprese.
  Vorrei conoscere nel dettaglio la questione.

  PAOLA BINETTI. Nella rete delle associazioni, che sono costruite soprattutto intorno a genitori che hanno casi nella loro famiglia di persone affette da malattie rare, spesso c’è il desiderio di sostenere davvero la ricerca.
  Mi chiedo se questa galassia di più o meno piccole associazioni lavora più con un sostegno diretto ad alcuni ricercatori, come oggettivamente in alcuni casi accade, o piuttosto avete un rapporto strutturale con la rete delle associazioni, perché siano loro, anche attraverso Telethon, a sostenere progetti di ricerca più corposi e più significativi.
  In secondo luogo, mi chiedo se quando voi scegliete i progetti di ricerca – do per scontato che sono altamente meritocratici – seguite un criterio che selezioni anche progetti relativi a patologie che restano nell'ombra.
  Ho la sensazione che a volte ci si concentri su alcune patologie che, per un motivo qualunque, riscuotono l'interesse complessivo, mentre altre restano sempre in fondo alla fila.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DANIELA SBROLLINI

  RAFFAELE CALABRÒ. La mia domanda è rivolta al professor Dallapiccola. Per la sua esperienza clinica, potrebbe aiutarci a orientarci meglio.
  Lei ha parlato di reti europee, stimolando la Commissione a lavorare in questa direzione. Mi domando se, secondo lei, non è opportuno e realizzabile incominciare a parlare in maniera più operativa di rete italiana.
  Dai numeri che lei citava e dall'esperienza diretta o indiretta che ciascuno di noi può avere, mi sembra che oggi i centri che si interessano di malattie rare sono veramente tantissimi. Questo rende l'esperienza di ogni singolo centro sempre più limitata. C’è un pulviscolo di attività che si sviluppano di qua e di là e a volte c’è una dispersione dei fondi che esistono nelle regioni e che vengono indirizzati verso le malattie rare, ma poi vengono articolati tra i diversi centri, a seconda della capacità di ricerca e del numero di attività cliniche, senza un indirizzo chiaro e preciso.
  Vorrei sapere se, secondo lei, in base alla sua esperienza, è ipotizzabile che in Pag. 12Italia il tema delle malattie rare venga sottratto alle regioni e diventi un tema di ordine nazionale e ci sia la possibilità di realizzare uno o due centri di competenza o centri di eccellenza, a seconda delle dimensioni del problema, in una regione per tutto il Paese oppure in una regione per alcune aree regionali, venendo incontro all'esigenza dei pazienti di una mobilità facilitata tra regione e regione.

  ELENA CARNEVALI. Vi ringrazio molto della possibilità che ci date di approfondire l'attività che viene svolta da Telethon, di cui noi conosciamo bene gli effetti che vediamo attraverso la campagna annuale, ma soprattutto i benefici che abbiamo per la ricerca e per i pazienti.
  Mi collego all'intervento del collega Calabrò. Voi ci avete segnalato l'urgenza di due questioni. La prima è relativa al decreto del 2004. La seconda è dovuta al fatto che da qui a sei mesi dobbiamo agire per riuscire a competere a livello europeo ed entrare nel network europeo. Questo mi sembra uno dei temi rilevanti.
  Al netto dell'attività che dobbiamo fare noi, che sarà sicuramente frutto di questo lavoro che stiamo facendo in Commissione, vorrei sapere se avete già avuto delle interlocuzioni con il Ministero della salute.

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  FRANCESCA PASINELLI, Direttrice della Fondazione Telethon. Rispondo innanzitutto alla domanda sull'AIFA. Quel fondo che viene utilizzato da AIFA, a cui abbiamo avuto accesso per una sperimentazione in passato, in misura molto ridotta rispetto al costo dell'intera sperimentazione, è un fondo principalmente dedicato alla ricerca clinica indipendente e che risponde alle logiche di quel decreto.
  Quel decreto era stato costruito su un assunto: se la ricerca clinica è lasciata interamente all'industria farmaceutica per lo sviluppo dei farmaci, questa continua a sviluppare cose continuamente nuove, le quali non necessariamente comportano un valore aggiunto rispetto al precedente. Si tratta di continuare a immettere in commercio farmaci nuovi che magari sono un po’ dei me-too del pregresso.
  La ricerca clinica indipendente era stimolata, secondo quel decreto, a effettuare confronti fra quello che c'era di vecchio e quello che veniva proposto di nuovo. Nei casi in cui ci fosse superiorità del vecchio, ciò avrebbe portato a una riduzione dei costi per la sanità pubblica. Non so se mi spiego.
  Essendo stato costruito in questo modo, esplicitamente era stato escluso tutto quello che venisse fatto a scopo registrativo, vale a dire per andare a studiare un'indicazione non studiata in precedenza.
  In questo senso, aggiungerei una richiesta su cui prima avevo sorvolato, perché la consideravo implicita. Ciò che noi chiediamo è la possibilità che il fondo istituito presso AIFA per finanziare queste ricerche venga veramente esteso alla sperimentazione clinica su medicinali per indicazioni diverse da quelle indicate attualmente nel foglietto illustrativo, il che implica necessariamente uno studio registrativo nuovo. Questa è un'indicazione.
  In tal caso, noi faremmo molte più richieste di finanziamento ad AIFA, perché ciò risponderebbe alla nostra missione principale, che è indagare qualcosa su cui non ci sia un pregresso presidio.
  Quanto alla domanda dell'onorevole Patriarca, quello che noi chiediamo sono delle facilitazioni all'accesso al percorso regolatorio dello sviluppo di terapie, che sono principalmente utilizzabili a livello dell'Agenzia europea del farmaco. Infatti, le agevolazioni in quella fase sono previste soltanto per favorire le piccole e medie imprese, laddove la grande industria farmaceutica non gode degli stessi vantaggi.
  Infatti, si assume che lo sviluppo di una terapia sia appannaggio esclusivo di un'impresa. Questo può essere vero in tutti i casi in cui una malattia rappresenti un mercato interessante, ma nel caso in cui non lo sia, come le malattie rare, noi chiediamo di avere delle facilitazioni.
  La domanda dell'onorevole Binetti aveva a che vedere con i piccoli gruppi di malattie. Questo è un problema grandissimo. Pag. 13Anche noi nasciamo da associazioni di pazienti. L'istanza di cura e di soluzione dei problemi che viene da questi pazienti è urgente e drammatica e noi ne siamo assolutamente consapevoli. Anche qualora questi pazienti si costituissero in singole associazioni per singole malattie, questa urgenza sarebbe molto grande.
  Ci sono due temi. In primo luogo, anche per organizzazioni grandi come la nostra, il bisogno è lo stesso. Come ho detto all'inizio, noi consideriamo il bisogno il faro ispiratore di tutta la nostra attività. Le regole alla base della ricerca sono ferree e non possiamo permetterci di tagliare gli angoli e di accorciare i percorsi. Pertanto, il grosso lavoro che noi facciamo è quello di non disperdere nessuno sforzo, se non nella direzione del progresso delle conoscenze verso la cura di questa malattia, senza transigere sulle regole alla base della ricerca. Un'organizzazione grande può far questo, anche in una relazione continua con i pazienti. Nel caso di associazioni piccole, invece, si creano due rischi, che sono molto importanti da tener presenti.
  In primo luogo, un'associazione piccola ha una capacità di raccogliere denaro molto limitata, mentre la ricerca scientifica, soprattutto quella finalizzata a sviluppare terapie, è molto costosa. Il fatto che 100.000-150.000 euro, che sono difficili da raccogliere, siano un nulla rispetto a un investimento in ricerca è una garanzia, non un rischio.
  In secondo luogo, se raccolgono fondi pensando di destinarli direttamente a un centro di ricerca, senza un vaglio preventivo di qualche valutatore indipendente del programma di ricerca, le associazioni di malati corrono il rischio di essere in balia del singolo ricercatore, che chiede loro soldi da dare direttamente.
  Vorrei farvi presente che, per esempio, in Gran Bretagna esiste un'associazione di secondo livello che si chiama Association of medical research charities, che raccoglie tutte le associazioni di malattia che finanziano ricerca.
  Questa associazione di secondo livello ammette come membri associazioni che finanziano la ricerca, previo stringente peer review fatto da ricercatori indipendenti rispetto ai richiedenti denaro.
  Questo garantisce sia il donatore che dà soldi, perché siano destinati in questo modo, sia lo stesso paziente, perché la ricerca venga finanziata, ovviamente con i margini di errore tipici degli esseri umani, però con la migliore garanzia di minimizzazione del rischio di conflitto di interesse, che è quello che si attiva quando chi sceglie è anche chi chiede e chi utilizza.
  L'ultima domanda riguardava la scelta delle malattie da finanziare. Questo è un fatto molto importante. È vero che esistono malattie ancora più neglette delle altre. Infatti, noi da tre anni a questa parte abbiamo istituito un fondo speciale, che ogni anno si occupa di malattie per le quali non è mai stato fatto niente. Chiediamo ai ricercatori di lavorare indicando liste di malattie e di sforzarsi per mettere il loro ingegno al servizio di qualcosa che non sia ancora stato studiato.
  In questo caso, siamo più transigenti su quelli che vengono chiamati «i dati preliminari» che loro devono presentare. Siccome i sistemi di finanziamento poggiano tutti sul fatto che un ricercatore presenti un progetto su cui ci siano dei dati preliminari, per incentivare l'ingresso in aree inesplorate, saremo più transigenti e premieremo solo l'idea, anziché la garanzia che l'idea possa avere successo, che è quella che viene dal dato preliminare.
  Da ultimo, quando nei nostri bandi principali finanziamo i progetti, questi vengono prima valutati sul merito e al di sotto di un certo voto non finanziamo niente. Al di sopra di un certo voto, però, introduciamo un punteggio correttivo su quanto il progetto sia vicino alla fase clinica e al letto del paziente.
  Come probabilmente sapete, purtroppo finanziamo solo il 17 per cento delle domande che riceviamo, perché quelli sono i fondi di cui disponiamo. Noi auspicheremmo un finanziamento intorno al 20-25 per cento delle domande.
  Per facilitare l'accesso al finanziamento dei programmi più avanzati nello sviluppo di una terapia, introduciamo un fattore Pag. 14correttivo, che è uguale per tutti. Questo ci permette, salvaguardando la qualità, di finanziare meglio le fasi più avanzate della ricerca.

  LUCA CORDERO di MONTEZEMOLO, Presidente della Fondazione Telethon. Francesca, forse è bene dire che le malattie neglette o sconosciute sono molte di più di ciò che si pensa.

  FRANCESCA PASINELLI, Direttrice della Fondazione Telethon. Esatto. Sono circa la metà.

  BRUNO DALLAPICCOLA, Responsabile del progetto Orphanet-Italia. Io condivido quello che ha detto Francesca Pasinelli nel rispondere alla domanda dell'onorevole Binetti. Vorrei fare due integrazioni.
  L'ultimo gene-malattia che noi abbiamo identificato poche settimane fa nel nostro ospedale è una malattia di cui esistono tre casi al mondo: uno in Italia, uno negli Stati Uniti e uno in Israele. A volte un ricercatore si mette a fare indagini su delle malattie ultrarare, perché il contesto familiare, la pressione di certi genitori o quant'altro lo spingono a prendere un certo tipo di strada e, se è fortunato, riesce anche ad avere successo in questa ricerca.
  Vorrei dare qualche dettaglio di tipo economico sui finanziamenti dedicati alla ricerca che le associazioni raccolgono. Uno studio che è stato fatto nell'ambito di un progetto che abbiamo condiviso con UNIAMO tre anni fa aveva mostrato che in quell'anno in Italia erano stati raccolti dalle varie associazioni circa 1,5 milioni di euro, di cui circa la metà erano stati raccolti dal grosso gruppo delle associazioni per le malattie neuromuscolari.
  L'errore che hanno fatto queste associazioni è stato quello di distribuire questi soldi a pioggia, per borse di studio da dare magari a un membro del loro comitato scientifico interno, facendo un favore personale. Questi sono soldi che vengono veramente buttati via. Invece, queste associazioni dovrebbero mettere insieme le risorse e, secondo le regole che ha adottato ormai da 25 anni Telethon, impostare un sistema peer review per destinare di anno in anno quelle risorse di 1,5 milioni a uno specifico piccolo numero di progetti.
  Rispondo alle domande dell'onorevole Calabrò e dell'onorevole Carnevali, che in parte sono assonanti.
  In primo luogo, sulla carta una rete italiana delle malattie rare esiste. Infatti, quando diciamo che ci sono 198 presìdi e 800 unità operative al loro interno, ciò vuol dire che questa sulla carta sarebbe la rete virtuale.
  Cosa è capitato in Italia ? Nove regioni, coordinate in primo luogo dal Veneto, che sta facendo un grosso lavoro sulle malattie rare – non le ricordo tutte, ma ci sono anche la Toscana, la Liguria, la Campania, la Puglia e la Sardegna – si sono messe insieme, adottando un modello unico, indicato dal Veneto, per la gestione di queste malattie.
  Cito due casi estremi. La regione che ci ospita, il Lazio, è sempre andata per la sua strada, per cui ancora oggi non sappiamo esattamente quanti centri ci sono in questa regione. Pare che a giugno lo sapremo definitivamente.
  La Calabria non ha mai fornito dati su quello che sta facendo. Ci sono dei decreti, ma non sappiamo esattamente come sono applicati. Parlavo con una collega che lavora in ospedale dell'Università di Catanzaro, che mi diceva che ci sono sei centri per le malattie metaboliche in Calabria. Immaginate che tutta l'Inghilterra ne ha quattro. Ci sono delle cose che non stanno né in cielo né in terra.
  La rete italiana è virtualmente presente sulla carta, ma, tranne alcune piccole realtà, non funziona bene.
  Come si può fare per bypassare il problema ? Io credo che quella degli ERN sia la vera opportunità. Ovviamente le regioni sono autonome, ma il Ministero della salute deve decidere chi entrerà a far parte di queste reti. Pertanto, in questo momento sarebbe veramente una grande opportunità se il Ministero della salute creasse queste reti virtuali.
  Se io chiedessi all'onorevole Calabrò quali sono i dieci-quindici centri di cardiologia migliori d'Italia, lui sicuramente Pag. 15me lo saprebbe dire. Gli ERN sono fatti proprio con questi criteri europei. Si individuano i centri migliori, che hanno un numero notevole di pazienti, che hanno sviluppato linee guida, che stanno facendo ricerca e che agiscono con le associazioni. Ci sono delle regole ben definite.
  Pertanto, a mio parere, se si riuscisse a fornire al Ministero della salute, ognuno per la propria specialità, un piccolo gruppo di reti virtualmente presenti – i centri buoni già dialogano tra di loro nel nostro Paese – questo sarebbe un punto di partenza.
  Questa non sarebbe una discriminante per i centri che restano fuori, perché le regole alla base degli ERN prevedono che, se oggi questi centri sono fuori, il prossimo anno potranno, se in regola, richiedere di entrare nella rete degli ERN.
  Io vorrei che in questo momento il Ministero della salute avesse un ruolo attivo. Qualcuno mi ha chiesto se io conosco gli interlocutori. Certo che li conosco, ma il responsabile dell'ufficio che si interessa degli ERN non risponde al cellulare e non riesco mai a parlare con lui. Io rappresento le malattie rare in Europa. Quando io torno dall'Europa con le idee molto chiare, non ho un interlocutore nel Ministero del salute. Queste sono cose che è meglio dire ad alta voce.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio molto per la chiarezza e per aver raccontato bene la situazione.
  È arrivato il sottosegretario De Filippo. Ringrazio il Governo per essere qui con noi. Racconteremo al sottosegretario la parte che eventualmente non ha potuto ascoltare.
  Auguro ai nostri ospiti buon lavoro e li ringrazio per quello che stanno facendo per tutta l'Italia.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.25.