XVII Legislatura

XI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 9 di Giovedì 19 giugno 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Damiano Cesare , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI RAPPORTI DI LAVORO PRESSO I CALL CENTER PRESENTI SUL TERRITORIO ITALIANO

Audizione di rappresentanti di Federtelservizi.
Damiano Cesare , Presidente ... 3 
Biondi Marco , Responsabile del comparto call center di Federtelservizi ... 3 
Damiano Cesare , Presidente ... 6 
Albanella Luisella (PD)  ... 6 
Damiano Cesare , Presidente ... 6 
Biondi Marco , Responsabile comparto call center di Federtelservizi ... 7 
Albanella Luisella (PD)  ... 7 
Damiano Cesare , Presidente ... 7 
Tripiedi Davide (M5S)  ... 8 
Biondi Marco , Responsabile comparto call center di Federtelservizi ... 8 
Lazzarelli Guido , Responsabile lavoro di Confcommercio – Imprese per l'Italia ... 9 
Damiano Cesare , Presidente ... 9 

ALLEGATO: Documentazione presentata dai rappresentanti di Federtelservizi ... 11

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CESARE DAMIANO

  La seduta comincia alle 9.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di Federtelservizi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui rapporti di lavoro presso i call center presenti sul territorio italiano, l'audizione di rappresentanti di Federtelservizi.
  Sono presenti il dottor Marco Biondi, responsabile del comparto call center di Federtelservizi e il dottor Guido Lazzarelli, responsabile lavoro di Confcommercio. Nel ringraziare ancora una volta i nostri ospiti per la loro presenza, do la parola al dottor Marco Biondi. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna del documento depositato dai rappresentanti di Federtelservizi (vedi allegato).

  MARCO BIONDI, Responsabile del comparto call center di Federtelservizi. Grazie, presidente. Buongiorno a tutti e grazie innanzitutto per l'opportunità che ci offrite di raccontarvi qualcosa della nostra vita di tutti i giorni.
  Affronterò sostanzialmente quattro punti: svolgerò delle riflessioni sull'inquadramento contrattuale dei lavoratori impiegati nel settore dei call center; affronterò la problematica relativa alle delocalizzazioni, oggetto anche questa dell'indagine; farò riferimento ad alcuni aspetti economici legati all'ambito contrattuale e parlerò degli elementi qualificanti del settore e delle possibili aree di intervento.
  Noi siamo rappresentanti all'interno di Confcommercio e quindi applichiamo il contratto collettivo dei lavoratori del comparto servizi. L'associazione di categoria che è stata già audita e ha maggiore rappresentanza è Assocontact, che invece fa riferimento al contratto telecomunicazioni.
  Vorrei passare qualche minuto a spiegarvi perché esistano e abbiano ragione di esistere queste due aree. Le società che applicano il contratto del commercio sono molte, magari per molte di queste le attività di call center non sono attività principali, ma parliamo di una serie di aziende principalmente medio-piccole e di una rappresentanza di migliaia di lavoratori. Non esistono statistiche che riusciamo in questo momento a produrre, ma i lavoratori coinvolti sono tanti.
  I motivi storici per cui molti aderiscono al contratto delle telecomunicazioni derivano dal fatto che i primi lavoratori di call center vengono da società di telecomunicazioni che hanno esternalizzato tali attività, a volte anche con cessione di ramo d'azienda. Una delle prime è stata Telecom Italia con Atesia addirittura oltre quindici anni fa, e tante altre sono seguite.
  Di fatto c’è una presenza di committenti, di fruitori e di regolatori di servizi all'interno della stessa categoria, però il contratto delle telecomunicazioni a nostro Pag. 4giudizio non è quello più pertinente, perché le attività di call center sono e diventano sempre più attività legate al mondo della vendita, del commercio vero e proprio.
  Le stesse attività inbound, che sono considerate le più stabili, fornendo servizi alla clientela, assumono sempre più carattere di vendita, quindi quando uno telefona si cerca di «piazzargli» comunque qualcosa.
  Il contratto del commercio ha forme molto più adeguate di quello delle telecomunicazioni per la gestione di questa attività. Faccio un esempio e poi ne torneremo a parlare dopo. Esiste solo nel contratto del commercio una posizione dell'addetto alla vendita che prevede nella sua retribuzione anche una componente variabile, legata al successo nella vendita, cosa non prevista nel contratto telecomunicazioni.
  Nel 2013 Assocontact è riuscita finalmente, dopo tanti anni, ad aggiungere nel contratto collettivo per le telecomunicazioni anche una parte che norma il lavoratore a progetto all'interno del comparto, mentre Federtelservizi non c’è ancora riuscita. Qui troviamo una difficoltà strutturale, nel senso che la controparte sindacale vede solo all'interno delle telecomunicazioni la possibile trattativa, considerando inutile parlare con noi. Questo è un aspetto su cui torneremo.
  La prima parte dell'intervento mira quindi a dire che ha senso che anche rappresentanti del commercio trattino delle tematiche relative al call center.
  Il comparto è indubbiamente in grande difficoltà; purtroppo, come giustamente riferisce l'indagine, molte aziende hanno dovuto chiudere, con ripercussioni sia sugli ammortizzatori sociali sia, ovviamente, sui lavoratori, e una delle cause deriva dalla pratica delle delocalizzazioni, che è sempre più utilizzata.
  A nostro avviso è necessaria un'azione di contrasto fermissima nei confronti delle delocalizzazioni, che stanno comportando non solo la perdita di posti di lavoro interni, ma anche un depauperamento della potenzialità lavorativa. Sono sempre di più le telefonate soprattutto outbound che ci arrivano da Paesi extra UE, dove le norme rigide e sacrosante previste per la privacy vengono spesso eluse e dove il basso costo del lavoro consente una frequenza di telefonate che diventa insostenibile per gli stessi consumatori.
  Ci troviamo quindi di fronte a un fenomeno che sta di fatto cannibalizzando la stessa attività; tra poco il successo della vendita che oggi si realizza attraverso le telefonate outbound sarà sempre più messo in difficoltà dalla scarsa professionalità di molti operatori.
  Il fenomeno è in continua crescita ed è nato non solo per risparmiare, ma anche per eludere delle norme. Esistono strane triangolazioni, per cui delle società estere commissionano a società estere delle attività e quindi apparentemente sono al di fuori della normativa italiana. Ma di che attività stiamo parlando ? Della vendita di servizi italiani a consumatori italiani, quindi è evidente lo scopo di eludere norme e regole.
  Un appello che lanciamo al legislatore è proprio quello di cercare di limitare il più possibile i danni che questa pratica sta causando. Ovviamente non si fanno nomi, però queste triangolazioni sono frequenti, perché magari società di telecomunicazioni hanno anche delle società estere e quindi può non essere un caso che un'azienda tedesca commissioni l'attività a un call center albanese, anche se stiamo sempre parlando di prodotti e servizi italiani forniti a consumatori italiani.
  Il terzo argomento è forse quello più spinoso: la struttura retributiva e l'inquadramento dei lavoratori del settore. Dico una banalità affermando che le attività di vendita funzionano se sono associate a un incentivo riconosciuto al lavoratore che porti a casa la vendita. Questo non perché i lavoratori non siano professionali e scrupolosi, ma per la natura umana, perché, se ho un incentivo, sono più portato a cercare di portare a casa il risultato.
  Le vendite sono l'unica fonte di ricavo per le aziende dei call center, che non sono pagate per fare telefonate, per disturbare i consumatori, ma sono pagate per i pezzi Pag. 5che vendono. Se facciamo il raffronto con i negozi (qui torniamo anche alla logicità di un'applicazione del contratto del commercio), vediamo che l'addetto alla vendita di un negozio è pagato con un fisso, perché aspetta che il cliente entri nel negozio, e con un variabile per quello che riuscirà a vendere a questo cliente. Questo è assimilabile in tutto e per tutto all'impiegato che all'interno del call center riceve delle telefonate, che giustamente viene pagato con un compenso fisso perché sta lì ad aspettare che arrivino le telefonate, perché, se un cliente chiama, deve rispondergli. Altrettanto logicamente deve essere stimolato a vendergli qualcosa quando riceve la telefonata, quindi ha senso l'applicazione della posizione di addetto alla vendita perché riesce a coniugare l'esigenza di fornire un servizio alla clientela con quella di produrre dei risultati di vendita.
  Diverso è il discorso outbound, quindi quando chiamo qualcuno. L'operatore outbound è molto più assimilabile a un rappresentante di commercio che lavora quando vuole, se ha voglia fa le telefonate così come il rappresentante se ha voglia va in giro a trovare clienti, se non ha voglia non lo fa, senza essere obbligato a dare un servizio. Ovviamente devo avere lo stimolo nel momento in cui vendo qualcosa.
  L'introduzione con la «legge Fornero» di un principio sacrosanto, quello del salario minimo da garantire ad ogni lavoratore, purtroppo non tiene conto di una componente fondamentale, che è quella dell'incentivo sulla vendita. Oggi ci ritroviamo quindi in una situazione nella quale l'operatore outbound, quindi il libero professionista che decide quando telefonare e quando non telefonare, ha la garanzia di essere pagato con la stessa struttura retributiva del dipendente subordinato, però per avere dei risultati di vendita deve poter contare su un incentivo sulla vendita.
  Un'evoluzione importante per il nostro settore potrebbe essere quella in cui il minimo che deve giustamente essere garantito al lavoratore tenesse in considerazione in qualche maniera, in qualche forma, con qualche meccanismo anche l'incentivo sulle vendite, che è parte integrante e indispensabile della remunerazione.
  Questa è una difficoltà che le aziende dei call center si trovano purtroppo ad affrontare, aziende dei call center che sono molto strutturate, che trovano al proprio interno delle professionalità molto elevate, quindi degli analisti di dati, degli sviluppatori dell'IT, degli esperti di comunicazione, bravi gestori di gruppi di lavoro, formatori, venditori professionisti. Parliamo di professionalità che forse non sono molto conosciute all'esterno.
  Le aziende dei call center sono state viste per anni come aziende che sottopagano e sfruttano i lavoratori, e questa percezione purtroppo non ha tenuto in considerazione il comportamento della committenza. Noi ci troviamo di fronte a una committenza che con delocalizzazioni, con appalti al massimo ribasso, con l'esasperazione nel contenere i prezzi ha comportato una distorsione importante del mercato e generato distorsioni poi ricadute sui lavoratori.
  La cosa che purtroppo pesa è che molte aziende, molti committenti che già stavano bene prima sono riusciti a stare meglio grazie a questi fenomeni, mentre molte aziende di call center non sono sopravvissute, e questo purtroppo con costi anche per la collettività.
  Anche per quanto riguarda il mantenimento delle figure professionali delle quali parlavo, che è importante, ci ritroviamo all'interno delle aziende di call center con una precarietà esasperata, perché hai un contratto di un anno e poi ti «arrangi».
  Spesso, quindi, le aziende di call center sono obbligate a difendersi con dei contratti a tempo determinato, che non agevolano certamente la crescita di professionalità e l'incentivo a trattenerle, anzi continuano a generare precarietà, perché purtroppo i contratti che si applicano generano precarietà.
  Mi avvio alla conclusione. Abbiamo individuato delle aree di possibili interventi e di miglioramento per il comparto. Pag. 6Per noi non è assolutamente uno scandalo pensare a figure professionali che trovino stabilità all'interno del call center. Noi non abbiamo alcun interesse a creare stabilità, a investire su risorse, a formarle, a farle crescere, per poi vederle andare via alla scadenza del contratto a tempo determinato, neanche per i venditori. L'applicazione del contratto a progetto è stata utilizzata perché è l'unica che consentisse di fare certe attività, ma non è quella che ci interessa. Sarebbe opportuno avere una struttura contrattuale che consentisse di premiare le attività di vendita che generano ricavi per le aziende, di gestire l'eventuale conclusione dei contratti e delle commesse.
  L'accordo raggiunto da Assocontact all'interno del contratto collettivo delle telecomunicazioni prevede degli incrementi di costo per le aziende che sono oggettivamente preoccupanti. Il complesso del costo del lavoro, che purtroppo è fatto in minima parte di quello che finisce in tasca al lavoratore, ma soprattutto di oneri contributivi e fiscali, per quanto previsto nell'accordo con Assocontact subirà una lievitazione, che temo incentiverà ulteriormente le attività di delocalizzazione.
  Quello che noi chiediamo a questa Commissione è la possibilità di intervenire sulle prassi di delocalizzazione, sulla struttura retributiva, considerando gli aspetti che ho enunciato, sugli appalti anche da parte della pubblica amministrazione e, laddove possibile, di aprire forme di negoziazione anche al di fuori del contratto delle telecomunicazioni, che in questo momento sembra averne l'esclusiva.
Queste sono le riflessioni che noi abbiamo portato, ma siamo a disposizione per eventuali domande.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

  LUISELLA ALBANELLA. Una prima domanda (mi riservo di farne altre). All'interno dei vostri associati, i call center che fanno riferimento alla vostra organizzazione, a parte l'applicazione del contratto del commercio, quali sono le tipologie contrattuali ?
  Lei ha detto che spesso si è costretti ad assumere a tempo determinato, ma mi piacerebbe capire quali tipologie contrattuali siano previste all'interno dei vostri associati, quindi quanti contratti a tempo indeterminato, quanti contratti a progetto vi siano.
  La seconda è legata alla questione delle delocalizzazioni. Lei ha detto che uno dei problemi maggiori è quello delle delocalizzazioni, però non ho capito quale sia la proposta da parte vostra, se ci sia un problema di natura contrattuale, un problema di natura fiscale, di mancata competitività, oppure ci siano problemi ulteriori sui quali possiamo intervenire anche legislativamente.
  I cittadini italiani sono tutelati quando si delocalizza in Paesi non solo europei, ma extra-europei ?

  PRESIDENTE. Vorrei fare qualche breve osservazione. Naturalmente non siamo interessati alla concorrenza fra contratti, problema che riguarda le parti sociali che liberamente decidono quale sia il contratto migliore, ma avrei un sogno: un contratto del settore dei call center, e che si chiami commercio o telecomunicazioni poco importa. Il problema è avere regole comuni. Ho infatti il sospetto che altrimenti si generi una sorta di dumping sociale tra contratti, e, dato che di solito l'acqua dalla montagna va verso il mare, anche la remunerazione della forza lavoro tende verso il basso, se c’è un'offerta più vantaggiosa. Sarebbe quindi opportuna una regolazione universale, che oggi non esiste.
  Seconda questione: lei ha posto anche il problema della retribuzione, problema anche questo che riguarda le parti sociali. Noi non siamo interessati a stabilire il carattere dei meccanismi retributivi, ma mi limito a dire che l'incentivo di produttività esiste dagli anni ’60, forse è sempre esistita, una componente flessibile e una componente stabile della remunerazione. Il premio di risultato codificato dal 1993 prevede che, raggiunto un obiettivo di Pag. 7vendita, di produzione nel caso della manifattura, questo venga erogato. Se non si raggiunge, non c’è la remunerazione.
  Questo non significa però cancellare la parte fissa della retribuzione. Se portiamo alle estreme conseguenze certi ragionamenti, non capisco più se parliamo di lavoro dipendente, parasubordinato o autonomo. Riferendomi a un contratto di lavoro nel settore del commercio o delle telecomunicazioni, penso sempre che voi regoliate un lavoro dipendente, perché un agente di commercio ha una tipologia di relazione di lavoro del tutto particolare, per cui è evidente che ci sono dei punti di contatto con il lavoro dipendente, ma non c’è una sovrapposizione.
  Qui però stiamo parlando di lavoro dipendente, quindi, pur comprendendo l'esigenza di un incentivo che si chiama «premio di risultato», pensate che debba esserci solo il premio di risultato e non una parte fissa della retribuzione ?
  Nel caso di lavoro parasubordinato (parliamo del classico lavoratore a progetto dell’outbound del call center), concordate con quanto stabilito dal contratto delle telecomunicazioni sul compenso orario minimo di 4,78 euro, destinate a crescere in rapporto all'evoluzione del costo della vita, oppure pensate che non ci debba essere un compenso minimo ? Naturalmente siamo d'accordo sul tema delle delocalizzazioni e personalmente sono contrario all'appalto al massimo ribasso come metodologia prevalente, laddove deve essere escluso il costo del lavoro, che non può essere soggetto al massimo ribasso, e su questo subiamo continui attacchi da tutti i Governi di qualsiasi colore siano, perché questa operazione, che secondo me si può fare, secondo alcuni non sarebbe praticabile. Su queste cose siamo assolutamente d'accordo.
  Dalla vostra audizione emerge anche una consapevolezza sui rischi del settore relativi alla bassa professionalità degli addetti. Anch'io sono vittima come tutti i cittadini italiani dei call center, sono prigioniero di un contratto con Fastweb, non riesco a toglierlo né ad avere il telefono, non riesco a fare niente perché probabilmente mi risponde un operatore di non so quale parte del mondo che non sa cosa dirmi e non mi risolve il problema !
  Da utente cittadino capisco che se continuiamo a perseguire un modello produttivo e di impresa che fonda il suo successo sul fatto di pagare pochissimo, magari lontanissimo dal luogo di origine, l'Italia, il servizio sarà molto scarso, la vendita e i consumi diminuiranno e si cercheranno altre strade.
  Mi piacerebbe che questa capacità di denuncia che sottotraccia avete evidenziato salisse maggiormente in superficie, mi piacerebbe che nel mondo della piccola, media e grande impresa ci fossero operatori sani che denunciano gli operatori che sani non sono, perché la concorrenza sleale mette fuori gioco le vostre imprese perbene.
  Se però non rompiamo questo meccanismo, avremo delocalizzazioni, massimo ribasso, bassa qualità, lavoro frammentato e sottopagato. È la giungla, e neanche voi nuotate bene nella giungla. Scusate la digressione, ma quando parlo di questi argomenti mi viene sempre voglia di fare una discussione.
  Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  MARCO BIONDI, Responsabile comparto call center di Federtelservizi. Il fatto che arrivino delle domande è sicuramente un segnale molto positivo e di attenzione, e vi ringrazio per questo.

  LUISELLA ALBANELLA. Mi scusi se ne approfittiamo ancora. È ovvio che nel settore del commercio c’è un problema anche di ammortizzatori sociali, perché, al contrario del contratto delle telecomunicazioni, non si versa la quota per la Cassa integrazione e quindi voi siete costretti a utilizzare solo ammortizzatori in deroga.
  Questo è un ulteriore problema, perché sappiamo che gli ammortizzatori in deroga pesano sulla collettività generale.

  PRESIDENTE. Questa osservazione dell'onorevole Albanella è molto pertinente, Pag. 8perché ritengo che dal punto di vista della leale concorrenza le condizioni del commercio debbano essere uguali a quelle delle telecomunicazioni anche per quanto riguarda il ricorso alla Cassa integrazione. Non ci può essere un settore che ricorre agli ammortizzatori in deroga e un settore che si paga la Cassa integrazione ! Voi siete d'accordo ?
Prego, onorevole Tripiedi.

  DAVIDE TRIPIEDI. Mi scuso per il ritardo. Proprio per contrastare i fenomeni di cui ha parlato anche il presidente – dal basso costo del lavoro alla concorrenza sleale delle altre imprese – voi avete proposte da fare per combattere le cose che non funzionano nei call center ? Secondo voi come si potrebbe risolvere la questione in maniera sana ?

  MARCO BIONDI, Responsabile comparto call center di Federtelservizi. Spero di rispondere a tutti in maniera soddisfacente e, se così non fosse, ritorneremo sugli argomenti.
  In ordine sparso, una cosa che mi ha fatto sorridere e riflettere è l'accenno del presidente al fatto che l'acqua va sempre verso il basso, verso il mare. In realtà, uno dei motivi per cui è stato scelto da molte aziende il contratto delle telecomunicazioni è che è leggermente meno oneroso di quello del commercio, a danno dei lavoratori, quindi applicando il contratto delle telecomunicazioni il costo del lavoro è un po’ più basso, anche se non tantissimo.
  Lascio l'aspetto relativo al versamento per la Cassa integrazione al dottor Lazzarelli, che è certamente più pratico di me, mentre tornerei alle altre tematiche. Rispetto alla remunerazione dei lavoratori, effettivamente non ho distinto in maniera sufficientemente chiara l'aspetto del lavoratore subordinato rispetto a quello del lavoratore a progetto.
  Mentre per quanto riguarda il lavoratore subordinato che svolge attività inbound la figura dell'addetto alla vendita è più pertinente, però tutto sommato si potrebbero anche applicare i correttivi legati ai premi di produttività previsti dal contratto delle telecomunicazioni in quanto non è così discriminante, discriminante diventa invece l'aspetto relativo al minimo retributivo fissato per il lavoratore a progetto, perché il fatto di non tenere in considerazione il premio di risultato per una tipologia contrattuale che è di lavoro autonomo o parasubordinato può comportare delle distorsioni.
  Il minimo di 4,72 euro, destinato a crescere, non è un problema insormontabile oggi, lo applichiamo tutti, ma lo diventerà nel momento in cui la crescita arriverà al suo compimento. Il messaggio che sto lanciando è che, una volta completata la crescita, il costo del lavoro del lavoratore autonomo non subordinato che fa attività di vendita sarà molto alto, anche se non venderà niente, ed è questo l'aspetto distorsivo che bisognerebbe correggere. Tenere in considerazione il fatto che si è pagati non per fare le telefonate, ma per fare delle vendite è essenziale nel nostro comparto.
  Capisco che non ci possa essere un dumping sociale, non siamo qui a lamentarci del fatto che noi vogliamo utilizzare il contratto del commercio e altri quello delle telecomunicazioni, ma diciamo che per il comparto è oggettivamente un problema la mancanza di un contratto unico di riferimento.
  Non ci interessa in particolare il fatto che si applichi un contratto piuttosto che l'altro: il nostro interesse è che ci siano delle regole compatibili con quelle del settore, mentre che il contratto di riferimento sia uno o l'altro è poco importante.
  Dovrebbe essere utilizzabile da tutto il settore quanto è previsto come ammortizzatori sociali, però, più che pensare agli ammortizzatori sociali (qui vengo anche all'ultima domanda sulle proposte), bisognerebbe trovare all'interno di questo fantomatico contratto la possibilità di incentivare forme di contratto a tempo indeterminato, invertendo l'impostazione.
  L'impostazione attuale prevede che, siccome ho una committenza che in qualunque momento può decidere di mollarmi perché trova qualcuno che le fa pagare meno (comprendo la nota del presidente, Pag. 9però non è comprensibile come attività basate in maniera quasi esclusiva sul costo del lavoro si possano prevedere appalti che remunerano al di sotto del costo minimo che deve essere applicato per legge), dovremmo trovare forme contrattuali che possano prevedere non tanto l'ammortizzatore sociale quanto una maggiore flessibilità per quelle figure professionali che sono fondamentali nel nostro settore.
  Nel momento in cui si gestisce un'attività inbound, che comprende centinaia di operatori che rispondono al telefono e deve prevedere flussi di arrivo delle telefonate che sono assolutamente imprevedibili, dietro c’è una macchina che deve far sì che ci sia sempre il numero adeguato di persone che risponde, ma non in eccesso, perché altrimenti l'azienda ha dei costi a vuoto.
  Individuare una forma che consenta l'investimento su queste figure professionali, che sono fondamentali per fare un lavoro efficiente, per garantire un buon servizio, ma che, nel momento in cui vengano a mancare delle commesse, non rimangano a totale carico dell'azienda, sarebbe sicuramente un aiuto.

  GUIDO LAZZARELLI, Responsabile lavoro di Confcommercio – Imprese per l'Italia. Buongiorno, una breve integrazione sul problema della cassa integrazione.
  La scelta di Federtelservizi di orientarsi sulla contrattazione del terziario non era legata al risparmio dell'aliquota di contribuzione per la cassa, e peraltro è un problema che si sta risolvendo nel corso del 2014-2015. Quest'anno avremo infatti ancora questo grande sforzo per la Cassa in deroga generalizzata presumibilmente e anche per il 2015; a regime con l'entrata in vigore della legge n. 92 del 2012 si avrà la costituzione dei fondi di solidarietà, sia quelli di carattere contrattuale propriamente bilaterali, sia quelli costituiti presso l'INPS, per cui il problema dovrebbe risolversi.
  Come settore terziario abbiamo già pronto un accordo per la costituzione di un fondo presso l'INPS, con un'aliquota praticamente identica a quella del Fondo residuale, che ha visto la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale qualche giorno fa.
  In prospettiva, questo tipo di problema per queste aziende non ci sarà più, e anzi ci sarà l'applicazione generalizzata a tutto il mondo del terziario, che era molto frammentato tra commercio in senso stretto, servizi, imprese con un numero di lavoratori compreso tra 15 e 50 e le altre. La situazione vedrà la sua soluzione o nel Fondo residuale, che già tra un mese dovrebbe essere operativo con le disposizioni dell'INPS, o con il fondo che speriamo di riuscire a costituire presso l'INPS con le organizzazioni sindacali proprio del settore terziario.

  PRESIDENTE. Questa è una buona notizia. Vi ringraziamo per questa audizione e naturalmente tutti quelli che ci aiutano – a partire dalle imprese – a combattere le distorsioni provocate dagli appalti al massimo ribasso sono i benvenuti, perché questa è una lotta eterna !
  Le norme esistono, le leggi ci sono, il problema è che le stazioni appaltanti ritengono che non siano applicabili. Possono diventare applicabili, se ad esempio si ripristinano le tabelle salariali prefettizie, se si adotta un compenso orario minimo, che consenta di fare un calcolo standard del costo del lavoro da detrarre dal valore dell'appalto, in modo tale che, pur non con la perfezione del minimo contrattuale, si possa non incorrere nella circostanza di una remunerazione al di sotto del valore della retribuzione, che costringe le imprese al «nero» o a non partecipare agli appalti.
  Acquisiremo agli atti il vostro documento. Nel ringraziare gli auditi, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.

Pag. 10 Pag. 11

ALLEGATO

Pag. 12

Pag. 13

Pag. 14

Pag. 15