XVII Legislatura

XI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 13 di Martedì 10 marzo 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Damiano Cesare , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA GESTIONE DEI SERVIZI PER IL MERCATO DEL LAVORO E SUL RUOLO DEGLI OPERATORI PUBBLICI E PRIVATI

Audizione del Sottosegretario di Stato per l'istruzione l'università e la ricerca, Gabriele Toccafondi.
Damiano Cesare , Presidente ... 3 
Toccafondi Gabriele , Sottosegretario di Stato per l'istruzione l'università e la ricerca ... 3 
Damiano Cesare , Presidente ... 9 
Pizzolante Sergio (AP)  ... 9 
Gnecchi Marialuisa (PD)  ... 10 
Piccolo Giorgio (PD)  ... 10 
Simoni Elisa (PD)  ... 11 
Labriola Vincenza (Misto)  ... 12 
Cominardi Claudio (M5S)  ... 12 
Damiano Cesare , Presidente ... 12 
Toccafondi Gabriele , Sottosegretario di Stato per l'istruzione l'università e la ricerca ... 13 
Damiano Cesare , Presidente ... 15 

ALLEGATO: Documento depositato dal sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca Gabriele Toccafondi ... 17

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CESARE DAMIANO

  La seduta comincia alle 14.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Sottosegretario di Stato per l'istruzione l'università e la ricerca, Gabriele Toccafondi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla gestione dei servizi per il mercato del lavoro e sul ruolo degli operatori pubblici e privati, l'audizione del sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Gabriele Toccafondi.
  Avverto che il sottosegretario Toccafondi ha messo a disposizione della Commissione un documento, del quale autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
  Do la parola al sottosegretario Toccafondi per lo svolgimento della sua relazione.

  GABRIELE TOCCAFONDI, Sottosegretario di Stato per l'istruzione l'università e la ricerca. Grazie, presidente. Rispetto alla relazione, che è depositato agli atti della Commissione, possibile anche distribuire, cercherò di fare una sintesi. Certamente non è possibile sintetizzare molto, anche se vanno subito evidenziati alcuni dati assolutamente negativi, anche degli ultimi mesi.
  Uno su tutti – l'Istat ce lo ricordava già a gennaio 2015 – riguarda il tema della disoccupazione giovanile, che è al 43,9 per cento, che equivale a 720.000 giovani disoccupati tra i 15 e i 24 anni, che incidono sulla popolazione di questa età per oltre il 12 per cento.
  A questi si sommano i 2,5 milioni di giovani tra 15 e 29 anni che non studiano e non lavorano, i cosiddetti «NEET». Sempre nel rapporto Istat si certifica che si tratta del 26 per cento degli under 30, quindi più di un ragazzo su quattro under 30 si trova in questa condizione.
  Inoltre, nel nostro Paese dobbiamo anche fare il conto da diversi anni con una dispersione scolastica alta (17,6 per cento), molto lontana dagli altri partner europei. Sono circa 110.000 i ragazzi tra i 14 e i 17 anni che ogni anno sono fuori dal percorso formativo scolastico. Questa dispersione non si registra allo stesso modo in tutte le regioni, presentando un'evidenza maggiore nelle zone del Mezzogiorno (quasi doppia rispetto ai tassi del Centro-Nord).
  In particolar modo, i più colpiti dalla dispersione scolastica sono i ragazzi degli istituti professionali, per i quali la dispersione tocca il 38 per cento, seguiti dagli istituti di arte e i licei artistici, con il 35 per cento, e poi dagli istituti tecnici e scientifici.
  Il picco degli abbandoni è nel primo biennio della scuola secondaria di secondo grado e il superamento del primo anno resta a oggi l'ostacolo maggiore.Pag. 4
  È una situazione non felice, che però dà alcuni segnali di miglioramento rispetto ai dati della dispersione scolastica di cinque anni fa.
  Sul tema dell'istruzione, la distanza tra il sistema scolastico e il mondo produttivo è evidente, soprattutto per il disallineamento tra i percorsi formativi scelti dai giovani e le prospettive occupazionali offerte dalle imprese.
  Rispetto ai dati negativi di disoccupazione giovanile, di NEET e di dispersione scolastica appena citati è in controtendenza l'indagine Unioncamere, che continua a dire che le aziende non riescono a trovare lavoratori con qualifiche professionali di un certo livello. Si tratta del 10 per cento delle assunzioni previste. Vale a dire che il sistema produttivo fatica a trovare oggi circa 60.000 unità di personale, perché mancano i profili professionali richiesti, oppure perché i profili professionali che escono dalle nostre scuole non hanno le competenze necessarie. Addirittura questa indagine quantifica circa 20.000 cosiddetti «profili introvabili».
  È certo che occorre affrontare il tema non in conclusione del percorso di studi, ma prima; a cambiare, quindi, devono essere proprio il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e il mondo della formazione professionale.
  Un ultimo dato assolutamente negativo su cui dobbiamo riflettere è quello che ci viene da AlmaDiploma, che sottolinea che il 46 per cento dei giovani neodiplomati si dice almeno in parte pentito delle scelte fatte e specifica che, se potesse tornare indietro, cambierebbe indirizzo di studi o scuola, oppure entrambi.
  Rilanciare, quindi, l'istruzione nel suo complesso e in particolare l'istruzione tecnica e professionale è una priorità, vista la fotografia appena descritta di disoccupazione giovanile, di dispersione scolastica e di disallineamento con le nuove richieste del mondo imprenditoriale e del lavoro.
  Entriamo, dunque, brevemente nel merito di alcune azioni che come Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in piena collaborazione col sistema produttivo, stiamo mettendo in campo da alcuni mesi. Si tratterà di elencare, pur brevemente – nella relazione trovate maggiori informazioni e dettagli – azioni di alternanza scuola-lavoro, di apprendistato in percorso scolastico, di impresa didattica, di orientamento, di potenziamento dei laboratori tecnici e di consolidamento degli istituti tecnici superiori.
  Partiamo dall'alternanza scuola-lavoro. Nell'anno scolastico 2013-2014 questa metodologia, che alterna al sapere il cosiddetto «saper fare», ha impegnato 2.361 istituti, quasi la metà delle scuole secondarie superiori (il 43,5 per cento), con una media di 95 ore all'anno, in particolar modo nel quarto anno, per un totale di 210.506 studenti, ovvero il 10 per cento del totale degli alunni delle scuole superiori, coinvolgendo 126.000 strutture ospitanti, il 43,8 delle quali sono imprese.
  I più attivi sono gli istituti professionali – quasi una scuola su due – che organizzano oltre la metà dei percorsi: il 58 per cento dei percorsi di alternanza è fatto negli istituti professionali. Seguono gli istituti tecnici, con il 37,3 per cento delle scuole e con quasi il 30 per cento dei percorsi, e chiudono i licei, con il 13 per cento delle scuole e il 12 per cento dei percorsi totali.
  Nel 2 per cento dei casi l'attività didattica in alternanza viene svolta con la nuova metodologia dell'impresa formativa simulata, ovvero l'azienda che arriva nell'istituto scolastico ed esercita un numero più ampio di classi e, quindi, di studenti. È un elemento sul quale noi stiamo cercando di lavorare, proprio per creare quell'effetto moltiplicatore importante per coinvolgere più ragazzi.
  In sintesi, sul totale degli iscritti nei diversi ordini di studio svolge un percorso di alternanza il 21,6 per cento degli studenti degli istituti professionali, l'8 per cento degli studenti degli istituti tecnici e il 2,2 degli studenti dei licei.
  L'intenzione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, è di consolidare e ampliare di molto le attività di alternanza scuola-lavoro, attraverso modalità innovative e più incisive, ovvero un generalizzato aumento delle ore in Pag. 5alternanza, tant’è che è allo studio l'idea di istituire obbligatoriamente negli ultimi tre anni di istituti tecnici e professionali un numero complessivo di 400 ore, un obiettivo che, paragonato alle 95 ore attualmente svolte in alternanza, richiede uno sforzo titanico. L'idea è anche quella di aumentare fino a 200 ore nel triennio l'alternanza per i licei.
  Siamo già in una fase di sperimentazione abbastanza avanzata con alcune aziende. In particolar modo, con Federmeccanica è partito un progetto sperimentale di 600 ore obbligatorie negli ultimi tre anni degli istituti tecnici. Questo progetto coinvolge 50 istituti e 10.000 studenti. L'obiettivo è quello di arrivare in tre anni a oltre cento istituti.
  È un investimento importante anche per le aziende, ma è un investimento che va a vantaggio sia dei ragazzi e della loro occupabilità una volta terminato il ciclo di studi sia del settore manifatturiero italiano, visto che esso lamenta carenza di profili tecnici adeguati e con competenze specifiche.
  Allo stesso modo, è da citare il protocollo con Unioncamere, che rafforza la cooperazione in materia di alternanza scuola-lavoro, orientamento, il collegamento organico tra sistemi formativi e il placement, ovvero l'accompagnamento al lavoro.
  Un altro punto su cui siamo al lavoro da alcuni anni riguarda gli istituti tecnici superiori (ITS). Si tratta di un post-diploma di 2.000 ore, ovvero quattro semestri che possono essere allungati a sei. Questi percorsi vengono svolti attraverso una governance basata su una fondazione di partecipazione, dove in maniera obbligatoria devono essere presenti scuole e istituti tecnici e professionali, ma anche aziende, imprese, associazioni di imprese, università, centri di ricerca o dipartimenti universitari e agenzie formative.
  Queste scuole hanno lo scopo di formare tecnici specializzati e partono da una richiesta del territorio, cioè da aziende che non riescono a trovare qualifiche professionali immediatamente spendibili nelle aziende stesse.
  Nate nel 2008, con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 gennaio, dall'anno scolastico 2010-2011, erano operative 59 fondazioni per circa 80 corsi. Adesso siamo a 75 fondazioni per 263 corsi. Attualmente è in corso il secondo ciclo di studi, per un totale di 7.000 ragazzi.
  Nel primo ciclo che si sta concludendo i dati sono assolutamente incoraggianti: il 60 per cento dei ragazzi sono occupati, spesso in pianta stabile con contratti a tempo indeterminato, segno che, quando questo dialogo tra scuole, università, enti di ricerca, aziende e agenzie formative c’è ed è stabile, il risultato è sotto gli occhi di tutti.
  Gli ITS fanno riferimento a sei aree tecnologiche e di sviluppo, che vanno dall'efficienza energetica alle nuove tecnologie sulla vita, dalla mobilità sostenibile al made in Italy, dal turismo alle attività culturali.
  Segnalo solo un dato che colpisce in particolar modo: l'area della mobilità sostenibile «produce» una quota di occupati in poche settimane dal diploma pari ad oltre l'82 per cento.
  Caratteristica di questi post-diploma è il tirocinio attivo. Per il 30 per cento delle ore i ragazzi sono in tirocinio attivo, quindi fuori dal percorso di studi, per imparare un lavoro sul campo.
  Almeno il 50 per cento delle ore di docenza è svolto da professionisti, quindi da personale esterno, proveniente dal mondo delle produzioni, dell'artigianato e più in generale del lavoro.
  Da quest'anno è attivo un sistema innovativo di monitoraggio dei risultati. Questo monitoraggio è collegato a una percentuale, circa il 10 per cento delle risorse, che il Ministero dell'istruzione e le regioni mettono a disposizione di queste scuole di specializzazione.
  Gli ITS funzionano se i ragazzi trovano un'occupazione coerente con il titolo di studio e stabile nel tempo. Il monitoraggio è svolto anche a sei mesi e a dodici mesi dall'entrata nel posto di lavoro.
  La valutazione servirà, perché una parte delle risorse pubbliche, governative e Pag. 6regionali, verrà data agli ITS che hanno utilizzato meglio le risorse dei precedenti anni e, quindi, hanno risultati migliori.
  Passando velocemente a un altro dei cardini della nostra azione, l'apprendistato ha avuto inizio con l'anno scolastico corrente, 2014-2015. Si svolge negli ultimi due anni di percorso di studi degli istituti tecnici.
  Parlando di apprendistato, non posso non ricordare che è stato possibile attuarlo in sperimentazione anche grazie al lavoro di questa Commissione, che ringrazio ufficialmente avendone l'opportunità. Eravamo nella discussione del cosiddetto «decreto Carrozza», il decreto-legge n. 104 del 2013, e, proprio grazie a un emendamento presentato all'unanimità – se non ricordo male – da questa Commissione, è stato possibile inserire l'articolo 8-bis, che con l'anno scolastico che è partito da settembre ha permesso a 145 ragazzi che avevano terminato la classe terza di istituti tecnici di sette città italiane di sette regioni, al nord, al centro e al sud, di entrare in questa sperimentazione.
  Sottolineo solo un dato assolutamente da ricordare: per 145 posti disponibili, si sono presentati nei primi giorni di agosto e con pochissimo preavviso quasi 1.000 ragazzi, segno che quando scuola e lavoro dialogano – con l'apprendistato è molto più di un dialogo – i ragazzi rispondono e chiedono di entrare, ancorché in un progetto sperimentale.
  L'ENEL è l'azienda in Italia che ha raccolto per prima quest'opportunità. I ragazzi di sette istituti tecnici in Campania, Puglia, Emilia-Romagna, Lazio, Piemonte, Toscana e Veneto, attualmente, un giorno alla settimana o al massimo due, invece di stare a scuola in lezione frontale, stanno nelle aziende a imparare un mestiere sul campo.
  Sono seguiti da tutor scolastici e tutor aziendali. Anche questo ha comportato un intervento economico da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e da parte dell'azienda.
  I ragazzi, all'inizio del quarto anno, entrando nella classe sperimentale in apprendistato, firmano un contratto di apprendistato e percepiscono un riconoscimento economico che è proporzionato rispetto al lavoro che svolgono. Non si tratta, quindi, di cifre esorbitanti.
  Il contratto di apprendistato è di tre anni: due anni in quarta e quinta e un anno in post-diploma all'interno dell'azienda.
  Li stiamo seguendo con una particolare attenzione. Devo dire che i risultati sono assolutamente soddisfacenti, per i ragazzi, per i professori che li seguono, per i tutor e, ultima ma non ultima, anche per l'azienda, che per loro prospetta un'assunzione immediata alla fine del percorso e del diploma.
  Ricordo molto velocemente un altro degli elementi di raccordo fra scuola e lavoro sul quale abbiamo bisogno di maggiore intervento, ovvero l'impresa formativa con finalità didattiche.
  Spesso e volentieri questa viene indicata come l'azienda scolastica, però il tema va spiegato. Nessuno vuole aprire un'azienda così come la conosciamo nel percorso scolastico. Si tratta di una possibilità in più di far fare esperienza diretta ai ragazzi all'interno di un percorso scolastico.
  Il percorso più conosciuto di impresa formativa con finalità didattiche è all'interno degli istituti agrari, che da decenni hanno la possibilità di aprire all'interno dello stesso istituto un'impresa didattica agraria, gestita direttamente dalla stessa struttura scolastica, cioè dal preside, dal dirigente scolastico e dal dirigente amministrativo.
  L'utilità consiste nel far fare esperienza diretta sul campo (in tutti i sensi, per quanto riguarda gli istituti agrari). Le competenze che si sviluppano in questo percorso sono utili proprio per i ragazzi che, una volta terminato il ciclo di studi, vorranno cimentarsi con il mondo del lavoro.
  Tuttavia, questo percorso assolutamente formativo ad oggi è limitato solo a queste tipologie di scuole, cioè agli istituti agrari.
  Il lavoro che stiamo tentando di fare è quello di ampliare anche ad altre tipologie Pag. 7di scuole, tecniche e professionali in particolar modo, la possibilità di esercitarsi sul campo.
  Pensiamo agli istituti alberghieri. In questo momento un istituto alberghiero non può svolgere autonomamente questo percorso anche all'esterno. Alcuni istituti alberghieri hanno autonomamente creato delle fondazioni esterne, per poter far svolgere ai ragazzi delle esercitazioni sul campo. Il ristorante didattico, aperto anche solo qualche giorno a settimana a pranzo, serve per fare esercitare nella realtà i ragazzi. Questa è la finalità formativa dell'impresa formativa con finalità didattiche.
  Questo è un aspetto su cui siamo carenti. Alla carenza del Ministero cercano di rispondere in maniera autonoma presidi, professori o scuole, inventandosi dei percorsi alternativi, peraltro molto utili.
  Nella relazione trovate due esempi che da alcuni anni sono in piedi, uno a Firenze, con l'alberghiero «Aurelio Saffi» e con il ristorante didattico «La prova del nove», e uno a Gallarate, con il ristorante didattico «Saperi e sapori».
  I poli tecnico-professionali sono l'ultimo aspetto che sottolineo delle varie azioni che stiamo mettendo in campo. Un po’ sulla falsariga degli istituti tecnici superiori, nell'ambito del questo dialogo tra scuola e mondo del lavoro, stiamo sperimentando in quasi la totalità delle regioni il modello dei poli tecnico-professionali: scuole e aziende che dialogano fra di loro sull'alternanza, su periodi di stage in azienda o all'estero, sul collaborare per rifare i laboratori scolastici. Si tratta di occasioni in cui scuola, mondo del lavoro e imprese dialogano effettivamente sulla urgenza e sulla necessità di un rapporto.
  L'ultimo aspetto che sottolineo nell'ambito del lavoro che ci aspetta già nei prossimi mesi riguarda un'azione mirata che tenga conto dell'attuale situazione dei laboratori nelle scuole superiori e in particolar modo negli istituti tecnici e professionali.
  Anche quest'anno il Ministero ha messo a disposizione 1,2 miliardi di euro per un bando, ma è una cifra assolutamente irrisoria rispetto alle necessità. Spesso e volentieri le nostre scuole, in particolar modo le scuole più a contatto con il mondo del lavoro, hanno dei laboratori non più utilizzabili.
  Questo ci deve far riflettere e ci sta facendo riflettere, perché serve un piano straordinario incisivo, non solo economico, che ci faccia ribadire che i laboratori sono la prima palestra che mette in contatto il ragazzo col mondo del «saper fare», quindi con il mondo del lavoro.
  Su questo l'impegno è reale. Spero che nei prossimi mesi anche su questo aspetto ci possano essere dei segnali positivi. L'impegno c’è.
  Allo stesso modo, l'impegno delle scuole, ma anche delle università nei servizi per il lavoro ha avuto un impulso significativo, grazie al programma di Italia Lavoro Spa, denominato Formazione e innovazione per l'occupazione (FIXO).
  Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca partecipa a questo programma in relazione alla seconda linea di intervento, dedicata a qualificare i servizi di orientamento e placement e a promuovere misure e dispositivi di politiche attive per il lavoro negli istituti scolastici.
  Lo scopo di FIXO è quello di aiutare le scuole a erogare servizi di placement rivolti a studenti e diplomati, con l'intenzione di ridurre i tempi di ingresso nel mercato del lavoro e aumentare la possibilità di trovare un'occupazione in linea con gli studi effettuati.
  In particolar modo, il programma qualifica le scuole come attori nel mercato del lavoro, al fine di promuovere tirocini e alternanza scuola-lavoro, contratti di apprendistato e altre misure per l'occupazione, incentivando l'inserimento lavorativo dei giovani diplomati.
  Il Ministero è impegnato a rinnovare il sistema di orientamento. Citavo poc'anzi il dato di AlmaDiploma: un ragazzo su due si dichiara insoddisfatto della scelta che ha fatto al momento dell'iscrizione alla scuola. Pertanto, l'orientamento va ripensato.Pag. 8
  Negli ultimi due anni di scuola superiore occorre un orientamento più indicato sull'università, ma anche sul placement. Il ragazzo trova nella scuola l'unico contatto che ha avuto con il mondo del lavoro. Ad esempio attraverso un tirocinio, un'esperienza di scuola-lavoro alternanza o uno stage. Pertanto, chiede alla scuola o al professore che l'ha accompagnato in questo percorso di alternanza come può fare. Noi non possiamo tirarci indietro rispetto a questa richiesta. Occorre anche un orientamento iniziale, rispetto alla scuola media.
  Diversi sono anche i siti internet – trovate tutte le indicazioni nella relazione – che aiutano i ragazzi. Come sapete bene, internet è uno strumento che i ragazzi utilizzano molto più facilmente di noi. Noi ci stiamo adattando su questo. È una comunicazione diretta tramite siti, blog, social network e e-mail. Il Ministero ha istituito una task force per rispondere alle e-mail, perché il canale più diretto di richiesta di informazioni è quello.
  Sul tema dell'università, il Ministero interviene con diversi strumenti. Ne cito per brevità tre. Trovate gli altri nella relazione. Il primo è sulle linee generali di indirizzo per la programmazione triennale degli atenei.
  Ci troviamo in un tema, quello dell'università, che è un po’ delicato riguardo alle azioni del Ministero, in quanto c’è l'autonomia universitaria e, quindi, poi ogni ateneo sviluppa dei suoi percorsi.
  Comunque, per quanto di nostra competenza, agiamo sulle linee generali di indirizzo e programmazione triennale, sui processi di accreditamento dell'offerta formativa, in collaborazione con ANVUR, e, per quello che è possibile, su sistemi premiali di finanziamento che competono al nostro Ministero, finalizzati a incentivare il raggiungimento di alcuni risultati.
  La programmazione triennale per il periodo 2013-2015 si concentra su due obiettivi di sistema. In entrambi i casi, abbiamo incluso azioni per l'incontro tra domanda e offerta di lavoro.
  Il primo canale è la promozione della qualità del sistema universitario, che ricomprende azioni di miglioramento dei servizi agli studenti e anche del collocamento o dell'incontro tra domanda e offerta di lavoro.
  Il secondo aspetto è il dimensionamento sostenibile del sistema universitario e l'accorpamento o l'eliminazione di corsi di laurea che non hanno esiti occupazionali.
  C’è poi la progettazione dell'offerta formativa, nel quadro della riforma degli orientamenti didattici che è iniziata nel 1999 per dare seguito ad alcuni impegni presi anche a livello ministeriale con le varie università italiane.
  Infine, c’è il processo di accreditamento e valutazione dei corsi di studio, che verifica che le università adottino efficaci sistemi di assicurazione della qualità e che prevedano, peraltro, la consultazione del mondo del lavoro e l'utilizzo di tutte le informazioni a disposizione sulla condizione occupazionale dei propri laureati, con un monitoraggio costante degli esiti occupazionali dei laureati e anche un accreditamento periodico rispetto agli obiettivi formativi previsti nella fase progettuale del percorso di laurea.
  Come si è compreso, anche seda questa veloce esposizione, le azioni sul mondo dell'istruzione, della formazione e dell'università sono diverse. Quello che sappiamo è che dobbiamo fare molto, visti i numeri che abbiamo detto in premessa.
  Concludendo, riassumerei i canali di intervento in tre aspetti. Il primo riguarda l'orientamento. L'ho detto poc'anzi e lo ribadisco: è un tema sul quale come Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca abbiamo lavorato poco in questi anni ed è fondamentale. Per limitare le possibilità di errore nella scelta della scuola o di un percorso scolastico rispetto a un cammino lavorativo che si vorrebbe intraprendere, occorrono informazioni reali. Il mondo della scuola, insieme a tanti altri attori, non può esimersi da essere attore principale nella fase di orientamento.
  Il secondo canale è quello che potremmo riassumere col tema dell'alternanza scuola-lavoro, cioè la creazione di Pag. 9occasioni all'interno del percorso scolastico che facciano fare esperienza diretta sul campo ai ragazzi. Insieme al sapere, viene il saper fare.
  Il terzo aspetto è l'accompagnamento al lavoro, cioè l'orientamento e il placement. Anche su questo aspetto il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca è stato distante in questi anni. I dati statistici negativi dell'occupazione dei nostri ragazzi ci fanno dire che dobbiamo ripensare tutto il percorso, fino a renderci conto che il tema del placement e dell'accompagnamento al lavoro riguarda in parte anche il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
  Su questi tre canali si gioca gran parte del lavoro, anche perché l'obiettivo di tutti è quello di abbattere i dati negativi che riguardano giovani e mondo del lavoro.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il sottosegretario Toccafondi per l'esauriente illustrazione dei temi del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, collegati al mondo del lavoro e soprattutto al mondo dei giovani e, quindi, della scuola.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  SERGIO PIZZOLANTE. Ringrazio il sottosegretario e colgo l'occasione per fare questo brevissimo intervento.
  Qualche settimana fa mi è capitato di leggere uno studio che mi ha molto impressionato. È uno studio del Dipartimento del lavoro del Governo degli Stati Uniti. In questo studio c’è un dato che, ripeto, mi ha enormemente impressionato. La tesi di questo studio è che il 66 per cento dei ragazzi americani attualmente a scuola – credo che se questo è un dato valido per gli Stati Uniti d'America non possa non essere valido almeno per il resto dell'Occidente – faranno un lavoro che ancora non è stato inventato.
  Questo testimonia il tumultuoso cambiamento del mondo del lavoro. D'altronde, chi studiava venticinque o trenta anni fa non poteva certamente immaginare che un giorno avrebbe fatto un lavoro che in qualche modo fosse collegato ad internet. Chi andava a scuola dieci anni fa non poteva immaginare che un giorno avrebbe fatto un lavoro collegato a Google o a Facebook.
  Comunque, il 66 per cento dei ragazzi che vanno a scuola faranno un lavoro che ancora non è stato inventato.
  Quello dell'orientamento al lavoro, che il sottosegretario poneva come principale, è un tema che anch'io considero fondamentale, ma su questo occorre forse fare un lavoro di orientamento forse completamente diverso da come lo abbiamo immaginato sino ad ora. Infatti, il ragazzo va educato anche alla prospettiva di studiare per poter fare nell'arco di pochi anni un lavoro che ancora non è stato inventato.
  Questo è un tema grandissimo. Occorre un'educazione del ragazzo, non soltanto all'orientamento verso il lavoro, ma anche all'orientamento verso un lavoro che ancora non c’è. Il ragazzo va educato anche alla possibilità di fare un lavoro che poi può scomparire nell'arco di qualche anno e, quindi, va messo nella condizione di essere pronto a fare un lavoro che ancora nemmeno si immagina e nemmeno intravede.
  In conclusione, il tema dell'orientamento al lavoro è fondamentale, ma va completamente ripensato. Bisogna anche ripensare la figura di formatore o di insegnante che orienta, perché questo è un altro problema. Chi forma i formatori che dovranno aiutare i ragazzi nell'orientamento al lavoro ?
  Sono d'accordo sul fatto che è un tema fondamentale, ma forse questo tema richiede da parte del Ministero un approfondimento o uno studio, perché ci troviamo di fronte a un cambiamento tumultuoso, che è molto al di là di quello che abbiamo immaginato sino ad ora. Io sono contento che il Ministero lo consideri un elemento prioritario, ma forse occorrerebbe che lo stesso Ministero si mettesse nelle condizioni di capire questo fenomeno nuovo.

Pag. 10

  MARIALUISA GNECCHI. Siamo contenti di questa audizione e, quindi, ringraziamo il sottosegretario.
  Anch'io, sono molto stupita del fatto che il 46 per cento dei giovani neodiplomati si dica addirittura pentito della scelta fatta. Questo mi sembra veramente molto preoccupante.
  Vediamo che presto ogni scuola avrà un tutor dedicato all'orientamento e alla didattica orientativa, che deve coinvolgere tutti i docenti di tutte le discipline. Vorrei capire se sia stato pensato il profilo di questo tutor. Di quali competenze professionali o di che tipo di figura professionale si tratterà ? Potrebbe anche essere, peraltro, un nuovo sbocco professionale da garantire all'interno di una scuola. Si potrebbero garantire delle équipe di orientamento che abbiano varie figure professionali che interagiscono e, quindi, che possano realmente rispondere a un orientamento efficace. Il fatto che un giovane su due si dichiara insoddisfatto è veramente una cosa gravissima per il sistema.
  Temo, invece, che sia un po’ un alibi pensare che ci sia ancora un blocco ideologico secondo cui la scuola non deve contaminarsi con il lavoro, perché, almeno per quella che è la mia esperienza – ho fatto l'assessore al lavoro, alla formazione professionale e alla scuola nella provincia autonoma di Bolzano – ho visto che ci sono un'interazione e una collaborazione. Ovviamente non dico niente sull'apprendistato, perché sappiamo che la nostra è una realtà privilegiata e particolare. In termini generali, mi sembra che immaginare che ci sia ancora un blocco ideologico equivalga un po’ a trovarsi un alibi per giustificarsi.
  Mi sembra che puntare veramente su un servizio di orientamento nuovo, qualificato e con figure professionali idonee possa essere uno sbocco reale.

  GIORGIO PICCOLO. Ringrazio il sottosegretario. Ho trovato molto interessante la relazione, ma anche l'argomento. Vorrei sottolineare solo alcuni punti.
  Rispetto alla dispersione scolastica, si pone un problema di eguaglianza nel Paese: il fatto che la dispersione più alta stia negli istituti tecnici e negli istituti artistici la dice lunga di chi accede a queste scuole. Prima, come diceva lei, rispetto alle scuole medie c'era uno stillicidio. È chiaro che una fascia più abbiente prosegue gli studi. Invece nelle fasce meno abbienti, specialmente nel Mezzogiorno, se gli studi non sono collegati a una prospettiva di lavoro, la dispersione è più rilevante.
  Rispetto all'osservazione che il 46 per cento dei giovani si dichiara pentito della propria scelta scolastica, magari riuscissimo ad avere un equilibrio fra scuola e lavoro ! L'argomento di cui parlava il collega Pizzolante è importante, perché riguarda il futuro. È chiaro che fare un orientamento rispetto al lavoro che ci sarà fra dieci anni è una sfida, così come l'adeguamento di chi deve formare questi giovani.
  Basti pensare alla formazione professionale; anche se qui stiamo parlando della scuola. In molte regioni si fanno ancora corsi per figure che non esistono più. Qual è la prospettiva ? Quel corso è inutile. Serve forse ai formatori, ma non serve sicuramente a poter accedere al mercato del lavoro.
  Da questo punto di vista, invece, è sempre più importante il ragionamento che veniva fatto di integrare il sapere e il saper fare. L'esempio è ancora minimale. Che l'ENEL faccia questa operazione è importante. Io vengo dal settore e lo conosco bene. Lo ha sempre fatto. L'azienda in qualche modo aveva anche un carattere pubblico e un carattere professionale.
  Oggi il problema da affrontare nel mercato del lavoro è la disoccupazione di tipo generico. È difficile trovare nei lavori manuali il saper fare e a livello universitario delle competenze non generiche. Oggi questo è complicato: non si incontrano scuola e lavoro.
  L'esempio dell'ENEL è importante. Peraltro, serve all'azienda avere elettricisti e gente che lavora con qualifiche importanti. Anche Finmeccanica è importante. Tuttavia, dobbiamo andare oltre l'unione industriale, Pag. 11affinché questo sia un elemento diffuso, che serve alle imprese e serve agli studenti.
  Ho una curiosità. So come sta funzionando all'ENEL. Il giudizio è positivo complessivamente. Quali sono i criteri di accesso, visto che la selezione la fa la scuola ? Ci sono criteri oggettivi o criteri soggettivi ? Questa è la domanda che mi premeva fare.
  È chiaro che tutto quello che si sta muovendo rispetto al passato è un elemento positivo. Bisogna vedere come si mette in equilibrio la scuola con il lavoro, con la formazione e con il saper fare. Credo che sia una sfida importante anche per il futuro, perché noi abbiamo una grande disoccupazione di tipo generico. A volte è difficile trovare professionalità adeguate alla situazione attuale del mondo lavoro.

  ELISA SIMONI. Ringrazio il sottosegretario, per l'illustrazione. A me, in realtà, non meraviglia il 46 per cento di pentimento. Ci sono due forme di pentimento: il primo è quello dei ragazzi che si trovano a confrontarsi con l'università. Lì paghiamo fortemente la mancata comunicazione tra il percorso scolastico precedente e quello universitario. L'altro è quello successivo, che ovviamente si amplia nel momento in cui la frustrazione della mancanza di prospettive e di posti di lavoro diventa evidente, quindi ci si chiede se si è fatta la scelta giusta.
  Questo tema è strettamente collegato a quello che dicevano i miei colleghi, in particolare il deputato Pizzolante, ma anche il mio capogruppo, sull'orientamento rispetto alla figura del tutor. Sicuramente quella figura dovrà cercare di capire quali sono le potenzialità del ragazzo e quali sono gli elementi che possono essere implementati dal percorso di formazione. Il tutor dovrà fare anche un'altra operazione, che è quella che Pizzolante diceva, ovvero immaginare i lavori.
  Per fare questo non è sufficiente qualcosa di generale, ma è necessario qualcosa di particolare. Mi riferisco al fatto di avere dati e informazioni sull'economia territoriale. Noi abbiamo sempre più esperienze di percorsi scolastici fatti in territori e regioni dove le figure professionali che vengono sviluppate non esistono, cioè non hanno applicazione. Per alcuni percorsi scolastici molto alti, si immagina e anzi si spera che il ragazzo si sposti e addirittura vada in un'altra regione o altrove. Questo può anche essere collimante con una crescita. Invece, per altri percorsi professionali, magari un po’ più bassi anche se molto professionalizzanti, questo è assolutamente inconciliabile con l'accesso al lavoro.
  Spesso le strutture locali non hanno nessun dato, anche nei tutoraggi che avvengono nelle scuole, sull'economia territoriale. Non si ha la più pallida idea di quali siano le aziende in un territorio e di quali siano le prospettive delle aziende che in quel territorio insistono. Questo mi sembra il dato fondamentale per poi dire a un ragazzo come si concilia la sua potenzialità con quello che può essere il suo futuro e la sua prospettiva lavorativa.
  C’è un altro elemento secondo me molto interessante, che è quello della sperimentazione. In alcuni territori le sperimentazioni sui percorsi scuola-lavoro sono interessanti. Non è un caso, sottosegretario, che le più interessanti avvengano in quei settori – abbiamo citato l'alberghiero o l'agricoltura – dove l'azienda è già presente e ha una strumentazione più semplice.
  Le criticità risiedono – questa per noi è una questione importante – in quei settori, come la meccanica, dove noi abbiamo un problema sia nella sperimentazione in azienda, per il tipo d'azienda, sia nella sperimentazione a scuola, quindi nei laboratori, perché ovviamente si rischia l'obsolescenza dei macchinari, che è il grande tema nei tentativi di sperimentazione fatti negli anni, anche con una lungimiranza e una modernità assoluta di alcune regioni e di alcuni enti locali. Io metto un ragazzo ad applicarsi su macchinari di un certo tipo e faccio un investimento importante, ma va valutato il rischio che, dopo quattro o cinque mesi, questi macchinari risultino superati.Pag. 12
  A questo proposito, secondo me, è necessaria a livello europeo una riflessione sull'utilizzo e sui limiti enormi che hanno i fondi europei, sia della formazione sia di altro tipo. Su tutta la formazione noi abbiamo dei limiti enormi di utilizzo dei fondi europei, in termini di capacità di stare al passo e di riuscire ad applicare anche processi di sperimentazione che obbligano ad avere strumentazioni adeguate.

  VINCENZA LABRIOLA. Ringrazio il sottosegretario, per gli spunti che ci ha dato con la sua relazione. Quello che mi chiedo è se ci sono dei dati sull'alternanza scuola-lavoro nelle varie regioni. Se ci fossero, come si spiega il gap che inevitabilmente ci sarà tra le regioni del Sud e quello del Nord ?
  Anch'io con la laurea ho svolto questi tirocini, che contavano come un esame. Altrimenti non avrei potuto prendere la laurea. Ho vissuto come un trauma queste 400 ore di formazione presso un'agenzia di comunicazione, che tutto ha fatto con me tranne che formazione. Quando si è in presenza di un determinato aspetto del proprio tirocinante, invece di metterlo lì per insegnargli qualcosa lo si porta in giro come se fosse un assistente personale.
  Il problema è nella interpretazione di questi dati. Come pensate di intervenire nel Sud ? Per favorire lo sviluppo di un Paese, avvicinando Nord e Sud, si dovrebbe partire anche dall'istruzione. Se non si parte con interventi seri, i NEET, che al Sud sono quasi il doppio di quelli presenti in alcune regioni del Centro-Nord, continueranno a crescere e non se ne verrà mai a capo.

  CLAUDIO COMINARDI. Gli Stati Uniti spesso anticipano le tendenze. Mi voglio ricollegare in parte al discorso fatto dal deputato Pizzolante sul fatto che la stragrande maggioranza degli studenti americani studiano in previsione dello svolgimento di lavori che ancora non esistono.
  Tuttavia, c’è un altro discorso da fare rispetto al fatto che il concetto di scuola e il concetto di università stanno diventando obsoleti. Proprio negli Stati Uniti, che anticipano le tendenze, si sta diffondendo in questi ultimi anni il life-long learning, che è una pratica di diffusione di conoscenza attraverso lezioni universitarie on line e open source. Non sono i corsi on line che immaginiamo noi, a pagamento. È un modo per superare l'intermediario scolastico e poter dare a qualsiasi tipo di persona la possibilità di accedere a un certo tipo di conoscenza.
  Secondo me, è quella la strada, perché la comunicazione e, quindi, anche le forme di apprendimento stanno mutando. Questo tipo di life-long learning dà la possibilità di aggiornarsi in continuazione, proprio perché questa è l'esigenza del mondo del lavoro, alla quale bisogna rispondere.
  Mi piacerebbe che, anche a livello governativo, si portassero avanti iniziative di questo tipo, sulla base di quello che sta succedendo, però già da anni, negli Stati Uniti.

  PRESIDENTE. Abbiamo pochi minuti, perché alle 15.00 avranno inizio le votazioni in Assemblea. Vorrei solo porre una domanda. Questa Commissione, insieme alla Commissione VII (Cultura), si è data molto da fare, come lei ha ricordato, per un emendamento che ha consentito per la prima volta l'alternanza scuola-lavoro, utilizzando i contratti di apprendistato.
  L'anno scorso, un po’ tumultuosamente, perché lei ha provveduto a rendere operativa la norma, si è iscritta ENEL in vista della formazione di 145 giovani. La domanda è molto semplice. Quest'anno resterà ENEL ? Ci sono altre imprese ? Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca scommette su questa alternanza che consente ai ragazzi interessati di avere una paga, anche se sarà bassa ? Comunque, sono 450 euro lavorando il venerdì e l'estate.
  In secondo luogo, è possibile utilizzare i centri per l'impiego pubblici e privati per incoraggiare le imprese verso questa strada ?
  In terzo luogo, vorrei sapere se la riforma che avete in animo nel settore dell'istruzione renderà più robusta questa Pag. 13possibilità oppure la soffocherà nella culla.
  Do la parola al sottosegretario Toccafondi per la replica.

  GABRIELE TOCCAFONDI, Sottosegretario di Stato per l'istruzione l'università e la ricerca. Devo dire che le domande sono state tutte molto appropriate rispetto ai temi in oggetto e, quindi, faccio i complimenti alla Commissione per la conoscenza molto approfondita della materia.
  Parto dal tema dell'apprendistato. In primo luogo, quest'anno la sperimentazione è partita con ENEL perché il decreto interministeriale, dopo il famoso articolo 8-bis del decreto-legge n. 104 del 2013 (cosiddetto «decreto Carrozza»), è stato adottato – una volta perfezionatosi l’iter di adozione con l'acquisizione dei previsti concerti ministeriali – a giugno. L'unica azienda che era già pronta da alcuni mesi – con gli accordi sindacali interni e con gli accordi con gli istituti tecnici – e che, quindi, si era portata avanti aspettando il Ministero, era ENEL.
  L'aspetto positivo di una sperimentazione è che ci siano pochi casi: il fatto che ci siano sette istituti in sette regioni differenti di tutte le zone d'Italia, con 145 ragazzi permette anche a noi di seguire attentamente la sperimentazione.
  Spesso e volentieri qualcuno dice liberamente: «Viva il modello duale tedesco». In Italia noi non siamo pronti al modello duale tedesco, che prevede che negli ultimi tre anni, tre anni e mezzo di istruzione superiore quattro o cinque giorni non si passano a scuola ma in azienda a imparare un mestiere, mentre uno o al massimo due giorni si passano tra i banchi di scuola.
  Noi dobbiamo trovare la via italiana al sistema duale tedesco, cioè dobbiamo percorrere la nostra strada. Il tema dell'apprendistato con gli ultimi due anni di scuola superiore è un pezzo di questa strada che dobbiamo costruire.
  Tuttavia, non vogliamo che ci sia solo ENEL. Quest'ultima proseguirà la sperimentazione anche il prossimo anno. Ci ha fatto piacere constatare in questi mesi e anche in queste ultime settimane che le aziende italiane si stanno avvicinando al Ministero e ai nostri uffici scolastici regionali, chiedendo informazioni e anche andando oltre. La nostra ipotesi è che a settembre partiranno più idee di apprendistato negli ultimi due anni con diverse scuole in tutta Italia. Il lavoro è questo.
  Qualcuno chiedeva come sono stati selezionati i ragazzi. Sono stati selezionati da una commissione scolastica, della quale faceva parte anche un delegato aziendale di ENEL, ed era tutta incentrata sulla motivazione, non sugli esiti scolastici dei primi tre anni di percorso scolastico. Questo è dovuto al fatto che era un'occasione per tutti, anche per quelli che avevano fatto un po’ più fatica negli anni scolastici sulle materie in oggetto.
  In questo monitoraggio sorprende positivamente – ne sono molto soddisfatto – che i ragazzi che hanno avuto più difficoltà scolastiche nei primi tre anni e sono entrati nella classe sperimentale ENEL sono quelli più attivi e anche più motivati, segno che il fare esperienza fa cambiare loro un po’ la prospettiva e, quindi, si studiano magari anche le altre materie, avendo un obiettivo, che è lavorativo e molto concreto.
  Pertanto, non vogliamo far morire in culla assolutamente niente. Nel provvedimento in materia di istruzione di prossima adozione questa ipotesi sul tema apprendistato, collegato anche ai decreti delegati attuativi del Job act, troverà una sua fisionomia non più in fase sperimentale. Penso che l'obiettivo di tutti sia quello di mettere a regime questa opportunità.
  Come sempre, è un'opportunità, cioè i ragazzi devono semmai iscriversi, volerlo fare, presentarsi a una selezione e in ogni momento possono recedere dal contratto e tornare invece nel percorso scolastico normale.
  Per quanto riguarda il tema start-up, autoimprenditorialità e altro, nella relazione trovate un aspetto che per brevità non ho toccato in maniera approfondita, ma è fondamentale. Tutto quello che stiamo pensando sull'alternanza scuola-lavoro parte dall'obiettivo di dare le competenze Pag. 14ai ragazzi perché possano poi misurarsi col mondo del lavoro o anche avere delle competenze minime di base per un'autoimprenditorialità.
  Peraltro, vi posso assicurare che dentro le nostre scuole, nei percorsi di sperimentazione e di esercitazione laboratoriale, i ragazzi hanno innato l'aspetto di essere propositivi e di avere idee innovative. Mi è capitato di vedere direttamente alcune scuole che, nel quadro del percorso di sperimentazione e di esercitazione, hanno anche fatto brevettare ai ragazzi e alla scuola, attraverso la Camera di commercio, alcuni oggetti o manufatti creati durante un percorso scolastico o un'esercitazione.
  Per quanto riguarda il tema dei macchinari, a cui si faceva riferimento, una semplice provetta o altro, nell'idea di un piano straordinario sui laboratori, sentiamo forte l'esigenza di sperimentare quello che in Germania si chiama «laboratorio territoriale», cioè un laboratorio condiviso tra più scuole, con alcune aziende che danno un sostegno nel tempo. Quel laboratorio, con macchinari più importanti, è al servizio di più scuole e di un territorio, quindi nel pomeriggio è aperto a ragazzi che vogliono mettere su una start-up. È un luogo fisico della scuola, ma non solo.
  Preoccupa molti e anche il sottoscritto, come ho sottolineato, questo 46 per cento di cosiddetti «pentiti». Intendiamoci: alla conclusione di un percorso il ragazzo a cui viene posta una domanda del genere ha sempre un po’ di contrarietà rispetto alla scuola, quindi magari la reale percentuale dei «pentiti» veri non sarà proprio il 46 per cento, ma è un dato comunque significativo.
  Non possiamo passarci sopra. Questo dato dipende anche da noi, in un percorso di orientamento che però deve arrivare nelle scuole secondarie di primo livello, cioè nelle scuole medie. Deve arrivare, ma non con i funzionari del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, come veniva sottolineato; è il territorio che deve far comprendere ai ragazzi e soprattutto alle loro famiglie qual è la situazione imprenditoriale, artigianale lavorativa e quali sono le prospettive occupazionali del territorio stesso. La famiglia e i ragazzi devono avere tutti gli elementi e poi serenamente decideranno, avendo tutti questi elementi.
  Certamente preoccupa il 46 per cento dei ragazzi cosiddetti «pentiti», ma preoccupa molto di più, se permettete, il 44 per cento di disoccupazione giovanile. Nel 2008, prima dell'arrivo della crisi che conosciamo, questo dato era sotto il 20 per cento. Questo è il segno che la crisi ha colpito tutti, come sappiamo, ma soprattutto i ragazzi, cioè l'anello più debole in questo momento. Perché dico questo ? Perché sulle competenze da spendere nel mondo del lavoro i ragazzi usciti da scuola sono i più deboli.
  Questo deve farci riflettere e ci sta facendo riflettere, visto l'elenco di azioni che stiamo tentando di mettere in piedi o che abbiamo già messo in campo, perché l'obiettivo fondamentale è dare ai ragazzi quelle competenze che il mondo del lavoro richiede, generiche, dal lato dell'imprenditorialità, ma anche molto pratiche.
  L'ultimo aspetto che sottolineo concerne l'alternanza scuola-lavoro. In alcune aree geografiche abbiamo dati più preoccupanti di abbandoni e di alternanza. Le due cose forse vanno di pari passo. In alcune aree geografiche il problema dell'alternanza è trovare aziende disposte a farla.
  L'idea che abbiamo è di ampliare la possibilità relativa all'azienda simulata, cioè un'azienda del territorio che non prende i ragazzi in alternanza – ne potrebbe prendere pochi – ma va dentro le scuole a simulare delle esercitazioni reali, scatenando l'effetto moltiplicatore. Un'altra idea è l'alternanza all'interno di percorsi pubblici: musei, parchi archeologici, Camere di commercio.
  Questo è possibile in alcune zone, ma solo se c’è un cambio di mentalità, perché l'alternanza deve essere vera e su questo noi dobbiamo lavorare molto. Occorrono tirocini veri, alternanza vera, stage veri, un albo delle aziende che chiedono ragazzi in alternanza, controlli, tutor.Pag. 15
  Qualcuno sottolineava il tema del tutor. Il tutor che orienta e che si occupa solo di alternanza e di placement è una figura nuova, che fa solo quello all'interno della scuola e che controlla. Attualmente la penuria di personale scolastico non ci offre l'opportunità di avere una persona che sia il punto di riferimento e quindi svolga anche i controlli.
  Spero di aver risposto a quasi tutto.

  PRESIDENTE. Ringraziamo veramente il sottosegretario per il suo contributo all'indagine. In questa Commissione troverà sempre un grande interesse per questo tema. Speriamo di poter cooperare anche nel futuro.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.05.

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