XVII Legislatura

XI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 12 di Giovedì 19 febbraio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Damiano Cesare , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA GESTIONE DEI SERVIZI PER IL MERCATO DEL LAVORO E SUL RUOLO DEGLI OPERATORI PUBBLICI E PRIVATI

Audizione di rappresentanti della Conferenza delle Regioni e delle province autonome.
Damiano Cesare , Presidente ... 2 
Simoncini Gianfranco , Assessore alle attività produttive, al credito e al lavoro della Regione Toscana ... 2 
Damiano Cesare , Presidente ... 6 
Aprea Valentina , Assessore all'istruzione, alla formazione e al lavoro della Regione Lombardia ... 6 
Damiano Cesare , Presidente ... 7 
Gnecchi Marialuisa (PD)  ... 7 
Damiano Cesare , Presidente ... 8 
Paris Valentina (PD)  ... 8 
Damiano Cesare , Presidente ... 9 
Zappulla Giuseppe (PD)  ... 9 
Damiano Cesare , Presidente ... 10 
Valente Lucia , Assessore al lavoro della Regione Lazio ... 10 
Damiano Cesare , Presidente ... 11 

ALLEGATO: Documentazione presentata dai rappresentanti della Conferenza delle Regioni e delle province autonome ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CESARE DAMIANO

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti della Conferenza delle Regioni e delle province autonome.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla gestione dei servizi per il mercato del lavoro e sul ruolo degli operatori pubblici e privati, l'audizione di rappresentanti della Conferenza delle Regioni e delle province autonome.
  Ringrazio i nostri ospiti per la loro partecipazione. Sono presenti il dottor Gianfranco Simoncini, assessore alle attività produttive credito e lavoro della Regione Toscana e coordinatore degli assessori al lavoro; l'onorevole Valentina Aprea, assessore all'istruzione alla formazione e al lavoro della Regione Lombardia e coordinatore vicario della Commissione istruzione e lavoro e ricerca e innovazione della Conferenza delle Regioni e delle province autonome; la dottoressa Luciana Valente, assessore al lavoro della Regione Lazio; il dottor Paolo Baldi, direttore dell'area lavoro della Regione Toscana; la dottoressa Francesca Giovani, dirigente del settore lavoro della Regione Toscana; il dottor Giovanni Bocchieri, direttore generale della struttura lavoro e istruzione della Regione Lombardia.
  In rappresentanza della segreteria della Conferenza delle Regioni e delle province autonome sono presenti, inoltre, il dottor Paolo Alessandrini, dirigente per i rapporti con il Parlamento; l'avvocato Arianna Borghetti, dirigente competente per la materia del lavoro; il dottor Giuseppe Schifini, vicecapo ufficio stampa.
  Avverto che gli auditi hanno messo a disposizione della Commissione un documento, del quale autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
  Do ora la parola agli auditi per lo svolgimento delle relazioni. Inizia l'assessore Simoncini.

  GIANFRANCO SIMONCINI, Assessore alle attività produttive, al credito e al lavoro della Regione Toscana. Ho consegnato all'inizio dei lavori il documento che questa mattina la Conferenza delle Regioni e delle province autonome ha approvato come contributo all'indagine conoscitiva alla quale siamo invitati. È un documento abbastanza corposo, di 17 pagine, quindi non lo leggerò, ma do atto che si tratta di un lavoro molto serio svolto dagli assessori e dagli uffici e che rappresenta una sorta di fotografia dello stato dell'arte dei centri per l'impiego e dei servizi competenti nel nostro Paese. Esso reca anche un richiamo a una serie di questioni sulle quali vogliamo, in occasione di quest'audizione, segnalare anche un forte allarme e una forte preoccupazione.
  È indubbio che quello di un riordino dei servizi per il lavoro sia un tema condiviso da parte delle Regioni. Più volte in questi anni e anche in questa sede Pag. 3abbiamo sottolineato il fatto che c’è bisogno di andare verso un sistema nuovo che superi la frantumazione delle competenze, oggi sostanzialmente allocate presso le province, e che valorizzi fortemente il contributo che da parte del sistema del privato può venire in questa direzione.
  L'ipotesi su cui abbiamo lavorato è quella di un sistema nazionale per il lavoro, che veda un'agenzia nazionale con funzioni di coordinamento, di definizione dei LEP, di controllo, con poteri sostitutivi, e un sistema di agenzie regionali che, valorizzando le diverse esperienze presenti e le diverse articolazioni, sia però in grado di avere la gestione e il controllo dei servizi e, soprattutto, di mantenere la territorialità. Riteniamo, infatti, che una visione centralistica rischierebbe di far perdere la specificità dei sistemi, del lavoro territoriali e il loro radicamento a nostro avviso fondamentale.
  Da questo punto di vista, nel documento si fa anche una riflessione sull'esperienza di questi anni e si denuncia un fatto. Il nostro è un Paese che storicamente ha privilegiato, per scelte del Parlamento, maggiormente la spesa verso le politiche passive rispetto a quelle attive. La dotazione dei servizi per il lavoro nel nostro Paese, secondo dati del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, quindi non delle Regioni, è di un operatore ogni 254 utenti, mentre negli altri Paesi, secondo il nostro benchmarking, i dati sono ben diversi: in Gran Bretagna, un operatore ogni 19 disoccupati; in Francia, uno ogni 54; in Germania, uno ogni 28.
  La stessa spesa pubblica del sistema per il lavoro in percentuale del PIL è pari allo 0,25 in Francia, allo 0,35 in Germania, allo 0,21 nel Regno Unito, allo 0,03 nel nostro Paese. Questo dato di per sé rappresenta che nel nostro Paese si sono compiuti miracoli. Lo sottolineo, perché talvolta c’è una visione distruttiva dei servizi per il lavoro pubblici e privati. Nel nostro Paese si sono compiuti i miracoli in questi anni nella gestione delle centinaia di migliaia di lavoratori in cassa integrazione in deroga, tutti gestiti dai centri per l'impiego e che hanno avuto tutti politiche attive. Si sono fatti miracoli anche nella gestione recente di «Garanzia Giovani», laddove siamo stati in grado di colloquiare e profilare decine di migliaia di lavoratori.
  Nella mia Regione a oggi abbiamo profilato 14.000 ragazzi e ragazze, dei quali indirizzato al lavoro il 32 per cento tra esperienze di tirocinio, di tempo determinato e di apprendistato; purtroppo la grande maggioranza di questi, 3.700, sono stati avviati con tirocinio, quindi un'esperienza più formativa che non lavorativa. Sapete, però, che ad esempio nella mia Regione è previsto il rimborso spese, come ormai è previsto in tutte le Regioni. Siamo stati in grado, quindi, in questi anni e con una dotazione di personale molto ridotta di offrire risposte importanti.
  Vogliamo qui esprimere una preoccupazione per il futuro, da più punti di vista. La prima è relativa alla riforma costituzionale. Abbiamo espresso una forte contrarietà alla decisione della Camera, la quale sostanzialmente ha ipotizzato una riforma della Costituzione che non prevede alcun ruolo delle Regioni sul lavoro. Ritroviamo il riferimento al lavoro tra le competenze esclusive dello Stato per i servizi per le politiche attive per il lavoro, ma il termine «lavoro» è completamente scomparso dal comma che riguarda le competenze regionali.
  Siamo preoccupati per una prospettiva che in buona sostanza esautora ogni legame con il territorio e con le cure del lavoro. Manifestiamo anche una contrarietà non per la difesa della bandiera delle Regioni, bensì perché secondo noi non è coerente un dettato costituzionale che, da un lato, affida alle Regioni la competenza sul sostegno ai sistemi economici locali e alle imprese e l'organizzazione della formazione, ma, dall'altro, non prevede per le Regioni alcuna competenza sul lavoro.
  Mi si deve spiegare come si fa a sostenere i sistemi economici locali e il sistema di impresa senza disporre delle politiche attive del lavoro, ma mi si deve anche spiegare come siano possibili delle politiche attive senza l'organizzazione della formazione, che è una delle politiche attive principali. Qui oggi vogliamo ribadire la Pag. 4nostra forte contrarietà rispetto a questo disegno di riordino della Costituzione non tanto, torno a dire, perché ci sembra che tolga qualcosa alle competenze regionali, ma perché abbiamo paura e siamo convinti che non funzionerà.
  Peraltro, ci ha anche stupito quest'accelerazione a fronte di affermazioni formali del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Poletti, che in un incontro con le Regioni a fine luglio aveva affermato di fronte a tutti che la posizione del Governo era molto simile a quella che le Regioni avevano avanzato su un sistema nazionale del lavoro articolato su un'agenzia nazionale e su agenzie regionali; quindi vediamo anche uno scostamento rispetto a queste affermazioni.
  Inoltre, vediamo anche uno scostamento rispetto alle stesse deliberazioni parlamentari sul Jobs Act, che – ricordo – era entrato in Parlamento con un testo che dichiarava che all'Agenzia nazionale per l'occupazione erano attribuite le «competenze gestionali» sulle politiche attive, con conseguente attribuzione del personale nazionale, regionale e provinciale. Poi, giustamente, il Parlamento ha modificato il testo nel senso di prevedere che all'Agenzia nazionale siano attribuite «competenze gestionali» anziché «le competenze», e, ovviamente, è stato tolto ogni riferimento al personale regionale e provinciale.
  Da questo punto di vista, quindi, in questa sede ribadiamo una forte contrarietà ed esprimiamo la preoccupazione che, se questo fosse l'approdo, ci troveremo di fronte a un sistema che non reggerà, almeno secondo noi, e che rischia di determinare contraccolpi pesanti sul territorio.
  Il secondo elemento di preoccupazione, però, è anche nell'immediato. Siamo di fronte a una fase di riordino delle province, che ha visto nel DPCM mettere in un canto il tema dei servizi per il lavoro. Si fanno tutti i trasferimenti per le altre competenze, salvo i servizi per il lavoro, che si dice avranno una risposta nel momento in cui il decreto legislativo attuativo del Jobs Act sarà attuato.
  Da questo punto di vista, come abbiamo già fatto ufficialmente, cogliamo l'occasione per sollecitare anche nelle aule parlamentari l'apertura di un confronto immediato con il Governo del Paese su questo. In questo momento abbiamo una doppia incertezza: una sui soldi, che non è poca cosa, cioè su come si pagano i dipendenti dei centri per l'impiego, non tanto i servizi, che possono contare sul fondo sociale europeo; una sul rischio di una forte riduzione e depauperamento del personale. Mi spiego meglio.
  Sulla prima questione, nella legge di stabilità per il 2015 si è detto che le province e le Regioni, nelle more, possono utilizzare il fondo sociale europeo anche per il pagamento del personale a tempo indeterminato. Ora, ci permettiamo di sottolineare che quest'affermazione è un po’ avventata da due punti di vista. Anzitutto, non c’è un POR regionale – peraltro tali programmi sono stati approvati recentemente dalla Commissione europea – che preveda una misura del genere, per cui tutte le Regioni dovrebbero riaprire il negoziato con l'Unione europea per prevedere questa possibilità.
  In secondo luogo, se anche riaprissimo questa possibilità, conosciamo già la risposta dell'Unione europea, che non ha mai permesso che con risorse del fondo sociale europeo si pagassero attività ordinarie dello Stato membro. Cosa c’è di più ordinario del pagamento dello stipendio a un dipendente a tempo indeterminato di un servizio ordinario della Repubblica ?
  Ci troviamo, quindi, in una situazione di impellente rischio a giugno, luglio, settembre, a seconda della situazione delle Regioni. Secondo il lavoro svolto dai colleghi, la mia Regione è tra le più fortunate perché, avendo un mix molto forte tra soggetti pubblici e privati – lo dico per la mia amica Valentina Aprea, che mi dipinge sempre come uno statalista inverecondo – 50 e 50, possiamo pagare attraverso il fondo sociale europeo. Ci sono Regioni, però, come il Piemonte e, se non sbaglio, anche il Lazio, che invece, avendo una predominanza di personale a tempo indeterminato, nelle province si troveranno a breve nella difficoltà di pagare gli Pag. 5stipendi. Il primo problema che poniamo rispetto all'immediato, quindi, riguarda le risorse.
  Esiste un altro problema immediato e di prospettiva. In questa fase si stanno scegliendo delle opzioni rispetto al personale dei servizi per il lavoro e della formazione riguardo alla collocazione. Segnalo al Parlamento che si sta determinando la situazione, peraltro difficilmente contrastabile, per cui molti operatori di questi servizi optano per la formazione. Svolgevano, infatti, in questo intreccio servizi per il lavoro e formazione, che oggi si vuol rompere con la riforma costituzionale, entrambe le funzioni, soprattutto quelle di livello più alto. Stanno tutti optando per la formazione, anche perché c’è un futuro più certo.
  Il rischio è anche quello che, se si andasse avanti nella strada della centralizzazione, si avrebbe un ulteriore depauperamento del personale. Se la gestione fosse quella che ipotizziamo, per la Regione sarebbe molto semplice «mixare» il personale regionale per la formazione con il personale regionale per il lavoro, perché sarebbe appunto personale regionale e si deciderebbe, nel rispetto delle norme sindacali, dove utilizzarlo.
  Nel momento in cui, invece, si trattasse di amministrazioni diverse, non potremmo più «mixare» i dipendenti regionali, che restano regionali, e quelli provinciali, che diventano dell'agenzia. È questo quello che vogliamo sottolineare come ulteriore elemento di preoccupazione in quest'audizione: il rischio che da qui alla fine dell'anno i già risicati numeri, rispetto a quelli di livello europeo, dei servizi per il lavoro si riducano ulteriormente. Veniamo in quest'audizione, quindi, consegnando un documento corposo che non ho voluto assolutamente sintetizzare, ma soprattutto rassegnando alla vostra attenzione una serie di preoccupazioni e di contrarietà.
  Noi continuiamo a essere convinti che sia necessario un servizio più equilibrato, che veda un forte rafforzamento, su cui siamo d'accordo, del ruolo di Governo e un coordinamento a livello nazionale connesso ad un radicamento sui territori del servizio. Reputiamo che questa possa essere la soluzione migliore rispetto alla frantumazione attuale, che è in 108 o 110 servizi per il lavoro, tante quante sono oggi le province. Il Parlamento sta andando in altra direzione e noi siamo preoccupati.
  Infine, colgo l'occasione per fornire un'informazione che mi sembra doverosa in questa sede, alla Commissione lavoro della Camera. Questa mattina il presidente Chiamparino, sulla base di una richiesta della IX Commissione della Conferenza, ha fatto partire una lettera di richiesta di incontro con il Ministro Poletti relativa all'attuazione delle disposizioni Jobs Act in materia dei servizi per il lavoro, ma soprattutto di cassa integrazione in deroga.
  Mi avete sentito più volte esprimere la mia opinione sul fatto che prima si supera definitivamente questo strumento e meglio è. Siamo, però, nella situazione molto sgradevole – non per noi ma per coloro che la vivono – per cui, in molte Regioni, da maggio-giugno dello scorso anno, i lavoratori non riscuotono le indennità.
  Nel bilancio 2014 erano allocati 2 miliardi 700 milioni di euro, di cui è stato erogato alle Regioni un miliardo e settecento milioni: stanziati verso le 1.700.000.000: ci domandiamo quanto si debba ancora aspettare perché l'altro miliardo sia erogato alle Regioni. Tra l'altro, con questo stanziamento si coprirebbero le richieste regionali, che ammontano a circa 950 milioni, quindi si coprirebbe tutto il 2014. Sappiamo che, di questo miliardo che non è stato stanziato per le Regioni, una parte andrà alle crisi pluri-localizzate, ma si stanzi almeno quanto è disponibile, si dia respiro a lavoratori e lavoratrici che attendono da mesi.
  Inoltre, a oggi non abbiamo ancora capito, ma forse voi che avete approvato la legge di stabilità lo saprete meglio di noi, quante risorse sono state destinate agli ammortizzatori in deroga il prossimo anno. Oltretutto, con il decreto interministeriale del 2 agosto 2014 sostanzialmente il sistema si è unificato, non ci sono più differenze e non esistono più i rischi di fughe in avanti che sono state oggetto di riflessione autocritica o critica di una Pag. 6buona parte di Regioni verso altre e di riflessione critica da parte del Governo e del Parlamento per la gestione delle Regioni.
  Ci sono, però, lavoratori legittimamente andati in cassa integrazione in deroga e che a oggi non sanno quando riscuoteranno le proprie spettanze. Chi deve autorizzare i trattamenti non sa neanche quante risorse avrà a disposizione.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'assessore Simoncini e do la parola all'onorevole Aprea.

  VALENTINA APREA, Assessore all'istruzione, alla formazione e al lavoro della Regione Lombardia. Condividiamo le posizioni espresse nel contributo prodotto dalla IX Commissione della Conferenza, in particolare tutto quello che ha appena ricordato il collega Simoncini, ma presenteremo un nostro contributo perché la Commissione possa fare attenzione, prima di decidere, anche alle specificità di alcuni modelli, come quello lombardo, che ha evidenziato ed evidenzia risultati molto positivi non da oggi, non da questi ultimi mesi.
  Esso riprende, infatti, i princìpi dei migliori modelli europei: la centralità della persona, che si concretizza nella libertà di scelta dei servizi da fruire sulla base di standard di servizi definiti; una rete di operatori pubblici e privati accreditati che concorrono tra loro in condizione di parità; l'orientamento al risultato, che si concretizza nella remunerazione del servizio al risultato occupazionale raggiunto, in tal modo non finanziandosi le strutture o, peggio ancora, il personale delle strutture con il rischio dell'inefficienza, ma servizi realizzati con risultato positivo; la promozione dell'integrazione del sistema educativo con il mondo del lavoro.
  Tutto questo ha comportato la realizzazione di una rete di operatori che di fatto ci consente di disporre di una rete di 781 sportelli territoriali per il lavoro afferenti a 189 soggetti accreditati. Questa è sicuramente una garanzia per il cittadino che ha bisogno di un servizio in questo settore.
  Altro elemento fondamentale è l'individuazione del costo standard attraverso una metodologia consolidata. Sono fissati gli standard minimi di servizi al lavoro in termini di qualità del servizio, durata, output previsto, parametro di costo orario. A ciascun operatore è assegnato un budget quale limite di spesa periodica, per il quale è prevista poi una contabilità separata e così via. In questa logica di autonomia e responsabilità dei soggetti erogatori del servizio, un elemento centrale è costituito dalla valutazione dei risultati e degli operatori, tutti elementi che, come capite, sono sempre mancati ai servizi pubblici per l'impiego.
  All'interno del sistema illustrato, i servizi per l'impiego provinciali, di cui si parla in questo momento e rispetto ai quali ci avete sollecitato a esprimere un parere, svolgono le funzioni relative alle politiche attive per il lavoro al pari degli altri soggetti. Nella Regione Lombardia, infatti, anche i servizi per l'impiego provinciali sono accreditati secondo la disciplina regionale e operano nel mercato al pari degli altri. Questo significa che anche loro sono sottoposti agli standard individuati e che anche a loro è riconosciuta la remunerazione dei servizi sulla base di costi standard.
  Il sistema di Regione Lombardia si differenzia, quindi, dalle altre realtà regionali proprio per questa specificità: al pari degli altri operatori, i servizi pubblici per l'impiego sono remunerati per i servizi resi. Nella realtà lombarda, quindi, appare di ancora più difficile realizzabilità il ricorso a risorse del POR FSE, per esempio, per pagare il personale dei servizi pubblici per l'impiego, come diceva molto bene Simoncini, secondo quanto previsto dal comma 429 dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2015.
  Peraltro, mi domando, ma sempre perché ho fatto parte di quest'Assemblea, come mai sia stato ritenuto costituzionale. È proprio la mia esperienza precedente a ricordarmi che spesso tante altre norme, che pure avevamo proposto, venivano definite incostituzionali. Qui c’è di mezzo anche l'Europa, che vedremo cosa ci dirà. In ogni caso, evito di guardare gli uffici, Pag. 7perché secondo me qualcosa avranno scritto da qualche parte, e mi rivolgo soltanto alle colleghe e ai colleghi.
  Peraltro, verrebbe a crearsi una disparità di trattamento tra gli operatori in considerazione della loro natura giuridica. I servizi pubblici per l'impiego, in quanto soggetti pubblici dipendenti dalle province non investite dal riordino, in Lombardia non possono godere di risorse aggiuntive del POR per il pagamento del proprio personale essendo già pagati, sempre con il POR, attraverso il riconoscimento del costo standard per i servizi resi. A tutto quanto rilevato da Simoncini, quindi, si aggiunge anche quest'ulteriore specificità.
  Evito di presentare, perché mi pare che sia stato già fatto in questa Commissione o che comunque sia noto, il sistema delle politiche attive della Regione Lombardia «Dote Unica Lavoro» e «Garanzia Giovani», che però – devo dire – restano misure molto efficaci. In particolare, se il collega Simoncini ha potuto vantare il 30 per cento dell'accompagnamento al lavoro con riferimento ai tirocini, noi possiamo vantare oltre il 50 per cento dell'accompagnamento al lavoro, con buone percentuali di contratti a tempo determinato e indeterminato, in apprendistato oltre che per tirocinio. È segno che quest'organizzazione funziona.
  Certo, poi lamentiamo una serie di criticità, come quella relativa alle persone che non riusciamo a coinvolgere anche quando si rivolgono a noi, perché magari sono di altre Regioni, non riuscendo a dare le risposte che vorremmo, ma certo da noi il programma funziona.
  Vengo alle considerazioni conclusive. Bisogna evitare che un riaccentramento delle competenze a livello statale azzeri le esperienze regionali, soprattutto quelle di maggior successo. La risposta può essere a geometria variabile, si può ripescare l'articolo 116 della Costituzione. Pongo la questione, ma da qualche parte va previsto. Riteniamo un'illusione, appunto, pensare che il ritorno a una gestione diretta centralizzata dei servizi possa essere una soluzione. Sistemi territoriali costruiti faticosamente nel corso degli anni stanno dando grandi risultati. Tra l'altro, per carità, con tutto il rispetto per l'organizzazione statale, se parliamo di demeriti, anche quell'organizzazione ha demeritato, non solo alcune Regioni.
  Infine, presidente, in tal senso, consideriamo molto positivo il metodo adottato nel confronto sullo schema di decreto legislativo relativo al riordino degli ammortizzatori sociali, in cui vi è stata la riformulazione dell'articolo 17, relativo al contratto di ricollocazione, attraverso un pieno accordo in Conferenza Stato-Regioni, che ha consentito il mantenimento delle competenze regionali all'interno di un quadro condiviso a livello nazionale.
  Ciò ha consentito di estendere, ad esempio, la platea dei beneficiari del contratto di ricollocazione a tutte le persone in stato di disoccupazione, non più solo ai lavoratori licenziati illegittimamente per giustificato motivo oggettivo e per licenziamento collettivo. Si è riconosciuta la dote individuale per fruire dei servizi non più solo attraverso un passaggio obbligato dal centro per l'impiego. Il disoccupato potrà rivolgersi ai soggetti per il lavoro sia pubblici sia privati accreditati. Siamo oltremodo soddisfatti di questo risultato, che di fatto porta il nuovo articolo 17 sul contratto di ricollocazione pienamente in linea con il sistema dotale lombardo. È possibile, quindi, legare le innovazioni al meglio che già c’è, alle buone pratiche. Almeno uno sforzo in tal senso da voi ce lo aspettiamo.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Aprea.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MARIALUISA GNECCHI. Vi ringraziamo molto per quest'audizione che ci interessa veramente tanto. Sapete che oggi è giornata di fiducia, quindi non ci sono lavori alla Camera e si ricomincia verso sera, per cui c’è una situazione un po’ particolare relativamente alla presenza dei colleghi.
  Vorrei rassicurare Simoncini, io che sono di una provincia autonoma, la provincia Pag. 8di Bolzano, dicendo che, con riferimento alla riforma costituzionale, ci abbiamo provato in tutte le maniere. È evidente che tutta questa politica di accentramento esattamente non ci entusiasmi. A maggior ragione, di sicuro c’è da dire che le Regioni si sono comportate in modo molto differente tra loro nelle politiche attive del lavoro in generale, nell'utilizzo delle risorse del fondo sociale europeo, nell'incontro di domanda e offerta. Lo sappiamo. Bisognerebbe capire, però, come si sarebbe potuto aiutare le Regioni a intervenire in un modo appropriato e, semmai, più omogeneo sul territorio nazionale anziché fare una scelta di questo tipo.
  Noi ci abbiamo provato. Come Simoncini sa, ma lo dico anche agli altri, abbiamo anche provato ad avere interlocuzioni con gli assessori regionali durante la discussione della riforma costituzionale, perché veramente crediamo che si possa andare in una direzione diversa, forse anche perché siamo quelli che più si occupano di lavoro, ma abbiamo proprio trovato una posizione rigida del Governo. Il suggerimento, quindi, è che forse anche come Regioni dovreste attivarvi di più nei confronti del Governo per riuscire a far capire veramente tutte le situazioni di eccellenza delle Regioni, per prendere semmai quelle come best practice da portare in giro sul territorio.
  Inoltre, abbiamo sentito in tutte le audizioni svolte che siamo veramente lontanissimi dal livello europeo di risorse sia economiche sia di personale per i servizi per l'impiego, e quindi si devono fare sicuramente anche delle scelte di fondo migliori.
  Anche per tutto quello che riguarda l'eliminazione delle province e la situazione di incertezza legata ai centri per l'impiego attuali, ovviamente dichiariamo la nostra disponibilità a collaborare. Bisogna trovare un modo perché questa situazione possa volgere in opportunità positiva. In questo momento si vede con difficoltà una strada positiva di soluzione. Per la mia esperienza da assessore al lavoro, ma in una provincia in cui i servizi per l'impiego funzionano, così come la formazione, dico che forse bisogna riuscire con un moto d'orgoglio delle Regioni a volgere in positivo la situazione.
  Aggiungo alle considerazioni introdotte da Simoncini sui rischi per le politiche attive relativamente all'articolo 117 della Costituzione, che il Governo ha provato a eliminare anche la formazione. Vediamo se, invece, mantenendo una situazione così o cercando di migliorarla rispetto a quelle che possono essere le deleghe alle Regioni, discorso che permane all'attenzione del Governo, si riesce a costruire un sistema appunto di deleghe che vada nella direzione della possibilità di rafforzare quest'ambito di competenza. Ormai siamo a quel livello. Forse, se la riforma l'avessimo scritta noi, con un punto di vista regionale, non sarebbe stata scritta così.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Gnecchi e do la parola all'onorevole Paris.

  VALENTINA PARIS. Mi associo al ringraziamento per il testo prodotto e anche per la possibilità, appunto, di confrontare modelli regionali differenti. Quello del Lazio presenta ancora un'altra specificità e ognuna delle Regioni si è effettivamente organizzata per rispondere meglio a un'esigenza territoriale anche sulla base della di conoscenza delle realtà che si amministrano.
  Devo dire che sono un po’ dispiaciuta che tanti colleghi, che in tante circostanze hanno anche molto criticato e, se volete, considerato poco efficace il lavoro delle Regioni, oggi non siano qui ad ascoltare. C’è, evidentemente, una distanza enorme tra quello che oggi ci diciamo in questa sede e il racconto che spesso si fa. Abbiamo ascoltato, almeno nel corso dell'ultimo anno, l'arco temporale in cui ho seguìto di più queste questioni, un racconto fallimentare totale di «Garanzia Giovani», scaricando larga parte di responsabilità sulle Regioni. Abbiamo ascoltato un racconto di totale inefficacia delle politiche attive territorialmente organizzate.
  Dato che questa è una legislatura che di fatto sta ponendo il tema di riformare l'architettura istituzionale dello Stato, Pag. 9dobbiamo riuscire ad andare oltre il luogo comune del racconto e capire effettivamente come ridare vita all'articolo 5 della Costituzione, e quindi come ridisegnare decentramento e autonomia. Le informazioni che ci fornite stamane sono per noi veramente fondamentali.
  Vorrei fare una domanda per avere le idee più chiare, soprattutto su quello che competerà di più a questa Commissione, ossia la condizione dei lavoratori, in particolare dei centri per l'impiego. Simoncini parlava di coloro che stanno già optando, affermando che si rischia un depauperamento di alcune figure professionali in un senso o in un altro.
  Ora, io non ho contezza in questo momento di un dato su cui sarebbe utile per noi un approfondimento: nell'applicazione della «legge Delrio» ogni Regione ha avuto un approccio differente, per cui abbiamo in alcuni casi un recupero delle funzioni che erano state delegate in capo alle Regioni, ma non ricordo se l'opzione del personale che deve, appunto, scegliere sia legata al lavoro che l'osservatorio sulla «legge Delrio» sta svolgendo o abbia tempi differenti, restando quindi vincolato alla fase normativa che invece dobbiamo affrontare noi con il prossimo decreto relativo all'agenzia nazionale per l'occupazione.
  Se anche su questo ci fosse una differenza di tempi, un'attenzione da aggiungere è di evitare che ci siano anche per i lavoratori dei centri per l'impiego e delle province trattamenti e condizioni differenti, che rischiano di creare frustrazione negli operatori di un settore così delicato.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Paris e do la parola all'onorevole Zappulla. Ricordo a tutti che alle 15.00 dobbiamo concludere.

  GIUSEPPE ZAPPULLA. Sarò molto veloce. La battuta iniziale che mi verrebbe da pronunciare è di provenire da una Regione, la Sicilia, che ha un modello che non riesco neanche a individuare, se non quello del disastro. Come penso sappiate perfettamente, non viviamo in quella Regione momenti particolarmente felici.
  Al di là di questo, ho seguìto con molto interesse le valutazioni espresse. Spesso, quando parliamo di politiche attive per il lavoro, relativamente all'intreccio della formazione di eccellenza e finalizzata all'occupazione con la riqualificazione del personale in esubero, pensiamo soltanto ai giovani e alla ricerca di una prima occupazione o di un primo sbocco occupazionale. Per fortuna, negli ultimi tempi si sta cominciando a ragionare su questo un po’ da parte di tutti, a cominciare da noi, con la giusta attenzione.
  C’è una fascia molto larga, ahimè sempre più larga, di lavoratori, già occupati magari da anni e che vengono fuori dai processi produttivi, in esubero strutturale, come si diceva una volta, in relazione ai quali si pone un problema di riqualificazione per reimmetterli in un processo produttivo o, comunque, ricollocarli sul mercato del lavoro. Il tema è, quindi, quello dell'intreccio tra formazione di eccellenza e finalizzata per i giovani o, comunque, per chi è alla ricerca di una prima occupazione, e riqualificazione del personale in esubero dai processi produttivi.
  Al di là delle battute, pensiamo per esempio agli sportelli multifunzionali della nostra Regione. Sapete che in Sicilia si è scelta in questi anni la strada di utilizzare gli enti di formazione, quindi il personale della formazione professionale, di cui si è discusso e si discute tanto, sia per la formazione sic et simpliciter, ma anche utilizzando una parte del personale a sostegno dei centri per l'impiego per il personale pubblico regionale e con i cosiddetti sportelli multifunzionali con i fondi europei. Non si è creata una miscela positiva, cioè un intreccio tra pubblico e privato per i servizi all'impiego, ma un elemento terribile di scontro e di contraddizione.
  È giusta la considerazione che non va separata la formazione dalle altre politiche attive, ma mi chiedo quale sia il modello per una realtà come la Sicilia, ma vale anche per le altre regioni, che sia il migliore non per rendere compatibile – il problema non è la compatibilità – ma per riuscire davvero ad accompagnare, aiutare, sostenere i giovani e il personale verso il Pag. 10mercato del lavoro, verso l'occupazione, il modello che trovi anche percorsi credibili e possibili di nuova occupazione.
  Credo che la mission fondamentalmente sia questa. Per Regioni come la Sicilia, che è in una condizione di disastro – non parlo solo del terreno occupazionale ed economico, ma proprio del terreno dei servizi all'impiego, della formazione e simili – quale modello si può mettere in campo che renda compatibile l'idea della centralizzazione dell'agenzia nazionale per l'occupazione con l'indispensabile ruolo delle Regioni ?

  PRESIDENTE. Do ora la parola ai nostri ospiti per la replica.

  LUCIA VALENTE, Assessore al lavoro della Regione Lazio. Sono molto stimolata dalle osservazioni dell'onorevole Paris. Qui assistiamo a una sovrapposizione normativa che si è realizzata in un lasso di tempo talmente breve da non consentire a nessuno gli opportuni approfondimenti.
  Siamo qui – la ragione per la quale prima non ho preso la parola è perché il mio coordinatore ha esposto il quadro di riferimento – per lanciare un grido di allarme: fermiamoci finché siamo ancora in tempo. Una volta che le regole saranno state cambiate, sarà difficilissimo tornare indietro e probabilmente non daremo risposte a coloro che in questo momento le meritano e ne hanno davvero diritto, come ne avranno ancor più diritto all'indomani dell'introduzione del contratto a tutele crescenti. Avremo, infatti, lavoratori che dovranno essere accompagnati sempre più e sempre meglio nel passaggio da un lavoro all'altro, che sarà sempre più frequente. I periodi di non lavoro saranno sempre più numerosi rispetto a quelli di adesso.
  Dobbiamo attrezzarci. Dicevano bene Valentina Aprea e Simoncini: ci sono delle buone pratiche, guardiamo a quelle e, soprattutto, coinvolgeteci in questo processo. Il processo sta avvenendo senza gli attori protagonisti. Scusate, ma ci sentiamo attori protagonisti per il semplice fatto che è stato abolito il livello territoriale più vicino, quello delle province competenti fino a qualche tempo fa per i servizi per il lavoro. Eliminando le Regioni, rimane lo Stato centrale, ma i servizi per il lavoro si fanno a livello locale. Sono stata a Bruxelles la scorsa settimana, ho parlato con i miei colleghi: dappertutto i servizi si organizzano a livello locale.
  Se qui c’è stato un difetto nel passato, probabilmente è stato quello di non aver mai organizzato dei livelli essenziali delle prestazioni a livello nazionale. Lo si dice ancora una volta adesso nella legge n. 183 del 2014: a livello centrale dateci i livelli essenziali, che non sono stati mai dati. «Garanzia Giovani» lo fa per la prima volta. Per la prima volta si danno livelli essenziali delle prestazioni dal livello centrale ai territori. È impensabile che dopo sei mesi possiamo portarvi dei risultati floridi. Ci stiamo attrezzando e ci siamo attrezzati.
  Giustamente, il Ministro parla di fase 1 e fase 2. La fase 1 è stata la struttura. Non voglio parlare del modello Lazio. Ognuno ha strutturato un sistema e ora stiamo raccogliendo i frutti. Avevamo un terreno arido: l'abbiamo arato, abbiamo fatto il solco, messo il seme e ora sta nascendo la pianta. Dateci il tempo di portare i frutti, che arrivano, stanno arrivando. I risultati richiamati da Valentina Aprea e da Simoncini sono tutti veri. Il monitoraggio del Ministero del lavoro e delle politiche sociali si è fatto adesso per la prima volta. Signori, il sistema nazionale informatico per il lavoro non aveva mai funzionato prima come sta funzionando adesso. Non buttiamo tutto a mare.
  Il discorso dei dipendenti delle province è delicatissimo. Non solo li stiamo caricando degli adempimenti di «Garanzia Giovani», ma adesso arriva il contratto di ricollocazione, arrivano le misure del FSE: saremo noi e il livello provinciale a occuparcene. I dipendenti delle province, però, non conoscono il loro futuro – parlo dei dipendenti che conosco delle nostre province – e sono molto disorientati.
  Oltretutto, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano Regioni avevamo fatto un accordo Pag. 11relativo al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, secondo il quale, fintanto che non si fosse realizzato il Jobs Act nella parte relativa ai servizi per l'impiego, il tema dei lavoratori delle province non si sarebbe toccato, e invece adesso è saltato anche quello: non è stato rispettato nel DPCM il punto n. 11 dell'Accordo, in cui si diceva questo. Tra l'altro, il Jobs Act parte dalla fine, dalle tutele crescenti e probabilmente sarebbe dovuto partire dall'inizio, dai servizi per il lavoro, che ancora non ci sono.
  Stiamo smantellando tutto quello che c’è e non sappiamo cosa ci sarà. Questo è il grido di allarme che abbiamo lanciato oggi e credo di interpretare anche il testo dell'amico Simoncini. Coinvolgeteci di più e facciamo in fretta a costruire, poi smantelleremo. Se smantelliamo quello che c’è senza aver prima costruito il nuovo, i nostri cittadini rimarranno soli. È come farsi male, andare al pronto soccorso e non trovare nessuno.

  PRESIDENTE. Abbiamo esaurito il nostro tempo. Ringrazio davvero i rappresentanti delle Regioni e delle province autonome e i parlamentari presenti nonostante la giornata molto particolare.
  È evidente che gli argomenti sollevati non sono peregrini. Dico per primo che c’è una grande disinformazione. C’è bisogno di una controinformazione. Purtroppo, un tempo il vento girava verso il decentramento, adesso gira verso la centralizzazione, non c’è mai requie. O soffia a nord o soffia e sud e non c’è mai un vento intermedio. Capisco che l'eccesso di decentramento abbia portato delle storture e bisogna vederle, come vale per le Regioni, valeva per le province e via discorrendo. La mia opinione personale, però, è che stiamo andando in una direzione sicuramente non del tutto utile.
  Nel corso dell'esame della riforma costituzionale, Ci siamo anche battuti inutilmente per correggere, non per cambiare, ma per mettere qualche virgola, per attenuare, per impedire ad esempio che ci fosse quell'incongruenza tra politiche attive del lavoro e formazione professionale, ma non ci siamo riusciti. Non so se ce la faremo. La legge costituzionale segue un iter ancora abbastanza complicato, ma capisco che c’è bisogno proprio di un ulteriore momento di discussione.
  Qui non solo c’è il tema dell'eccesso di centralizzazione, ma anche quello delle funzioni, del ruolo dei centri per l'impiego, c’è il problema dell'occupazione di questi lavoratori e dei lavoratori delle province, quello delle risorse sugli ammortizzatori. Abbiamo sentito, infatti, in questa sala anche auditi, da Confindustria ai sindacati, fortemente preoccupati. Il taglio della cassa in deroga, che andava fatto sicuramente, della mobilità, la cancellazione della legge n. 407 del 1990, quale situazione nuova creeranno ? Alla fine dei conti, avremo un periodo di tutela più lungo o più corto di quello precedente ? Anche questo è un grande interrogativo di fronte ai processi di ristrutturazione.
  Effettivamente, avete sollevato dei problemi che a mio avviso è giusto definire segnali d'allarme. Ci adopereremo per una discussione. Non abbiamo soluzioni definitive, non parteggiamo per l'uno o per l'altro, ma siamo sempre interessati a entrare a piedi giunti dentro le questioni. Banalizzare questo passaggio sarebbe secondo me esiziale. Purtroppo, c’è talmente tanta carne al fuoco in questo momento che facciamo un po’ fatica a orientarci. Scusate se uso un linguaggio un po’ brusco, diretto, ma credo sia utile anche per le nostre discussioni, altrimenti resteremo sempre in una sorta di campana di vetro burocratica che non ci farà capire se esistano delle emergenze vere. Ovviamente, selezioneremo poi i punti.
  Ringrazio ancora tutti.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.

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