XVII Legislatura

XI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Martedì 5 agosto 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Damiano Cesare , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA GESTIONE DEI SERVIZI PER IL MERCATO DEL LAVORO E SUL RUOLO DEGLI OPERATORI PUBBLICI E PRIVATI

Audizione di rappresentanti di Italia Lavoro S.p.A.
Damiano Cesare , Presidente ... 2 
Reboani Paolo , Presidente e amministratore delegato di Italia Lavoro S.p.A ... 2 
Damiano Cesare , Presidente ... 6 
Tinagli Irene (SCpI)  ... 6 
Dell'Aringa Carlo (PD)  ... 6 
Simoni Elisa (PD)  ... 7 
Tinagli Irene (SCpI)  ... 7 
Damiano Cesare , Presidente ... 7 
Reboani Paolo , Presidente e amministratore delegato di Italia Lavoro S.p.A ... 8 
Damiano Cesare , Presidente ... 10 

ALLEGATO: Documentazione presentata dai rappresentanti di Italia Lavoro S.p.A. ... 11

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: (NCD);
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Libertà e Diritti-Socialisti europei (LED): Misto-LED.

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CESARE DAMIANO

  La seduta comincia alle 14.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di Italia Lavoro S.p.A.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla gestione dei servizi per il mercato del lavoro e sul ruolo degli operatori pubblici e privati, l'audizione di rappresentanti di Italia Lavoro S.p.A.
  Avverto che i rappresentanti di Italia Lavoro S.p.A. hanno messo a disposizione della Commissione un documento (vedi allegato), di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna.
  Do la parola al dottor Paolo Reboani per lo svolgimento della sua relazione.

  PAOLO REBOANI, Presidente e amministratore delegato di Italia Lavoro S.p.A. Grazie, presidente. Innanzitutto vorrei scusarmi, perché so che mi avevate chiamato precedentemente in un'audizione, che abbiamo posposto. In quella data purtroppo ero impegnato nella regione Marche nell'ambito dell'attuazione della Garanzia giovani, che rappresenta ad oggi per Italia Lavoro il punto principale di attività e di interesse.
  Colgo con grande gratitudine questa audizione, che permetterà – spero – di fornirvi una serie di elementi conoscitivi sia sullo stato dei servizi per il mercato del lavoro sia sul ruolo degli operatori pubblici e privati, dall'osservatorio dell'ente strumentale per le politiche attive del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
  Ho allegato a questa relazione una sintetica nota introduttiva che reca un ragionamento complessivo e ho anche fatto arrivare al presidente un più voluminoso dossier in cui sono raccolte le visite ai servizi per il lavoro degli altri Paesi europei – in particolare Svezia, Regno Unito, Francia, Spagna e Germania – effettuate negli ultimi sei mesi da Italia Lavoro e che possono rappresentare, anche in funzione dei relativi lavori successivi della Commissione, un importante punto di riferimento per il ragionamento sui servizi per il mercato del lavoro.
  Da questo punto di vista, i dati che noi abbiamo qui rilevato e che portiamo alla vostra conoscenza sono i dati che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e Italia Lavoro hanno elaborato attraverso un rapporto, che diventerà un rapporto annuale, sullo stato dei servizi per il lavoro e dei servizi per l'impiego, in cui si è iniziato a dare conto e a fare un censimento dell'attuale situazione dei centri per l'impiego e, più in generale, di tutti i servizi per il lavoro.
  Faccio notare che questa è un'indagine che per la prima volta ha ricollocato nella giusta dimensione i numeri dei servizi per l'impiego, il numero degli operatori e degli impiegati dei centri per l'impiego e nella Pag. 3sua seconda annualità sta conducendo un'ulteriore analisi per quanto riguarda il tema di tutti coloro che si muovono nell'ambito dei centri per l'impiego.
  Come vedrete dai dati a vostra disposizione, i centri per l'impiego attualmente attivi in Italia sono 556. Alcuni hanno un bacino di riferimento molto importante. Tenete presente che c’è il decreto legislativo n. 469 del 1997 che quantifica in circa 100.000 utenti la quota di popolazione che deve far riferimento a ogni centro per l'impiego.
  Nello stesso tempo, i dati vi permetteranno di vedere che l'attuale dislocazione e determinazione dei centri per l'impiego in molti casi non rispetta questo dettato normativo, a dimostrazione di un'inefficiente, o comunque migliorabile, dislocazione sul territorio dei centri stessi.
  È ugualmente importante riferirsi, in questa indagine che è stata condotta, al tema del numero degli operatori, un altro indicatore molto importante nel confronto internazionale. Da questo punto di vista, l'indagine che noi abbiamo condotto nel 2013 identificava, con riferimento al 2012, circa 8.700 operatori del sistema pubblico, la maggior parte dei quali (più dell'80 per cento) a tempo indeterminato.
  Ovviamente il numero di dipendenti in questo caso si riferisce a quelli che vengono strettamente rapportati ai centri per l'impiego. C’è da tenere conto che moltissimi centri per l'impiego hanno esternalizzato alcune delle loro funzioni. Ricordiamo che nel corso degli anni il finanziamento che è giunto ai centri per l'impiego non è arrivato più dal bilancio del Ministero del lavoro e delle politiche sociali attraverso le regioni e poi direttamente alle province, ma è stato articolato attraverso bandi di finanziamento comunitari. I bandi di finanziamento comunitari, proprio per le caratteristiche che essi hanno, presuppongono delle esternalizzazioni o, comunque, dei contratti di servizio che non vengono riferiti direttamente ai centri per l'impiego.
  L'indagine che stiamo adesso conducendo permetterà di avere un quadro più dettagliato e più completo anche di questa variabile, che è indispensabile e necessaria per dare una quantificazione che sia comparabile a quella degli altri Paesi europei.
  Come voi sapete bene, perché ne abbiamo parlato e voi stessi avete più volte affrontato l'argomento, la comparazione con gli altri Paesi europei evidenzierebbe un quadro di riferimento molto disparato. Tenete presente che il maggiore Paese europeo ne ha oltre 100.000 e, rimanendo tra i grandi, la distanza da quello che ne ha di meno, il Regno Unito, è circa da 8.000 a 50.000. Pertanto, ci sono dei numeri molto importanti di differenziazione.
  La stessa indagine ha permesso di vedere che molti di questi operatori sono impegnati tendenzialmente in attività di front-office. Nonostante questo, dai dati che voi avete e dalle indagini che il Ministero ha messo a disposizione sul suo sito sui centri per l'impiego, potete verificare che il carico di lavoro che hanno gli operatori dei centri per l'impiego dal punto di vista dell'utenza (disoccupati a qualsiasi titolo e di qualsiasi età) è molto inferiore ai carichi di lavoro che hanno in altri Paesi europei.
  Devo dire che da questo punto di vista un'indagine più accurata si è resa necessaria, perché, a nostro avviso, ma anche ad avviso del Ministero, questo numero poteva non essere effettivamente corrispondente ai servizi che i centri per l'impiego possono offrire.
  Il quadro di riferimento pubblico, tuttavia, sarebbe un quadro di riferimento parziale, perché, come voi sapete, a partire dal decreto legislativo n. 276 del 2003 operano sul territorio nazionale anche gli operatori privati cosiddetti «accreditati», tra cui in particolare le agenzie. Sarebbe, quindi, estremamente scorretto dare una rappresentazione di quello che avviene in termini di mercato del lavoro dal punto di vista dell'intermediazione, se non avessimo una chiara visione di quello che succede dal punto di vista degli operatori privati.
  Le indagini che abbiamo potuto sviluppare in questi mesi, anche sfruttando l'elemento di Garanzia giovani, da questo punto di vista non sono certamente altrettanto Pag. 4piacevoli, nel senso che il grado di accreditamento degli operatori privati è ancora molto limitato. Anche laddove vengono fatti degli accreditamenti, questo non ha certamente determinato un rafforzamento delle capacità del sistema di rispondere alla sfida della disoccupazione o del miglioramento dell'occupazione.
  Da un punto di vista grafico, se voi proiettate tutti gli sportelli delle agenzie per il lavoro sul territorio (questo è un atlante dei servizi che il Ministero sta per rendere pubblico), avrete modo di verificare che la distribuzione territoriale dei privati è assolutamente replicabile rispetto a quella dei centri per l'impiego. Non c’è un effetto di sostituzione o di complementarietà, ma c’è un effetto di fortissima sovrapposizione, tant’è vero che la rarefazione degli sportelli o dei servizi, comunque voi la vogliate chiamare, avviene nelle regioni del Mezzogiorno. Nelle regioni del Settentrione invece c’è una concentrazione sia del pubblico che del privato.
  Dal punto di vista più generale, il tema del cosiddetto «accreditamento», che è la forma legislativa attraverso cui i privati intervengono nel mercato del lavoro, evidenzia che in cinque regioni non è stato fatto l'accreditamento; in una regione questo accreditamento è in corso; in due regioni la disciplina è stata deliberata, ma non è attiva; in tredici regioni la disciplina è stata regolamentata e il sistema è diventato attivo.
  Vorrei far notare che al 10 luglio 2014 ci sono 1.650 sportelli accreditati (utilizzo una definizione molto larga), che sono composti di agenzie o di altri servizi per il lavoro, in particolare le scuole e le università.
  Questa, tuttavia, è una situazione in movimento e – ci auguriamo – in miglioramento, come emerge dai dati che vengono forniti e che sono stati sviluppati attraverso la cosiddetta «Garanzia giovani».
  Infatti, tra le tante caratteristiche che questo progetto di carattere europeo ha nel quadro sul sistema dei servizi per il lavoro, emerge molto chiaramente, dalle indagini in corso e dagli atti che stanno facendo le regioni, che vi è un incentivo a sviluppare la partnership tra pubblico e privato.
  Questo avviene in forme e paradigmi assolutamente differenti tra regione e regione: ci sono regioni che hanno aperto completamente all'operatore privato, ci sono regioni che stanno aprendo all'operatore privato in termini di convenzionamento e ci sono regioni che stanno aprendo attraverso la costituzione di partenariati o di atti.
  C’è una fenomenologia molto differenziata, che è finalizzata alla realizzazione dei servizi, cioè allo sviluppo di tutte quelle attività che, come voi sapete, Garanzia giovani prevede: dalla registrazione dei giovani ai colloqui di orientamento che vengono fatti, dal profiling dei giovani all'attuazione delle proposte che i giovani devono ricevere, siano contratti di apprendistato, tirocini, azioni di formazione o altre forme di intervento diretto sul mercato del lavoro.
  Emerge molto chiaramente, visto come sono divise in questo momento le competenze dal punto di vista costituzionale, che ogni regione ha il suo modello di intervento, il che, dal punto di vista dell'operatore-impresa, non è certamente una facilitazione per intervenire sul territorio.
  Tuttavia, emerge altrettanto chiaramente che i modelli che si stanno delineando, che possono essere definiti in tre tipologie (un modello misto, un modello di mercato quasi competitivo e un modello allargato con il partenariato), stanno tendenzialmente convergendo. Il modello di mercato quasi competitivo rimane soltanto in una regione, la Lombardia, mentre i modelli di cooperazione con intervento di privati si stanno diffondendo anche in regioni che non avevano una disciplina o che avevano difficoltà da questo punto di vista, quali, per esempio, la Puglia o la Sicilia. L'unica regione che sembrerebbe ancora mantenere un approccio totalmente pubblico e, quindi, centrato sui centri per l'impiego appare in questo momento la regione Umbria.Pag. 5
  Gli effetti dal punto di vista delle capacità che il sistema dei servizi per il lavoro potrà esplicare per l'accesso dei giovani alle misure di Garanzia giovani è tutta da definire. Infatti, come voi sapete, i tempi sono attualmente in corso, visto che le prime attività connesse alla Garanzia giovani sono iniziate il 1o maggio 2014 e le regioni, con il Ministero, si sono prese un lasso di tempo di circa due mesi (quindi, fino al primo luglio) per fare le registrazioni e arrivare al primo step di attuazione di Garanzia giovani. Inoltre, va considerato che il termine dei quattro mesi entro il quale la Garanzia giovani deve offrire la possibilità di un rientro nel mercato del lavoro o nel sistema formativo decorre dal 1o luglio.
  Noi contiamo di avere dei dati stabilizzati o più chiari da questo punto di vista a partire dal mese di settembre.
  Lo schema di Garanzia giovani lo conoscete. Direi che dal punto di vista di un'agenzia per la promozione delle politiche attive, la Garanzia giovani ha rappresentato certamente uno sforzo considerevole verso una certa uniformità dei servizi. Dall'altro lato, ha ribadito le caratteristiche degli operatori e delle politiche attive del mercato del lavoro in Italia, che rimangono frammentate e differenziate sul terreno locale.
  Infine, per essere completamente illustrativi, vorrei ricordare quanto l'investimento finanziario che viene fatto sulle politiche attive e, in particolare, sui servizi per il lavoro sia particolarmente basso in Italia rispetto agli altri Paesi.
  Ricordo che dalle stime e dai censimenti che abbiamo svolto, sono circa 500 milioni gli euro che l'Italia ha speso nel 2012 per il sistema dei servizi, rispetto ai 5 miliardi della Francia, agli 8 miliardi della Germania, ai 5 miliardi del Regno Unito e agli 1,5 miliardi spesi dalla Spagna. In termini di PIL ovviamente questa differenza si intravede.
  Quando vengono fatte queste comparazioni, alcuni aspetti dei dati finanziari sono da prendere con grande cautela. Quello che, però, vorrei mettere in evidenza è la differenziazione che esiste tra l'Italia e alcuni altri Paesi in termini, non tanto di spesa, che ovviamente ne è la conseguenza, ma di modello di intervento.
  Vorrei solo evidenziare alla Commissione un dato abbastanza evidente: in termini di politiche del lavoro emergono: un modello sostanzialmente fondato su politiche passive, che è largamente predominante in Italia e in Spagna; un modello basato su politiche attive, che è quello tendenzialmente francese o tedesco; e un modello a sé stante, che è quello inglese, che è molto basato sui servizi.
  Tenete presente che nel Regno Unito circa il 50 per cento delle risorse finanziarie vengono erogate come servizi, il 6 per cento come misure di politica attiva e il 40 per cento circa come spese per politiche passive.
  Credo che questo breve resoconto che ho voluto offrire alla Commissione, che ovviamente è dettagliato nei documenti che vi ho citato, sia importante e possa rispondere agli obiettivi che la Commissione si era data rispetto alla capacità che oggi il nostro sistema ha di offrire dei servizi per il lavoro. Credo anche che sia molto importante tenere presente quale possa essere da questo punto di vista l'evoluzione.
  Aggiungo il mio punto di vista, dato dall'esperienza di una società che è un ente strumentale, quindi di raccordo tra Ministero e regioni. Quello che emerge molto chiaramente è che, soprattutto in questa fase in cui il Paese ha bisogno di attrazione di investimenti esteri e di investimenti anche dal punto di vista delle regole del capitale umano, la frammentazione esistente tra le diverse regioni è un ostacolo molto forte dal punto di vista della capacità che hanno le imprese di assumere e di sviluppare risorse umane.
  Tanto per essere didascalici, proprio la settimana scorsa, durante quell'iniziativa nelle Marche, una delle più grandi aziende mondiali dal punto di vista del design e del made in Italy mi ha detto che non riesce a far lavorare i suoi operai (chiamiamoli in modo improprio) nella regione Lombardia quando questi vengono qualificati nella regione Marche, perché i sistemi di Pag. 6accreditamento delle competenze umane sono assolutamente diversificati e non c’è possibilità di riconoscimento tra le due regioni.
  Dico questo a dimostrazione di quanto sia difficile fare politiche attive e di quanto sia ancor più difficile che le politiche attive abbiano una capacità di incidenza. Pensate che attualmente, nonostante tutto lo sforzo che è stato fatto con Garanzia giovani, esistono diciotto modelli di tirocini nelle varie regioni, il che francamente, anche dal punto di vista della gestione operativa di un'agenzia per l'occupazione, non è una leva di efficienza. Immaginate, per esempio, le difficoltà che possono incontrare tutte le aziende, soprattutto di servizi, che sono multilocalizzate.
  L'altra valutazione – e qui mi taccio – è che Garanzia giovani si sta rivelando una leva molto importante. Tuttavia, come accade sempre quando una leva muove una slavina o una valanga, la velocità inerziale con cui si sta muovendo la valanga è ovviamente molto bassa. Credo comunque che il meccanismo che è stato messo in piedi possa effettivamente rappresentare da qui a qualche anno un miglioramento di efficienza per il sistema.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il presidente di Italia Lavoro.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  IRENE TINAGLI. Mi ha molto colpito quest'ultimo suo riferimento alla disomogeneità sul territorio, che rende molto difficile fare politiche attive.
  Mi chiedevo se avesse avuto modo di dare un'occhiata alle prime bozze di riforma del Titolo V della Costituzione e se le ritenesse sufficienti in termini di formazione e lavoro. Per quel poco che ho visto, non mi sembra di aver notato grosse rivoluzioni su quel fronte. Vorrei sapere se ritiene possibile utilizzare questa leva per migliorare un po’ questa estrema disomogeneità e frammentazione, oppure se ci sono altri strumenti.

  CARLO DELL'ARINGA. Faccio qualche breve considerazione su tre punti collegati anche all'esperienza della Garanzia giovani. Si è sempre detto che questo può essere un programma che può fornire qualche insegnamento su tre ambiti.
  Le risorse in effetti ci sono. Non sono a livello di quelle degli altri Paesi, ma per due anni di risorse ce ne sono, quindi si tratta di utilizzarle al meglio.
  Per quanto riguarda il potenziamento dei centri per l'impiego, le risorse umane potrebbero venire da progetti di mobilità interna, visto che nel decreto sulla pubblica amministrazione – il decreto-legge n. 90 del 2014 – abbiamo appena approvato delle norme su questo argomento. Mi domando se già nella Garanzia giovani non si possa prospettare qualcosa di questo genere.
  A proposito del decentramento, dal confronto internazionale mi sembra di capire che c’è decentramento delle politiche attive, anche a livello regionale, ma in tutti i Paesi si tratta di un decentramento amministrativo, non politico, tra i diversi livelli istituzionali.
  Sui centri per l'impiego abbiamo appena fatto una riunione della Fondazione Adenauer con il Gruppo interparlamentare dei giovani deputati tedeschi e italiani, nella quale venuti a spiegarci come funziona in Germania. C’è una forte autonomia dei rami decentrati dell'Agenzia nazionale, perché il mercato del lavoro è locale e ha bisogno di essere affrontato con una conoscenza e con una capacità di incisione, però è una piramide in cui tutto dipende dal centro. Questo garantisce quell'omogeneità di cui invece Paolo Reboani lamentava la carenza su tanti aspetti.
  Anche la Garanzia giovani può essere interessante. Finché io l'ho seguita, c'era stato il tentativo di un programma nazionale che riuscisse a dare uniformità. Sarà interessante capire come va avanti questa capacità di uniformare i vari interventi a livello regionale. Mi sembra già di capire che su certi aspetti questa capacità di Pag. 7coordinamento, visti i livelli istituzionali diversi, Ministero da un lato e regioni dall'altro, abbia forti limiti.
  Il terzo punto è rappresentato dalle imprese. Non si fa politica attiva se non si coinvolgono le imprese. Anche questo è un insegnamento che deriva dall'esperienza tedesca e dai casi di successo. Nel caso della Garanzia giovani si sta pensando a come coinvolgere le imprese nell'incontro domanda-offerta ? Altrimenti si rischia di avere una cosa a metà. Si fanno i colloqui, ma poi ci deve essere la possibilità che le imprese siano disponibili. Dal momento che le risorse ci sono, mi domando se non si possa fare qualche iniziativa in questo campo per dare l'idea che anche in Italia si può fare una politica per l’ incontro domanda-offerta con tutti e due i lati del mercato, non solo l'offerta, ma anche la domanda.

  ELISA SIMONI. Devo dire che il collega che mi ha preceduto ha anticipato molte delle considerazioni che era mia intenzione fare, però vorrei aggiungere due o tre questioni che sono molto collegate ai due interventi.
  La prima riguarda il rapporto tra omogeneità e decentramento, anche in considerazione della riforma del Titolo V e, quindi, di questa operazione in corso, che dovrebbe portare anche a ricentralizzare. Quanto lei considera come un pericolo il fatto che a un certo punto l'omogeneità possa far livellare ai livelli inferiori e non ai livelli superiori ?
  Nella descrizione lei ha detto molto bene che in questi anni c’è stato anche un lavoro virtuoso, con modelli differenti. Mi vengono in mente quello della Toscana e quello della Lombardia, due modelli virtuosi che hanno portato risultati interessanti nelle sperimentazioni, in un processo di innovazione.
  Uno dei miei timori è che, se non riusciamo a tenere insieme l'omogeneità e la ricentralizzazione con la considerazione di esperienze territoriali di un certo tipo, ci si livelli a un certo punto verso il basso e non verso l'alto, perché comunque si incontrano difficoltà da subito a portare a certi livelli regioni che non hanno un'organizzazione, come lei bene ha detto.
  Proprio in riferimento a questo, mi chiedo quanto quelle regioni che hanno più difficoltà e che hanno meno strumenti possano riuscire in questo momento nell'esperienza della Youth guarantee a stare al passo e quanto i privati, che io penso siano l'unico aiuto possibile per ovviare alle carenze del pubblico in alcune parti, riescono in questa fase a dare una mano.

  IRENE TINAGLI. Mi ero dimenticata una domanda. Vorrei sapere se avete avuto modo di studiare o di vedere se è possibile implementare uno schema serio basato su una valutazione dei risultati.
  Le chiedo quali possono essere gli indicatori che possono contribuire a migliorare l'efficienza delle spesa e l'efficacia dell'azione di questi centri per l'impiego, soprattutto nell'ottica di cui si parlava adesso, cioè di fare in modo che questa trasformazione a cui andiamo incontro non finisca per creare o un livellamento verso il basso di alcune realtà o un aumento dell'inefficienza, anziché un miglioramento.
  Io credo che la vera sfida sia trovare dei metodi per cui questi centri e questi servizi possano essere legati, nelle risorse, a standard e a criteri di valutazione.
  Vorrei sapere se c’è un piano di questo genere, se è fattibile, con quali indicatori, e via dicendo.

  PRESIDENTE. Vorrei fare semplicemente una considerazione e una domanda. Innanzitutto ringrazio il dottor Reboani per il dettaglio del suo contributo.
  I centri per l'impiego sono stati oggetto di vari attacchi. Non funzionano e intermediano poco. Adesso a me non interessa entrare in questo argomento. Io penso che siano delle strutture utili, anche nell'ambito di un'alleanza con le agenzie di intermediazione e le agenzie interinali.
  Dalla nota di sintesi balza agli occhi una dimensione, che già conoscevamo: nel Regno Unito si spende dieci volte di più e in Germania si spende quasi venti volte di più di quanto si spende in Italia.Pag. 8
  Mi riallaccio a quello che diceva l'onorevole Dell'Aringa: sarebbe utile se il legislatore, nell'ambito della nuova disciplina definita dal decreto sulla pubblica amministrazione, che comprende anche la mobilità obbligatoria, pensasse di utilizzare una quota di eventuali esuberi della pubblica amministrazione, appositamente formati, per rimpinguare questi organici. A ciò si somma la seconda questione, ovvero la stabilizzazione dei 1.000 lavoratori rimasti ancora precari sugli 8.700 complessivi.
  La domanda riguarda la pagina 2 del documento di sintesi da lei messo a disposizione della Commissione. Qui si dice: «i centri per l'impiego sono utilizzati da 4.070 lavoratori» e poi si dice «le agenzie di intermediazione hanno collocato». Che cosa si intende dire con l'espressione «sono stati utilizzati» ? Parla di colloqui o di soggetti collocati, anche con lavoro a termine, interinale o di breve periodo ?
  Quando parlate di «agenzie di intermediazione», intendete le agenzie interinali, le interinali di intermediazione, o solo di intermediazione ?
  Do la parola al dottor Reboani per la replica.

  PAOLO REBOANI, Presidente e amministratore delegato di Italia Lavoro S.p.A.. Per quanto riguarda questa definizione del concetto di utilizzo, nei centri per l'impiego ci sono quelli che vengono qui contabilizzati in questa prima filigrana di carattere generale come coloro che vengono avviati al lavoro, ma anche coloro che utilizzano il centro per l'impiego per fare colloqui.
  Le agenzie o strutture di intermediazione sono gli altri canali privati di intermediazione e tutto ciò che è privato. Ho utilizzato il verbo «collocare» perché nella rilevazione che era stata fatta veniva data preminenza all'aspetto del collocamento, che ovviamente è anche un aspetto dal punto di vista del business. Non devo stare qui a ricordarlo.
  È evidente che i numeri non sono molto differenti tra l'uno e l'altro, il che porta a sottolineare innanzitutto che è vero che oggi il sistema privato è presente, ma è altrettanto vero che il sistema privato organizzato non è più efficiente del sistema pubblico. Se qualcuno lo dice, dobbiamo stare attenti, perché non è vero che questo avviene.
  Inoltre, se noi guardiamo, come dicevo, alla distribuzione territoriale, emerge che la distribuzione territoriale del privato in situazione di mercato del lavoro è molto più semplice. Le mie non sono critiche. Le agenzie sono presenti in maniera molto rarefatta da Roma in giù.
  Con questo credo di aver detto tutto e spero di aver risposto alla sua domanda.
  Per quanto riguarda le osservazioni che sono state fatte, mi pare di notare due filoni. Il primo è sull'aspetto frammentazione, omogeneità, disomogeneità e Titolo V e l'altro è su alcuni agganci a Garanzia giovani.
  Sul primo tema, non c’è dubbio che il Titolo V potrebbe e dovrebbe cercare di mettere ordine in questo assetto costituzionale e istituzionale. Il testo, come è a mia conoscenza e come emerge in questo momento (il testo base e non tutta la parte degli emendamenti), da questo punto di vista fa fare un piccolo salto nella specializzazione, ma non credo che intacchi fortemente l'attuale assetto.
  Qui ovviamente la responsabilità è politica e, quindi, non mi voglio avventurare. Considero certamente molto complicato l'assetto con competenze concorrenti. Questo mi pare evidente. Dove vadano le competenze, a livello locale o a livello nazionale, non spetta a me dirlo, ma certamente le competenze concorrenti complicano la situazione.
  Invito comunque il Parlamento a valutare che ci sono tre strumenti legislativi in corso: la riforma costituzionale, l'applicazione della «legge Delrio» e lo stesso disegno di legge delega in materia di lavoro, che devono essere letti insieme per cercare di costruire un effetto positivo.
  Dal punto di vista di quale può essere il quadro migliore, io credo che certamente oggi sia molto difficile intervenire sui sistemi locali, così come si sono evoluti, e sulle competenze locali o regionali, così Pag. 9come si sono delineate. Tuttavia, lo Stato a livello centrale – questo è stato un po’ il tentativo del programma Garanzia giovani – deve riconsiderare o deve riavere alcune competenze di indirizzo e di programmazione e deve valutare con molta attenzione se la gestione di strumenti quali i centri per l'impiego debba ritornare a livello centrale oppure rimanere a livello regionale. Questa è una prima valutazione.
  La seconda valutazione è che ovviamente le politiche del mercato del lavoro sono politiche territoriali. Non c’è dubbio che questo ne aumenti l'efficacia e l'efficienza.
  Ripeto che, in base alla nostra esperienza nella gestione dei dispositivi, non credo che il punto fondamentale sia la differenza nella legislazione dei tirocini. Credo che possa essere fatta più utilmente una competizione tra territori utilizzando non tanto lo strumento normativo, ma altri strumenti. Credo che questo possa dare agli operatori e alle imprese maggiore capacità di essere efficienti.
  Indubbiamente Garanzia giovani ha costituito e sta costituendo una leva per cercare di mettere insieme le differenze territoriali.
  Ricordo che, per la prima volta in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale, è stato utilizzato ed è stato introdotto nell'attività dei centri per l'impiego un sistema di profiling che prima non esisteva in maniera diffusa. Alcune regioni lo facevano e altre regioni non lo facevano.
  A questo sistema di profiling sono stati agganciati degli incentivi sulla collocabilità dell'individuo in base alla distanza dal mercato del lavoro e, quindi, alla maggiore difficoltà di essere collocato nel mercato del lavoro, utilizzando, quindi, un sistema premiale, che può essere utilizzato sia per il pubblico, cioè per il centro per l'impiego, sia per il privato. Pertanto, da questo punto di vista, un elemento di maggiore efficienza sembrerebbe essere stato introdotto.
  Ricordo anche che si è fatto in modo che, per larga parte, la remunerazione di Garanzia giovani, che avviene con fondi comunitari, premiasse non tanto i processi quanto i risultati, e quindi valutasse la capacità di collocazione da parte degli operatori dei ragazzi in cerca di impiego, sia dal punto di vista degli strumenti di accesso al mercato del lavoro sia dal punto di vista della formazione.
  Ricordo che in Garanzia giovani la formazione prevede una parte pagata a processo e una parte pagata a risultato. Questa è stata una linea d'impostazione del Governo precedente, ribadita dall'attuale.
  In questo ambito, anche su spinta della Commissione europea, sono stati e saranno introdotti degli indicatori, che, essendoci delle risorse finanziarie basate sul risultato, saranno certamente più trasparenti e più adatti per dirci effettivamente come la Garanzia giovani e come l'utilizzo di questi 1,5 miliardi di euro possono raggiungere gli obiettivi che ci si era prefissi, cioè la capacità di reinserire nel mercato del lavoro.
  Pertanto, dal punto di vista della pubblica amministrazione, Garanzia giovani può essere certamente considerata una buona prassi e uno strumento di miglioramento del sistema.
  Infine, rispondendo anche all'onorevole Dell'Aringa, ricordo che c’è uno sforzo molto forte, che l'attuale Ministro ha ribadito, anche in questo caso in continuità con il Governo precedente, rispetto all'attenzione al mondo delle imprese e, quindi, all'aggancio che deve avvenire nei centri per l'impiego o nei servizi per il lavoro tra giovani in cerca di un posto di lavoro e imprese.
  Da questo punto di vista ci sono delle esperienze (una è stata condotta dalla stessa Italia lavoro negli anni precedenti) dove questo aggancio, maggiormente curato, tra giovani e imprese ha dato percentuali di stabilizzazione molto elevate (tra il 70 e il 90 per cento).
  Ovviamente, per fare questa azione di raccordo bisogna avere degli operatori preparati e bisogna avere un maggiore investimento dal punto di vista delle risorse umane.Pag. 10
  Quello a cui accennava il presidente Damiano parlando di processi della pubblica amministrazione in qualche modo è anche presente nel disegno di legge delega, laddove, in uno dei princìpi di delega non emendati dal Senato, prevede l'utilizzo o la riorganizzazione delle strutture del sistema lavoro in funzione della lotta alla disoccupazione. Se questo potesse essere fatto, certamente aumenterebbe l'efficienza.
  Faccio un esempio molto significativo. Pensate alla struttura della regione Sicilia, dove, tra operatori diretti nei centri per l'impiego e operatori indiretti nel sistema di formazione, ci sono circa 3.000 persone. Queste 3.000 persone, con un'operazione di formazione, potrebbero essere orientate effettivamente sui servizi per il lavoro e contribuire in maniera molto più efficiente all'attuale capacità che ha la regione Sicilia di intercettare i giovani e le imprese.
  Questa raccomandazione potrebbe essere rivolta anche alle regioni e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nella sua attività di ricostruzione di un sistema complesso dal punto di vista dei servizi che servono al mercato del lavoro.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il presidente di Italia Lavoro per l'ottima audizione, che ha arricchito le nostre conoscenze su un argomento molto delicato.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.50.

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ALLEGATO

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