XVII Legislatura

X Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 11 di Martedì 26 novembre 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Crippa Davide , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA STRATEGIA ENERGETICA NAZIONALE E SULLE PRINCIPALI PROBLEMATICHE IN MATERIA DI ENERGIA

Audizione di rappresentanti di CGIL, CISL, UIL e UGL
Crippa Davide , Presidente ... 2 
Filippi Antonio , Responsabile Energia CGIL ... 2 
De Masi Carlo , Segretario Generale Flaei-CISL ... 4 
Fiore Francesco , Coordinatore Energia UIL ... 6 
Cagliari Ivette , Segretario Confederale UGL ... 7 
Crippa Davide , Presidente ... 9 
Benamati Gianluca (PD)  ... 11 
Crippa Davide , Presidente ... 13 
Benamati Gianluca (PD)  ... 13 
Bianchi Mariastella (PD)  ... 14 
Filippi Antonio , Responsabile Energia CGIL ... 14 
De Masi Carlo , Segretario Generale Flaei-CISL ... 15 
Fiore Francesco , Coordinatore Energia UIL ... 15 
Cagliari Ivette , Segretario Confederale UGL ... 16 
Crippa Davide , Presidente ... 16

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DAVIDE CRIPPA

  La seduta comincia alle 14.10.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti di CGIL, CISL, UIL e UGL

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla strategia energetica nazionale e sulle principali problematiche in materia di energia, l'audizione di rappresentanti di CGIL, CISL, UIL E UGL.
  Sono presenti Antonio Filippi della CGIL, Carlo De Masi e Ubaldo Pacella della CISL, Francesco Fiore della UIL e Ivette Cagliari e Fiovo Bitti della UGL, cui do il benvenuto.
  Direi di lasciarvi come di consueto uno spazio adeguato per svolgere le vostre considerazioni sui temi oggetto dell'indagine conoscitiva. Ci sarà poi uno spazio dedicato alle domande da parte dei deputati che riterranno di intervenire. Eventualmente, nel caso in cui non riuscissimo ad avere tempo sufficiente per le risposte, vi chiederemo di inviarci una memoria scritta.

  ANTONIO FILIPPI, Responsabile Energia CGIL. Abbiamo già consegnato la nostra documentazione sulla valutazione relativa alla Strategia energetica nazionale. Il documento sulla Strategia energetica nazionale presenta una diversa prospettiva rispetto alla precedente impostazione del nostro Paese sui temi dell'energia. Ricorderemo tutti che l'impostazione precedente prevedeva tra le fonti energetiche il 25 per cento di nucleare, il 25 per cento di energie rinnovabili, mentre il resto era assicurato dalle fossili.
  La Strategia energetica nazionale elaborata, oltre eliminare, in seguito alla scelta referendaria, l'energia dall'atomo, dà indicazioni abbastanza coraggiose rispetto alla questione dell'energia rinnovabile, dell'efficienza e del risparmio energetico.
  L'architrave della Strategia energetica nazionale si regge su questo tipo di impostazione e noi siamo favorevoli. Voglio, però dire chiaramente che avremmo preferito, almeno come struttura della CGIL, un orizzonte più ampio rispetto alle indicazioni della Strategia. Il 2020 oramai sta arrivando. Non sono tempi così lunghi, soprattutto per grandi progetti e infrastrutture energetiche, che implicano anche lungaggini burocratiche. Riflettiamo, quindi, su quest'aspetto se per caso non sia necessario mettere mano a un vero Piano energetico nazionale, con un orizzonte al 2030-2050, come indicato anche dall'Unione europea.
  L'individuazione di percentuali maggiori rispetto agli impegni precedenti sia per l'efficienza sia per il risparmio energetico vanno, dunque, nella direzione giusta, Pag. 3così come il discorso del mix energetico, che deve essere riequilibrato sapendo che abbiamo difficoltà vere per affrontare la transizione che dovremo portare a sintesi da qui al raggiungimento dell'80 per cento dell'economia e dell'energia fuori dal carbonio, come indicato dall'Unione europea.
  Per quanto ci riguarda, dovremmo saper gestire questa transizione usando maggiormente il gas e, soprattutto, consapevoli che è necessario mettere mano seriamente alla questione delle reti. Oggi, infatti, così come sono strutturate, le nostre reti non hanno più possibilità di assorbire l'energia, ad esempio, sviluppata dalle rinnovabili. Abbiamo bisogno proprio di un cambiamento strutturale del sistema delle reti, come di eliminare i cosiddetti colli di bottiglia che ci sono ancora, ad esempio al Sud del nostro Paese, come il collegamento tra Sicilia e Calabria. Abbiamo bisogno di scelte coraggiose, ma immediate. Non possiamo assolutamente aspettare altro tempo.
  Andando per sintesi, senza dilungarsi troppo, siamo convinti che sia necessario spingere seriamente. Va assolutamente costruito un mercato europeo dell'energia. Diversamente, la giusta concorrenza, la giusta dinamica tra le imprese si giocherà più all'interno dell'Unione europea che all'esterno, con i nostri competitori cosiddetti emergenti.
  Ormai è noto che il differenziale di prezzo tra la nostra energia e quella della Germania si aggira intorno al 30 per cento. Dobbiamo assolutamente trovare un equilibrio rispetto a questo valore. La maggioranza delle imprese che stanno chiudendo oramai da tempo e hanno difficoltà di tenuta nel nostro tessuto produttivo denuncia la difficoltà del costo dell'energia, quindi lo sbilancio di pagamento del 25-30 per cento in più rispetto agli altri Paesi europei, in primis la Germania. Ecco perché abbiamo esigenza di armonizzare il mix energetico, ma soprattutto di abbattere la parte fiscale e parafiscale delle nostre bollette sia per le aziende sia per le famiglie.
  Ciò premesso, riteniamo opportuno, ad esempio, proprio in considerazione di quanto illustrato, rispetto all'utilizzo del gas nella fase di transizione dell'uscita dal carbonio, che ciò avvenga, ma con un'attenta gestione. Non abbiamo assolutamente bisogno di terapie d'urto. Nell'ambito di questo settore, infatti – penso a tutta la questione del termoelettrico – ci sono migliaia di persone in carne e ossa, tecnici, capacità e intelligenze che vanno assolutamente salvaguardate. Bisogna cercare un equilibrio svincolandoci dalla stretta della fornitura del gas che avviene attraverso i metanodotti. Oggi, siamo collegati con due metanodotti centrali a nord e a sud del nostro Paese, che determina anche un blocco della dinamica dei prezzi, e quindi della concorrenza. D'altro canto, dobbiamo diversificare l'approvvigionamento, soprattutto nei mercati spot, che ci permettono di abbassare il prezzo. Per questo, abbiamo bisogno, almeno secondo noi, di alcuni nuovi rigassificatori di GNL, gas naturale liquefatto, in modo che il sistema di stoccaggio sia più competitivo e ci permetta di ammortizzare questa difficoltà rispetto alla media europea. Bisogna trovare una sintesi di equilibrio per mantenere in forma il sistema complessivo energetico del nostro Paese.
  Abbiamo dato il nostro assenso alle energie rinnovabili, al risparmio, all'efficienza energetica, ma sappiamo che c’è bisogno di un equilibrio. Non sempre, visto che le energie rinnovabili non sono programmabili, abbiamo questa possibilità, per cui al nostro sistema industriale serve questa garanzia di tenuta della produzione energetica e, come evidenzia anche il dibattito di queste ore nelle aule parlamentari, di un sistema che ci permetta di dare garanzia alla produzione termoelettrica.
  Sicuramente, siamo in surplus per quanto riguarda la produzione complessiva, quindi l'oggetto dell'estensione della produzione, per cui non potremo che procedere a una cernita molto attenta dell'efficienza. I cicli combinati che abbiamo nel nostro Paese, però, e che negli ultimi anni hanno visto 25 miliardi di investimenti per l'ammodernamento di Pag. 4questo sistema così efficiente, vanno salvaguardati perché sono la garanzia per il sistema Italia, soprattutto per le manifatture, per il nostro aspetto produttivo. È necessaria una linearità della fornitura energetica.
  Non so se si debba definirlo capacity payment, ovvero capacity market, ma sicuramente dobbiamo saper gestire quest'equilibrio. Come ripeto, per quanto riguarda la nostra organizzazione, è abbastanza chiara la preferenza alle rinnovabili, all'efficienza energetica, al risparmio, la transizione dal carbonio che ci sarà utilizzando il gas, l'equilibrio da trovare per questa transizione non facendo saltare il debole sistema che abbiamo all'interno del nostro apparato produttivo.
  Voglio dire in questa sede – come strutture sindacali, i colleghi di CISL e UIL eventualmente integreranno – che il nostro contributo va in questa direzione ed è stato già fornito. CGIL, CISL, UIL e Confindustria hanno firmato un avviso comune nel 2011, quindi in un grave momento di crisi economica del nostro Paese. Abbiamo depositato questi documenti alle forze politiche parlamentari presenti nel nostro Paese: per quanto riguarda le strutture sindacali confederali e Confindustria, la strada principale da seguire per far partire e decollare anche il nuovo assetto produttivo passa dall'efficienza energetica.
  Le indicazioni sono 1 milione 600 mila posti di lavoro in 10 anni, circa 100 mila posti di lavoro all'anno, secondo me anche sottodimensionati; 238 miliardi di investimenti; 15 miliardi di benefici per il sistema Paese. Tutto il discorso passa da lì perché dietro c’è la manifattura, le nostre fabbriche, le nostre aziende, il nostro sistema produttivo. Se vogliamo mantenere quel sistema produttivo, come intendiamo fare, abbiamo bisogno però di mantenere l'equilibrio che descrivevo poc'anzi.
  Questo significa che consideriamo la Strategia energetica nazionale un utile documento di discussione che ci permette di avere un canovaccio importante di valutazione, ma preferiremmo e chiediamo anche al Parlamento di allargare l'orizzonte in maniera ulteriore e di integrare la nostra politica con una battaglia anche a livello europeo per uno sguardo complessivo dell'Europa sul sistema energia. L'energia rimette in moto il Paese, come rimette in moto il l'intero continente europeo.

  CARLO DE MASI, Segretario Generale Flaei-CISL. In continuità con chi mi ha preceduto, considero positivo che il Paese si stia ponendo un problema di strategia energetica nazionale data la mancanza, da anni, di un piano energetico. Purtroppo, in questi anni di diverse questioni nessuno oggi paga le conseguenze, a partire da una liberalizzazione e dalle connesse privatizzazioni del sistema elettrico in Italia, che hanno portato a un calo occupazionale di oltre 100 mila addetti, alla perdita di competitività del Paese rispetto ai costi energetici e a una serie di ulteriori problemi.
  Nessuno sottolinea che le tre GenCo stanno ormai sparendo: la prima già è stata assorbita nella divisione tra A2A e francesi; la seconda è sull'orlo di un dramma dal punto di vista economico-finanziario; quanto alla terza, notizia di oggi, i tedeschi, dopo aver rilevato da Endesa gli asset, stanno per abbandonare il nostro Paese. Queste conseguenze drammatiche anche rispetto all'occupazione ci hanno costretto per la prima volta a sottoscrivere accordi di ammortizzatori sociali con i cinque principali player di generazione. Questa è la situazione del Paese. Abbiamo 30-35 impianti a rischio fermata.
  Per la parte che ci riguarda, illustrerò sinteticamente alcune proposte che abbiamo già consegnato. Vi lasciamo quattro documenti che attengono alla green economy, compresa la questione del risparmio e dell'efficienza energetica, al sostegno e alla generazione elettrica tradizionale, a come individuiamo la questione delle reti e alla questione della bonifica ambientale del sito Parco tecnologico per quando riguarda gli otto siti ex nucleari.
  Venendo alle nostre proposte, credo anzitutto che sia essenziale riaffermare Pag. 5l'universalità del servizio elettrico. Il secondo tema di ordine sociale riguarda la questione dell'adeguamento della struttura tariffaria della bolletta rispetto alla strategia energetica che il Paese si darà, rivedendo sia i prezzi dei consumi sia le diverse componenti e le varie accise, anche al fine di diminuire i costi in bolletta per famiglie e imprese.
  La terza questione di ordine sociale riguarda la richiesta – avevamo un avviso comune già ai tempi della liberalizzazione – di istituire un osservatorio/cabina di regia, per attuare e monitorare la programmazione strategica energetica ambientale del Paese.
  Vi è, inoltre, la proposta di creare un'unica società delle reti, che riguarda un po’ tutti i servizi universali, ma in particolare partendo da quella elettrica – già Terna è molto favorevole alla riunificazione della rete elettrica – favorendo l'azionariato dei lavoratori, l'ingresso di Cassa depositi e prestiti e anche dei cittadini consumatori.
  Va istituita una società dedicata al controllo pubblico e neutra per la verifica e la misura per tutti i servizi essenziali. È necessaria la definizione di processi autorizzativi certi nei tempi, nelle scelte e nelle modalità per favorire investimenti per le infrastrutture energetiche. Dobbiamo sostenere la ricerca applicata al sistema elettrico, come ormai non si fa più. Anche i fondi destinati a tale capitolo a volte sono ritardati nella loro erogazione e non consentono, appunto, di finanziare attività, progetti e talvolta anche le risorse umane.
  Dobbiamo monitorare gli obblighi di concessione, introdurre elementi di garanzia rispetto alla salvaguardia del patrimonio affidato in concessione, promuovere la partecipazione diretta delle istituzioni a livello territoriale prevedendo compensazioni, una sorta di bilancio energetico ambientale a livello di singole regioni, laddove chi sopporta degli oneri sulle infrastrutture deve pagare costi energetici inferiori agli altri.
  Dovremmo incentivare risparmi ed efficienza energetica, in particolare per l'adeguamento e messa in sicurezza del patrimonio edilizio sia pubblico sia privato, diminuendo in modo sensibile i consumi, investendo sulla domotica e sulla mobilità elettrica, definendo normative certe per mantenerci costanti nel tempo, il medio-lungo lungo periodo, e dotandosi, per evitare quello che è successo con le rinnovabili, con tutte le devianze che ci sono state, di audit pubblici che possono per tempo verificare effettive esigenze, progetti, realizzazioni, prima di erogare i sussidi che prevederemo.
  Bisogna modulare nel tempo l'attuale sostegno alle rinnovabili, fotovoltaico ed eolico, fino al raggiungimento della parity grid e prevedere incentivi adeguati per sostenere il solare termodinamico, il minieolico, le biomasse, favorendo, come non è accaduto con la green economy, dove abbiamo tolto i soldi ai poveri per darli ai ricchi finanziando fondi di investimento estero e componentistica cinese o del Nord Europa, accordi di programma sul territorio per l'indotto e protocolli con università ed enti della formazione per creare nuove professionalità e green jobs.
  Vengo alle ultime tre questioni. La pesante crisi che si è imposta anche nel nostro Paese nel settore cui mi rifacevo all'inizio sta determinando una situazione pesante nella generazione tradizionale. Anche il mio collega sottolineava che bisogna porsi un problema di capacity payment o di capacity market.
  Siamo disponibili, per la parte che ci riguarda, da subito a un accordo trilaterale Governo, parti sociali, imprese e sindacato, per far sì che per quei 30-35 impianti possano essere prese delle decisioni, ad esempio, per eliminare quelli che sono inefficienti, inquinanti e a volte anche pericolosi. Possono essere sostituiti con impianti nuovi, dandoci una graduazione nel tempo e provando a capire se alcuni impianti, bonificando i siti, possono essere restituiti alla cittadinanza per servire ad altro. Non serve, infatti, molta energia. Abbiamo una capacità di produzione, almeno per la parte della potenza, del doppio rispetto alle effettive necessità.
  È anche necessario bonificare i siti nucleari. Finora, ognuno lavorava per Pag. 6conto proprio. Se si decidesse per una rete d'impresa tra Sogin capofila, Ansaldo Nucleare, ENEA, Enel ingegneria e innovazione, CESI e altre, si potrebbe non solo mettere in sicurezza il Paese e bonificare quei siti, ovviamente dotandosi anche del deposito Parco tecnologico, ma anche e soprattutto aggredire un mercato internazionale rilevante rispetto al decommissioning.
  Da ultimo, ma non per importanza, dovremmo sviluppare in questo Paese – ci rendiamo disponibili anche in questo caso per interagire con tutte le forze sane del Paese – una nuova comunicazione istituzionale sui temi dell'energia per creare e far crescere nel Paese una vera e propria cultura energetica ambientale.

  FRANCESCO FIORE, Coordinatore Energia UIL. Anch'io ringrazio la Commissione per l'invito rivoltoci. Pensiamo che risulti molto importante il dibattito in corso sulla SEN, soprattutto per un semplice motivo: qualche tempo fa, ci siamo trovati di fronte a una consultazione on line proposta dal Ministero dello sviluppo economico che ci ha lasciato un po’ di amaro in bocca. L'argomento era molto importante per lo sviluppo del Paese, che va affrontato qui in Commissione e dovrebbe essere uno degli argomenti principe per rilanciare l'economia di questo Paese.
  Anche noi abbiamo consegnato un documento composto da 20 cartelle che evito di illustrarvi. Sarò il più sintetico possibile. Se avrete la pazienza di leggerlo, ci farà molto piacere.
  La questione autorizzativa rimane per noi un problema all'interno della SEN, soprattutto per alcuni settori quali l'eolico e il fotovoltaico. Esiste ancora un accavallarsi di autorizzazioni e sistemi che, onestamente, non aiutano lo sviluppo di questi settori. Pensiamo che si possa fare qualcosa di più. Nel documento che vi proponiamo, avanziamo delle proposte specifiche di merito.
  In merito all'autorizzazione posso raccontarvi proprio una nostra esperienza come sindacato UIL. Nel palazzo della UIL, abbiamo pensato 3 anni fa di dotarci di pannelli fotovoltaici e abbiamo impiegato appunto tre anni per ottenere un'autorizzazione per pannelli integrati. Onestamente, questo ci lascia molto amaro in bocca. La spesa è stata notevole per dotare un palazzo di 7 piani, dove lavorano 110 dipendenti. Coprire il 30 per cento di energia è stata una spesa molto importante di fronte a una miriade di autorizzazioni e di enti che entravano a far parte del comune di Roma, UNESCO e così via.
  Noi ci abbiamo messo ben tre anni, ma siamo stati molto più fortunati dei colleghi di CGIL e CISL. Almeno, infatti, ci siamo riusciti. Gli altri forse, sulla nostra esperienza, ci riusciranno magari nel tempo, ma posso assicurarvi che abbiamo vissuto un'esperienza molto negativa. Da questo punto di vista, il documento sulla SEN comincia a fare dei passi importanti, ma si potrebbe fare molto di più.
  Per quanto riguarda l'efficienza energetica, come evidenziava poc'anzi il collega della CISL, c’è un patrimonio pubblico che può essere ristrutturato, un indotto lavorativo che può essere sviluppato, edifici, che vanno dal 1913 al 1971, i più vecchi tra quelli pubblici, che potrebbero portare un risparmio di 90 milioni di euro in termini di energia. Abbiamo effettuato uno studio insieme a ENEA qualche tempo fa proprio su quest'argomento.
  Bisognerebbe partire dalle piccole cose per tentare di rimettere in circolo quel meccanismo virtuoso di occupazione, lavoro e sviluppo. In questo senso, l'aver prorogato le agevolazioni fiscali è stato un punto di partenza molto positivo, che giudichiamo importante. Senza quell'incentivo il settore dell'edilizia avrebbe pagato a maggior dazio. In questi ultimi anni, c’è stato uno sviluppo delle ristrutturazioni e riqualificazioni energetiche importanti nel nostro Paese. Ne ha beneficiato il settore edilizio che, come ben sapete, purtroppo non vive, come molti altri settori, momenti floridi.
  Il punto su cui vorremmo porre attenzione e su cui la SEN forse non focalizza bene è che il nostro è un Paese delle opposizioni, del NIMBY(Not In My Back Yard) a partire da tutte le energie, da tutti Pag. 7i settori, dal fotovoltaico al petrolio, al gas. Sarebbe arrivata quasi l'ora di una consultazione pubblica, magari codificata, non inventandoci qualcosa di strampalato, come di tanto in tanto capita anche in questo Paese, con invenzioni particolari.
  Potremmo copiare senza grandi sforzi le consultazioni in Francia, dove con una consultazione codificata è individuato il rappresentante, il rappresentato, quanto si può incidere sulla popolazione rispetto alla rappresentanza. È un percorso molto virtuoso che in pochi mesi riesce a risolvere nei territori le problematiche relative al settore dell'energia. Questo manca.
  Nel nostro documento, abbiamo dedicato un capitolo a parte alla consultazione pubblica perché pensiamo che questo sia il problema dei problemi in Italia. Le infrastrutture si realizzano e poi vengono bloccate, dalle biomasse in Basilicata alle centrali elettriche, dalle pratiche virtuose a quelle che secondo alcuno lo sono meno. In questo senso, la SEN è deficitaria.
  Verrei molto brevemente all'ultimo punto. Anche il collega della CISL ha osservato come non si parli di tariffe, neanche di tariffa sociale. È un argomento su cui, come organizzazioni sindacali, ci siamo battuti. Abbiamo ottenuto un provvedimento da parte del Governo sulle tariffe sociali elettriche e del gas, su cui siamo intervenuti con delle proposte, accettate allora, ma l'argomento rimane ancora molto attuale.
  La tariffa sociale, come ben sapete, è caratterizzata da un meccanismo che si rifà all'ISEE, anche quello non perfetto. Ricordo che, al tempo del dibattito sulle tariffe sociali, individuammo, attraverso meccanismi molto particolari, una platea di 5 milioni di famiglie indigenti, tante, poi ovviamente risultata non verosimile. Non era quella la platea che poteva accedere a quella tariffa.
  Molti meno furono quelli che hanno usufruito di questa tariffa sociale, ma a mio avviso è un meccanismo che deve rientrare all'interno di una pianificazione energetica. Una fetta della popolazione soffre ancora di più in questa prima di grandissima crisi. Non aiutiamo, però, chi già beneficia di stipendi alti e dichiarazioni fasulle. Aiutiamo le persone che veramente ne hanno bisogno. Nella pianificazione energetica forse ci sarebbe da individuare un capitolo a parte sulle tariffe e tariffe sociali.

  IVETTE CAGLIARI, Segretario Confederale UGL. Vi ringraziamo per averci convocato la settimana scorsa nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla green economy, per cui vi forniremo materiale insieme al documento odierno.
  La modernizzazione del settore energia rappresenta un elemento cardine, secondo la nostra opinione, per la crescita sostenibile del Paese. Le azioni proposte nella Strategia energetica, che ha un doppio orizzonte nel 2020 e nel 2050, puntano a far sì che l'energia non rappresenti più per il nostro Paese un fattore economico di svantaggio competitivo e di appesantimento del bilancio familiare, tracciando un percorso che consenta al contempo di migliorare fortemente gli standard ambientali, di decarbonizzazione e per rafforzare, altresì, la nostra sicurezza di approvvigionamento.
  Da un nostro convegno/seminario del 21 novembre scorso – riteniamo fondamentale l’asset strategico-energetico – occasione di approfondimento e formazione interna, sono emersi importanti elementi. La strategia energetica deve essere considerata trasversale e sottratta al dibattito di una cerchia ristretta di addetti del settore. Deve divenire veicolo di corretta informazione pubblica per farne conoscere le enormi opportunità in termini ambientali, sanitari, economici e occupazionali.
  Rendere concreta la SEN, confinata ancora oggi nella declinazione di intenti irrealizzabili, come del resto ricordo a tutti noi anche il PEN, Piano energetico nazionale del 1988 – siamo fermi lì purtroppo, con pochi aggiustamenti – significa, però, innescare un circolo virtuoso e rispondere con coerenza al fabbisogno energetico nazionale con creazione di posti di lavoro legati all'implementazione al funzionamento di nuovi impianti, posti innovativi con alti saperi, ma anche riconversione Pag. 8attraverso la formazione di competenze dedicate.
  Non si crea, però, lavoro su informazioni scientificamente poco corrette. I rigassificatori, ad esempio – prendo le valutazioni di un istituto di un certo rilievo, il CNR – produrrebbero diossina: è impossibile, visto che il passaggio dallo stato liquido del gas stoccato, almeno a 160 gradi, a quello gassoso avviene attraverso il passaggio in condotti affiancati da tubi contenenti solo acqua di mare. Ci sarebbero tanti altri esempi, ma fermiamoci a questo.
  Ricordiamo anche il contesto geopolitico. Per l'approvvigionamento di gas, l'Italia dipende al 50 per cento da 3 tubi provenienti da Russia, Libia e Algeria. Se questi fossero chiusi per qualsiasi motivo, in una ventina di giorni il nostro Paese consumerebbe tutto il gas disponibile. Forse sarebbe opportuno discutere se costruire alternative, dato fondamentale, sottoposte a verifica partecipata, elemento cardine.
  Si potrebbero, quindi, costruire rigassificatori, monitorando la sicurezza più che l'inquinamento o anche, altro dato dolente che rientra sempre in questa percezione NIMBY, inceneritori. È emerso di recente che, oltre a essere sotto la media europea, addirittura qui a Roma si parla di portare i rifiuti a Palma di Maiorca. Forse loro riescono a trasformare in risorse ciò che noi consideriamo un problema.
  Non si realizzerà, quindi, il rilancio derivante dal saper cogliere quest'opportunità strategica, se non si affronterà il tema scottante della governance, una delle 7 priorità della SEN. Prima azione indispensabile tra tutte, a nostro avviso, è ricondurre in capo allo Stato le competenze legislative in materia energetica per quanto attiene le infrastrutture di livello nazionale.
  È evidente che la Strategia energetica deve essere accompagnata da un'azione culturale di chiarezza scientifica e normativa. Non possiamo gravare la già preoccupante e nota sindrome NIMBY con l'emergente, forse ancora poco conosciuto, NIMTOO (Non In My Term Of Office), non durante il mio mandato elettorale.
  Un dato di rilievo è che le opposizioni più forti siano, appunto, dei sindaci o dei funzionari che non sottoscrivono le autorizzazioni, con il conseguente blocco di iniziative e il proliferare di autorizzazioni burocratiche che appaiono, a chi vuole accedervi, senza fine o di modifiche in corso d'opera di incentivi che, purtroppo, generano ulteriore confusione. Da ciò emerge la necessità di limitare l'approccio strumentale non sufficientemente responsabile della politica.
  Serve anche un maggior coordinamento con l'Europarlamento. La SEN non è di per sé sufficiente a rispettare i limiti fissati dalla roadmap per le emissioni di CO2. Ci troviamo costantemente in ritardo perché attuiamo politiche di breve periodo, senza visione di lungo termine. Ecco perché non possiamo perdere il treno di una SEN reale.
  È una scommessa anche lo sviluppo tecnologico, che va aiutato perché determinerebbe innovazione di qualità tale da risollevare l'economia del Paese. Nel ritornello del debito, si finisce col non fornire supporto pubblico all'industria. Contesto politico ideale per l'innovazione energetica sarebbero le compartecipazioni pubblico-privato e molto si potrebbe fare in questo senso.
  Di fatto, se si erogassero incentivi al settore manifatturiero collegato in modo diretto e indiretto all'energia attraverso l'interazione e la partnership tra soggetti diversi, si acquisirebbe maggiore competitività intellettuale, e quindi industriale.
  La sintesi in merito al necessario avvio di una strategia energetica nazionale non declinata solo sulla carta è, quindi, non lasciare all'improvvisazione del momento un tema essenziale per lo sviluppo sostenibile dell'Italia, intervenendo su assi fondamentali come l'informazione, la formazione, la governance per l'assunzione di rischi di responsabilità da ogni livello e per dare speranza di rilancio alla nostra Italia.

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  PRESIDENTE. Per quanto riguarda il primo intervento svolto da parte di CGIL e l'affermazione relativa al 30 per cento in più di costo dell'energia rispetto al panorama tedesco, in realtà, dati alla mano, bisogna distinguere di cosa stiamo parlando. Credo che in questo caso vogliate intendere la parte di attività che impiega personale, e quindi immagino le PMI, piccole e medie imprese. Dati alla mano, credo che la Germania ha un costo di energia per 1 megawatt di 214 nel primo semestre 2013, l'Italia di 228. La differenza è quindi pari a 14, raramente si supera l'8-10 per cento, e non il 30. Forse sarebbe meglio uniformare un po’ i dati proposti. Questi sono dati di Assorinnovabili forniti nel corso di un'audizione recente.
  Credo non sia necessario ricordare che non è di nessuna utilità diffondere dati sbagliati. Questi sono dati certi che potrebbero essere smentiti da chiunque. Il 30 per cento in più per l'energia mi sembra, soprattutto per le imprese, un po’ troppo alto.
  Quanto alla salvaguardia del settore termico e all'attenzione che richiamavate sulla non programmabilità delle rinnovabili, credo che compito del Parlamento sia cercare di stabilire una pianificazione, con la necessaria diversità degli orientamenti politici, per cui ognuno può avere la propria idea.
  Sull'argomento della non programmabilità delle rinnovabili, in realtà ricordo che il GSE, Gestore Servizi Energetici, ha una struttura tecnica adibita alle previsioni della producibilità degli impianti sia eolici sia fotovoltaici monitorati, per cui si può parlare di una certa programmabilità nell'arco del giorno successivo. Il fatto che si debba anche andare verso una pianificazione di smart grid, e quindi di reti piccole, dove sostanzialmente abbiamo la produzione e consumo contestualizzati, va verso la certezza della programmabilità. La politica deve prendersi la responsabilità di fare scelte decise.
  Credo che il continuo tentativo di non scontentare nessuno non porterà mai nulla. Rimango basito che tale posizione arrivi anche dalla vostra parte, ma lo capisco e lo avevo già sottolineato nelle audizioni sulla green economy, la richiesta di fornire sussidi di capacity payment a soggetti che hanno sbagliato investimenti. Qualcuno, infatti, durante la crisi industriale ha sbagliato in termini di tempi di ritorno dei propri investimenti sulle centrali a gas. Mi spiace che lei scuota la testa, ma la mia opinione è che sia così.
  Se hanno fatto la previsione di avere 8 mila ore di funzionamento degli impianti e se ne sono ritrovate 3 mila, qualcuno ha sbagliato la previsione di utilizzo. Credo che, dal punto di vista dei lavoratori, ma dei cittadini, questo non si debba ripercuotere sulle loro tasche, correggendo l'investimento sbagliato da parte di un amministratore.
  Oltretutto, dovremmo estendere la correzione a tutte le attività industriali. Perché un'attività in campo energetico sì e un'attività in campo manifatturiero no ? Qualcuno che ha creato le linee produttive di piastrelle, a un certo punto, visto che è calato il mercato, è entrato in crisi, ma credo che non stiamo mettendo in piedi nulla di similare per quei comparti produttivi.
  CISL parlava di smart grid e smart city, poi ha affrontato anche il discorso delle centrali a carbone: non vi seguo. Le centrali a carbone sono a produzione centralizzata, smart grid e smart city a produzione distribuita: sono modelli totalmente diversi. O si sceglie di stare su uno o si decide di stare sull'altro. Pare che in alcune Nazioni sia più conveniente stare sulla generazione centralizzata; nel nostro Paese, sembra sia più conveniente andare verso una generazione distribuita, come è anche il parere non di una parte a noi troppo cara, Enel, che in audizione ci ha illustrato una sua prospettiva di puntare alle generazioni distribuite e alle smart grid.
  Quanto alla valorizzazione delle risorse energetiche locali, quel capitolo mi spaventa perché mi viene in mente la Basilicata. Pagare la regione ed erogare indennizzi e royalty non ha portato a nulla di Pag. 10tutto ciò che ci si aspettava. Le ricadute territoriali positive non ci sono state.
  Vengo dalla provincia di Novara, dove abbiamo avuto pozzi in quantità e oggi vedo che le soluzioni sul territorio sono i buoni benzina per i cittadini. Credo che questo non sia il modo per permettere una partecipazione attiva del territorio. A me sembra solo un contentino per evitare di creare troppi scontenti, mille euro l'anno di carburante e il cittadino sta tranquillo. Credo non sia uno strumento corretto.
  I finanziamenti per minieolico, biomasse, solare e termico, in realtà ci sono già. L'eolico oggi è finanziato, ha le sue linee di incentivi sulla produzione e lo stesso discorso vale per le biomasse, tant’è che in alcuni casi per le biomasse stiamo arrivando anche ai paradossi di criticità per cui in alcuni casi stiamo utilizzando biomasse di importazione per generare energia o, peggio ancora, coltivare campi a fini totalmente energetici. Qui credo che si vada in contrasto con le politiche degli agricoltori.
  Quanto alle tariffe sociali, credo che siano un aspetto importante, ma nella pianificazione energetica di un Paese questo è un aspetto sociale, che deve comunque essere preso in considerazione eventualmente da una defiscalizzazione della stessa energia. Non si può prevedere nella pianificazione energetica la necessità della tariffa sociale più bassa. Quella è una conseguenza dell'aliquota fiscale, che si può applicare eventualmente per le famiglie disagiate. Nella pianificazione ordinaria, la tariffazione più bassa per uno rispetto a un altro non credo possa essere affrontata in un'ottica di pianificazione, benché siamo sempre stati abituati a una tariffazione agevolata, ad esempio, per i grossi consumatori di energia, ma anche questo non ci ha portato molto lontano.
  Quanto alla questione di un piano emergenza gas e verifica partecipata, credo che, ad esempio, per i rigassificatori vada anche ricordato che questi impianti, che in qualche modo si stava cercando di far partire, sono finanziati dallo Stato italiano per gran parte, tranne qualcuno per il quale giustamente ci si vanta che non lo è. Per altri, fino a oggi abbiamo quasi la copertura del 70 per cento dei costi.
  Possiamo permetterci, socialmente, di incentivare quel tipo di produzione o non sarebbe meglio cercare di fare quel che vi dicevo, la funzione distribuita e la cogenerazione o le rinnovabili su una scala più ampia, anche con un interesse diretto del consumatore ?
  Non ho capito se la battuta sugli inceneritori fosse a favore o contro. Purtroppo, come forza politica, agli inceneritori siamo totalmente contrari. Qualche anno fa, nella mia provincia siamo partiti con la raccolta differenziata. Credo che Novara sia stata sulle bocche di tutti, mentre finora non la conosceva nessuno. Dal momento in cui è diventato il primo paese a praticare raccolta differenziata, è diventata un esempio, rimasto congelato fino a oggi, per cui non ha visto uno step successivo.
  Bisogna anche capire che in comuni come quello di Roma oggi ci troviamo con la raccolta differenziata neanche partita. Si deve capire che qualcuno sta gestendo politicamente emergenze per costruire impianti a reddito garantito. Alla fine, quelli dell'emergenza, come quelli inseriti nel cosiddetto decreto-legge del fare per l'accorciamento della tariffa dei CIP6, sono impianti di termovalorizzazione energetica.
  Queste contraddizioni del sistema devono essere messe bene in risalto, soprattutto per il fatto che esistono esempi virtuosi. Se si arriva a una raccolta differenziata molto spinta, si crea lavoro secondario, le materie prime secondarie che si generano creano, come nell'esempio palese di Vedelago, fanno ripartire una filiera, il numero di addetti nella raccolta differenziata aumenta anche se, a parità di costo, non si attribuisce il costo all'incenerimento o allo smaltimento in discarica, ma si effettua una selezione del rifiuto. Credo, però, che questa sia una posizione soprattutto politica.
  Quanto alla sindrome NIMBY, credo che oggi i cittadini siano soprattutto spaventati. Troppe scelte del passato hanno Pag. 11portato il cittadino a pentirsi di non aver combattuto un'adeguata battaglia per l'informazione. Credo che la partecipazione debba essere soprattutto garantita in maniera puntuale. Quando vedo amministrazioni che presentano progetti di impianti innovativi diversi il 7 agosto, mi preoccupo perché scade i termine dei 30 giorni il 7 settembre, i cittadini sono in ferie, saluti e baci.
  Cerchiamo anche sempre di stare un po’ attenti. Abbiamo creato la sindrome NIMBY con un sistema politico.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIANLUCA BENAMATI. Vi ringrazio per la vostra presenza anche a nome del mio gruppo politico, il gruppo del Partito Democratico. Mi scuso in anticipo se non sentirò tutte le vostre risposte, ma ho un impegno alle 15,30. In ogni caso, ci sono i colleghi e leggerò le vostre risposte con attenzione sul resoconto stenografico di questa seduta.
  Consentitemi una breve premessa. Abbiamo promosso quest'indagine conoscitiva non semplicemente con lo scopo di audire soggetti interessati alla Strategia energetica del nostro Paese in un momento in cui l'energia più di altri nostri periodi storici è critica per il futuro del Paese stesso, della sua manifattura, delle sue attività industriali, ma anche per cercare di trarre considerazioni e formulare proposte al Governo.
  Sono d'accordo che questa nuova Strategia energetica segua una lacuna gravissima di molti anni nel settore delle pianificazione energetica in questo Paese. Si citava il Piano energetico nazionale che risaliva all'epoca del primo nucleare italiano. A due anni dalla stesura di questo tentativo di pianificazione, è giusto cercare di trarre, per quanto si possa, delle conclusioni e, eventualmente, fornire delle indicazioni su possibili modifiche.
  Come avete rilevato tutti, l'energia è sicuramente uno dei fattori essenziali per il presente e per il futuro della ripartenza in questa crisi del nostro Paese, per un rilancio dei diversi settori, ma in special modo di quello produttivo, e per una ripresa di competitività del settore manifatturiero.
  La garanzia di energie in maniera costante affidabile e a prezzi concorrenziali con quelli nel resto d'Europa è una condizione non ancora sufficiente, ma necessaria perché il nostro sistema industriale possa avere delle speranze di uscire da questa situazione drammatica in cui si trova in questo momento.
  Ciò premesso, andiamo al concreto dei temi che ho sentito da voi per alcune osservazioni e, soprattutto, per alcune richieste di chiarimento. Innanzitutto, dico francamente che abbiamo volentieri stimolato e accettato la presenza delle rappresentanze sindacali all'interno di queste audizioni. Permettetemi di dire che non era scontato, ma riteniamo che in questo momento i sindacati di una categoria così importante come i lavoratori dell'energia siano una parte portatrice di interessi importanti e significativi all'interno di questo settore, che non possono essere trascurati nelle riflessioni di carattere generale.
  Allora, cercherò, su alcuni punti che ho colto, di formulare osservazioni e, allo stesso tempo, chiedere alcune delucidazioni. Tutti i sindacati sono stati accomunati dal tema dei costi, e per costi intendo, parlando di energia elettrica – per il gas faremo un altro discorso – quelli delle bollette. I prezzi al consumo dell'energia elettrica nel nostro Paese sono mediamente più elevati rispetto al resto d'Europa. C’è un mercato libero asfittico. Al di là delle doverose protezioni che vanno identificate – con gli strumenti attuali siamo tutti d'accordo che spesso si sbaglia clamorosamente la maniera – tra fasce protette e clienti privilegiati, solo la metà dei clienti si muove in un'ottica di mercato libero. Da un punto di vista dei costi dell'energia elettrica, quindi, ci sono dei grossi problemi.
  Considerando che una delle indicazioni che diamo al Governo è la ristrutturazione delle voci della bolletta elettrica, che uscirà con forza da questo ciclo di audizioni Pag. 12ancora una volta, sappiamo però bene in quest'Aula e sapete bene che i temi importanti sono gli oneri di sistema e la fiscalità.
  Siccome gli oneri di sistema generali riguardano soprattutto le incentivazioni alle rinnovabili e gli altri oneri generali complessivi per la rete, è chiaro che una politica di alleggerimento di queste componenti, al di là della fiscalità, richiede comunque una spalmatura e un ripensamento della attuale situazione.
  Uno sviluppo significativo delle rinnovabili che abbiamo già avuto ci porta a cogliere gli obiettivi del 2020. Rispetto a quella che è la situazione del parco impianti per la produzione elettrica del nostro Paese – poi dirò degli impianti di turbogas – sapendo questi fatti, al di là di un generico appello alla riduzione delle tariffe, quali possono essere a vostro avviso le misure più adeguate ? Peraltro, il Governo ha in animo di intervenire, per esempio, con il prolungamento del pagamento degli incentivi mediante l'accensione di mutui. Ovviamente, sono extracosti spalmati nel tempo, ma potrebbero esserci dei benefìci. Ovviamente, qui si è parlato anche della promozione in maniera diversa dei sistemi di piccole dimensioni con lo scambio sul posto e non con la cessione alla rete. Al di là di un generico richiamo che tutti condividiamo, chiederemmo quali misure suggerite.
  Mi ricollego direttamente alla questione che mi attendevo da voi e che avete posto con forza: la generazione termoelettrica del nostro Paese. Su questo, dissento dal presidente che si sia trattato di errori di progettazione degli impianti. Si è trattato di una scelta del Paese che, posto di fronte a una crisi energetica, con Bersani e Marzano ha incentivato la ristrutturazione degli impianti a gas per aumentare l'efficienza produttiva.
  In un mercato elettrico che si trova in condizioni di avere una parte della domanda saturata da un'offerta che proviene da altre fonti, come le rinnovabili, è ovvio che esistono impianti, che in genere avranno 5, 6, 7 anni di anzianità, quindi sono abbastanza nuovi – parliamo di qualcosa che è iniziato ad essere ristrutturato dal 200 in poi – anche ragionevolmente nuovi e che presentano il funzionamento menzionato in termini di ore/anno.
  Questo dato ha a che fare, in questo senso, anche forse con il rischio di impresa, ma qui si innesta l'altro punto: il sistema delle rinnovabili, per le sue caratteristiche di intermittenza dal punto di vista elettrico, richiede la disponibilità di una serie di impianti funzionanti in continuo e chiamati in servizio quando necessita per sopperire alla ciclicità del funzionamento di queste fonti. È chiaro, quindi, che con 10 gigawatt di rinnovabili, probabilmente si avrà bisogno di 5-7 gigawatt di generazione termoelettrica di supporto da chiamare in servizio quando se ne manifesti la necessità.
  Ho fatto delle valutazioni molto generali, ma sto cercando di dire che, a fronte di una capacità installata da fonte non continua, siccome esistono dei processi continui in questo Paese, servono comunque delle capacità che abbiano la possibilità di intervenire. Queste capacità, che non sono continuamente in funzione proprio perché, per la priorità di dispacciamento, per la priorità di funzionamento, sono utilizzate in servizio solo quando ve n’è bisogno, hanno diritto a una remunerazione. Qui siamo nel tema del capacity payment o capacity market.
  Ora, collegato a questo è un tema molto importante. La mia opinione personale, ma vorrei sentire la vostra, è che non possiamo far pagare all'utente anche questo servizio che a questo punto non discuto nella sua valenza tecnica. È la struttura del nostro sistema che lo richiede, però non possiamo scaricare anche questi costi sull'utente. Ho già posto questa domanda a diversi auditi anche nel settore della produzione di energia elettrica e stanno emergendo indicazioni interessanti: grazie a quale sistema, a vostro avviso, possiamo farci carico di questo problema esistente che in parte, dal punto di vista dei sindacati, dà anche respiro a un certo Pag. 13numero di sistemi senza gravare ulteriormente su una bolletta già abbastanza pesante ?
  Ho infine un'ulteriore questione da porre. Certamente, quelli dell'efficienza energetica e del risparmio energetico sono temi essenziali. Più che porvi una domanda, vi informo del fatto che questa Commissione sta esercitando anche pressing sul Governo perché sul patrimonio edilizio pubblico siano avviati un censimento e un'azione di miglioramento/efficientamento. Proprio in questi giorni sono in discussione delle risoluzioni presentate sia da parte del Movimento 5 Stelle sia del mio gruppo politico proprio per impegnare il Governo in questa direzione.
  Condividiamo con voi l'importanza del risparmio energetico e dell'efficientamento sia dei processi produttivi sia dei prodotti, come valore della competitività anche industriale, ma anche proprio come valore Paese nel risparmio energetico. In questo caso, il patrimonio edilizio privato e pubblico diventa un soggetto di potenziale grande interesse. A questo proposito, ho sentito che avete accennato a una valutazione del potenziale di creazione di posti di lavoro in questo settore. Siccome abbiamo già avuto diverse stime su questo, chiedo se possiate fornire dei dati più in dettaglio circa questa vostra valutazione.
  Seguendo sempre i vostri interventi, a proposito della questione, però sollevata solo da CISL dei siti nucleari e dello smantellamento degli impianti, questa Commissione se ne sta occupando insieme al Governo e abbiamo avuto, a mio avviso, anche in questo settore nel passato un'occasione che abbiamo o stiamo rischiando di sprecare.
  Siamo partiti, infatti, tra i primi a smantellare gli impianti nucleari proprio perché abbiamo optato per la scelta, nel 1987, di uscire da questo settore energetico, ma stiamo perdendo quel vantaggio temporale che avevamo sui competitori, mentre l'industria energetica nucleare mondiale sta entrando nella fase di smantellamento degli impianti che stanno diventando vecchi.
  Abbiamo già sentito Sogin e altre realtà di settore e mi pare di poter affermare che oggi stiamo lavorando con il Governo e con i soggetti interessati per cercare di capire quali possano essere modalità di riavvio in maniera veloce quanto meno dell'attività di smantellamento degli impianti.
  Questo, come sapete, è legato all'identificazione del sito nazionale di deposito, alla creazione del Parco e così via, azioni cui è correlato un tema. Abbiamo posto non la creazione di una rete d'impresa e di una filiera, che potrebbe diventare anche a livello europeo complicato, ma forme di partenariato tra i soggetti pubblici delegati a questo, come Sogin e il sistema industriale italiano, che potrebbe, come Ansaldo Nucleare, acquisire grandi ritorni di capacità da spendere sul mercato internazionale.
  Una volta avvenuti gli smantellamenti, infatti, possono essere realizzati in Slovacchia, in Francia e così via, ma con forme di più forte coinvolgimento. Sulle reti esistono dei problemi. Avevate indicato la rete, ma come una forma di partenariato. Stiamo andando in questa direzione.

  PRESIDENTE. Onorevole Benamati le ricordo che è previsto anche un ulteriore intervento.

  GIANLUCA BENAMATI. Concordiamo perfettamente sulla questione della necessità, anche nel settore del gas, di diversificare quanto meno le fonti di approvvigionamento. Oggi, abbiamo dato un parere su un nuovo gasdotto costruito con fondi privati che porterebbe in Italia il gas dell'Azerbaigian, quindi il gas azero che oggi non arriva nel nostro Paese. Questo, però, coinvolge – ci abbiamo tenuto a sottolinearlo – non solo valutazioni di impatto ambientale, ma anche consultazioni pubbliche, valutazioni sul sentimento dell'opinione pubblica.
  In questo senso, credo di poter affermare che un pensiero condiviso in quest'aula è che sia importante nel settore energetico, proprio perché certe sindromi stanno crescendo, coinvolgere la popolazione, Pag. 14ma queste consultazioni non sono fini a se stesse. Vanno fatte precedere da una corretta informazione di sistema e di merito. Non ricordo chi, ma qualcuno di voi propone anche piani informativi e conoscitivi costanti su questo settore.

  MARIASTELLA BIANCHI. Proverò a essere brevissima. Ringrazio anch'io per i contributi che avete fornito a questo lavoro e porrò solo due domande.
  Sulla questione riduzione dei costi e la necessità di un capacity payment o di un flexibility payment, come a volte si chiamano, per riuscire a garantire l'approvvigionamento energetico in presenza di fonti intermittenti, chiedo se ritenete che non ci sia un margine di intervento sulla nostra capacità produttiva visto che eravamo già in sovraccapacità produttiva pari al doppio rispetto alla domanda di picco. Alcune centrali in questo momento sono particolarmente inefficienti e utilizzano anche procedure particolarmente invasive per l'ambiente, come quelle a olio e quelle a carbone.
  Non ritenete, ad esempio, che nell'opportuna raccomandazione di suggerimenti da parte vostra sulle possibilità per ridurre l'onere in bolletta ai cittadini vi sia anche quella di intervenire sulla sovraccapacità produttiva e sul parco centrale tradizionale laddove sono particolarmente inefficienti anche con chiusure laddove necessario ?
  La seconda considerazione che vorrei sottoporvi è di carattere più generale: vi sentite di considerare le organizzazioni che rappresentate come attori positivi nella sfida contro il cambiamento climatico ?
  Penso che vediamo davvero troppo da lontano un attore fondamentale, ossia l'emergenza climatica. Dobbiamo raggiungere, a metà del secolo, emissioni di carbonio zero per tentare di rimanere al di sotto della soglia catastrofica e anche per rispettare quanto previsto dalla road map dell'Unione europea al 2050.
  Possiamo considerare i sindacati che rappresentate come forze di cambiamento che vanno verso la nuova energia – sono necessarie azioni di mitigazione – mettendo efficienza e rinnovabili al primo posto, mi permetto di dire quasi a prescindere dai costi che generano o, comunque, con tutte le tutele necessarie affinché siano prioritarie la loro immissione rispetto a un obiettivo più generale che dobbiamo tutti perseguire ?

  ANTONIO FILIPPI, Responsabile Energia CGIL. Non siamo soliti dare i numeri a caso. Se abbiamo parlato del 25 per cento è perché dal 25 al 30 il prezzo all'ingrosso delle energie supera quello di altri Paesi europei, non elettrica ma gas, effettivamente è quello. Nelle rinnovabili c’è sicuramente una forchetta più corta con la Germania, che a sua volta riceve incentivi.
  Quanto alla diminuzione in bolletta, possiamo lavorarci come sistema Paese che, tra le sue voci, ad esempio, tante componenti, A2, A3 e così via, vanno rimodellate e riviste. Soprattutto, però, oggi è l'architettura dalla bolletta a fasce orarie che non corrisponde più alla realtà. Le fasce orarie vanno modificate. Se è vero, come è vero, che le rinnovabili dalle ore 12 fino alle ore 15,30, estate, primavera inoltrata, coprono il Centro-Sud, è vero pure che il picco per mantenere l'equilibrio alle ore 16 scatta a 70 euro a megawatt, quindi bisogna anche le abitudini del nostro sistema.
  Quanto alle interconnessioni, abbiamo risolto problemi gravi all'interno delle aziende ricorrendo proprio a questo sistema, a volte anche in modo virtuale, per abbattere il costo e permettere all'azienda manifatturiera di rimanere sul mercato. Se, invece, le interconnessioni con l'estero, che ci permette questo scambio di energia, fossero vere – alcune già sono in costruzione – avremmo dei vantaggi.
  Per quanto riguarda il termoelettrico, e la ricerca di una soluzione tra capacity market e capacity payment, nessuno ha sbagliato le indicazioni. Le indicazioni erano del sistema Paese. Non giriamoci intorno. Anche l'Alitalia era del sistema Paese e qualcun altro è intervenuto.Pag. 15
  Quanto al termoelettrico, comunque vada, anche con l'80 per cento delle rinnovabili, cui sono favorevole, comunque deve servire per mantenere l'equilibrio di sistema. Ciò significa che questa macchina, che è al minimo, quando arriva la telefonata del presidente che dice di partire perché non c’è il sole, deve essere pagata da qualcuno.
  Possiamo compiere la scelta, come altri stanno facendo, di diminuire il costo dell'energia che potrebbe essere esportata all'esterno, facendo lavorare mille ore in più all'anno il termoelettrico. L'energia prodotta è abbattuta dalle accise, da tutta la fiscalità e per il 15-18 per cento di fiscalità e accise non viene fatto pagare e si vende all'esterno. Diversamente, si tratta di girarci intorno.
  È una fase di transizione ed è a carico della collettività. Dietro a questo sistema, infatti, ci sono le aziende manifatturiere, cioè i posti di lavoro, non solo gli elettrici. State tranquilli che questi troveranno la soluzione, ma ci sono i metalmeccanici, gli edili, i chimici, tutti quelli che erano in questo sistema molto complesso, dopo cento anni di carbonio stiamo uscendo da questo tipo di fonti di produzione e siamo certamente favorevoli ad uscirne. Le terapie d'urto, però, potrebbero sicuramente portarci più danni che benefici. Questa è la posizione che abbiamo cercato di spiegare, forse in maniera non troppo chiara, fin dall'inizio.

  CARLO DE MASI, Segretario Generale Flaei-CISL. Ringrazio il collega che ha sottolineato che sappiamo trovare le soluzioni. Finora è stato così e mi auguro che sarà così anche successivamente, ma è chiaro che questo settore è in forte sofferenza e abbiamo bisogno di intervenire sia rispetto alla questione occupazionale diretta e indotta sia rispetto ai processi in corso. Abbiamo, infatti, avanzato una specifica proposta per il modo in cui vogliamo dismettere le centrali – si diceva anche nell'ultimo intervento – sostituirle, bonificare i siti. La proposta è complessiva. Da lì si possono trarre anche le risorse per abbattere i costi della bolletta.
  Naturalmente, quando parliamo di costi in bolletta per gli utenti, siano esse aziende o utenti, guardano il costo complessivo. Si può agire su tre versanti: sicuramente sul risparmio efficienza energetica e abbattimento di costo; su ricerca e innovazione per arrivare alla parity grid a man mano che aumentano tecnologia e innovazioni e oggi il solare fotovoltaico può mantenersi già da solo, secondo stime degli operatori, non mie; verificare quale tipo di combustibile sia più utile. Prima utilizzavamo l'olio combustibile, che costava di più, poi il gas fino ad arrivare a quelli che costano meno. Agendo su queste tre leve, sicuramente si possono abbattere i costi.
  L'ultima questione è una delle cose principali che ho portato all'attenzione: per abbattere da subito i costi, basta che si riveda la struttura della bolletta adeguandola a quello che serve rispetto alle scelte che il Governo e la politica si daranno sulla strategia energetica.

  FRANCESCO FIORE, Coordinatore Energia UIL. Nostre eventuali contraddizioni volevano testare se fosse persona attenta, per sdrammatizzare la questione.
  Quando parlavo di consultazione, parlavo di consultazione francese, non all'italiana. Quella all'italiana serve per azzittire, attutire. Quella francese ha un percorso informativo molto serio, con la presenza degli stakeholders individuati attraverso un percorso codificato e via discorrendo. Il presidente mi scuserà, ma forse la sintesi della comunicazione non aiuta mai. In ogni caso, facevo riferimento a una consultazione il più possibile seria.
  È ovvio che i cittadini siano spaventati. Io vengo dalla Campania nessuno è più spaventato di noi, anche in queste ultime settimane, in cui avete sentito della questione della Terra dei fuochi. Ne abbiamo ben ragione, ma questo non significa che si debba fermare lo sviluppo del Paese. Si può trovare anche uno sviluppo equilibrato con la cittadinanza e con tutti gli stakeholders interessati.
  Onorevole, siamo in primissima fila rispetto ai cambiamenti climatici, nel Pag. 16senso che c’è stato un cambiamento notevole all'interno delle organizzazioni sindacali. Fino a poco tempo fa, se si parlava di energie rinnovabili ed efficienza energetica, non ascoltava nessuno. Oggi sono temi entrati in un documento unitario CGIL, CISL, UIL e Confindustria nel 2011, poi ripetuto all'inizio di quest'anno. È un argomento che sta vedendo sempre più in prima fila le organizzazioni sindacali. Non a caso, siamo anche qua a parlare, come diceva simpaticamente l'onorevole che se n’è andato e che ringraziamo per questa concessione.
  Per quanto riguarda le tariffe sociali, se rimane una questione sociale, rimane relegata a un piccolo settore che interessa pochissime persone. Il problema che ponevamo era un po’ più politico, ma magari lo potremo precisare per iscritto.

  IVETTE CAGLIARI, Segretario Confederale UGL. Manderò in seguito comunque il documento, ma non si è parlato di gap infrastrutturale e territoriale, mentre deve rientrare comunque nella valutazione della strategia.

  PRESIDENTE. Ringrazio tutti gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15,35.