XVII Legislatura

X Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Martedì 24 settembre 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Crippa Davide , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA STRATEGIA ENERGETICA NAZIONALE E SULLE PRINCIPALI PROBLEMATICHE IN MATERIA DI ENERGIA

Audizione di rappresentanti di Assomineraria e di Federutility.
Crippa Davide , Presidente ... 3 
Cavanna Pietro , Presidente di Assomineraria-Settore Idrocarburi ... 3 
Santini Fabio , Direttore dell'Area mercato dell'energia Federutiliy ... 5 
Crippa Davide , Presidente ... 8 
Santini Fabio , Direttore dell'Area Mercato dell'Energia Federutiliy ... 8 
Crippa Davide , Presidente ... 8 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 8 
Bombassei Alberto (SCpI)  ... 9 
Benamati Gianluca (PD)  ... 10 
Taranto Luigi (PD)  ... 12 
Crippa Davide , Presidente ... 12 
Spaziani Adolfo , Senior Advisor di Federutility ... 13 
Cavanna Pietro , Presidente di Assomineraria-Settore Idrocarburi ... 14 
Crippa Davide , Presidente ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DAVIDE CRIPPA

  La seduta comincia alle 10.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti di Assomineraria e di Federutility.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla strategia energetica nazionale e sulle principali problematiche in materia di energia, l'audizione di rappresentanti di Assomineraria e di Federutility.
  Questa mattina, iniziamo con le prime audizioni relative all'indagine conoscitiva sulla SEN. Sono presenti, per Assomineraria, l'ingegner Cavanna; per Federutility, il dottor Bianco, il dottor Spaziani, il dottor Santini e il dottor Sica.
  Disponiamo di circa un'ora prima dell'inizio della seduta dell'Assemblea, per cui vi lascerei la parola per una presentazione da un quarto d'ora ciascuno, in maniera che sia poi possibile porre osservazioni e formulare quesiti da parte dei colleghi commissari. Spero che i tempi siano sufficienti per rispondere oggi stesso alle questioni poste. Diversamente, vi chiederemo di inviarci dei contributi scritti.

  PIETRO CAVANNA, Presidente di Assomineraria-Settore Idrocarburi. Con riferimento ai temi oggetto di quest'indagine conoscitiva, risponderemo per quanto di nostra pertinenza e conoscenza. Brevemente, Assomineraria associa e rappresenta le compagnie energetiche italiane e straniere impegnate nella valorizzazione e nella ricerca e produzione di idrocarburi. L'associazione raccoglie più di 110 società ad alto contenuto tecnologico, che erogano beni e servizi alle società impegnate nella ricerca e produzione di idrocarburi.
  Un'informazione che ritengo importante è che nel 2012 la produzione di idrocarburi in Italia è stata di 12,2 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, che hanno rappresentato un contributo pari al 7 per cento dei fabbisogni energetici italiani, e quindi più o meno il 10 del fabbisogno di idrocarburi degli italiani.
  Sul fronte del gettito fiscale, quest'attività ha contribuito per oltre 1,6 miliardi di euro a Stato, regioni e comuni, tra imposte, royalty e canoni. Il settore, la cui leadership è riconosciuta direi anche a livello internazionale, occupa 65 mila addetti, di cui 13 mila direttamente coinvolti nell'attività in Italia e il rimanente all'estero. A questo, naturalmente, si aggiungono altri 30 mila addetti in un indotto non specialistico, per un totale quindi di 95 mila occupati.
  Riteniamo che la nostra attività rappresenti decisamente un valore positivo per il Paese e, soprattutto, di grande rispetto per l'ambiente e sicurezza sia a mare sia a terra. La nostra attività, infatti, presenta una storia di grande attenzione e priorità nei riguardi del patrimonio ambientale e per la sicurezza del lavoro.
  Nella nostra attività off-shore a mare, applichiamo la policy di zero discharge, Pag. 4ovvero nulla è rilasciato a mare, tutto è recuperato, a cominciare dai detriti di perforazione, alle acque reflue, alle acque nere, quindi alle grigie e a quelle meteoriche. Le nostre regole sono tra le più severe in campo internazionale, secondo lo stesso rigore di quelle applicate nel Mare del Nord.
  A questo proposito segnalo che, recentemente, l'Unione europea ha emanato nuove norme per l’off-shore, che non mi pare aggiungono nulla a quelle già in vigore. Questa è una fase di recepimento da parte delle autorità italiane. Il controllo e la sorveglianza della nostra attività è eseguito in maniera continua e rigorosa da parte dell'Ufficio UNMIG, Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse, che dipende dal Ministero dello sviluppo economico.
  Vorrei ricordare, tra l'altro, che nella SEN non è permessa la ricerca di gas, il cosiddetto shale gas, come invece avviene in America; allo stesso modo, non sono permesse attività di esplorazione e produzione in aree sensibili sia a terra sia a mare. I nostri record e dati statistici dimostrano, effettivamente, una grande attenzione per l'ambiente, così rappresentando un perfetto connubio tra ambiente e attività di ricerca.
  Il nostro personale operativo è addestrato ad affrontare incidenti ed è dotato di mezzi e risorse idonee e adeguate. Periodicamente, sono eseguite esercitazioni di sicurezza, tra l'altro con il coinvolgimento delle Capitanerie di porto per quanto riguarda l'attività a mare.
  La perfetta integrazione tra ambiente e turismo è anche testimoniata dalla qualità delle spiagge romagnole, dove l'attività di esplorazione è presente con oltre 40 impianti. La Riviera ha ottenuto, nel 2012, ben 96 bandiere blu, risultando la prima in Italia.
  Inoltre, per la sicurezza, direi che il nostro settore è al primo posto. Secondo dati dell'INAIL, il nostro settore presenta un numero medio di infortuni minore di molti settori del terziario e ben al di sotto dei settore equivalenti, quali metallurgico e delle costruzioni. Vanta, inoltre, performance in continuo miglioramento.
  L'Italia ha un grande potenziale di riserve e può raddoppiare la produzione nel giro di qualche anno; addirittura, a parità o riduzione degli esistenti impianti e infrastrutture, grazie anche alla tecnologie oggi disponibili. Si innescano, in questo modo, anche ricadute molto significative in termini di occupazione e di fiscalità.
  Gli operatori a noi associati hanno individuato 80 progetti di diverse dimensioni, per un investimento che arriva a 17 miliardi di euro, da realizzarsi in 4-5 anni. Tali realizzazioni significherebbero sicuramente un incremento dell'occupazione per almeno 25 mila posti di lavoro, entrate fiscali di oltre 3 miliardi di euro, contro gli 1,6 del 2012, una bolletta energetica con una riduzione di ulteriori 5 miliardi, per un totale di 10 miliardi di euro all'anno.
  Migliorerebbe, peraltro, la sicurezza energetica. Vogliamo, infatti, ricordare che l'Italia dipende per l'84 per cento dall'importazione di idrocarburi e che le previsioni per il 2025 non sono molto distanti da questa cifra. Rispetto alla media europea, intorno al 53 per cento, siamo quindi sicuramente molto più alti.
  Aggiungerei che il sistema di importazione è molto fragile ed esposto agli equilibri instabili dei Paesi che esportano gas verso l'Italia. Un aumento della nostra produzione migliorerebbe questo sistema di approvvigionamento e ridurrebbe il trasporto marittimo, che rappresenta una delle cause di maggiore inquinamento del Mediterraneo.
  Assomineraria giudica la SEN uno strumento essenziale, utile e conveniente per la politica energetica del nostro Paese. Pur tuttavia, si augura che alcune misure siano messe a punto in modo da permettere un più facile raggiungimento degli obiettivi di produzione e anche per fare in modo di non allontanare investimenti di investitori sia italiani sia stranieri, che potrebbero prendere altre strade.
  Raccomandiamo, quindi, che la SEN non resti un documento, ma si trasformi Pag. 5effettivamente in una realtà; di ottenere una stabilità fiscale e contrattuale in quanto i nostri investimenti sono a rischio, ingenti e abbiamo necessità di certezza per il futuro.
  Abbiamo anche bisogno di una normativa che rispetti gli standard internazionali, e quindi avremo bisogno di un Titolo unico. Abbiamo necessità di evitare questa conflittualità tra Stato e regioni, che porta all'allungamento dei tempi autorizzativi. Chiediamo una ridistribuzione, non un aumento, delle royalty a maggior vantaggio delle amministrazioni locali, delle province e delle regioni interessate dalla nostra attività.
  Abbiamo preparato e distribuito un booklet con maggiori informazioni che possono essere di interesse di questa Commissione.

  FABIO SANTINI, Direttore dell'Area mercato dell'energia Federutiliy. Dirigo l'area energia della federazione e, ovviamente, ringrazio per quest'opportunità che ci viene offerta di esprimere una valutazione sul documento della Strategia energetica nazionale (SEN), sulla quale ci siamo già misurati in fase di predisposizione. In questa sede, vorremmo citare degli aspetti complementari.
  Abbiamo allegato la documentazione già nella nostra audizione precedente, condotta durante la fase di consultazione da parte del Ministero dello sviluppo economico. Nella nostra nuova relazione, mi soffermerò prevalentemente sui temi principali, lasciando ovviamente un documento più dettagliato sulle altre tematiche che ci stanno a cuore.
  Abbiamo sicuramente condiviso gli obiettivi della SEN, che vedono un tentativo di ricondurre i prezzi dell'energia del nostro Paese a valori omogenei o conformi rispetto a quelli degli altri Paesi europei per incrementare la competitività delle imprese e ridurre l'onere sulle famiglie.
  Abbiamo senz'altro condiviso anche gran parte degli strumenti che si intendono adottare per raggiungere questi obiettivi. Ovviamente, abbiamo più volte richiamato l'attenzione sul fatto che, però, questo documento non resti di buone intenzioni, ma che venga attuato attraverso strumenti adeguati.
  È noto, infatti, che nel settore dell'energia le scelte di investimento sono importanti. Questi richiedono tempi di ritorno molto elevati. Per gli operatori, avere la certezza degli indirizzi energetici del Paese è fondamentale per orientare, appunto, le proprie politiche di investimento. Abbiamo apprezzato il fatto che il Paese sia tornato a definire delle linee di politica energetica. Vorremmo che fossero il più possibile cogenti per consentirci di investire.
  Il primo dei temi su cui mi soffermerò riguarda uno dei core business dell'attività delle associate a Federutility, ossia la distribuzione di energia elettrica e di gas. Le reti distributive sono in una fase cruciale della loro storia e della loro evoluzione. Questo vale sia per le reti di distribuzione del gas che per quelle elettriche.
  Come è noto, la distribuzione del gas sta affrontando un periodo di ridefinizione dell'assetto industriale. Sono in procinto di essere avviate le gare per la distribuzione gas su ambiti territoriali di una certa dimensione, che dovrebbero portare a superare la frammentazione della gestione attuale, quindi a incrementare un'efficienza gestionale e la capacità di investimento dei soggetti operatori e, di conseguenza, i livelli di qualità del servizio. Tutto ciò, ovviamente, è finalizzato a facilitare anche lo sviluppo del mercato concorrenziale della vendita.
  Su questo tema siamo fortemente impegnati. È evidente che le gare vedranno un elemento prioritario al centro di questa competizione rappresentato dall'elemento finanziario. Il passaggio di mano di questi impianti di distribuzione gas muoverà ingenti somme di denaro: chiediamo che le regole alla base della competizione siano non discriminatorie.
  In questo caso specifico, mi riferisco al fatto che il valore effettivo di questi impianti sia riconosciuto a tutti gli operatori e non soltanto ad alcuni, in particolare ai subentranti, come sta prospettando l'Autorità Pag. 6nella regolazione che si sta formando. Questo è, per noi, un elemento assolutamente centrale.
  Un altro elemento che giudichiamo discriminatorio per alcuni operatori è rappresentato da un provvedimento in gestazione da parte del Ministero dell'economia e delle finanze e che riguarda l'assoggettamento al patto di stabilità interno degli operatori di natura pubblica.
  Naturalmente, tali vincoli sulla capacità di indebitamento di queste imprese portano come conseguenza la loro esclusione dalle gare. Benché economicamente sane, infatti, con bilanci in attivo, si vedono le mani legate dalle limitazioni all'indebitamento, quindi sostanzialmente da una discriminazione rispetto ad analoghi operatori privati.
  Chiediamo che non vi siano questi vincoli, che eventualmente dei vincoli possano gravare solamente su società che presentano deficit di bilancio. Per quelle economicamente sane, chiediamo che possano essere messe nelle condizioni di competere al pari degli altri.
  Analogo discorso può essere condotto per le reti di distribuzione elettrica. Anche in questo caso, infatti, siamo di fronte a un cambiamento epocale di configurazione delle reti. La crescita della generazione diffusa comporta, ovviamente, un ripensamento e una ridefinizione delle reti, forti investimenti su di esse, che dovranno sempre più assumere la connotazione di smart grid.
  Se ne parla molto, infatti, ma, in sintesi, possiamo asserire che la smart grid è un adeguamento dell'attuale rete di distribuzione al nuovo funzionamento imposto dalla generazione distribuita e anche dai nuovi utilizzi. Mi riferisco, per esempio, allo sviluppo della mobilità elettrica. Anche in questo caso, bisognerà investire molto su queste reti affinché si possano cogliere i benefìci e i frutti di questa trasformazione di sistema.
  È molto importante, sia per le reti distributive gas sia per quelle elettriche, che i sistemi tariffari sostengano le politiche di investimento, che altrimenti potrebbero non andare incontro alle trasformazioni che citavo.
  Giudichiamo miope cercare di comprimere i prezzi dell'energia attraverso la riduzione delle tariffe di distribuzione regolate. Questo impedirebbe lo sviluppo di nuovi investimenti che al contrario sono proprio funzionali per ottenere quella riduzione dei prezzi attraverso i sistemi di mercato, quindi la parte commerciale.
  Secondo i dati forniti da una ricerca di Althesys sul territorio delle nostre imprese, gli investimenti sono pari a circa 2 miliardi di euro – sono investimenti diffusi, che quindi hanno ricadute dirette sulle città e sui piccoli centri – dei quali più della metà sono sviluppati dal settore energetico e in grado di avere ricadute in termini di indotto per circa 7 miliardi e 40 mila occupati.
  Chiediamo che questi numeri possano essere incrementati in futuro attraverso adeguate politiche tariffarie, che ci consentano di investire con la doppia finalità di promuovere questi cambiamenti nel settore energetico e dare respiro alle economie territoriali attraverso questo tipo di lavori.
  Un altro tema sul quale vogliamo soffermarci è quello dell'efficienza energetica. Abbiamo assolutamente condiviso che la SEN metta al primo posto la efficienza energetica tra le priorità del Paese. I TEP, tonnellate equivalenti di petrolio, risparmiati sono sostanzialmente quelli che costano meno. Anche negli strumenti di promozione dell'efficienza energetica si riscontra che la promozione ha garantito un'efficienza maggiore anche rispetto, ad esempio, all'incentivazione delle fonti rinnovabili.
  Questa è, a nostro avviso, la strada, ma dobbiamo adottare strumenti anche sostenibili da parte delle imprese. Mi riferisco, in particolar modo, al sistema dei titoli di efficienza energetica, i certificati bianchi, una delle tre gambe su cui si muove la promozione dell'efficienza energetica del nostro Paese. Un altro aspetto è rappresentato dai benefici fiscali; un altro ancora sono le fonti termiche rinnovabili.Pag. 7
  Ricordo che i titoli dell'efficienza energetica sono un meccanismo che il nostro Paese ha introdotto primo tra tutti in Europa. Ha dato dei frutti molto positivi nella prima fase. Adesso, praticamente la quasi totalità delle imprese, soggetti obbligati in questo settore, che sono tenute ad acquistare titoli lamentano perdite di bilancio.
  È una situazione insostenibile. L'efficienza energetica non può essere ottenuta a scapito dei soggetti operatori. Pur continuando a condividere il metodo, chiediamo che siano adottati strumenti correttivi che consentano alle imprese di operare con margini di rischio certo, non con la certezza di perdite economiche.
  Il Ministero dello sviluppo economico è impegnato nella definizione delle linee guida per lo sviluppo degli interventi di efficienza energetica: chiediamo che contengano flessibilità, che attribuiscano al mercato dei titoli un riequilibrio tra domanda e offerta. Oggi il mercato è assolutamente sbilanciato sulla domanda.
  Un ulteriore tema dovrebbe essere noto a questa Commissione, ma credo che convenga ribadirne sempre l'importanza, così come la gravità della situazione: la crisi del settore termoelettrico nel nostro Paese. Rappresentiamo, infatti, il Paese in cui, a valle della liberalizzazione del settore elettrico, le imprese si sono impegnate nella realizzazione e nel rinnovo di impianti termoelettrici. Ricordo che, con il famoso decreto «sbloccacentrali», è stata favorita la realizzazione di nuove centrali termoelettriche. Il Paese aveva, infatti, bisogno di potenza di energia dopo il noto black-out. Queste imprese hanno investito 20 miliardi di euro in 10 anni per il rinnovo del parco di generazione. Ci troviamo in una situazione contingente che speriamo sia, quanto meno, di breve durata – ma è sicuramente molto grave data la crisi economica – che ha portato a una forte contrazione della domanda e, ovviamente, alla crescita del settore del rinnovabile. Ciò ha portato questi impianti a funzionare in maniera assolutamente inadeguata rispetto ai termini per i quali erano stati progettati.
  Oggi, questo parco di generazione, che ribadisco efficiente e ambientalmente compatibile rispetto a molte altre forme di generazione, presenta una sottoutilizzazione tale, per cui molte imprese hanno annunciato la chiusura di impianti e hanno operato, purtroppo, la messa in cassa integrazione di chi vi opera.
  È una situazione insostenibile se si considera, oltretutto, che si tratta di impianti ancora essenziali per il funzionamento del sistema elettrico nazionale. Funzionano, infatti, e forniscono il backup necessario alla produzione da fonti rinnovabili, molte delle quali, purtroppo, presentano caratteristiche di intermittenza rispetto alle quali, in futuro, sicuramente si potranno porre rimedi. Nell'immediato, però, il servizio di backup è fornito da questi impianti, che riteniamo debbano essere remunerati per il servizio che forniscono al sistema elettrico nazionale.
  Un ulteriore tema che andrei a citare è rappresentato dall'evoluzione del mercato del gas, di cui sapete tutti quali problemi abbia vissuto. È molto diverso dal mercato elettrico: purtroppo dipendiamo dalle importazioni, da contratti a lungo termine, molti dei quali stipulati in tempi anche abbastanza non ravvicinati. Questi contatti si sono rivelati, rispetto alla modifica del settore e del mercato internazionale e mondiale del gas, ormai particolarmente onerosi.
  Riteniamo che lo sviluppo delle infrastrutture, la diversificazione delle fonti di approvvigionamento siano state adeguate a raggiungere un obiettivo di riduzione del prezzo, così come gli incentivi, la spinta alla rinegoziazione da parte di chi detiene questi contratti take or pay. Abbiamo condiviso il piano di realizzazione delle infrastrutture proprio per incrementare la capacità di importazione anche da nuovi Paesi produttori, ma non condividiamo alcuni atteggiamenti dell'Autorità in virtù della contrazione della domanda. Ritenendo che ci sia già una overcapacity di importazione di gas, non si vuole riconoscere alcuni sostegni di tipo economico forniti a questi impianti di importazione, in particolare ai terminali di rigassificazione, Pag. 8già programmati e in corso di realizzazione, in qualche caso ultimati, che potrebbe portare appunto a nuove capacità di approvvigionamento a prezzi minori di gas nel nostro Paese.
  In particolare, mi riferisco alle garanzie finanziarie che l'Autorità non vorrebbe riconoscere a questi impianti. Desta preoccupazione la loro opposizione a una sentenza del TAR che, invece, appunto riconosceva il diritto di chi realizza questi impianti a godere di garanzie finanziarie. Da ultimo, citerei molto velocemente la questione della governance del settore, un tema molto delicato.

  PRESIDENTE. Mi scusi, ma vorrei soltanto ricordarle che abbiamo ancora circa tre minuti.

  FABIO SANTINI, Direttore dell'Area Mercato dell'Energia Federutiliy. Molto brevemente. Si tratta di un sistema che ha bisogno di scelte e decisioni anche abbastanza rapide. Non possiamo permetterci sistemi di governance barocchi e ridondanti, che allungano i processi decisionali. Su questo, raccomandiamo il massimo efficientamento dell'allocazione delle decisioni.

  PRESIDENTE. Do ora la parola agli onorevoli deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Ringrazio i rappresentanti di Assomineraria e di Federutility per la loro presenza, la documentazione fornita alla Commissione e le valutazioni che ci hanno sottoposto.
  Presidente, credo che più che per valutazioni – immagino avremo diversi momenti – questa possa e debba essere anche un'occasione per ulteriori approfondimenti con delle domande. Gli stimoli, infatti, sono diversi.
  In entrambe le relazioni ad esempio, era presente un richiamo a una maggiore stabilità e certezza normativa, che garantisca gli investimenti. La ritengo una sollecitazione giusta e che forse fa riferimento anche a un ambito di discussione di questa Commissione, più complessivamente del Parlamento, in relazione a un aggettivo spesso abusato nel dibattito politico, ossia bipartisan, che utilizza una formula inglese a sua volta spesso abusata.
  Forse, invece, il campo dell'energia è quello che potrebbe avere una sua applicazione, intesa come approfondimento e di scelte di fondo che devono essere sostenute e confermate proprio nel tempo, per garantire stabilità e certezza non solo agli investitori, ma in termini di sistema.
  Credo che un'altra sollecitazione di rilievo più generale presente in tutte e due le relazioni faccia riferimento al Titolo V, una delle questioni sollevate dalla SEN. Ovviamente, il punto di vista è molto preciso e chiede un elemento di univocità, un riaccentramento delle competenze. A mio avviso, questo ovviamente ha a che vedere con la discussione di questa Commissione, ma anche con una più complessiva che questo Parlamento ha avviato in tema di riforme istituzionali, innanzitutto per quanto riguarda la legge elettorale. Credo che questa sollecitazione sia utile perché il dibattito si concentra anche su questo.
  Vengo ad alcune domande specifiche. Da Assomineraria vorrei sapere se ritengono – e se lo ritengono anche i commissari – di utilizzare questi pochi minuti per ritornare su un aspetto della relazione, che fa riferimento alle riserve di idrocarburi del nostro Paese. Forse è giusto ricordare quest'ambito, visto che è indicato anche con tanto di obiettivi quantitativi nella SEN, e trasmetterlo a questa Commissione richiamando non solo le zone di interessamento, ma anche le potenzialità in un arco temporale più ampio.
  Quanto alla relazione svolta da Federutility, visto che è stato richiamato il tema specifico della crisi del settore termoelettrico, ritengo in proposito di sottolineare un elemento abbastanza interessante: nella scorsa legislatura, in questa Commissione, di cui sono uno dei rappresentanti più «anziani» per così dire, era iniziato il dibattito che partiva dalla necessità di Pag. 9aumentare la produzione di energia per abbatterne i costi. Inoltre, fu presentato, dall'allora Governo Berlusconi, il piano per il ritorno dell'Italia all'energia nucleare.
  Il punto di partenza, però, era quello, e cioè che bisognava produrre più energia, avere quell'ambizione. In quella legislatura, eravamo all'opposizione ed eravamo contrari, come è agli atti, ma al di là di questo, il punto di partenza di questa legislatura e anche il senso di questo percorso di approfondimento è che, invece, qui siamo di fronte a una contrazione dei consumi, evidentemente determinata dalla crisi economica, così come è stato sottolineato negli interventi degli auditi, ma anche dall'efficientamento energetico, fatto che costituisce ormai un dato strutturale.
  Se, come tutti crediamo, auspichiamo e ci impegnamo affinché ci sia la ripresa economica e una rapida uscita dall'attuale crisi e torneranno consumi di energia significativi, questo non significherà tornare ai livelli di consumi precedenti anche per i risultati – che tutti giudichiamo importanti – raggiunti nel campo dell'efficientamento energetico. Esiste ormai un dato strutturale.
  In relazione alla riflessione che ci viene oggi proposta sullo sfondo, sistemi tariffari che sostengano politiche di investimenti e capacity payment, dibattito sotto traccia, comprendendone il significato, bisogna cercare di capire anche come questo riesca a bilanciarsi con il punto di partenza di quest'indagine, ancora più specifica al Senato, dove stanno svolgendo un'indagine conoscitiva proprio sui costi dell'energia, e con la priorità del sistema Paese e di questo Governo, come immagino anche della sensibilità diffusa fra tutti i gruppi, della necessità della riduzione dei costi dell'energia e della bolletta elettrica. Forse potrebbe essere utile tornare su questo punto.

  ALBERTO BOMBASSEI. Mi associo alle osservazioni appena formulate, ma vorrei approfondire quelle che credo siano le esigenze prioritarie dell'utilizzo industriale dell'energia.
  Se ci confrontiamo, in un mercato così radicalmente cambiato e radicalmente diventato sempre più unico, credo che uno degli elementi discriminatori che potrebbe aiutare il nostro a tornare a essere un Paese manifatturiero e industriale – non perché non lo siamo adesso, ma abbiamo perso qualche colpo, come vediamo dal confronto con altri Paesi, tra cui gli Stati Uniti – sia la rivisitazione della politica industriale e dell'energia.
  L'argomento diventa però un po’ scivoloso. Capisco e posso anche condividere che parte di questo costo sia spinto per ampliare la nostra produzione, ma oggi, rispetto a tutte le gare internazionali, dove tanti prodotti sono determinanti, siamo regolarmente fuori mercato perché il costo dell'energia è sensibilmente più alto che in altri Paesi. Non possiamo confrontarci con la Francia, perché produce grazie all'energia nucleare, né con i Paesi dell'Est, che oggi hanno gli incrementi industriali più importanti, e vediamo anche il fenomeno delle migrazioni verso l'estero.
  Personalmente, sorrido quando sento qualche collega o qualche proposta di incentivare gli investimenti in Italia: volo un po’ più basso e sarei molto più contento di non far scappare gli investimenti italiani in altri Paesi, il risultato sarebbe abbastanza simile.
  Uno degli elementi di attrazione di tanti altri Paesi europei, ribadisco europei, è proprio il costo dell'energia. Al di là dell'interpretazione e delle necessità ben illustrate oggi sul settore, credo che sia necessaria proprio anche una politica fiscale. Sappiamo bene tutti che, soprattutto sulla bolletta industriale, una parte del costo sia rappresentata dalla parte fiscale.
  Credo che, su questo elemento, vada un po’ ampliato quanto avete illustrato a proposito dell'opportunità di tornare a spingere fortemente per essere di nuovo competitivi, la vera sfida. Una delle voci prioritarie nella nostra produzione è il costo dell'energia e credo che debba essere fatto qualche cosa anche al di là delle Pag. 10necessità che avete esposto. Sostanzialmente, va soprattutto ridotto il costo dell'energia all'utente. Credo sia complesso discutere qui il modo, l'eventualità che si agisca sull'aspetto fiscale, ma a mio avviso è uno degli elementi essenziali, nella stragrande maggioranza dei casi la seconda o la terza voce dell'elemento della scissione dei costi di tantissimi prodotti.
  Senza approfondire su questioni su cui tutti ci capiamo, cito ad esempio il caso dell'Alcoa dello scorso anno: credo si tratti anche di una vicenda in cui ha avuto un ruolo determinante il costo dell'energia. Oggi anche il discorso sulla produzione di acciaio nel nostro Paese è in parte legato al costo dell'energia.
  Francamente, quindi, allargherei questa problematica a 360 gradi. In funzione di ciò, direi che bisogna capire esattamente cosa si vuol fare come Paese, se vogliamo continuare a investire, cercare posti di lavoro ed essere competitivi o, invece, possiamo fare scelte diverse, per cui per la parte occupazionale ci dedichiamo ad altro.
  Evidentemente, non sarei assolutamente d'accordo, ma credo che questo sia uno dei punti chiave al quale dobbiamo offrire delle risposte se vogliamo essere competitivi. I nostri competitori più reali, infatti, confinano con noi. Non credo di sbagliare se dico che importiamo comunque energia, malgrado la situazione sia quella esposta: figurarsi cosa accadrebbe in assenza della crisi.
  Importiamo, però, perché probabilmente costa meno importare che produrre visto che usiamo metodologie anche molto evolute, ma che hanno il brutto difetto di essere anche molto costose, e di conseguenza non consentono al nostro Paese di essere competitivo.
  Credo che la scelta risieda a monte, su come ci si vuole muovere per la politica industriale. A mio avviso, questa è una delle risposte che anche voi dovreste incentivare per offrire delle soluzioni più adeguate e vicine agli altri Paesi d'Europa, che sono molto più competitivi.

  GIANLUCA BENAMATI. Anch'io desidero ringraziare i rappresentanti di Assomineraria e di Federutility per le loro relazioni interessanti e ampie.
  Come ricordava chi mi ha preceduto, il tema, per essere concreti, è in parte quello di un'analisi generale dei contenuti applicativi – non delle formule guida – della strategia energetica nazionale per valutare le possibili incongruenze, i possibili miglioramenti a una certa distanza temporale dal varo, e quindi in prima applicazione. Tuttavia, è anche quello – potrà sembrare un po’ strano per una Commissione parlamentare – di entrare nel merito di alcune questioni.
  Un'indagine conoscitiva serve anche a fare luce su alcuni punti. Siccome questo Governo ha intenzione di operare nel settore dell'energia – per carità, non perché quelli precedenti non l'abbiano fatto, ma siamo in questa situazione – è mia opinione personale che occorre fare qualcosa ed è bene che anche le Commissioni, chiamate a discutere i provvedimenti del Governo, abbiano delle indicazioni specifiche sui temi e sui problemi.
  Alcune questioni sono collegate anche ai temi all'ordine del giorno. Non riprendo gli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto sul sistema energetico nazionale. Vi ringrazio, infatti, della presentazione, ma abbiamo ben presente tutti quale sia la situazione in questo momento. Vorrei, invece, focalizzare l'attenzione su ulteriori aspetti e chiedere alcune delucidazioni sulle questioni che avete sollevato.
  Anch'io chiederei un ulteriore supplemento di discussione ad Assomineraria su quelle che sono certamente le problematiche connesse alla gestione dei rapporti territoriali, al Titolo V, al sistema autorizzativo, ma con una richiesta di chiarezza anche rispetto agli obiettivi della SEN e alle risorse del nostro Paese sugli obiettivi per diminuire la bolletta energetica nei prossimi anni aumentando la produzione italiana in sicurezza e come metodologia ambientalmente corretta.
  Questo tema nel nostro Paese spesso si sottace o si affronta in maniera corretta, ma forse a volte un po’ eccessiva, collegato Pag. 11ai temi ambientali. Esiste un tema di strategia vera del Paese – ho letto i dati che ci avete fornito, ma vorrei che foste più precisi in questi termini – e la produzione nazionale può essere un punto molto importante.
  Nel rispetto dell'ambiente e di tutte le questioni sollevate, però, dovreste approfondire ancora di più la questione delle risorse di cui disponiamo e della possibilità di aumentare una quota di produzione nazionale su una bilancia energetica che ci vede completamente deficitari.
  Nello specifico, nella relazione di Federutility sono state toccate alcune questioni che, probabilmente, saranno oggetto anche dei prossimi provvedimenti del Governo, che quindi in questa Commissione ci troveremo a dover valutare nel merito.
  È stata brevemente indicata la questione degli stoccaggi come sovracosto per quegli operatori che si sono trovati a operare tra la gara 1 e la gara 2. In quel caso sappiamo che il tema era la produzione e la realizzazione di investimenti per arrivare, come mi pare, a circa 4 miliardi di metri cubi di stoccaggio.
  Siamo arrivati a quasi più della metà, non c’è più quell'esigenza. Oggi, forse, occorrerebbe ripensare quella quota di investimento prevista all'interno di quella gara sugli operatori. Se, infatti, si ferma la produzione, probabilmente occorre rivedere capire, al di là dell'individuazione del problema – aspetto su cui il Ministero sta lavorando, che avete correttamente posto – se abbiate anche individuato possibili soluzioni. Richiamo questo tema anche perché è stato evocato quello del pagamento della capacità. È chiaro che viviamo in una situazione nella quale – possiamo ammantarci di tante parole – sul mercato dell'energia elettrica prodotta, tra le priorità di dispacciamento, i clienti preferenziali, i produttori preferenziali, credo ci sia una quantità inferiore al 50 per cento. Alla fine di tutto il processo, infatti, siamo in questa situazione.
  Sul tema delle fonti rinnovabili, ovviamente non discutibile perché nel suo bilancio economico non c’è solo la componente concreta e visibile, ma una proiezione sulla salute, sul tema della CO2, bilancio difficile, in Italia oggi ci troviamo in una situazione per la quale con le termiche e con l'autotrazione siamo ancora lontani dagli obiettivi del 20/20/20, mentre con la produzione di energia elettrica, Quarto e Quinto conto energia, abbiamo già saturato gli obiettivi. Dovremmo interrogarci anche su questo. Riconosco che si tratta di una questione da affrontare in un'altra sede, ma su questo, con la capacità di per sé, non si può rispondere gravando ancora una volta sul consumatore.
  Le grandi centrali sul Po, ad esempio, sono state tutte rinnovate e adesso, quando va bene, lavorano 1.200 ore all'anno. Il tema qui è come si riorganizza la necessità di una capacità polmone, diventata maggiore rispetto all'allargamento della fornitura da parte di operatori tipicamente intermittenti. Il punto è come si riorganizza e, direi anche molto sommessamente, chi la paga. Adesso mi risulta che l'Autorità stia operando uno schema di disciplina.
  Più in concreto, è chiaro che esiste il settore delle rinnovabili, con una sua non linearità e non continuità di fornitura e che può essere soggetto a sbalzi, e quello che, oltre a una produzione di base, è chiamato anche a tamponare. Su questo, ovviamente, abbiamo le nostre opinioni in merito, ma queste audizioni servono a sentire le opinioni degli esperti di settore: quale può essere una risposta ? A carico di chi ?
  Richiamando un esempio da voi indicato, con la liberalizzazione, le bollette delle piccole aziende (non quelle per i consumi domestici), che passano da 20-25 a 50 kilowatt, subiscono un aumento dai 3.500 agli 11.500 euro sulla componente tariffaria A3. Su questo, avete una vostra idea, una vostra proposta su come gestire l'adeguamento della capacità ai prezzi dell'energia ?
  Mi fermo qui perché credo di aver posto questioni sufficienti su cui vale la pena avere uno scambio. Oltretutto, sono questioni che spesso arrivano all'attenzione della Commissione sotto forma di Pag. 12provvedimenti legislativi. Se cogliamo il senso di queste audizioni anche come un'occasione per fornirci elementi ed esprimere opinioni, ciò può tornare utile.

  LUIGI TARANTO. Interverrò molto velocemente ricollegandomi all'intervento dell'onorevole Benamati.
  Hanno avuto larga circolazione le bozze di lavoro del Ministero dello sviluppo economico in materia di revisione della struttura degli incentivi alle rinnovabili: qual è il vostro giudizio sull'ipotesi di alleggerimento della struttura e dell'intensità degli incentivi accompagnata dall'allungamento del profilo temporale degli interventi ?

  PRESIDENTE. Poiché restano ancora una ventina di minuti, vi chiederemmo di farci pervenire anche risposte per iscritto alle domande formulate.
  Ho a mia volta ho alcune questioni da porre. Non farò, invece, un intervento introduttivo generale perché purtroppo non abbiamo molto tempo.
  Si è accennato alla questione dello shale gas, di cui in realtà la SEN non prevede l'utilizzo o lo sfruttamento. Vorrei, però, sapere da voi se vi sia necessità di un atto normativo che vieti di utilizzare la tecnica per l'estrazione dello shale gas, quindi del fracking.
  Quanto alla questione, relativamente al mercato del gas, dell'hub europeo – la SEN prevede quest'ipotesi, a mio avviso poco sensata, di diventare l'hub europeo del gas – mi chiedo se, a oggi, non appaia del tutto evidente che esistono stoccaggi sottoutilizzati, non riempiti. Sulla base di quale scenario si ipotizza di diventare l'hub europeo del gas, stoccando gas per tutta l'Europa, soprattutto in considerazione del fatto che che il prezzo di vendita è uguale a quello del resto d'Europa ?
  Inoltre, mi piacerebbe conoscere (visto che nel documento sulla SEN si parla anche di questo) la vostra opinione sull'estrazione, la cattura e lo stoccaggio di CO2. Anche nella bozza del cosiddetto decreto del fare – questione smentita dal sottosegretario Claudio De Vincenti smentito –, sembra che per la Sardegna sia previsto una sorta di sondaggio degli operatori interessati a installare un impianto di reimmissione di CO2, e quindi di cattura. È previsto nella SEN e vorrei capire se la questione riguarda in qualche modo Assomineraria.
  In relazione a Federutility, mi ricollego a quanto detto poco fa dall'onorevole Benamati sulla questione della componente tariffaria A3, su cui si sono giustamente sollevate numerose lamentele per il fatto che avrebbe drogato il mercato del fotovoltaico nell'ultimo periodo. Alla fine, si chiedono garanzie finanziarie o capacity payment sul gas. A fronte di investimenti effettuati, oggi non si ha lo sperato ritorno economico, che faccia dire che si tratta di un settore produttivo in mano a privati.
  Pur considerandolo sicuramente strategico il settore energetico, non vedo perché la collettività debba farsi carico di un mancato guadagno o un mancato ritorno degli investimenti di un'attività di natura industriale, seppure in campo energetico. Dovremmo, allora, estendere questa logica anche a tutti gli altri settori. In alcuni casi, infatti, altri imprenditori hanno fatto delle previsioni di mercato.
  Oggi, siamo in piena recessione e stiamo perdendo posti di lavoro. È così anche per altri settori, stiamo assistendo a cadute di previsioni rispetto ai piani economici iniziali, per cui non riesco a capire se le due cose siano in contrasto o esista una giustificazione per non accettare la componente tariffaria A3 e accettare il capacity payment o, peggio ancora, le garanzie finanziarie da parte dello Stato sulla questione dei rigassificatori o del mercato del gas in generale.
  Mi piacerebbe, infine, sapere – ho visto che avete elencato 100 cose fatte con petrolio e gas naturale di Assomineraria – se si dispone di una stima percentuale, su 100 estratti, dell'entità che effettivamente può comportare in termini di utilizzo di combustibili e, invece, di quella percentualmente trasformata in altro.
  Il dato potrebbe risultare utile per capire in che modo l'incidenza in alcuni settori industriali debba essere mantenuta Pag. 13strategica e si debba utilizzare risorse oggi esistenti da destinare a determinati tipi di produzione che al momento non hanno altre alternative e non sia, invece, il caso di incentrare una produzione energetica nazionale su criteri di sostenibilità e spostare, eventualmente, il capacity payment, anziché da risorse fossili, rilanciando i nostri vecchissimi sistemi di pompaggio idraulico.
  Effettivamente, oggi potrebbero diventare degli stoccaggi energetici e incentivare loro come capacity payment, ma questa ovviamente è una visione critica che abbiamo nei riguardi delle risorse fossili mentre constatiamo nella SEN una continuità e una necessità di andare verso un raddoppio della produzione.
  Questo, francamente, ci spaventa, anche alla luce del fatto che stiamo andando a incidere su realtà economiche molto diversificate all'interno dello stesso territorio: mari estremamente ridotti e molto stretti, quindi con ampie possibilità, in caso di incidenti rilevanti, di contaminare le economie turistiche italiane ed europee; territori a terra ferma con richieste di perforazioni in ambiti in cui siamo l'eccellenza di produzioni enogastronomiche, che esportiamo.
  Mi piacerebbe quindi capire quando debba diventare prioritaria la salvaguardia delle economie locali, che generano e mantengono posti di lavoro anche diversificati con realtà piccolissime, e quando, invece siano necessarie installazioni come quelle in Basilicata nella gestione regionale negli ultimi anni, ancora oggi una delle regioni più povere nonostante sia stata trivellata in modo profondo. Direi che si deve ragionare anche sulla responsabilità della politica. Anche quando c’è stata quest'apertura, non sono stati prospettati posti di lavoro o, quanto meno, il rilancio economico dell'intera zona.
  Do la parola agli auditi per la replica.

  ADOLFO SPAZIANI, Senior Advisor di Federutility. Naturalmente, vi ringrazio per gli interventi. Faremo di tutto per fornirvi una risposta scritta alle sollecitazioni che sono venute. Consentitemi solo due sottolineature, che mi sembrano rilevanti.
  Rispetto al giudizio sulla SEN e agli obiettivi richiamati sui quali dobbiamo contribuire maggiormente nel merito, abbiamo sempre sottolineato come sia critico che le discussioni avvengano sempre sulla base di indirizzi, che possono quasi sempre essere condivisi, ma dietro i quali sono sempre mancati i numeri per capire esattamente se la scelta andasse nella direzione di una riduzione della bolletta o in quella di un aumento. Forse, uno sforzo necessario è capire l'intero sistema e le scelte assieme ai numeri. Diversamente, sembrerebbe tutto gratis rispetto alle soluzioni.
  Siamo tutti d'accordo sulle rinnovabili, sull'efficienza energetica, sui mercati maggiormente liquidi nel gas e nell'elettricità, ma purtroppo tutti questi obiettivi difficilmente si coniugano insieme. Crediamo che sia necessario uno specifico approfondimento.
  Peraltro, la stabilità nel settore energetico è sempre stata compromessa dal fatto che, da una parte, si ha un orizzonte di lungo periodo, dall'altra, quanto è accaduto l'altro ieri è ciò che determina le decisioni che si prendono oggi.
  Nel settore termoelettrico, ad esempio, così come nelle rinnovabili, che da questo punto di vista metto sullo stesso piano, non c’è dubbio che vi sia stata un’overdose di investimenti per una serie di motivi. Il black-out del 2003 ha portato a scelte per investire nel termoelettrico; sulle rinnovabili eravamo tutti d'accordo con gli obiettivi comunitari, abbiamo lavorato tutti nella stessa direzione, ma in assenza di un lavoro di individuazione delle priorità.
  Ora, però, bisogna evitare che, dopo due cicli di investimento oltre quelli che forse andavano fatti, non ne cogliamo le opportunità consentite, ossia di utilizzare le energie rinnovabili, che comunque sono presenti e bisogna cercare di sfruttare. Le abbiamo anche pagate.
  Quanto all'eolico, ad esempio, sapete benissimo quali fenomeni si siano verificati. Lo stesso è accaduto col termoelettrico: Pag. 14il più grosso parco di generazione termoelettrico europeo, il più flessibile, quello a maggiore efficienza, è fermo. Qualcosa non funziona. Funzionano, eventualmente, altri impianti che non hanno lo stesso livello di efficienza di riduzione di CO2.
  È evidente che qualcuno deve pagare per questo sistema, ma è anche vero che, quando si mettono gli incentivi e ne derivano delle conseguenze, bisogna ritornare a far quadrare le due questioni. La flessibilità si paga.
  Siamo tutti d'accordo sulla penetrazione delle rinnovabili. Oggi, gli incentivi sono finiti, per cui bisogna puntare sulla tecnologia. Questo, però, comporta ulteriori investimenti sulle reti. Pensare, infatti, a certe realizzazioni senza sfruttarne la possibilità di avere una rete attiva e passiva sarebbe commettere un ulteriore errore madornale.
  Per gli impianti che sono stati costruiti, il rischio è che si riconcentrino. Molti operatori non sono in grado di pagare i contratti stipulati per finanziare quel tipo di investimenti e il rischio è che, quindi, li cedano. C’è, dunque, una riconsiderazione del parco termoelettrico e il rischio è che quello sarà un costo.
  Forse, però, guardando all'Europa, che ha bisogno, per quanto riguarda la flessibilità, di ulteriori possibilità, tutta la parte di connessione è uno dei temi principali da affrontare. Non risolve il problema, ma sicuramente lo attenua.
  È chiaro che il principio non deve essere quello di ulteriori incentivi, ma ogni questione ha un costo. La flessibilità si paga. Se alle ore 18 tutta la parte dell'energia prodotta con le fonti rinnovabili va a zero e c’è bisogno che tutti gli altri impianti entrino in funzione, quelli naturalmente non possono farlo in perdita. Entreranno cercando di fare i prezzi per stare sul mercato e continuare a vivere con quei numeri.
  Almeno per quanto ci riguarda, cercheremo di fornirvi numeri più precisi. Noi abbiamo peraltro un ruolo marginale rispetto a questo tipo di problema, ma riteniamo che le due questioni vadano assolutamente affrontate congiuntamente. L'investimento sulle reti è la condizione affinché si possa ancora lavorare con le rinnovabili e sfruttare al meglio entrambe le scelte. Questa è la raccomandazione che riteniamo di dover rimarcare in questa sede e anche sulla base di dati numerici cercheremo di offrire un contributo più specifico.
  Sullo stoccaggio e gli altri temi su cui ci sono state richieste di chiarimento, manderemo una risposta scritta.

  PIETRO CAVANNA, Presidente di Assomineraria-Settore Idrocarburi. Cerco di riordinare le mie idee per quanto possibile. In relazione alla domanda ad Assomineraria sulla questione delle riserve, in Italia, nei nostri mari, ma anche a terra, l'attività di esplorazione è praticamente ferma da 7-8 anni. Per trovare riserve, bisogna perforare, esplorare, cercare di rimpiazzare gli idrocarburi che vengono mano a mano prodotti.
  A questo proposito, vorrei tornare anche al concetto che abbiamo espresso in merito alla stabilità e alla certezza. Quella esplorativa è un'attività a rischio. Se dà risultati negativi, la compagnia che l'ha condotta deve accollarsi per intero il relativo ammontare degli investimenti e nessuno glieli restituisce più. Questo è un altro fattore importante da considerare.
  Gli investimenti esplorativi sono elevati. Oggi, un impianto di perforazione a mare dotato di tutti i mezzi idonei ad affrontare qualsiasi situazione e tecnologicamente avanzato, con tutti i contratti ausiliari, costa circa un milione di euro al giorno. Senza questa certezza e stabilità, non si incentiva l'investimento esplorativo.
  Vorrei ricordare che, come Assomineraria, nel 2012 abbiamo avuto un aumento delle royalty del 3 per cento; quest'anno, nella regione Sicilia, tra marzo e aprile, abbiamo avuto il raddoppio delle royalty, dal 10 al 20 per cento dalla sera alla mattina. In queste condizioni, indubbiamente l'investimento non può essere granché incentivato, ma nella nostra relazione abbiamo indicato delle riserve prese dai dati del Ministero dello sviluppo economico. Pag. 15Stiamo parlando, se non sbaglio, di circa 700 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio.
  Oggi, il nostro fabbisogno di idrocarburi è intorno ai 125-130 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, per cui le riserve certe, probabili, possibili e le risorse esplorative sarebbero in grado, nell'ipotesi che non sia possibile comunque produrle d'un colpo, farci andare avanti per un certo periodo. L'esperienza insegna, però, che l'esplorazione è fondamentale per rimpiazzare le riserve certe prodotte giornalmente.
  In Italia, esistono bacini sedimentari in cui il petrolio si è originato milioni di anni fa e che sono praticamente inesplorate oggi. Mi riferisco, solo per citare un esempio, ai mari del sud, al Canale di Sicilia. Tutti abbiamo l'evidenza delle recenti grandi scoperte di gas nel Mediterraneo, di fronte a Israele, Cipro. Il Libano si sta apprestando a bid round esplorativi.
  Sono nel campo petrolifero da più di 46 anni, ho girato un po’ tutto il mondo: quella è una zona, secondo i nostri esploratori, assolutamente considerata a poco potenziale, mentre è saltato fuori dopo tanti anni che è una delle zone dal potenziale notevole. Sono state scoperte riserve di gas per più di 3 miliardi di barili di olio equivalenti, cifre notevoli.
  L'Italia ha un notevole potenziale. Si tratta di metterlo in pratica, e quindi di condurre le necessarie ricerche. Bisogna, però, anche fare in modo che ci siano le condizioni necessarie per questi investimenti. Esistono anche zone a terra di grande interesse, ma la situazione attuale è tale che, per ottenere un permesso esplorativo, passano anni. Una volta ottenuto, nel caso che la ricerca esplorativa dia risultati positivi, per ottenere tutte le concessioni, passano altri anni. Naturalmente, questo pone dei grossi ostacoli.

  PRESIDENTE. Vi ringraziamo per i vostri contributi. Purtroppo, stanno per iniziare i lavori dell'Assemblea e abbiamo i tempi veramente contingentati. Vi invitiamo quindi a fornire risposte scritte agli altri quesiti posti.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 11.15.