XVII Legislatura

VII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 6 di Mercoledì 20 novembre 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ghizzoni Manuela , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SITUAZIONE DELL'EDILIZIA SCOLASTICA IN ITALIA

Audizione di esperti del settore.
Ghizzoni Manuela , Presidente ... 3 
Manenti Manuela , Rappresentante della Regione Emilia Romagna ... 3 
Ghizzoni Manuela , Presidente ... 6 
Di Stefano Pietro , Assessore del Comune di L'Aquila ... 6 
Ghizzoni Manuela , Presidente ... 7 
Lelli Giovanni , Commissario ENEA ... 7 
Ghizzoni Manuela , Presidente ... 9 
Brescia Giuseppe (M5S)  ... 9 
D'Ottavio Umberto (PD)  ... 9 
Malisani Gianna (PD)  ... 10 
Ghizzoni Manuela , Presidente ... 11 
Manenti Manuela , Rappresentante della Regione Emilia Romagna ... 11 
Di Stefano Pietro , Assessore del Comune di L'Aquila ... 12 
Lelli Giovanni , Commissario ENEA ... 13 
Ghizzoni Manuela , Presidente ... 14 

ALLEGATO: Documentazione consegnata dall'ingegner Giovanni Lelli, Commissario ENEA ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MANUELA GHIZZONI

  La seduta comincia alle 15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di esperti del settore.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla situazione dell'edilizia scolastica in Italia, l'audizione di esperti del settore. In particolare, sono oggi presenti esperti del settore della ricostruzione post-emergenziale, relativamente agli eventi sismici avvenuti a L'Aquila e in Emilia-Romagna, e rappresentanti dell'ENEA.
  Sono presenti l'ingegnere Manuela Manenti, responsabile unico della struttura tecnica per la ricostruzione in Emilia-Romagna, che si è occupata di scuola, ma non solo, accompagnata dal geometra Benedetto Renzetti; l'assessore Pietro Di Stefano, assessore del comune di L'Aquila alla ricostruzione, urbanistica e pianificazione territoriale, con deleghe in materia di politiche urbanistiche ed edilizia, accompagnato dalla dottoressa Fabiana Costanzi; il commissario dell'ENEA, ingegner Giovanni Lelli, accompagnato dall'architetto Gaetano Fasano, dal dottor Paolo Clemente, dalla dottoressa Gabriella Martini e dalla dottoressa Matilde Castiello.
  Io inizierei dall'ingegner Manuela Manenti, che ci ha portato del materiale. Si tratta del volume «Il tempo della scuola – Il terremoto, l'emergenza e la ricostruzione in Emilia». Questa pubblicazione si può scaricare dal sito internet della Regione Emilia-Romagna.
  Do la parola all'ingegner Manuela Manenti per la sua relazione.

  MANUELA MANENTI, Rappresentante della Regione Emilia Romagna. Come mi ha già presentato il presidente Ghizzoni, io sono stata responsabile unico del procedimento a L'Aquila, per la realizzazione dei moduli a uso scolastico provvisorio, e, a seguito del sisma che ha colpito la Regione Emilia-Romagna, sono stata chiamata anche in quella regione – dal commissario delegato Vasco Errani – a seguire la ricostruzione delle scuole.
  Non lo dico per rappresentare la mia professionalità, però penso di essere la persona che, in questo momento, ha realizzato più edifici emergenziali, o – perlomeno – post-sisma in Italia, essendomi appunto occupata di questi due terremoti, che per l'edilizia scolastica sono stati disastrosi. L'esperienza aquilana è stata per me molto importante. Ho qui rivisto oggi l'assessore Pietro Di Stefano, col quale abbiamo collaborato.
  Mutuando l'esperienza e, magari, anche le difficoltà che abbiamo avuto a L'Aquila, nel terremoto dell'aprile 2009, abbiamo intrapreso, dai primi giorni del sisma in Emilia-Romagna del 20 e 29 maggio 2012, un'analisi del danno degli edifici scolastici.
  Io dico sempre che noi, genitori, tremiamo quando trema la terra. Purtroppo, come capita sempre nel nostro Paese dopo un sisma, a seguito di quest'analisi del danno, in Emilia-Romagna, su 1.041 edifici Pag. 4scolastici controllati, 160 avevano un esito di agibilità «E». Il che sta a significare che vi sono delle scuole non più riutilizzabili, se non demolendo la loro struttura o realizzando degli interventi molto pesanti sulla parte edilizia.
  La prima cosa che abbiamo pensato, sia a L'Aquila che in Emilia-Romagna, è stata di assicurare innanzitutto la scuola, prima di dare gli alloggi e prima di ripartire con le attività edilizie normali. Infatti, i nostri ragazzi sono il bene più prezioso che noi abbiamo, e sappiamo che i bambini, in particolare i più piccoli, hanno bisogno di una quotidianità. Inoltre, non si poteva pensare che i ragazzi abruzzesi o i ragazzi emiliani perdessero l'anno scolastico, che, come noi sappiamo, deve consistere in 200 giorni di lezioni.
  Rispetto al terremoto dell'Abruzzo – che è avvenuto, come è noto, il 6 aprile 2009 – il problema dell'Emilia-Romagna è stato che il terremoto lì, purtroppo, è arrivato «splittato» in circa 60 giorni. L'ultima scossa, quella più disastrosa, che ha rovinato il maggior numero di edifici, è avvenuta il 29 maggio 2012.
  Bisognava prendere una decisione, ancor più velocemente rispetto alle decisioni che erano state prese a L'Aquila. Avevamo due differenze sostanziali; a L'Aquila potevamo utilizzare solo la tecnologia degli edifici prefabbricati in acciaio, che noi abbiamo chiamato «moduli ad uso scolastico provvisorio (MUSP)», perché le altre tecnologie tipiche della nostra edilizia erano impiegate per realizzare le abitazioni (mi riferisco alle case in legno o comunque a un'edilizia tradizionale). In Emilia-Romagna, invece, il patrimonio edilizio aveva tenuto, per ragioni storiche. Infatti, L'Aquila è una città antica, per cui il suo centro storico è andato demolito, mentre nell'Emilia-Romagna le case sono più recenti e i centri sono di grandezza inferiore. In Emilia-Romagna avevamo la possibilità quindi di utilizzare tutta una serie di edilizia prefabbricata, corrente sul nostro territorio nazionale. Si è usata l'edilizia prefabbricata, perché naturalmente dovevamo essere pronti per l'avvio del nuovo anno scolastico, con l'apertura delle scuole, e avevamo bisogno di avere una prefabbricazione a monte, cioè in stabilimento, per permettere, poi, lavorazioni immediate in cantiere, che fossero il più possibile brevi.
  Avevamo un problema grosso, che era quello di non conoscere effettivamente la grandezza e la numerosità delle scuole che dovevamo costruire. A questo proposito, faccio un appello: mi piacerebbe che ci fosse un'anagrafe effettiva del numero degli alunni che ci sono nelle scuole, perché tutte le volte bisogna rincorrere i dirigenti scolastici per avere le minime necessarie informazioni per realizzare gli interventi concernenti le scuole.
  Sta di fatto che sono state scelte le quattro tipologie edilizie standard, che sono: le costruzioni in legno, le costruzioni in acciaio, il calcestruzzo prefabbricato – che, in realtà, aveva dato dei morti in Emilia-Romagna ma, realizzato bene, in maniera antisismica, ci ha permesso di realizzare molte delle nostre scuole, forse anche le più belle – e una tipologia costruttiva abbastanza nuova, che consiste in due pareti in poliuretano e polistirolo, con successivo getto in cemento armato. Queste sono le quattro tipologie edilizie che sono state utilizzate ampiamente dalle nostre ditte italiane (sono orgogliosa di dire «nostre»). Ai nostri bandi hanno partecipato costruttori di tutta Italia.
  Anche i nostri progettisti sono stati bravi. Noi non avevamo un progetto esecutivo posto a base di gara, perché il tempo non ce lo permetteva. Allora ci siamo inventati di chiedere ai dirigenti scolastici e ai comuni una serie di esigenze minime: numero degli studenti, numero di laboratori, mense o refettori e uffici. In questo modo abbiamo emesso velocemente un bando di gara, che ha avuto una valenza europea. Noi potevamo scegliere di fare un bando di gara per ogni singolo lotto. Invece, nell'idea della massima legalità, abbiamo aperto un bando a valenza europea, però con tempi di pubblicazione estremamente ridotti. Parimenti ridotti erano i tempi in cui i progettisti vincitori Pag. 5avrebbero dovuto fare la progettazione. Abbiamo dato una settimana, e 15 giorni di tempo ai progettisti, vincitori insieme con le imprese, per consegnare a noi un progetto esecutivo.
  Direi che questo progetto esecutivo, come voi potete vedere nel libro citato, che è anche disponibile nel sito internet della regione Emilia-Romagna, ha dato dei buoni esiti. Al bando ha partecipato anche qualche architetto a livello nazionale, perché naturalmente la sfida era, anche per loro, abbastanza importante.
  Quello che tengo a sottolineare è che nel nostro bando di gara non volevamo fare dei moduli prefabbricati o degli edifici che, comunque, non fossero fruibili nei tempi successivi. Li abbiamo chiamati «edifici scolastici temporanei», perché l'aggettivo «temporaneo» ci serviva per accelerare tutte le pratiche, anche a livello europeo, ma anche le pratiche per l'ottenimento dei terreni, che a volte – naturalmente – erano messi a disposizione dai comuni, ma – a volte – hanno richiesto delle procedure espropriative.
  Dunque, questi «edifici scolastici temporanei» in realtà sono edifici scolastici a tutti gli effetti. Per esempio, nel bando abbiamo imposto che avessero una resistenza sismica di tipo quarto. Sono cioè degli edifici strategici, che possono anche essere utilizzati in caso di calamità come centri di raccolta della popolazione o d'inserimento della Protezione civile, essendo molto performanti dal punto di vista sismico. Infatti, si pensava che ci sarebbero state ancora successive scosse nel territorio emiliano e che i genitori non avrebbero mai affidato la vita dei loro figli a una scuola che non fosse più che sicura.
  Inoltre, abbiamo chiesto una grande performance anche dal punto di vista energetico. I nostri edifici, seppur chiamati «temporanei», sono degli edifici di classe energetica di tipo A, perché attribuivamo dei punteggi molto alti agli edifici dotati di impianto fotovoltaico. Recentemente, il comune di Concordia sulla Secchia, con il quale abbiamo realizzato una bella scuola, mi ha informato che ha risparmiato – nell'ultimo anno – 20.000 euro per il riscaldamento dell'istituto scolastico. Qualche altro comune, invece, ci ha addirittura guadagnato, perché, come voi sapete, se l'energia elettrica prodotta dall'impianto fotovoltaico non viene utilizzata completamente, può essere rimessa in rete.
  Anche dal punto di vista dell'estetica, come potete vedere nel libro citato, questi edifici rappresentano, in tutto e per tutto, un modello, secondo noi e secondo quello che ci dicono gli altri. Recentemente, una di queste scuole, quella del comune di Soliera, realizzata dal gruppo Rubner, ha ricevuto un premio come edificio eco-sostenibile.
  Sono edifici realizzati in 30-60 giorni. L'edificio più grande, che è un istituto comprensivo che offre ospitalità a 1.006 ragazzi, è stato realizzato in 60 giorni, per un importo di circa 3,9 milioni di euro. Noi abbiamo avuto una produzione giornaliera, nella realizzazione di queste opere, di circa 65.000 euro al giorno. È una produzione giornaliera pressoché ovvia per un'autostrada, ma se, invece, pensiamo che questa produzione è stata realizzata nel giro di pochissimo tempo, in uno spazio così limitato, questo ci fa capire quale organizzazione abbiamo instaurato all'interno della regione e della struttura tecnica. Non voglio dire che l'organizzazione è stata quasi perfetta, ma mi piace sottolineare che non abbiamo avuto neanche un incidente sul lavoro: essendo io un ingegnere, questo mi rende particolarmente orgogliosa.
  Parliamo di costi, perché molto spesso si dice che questi edifici costano poco, oppure che costano troppo. Noi abbiamo messo a bando non solo l'edificio scolastico in sé, ma anche le opere di urbanizzazione e l'area di pertinenza, con i relativi allacci. Pensiamo che, spesso, queste scuole sono state localizzate in zone completamente deserte, perché era il luogo che il comune ci aveva assegnato.
  Abbiamo messo – a bando di gara – circa 1.350 euro al metro quadrato, comprensivo degli oneri di urbanizzazione e degli oneri della sicurezza. Consideriamo che, in un tempo così ristretto di lavorazione, Pag. 6naturalmente erano previsti tripli turni di lavoro ed era prevista anche la progettazione esecutiva, la progettazione preliminare, che – generalmente – viene messa a latere di una scuola, in quanto prima si fa il progetto e, poi, eventualmente, si fa il bando.
  Spero di aver detto tutto.

  PRESIDENTE. La ringrazio.
  Do ora la parola all'assessore Di Stefano, per la sua esperienza nella ricostruzione abruzzese, che ha preceduto quella emiliana.

  PIETRO DI STEFANO, Assessore del Comune di L'Aquila. L'ingegner Manenti si è «fatta le ossa» proprio con l'esperienza aquilana, che è stata un'esperienza drammatica, perché il sisma ha colpito una grande città e, quindi, importanti istituti scolastici, dal ciclo dell'infanzia fino alle scuole secondarie e all'università. La città di L'Aquila, al mattino del 6 aprile 2009, aveva pressoché tutto distrutto: gli edifici scolastici e i centri dell'amministrazione pubblica, sia locale che del Governo centrale.
  Siamo partiti con due programmi, assistiti dal Dipartimento della Protezione civile. Abbiamo cominciato, innanzitutto, con la ricostruzione delle scuole che erano state classificate come categoria B, secondo la scheda AeDES (agibilità e danno nell'emergenza sismica), la famosa scheda che si compila dopo il sisma.
  Abbiamo operato tramite un accordo con il Provveditorato alle opere pubbliche. L'attore principale è stato appunto il Provveditorato alle opere pubbliche locale, che è un ufficio del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Al protocollo tra Provveditorato e comune di L'Aquila hanno partecipato anche la RELUIS (Rete dei laboratori universitari d'ingegneria sismica), coordinata dal professor Manfredi dell'Università Federico II di Napoli, e il comune di Bologna, che ha inviato un gruppo di tecnici a L'Aquila, per coadiuvare immediatamente le progettazioni.
  L'altro canale – parallelo – è consistito nella ricostruzione delle scuole che erano proprio dentro i centri storici, più colpite, distrutte, classificate come categoria E. A questo ha pensato direttamente il Dipartimento per la protezione civile, con la costruzione dei moduli ad uso scolastico provvisorio, di cui parlava l'ingegner Manenti.
  L'obiettivo era far rientrare dentro gli istituti scolastici gli alunni, sin dall'inizio dell'anno scolastico 2009-2010. Direi che l'abbiamo raggiunto. È stata un'estate – per così dire – «a tamburo battente», con cicli di attività di 12 ore e due turni di lavoro. Abbiamo centrato l'obiettivo di rifare le scuole e di recuperare tutto quello che era recuperabile, migliorandolo. Sono stati fatti cospicui interventi di miglioramento e adeguamento sismico degli edifici preesistenti, oltre alla costruzione di nuovi edifici.
  Aver riportato a scuola i bambini in quei giorni è stato un enorme successo, se pensiamo che i bambini aquilani e delle frazioni di L'Aquila, ma anche del cratere sismico (hanno vissuto tutti la stessa esperienza) erano sfollati a 100 km da L'Aquila. Per completare la scuola, già nel 2009, partivano alle 5-6 di mattina dalla costa adriatica, per arrivare a scuola a L'Aquila e, poi, tornare sulla costa. È stato un atto d'amore che non ha avuto eguali.
  Le procedure, come dicevo, sono state governate da un ufficio dello Stato. Ovviamente, sono state procedure snelle, normate dalle ordinanze che venivano emesse. Altrettanto ha fatto il Dipartimento della Protezione civile per tentare di accelerare.
  L'esposizione dell'esperienza potrebbe completarsi qui. Aggiungo una considerazione: questa esperienza la stiamo vivendo ancora oggi. La ricostruzione non si conclude nel soddisfare quei bisogni durante l'emergenza: la ricostruzione continua.
  Questo Paese dovrebbe darsi delle regole su ciò che deve accadere quando c’è una catastrofe naturale, perché inventare regole, di volta in volta, ci espone terribilmente. Infatti, non a caso, adesso, tutti i fascicoli di quel periodo sono costantemente sequestrati e ci sono continue comunicazioni Pag. 7giudiziarie. Eppure, ci sono state delle ordinanze che stabilivano che si poteva fare in quel determinato modo.
  Visto che le catastrofi naturali sono, ormai, all'ordine del giorno, bisogna che questo Paese si dia una normativa quadro di quello che deve accadere in quel contesto, anche per quanto riguarda la ricostruzione.
  Oggi, la ricostruzione di L'Aquila sulle opere pubbliche è assoggettata alle procedure del decreto legislativo n. 163 del 2006 (cosiddetto Codice degli appalti): sono tempi biblici. Per avere il finanziamento e iniziare a realizzare un'opera pubblica, se va bene, ci vogliono due anni. Con il groviglio che c’è nel Codice unico degli appalti, se qualcuno fa un ricorso, si inchioda l'intervento dentro a un tribunale amministrativo o nel Consiglio di Stato e non se ne esce più. Nel frattempo, vi sono una realtà che soffre, una comunità che aspetta, opere pubbliche che devono partire e non possono partire. Tutto questo avviene nella normalità della legge. Dovremmo invece trovare delle norme procedurali, approvate dal Parlamento, che permettano di operare al meglio possibile.

  PRESIDENTE. Grazie, assessore Di Stefano.
  Cambiamo temporaneamente scenario e ci spostiamo dall'emergenza alla ricostruzione dopo l'emergenza.
  Do la parola al commissario dell'ENEA, ingegner Giovanni Lelli.

  GIOVANNI LELLI, Commissario ENEA. In realtà, il nostro intervento, del quale avrete una memoria alla fine della mia breve sintesi, è articolato in due parti, che rappresentano sia il contributo nel settore dell'efficienza, sia quello nel settore della sicurezza strutturale degli edifici scolastici. Leggerò una nota in circa 10 minuti.
  L'impulso a migliorare l'efficienza energetica negli edifici è stato dato, principalmente, dalla direttiva europea 2002/91/CE, nota come EPBD (Energy Performance of Buildings Directive), che stabiliva le caratteristiche di performance degli edifici ed è stata emanata con l'obiettivo di migliorare le prestazioni energetiche del settore civile, da anni riconosciuto come uno dei settori a cui imputare l'aumento dei consumi negli usi finali.
  Tale direttiva impone di rispettare, a partire dal 2018, per i nuovi edifici del settore pubblico, scuole incluse, lo standard di edifici a consumo energetico quasi zero. Per gli edifici oggetto di riqualificazione, invece, i risultati dovranno essere di massima efficienza energetica. Dal 2020 tale obbligo sarà esteso a tutti i nuovi edifici, privati e pubblici.
  Secondo noi, il rispetto dei requisiti in tema di efficientamento e le spese necessarie per la messa a norma potrebbero risultare vani, se non associati al rispetto delle vigenti norme tecniche per le costruzioni, con particolare riferimento alla sicurezza sismica.
  L'ultimo Piano di azione italiano per l'efficienza energetica del 2011, curato dall'ENEA, ha lo scopo di accelerare e assicurare l'attuazione dei programmi di efficientamento energetico. Nel contesto del piano, insieme col Ministero dello sviluppo economico, siamo impegnati in attività finalizzate al raggiungimento di obiettivi di efficientamento anche nel settore della pubblica amministrazione.
  Riguardo alla sicurezza sismica, la situazione dell'edilizia scolastica in Italia non differisce significativamente da quella del patrimonio edilizio tout court. Gran parte dell'edificato non è adeguato a quanto previsto dall'attuale normativa: ciò rende il rischio sismico – sul nostro territorio – maggiore di quello di Paesi in cui la sola pericolosità è ben più elevata. Penso al Giappone, alla California e alla Nuova Zelanda. Ricordo che gran parte degli edifici scolastici ha un'età superiore ai 50 anni.
  Nell'ambito dell'efficientamento energetico della pubblica amministrazione, noi abbiamo condotto uno studio sui consumi energetici delle scuole pubbliche, che abbiamo costruito attraverso un'indagine campionaria su 2.300 istituti scolastici. Ricordo che le scuole, nel Paese, sono oltre Pag. 850.000. L'indagine è stata sviluppata nell'ambito di un accordo con il Ministero dello sviluppo economico.
  Dalla lettura dei dati analizzati, emergono alcuni spunti di riflessione, sui quali stiamo svolgendo un'indagine conoscitiva presso gli enti interessati. Dalle prime indagini risulta che alcune scuole, a parità di condizioni climatiche, edilizie e funzionali, presentano consumi differenti, sia termici che elettrici, dovuti anche a difficoltà economiche o a problemi di gestione.
  Nell'allegato 1 alla relazione depositata potete osservare alcuni dati numerici riguardanti l'intero campione, dai quali emerge che il risparmio conseguibile supera il 30 per cento per i consumi energetici nelle scuole, quasi tutto da imputare ai risparmi sui consumi termici.
  Per quanto riguarda la sicurezza strutturale, vorrei ricordare che la classificazione sismica del territorio del nostro Paese è iniziata dopo il terremoto di Messina del 1908. Nel 1980, anno del terremoto nell'Irpinia, solo il 25 per cento del territorio era classificato sismico. Dopo il terremoto del Molise e della Puglia, salì al 70 per cento, e a molte aree fu attribuita una pericolosità sismica maggiore di quella che già avevano.
  Le costruzioni antecedenti l'applicazione di una legge che disciplina il nostro settore – la legge n. 64 del 1974 recante provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche – non rispondono a criteri di sicurezza sismica. Oltre il 60 per cento degli edifici scolastici in Italia è stato costruito prima del 1974.
  Inoltre, i periodi di maggiore attività in campo edilizio hanno seguito eventi eccezionali. Mi riferisco alle due guerre mondiali. Ciò implica che molte costruzioni sono state edificate in fretta, con sistemi e materiali scadenti, e che, in numerosi casi, edifici ben disegnati sono, poi, stati realizzati in misura non corretta.
  Salto la parte riguardante le tecnologie sismiche. Vorrei soltanto citare l'allegato 2 della nota depositata, che mostra come circa 40 edifici scolastici, nel nostro Paese, sono isolati sismicamente e altrettanti sono quelli dotati di sistemi di produzione di energia. La nuova scuola di San Giuliano di Puglia, alla cui progettazione abbiamo contribuito anche noi, la scuola di Marzabotto e il liceo Romita di Campobasso sono tra queste.
  In conclusione, per quanto riguarda la riqualificazione dal punto di vista dell'energia dei plessi scolastici, ricordo che gli interventi per l'efficienza energetica possono riguardare, in tutto o in parte, l'isolamento termico dell'involucro, la sostituzione degli infissi e gli impianti di ventilazione, insomma tutti settori ai quali anche il grande pubblico è ormai abituato. Bisogna però sottolineare che la sostituzione delle caldaie è rilevante, perché circa il 30 per cento dei sistemi di riscaldamento delle scuole è ancora alimentato a olio combustibile.
  Per quanto riguarda il rischio sismico, vorrei ricordare la proposta che abbiamo fatto di istituire un osservatorio-catasto degli edifici scolastici centralizzato, per tenere sotto controllo l'adeguamento alle norme sismiche.
  Inoltre, per gli edifici scolastici di nuova realizzazione, l'adozione di moderne tecnologie appare oggi la soluzione definitiva per la sicurezza, a fronte di eventi sismici. L'isolamento sismico è anche la soluzione ideale per gli edifici esistenti, ma va detto che non sempre è possibile isolare gli edifici esistenti. In questi casi non deve essere trascurata l'ipotesi della demolizione.
  Per gli edifici storici, ove non adeguabili alle nuove norme, va presa in considerazione l'ipotesi di cambio destinazione: non dovrebbero cioè continuare ad essere adibiti ad attività di carattere strategico o pubblico.
  Inoltre, i nuovi edifici scolastici dovranno rispondere a ruoli e compiti diversi da quelli attuali e, quindi, i criteri di progettazione dovranno essere adeguati.
  Per quanto riguarda i finanziamenti, è necessario osservare che la situazione attuale presenta molti aspetti difficili, che trovate nella nota consegnata. Ne evidenzio solo alcuni: difficoltà del coordinamento Pag. 9interministeriale in materia di edilizia scolastica, carenza di monitoraggio e controllo sull'utilizzo dei finanziamenti e sui risultati conseguiti.
  Ricordo che sarebbe opportuno migliorare l'efficacia delle misure di incentivazione, rivedendo alcuni criteri e includendo nel conto termico, che incentiva l'introduzione di questi nuovi sistemi, ad esempio gli interventi di vera e propria sostituzione edilizia che, nei fatti, si traducono nella demolizione e ricostruzione dell'esistente.
  Inoltre, si dovrebbe ipotizzare l'esclusione, dal patto di stabilità interno, delle spese destinate dagli enti locali alla riqualificazione degli edifici scolastici. Bisognerebbe ridefinire un contratto con garanzie di risultati tecnici ed economici, da verificare ex post.
  Bisogna, inoltre, definire regole chiare e puntuali, che disciplinino il rapporto tra appaltante e aggiudicatario, e sviluppare soluzioni per una maggiore disponibilità degli istituti bancari a concedere finanziamenti e cofinanziamenti, con garanzie sui risultati verificabili ex post.

  PRESIDENTE. La ringrazio.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIUSEPPE BRESCIA. Grazie per essere intervenuti. Io intervengo brevissimamente soltanto per porvi una domanda: cosa si può fare, secondo voi, per prevenire i danni, prima che i disastri avvengano, anziché intervenire dopo che questi sono avvenuti ?
  Sappiamo che moltissime zone del nostro territorio sono a rischio sismico, a rischio idrogeologico e così via. È questo ciò su cui noi ci interroghiamo spesso, anche guardando a certe politiche che vengono messe in atto, quando si punta, per esempio, a fare grandi opere. Voi sapete che noi siamo assolutamente contrari ad alcune di esse, proprio perché pensiamo che questi soldi debbano essere spesi per la messa in sicurezza del patrimonio che si vive quotidianamente e che vede ospitati i bambini che vanno a scuola.
  Vorrei sapere se voi condividete il nostro pensiero e cosa si può fare dal punto di vista tecnico per mettere in sicurezza le strutture, prima che queste cadano sulle nostre teste.

  UMBERTO D'OTTAVIO. Devo dire che sono molto contento di quest'audizione odierna, perché – lo dico soprattutto per i nostri ospiti – noi stiamo andando avanti in quest'indagine conoscitiva, ed è molto importante il fatto che alcune informazioni che voi ci avete dato ritornano anche nei ragionamenti di altri soggetti auditi.
  Io credo che l'audizione di oggi sia esemplare, perché propone delle riflessioni che ci saranno utili riguardo due questioni. La prima questione riguarda le procedure. Io sono convinto, anche a fronte delle informazioni che abbiamo ricevuto nelle precedenti audizioni, che uno dei motivi per cui molte risorse messe a disposizione, alla fine, non vengono neanche spese, è che le procedure sono assai complicate.
  È ovvio che quando parte un'emergenza si scopre che ci possono essere procedure più rapide, anche più interessanti. Per esempio, l'idea di mettere a gara non solo la realizzazione dell'intervento ma anche il progetto – magari con una base d'asta che tenga conto di un costo al metro quadrato – e altri particolari che lei ci raccontava, sono elementi che ci permetteranno di dare delle indicazioni sulle procedure, al termine di questo nostro lavoro, cioè quando saremo riusciti a convincere l'intero Parlamento che l'edilizia scolastica, in questo Paese, è un'emergenza.
  Credo che sia altrettanto importante il tema dell'efficienza. Credo che ciò che ci veniva riferito dall'ingegner Lelli dell'ENEA sia estremamente importante. Efficientare un edificio o, addirittura, valutare la sostituzione della struttura esistente con un edificio completamente nuovo, potrebbe consentire un risparmio tale da giustificare l'investimento.Pag. 10
  Mi rivolgo soprattutto ai colleghi: sto raccogliendo, con molta attenzione, tutto il materiale che ci viene consegnato. Stiamo facendo un bel lavoro.
  A me veniva in mente una riflessione. Non so come la pensiate voi, ma ve lo chiedo e ne parleremo magari nelle prossime audizioni: dalle cose che voi avete riferito, emerge il tema della responsabilità.
  Io penso che sarebbe indispensabile istituire il libretto del fabbricato; la storia di ogni edificio deve essere scritta. Oggi, spesso, la memoria dei nostri uffici decentrati viene meno quando va via una persona, che si porta dietro anche la storia dell'edilizia scolastica di quegli edifici. Bisognerebbe istituire un vero e proprio strumento che consenta anche di verificare l'andamento degli interventi.
  Gli edifici, soprattutto gli edifici scolastici, sono comunque un materiale di consumo. Se siete stati qualche volta in una scuola, avrete visto muoversi una – per così dire – «mandria informe» di 500-600 studenti che corrono. Le scuole quindi si consumano. Gli edifici, a un certo punto, sarebbero da portare in ammortamento e da sostituire. Questo vale per tutti, ma ancora di più per gli edifici scolastici.
  Stiamo facendo un lavoro molto importante. Vi ringrazio davvero, perché dalle vostre relazioni possiamo trarre delle utili indicazioni per il nostro Paese. Grazie per quello che ci avete detto.

  GIANNA MALISANI. Vorrei dire solo due parole, per sottolineare quanto è stata importante la testimonianza di coloro che oggi ci hanno riferito su due elementi fondamentali per l'edilizia scolastica: la sicurezza sismica e l'efficientamento energetico. Credo che siano due temi basilari per il nostro Paese, su cui, tra l'altro, siamo molto indietro.
  Il report dell'ingegner Manenti mi ha riportato un po’ all'esperienza friulana del 1976. Da allora, siamo ancora qui a ripeterci le stesse cose. È una riflessione che facciamo ogni volta che accade un sisma importante come quelli di L'Aquila e dell'Emilia, che ci fanno rendere conto che dalle esperienze precedenti non impariamo nulla.
  Io, tante volte, ho sollecitato che i ragionamenti fatti in occasione del terremoto del Friuli, dove c’è stato, forse, il primo evento disastroso su cui abbiamo molto riflettuto e anche molto elaborato, fossero messi a frutto per tutto il Paese.
  Stavo facendo una riflessione, mentre l'ingegnere stava riportando la sua esperienza. Mi scusi se sottolineo solo gli elementi di criticità: a proposito della prefabbricazione, non solo riguardo agli edifici scolastici, ma anche rispetto all'esperienza di L'Aquila, pensavo che non abbiamo ancora affrontato, con un piano nazionale o con un confronto nazionale sull'antisismica, il problema urbanistico, ossia come questi elementi si inseriscono nel nostro fragile territorio nazionale. Uno dei fattori importanti, quando si affronta l'urgenza di un sisma, è anche cosa ci rimane di tutta questa velocità che mettiamo in atto. Sto pensando soprattutto alle ricostruzioni di L'Aquila.
  Sia nella relazione dell'ingegnere, sia in quella dell'assessore, ci sono degli elementi importanti che ci aiuteranno in quest'indagine: questa, forse, porterà qualcosa di costruttivo, soprattutto per la crescita di un piano (che forse non arriverà mai), ma anche con riferimento alla questione dell'efficientamento energetico.
  Ci sono alcune tematiche sollevate dall'ingegnere su cui mi piacerebbe riflettere. Più volte abbiamo affrontato il problema degli edifici scolastici con una certa età di costruzione (noi ne abbiamo tantissimi) e la questione della loro sostituzione. L'ingegnere ha detto che è bene abbandonare certi edifici che non presentano determinate caratteristiche di efficienza energetica. Che fine fanno questi edifici ?
  La riqualificazione e l'utilizzo pubblico di alcuni edifici storici che hanno livelli di efficientamento energetico bassi è uno degli elementi centrali per il nostro Paese, su cui peraltro abbiamo stimolato anche il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, ma che non abbiamo ancora affrontato.Pag. 11
  Di «carne al fuoco» ce n’è tantissima e credo che anche le relazioni di oggi ci aiuteranno a elaborare un documento conclusivo importante.

  PRESIDENTE. Prima di restituire la parola ai nostri interlocutori, faccio una breve domanda.
  Dall'esame che stiamo conducendo sul patrimonio edilizio italiano, ovviamente emergono dei dati preoccupanti: avremmo bisogno di intervenire urgentemente – in modo molto diffuso – sul nostro patrimonio, che è vetusto. Non sto a ripetere dati che sono noti alla Commissione.
  Dobbiamo considerare che una percentuale molto alta di classi scolastiche è ospite in edifici in affitto, e non di proprietà di comuni o di province.
  Mi chiedo quanto il modello sperimentato in Abruzzo e, poi, perfezionato nell'esperienza emiliana, basato su tempistiche e interventi puntuali, possa essere esportabile in una condizione di normalità, in termini di costi, di bando e di prassi utilizzata (in questi casi era una prassi post-emergenziale, ma potrebbe diventare normale). Faccio riferimento soprattutto al costo, perché 1.350 euro al metro quadrato è un prezzo molto lontano dal costo medio con cui si costruiscono nuovi edifici scolastici, almeno nell'esperienza che mi è nota. Peraltro, stiamo parlando di edifici in classe A, che hanno un apprezzamento anche di carattere estetico e che sono sicuri, e, quindi, potrebbero andar bene per qualsiasi territorio sismico italiano.
  Mi chiedo quindi quanto questo modello possa essere esportato, se è esportabile, in una condizione di normalità, ferme restando le competenze che sono dei comuni. In questi casi, invece, era la regione che agiva come attuatore.
  Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  MANUELA MANENTI, Rappresentante della Regione Emilia Romagna. Mi riallaccio alla relazione dell'ingegner Lelli sul discorso degli edifici vecchi e se è conveniente mantenerli. È importante saperlo. È altrettanto importante sapere che, per esempio, i nuovi edifici che abbiamo realizzato hanno tutti il superamento delle barriere architettoniche, perché generalmente sono edifici a un piano solo oppure, se sono a due piani, hanno gli ascensori (cosa che difficilmente avviene in quelli vecchi) e permettono ai nostri ragazzi che io definisco «speciali» di sentirsi normali all'interno delle scuole. Questo è un sentimento che ho nei confronti di tutti i ragazzi.
  Le nostre scuole, oltre ad avere superato le barriere architettoniche, sono anche degli edifici performanti. Un altro aspetto di cui bisogna tener conto quando si parla di vecchi edifici sono gli impianti che, generalmente, non sono a norma: i nostri ragazzi vivono in edifici che, spesso, non sono a norma. Pochissimi degli edifici vecchi, per esempio, hanno il certificato di prevenzione incendi (CPI), perché la vetustà dell'edificio non permette di avere le uscite di sicurezza e le porte aperte in maniera tale da non ostacolare il deflusso degli studenti.
  Se parliamo di contenimento energetico, è chiaro che un vecchio edificio, oggi come oggi, non è performante.
  Quanto si può esportare dalla nostra esperienza ? Si può esportare molto. Queste strutture prefabbricate sono estremamente duttili. A me piace dire che sono come i pezzi Lego, perché generalmente sono delle celle prefabbricate precostituite, che possono essere assemblate in vari modi e, soprattutto, possono anche crescere.
  Io dico sempre che noi, in Emilia-Romagna, abbiamo attuato il cosiddetto «piano B». Abbiamo fatto degli edifici che avevano il minimo indispensabile per essere realizzati, per permettere l'apertura dell'anno scolastico. In seguito, abbiamo chiesto ai sindaci e alle dirigenze scolastiche se effettivamente questi potessero essere i loro edifici futuri.
  A chi ci ha dato l'assenso e ha preferito non mettere a posto le vecchie scuole, in quanto questi edifici nuovi sono più performanti dal punto di vista energetico e sismico, abbiamo dato l'opportunità Pag. 12di far crescere l'istituto con nuove classi, nuovi laboratori e nuove mense. In alcuni casi, proprio per le migrazioni che ci sono state a seguito del terremoto, delle scuole hanno attivato il tempo pieno, per cui avevano bisogno di mense, refettori e nuovi spazi.
  Queste scuole, proprio per il loro sistema di prefabbricazione leggera (generalmente sono edifici a un solo piano), permettono di attuare le linee guida del Ministero dell'istruzione: ampi spazi e una scuola che tende a evolversi con l'evolversi della nostra società.
  Se una scuola ha bisogno di un laboratorio in più, perché ha ricevuto un finanziamento europeo per svolgere una certa attività, con non troppe risorse si può ampliare. È un metodo che noi stiamo utilizzando. In Emilia-Romagna stiamo ultimando anche quelle che noi chiamiamo «opere di completamento».
  Mi piacerebbe che si venissero a visitare questi edifici, per sentire cosa ne dicono gli insegnanti e i ragazzi delle nostre scuole. Io dico «nostre» perché me le sento mie. A L'Aquila mi chiamavano «la signora delle scuole», perché, alla fine, purtroppo ne ho dovute seguire tante. In Emilia-Romagna ne abbiamo realizzate 58, che in realtà erano 72 edifici scolastici, i quali, in alcuni casi, sono stati riuniti.
  È un sistema che è stato attuato da noi, in collaborazione con la regione, mutuando un'esperienza che abbiamo avuto a L'Aquila. Il bando di gara e il capitolato speciale d'appalto sono su tutti i siti internet.
  Con piacere, ieri, sono stata nella sede universitaria d'ingegneria a Ravenna, dove stanno studiando progettazione, per illustrare i nostri progetti. I ragazzi avevano come tema d'esame proprio il nostro capitolato, il nostro bando e le nostre scuole.
  È un piacere sapere che con quest'esperienza lavorativa, per noi estremamente emergenziale – potete immaginare cosa vuol dire essere responsabile unico del procedimento in contemporanea di 58 edifici scolastici –, forse abbiamo realizzato qualcosa di buono.

  PIETRO DI STEFANO, Assessore del Comune di L'Aquila. L'onorevole Brescia chiedeva cosa si può fare per mettere in sicurezza gli edifici esistenti. A me viene in mente una considerazione: quante sono le scuole che sono inserite in edifici non nati per essere scuole ? Sono tante. Nei centri storici è abbastanza frequente, anzi, spesso, le scuole sono inserite in edifici vincolati. La capacità d'intervento – in un edificio vincolato – per la sicurezza sismica è ridotta, perché c’è un vincolo di conservazione.
  Non essendo nate per la didattica, queste sono scuole che non provvedono alla migliore formazione di chi le frequenta. Lì dentro noi ritroviamo la parte più delicata della società: le generazioni future, ossia i nostri figli. Per queste ragioni, queste scuole non rappresentano il meglio, né in termini di sicurezza né in termini di didattica.
  A mio avviso, ci vorrebbe un grande piano nazionale, che riprenda le fila della formazione in questo Paese. Via via, nel tempo, siamo rimasti indietro. Non si interviene più per la costruzione di nuove scuole o per l'ammodernamento di quelle esistenti.
  Da sindaco, in passato, mi posi questo problema. Ero molto giovane, però ho avuto il coraggio di chiudere cinque plessi scolastici nel mio comune e realizzarne uno solo. Mi sono scontrato con i miei cittadini. Per fortuna avevo i soldi per farlo. Nella mia esperienza di amministratore mi sono scontrato spesso con il fatto che, di fronte a dei piani per la sicurezza avanzati, spesso, se chiedevamo dieci, ci veniva dato uno.
  Veniva citato dall'onorevole Malisani il libretto del fabbricato, con la quale concordo in merito. Dopo il sisma di L'Aquila che, oltre alle vittime e ai grandi danni, ha prodotto, come tutte le catastrofi naturali, un enorme problema di esborso di denaro per la rimessa a sistema dei luoghi, da parte dello Stato, era venuta fuori l'idea dell'assicurazione per ogni famiglia. Scusatemi se lo dico qui, però a me sembra un'idea «demenziale», per il semplice fatto che le assicurazioni si basano sul Pag. 13rischio. Nella fascia centrale dell'Italia il rischio di sisma è altissimo. Quella è la parte del Paese più delicata e più a rischio di abbandono. Se noi in quei luoghi introducessimo l'assicurazione, scateneremmo un facile processo.
  Mi viene invece da pensare l'esatto contrario, proprio agganciandomi a quello che diceva l'onorevole. Il libretto del fabbricato può servire, perché in quegli immobili vengano fatte le giuste manutenzioni, ordinarie o straordinarie che siano. Solo se si è in regola, lo Stato interviene in caso di catastrofe. Se non si è in regola, lo Stato non interviene, oppure interviene in modo sensibilmente ridotto. Cerchiamo di creare dei virtuosismi, invece di tentare la facile soluzione di mettere una tassa in più. Con la tassa in più non risolviamo il problema, ma – a volte – lo aggraviamo, oppure ne risolviamo uno e ne aggraviamo dieci.
  Tentiamo di creare dei facili virtuosismi. Le esperienze dei sismi a volte insegnano. Per esempio, sono esportabili questi modelli di costruzione delle scuole in acciaio e legno, soprattutto per quello che riguarda la sostituzione futura. Terminato il ciclo di vita, noi abbiamo meno scorie o, quantomeno, abbiamo rifiuti riciclabili, diversamente dalle costruzioni classiche, dove il riciclo è un vero problema. Spesso, quando abbiamo a che fare con le vecchie scuole si trova l'amianto e il riciclo dei rifiuti diventa un grande problema.
  L'onorevole Malisani citava il problema urbanistico. Il sisma produce un problema di natura urbanistica, perché, sia per quanto riguarda le scuole che per gli alloggi provvisori, abbiamo dovuto «mangiare» territorio, che è un bene prezioso, difficilmente riproducibile. Sta nella capacità delle comunità che verranno – mano mano che si supererà l'emergenza e si tenderà a rientrare nella normalità – scegliere come recuperare quel pezzo di territorio e in che modo reintervenire.
  Dobbiamo porci tutti una domanda: quanti e che tipologie di servizi possono essere ubicati nei nostri centri storici ? Questo è il problema madre, oltre che la sicurezza. Dobbiamo valutare come riconvertire quel pezzo di territorio invaso, con servizi più appropriati. Dobbiamo tentare di far capire che se interveniamo sui nostri centri storici, li miglioriamo. Difficilmente avremo centri se continuiamo a mangiare territorio, perché, da una parte desertifichiamo e, da una parte, produciamo l'imbarbarimento ambientale.

  GIOVANNI LELLI, Commissario ENEA. L'efficienza energetica è un aspetto importantissimo, ma è anche emblematico di un nuovo approccio a realizzare le cose, tipico del terzo millennio: oggi, progettare – per noi ingegneri – significa mirare anche all'impatto ambientale zero e a consumi energetici nulli, ossia allo sviluppo sostenibile. La sicurezza sismica nel nostro Paese è fondamentale, ma è emblematica dei tanti aspetti di sicurezza su cui la normativa tecnica ci dice già moltissimo.
  Infine, la funzionalità nuova degli edifici è il terzo pilastro sul quale si fonda il cambiamento per le scuole. Mi riferisco all'accessibilità per i disabili, all'informatica, ai nuovi approcci di apertura al territorio e così via.
  Spesso lo Stato ha – per così dire – «il braccino corto». Tutti questi aspetti, secondo me, andrebbero considerati per rifare una sorta di piano. «Pianificare» non è un termine desueto che ricorda Stalin, ma andrebbe applicato.
  Avendo innanzi un problema che interessa 52.000 scuole, il nostro Paese ha la possibilità di affrontarlo e risolverlo in alcuni decenni e, così facendo, ha anche l'opportunità di rilanciare l'economia. Si tratterebbe di rimettere in moto, in maniera diffusa su tutto il territorio del Paese, un sistema industriale civile che è una – per così dire – «mosca cocchiera» rispetto agli altri aspetti.
  Vi dico solo questo: San Giuliano di Puglia era un'isola non sismica, circondata da zone sismiche. Il 75 per cento del territorio è zona sismica. Io non mi porrei proprio il problema se fossi lo Stato: farei o rifarei le scuole, dopo averle analizzate Pag. 14tutte, rispettando al meglio quei tre aspetti che ho appena citato: progettazione secondo il terzo millennio, sicurezza al massimo livello e fruibilità della scuola ugualmente al massimo livello.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti. Vi ricordo che è possibile inviarci materiale integrativo rispetto alle vostre memorie, per esempio sul capitolato oppure su altre esperienze, il quale, tramite la segreteria della Commissione, verrà inviato a tutti i commissari.
  Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dall'ingegner Giovanni Lelli, Commissario ENEA (vedi allegato).
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.

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