XVII Legislatura

VII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 5 di Martedì 24 ottobre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Piccoli Nardelli Flavia , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE BUONE PRATICHE DELLA DIFFUSIONE CULTURALE

Audizione di Gianni Torrenti, Coordinatore della Commissione Beni e attività culturali della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e Assessore alla cultura sport e solidarietà delle Regione Friuli Venezia Giulia; Monica Barni, Vicepresidente e Assessore alla cultura, università e ricerca della Regione Toscana; Gabriella Guerci, Direttrice di Produzione del Museo di fotografia contemporanea (Mufoco); Emanuele Montibeller, Direttore artistico del Progetto Arte Sella; Anna Maria Montinaro, Presidente dell'Associazione Presìdi del libro; Antonio Rancati, Esperto di didattica sostenibile del Cetri-Tires (Circolo europeo per la terza rivoluzione industriale); Giovanna Barni, Presidente di Coopculture.
Piccoli Nardelli Flavia , Presidente ... 3 
Torrenti Gianni  ... 3 
Bossa Luisa (MDP)  ... 5 
Torrenti Gianni , Coordinatore della Commissione Beni e attività culturali della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e Assessore alla cultura sport e solidarietà delle Regione Friuli Venezia Giulia ... 5 
Piccoli Nardelli Flavia , Presidente ... 6 
Torrenti Gianni , Coordinatore della Commissione Beni e attività culturali della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e Assessore alla cultura sport e solidarietà delle Regione Friuli Venezia Giulia ... 6 
Piccoli Nardelli Flavia , Presidente ... 6 
Barni Monica , Vicepresidente e Assessore alla cultura, università e ricerca della Regione Toscana ... 6 
Piccoli Nardelli Flavia , Presidente ... 8 
Guerci Gabriella , Direttrice di Produzione del Museo di fotografia contemporanea (Mufoco) ... 8 
Piccoli Nardelli Flavia , Presidente ... 10 
Montibeller Emanuele , Direttore artistico del Progetto Arte Sella ... 10  ... 11 
Piccoli Nardelli Flavia , Presidente ... 11 
Montinaro Anna Maria , Presidente dell'Associazione Presìdi del libro ... 11 
Piccoli Nardelli Flavia , Presidente ... 13 
Pierucci Ines , Coordinatrice dell'Associazione Presìdi del libro ... 13 
Piccoli Nardelli Flavia , Presidente ... 14 
Rancati Antonio , Esperto di didattica sostenibile del Cetri-Tires (Circolo europeo per la terza rivoluzione industriale) ... 14 
Piccoli Nardelli Flavia , Presidente ... 15 
Rancati Antonio , Esperto di didattica sostenibile del Cetri-Tires (Circolo europeo per la terza rivoluzione industriale) ... 15 
Piccoli Nardelli Flavia , Presidente ... 16 
Barni Giovanna , Presidente di CoopCulture ... 16 
Piccoli Nardelli Flavia , Presidente ... 18 
Bossa Luisa (MDP)  ... 18 
Lainati Giorgio (AP-CpE-NCD)  ... 18 
Piccoli Nardelli Flavia , Presidente ... 19 
Ghizzoni Manuela (PD)  ... 19 
Piccoli Nardelli Flavia , Presidente ... 19 
Barni Monica , Vicepresidente e Assessore alla cultura, università e ricerca della Regione Toscana ... 19 
Montinaro Anna Maria , Presidente dell'Associazione Presìdi del libro ... 19 
Piccoli Nardelli Flavia , Presidente ... 20

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista: MDP;
Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD: AP-CpE-NCD;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile: SI-SEL-POS;
Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE: SC-ALA CLP-MAIE;
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Civici e Innovatori PER l'Italia: Misto-CIpI;
Misto-Direzione Italia: Misto-DI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-UDC-IDEA: Misto-UDC-IDEA;
Misto-Alternativa Libera-Tutti Insieme per l'Italia: Misto-AL-TIpI;
Misto-FARE!-PRI-Liberali: Misto-FARE!PRIL;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI) - Indipendenti: Misto-PSI-PLI-I.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
FLAVIA PICCOLI NARDELLI

  La seduta comincia alle 11.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche attraverso la trasmissione in diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di Gianni Torrenti, Coordinatore della Commissione Beni e attività culturali della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e Assessore alla cultura sport e solidarietà delle Regione Friuli Venezia Giulia; Monica Barni, Vicepresidente e Assessore alla cultura, università e ricerca della Regione Toscana; Gabriella Guerci, Direttrice di Produzione del Museo di fotografia contemporanea (Mufoco); Emanuele Montibeller, Direttore artistico del Progetto Arte Sella; Anna Maria Montinaro, Presidente dell'Associazione Presìdi del libro; Antonio Rancati, Esperto di didattica sostenibile del Cetri-Tires (Circolo europeo per la terza rivoluzione industriale); Giovanna Barni, Presidente di Coopculture.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle buone pratiche della diffusione culturale, l'audizione del dottor Gianni Torrenti, coordinatore della commissione beni e attività culturali della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e assessore alla cultura sport e solidarietà delle Regione Friuli Venezia Giulia nonché della dottoressa Monica Barni, Vicepresidente e assessore alla cultura, università e ricerca della Regione Toscana; della dottoressa Gabriella Guerci, Direttrice di Produzione del Museo di fotografia contemporanea (Mufoco); del dottor Emanuele Montibeller, Direttore artistico del Progetto Arte Sella; della dottoressa Anna Maria Montinaro, Presidente dell'Associazione Presìdi del libro; del dottor Antonio Rancati, Esperto di didattica sostenibile del Cetri-Tires (Circolo europeo per la terza rivoluzione industriale); della dottoressa Giovanna Barni, Presidente di Coopculture.
  Rivolgo un saluto di benvenuto a tutti gli ospiti presenti e avverto che un corposo volume di raccolta delle memorie pervenute dai nostri audiendi è a disposizione dei colleghi. Avverto anche che le bozze dei resoconti delle precedenti audizioni sono già disponibili, anche se in versione ancora provvisoria.
  Prima di dare la parola al dottor Torrenti voglio presentare i colleghi presenti, gli onorevoli Luisa Bossa, Irene Manzi, Tamara Blazina, Mara Carocci, Gianna Malisani, Manuela Ghizzoni e Giorgio Lainati. Cominciamo immediatamente, dando la parola al dottor Gianni Torrenti.

  GIANNI TORRENTI, coordinatore della commissione beni e attività culturali della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e Assessore alla cultura sport e solidarietà delle Regione Friuli Venezia Giulia. Grazie, presidente. La Conferenza delle regioni ha pensato di fare una ricognizione relativa ad alcune buone pratiche, poi raccolte in un dossier che è risultato piuttosto corposo, pur avendo cercato di contenerne il numero di pagine. Teniamo conto che queste non rappresentano le prassi principali dal punto di vista degli investimenti economici o dei risultati di pubblico che, ovviamente, sono collegati alle grosse dimensioni Pag. 4 che vanno dalle fondazioni lirico-sinfoniche –che sono il vero problema della nostra attività culturale ancora da sciogliere – ai grandi festival e alle attività di base: bensì, sono concentrate su processi e pratiche di relativa innovazione o con una ricaduta particolare sul territorio. Sono state scelte soprattutto per dare l'idea di una sensibilità che va maturando nelle varie regioni e che trova alcuni fili conduttori comuni.
  Non abbiamo in alcun modo condizionato le regioni nella nostra call e quindi ogni regione ha indicato ciò che voleva. Il fatto che quasi tutte le regioni abbiano ritenuto di sottolineare importanti pratiche a sostegno della lettura è forse la prima cosa che balzerà agli occhi. Ad esempio, la nostra regione sta investendo molto su questo settore, ovvero la pratica della lettura come base sostanziale di tutta la cultura. Questo rende però evidente che, se tanti sono gli investimenti e le «invenzioni», significa che la lettura viene percepita come una criticità: perché se c'è l'abitudine a leggere o la capacità di farlo, è anche vero che si può anche leggere senza capire il senso di quanto si è letto.
  Alcune regioni hanno quindi cominciato l'approccio alla lettura: chi iniziando da zero anni come noi, lavorando con i pediatri nella fase iniziale da zero a 3 anni, chi, successivamente; ma sicuramente si ha la percezione che un'attività più coerente e organizzata per la lettura è opportuna. Ciò affiancando il lavoro delle scuole che, evidentemente, è percepito come insufficiente.
  Dal punto di vista delle iniziative, sono stati evidenziati alcuni festival, non quelli dello spettacolo dal vivo, più scontati anche perché di solito hanno un grande successo e grandi budget, ma, piuttosto, alcuni festival collegati al discorso precedente, ossia due o tre festival di letteratura e uno di filosofia, sottolineati come best practices (sappiamo che ce ne sono centinaia in giro per le regioni). Concentrarsi su quella parte culturale, non solo è sempre indispensabile, ma ha anche un notevole successo di pubblico sul territorio. Il problema è fare in modo che questi festival non diventino poi come una specie di compagnia di giro, in cui sempre gli stessi autori gironzolano presentando le stesse cose e parlando lo stesso linguaggio: questo, infatti, non aiuterebbe le specificità dei territori.
  Altri punti riguardano l'inclusione. A tal proposito, posso portare la nostra esperienza nell’ex ospedale psichiatrico di Trieste, dopo l'esperienza basagliana. Qui l'inclusione del disagio mentale, ma anche quella dell'immigrazione sono un elemento decisivo. Questo tema forse non è ancora sufficientemente affrontato e approfondito: è uno dei temi palesemente emergenziali nella mia regione: molto relativo dal punto di vista concreto e molto forte dal punto di vista mediatico. Non bisogna dimenticare che, al di là di 200.000 richiedenti asilo, abbiamo 5 milioni di immigrati che fanno fatica a partecipare alla vita culturale del Paese, ovvero hanno una partecipazione molto modesta, in particolare per alcune comunità. Credo che la soluzione non sia quella di mettere quattro stranieri sul palcoscenico, ma quella di lavorare su testi, su culture, su musiche provenienti da quei Paesi per farli conoscere qua, effettuando una rivalutazione delle culture nei confronti della popolazione di cultura italiana e non il contrario: quindi, non l'esibizione spontanea o sporadica in scena, in cui quattro stranieri recitano Goldoni, ma esattamente il contrario per vedere in che modo possiamo inserire strutturalmente nei nostri programmi culturali il riconoscimento di culture lontane da noi e come possiamo riqualificare quel tipo di relazione. Diversamente, resta sempre un gap in cui l'inclusione sembra l'atto di bontà, quando invece l'inclusione è integrazione e non assimilazione: cosa che credo non piaccia a nessuno.
  Arrivando a riepilogare quello che sul territorio si è voluto sottolineare, vi posso dire che la Basilicata ha puntato molto sulle tendenze musicali, sugli spazi laboratori, sulla mappatura del patrimonio e sul piano triennale dello spettacolo, con risultati interessanti.
  Ricordo che nella partecipazione alla vita della mia Commissione, il sud non è molto presente rispetto al centro-nord. Questo è un problema abbastanza serio che Pag. 5cerchiamo quotidianamente di affrontare e che deriva anche dal «pallino» di alcuni presidenti di regione che mantengono la delega alla cultura, ma poi non hanno il tempo di seguirla. È un gesto molto nobile che il presidente assuma una delega che ritiene importante, ma poi è difficile che un presidente di regione riesca a seguirla specificamente. Questo capita in Sicilia, in Calabria. Non è sempre così – ci sono delle geometrie variabili – però è molto frequente e non è utilissimo. La Campania, per esempio, è sempre assente e questo è un grosso problema perché, dal punto di vista culturale, avrebbe moltissimo da dire...

  LUISA BOSSA. Mi scusi, ma la Campania «brucia» circa 200 iniziative al giorno.

  GIANNI TORRENTI, Coordinatore della Commissione Beni e attività culturali della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e Assessore alla cultura sport e solidarietà delle Regione Friuli Venezia Giulia. Certo, non sto dicendo che non si facciano le cose, però sarebbe il caso che lo venisse a dire anche in Commissione. Nella politica complessiva delle regioni nella Conferenza, l'assenza di quel tipo di pratiche ci condiziona, nel senso che ci pesa. Giovedì sarò a Paestum per una serie di iniziative, proprio al fine di sollecitare.
  L'Emilia-Romagna è molto strutturata come Direzione: propone alcune cose come la Festa della filosofia, la Memoria del Novecento e una biblioteca digitale, per tornare sul discorso della lettura. Il Friuli Venezia Giulia ha «I suoni dei luoghi», che è un modello di musica perché, con 60 concerti in tutti i comuni minori ed essendo unito ad altre due iniziative di 30-40 concerti nell'area montana e in Veneto, con il Festival di Portogruaro, sta cercando di realizzare una rete di almeno 150 concerti coerentemente distribuiti sul territorio (parliamo di musica classica in questo caso), che vogliono essere veramente uno strumento di conoscenza capillare, in particolare della musica da camera.
  Il Lazio ha la «Biennale d'Arte Contemporanea» di Latina, «Città invisibili», la «valorizzazione del polo monumentale di Colle del Duomo»; la Liguria ha il «Salone della Liguria», il «Festival della scienza» che conosciamo tutti, «Cantautori nelle scuole»: in Liguria l'attività dei cantautori è fortissima (oggi c'è stato anche un finanziamento importante sulla Casa dei cantautori a Genova). La Lombardia ha portato l'esperienza dell'abbonamento ai musei del sistema lombardo e del welfare culturale, del circuito lirico lombardo diffuso sul territorio e il «Festival della letteratura di Mantova». Il Piemonte ha Hangar sul futuro dell'innovazione, «Strategia della cultura» e «Buono da leggere», un'esperienza di lettura. La Puglia ha «Puglia Sound», e il «Piano strategico della cultura». La Sardegna ha festival letterari, master per film maker, in particolare. Della Toscana, di cui parlerà Monica Barni, segnalo la promozione della lettura e dei servizi documentari, il Progetto «Casa del cinema e del documentario», «Lanterne magiche» e i «luoghi diffusi della cultura per lo sviluppo locale», l’«Ecomuseo» del Casentino, la «Banca della memoria». L'Umbria ha «Salute e infanzia», «Forte chi legge», «La cultura aiuta il benessere». Il Veneto ha «Veneto legge» e «Progetto Veneto», ciclo di lezioni e spettacoli sul tema della Grande Guerra. So che oggi c'era in Parlamento un'iniziativa importante per il centenario della Grande Guerra. Friuli-Venezia Giulia e Veneto hanno avuto una legge di supporto importante in stretta connessione con l'unità di missione presieduta da Franco Marini (prima da Giuliano Amato) che ha portato ad una rivisitazione della Grande guerra come nascita dell'Europa moderna e con una chiave di lettura meno militaristica. Aspettiamo però il 2018-2019 per capire se riusciremo ad affrontare seriamente il tema della pace di Versailles che, come sappiamo in parte ha portato alla seconda guerra mondiale. La provincia autonoma di Bolzano ha portato un'esperienza interessante, quella del Teatro Cristallo, il massimo investimento su un teatro di lingua italiana: 5 milioni di euro di dieci anni fa, su un teatro che ha riqualificato un'area di Bolzano, che era chiuso da 32 anni e che è diventato un punto di riferimento per la comunità italiana in modo Pag. 6particolare, con oltre 40.000 presenze medie, dimostrando il bisogno di luoghi di aggregazione anche in posti che per ricchezza sembrano non avere bisogno di nulla e che, invece, lo hanno espresso così. E, ancora, il Centro multilingue di Bolzano, la Mediateca multilingua di Merano e la Piattaforma delle resistenze contemporanee.
  I progetti presentati sono significativi perché considerati simbolici: è stato difficile sceglierli. Sono stati scelti quelli che, in questo momento, rendono palese l'esigenza, il maggior bisogno. Quindi, questo nostro dossier va interpretato come rappresentativo dei bisogni a cui dare risposta, più che di pratiche consolidate che danno risposte, quindi come un inizio. Mi fermerei qua.

  PRESIDENTE. Ringrazio Gianni Torrenti per questa lettura, per noi molto importante, perché ci consente di vedere come si muove l'ambito regionale: lo fa in maniera diversa, ma mi pare che le costanti che tornano (la lettura e alcuni elementi specifici sui diversi territori) siano illuminanti per il lavoro che stiamo svolgendo.

  GIANNI TORRENTI, Coordinatore della Commissione Beni e attività culturali della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e Assessore alla cultura sport e solidarietà delle Regione Friuli Venezia Giulia. Forse posso dire una cosa che a noi sembra scontata: viceversa, detta qui aiuta. Ripeto: deve essere chiaro che gli investimenti in cultura fatti dalle Regioni sono profondamente differenti. Ci sono dimensioni di intervento diversissime tra una regione e un'altra; ovvero, ci sono regioni che investono venti volte quello che viene investito da altre. In parte questo è poi compensato da interventi più robusti degli enti locali, dei comuni, ma questa differenza è molto significativa. Per capirci, investe di più chi riesce a farlo con delle politiche dovute anche alle competenze: le regioni a Statuto speciale, avendo uno spettro di competenze più ampio, nel bilancio hanno margini maggiori, non più soldi, di scelte politiche possibili (la mia su tutte e, essendo assessore, ne sono anche orgoglioso). Il fatto che una Regione con 1.200.000 abitanti abbia fra spese fisse e spese variabili oltre 80 milioni di euro investiti sulla cultura è una cifra veramente significativa. La stessa cosa è stata fatta in un paio di regioni del centro, l'Emilia Romagna, la Toscana, ma anche nel Piemonte, con dimensioni diverse per la libertà di manovra di bilancio; poi ci sono regioni che effettivamente hanno maggiori difficoltà, e bisogna capire come inquadrare questo aspetto.

  PRESIDENTE. Grazie al dottor Torrenti. Chiedo alla professoressa Barni di darci un approfondimento specifico sulla regione Toscana.

  MONICA BARNI, Vicepresidente e Assessore alla cultura, università e ricerca della Regione Toscana. Ringrazio anch'io il presidente per questo invito e devo dire che condivido molto il profilo razionale di questa indagine conoscitiva, in particolare l'idea che le attività culturali costruiscono comunità per la loro capacità di attivare e sviluppare percorsi identitari, rendendo vivi e operanti i princìpi ispiratori dell'articolo 9 della Costituzione. In questo senso ci siamo mossi in regione Toscana, dove abbiamo trovato un'offerta culturale molto vasta e misure diversificate di sostegno, con un fortissimo impegno, come diceva poco fa l'assessore Torrenti, da parte della regione in termini di investimenti in cultura. Abbiamo però riscontrato (questo è frutto anche della nostra storia) una minore attenzione al tema dell'accessibilità e della misurazione degli impatti dell'offerta culturale sulla comunità dei cittadini. Abbiamo citato l'articolo 9, ma vanno citati anche l'articolo 3 della Costituzione o l'articolo 4 dello Statuto della Regione Toscana che parla di accesso alla cultura come valore individuale e bisogno collettivo: quindi la cultura come motore di promozione individuale e collettiva per la partecipazione alla vita sociale.
  Abbiamo ritenuto necessari una riflessione, una ricerca, uno studio e poi la messa in atto di strumenti specifici per far sì che l'esperienza della partecipazione culturale Pag. 7 sia profonda e capace di incidere sulla vita delle persone. Già il termine «consumo culturale», termine abusato, mi sembra mettere enfasi sull'idea di cultura come uso temporaneo e quasi eccezionale, invece, se vogliamo davvero far sì che la cultura diventi motore per la partecipazione, che diventi abitudine, dobbiamo smettere di parlare di consumo.
  Cruciale è quindi la relazione che si genera o si vuole sviluppare fra individui, in particolare quelli più vulnerabili, e l'offerta culturale: bisogna fare in modo che questa sia una relazione non eccezionale, ma stabile e, per offerta culturale, intendo sia il patrimonio, sia lo spettacolo, sia le imprese culturali. Tale relazione non può essere solo di consumo e di contatto, ma deve lasciare il segno nella vita dei cittadini e quindi diventare un fatto quotidiano, non eccezionale: deve diventare un'abitudine. Solo in questo senso noi riteniamo che la cultura possa rafforzare, attraverso la partecipazione, la coesione sociale, portare a una più profonda conoscenza della propria cultura e rafforzare il senso di comunità nel pluralismo delle culture.
  Cosa stiamo facendo? Stiamo facendo fare all'Istituto per la ricerca economica della Toscana (IRPET) un'indagine che abbiamo voluto denominare Cultura e democrazia, riprendendo un bel lavoro che il Consiglio di Europa ha fatto realizzare agli artisti di Berlino guidati dal professor Anheier. In questa indagine siamo andati a vedere le caratteristiche dell'offerta, i livelli di consumo e di partecipazione in Toscana, per vedere dove si situa l'offerta culturale, quale offerta culturale esiste nella nostra regione, quali sono i livelli di accesso alla cultura. Abbiamo visto che la Toscana ha un'offerta culturale molto diffusa, alla quale talvolta non corrispondono livelli di accesso quali quelli di altri Paesi europei. Non vi voglio annoiare con i numeri, vi posso mandare i primi risultati di questa indagine, che ci sta aiutando a riequilibrare l'offerta culturale fra i centri urbani e metropolitani e le periferie, perché la Toscana è una regione ricchissima di grandi città, ma anche di piccoli borghi che, se non se non offrono manifestazioni, eventi o altre iniziative culturali, rischiano di vedere le comunità completamente non coese. Attraverso questa indagine cerchiamo quindi di riequilibrare l'offerta culturale e di rafforzare i tratti identitari; chiediamo alle istituzioni culturali che insistono sulle medesime materie di fare sistema; favoriamo le offerte culturali che sono coerenti con la vocazione culturale locale, cercando di sottolineare gli impatti educativi ed economici, e rafforzando la nostra propensione agli investimenti.
  Vi cito alcuni esempi. Chiediamo alle fondazioni partecipate o sostenute dalla Regione Toscana di collaborare: all'Orchestra regionale toscana con i teatri di tradizione, per definire e realizzare un progetto produttivo di durata triennale, coordinare i programmi e i calendari delle stagioni, sviluppare azioni sinergiche anche semplicemente di conoscenza dell'offerta verso il pubblico, al fine di promuovere una più ampia fruizione delle produzioni lirico-sinfoniche nel territorio regionale.
  Chiediamo alla Fondazione Toscana Spettacolo, che è il circuito, di riempire i teatri vuoti, specialmente quei teatri che troppo spesso, proprio perché ubicati nelle aree più periferiche, hanno maggiore difficoltà ad essere aperti. Chiediamo alla Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino di co-produrre con i teatri di tradizione a livello lirico, valorizzando giovani artisti italiani e internazionali e individuando strategie di allestimento scenico adattabili a palcoscenici diversi, anche con l'utilizzo di nuovi strumenti tecnologici. Chiediamo la messa a disposizione del coro per la stagione di lirica e concertistica del teatro di tradizione, e di coordinarsi al fine della promozione comune delle rispettive programmazioni: cioè cerchiamo di far sì che, attraverso il coordinamento e una programmazione comune, sempre di più si possa rendere accessibile la cultura, perché è solo attraverso un accesso, che deve essere di abitudine e non semplicemente occasionale, che si creano comunità più coese.
  Un ultimo esempio che voglio fare è quello delle residenze artistiche e culturali. Vogliamo diffondere un modello di intervento Pag. 8 in grado di accogliere e interpretare le esigenze di un territorio nel rispetto dell'identità e della vocazione culturale del luogo: quindi le compagnie abitano i teatri e, abitando i teatri, partecipano alla vita quasi quotidiana delle comunità, coinvolgendo bambini dalla scuola dell'infanzia fino agli adulti, per farli abituare al teatro.
  Le stesse cose facciamo con i musei e con le grandi fondazioni come Palazzo Strozzi e il Centro Pecci: cerchiamo di promuovere una programmazione che sia coordinata, anche con un biglietto congiunto, e nel caso di grandi mostre – come adesso quella del Cinquecento – chiediamo a Strozzi di costruire itinerari che mettano in luce il «fuori mostra», proprio per convincere i cittadini ad andare a vedere non solo la mostra, ma anche tutte quelle opere che sono sparse nella regione e che richiamano lo stesso tema della mostra. Grazie.

  PRESIDENTE. Chiederemo alla professoressa Barni di mandarci poi i risultati della ricerca Cultura e democrazia, quando li avranno, perché insiste su una delle problematiche che sono emerse da queste nostre audizioni. Proseguiamo con l'esperienza del Museo di Fotografia Contemporanea (Mufoco), lasciando la parola alla dottoressa Gabriella Guerci, direttrice di produzione. Nel frattempo sono arrivati altri colleghi, gli onorevoli Nicchi, Iori, Rocchi, Narduolo, Vezzali, Vacca, e Adornato.

  GABRIELLA GUERCI, Direttrice di Produzione del Museo di fotografia contemporanea (Mufoco). Buongiorno a tutti, ringrazio per l'invito, sono Gabriella Guerci e dirigo il Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo, in provincia di Milano, dalla data della sua fondazione, ossia il 2004.
  In questo momento il museo sta vivendo una fase molto interessante di rilancio grazie all'ingresso della Triennale di Milano all'interno della governance della Fondazione di partecipazione, i cui enti fondatori sono il Comune di Cinisello Balsamo e la Città metropolitana di Milano. Questo cappello mi sembrava doveroso, perché abbiamo vissuto momenti molto più critici e in questo momento stiamo rilanciando la nostra attività, e questo fa ben sperare.
  Mi preme dirvi in premessa che la fotografia è diventata bene culturale nel 1999, quindi in anni recentissimi. Quando abbiamo iniziato a parlare del museo e della costituzione del museo era il 1997: abbiamo accolto un invito dell'allora Ministro Veltroni a dare vita ad un museo di fotografia che mancava in Italia e ci siamo rivolti quindi a modelli museografici d'Oltralpe per realizzare un museo veramente contemporaneo. All'indomani della sua apertura ci siamo molto interrogati sul ruolo che questo museo doveva avere nei confronti della società: i temi della partecipazione e della relazione sono risultati prioritari per quanto riguardava il museo, soprattutto per la sua collocazione molto decentrata, perché, rispetto a città attrattive come Milano, noi eravamo in una zona periferica, Cinisello Balsamo, all'epoca anche di difficile raggiungibilità. Ciò chiamava in causa tutta una serie di strumenti necessari per entrare in dialogo con le comunità, non solo con quella degli studiosi e degli addetti ai lavori, che era una comunità internazionale, ma anche con la comunità dei cittadini.
  Abbiamo quindi avviato due registri di lavoro: da un lato abbiamo promosso una serie di progetti di public art, dall'altro abbiamo costituito un servizio educativo permanente, capace di fare attività di mediazione culturale e di dialogo costante con le comunità. Quando parlo di dialogo, intendo formazione, ma anche ascolto, perché la cosa importante per il museo era dare un ruolo di partecipazione attiva alle comunità, quindi ai cittadini e non solo. Come abbiamo svolto questo tipo di progetto? Avviando tutta una serie di iniziative attraverso il servizio educativo, rivolto sicuramente ai diversi target di pubblico, ma lavorando in maniera trasversale.
  Vi cito un piccolo progetto che stiamo avviando in questo momento, che si chiama «Me museo», di cui avete visto anche scorrere delle slide. Il centro di questo progetto è il patrimonio culturale, quindi il patrimonio fotografico del museo, che i cittadini sono chiamati ad indagare, a sperimentare, Pag. 9ad attraversare grazie alla propria esperienza e alla propria emotività, per cui parteciperanno e stanno già partecipando ad incontri tematici all'interno dell'archivio fotografico del museo e poi diventeranno essi stessi i curatori, andranno a scegliere e a selezionare delle immagini, e porteranno il loro contributo di pensiero e di idee, cioè spiegheranno perché quelle immagini li abbiano colpiti, se corrispondano ad un loro sogno, ad un loro desiderio, ad una memoria, ad un'esperienza. Queste immagini ingrandite diventeranno a rotazione un monumento pubblico di fronte al museo e, all'interno del museo, come rimando in dialogo, sarà esposta invece l'opera in originale con la sua didascalia e il suo approfondimento storico-critico. Questo significa che il museo instaura un dialogo continuo tra una lettura più emotiva, emozionale, delle immagini, che viene fatta anche dalle persone che non hanno una cultura adeguata, e un momento di formazione, cioè di educazione allo sguardo e alla lettura dell'immagine, che è fondamentale nella nostra società contemporanea che è definita la civiltà delle immagini, proprio perché in maniera vorticosa consumiamo e produciamo immagini (pensiamo a quelle che realizziamo con il cellulare, postiamo sui social, mandiamo ai nostri amici e parenti lontani solo per dimostrare che esistiamo), le manipoliamo esautorandole, con a fotografia digitale, anche di un corpo fisico. Spesso non sappiamo leggere però queste immagini, che fanno parte della nostra quotidianità, nel loro significato culturale, artistico, sociale: c'è bisogno, da un lato, di una spiegazione e, dall'altro, di un approccio accogliente, che non lasci le persone fuori dal museo.
  Al di là di questa premessa mi preme specificare che abbiamo lavorato molto con un pubblico generalmente definito dai musicologi «difficile»: i ragazzi under 20. Gli esperti concordano nel dire che è un pubblico inavvicinabile: è difficile arrivare ai giovani attraverso la scuola ed è ancor più difficile intercettarli al di fuori della scuola.
  Con i giovani under 20 abbiamo lavorato in maniera continuativa, dandoci un obiettivo molto importante, che ha dato risultati peraltro molto soddisfacenti, ma anche sorprendenti, attraverso progetti come quelli della famigerata alternanza scuola/lavoro, che adesso è diventata obbligatoria nel percorso formativo per buona pace, ma anche per disturbo, di tanti insegnanti e anche di tanti allievi che non sopportano questo tipo di destinazione. Abbiamo avviato il progetto di alternanza scuola/lavoro nel 2006 in maniera sperimentale con un liceo artistico di Milano, il liceo Boccioni, e abbiamo avuto dei risultati così soddisfacenti ed eccellenti che l'abbiamo portato avanti nel tempo, mettendo a punto un modello sicuramente aperto, ma assolutamente differente da quello che può essere considerato lo stage individuale: è un modello che parte da un'esperienza diretta nel museo, la consegna di un lavoro, il lavoro interdisciplinare con tutti i Dipartimenti del museo e la presentazione del prodotto conclusivo non solo ai compagni, ma anche ai committenti, agli insegnanti, ai genitori, al pubblico in momenti pubblici.
  Concludo velocemente, perché vorrei mostrarvi un breve video, dicendo che con i giovani spesso ci troviamo a lavorare su cose che apparentemente sono banali. Ci viene chiesto spesso dai nostri interlocutori perché non organizziamo un bel concorso fotografico per giovani su questo o un altro tema: ma siamo davvero sicuri che i giovani abbiano così tanta voglia di partecipare ai concorsi fotografici? Per noi, no, e lo abbiamo sperimentato: basta con i concorsi fotografici a tema. Scusate se sono tranchant, ma ogni volta che c'è stato fatto questo invito siamo riusciti a trasformare il concorso fotografico in un momento veramente creativo e formativo, attraverso un'attività di tutoraggio che il museo ha svolto nei confronti di gruppi di giovani specificamente individuati; per cui abbiamo realizzato per quattro anni un progetto che si chiama Identità future con 180 scuole superiori della provincia di Milano: il concorso in quel momento era solamente propedeutico, quasi un pretesto. Abbiamo chiesto di mandarci delle immagini e dei testi descrittivi sul tema dell'identità; lo hanno fatto e hanno vinto dieci classi per ciascun anno. Hanno vinto la possibilità di partecipare Pag. 10 ad un workshop della durata di sei mesi con un artista internazionale, e sono venute fuori delle cose veramente importanti sull'identità, sulla costruzione dell'identità, sull'autoritratto, sulla relazione. Abbiamo fatto seguire questi workshop anche da psicologi, perché questa è un'età problematica, in cui talvolta i soli operatori museali non riescono ad incanalare delle emozioni così forti che vengono fuori.
  Così anche con un altro progetto, The mobile city, svolto tra Milano e Toronto: un concorso fotografico con il cellulare che ci ha dato la possibilità di lavorare nei quartieri più disagiati della periferia.

  PRESIDENTE. Purtroppo, dottoressa, abbiamo pochissimo tempo: devo dire che sono molto felice di vedere che il Mufoco è in piena attività e che ha ripreso i suoi compiti istituzionali al meglio: in questa Commissione noi seguiamo le associazioni e le varie realtà in diversi momenti della loro vita, quindi vedervi adesso in piena attività credo faccia piacere a tutti noi. Le chiederemo di mandarci poi il filmato, che vedremo molto volentieri in altra occasione. Grazie, dottoressa.
  Proseguiamo con un progetto molto diverso, il progetto «Arte Sella», di cui ci parlerà Emanuele Montibeller, il direttore artistico, che è accompagnato dal dottor Giacomo Bianchi, presidente del progetto «Arte Sella».

  EMANUELE MONTIBELLER, Direttore artistico del Progetto Arte Sella. È previsto un video che vi faremo vedere. Buongiorno a tutti, onorevoli rappresentanti della Camera.
  «Arte Sella» si trova in Trentino-Alto Adige e si occupa del rapporto di arte e natura in un paesaggio a nostro avviso eccezionale. Proprio oggi o domani credo ci siano gli Stati generali sul paesaggio qui a Roma.
  La nostra missione è far capire a tutti i territori che oggi è tempo di rivalorizzare i nostri territori e che il nostro futuro dipende molto dalla lettura e dall'innovazione che noi possiamo produrre nei nostri territori, nella diversità. Il fatto identificativo che noi proviamo, attraverso l'esperienza quotidiana del vivere, deve diventare una sorta di rinnovamento dell'Italia tutta. Scusatemi se vi parlo della nazione, ma crediamo che sia fondamentale avere una visione nazionale ed internazionale quando si costruisce un progetto culturale.
  «Arte Sella» nasce nel 1986. Non è un caso che siamo nati in quel periodo: nel 1986 succede una cosa che ha cambiato culturalmente tutti noi, la catastrofe di Chernobyl. Negli anni ’80 la questione ambientale è diventata una questione sociale e culturale molto importante. Siamo la prima generazione che non ha più un rapporto così continuo con l'infinito, e mi spiego: siamo la generazione che pensa e che vive quotidianamente il fatto che questo pianeta non possa sopravvivere alla nostra esistenza oggi. Dopo gli anni ’80 abbiamo un rapporto con la questione ambientale che è completamente diverso.
  Noi ci occupiamo di arte e natura e di contemporaneo, un aspetto molto importante, ma anche elitario della cultura. Abbiamo cercato di renderlo popolare e fruibile ad un pubblico sempre più vasto, traducendo l'esigenza di stare accanto alla natura e accanto alla bellezza attraverso la creatività degli artisti. Non è nulla di nuovo: è stato fatto nel Rinascimento e anche prima. Grazie al nostro intervento, in Italia Arte e natura è nata nel 1986, con l'editore Mazzotta e con il critico Vittorio Fagone; è nato questo nuovo approccio che è figlio della Land Art americana, ma che prende in considerazione il fatto che tutto quello che abbiamo in Europa è stato vissuto e che il nostro territorio, il nostro paesaggio è una dimensione completamente diversa, dove il fattore umano ha fatto la diversità.
  Oggi siamo un'associazione permanente, perché la questione culturale non può essere risolta con i festival, ma è la permanenza dell'operatore culturale che deve esserci nel proprio territorio e nei territori. Abbiamo cominciato quasi per scherzo e oggi siamo una realtà economica, culturale e sociale molto importante. Molti ci dicono che siamo fortunati perché in provincia autonoma di Trento abbiamo le risorse, ma mi dispiace deludervi: non è così per noi. Pag. 11Abbiamo un bilancio che per l'85 per cento, come attestano i documenti che vi abbiamo mandato, è opera nostra: siamo sopra tutti gli standard europei con i quali ci confrontiamo quotidianamente; l'apporto pubblico è del solo 15 per cento, che orgogliosamente vogliamo si riduca al 5 per cento. Vogliamo che il rapporto con il pubblico non sia solo una questione economica, ma sia soprattutto una questione culturale e di sviluppo.
  Oggi abbiamo circa 100.000 visitatori in una piccola valle, peraltro dove lo statista De Gasperi visse e morì. Credo che quel paesaggio in qualche maniera abbia condizionato l'idea di Europa di Alcide De Gasperi, per cui ha un valore ancora maggiore per noi. Oggi diamo lavoro a 40-45 persone: siamo diventati un'impresa culturale vera e propria; orgogliosamente pensiamo di essere un modello per altri territori e ci viene spesso chiesto di operare in altri territori, al sud e anche al nord.
  Ringraziandovi per la vostra attenzione, credo che le buone pratiche della cultura debbano essere ricercate soprattutto nei cittadini, dando loro fiducia nei propri territori, e accettare il fatto che mettano in discussione i propri territori anche con linguaggi molto lontani da quel territorio stesso, ma che oggi devono avere quella contemporaneità e quella ricerca che è fondamentale per la nostra nazione e per l'innovazione culturale del nostro Paese.

(Segue proiezione video)

  EMANUELE MONTIBELLER, Direttore artistico del Progetto Arte Sella. Tutte queste opere sono biodegradabili, scompariranno perché il patrimonio più importante che possiamo lasciare alle generazioni future è lo spazio per potersi esprimere. Questa è la nostra filosofia, non il possesso, ma la loro vivibilità. Crediamo che sia un messaggio importante per tutti noi. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente, andremo a vedere Arte Sella, visto che si tratta di 60 opere biodegradabili sul territorio.
  Continuiamo con un'altra realtà particolarmente virtuosa, che è l'Associazione Presìdi del libro. Sono con noi la presidente, dottoressa Anna Maria Montinaro, e la dottoressa Ines Pierucci, coordinatrice. Prego, presidente.

  ANNA MARIA MONTINARO, Presidente dell'Associazione Presìdi del libro. Buongiorno a tutti, grazie mille, presidente, per l'invito rivolto all'associazione Presìdi del libro, pugliese, che io qui rappresento insieme alla coordinatrice nazionale.
  I Presìdi del libro nascono nel 2001 come idea di promozione del libro dal basso grazie ad un'intuizione del dottor Giuseppe Laterza. L'associazione vera e propria invece è costituita nel 2002 con otto editori pugliesi, che vi cito tutti perché sono gli ideatori di questo bellissimo progetto: Adda, Besa, Cacucci, Dedalo, Grafis, Editori Laterza, Manni e Progedit.
  Che cosa sono i Presìdi? Sono gruppi di lettori non formalmente definiti che costituiscono una rete territoriale flessibile ed informale, fondata sul volontariato, che è l'elemento importante di questa associazione. Attraverso i gruppi di lettura si incrementa la promozione culturale: questo è il punto di partenza che ha permesso in quindici anni di attività l'ampliamento progressivo della rete che ancora oggi è in significativa espansione. Attualmente i Presìdi in Puglia sono oltre 60 e non sono semplici attrattori, ma, al contrario, sono ormai attivatori di processi di innovazione culturale e sociale, di coinvolgimento attivo della comunità e di messa in rete di energie, luoghi ed esperienze.
  Come lavorano Presìdi, con quali risorse? La regione Puglia è socia dell'Associazione Presìdi del libro, per cui c'è una quota di adesione da parte della regione e un contributo in termini economici che la regione eroga per sviluppare il nostro progetto di promozione della lettura. Se però fosse soltanto questo, non potremmo svolgere tutto il lavoro, perché lo facciamo 365 giorni l'anno, quindi non soltanto in un periodo ben definito, e lo portiamo avanti grazie al contributo di enti locali, di sponsor privati, ma, soprattutto, grazie al volontariato. Ogni responsabile di questo gruppo di lettura, che si chiama responsabile o referente, mette al servizio tempo, Pag. 12competenze e professionalità che non possiamo quantificare economicamente.
  Come dicevo, il nostro lavoro si svolge 365 giorni l'anno, in qualsiasi contesto e in qualsiasi contenitore. In particolare, per quanto riguarda le scuole, l'intenso lavoro svolto in collaborazione con gli istituti scolastici di ogni ordine e grado e le crescenti richieste di collaborazione per l'alternanza scuola/lavoro hanno determinato la necessità di sottoscrivere un protocollo d'intesa con l'Ufficio scolastico regionale e l'Assessorato all'Istruzione e formazione della Regione Puglia. Questa iniziativa mira ad accrescere nelle nuove generazioni la consapevolezza dell'importanza della lettura e dei saperi come strumenti utili alla conoscenza, alla libertà e al proprio futuro, in un'ottica di cittadinanza consapevole ma anche e soprattutto di opportunità professionale.
  Oltre a istituzionalizzare e regolamentare la collaborazione tra Presìdi del libro e istituzioni scolastiche, sono in via di definizione le linee programmatiche per la costituzione della prima accademia nel Mezzogiorno delle figure professionali che ruotano attorno al mondo del libro, perché parlare di editoria significa parlare di una filiera produttiva, con molte professionalità coinvolte. Inoltre, in condivisione con l'Assessorato all'istruzione e alla formazione e all'Ufficio scolastico regionale, l'associazione intende proporre l'inserimento tra le materie scolastiche della disciplina di educazione alla lettura, quale strumento di tutela del benessere economico presente e futuro.
  Il nostro progetto di promozione della lettura non si sviluppa soltanto all'interno delle scuole o all'interno delle classiche presentazioni, ma ne sperimentiamo di nuove e da qui nasce il protocollo d'intesa firmato con il provveditorato dell'amministrazione penitenziaria regionale di Puglia e Basilicata. L'obiettivo primario è quello di garantire ai detenuti un accesso ampio e qualificato alla conoscenza, all'informazione e alla cultura in generale, con particolare riferimento alla promozione della legalità. Ci si prefigge fondamentalmente lo scopo di avvicinare il mondo carcerario alla società esterna o cosiddetta «civile» e incoraggiare nei detenuti un risveglio di consapevolezza attraverso la lettura, la scrittura creativa e altre forme di comunicazione. Abbiamo scelto per questo progetto un titolo evocativo: «Parole senza barriere». Si sviluppa negli undici istituti penitenziari presenti in Puglia e, al momento, consta di quattro cosiddetti «sottoprogetti», ognuno dei quali mira a un obiettivo specifico. Uno, realizzato in collaborazione con l'ASL di Bari, che coinvolge tre istituti penitenziari pugliesi, mira al benessere psicofisico. Non scendo nel dettaglio, ma semmai, se qualcuno volesse sapere, sono disponibile. Il secondo è realizzato grazie al contributo di uno sponsor privato, la Granoro nello specifico, e mira alla formazione di nuove figure professionali. Un altro invece è realizzato, grazie al contributo della Confindustria BAT (Barletta Andria Trani), in un istituto penitenziario femminile, la cui popolazione carceraria è formata prevalentemente da straniere e mira all'integrazione fra queste ultime.
  Un elemento di forza dei Presìdi del libro è sicuramente la rete. Il progetto è stato adottato sin dalla nascita dell'associazione da oltre 50 realtà fuori dalla Puglia. Si tratta di un particolare non irrilevante, che consideriamo alla stregua di un'attestazione di stima nei confronti del lavoro che svolgiamo, soprattutto perché disinteressato, in quanto esclude totalmente motivazioni economiche sottostanti. Infatti, noi utilizziamo il contributo della regione soltanto all'interno dei confini regionali, per cui tutti i presìdi costituiti all'esterno della regione Puglia sposano semplicemente il nostro progetto. È diventato – passatemi questo termine – quasi un marchio di qualità o un franchising, se vogliamo esagerare.
  Oltre a estendersi a livello nazionale, i presìdi intendono ampliare le proprie attività a livello europeo e intercontinentale. Le richieste di costituzione di nuovi presìdi da Berlino, Barcellona, Londra e Stati Uniti d'America giungono da scrittori pugliesi che hanno lasciato il loro paese d'origine, come peraltro tanti altri italiani, e si trasformano in ambasciatori della nostra cultura Pag. 13 all'estero. Quando dico «nostra» non mi riferisco soltanto alla cultura pugliese, tutt'altro.
  Inoltre, l'associazione ha partecipato per la prima volta al bando europeo «Interreg Grecia-Italia», al fine di sviluppare rapporti culturali transfrontalieri. In definitiva, l'associazione è in continuo divenire, si reinventa e si apre a nuove iniziative e nuovi progetti di collaborazione e contaminazione con altre realtà in senso verticale e orizzontale.
  A questo punto, vi chiederete come mai, nonostante tutto questo lavoro, la Puglia, secondo i dati Istat, risulta quasi fanalino di coda quanto agli indici di consumi culturali e in particolare riguardo alla lettura.
  Come ha scritto Carlo Azeglio Ciampi, a proposito della nostra associazione, l'esperienza dei presìdi conferma la validità del metodo seguito: il confronto intellettuale tra i lettori e l'impegno a sviluppare rapporti di collaborazione e sinergia tra le istituzioni pubbliche, le associazioni private e i mezzi di comunicazione. Mi permetto di aggiungere che siamo l'anello di congiunzione tra tutte queste realtà. A supporto di quanto ho appena detto, vorrei evidenziare un dato che ci incoraggia a proseguire per la strada intrapresa. Il CEPELL (Centro per il libro e la lettura), ad aprile 2017, ha pubblicato l'elenco dei comuni che entrano a far parte delle cosiddette «città che leggono» e che hanno dimostrato di possedere una serie di requisiti. Non vi elenco tutti i requisiti. Ce n'è uno in particolare, che a noi interessa forse più degli altri: l'esistenza di iniziative congiunte di promozione della lettura tra biblioteche, scuole, librerie e associazioni. Di tutti i requisiti, secondo il CEPELL, sono in possesso 363 comuni italiani. Di questi ultimi, 54 sono i comuni in cui opera l'associazione, quindi il 15 per cento di tutte le città italiane che leggono è costituito dalla rete dei Presìdi del libro.
  Vi ringrazio per l'ascolto. A questo punto passerei la parola alla coordinatrice, perché vi può dare delle informazioni più tecniche, la dottoressa Ines Pierucci.

  PRESIDENTE. Abbiamo pochissimo tempo, quindi chiedo alla dottoressa Pierucci di essere sintetica, perché altrimenti non abbiamo tempo per un minimo di dibattito.

  INES PIERUCCI, Coordinatrice dell'Associazione Presìdi del libro. Grazie a tutte e a tutti. Come accennato dalla presidente Anna Maria Montinaro, l'associazione Presìdi del libro, con sede a Bari presso la Biblioteca provinciale per la cultura e per le arti De Gemmis, opera capillarmente su tutto il territorio regionale pugliese, riconoscendo ogni anno nuovi presìdi, con particolare attenzione a quelle che sono considerate le realtà periferiche. Dunque, come ha già descritto la presidente Anna Maria Montinaro, sono 60 in Puglia e 50 fuori dalla regione. In Italia le regioni sono tantissime, 16 (con la regione Puglia 17), dall'Abruzzo al Trentino Alto Adige, dal Veneto all'Emilia Romagna, dalla Lombardia alle Marche (le trovate nelle memorie).
  Ogni giorno arrivano tantissime richieste, tra cui l'ultima da Matera (i dati sono contenuti nelle memorie), in particolare dalle province della regione Puglia, che vanno dall'area vasta di Bari a quella di Lecce e Taranto, in via proporzionale territoriale, a Brindisi, Foggia e BAT. I presìdi sono in tutto 111 tra quelli di cui parlavamo in Puglia e quelli fuori regione. Sono frequentati da un pubblico abbastanza eterogeneo per le varie collaborazioni, grazie alle tante attività con le scuole, dalle generazioni degli studenti di scuole di ogni ordine e grado fino alle generazioni un po’ più adulte.
  Il cuore pulsante dell'attività dei presìdi è costituito dai progetti tematici. Ogni presidio, infatti, ha un tema che sceglie di svolgere durante tutto il corso dell'anno e che connota la sua missione sia in termini di contenuto sia come processo sociale a cui si vuol mirare. Parallelamente ai progetti tematici ci sono tantissime altre iniziative organizzate dall'associazione mettendo in rete tutti i 100 presìdi menzionati, tra cui il mese della memoria tra gennaio e febbraio, a partire dai temi della shoah per includere gli altri genocidi e le stragi, soprattutto nelle ultime edizioni del mese della memoria. Ci sono inoltre il premio Presìdi del libro, che inizia a novembre e si Pag. 14conclude nella primavera dell'anno successivo, e la Festa dei lettori a fine settembre di ogni anno.
  Tra le tante iniziative, tutte inserite nelle memorie, ci sono anche sei festival, che è importante sottolineare, inclusi nell'attività dell'associazione: L'Étranger film festival a Gioia del Colle su cinema e letteratura, il «Festival dei piccoli lettori» sulla letteratura per ragazzi, «Lectorinfabula» a Conversano su politica e letteratura, «Libri da amare» a Bisceglie, rassegna letteraria tematica, «Libroscopio» sulla divulgazione scientifica e «Manuscripta».
  Mi soffermerò qualche minuto soltanto su «Manuscripta», che nasce dalla scommessa di avvicinare le nuove generazioni alla lettura in generale ed è una «quattro giorni», dove si alternano workshop, interventi e presentazioni di libri. Ci teniamo a sottolineare che in questa seconda edizione c'è stata una mostra, una chiamata alle arti di 100 disegnatori per 100 tavole per combattere l'Ilva a suon di matita. Il siderurgico più importante d'Europa, oggetto di tutte le cronache, ma al centro della vita delle famiglie tarantine, è stato rappresentato da 100 disegnatori nella mostra dal titolo «Ilvarum Yaga». Sono tanti i nomi dei disegnatori. La mostra si chiama «Ilvarum Yaga» (la strega rossa) perché, come è noto a tutti, le polveri sottili dell'Ilva spesso si depositano sul ciglio della strada adiacente al siderurgico e sono di colore rosso.
  Dunque, per tornare infine a parlare del nostro lavoro, innumerevoli sono le attestazioni degli autori nazionali e internazionali ospiti dei presìdi, che esprimono ai propri uffici stampa lusinghieri apprezzamenti per i seguenti motivi: qualità del pubblico dei lettori, cura nell'organizzazione degli incontri, attività di promozione della lettura e rapporto costante con il territorio.
  Per tutti i dettagli, «presidi.org» è il nostro sito.

  PRESIDENTE. Grazie. Naturalmente mi dispiace dover bloccare gli interventi appassionati di chi viene come ospite della nostra Commissione, ma voi avete capito che è essenziale consentire un minimo di dibattito.
  Abbiamo ancora due esperienze: CETRI-TIRES, con Antonio Rancati, esperto di didattica sostenibile, a cui do subito la parola, e poi CoopCulture.

  ANTONIO RANCATI, Esperto di didattica sostenibile del Cetri-Tires (Circolo europeo per la terza rivoluzione industriale). Grazie dell'invito e buongiorno a tutti. Il nostro centro studi è noto in Europa, perché siamo la fondazione di riferimento del professor Jeremy Rifkin, che tutti conoscete per la terza rivoluzione industriale o per un termine molto più comune, che è la rivoluzione della green economy.
  La nostra attività si sviluppa nell'ambito delle scuole di ogni ordine e grado, a partire dai bambini più piccoli. Vedrete con quali iniziative. Ho portato alcuni video, che ho già lasciato alla vostra Commissione, quindi, se non ci fosse la possibilità di vederli tutti, avrete modo di farlo. Sono anche elencati all'interno delle slide. Operiamo anche nelle scuole superiori, dove investiamo molto tempo sulle quarte e quinte superiori, perché l'orientamento scuola-lavoro è un momento molto critico di passaggio. Ci siamo passati tutti noi e a quell'età (diciassette-diciotto anni) avevamo altro da fare che stare pensare a cosa succederà da qui al 2050. Io, nel 2050, magari non ci sarò più, avrò forse 82 anni, però mi sto dedicando da dieci anni a questa parte a fare in modo che le nuove generazioni vivano in un mondo molto più pulito di quello che la nostra generazione di quaranta-cinquantenni gli sta lasciando.
  Non vi sto a leggere tutte le slide, perché già le avete. Dal 2010 il professore, oltre a fare incontri con enti governativi – è stato anche qui da voi, nella Sala della lupa, ospite del presidente della Camera – è venuto spesso in Italia come consulente per alcuni governi e alcuni ministri italiani.
  Dal 2010 abbiamo iniziato con lui a fare la promozione della terza rivoluzione industriale. Era abituato a parlare, a fare lectio magistralis in ambito accademico e a livello governativo, quindi questa è stata la prima volta in cui lo abbiamo fatto incontrare con le varie generazioni, di quattro, Pag. 15sei, dieci e dodici anni. Questo ci ha dato grandi gratificazioni, tanto che nel 2011, quando ha steso il libro «La terza rivoluzione industriale», ha dedicato il settimo capitolo proprio a noi, cioè a come vede il futuro dell'istruzione da qui al 2020, al 2030 e al 2050.
  Questa è una lettera di vivi apprezzamenti da parte del presidente onorario della Repubblica italiana. Siamo stati anche ricevuti con alcuni dei nostri professori. Questo è un bellissimo evento a Palazzo Chigi, ovvero l'inaugurazione dell'anno scolastico (dovrebbe essere quello del 2013). Qui vedete quando facciamo gli incontri nelle varie scuole.
  Noi facciamo educazione ambientale, quindi in questo momento stiamo qua a chiedervi come Commissione, anche se siete a fine legislatura – forse potrà avvenire nella prossima legislatura – la possibilità di introdurre negli ambiti scolastici l'educazione ambientale, ma non come materia singola, come possono essere storia o geografia. Noi la proponiamo come nel settimo capitolo del libro, cioè trasversale. È un po’ come la rivoluzione scolastica che sta avvenendo in Finlandia, dove non si studia più per materie, ma si studia per argomenti. Noi siamo convinti che da qui a dieci o quindici anni anche in Italia studieremo per argomenti. L'argomento che in questo momento noi stiamo promuovendo con la terza rivoluzione industriale è proprio l'educazione della biosfera.
  Questo è uno dei progetti realizzato con gli studenti: è un modulo di 60 metri quadri. Vi sembrerà strano, ma è stato costruito da studenti di quarta e quinta superiore dell'Istituto Rondani di Parma. Logicamente abbiamo avuto il benestare del comune, perché questa è la piazza principale di Parma. Chi di voi è stato a Parma sa che dalla stazione, andando nella piazza del municipio, si arriva a piazzale della Pace. L'abbiamo tenuto lì per sei mesi e ci abbiamo fatto 356 eventi con tutta la cittadinanza, senza nessun colore, senza nessuna appartenenza. Qualsiasi cittadino o qualsiasi associazione poteva organizzare un evento all'interno dei nostri 60 metri quadri ed era benvenuto. La collocazione definitiva sarà in un parco cittadino, Parco Testori, dove rimarrà sempre con questo utilizzo no profit. Questo progetto è stato premiato direttamente dalle mani dell'attuale presidente del Senato. Questi sono alcuni articoli di giornale sul taglio del nastro con il sindaco e il vescovo. Era entusiasta anche il vescovo; doveva stare lì pochi minuti, invece si è trattenuto due ore, perché è stato contentissimo di scoprire che era stato realizzato da ragazzi. Queste sono alcune delle certificazioni che abbiamo (sono nove certificati nazionali), ma non ve le sto a elencare tutte, altrimenti sembra che ci autocelebriamo.
  Abbiamo ospitato anche 21 o 24 eventi del Festival dello sviluppo sostenibile che si è svolto quest'anno a giugno.
  Noi siamo toscani e stiamo realizzando tutta la parte di educational del futuro parco di divertimenti indoor in Toscana. Forse ci siamo anche incontrati con qualcuno di voi, se avete partecipato alle nostre varie iniziative. Ci siamo posti come obiettivo il 2020. Abbiamo intenzione di unire il divertimento e l'educazione, cioè di fare quello che già facciamo 365 giorni all'anno. Abbiamo già una collocazione fantastica appena entrati dentro Collodi, una frazione che prende il nome dallo scrittore di Pinocchio. Mi auguro nel 2020 di vedervi, forse con le vostre famiglie, con i vostri amici, con tutte le vostre conoscenze: in Toscana si sta molto bene. Questi sono i vari personaggi. Qui è quando abbiamo presentato Pinocchio. Poi glielo regalo, presidente! È sempre difficile regalare Pinocchio a un politico; però abbiamo un altro simbolo, quello del Grillo parlante, con le ali fotovoltaiche e, quindi, è divertente per quello!

  PRESIDENTE(fuori microfono). Va bene Pinocchio e va bene il Grillo parlante.

  ANTONIO RANCATI, Esperto di didattica sostenibile del Cetri-Tires (Circolo europeo per la terza rivoluzione industriale). L'abbiamo regalato anche al portavoce del Papa. Abbiamo scelto il Grillo parlante perché, come sapete, è una coscienza critica e in questo caso sarebbe ambientale. In Pag. 16questi giorni l'abbiamo regalato anche a Oscar Farinetti, perché nella terza rivoluzione industriale siamo legati al concetto di fare emergere anche l'aspetto culturale. Mi accingo a concludere. Vi mostro solo il video del nostro professore. Per quanto riguarda gli altri video, avrete occasione di vederli quando più vi aggrada.

  (Segue proiezione video).

  PRESIDENTE. È evidente che avete anche una serie di progetti internazionali.
  Do la parola alla dottoressa Giovanna Barni, presidente di CoopCulture, accompagnata dal dottor Calari, presidente di CulTurMedia-Legacoop.

  GIOVANNA BARNI, Presidente di CoopCulture. Buongiorno. Anch'io voglio ringraziare la presidente della Commissione cultura per questo invito. A mio parere, non si poteva parlare approfonditamente del tema delle buone pratiche e lasciare da parte l'esperienza della cooperazione in questo settore. Lo dico per diversi motivi. Il primo è che dietro a molte delle cose citate dalle regioni, sia nelle audizioni precedenti, sia questa mattina, ci sono le persone e spesso queste persone sono organizzate in forma cooperativa. È la cooperazione che garantisce a queste esperienze, che sono qui definite «buone pratiche», continuità e radicamento nei territori. Infatti, la cooperazione è stata indicata, non da me ma dal segretario generale dell'ONU, lo scorso anno, in occasione della Giornata internazionale delle cooperative, come uno dei motori principali dello sviluppo sostenibile.
  Quando la cooperazione si occupa di cultura, lo fa mettendo al centro le persone, promuovendo il lavoro qualificato e lo sviluppo dei territori, perché le cooperative non sono scalabili e non sono delocalizzabili e, quindi, promuovono la crescita del territorio stesso e coinvolgono le comunità. A ciò si aggiunge il fatto che i soci della cooperativa, abituati a una pratica educativa continua e alle pratiche democratiche, sono consumatori essi stessi di cultura.
  L'ultimo fattore è che la cooperazione ha dei numeri importantissimi in questo settore. Sono oltre 1.600 le cooperative che operano in oltre 800 luoghi della cultura e vengono in contatto con decine di milioni di utenti ogni giorno. Sono quel quotidiano che spesso si tende a dimenticare. Per la sopravvivenza di questo quotidiano, cioè per la sopravvivenza di una cooperativa, così come di molte altre imprese culturali, il tema dell'accessibilità non è certamente un orpello, ma è una questione fondamentale. Se non ci fosse la domanda culturale, le cooperative, che quasi mai sono sostenute da finanziamenti pubblici, scomparirebbero e, con esse, anche il lavoro di 15.000 persone. Circa il 46 per cento degli occupati in questo settore sono in forma cooperativa.
  È per questo motivo, per approfondire meglio se avrete delle curiosità, che sono accompagnata da Roberto Calari, il presidente di CulTurMedia; quindi a qualsiasi domanda sul settore trasversale che associa cooperative nell'ambito dei musei, dei monumenti, dell'editoria, del patrimonio culturale, della musica, dello spettacolo e del cinema, lui potrà rispondere meglio.
  Io sono vicepresidente di CulTurMedia, ma nello stesso tempo, da molti anni, sono fondatrice di una delle prime cooperative culturali in Italia e posso dire che nell'ampio settore della cooperazione siamo considerati una delle esperienze più compiute, se non altro per il numero di soci e per il numero di operatori che lavorano in CoopCulture, il 73 per cento dei quali sono donne e l'81 per cento sono impiegati a tempo determinato. Sono numeri che abbiamo potuto rendicontare e rendicontiamo ogni anno nel rapporto di sostenibilità, che lo scorso anno abbiamo presentato anche presso la Commissione cultura della Comunità europea. Spero di aver dato un contributo al lavoro intenso che questa Commissione sta facendo per la promozione dell'industria culturale e creativa, per quell'accezione che in Europa molto spesso sembra favorire più il termine «industria» che quello «impresa», che è quello che invece a noi piace molto. Pag. 17
  Perché cito il rapporto di sostenibilità? Quando si parla di buone pratiche, ovviamente tutti gli operatori culturali tendono a ritenersi una buona pratica, ma non siamo noi a dover giudicare la buona pratica. Chi deve giudicare la buona pratica è il destinatario dei valori che la cultura vuole diffondere. Se questi valori non sono soltanto valori culturali, ma sono anche valori economici, sono anche un'opportunità di lavoro dignitoso, sono anche opportunità di creare dei network e, quindi, di essere motore di una filiera molto più ampia – immaginiamo che cosa si può muovere se un patrimonio culturale viene gestito, viene fruito, è dotato di servizi – muovono una filiera molto più ampia nei territori, che è quella dell'artigianato, della musica, dello spettacolo, del turismo. Di conseguenza, il valore in sé della cultura naturalmente deve essere tutelato per le generazioni future, ma, se questo valore viene gestito in forma cooperativa, probabilmente la sua diffusione si può estendere a una scala più ampia, toccando molti più interlocutori.
  Per questo motivo, mi sembrava significativo il caso della nostra gestione ventennale dei musei ebraici di Venezia. Immaginiamo quanto è importante per la comunità ebraica di Venezia tutelare la propria identità culturale, ma nello stesso tempo quanto è importante diffonderla. Anche in questo caso, stiamo parlando di ragioni di sopravvivenza. La nostra collaborazione con la comunità ebraica di Venezia inizia venti anni fa e non è un'esternalizzazione di servizi, quella che tante volte, anche in questa Commissione, è stata in parte criticata, ma una co-gestione di un bene culturale fra una cooperativa radicata nel territorio e la stessa comunità ebraica. Questa co-progettazione e cogestione negli anni hanno portato all'apertura di un museo che prima non esisteva, all'attivazione di servizi sempre più vasti per garantire l'accessibilità di cui abbiamo parlato a una domanda diversificata, alla creazione di spazi per il pubblico, alla diversificazione delle modalità di visita, alla conoscenza e al rispetto della comunità ebraica in una città dove spesso il turista è molto distratto dalla storia che sta vivendo.
  Quello che mi sembra ancora più significativo è la capacità di portare nel territorio, nella comunità, nella città i valori culturali. Pian piano, non solo è rinato il museo, ma sono rinati anche le botteghe, i forni kosher, le gallerie d'arte. Lo stesso museo è diventato un punto di ritrovo per artisti e scrittori. Vi invito davvero a fare un giro al ghetto, che fino a vent'anni fa era quasi completamente spopolato e oggi è rinato e ha ritrovato intorno a questa vocazione culturale identitaria, non solo una ragione di esistenza, ma anche una ragione di auto-promozione.
  Aggiungo solo una cosa. Il network si estende alle università, con cui sperimentiamo ricerche e innovazioni anche in ambito tecnologico per nuovi sistemi di fruizione; si estende alle istituzioni cittadine e anche al mondo del turismo, che a Venezia, come sappiamo, guarda soprattutto ai numeri. Prova ne è che da qualche tempo finalmente c'è uno stallo di gondole al ghetto di Venezia, segno che si sono mosse negli anni molte cose. Infatti, i visitatori sono cresciuti, passando da poche decine di migliaia a quasi 100.000. Come ho detto, però, mi sembrano molto più significativi, rispetto al numero dei visitatori, tutti gli altri impatti sociali e culturali che la cogestione dei musei ebraici ha comportato.
  Peraltro, questo modello di Venezia si sta espandendo anche ad altri musei ebraici e ad altri territori. Stanno nascendo altre cooperative che insieme a noi possono costruire la rete dei musei ebraici italiani. Mi sembra un fattore importante, visto che l'itinerario ebraico è uno di quelli iscritti fra i percorsi europei. Una volta tanto, può essere l'Italia a fare da volano.
  Chiudo dicendo che questa esperienza non deve rimanere eccezionale. Vi ho lasciato una memoria, perché molte sono le cose che in questo breve tempo ho dovuto trascurare ma che mi sembrano significative per rendicontare un impatto che si espande su una scala spaziale e su una scala temporale. È quello il compito che tutti noi auspichiamo dalla valorizzazione della cultura. Pag. 18
  Tuttavia, non sempre viviamo in Trentino, non tanto per i finanziamenti pubblici quanto per il contesto in cui l'impresa culturale opera in Trentino, un contesto quasi irripetibile in moltissime regioni italiane. Quello che voglio dire è che ci sono state delle condizioni ed è utile e opportuno che queste condizioni abilitanti, quando si parla di diffusione di buone pratiche nella cultura, siano tenute in considerazione. La prima è la chiarezza degli indirizzi strategici e degli obiettivi che ci ha dato la comunità ebraica, ma nello stesso tempo il rapporto di fiducia che si è instaurato tra i diversi attori. Il rapporto di fiducia è auspicato dalla Convenzione di Faro, ma è poco praticato in Italia. Sono ancora pochi gli spazi dati tra pubblico e privato per negoziare una co-progettazione e una co-gestione dell'immenso patrimonio culturale, che spesso è anche abbandonato. Sono necessari condizioni abilitanti e un riconoscimento, come quello della disciplina che sta portando avanti, ma probabilmente anche misure di sostegno e di promozione, laddove il nostro settore si avvicina a quello dell'impresa sociale. Da qui si possono aprire interessanti opportunità anche per l'impresa culturale. Ripeto che queste condizioni abilitanti sono presenti nelle norme – quindi, non è un lavoro normativo a cui mi appello – ma probabilmente oggi sono ancora poco praticate.
  Credo che il caso di Venezia, che non deve rimanere un'eccezione, possa far riflettere gli amministratori locali su quante e quali sarebbero le opportunità in un futuro rapporto di partenariato che nasce su un nuovo rapporto di fiducia reciproca.
  Naturalmente il dottor Calari è a disposizione per altre informazioni sull'ampio settore cooperativo.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente. Se i colleghi avranno richieste specifiche utilizzeremo le sue competenze. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LUISA BOSSA. Al dottor Torrenti voglio dire che scriverò subito alla regione Campania per sollecitare la presenza al tavolo della Conferenza delle regioni relativamente alla cultura. Dicevo prima, interrompendo – e chiedo scusa per questo – che Napoli brucia 200 iniziative culturali del giorno. Immagino che ci sarà qualche buona pratica.
  Al dottor Montibeller, che in qualche maniera ha già risposto quando ha preso la parola, vorrei chiedere quali sono i materiali usati. Lei ha detto che sono quelli riciclabili. Io credo che il nostro museo sia un museo vivente. È una specie di ossimoro questo museo vivente, perché si pensa che il museo sia una cosa immobile, codificata; magari qualche volta ci metti una tela o un vaso in più, ma non è che sposti tantissimo. È una bella cosa, soprattutto perché è uno dei princìpi cardine che ispirano l'attività. Io non ne sapevo nulla, benché vada ogni anno in Val di Fassa, lo ignoravo. Lo dico con molta umiltà. L'artista non è il protagonista assoluto dell'opera d'arte, ma accetta che sia la natura a completare la sua opera. È una cosa bellissima. Ricordo – ero molto giovane – quando provarono a fare le strade in Amazzonia e non ci riuscirono mai perché la natura occupava immediatamente l'asfalto.
  Alla dottoressa Montinaro chiedo se possiamo sapere quali sono le altre 50 realtà di Presìdi del libro di cui ha parlato, perché non li ho trovati nella memoria. Forse l'ho vista troppo velocemente.

  GIORGIO LAINATI. Voglio innanzitutto ringraziare la presidente, l'onorevole Piccoli Nardelli, per l'elevato livello e la qualità dei nostri ospiti di oggi. Li ringrazio tutti per il loro intervento. Voglio anche ringraziare gli uffici, che hanno fatto un lavoro straordinario, perché c'è un'esaltazione delle immagini. Voi avete fornito delle belle pubblicazioni, ma non possiamo non sottolineare la bellezza delle immagini, oltre a quelle che abbiamo visto. Lo dico a lei, presidente. Quando vedete queste immagini di «Arte Sella», non credo che ci sia altro da dire. Sono di una bellezza straordinaria, quindi avete i miei e i nostri vivissimi complimenti per quello che fate, che avete fatto e che continuerete a fare. I nostri complimenti vanno anche a tutti gli assessori alla cultura e alle personalità che Pag. 19hanno illustrato in modo molto chiaro il proprio lavoro.
  In modo molto più semplice, gentili ospiti, vorrei ricordare a me stesso, ma anche alla presidente e al consigliere che era con noi, che abbiamo fatto una splendida missione per valutare le condizioni del mondo culturale, non solo in Campania. Qualche mese fa siamo stati a Caserta, ovviamente a visitare la Reggia e siamo stati a Napoli a vedere le meravigliose realtà culturali che accompagnano quella splendida città, ma anche quelle drammatiche. Ricordo una di queste, rivolgendomi in particolare alla presidente e alla coordinatrice dell'associazione Presìdi del libro. Siamo andati al carcere minorile di Nisida. Lei faceva riferimento a delle ipotesi sinergiche. Chi va a visitare un luogo come quello, al di là della collocazione fisica, che è spettacolare perché c'è il mare di Napoli davanti, vede un posto allucinante. Il direttore, come ricorderete tutti, è un personaggio straordinario, che si impegna per riscattare i minorenni che sono lì. Uno dei punti cardine del tentativo culturale di emancipazione culturale di quei ragazzi sta proprio nel tentativo di allestire una biblioteca. Noi abbiamo cercato di dare una mano, ma la verità è che mancano tantissimi libri; quindi lancio questo appello in occasione della vostra importante visita in Commissione cultura: sappiate che lì hanno fame di libri e, se avrete modo di creare con quella piccola biblioteca del carcere minorile di Napoli una sinergia, noi ve ne saremo grati.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Lainati, anche per aver ricollegato una visita che la Commissione ha fatto a un'emergenza e a un'attenzione alla lettura che emerge da tutte le nostre audizioni.

  MANUELA GHIZZONI. Ringrazio tutti i nostri ospiti. Ho un'unica domanda, che vorrei rivolgere ai decisori politici, anche se è rimasta solo l'assessore Barni. Poiché mi pare che dalle nostre audizioni, anche quelle precedenti, emerga una grande vitalità dai territori – il dossier delle regioni è emblematico, ma non solo quello – le rivolgo una domanda, data la sua esperienza e anche per quanto ci ha indicato nel suo intervento rispetto al lavoro di sollecitazione che fate voi come decisori. Mi riferisco, per esempio, alla Mostra sul 1500 a Palazzo Strozzi.
  Voi chiedete anche che si facciano lavori di coinvolgimento più generale. In questo una normativa regionale – lo chiedo a lei per il suo ruolo – può avere un senso? Io conosco le leggi regionali dell'Emilia Romagna, che però intervengono di solito a sostegno della rete delle biblioteche o dei musei della memoria. Abbiamo, secondo me, un'ottima legislazione. Lei crede che sia più efficace una legislazione di questo tipo o un'attività di costante sollecitazione nel suo ruolo oppure nel ruolo dei comuni? Li abbiamo visti molto protagonisti, ma forse andrebbero anche coordinati.

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  MONICA BARNI, Vicepresidente e Assessore alla cultura, università e ricerca della Regione Toscana. Grazie per questa domanda. Le normative regionali in materia di cultura sono piuttosto varie. Le abbiamo studiate tutti. Credo che sia necessario indicare, soprattutto nelle premesse di queste normative, gli obiettivi da raggiungere e in particolare riflettere sui temi dell'accesso e della partecipazione alla vita culturale di una regione, anche attraverso la sollecitazione dei territori. Ad esempio, la normativa della regione Toscana è un testo unico, più che una legge sulla cultura. Noi lavoreremo proprio per inserire nell'introduzione a questa normativa anche degli obiettivi, una missione. Si tratta di indicare bene qual è la missione che una regione può svolgere sui temi della cultura nei confronti dei propri territori.
  Ci sono delle leggi, per esempio quelle della Basilicata, che ritengo molto interessanti e molto belle in questo senso. È chiaro poi che occorre anche una sollecitazione continua dei territori, a partire dal coinvolgimento degli enti maggiori, per far sì che anche questi ultimi possano collaborare con i territori.

  ANNA MARIA MONTINARO, Presidente dell'Associazione Presìdi del libro. In merito Pag. 20ai nomi dei presìdi, oltre a esserci nelle memorie un grafico che li illustra, sul sito dei Presìdi del libro c'è la mappa. La mostro un po’ a tutti velocemente. Ingrandendo ci sono i nomi e c'è tutto.
  A proposito del carcere di Nisida, sono contenta di questa precisazione, perché noi ci riuniamo ogni anno per una convention, che chiamiamo «Presìdi a convegno» e ospitiamo dei personaggi che riteniamo interessanti come buone pratiche, in genere autori, giornalisti e così via.
  In occasione di una convention di tre anni fa è stata nostra ospite proprio la dottoressa Maria Franco del carcere di Nisida, come buona pratica. Da lì nasce lo spunto di questo protocollo d'intesa. Lei aveva fatto un lavoro meraviglioso proprio con i detenuti e continua a farlo. C'è uno scambio continuo. In particolare, l'associazione Presìdi del libro ha una struttura molto semplice, formata da un direttivo di sette in persone. Un componente del consiglio direttivo è in stretto contatto con la dottoressa Franco. Grazie per questa opportunità.

  PRESIDENTE. Non ci sono altri interventi, a meno che qualcuno di voi non voglia intervenire. Il dottor Montibeller era stato citato, ma come esempio positivo di buone pratiche locali. Vi ringrazio davvero per la vostra presenza. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.20.