XVII Legislatura

VII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Martedì 10 ottobre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Piccoli Nardelli Flavia , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE BUONE PRATICHE DELLA DIFFUSIONE CULTURALE

Audizione del prof. Pierluigi Sacco, ordinario di Economia della Cultura, presso la Libera Università di Lingue e Comunicazione (IULM), dell'on. Valdo Spini, Presidente dell'Associazione delle istituzioni di cultura italiane (AICI), del dr. Gianfranco Loffarelli, Direttore artistico dell'Associazione «Le Colonne» (Sezze Romano) e della prof.ssa Angela Anna Tancredi, referente del Progetto PLAN «Progettiamo luoghi – costruiamo comunità», scuola primaria C. Pisacane di Roma.
Piccoli Nardelli Flavia , Presidente ... 3 
Tancredi Anna Angela , Referente del Progetto PLAN «Progettiamo luoghi – costruiamo comunità», scuola primaria C. Pisacane di Roma ... 3 
Piccoli Nardelli Flavia , Presidente ... 4 
Loffarelli Gianfranco , Direttore artistico dell'Associazione «Le Colonne» (Sezze Romano) ... 4 
Piccoli Nardelli Flavia , Presidente ... 5 
Spini Valdo , Presidente dell'Associazione delle istituzioni di cultura italiane (AICI) ... 5 
Piccoli Nardelli Flavia , Presidente ... 8 
Sacco Pierluigi , Professore Ordinario di Economia della Cultura, presso la Libera Università di Lingue e Comunicazione ... 9 
Piccoli Nardelli Flavia , Presidente ... 11 
Murgia Bruno (FdI-AN)  ... 11 
Piccoli Nardelli Flavia , Presidente ... 11 
Sacco Pierluigi , Professore Ordinario di Economia della Cultura, presso la Libera Università di Lingue e Comunicazione ... 11 
Piccoli Nardelli Flavia , Presidente ... 12 
Romano Maura , Project manager dell'associazione Meltingpro – Partner del progetto PLAN ... 12 
Piccoli Nardelli Flavia , Presidente ... 14 
Sacco Pierluigi , Professore Ordinario di Economia della Cultura, presso la Libera Università di Lingue e Comunicazione ... 14 
Piccoli Nardelli Flavia , Presidente ... 14 
Spini Valdo , Presidente dell'Associazione delle istituzioni di cultura italiane (AICI) ... 14 
Piccoli Nardelli Flavia , Presidente ... 14 
Musetti Michael , Responsabile ... 14 
Piccoli Nardelli Flavia , Presidente ... 15 

Allegato 1: Documentazione consegnata dalla professoressa Anna Angela Tancredi ... 16 

Allegato 2: Documentazione consegnata dal dottor Gianfranco Loffarelli ... 23 

Allegato 3: Documentazione consegnata dall'on. Valdo Spini ... 40 

Allegato 4: Documentazione consegnata dal Professor Pierluigi Sacco ... 48

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista: MDP;
Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD: AP-CpE-NCD;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile: SI-SEL-POS;
Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE: SC-ALA CLP-MAIE;
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Civici e Innovatori PER l'Italia: Misto-CIpI;
Misto-Direzione Italia: Misto-DI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-UDC-IDEA: Misto-UDC-IDEA;
Misto-Alternativa Libera-Tutti Insieme per l'Italia: Misto-AL-TIpI;
Misto-FARE!-PRI-Liberali: Misto-FARE!PRIL;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI) - Indipendenti: Misto-PSI-PLI-I.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
FLAVIA PICCOLI NARDELLI

  La seduta comincia alle 11.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione in diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del prof. Pierluigi Sacco, ordinario di Economia della Cultura, presso la Libera Università di Lingue e Comunicazione (IULM), dell'on. Valdo Spini, Presidente dell'Associazione delle istituzioni di cultura italiane (AICI), del dr. Gianfranco Loffarelli, Direttore artistico dell'Associazione «Le Colonne» (Sezze Romano) e della prof.ssa Angela Anna Tancredi, referente del Progetto PLAN «Progettiamo luoghi – costruiamo comunità», scuola primaria C. Pisacane di Roma.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle buone pratiche della diffusione culturale, l'audizione del professor Pierluigi Sacco, professore ordinario di economia della cultura presso la Libera Università di Lingue e Comunicazione (IULM), dell'onorevole Valdo Spini, Presidente dell'Associazione delle istituzioni di cultura italiane (AICI), del dottor Gianfranco Loffarelli, Direttore artistico dell'Associazione «Le Colonne» di Sezze Romano, e della professoressa Angela Anna Tancredi, Referente del Progetto PLAN «Progettiamo luoghi – costruiamo comunità» della scuola primaria Pisacane di Roma, vincitore del bando Mibact Spazio aperto alla cultura.
  Alcune memorie dei nostri ospiti sono in distribuzione e altre saranno consegnate al termine dell'audizione. Rivolgo un saluto di benvenuto a tutti voi, ringraziandovi per la vostra presenza, e comunico che le bozze dei resoconti delle precedenti audizioni sono già disponibili, seppure in versione provvisoria. Comincerei subito con uno dei due casi che abbiamo scelto, quello della professoressa Tancredi, per poi passare agli altri ospiti. Prego, professoressa.

  ANNA ANGELA TANCREDI, Referente del Progetto PLAN «Progettiamo luoghi – costruiamo comunità», scuola primaria C. Pisacane di Roma. Noi partiremo con un video.

(Segue video).

  Il video che avete visto racconta in breve chi siamo ed è stato girato il giorno in cui il progetto è stato presentato al territorio, alle famiglie e quindi alla scuola.
  Siamo il plesso di scuola primaria Carlo Pisacane, che fa parte di un istituto molto più ampio, l'Istituto Comprensivo Ferraironi (nel territorio di Roma Est) quartiere Torpignattara. Il nostro è un quartiere molto particolare e variegato: infatti, viviamo a contatto con circa 142 comunità etniche differenti e nella nostra scuola ne ospitiamo 19.
  La scuola, definita «ghetto» fino a 5-6 anni fa, perché accoglieva quasi il 95 per cento di alunni migranti – per alcuni anni ho avuto classi formate solo da alunni migranti, pur se di prima e di seconda generazione – oggi con un significativo lavoro delle insegnanti, del dirigente, ma anche della società civile che ci sostiene, possiamo considerarla una scuola internazionale, Pag. 4 non più ghetto, dove la presenza delle comunità etniche si è equilibrata e ci sceglie quasi il 50 per cento della popolazione italiana del territorio: possiamo quindi definirci una rappresentanza melting pot del territorio.
  Cosa è PLAN? Come dicevo nel video, esso nasce da un momento di quattro donne (Laura Romano di Meltingpro, una mamma della scuola, un'altra collega e io). Siamo abituate a progettare attraverso la costruzione di reti e ponti e studiando qualche bando, la nostra attenzione è caduta su quello del Mibact «Scuola, spazio aperto alla cultura». La nostra scuola rientrava perfettamente nei criteri richiesti, perché è una scuola costruita nel 1928 e il bando richiedeva che le strutture avessero almeno 70 anni di vita. Ci siamo lanciate in questa avventura: due mesi di lavoro intenso, fino al 30 dicembre, giorno della scadenza quando, con la scuola chiusa, eravamo comunque dietro ai computer e alle scrivanie per concludere l'invio al Ministero. Il progetto vive grazie a questo finanziamento importante e finalmente ad aprile abbiamo avuto la notizia che siamo risultate vincitrici oltre che prime a livello nazionale come progetto. È stata una grande soddisfazione per noi che ci abbiamo lavorato, ma innanzitutto una grande opportunità per tutti: i bambini, le bambine, i genitori, il territorio.
  A settembre, dopo il lavoro dell'estate, siamo partiti. Nel video avete visto la prima giornata di presentazione, chi sono le nostre famiglie e i nostri alunni. Il progetto è stato accolto con entusiasmo; da questa settimana i bambini hanno cominciato a toccare con mano, quindi a lavorare con gli esperti. Questa settimana lavorano con la Farm Cultural Park, la scuola di Favara, nei pressi di Agrigento: loro sono straordinari, i bambini sono al settimo cielo, entusiasti, e stanno entrando nel vivo di che cos'è l'architettura. La cosa che mi piace ripetere e ho imparato da Andrea Bartoli è «rendere possibile l'impossibile», e con questo progetto speriamo che accada proprio questo.

  PRESIDENTE. Grazie, professoressa; quindi siete nel pieno di un lavoro che parte. Vi chiederemo di darci conto di come procederà. Passiamo al secondo caso, quindi al dottor Gianfranco Loffarelli, direttore artistico dell'associazione «Le Colonne» di Sezze Romano.

  GIANFRANCO LOFFARELLI, Direttore artistico dell'Associazione «Le Colonne» (Sezze Romano). Grazie, presidente. Non ho un'esperienza forte come la loro: il nostro è più un lavoro diffuso negli anni, ormai quasi quaranta.
  Per cercare brevemente di spiegare lo stimolo che ha animato il lavoro della nostra associazione, premetto che vivo e opero a Sezze, in provincia di Latina, nei Monti Lepini. Gli anni della mia giovinezza sono stati gli anni ’70 e i primi anni ’80, periodo in cui, come si usava dire allora, la promozione culturale (mi permetto qualche sintesi sia pure eccessiva) calava dall'alto, circolavano parecchi soldi, gli enti locali, gli enti pubblici avevano disponibilità, presso tutti i comuni nacquero, in quel periodo, centri di promozione culturale e furono realizzate tante iniziative in un territorio che da un punto di vista culturale si presentava abbastanza povero. Queste iniziative però, proprio perché calavano dall'alto, tendevano a interpretare questo nostro territorio, con la sua vicinanza rispetto a Roma, come luogo in cui esportare esperienze romane. Mi occupo in particolare di teatro e si trattava di far circolare in quelle zone spettacoli teatrali, cosa molto interessante, però poi nel territorio restava poco.
  L'idea di questa associazione, che ho fondato nel 1979, nacque proprio da questo, cioè dall'esigenza di passare da una fase di proposta culturale a una fase di diffusione della cultura dal basso (anche qui mi rendo conto che è una sintesi eccessiva), cercando di valorizzare quanto più possibile il territorio, non semplicemente come fruitore di proposte, ma come attore di esse, a partire dalla valorizzazione dei luoghi.
  Al riguardo, recentemente ci siamo confrontati con un bando della regione Lazio che si basava proprio su questa idea: si trattava di valorizzare luoghi di valore archeologico e storico attraverso spettacoli dal vivo, cosa molto interessante per noi. Pag. 5Quando però siamo andati a vedere di che cosa si trattasse, era una proposta che assegnava un punteggio abbastanza alto se questa valorizzazione veniva condotta attraverso l'inserimento nel progetto (cito quasi testualmente) di nomi di caratura nazionale e internazionale: esattamente il contrario di quello che abbiamo sempre cercato di fare nella nostra storia.
  Cito un esempio (nella breve memoria che ho lasciato ce n'è più di uno): in occasione delle celebrazioni dei 150 anni dell'Unità d'Italia avemmo l'idea di cercare un settore non molto considerato: quello dell'importanza della lingua italiana per la nostra identità di italiani. Decidemmo così di organizzare una lettura integrale della Divina Commedia di Dante. Scartammo immediatamente l'ipotesi più percorribile, quella di trovare uno o più grandi attori a livello nazionale, ospitarli in uno spazio tradizionale, come un teatro, relegando la gente nella posizione di pubblico che va ad ascoltare il grande nome, spesso televisivo. L'idea fu invece quella di trovare cento persone del territorio, cento persone comuni, disposte ognuna a leggere un canto, non in uno spazio tradizionale, ma diffusamente sul territorio. Organizzammo una giornata che chiamammo Un paese legge Dante. Cominciammo dalla mattina in cui il I canto dell'Inferno fu letto dal sindaco nella sede comunale, poi, a seguire, uno dopo l'altro, lungo tutta la giornata nei luoghi della quotidianità. Il canto VIII del Purgatorio lo leggeva la parrucchiera nel suo negozio, interrompendo uno shampoo (non sono paradossi, è effettivamente accaduto), il XII del Paradiso lo leggeva un operaio sul cantiere di lavoro, e così via. Cercammo in questo modo di rendere protagoniste le persone, di rendere protagonisti i luoghi, non il luogo importante, con una sua storia, ma i luoghi della quotidianità, ovviamente curando non una preparazione attoriale, ma chiamando queste cento persone nei giorni immediatamente precedenti ad un incontro tenuto dal preside della facoltà di Lettere di Tor Vergata, il professor Caputo oggi in pensione, che cercò di far capire chi fosse Dante e che cosa fosse la Divina Commedia.
  Questa è una delle tante esperienze: la nostra pratica (non so se buona) per la diffusione culturale ha avuto sempre questo tipo di riferimento: la valorizzazione dei luoghi del territorio – possibilmente proprio quelli della quotidianità che normalmente sono oggi poco frequentati in confronto a luoghi virtuali – che ospitassero le persone del luogo non come ricettori passivi di una proposta culturale, ma come attori. Nella memoria troverete anche altri esempi.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor Loffarelli, per questa sua testimonianza. Chiediamo adesso al professor Valdo Spini, sempre a proposito di territori e di distribuzione sui territori di mondi come quelli dei grandi istituti culturali del nostro Paese, di raccontarci la sua esperienza. Il professor Valdo Spini è accompagnato dal dottor Musetti, così come la professoressa Tancredi era accompagnata da Laura Bove e da Maura Romano.

  VALDO SPINI,Presidente dell'Associazione delle istituzioni di cultura italiane (AICI). Grazie. Onorevole Presidente, onorevoli deputate, onorevole deputato, intanto vorrei esprimere tutto l'apprezzamento dell'AICI e mio personale per questa iniziativa che penso sarà effettivamente feconda, in particolare alla Presidente Piccoli Nardelli che ci conosce bene, perché è stata dei nostri nel suo precedente incarico di segretario generale dell'Istituto Luigi Sturzo.
  Questa indagine si colloca nel solco dell'attuazione dell'articolo 9 della Costituzione e proprio per un'associazione come l'AICI, che comprende tante istituzioni dedicate a personaggi e a filoni culturali e ideali fondativi della nostra Repubblica, credo che questo voglia dire che noi sentiamo molto l'interrelazione fra cultura ed educazione civica. Riteniamo che la vostra indagine conoscitiva potrà essere un catalizzatore significativo di ricerca e di interventi innovativi in un campo che ha profondo bisogno di innovazione.
  Vi faccio grazia in questa sede, limitandomi a un rapido memento, della necessità di mantenere e, se possibile, incrementare Pag. 6gli stanziamenti previsti dalle prossime scadenze di bilancio per i contributi a fondazioni e istituti culturali da parte dei Ministeri competenti, in particolare Mibact e Miur. Voglio però dare atto al Mibact dei miglioramenti conseguiti da questo Ministero, anche sul delicato terreno dei tempi e dell'efficienza nella corresponsione dei contributi deliberati, che è veramente vitale per le esigenze di programmazione. Con il Mibact del resto organizziamo ormai le nostre conferenze nazionali.
  Vengo subito al tema di questa indagine, sperando di conquistare qualche benemerenza per il nostro mondo, anche in termini di stanziamenti, attraverso questa testimonianza.
  La nostra associazione riunisce attualmente 103 soci fra istituti, fondazioni, associazioni e accademie, dunque una comunità nel senso evocato dal vostro programma di indagine conoscitiva, non una lobby (potremmo aggiungere noi), ma un pezzo di società civile, una buona pratica in se stessa. Nessuno obbliga nessuno ad associarsi all'AICI: è un'associazione assolutamente libera, non esiste un obbligo, ma il numero e la qualità degli associati ci consente ormai di definirci come un'associazione largamente rappresentativa di questo settore della cultura italiana. Il quadro è assortito: si va dall'Accademia della Crusca, dall'Accademia di Cortona, istituzioni plurisecolari, a istituti e fondazioni che, come dicevo prima, rappresentano le culture politiche della Repubblica, si va dalla De Felice Spirito fino alle Gramsci, passando per le Sturzo, Basso, Rosselli, Nenni, fondazioni di cultura musicale, fondazioni di tutela e valorizzazione di beni culturali, fondazioni di storia d'impresa, fondazioni di carattere scientifico e tante altre che sono descritte nelle nostre pubblicazioni e sul nostro sito. Che cosa unisce tutti questi soggetti così diversi e differenziati? La riconosciuta utilità e quindi la volontà di fare rete. Oggi non è concepibile una diffusione della cultura che non si riconosca in un rapporto reciproco di informazione e condivisione delle attività e delle iniziative, appoggiandosi anche sulla rete nel senso contemporaneo e tecnologico del termine. Fare rete è la nostra esperienza, ma anche un'indicazione più generale che ci permettiamo di indicare per le conclusioni della vostra Commissione.
  Noi abbiamo cercato di farlo e un'impostazione del genere ci ha condotto a organizzare annualmente delle conferenze annuali nazionali dal titolo Italia e cultura, basate sul sistema delle sessioni plenarie e sui workshop sugli argomenti inerenti alle nuove modalità di fare cultura nell'era digitale, alle nuove modalità di comunicazione della cultura stessa, nonché della conservazione e fruizione di biblioteche e di archivi all'insegna di un altro principio che ci permettiamo di sottolineare, la condivisione, nel rispetto dell'autonomia di ciascuno, ma nell'intento di far crescere l'attenzione verso tutti.
  Abbiamo seguito un criterio di diffusione sul territorio di queste conferenze: Torino 2014, nord-ovest; Conversano (Bari) nel sud, 2015; Lucca, al centro, nel 2016. Siamo appena reduci dalla Quarta Conferenza nazionale con cui siamo tornati al nord, ma questa volta a nord-est, in una regione ponte verso l'Europa come il Friuli Venezia Giulia e in una città così densa di significati come Trieste. Prevediamo di svolgere la quinta di nuovo al sud, a Ravello, nel prossimo novembre. Mi auguro che sarete tutti rieletti e parteciperete (anche se non rieletti) alla nostra conferenza. Abbiamo pubblicato gli atti in tre volumi, che il dottor Musetti può mettere a disposizione della Commissione, e lo faremo anche per la quarta.
  Un esempio di buona pratica: stiamo facendo un censimento e abbiamo visto che la maggior parte delle nostre istituzioni, a parte quelle plurisecolari, è nata nella seconda metà del XX secolo e molti dei protagonisti sono per fortuna sulla scena, quindi dobbiamo promuovere una nuova generazione. Poiché chi viene alle nostre conferenze viene a sue spese o a spese della fondazione di provenienza, abbiamo messo a disposizione delle modeste borse di partecipazione riservate agli under 35: un'iniziativa a cui teniamo molto (ne abbiamo avuto una trentina a Trieste, coordinate dal dottor Musetti) per sviluppare l'innovazione Pag. 7 del nostro mondo, quello delle fondazioni e degli istituti culturali, oltre che formare giovani, come si sta facendo con provvedimenti come l'alternanza scuola-lavoro, gli stages, i tirocini.
  Tutto questo potrebbe dar luogo a un'occupazione qualificata, però c'è bisogno (lo voglio dire in questa sede) anche di un nuovo quadro legislativo, perché ad esempio oggi borse di ricerca assolutamente serie passate dalle nostre fondazioni non hanno un riconoscimento ai fini universitari e accademici. Questo è giusto oppure potremmo trovare il modo per riuscire a farlo?
  C'è un problema di definizione contrattuale: in genere le nostre fondazioni usano il contratto del commercio perché è quello più palatabile. Ci sarebbe anche quello di Federculture, ma riguarda le imprese, difficile per le fondazioni. Anche qui (noi ci stiamo lavorando) ci sarebbe un margine di collaborazione per individuare figure contrattuali più adeguate.
  Abbiamo promosso un questionario specifico, i cui risultati parziali sono stati presentati a Trieste e la cui definitiva elaborazione è imminente. L'inchiesta sarà valutata dagli organi dirigenti dell'AICI e messa a disposizione di tutti, in particolare della vostra indagine. Come dicevo, abbiamo data di fondazione, campi di attività, struttura, dipendenti, collaboratori volontari, le tipologie e tutto quello che riteniamo possa essere di utilità generale: è un appuntamento a cui credo sia utile richiamarsi.
  Difficile, se non impossibile, fare una descrizione delle buone pratiche messe in atto dai nostri 103 soci, quindi, visto che mi hanno rieletto recentemente, ho fatto una scelta, che naturalmente dispiacerà a qualcuno, ma penso che siate disponibili a ricevere eventualmente altra documentazione.
  Comincio dal caso di Torino, che risponde alle considerazioni della Presidente Piccoli Nardelli. Lì è stato possibile raggruppare molte fondazioni, i loro archivi e la loro biblioteca in un unico e ben attrezzato centro culturale, il Polo del ’900, grazie alla congiunta iniziativa di comune, regione e, last but not least, Compagnia San Paolo. Le economie esterne realizzate sono consistenti e la capacità di diffusione culturale delle iniziative delle singole istituzioni partecipanti è molto potenziata. Sembra quasi che ci siamo intesi e la mia frase venga incontro a quanto diceva la Presidente Piccoli Nardelli, perché esiste il problema di garantire il futuro delle nostre istituzioni, e questo significa garantire gli spazi e minimizzare i costi di funzionamento. L'esempio di Torino potrebbe essere seguito anche in altre città.
  Dal nord mi sposto al sud, a Conversano, provincia di Bari, città di grandi attrazioni culturali, storiche, artistiche, di circa 26.000 abitanti. Ivi la Fondazione Di Vagno realizza un festival annuale, Lector in fabula, che nella sua edizione del settembre 2017 ha visto lo svolgimento di circa 120 eventi culturali con la partecipazione di circa 15.000 presenze, fra cui numerosi studenti delle scuole superiori, quindi 26.000 abitanti e 15.000 presenze è qualcosa.
  Oltre al festival si svolgono corsi di formazione politica e si è aggiunto un altro festival di cui non ho messo il nome nello scritto perché si chiama Lector in tavola e non volevo provocare commenti, però questo serve a estendere l'attività nel corso dell'anno. Mi sembra un tipico esempio dell'impulso che attività culturali possono dare ad un centro di dimensioni non grandi e concorrere potentemente al suo sviluppo (so benissimo che anche Laterza ha fatto esempi in questo senso).
  Ritorno al nord per segnalare le iniziative della Fondazione Feltrinelli, che elabora prodotti culturali a uso didattico. C'è un grande portale pubblico dedicato a una Scuola di cittadinanza europea, dove le scuole e gli istituti possono prendere prodotti da fornire a studenti e professori. È un esempio di come si possa unire conservazione e ricerca, contatti e aggiornamento con insegnanti e studenti, in un'ottica di costante dialogo fra la nostra storia e identità e le costruzioni di futuro.
  So bene che trascuro di menzionarne molte altre, che però eventualmente vi trasmetteremo, Pag. 8 ma mi sembra di aver dato tre flash diversi, ma interessanti.
  Ho letto attentamente i resoconti delle precedenti audizioni del professor Alberto Asor Rosa, del dottor Giuseppe Laterza e del professor Franco Cardini, e delle prime due in particolare mi ha impressionato il riferimento alla diffusione della lettura come condizione indispensabile per la diffusione della cultura, cosa che ovviamente condivido.
  Vorrei segnalare un'altra buona pratica, che si situa nel centro Italia. Mi riferisco al sistema bibliotecario pubblico della Toscana e alla sua esperienza iniziata soprattutto a partire dall'anno 2000. La maggior parte delle biblioteche pubbliche della Toscana vede ampliarsi il concetto di biblioteca, passando da biblioteca di conservazione e consultazione (validissima a livello nazionale) a biblioteca a scaffali aperti. Le nuove, più recenti biblioteche sono state realizzate in importanti edifici storici (a Firenze, le Oblate), ma anche in grandi edifici industriali dismessi (Pistoia, Prato), in importanti edifici industriali; ma anche centri di minori dimensioni (Bagni a Ripoli, Pontedera, Sesto Fiorentino e vari altri) hanno realizzato strutture del genere. Intorno a queste biblioteche si sono costituiti dei veri e propri centri culturali polifunzionali e accoglienti, naturalmente c'è il wi-fi, si possono utilizzare i computer e i vari strumenti multimediali, vi si trovano auditorium, edicole, emeroteche, spazi per bambini e ragazzi, caffetterie, vi sono spazi di silenzio e spazi di confronto. Ai loro frequentatori, in particolare ai giovani, sono posti a disposizione locali per varie attività culturali, fino a comprendere spazi per la registrazione di brani musicali.
  Di particolare importanza ai fini dell'immigrazione, uno dei fenomeni più importanti e complessi del mondo contemporaneo, sono i poli multiculturali presenti in varie biblioteche e i servizi linguistici in varie lingue. Il successo di queste biblioteche è dimostrato dal forte incremento del numero dei frequentatori.
  Rubo l'espressione al professor Sacco inerente al dibattito se nell'economia contemporanea sia la domanda a creare l'offerta o l'offerta a creare la domanda. In questo caso direi che è l'offerta che crea la domanda, laddove diversificando i servizi culturali si manifesta nuova domanda nei loro confronti. Credo che non si possa stare in passiva attesa di una domanda che non c'è o che si affievolisce, ma dobbiamo stimolarla con iniziative di questo genere.
  D'altro canto, però, molte fondazioni e istituti hanno anche riviste, e mi permetto di aggiungere un brevissimo riferimento alle riviste culturali nell'altra mia veste di presidente del Coordinamento delle riviste italiane di cultura (CRIC). Noi organizziamo la presenza di stand collettivi di riviste culturali italiane, che non ce la farebbero altrimenti, a iniziative come il Salon de la Revue di Parigi (10-12 novembre prossimo venturo) o la Fiera della piccola e media editoria (Roma 6-10 dicembre prossimo venturo). Leggo che voi farete visite in loco per verificare le esperienze che più vi interessano: magari Parigi potrebbe essere tra quelle che potrebbero esservi gradite.
  Il legame fra fondazioni e riviste è chiaro: Sciascia ha scritto che le riviste sono morte perché è finito il discorrere reciproco, ma, se invece le riattiviamo, può anche voler dire che il discorso reciproco viene riattivato.
  Concludo con una citazione dalla relazione che il professor Paolo Baratta ha tenuto alla nostra conferenza nazionale di Trieste lo scorso 22 settembre: «dunque la cultura è necessaria per fronteggiare la complessità della condizione umana e le complessità delle scelte che dobbiamo compiere sovente fra dilemmi e soluzioni contraddittorie, e nel tempo presente abbiamo bisogno di un vero e proprio riarmo culturale».
  Personalmente credo che questo sia anche un vero e proprio obiettivo politico, per la politica, della politica e nella politica, ma non voglio sconfinare in un campo di vostra competenza istituzionale e quindi chiudo ringraziandovi a nome dell'AICI e mio personale per questa occasione di confronto. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a Valdo Spini per questo intervento così ricco. Lascio ora la parola a Pierluigi Sacco, professore ordinario Pag. 9 di Economia della cultura allo IULM, che ha moltissime esperienze in tutti i campi che oggi, sia pure per pochi tratti, sono stati affrontati. Si tratta di temi cari a questa Commissione e ricordo a tutti noi che uno degli obiettivi che abbiamo è quello di veder ratificata la Convenzione di Faro e quindi di vedere il riconoscimento del lavoro sui territori, l'eredità di comunità, il materiale e l'immateriale, cose che questa Commissione condivide.
  Volevo però presentarvi i parlamentari presenti, anche perché poi daremo loro la parola. Sono l'onorevole Chiara Di Benedetto, il Presidente Adornato, l'onorevole Vanna Iori, l'onorevole Giulia Narduolo, l'onorevole Grazia Rocchi, l'onorevole Mara Carocci, l'onorevole Manuela Ghizzoni e l'onorevole Bruno Murgia.
  Prego, professor Sacco.

  PIERLUIGI SACCO, Professore Ordinario di Economia della Cultura, presso la Libera Università di Lingue e Comunicazione. Grazie per questa possibilità di confronto su temi che, come lei ricordava, mi stanno molto a cuore.
  In questo momento vorrei soprattutto sottolineare un aspetto dell'esperienza che sto facendo che può essere utile a questa Commissione, che è il ruolo di special advisor del Commissario europeo alla cultura e all'educazione, Tibor Navracsics, per l'Anno europeo del patrimonio culturale 2018. Proprio in questa prospettiva vorrei fare alcune rapide considerazioni.
  A livello europeo, il tema dell'Anno del patrimonio culturale viene percepito come un'occasione fondamentale per mettere nell'agenda delle priorità della politica il patrimonio e, più in generale, l'innovazione legata alla cultura. Sebbene spesso tendiamo ad avere un atteggiamento autocelebrativo e nostalgico nei confronti del patrimonio, oggi il patrimonio è una delle piattaforme di innovazione più straordinarie che esistono; basti pensare all'aspetto più evidente della relazione con il nuovo mondo, dei nuovi ambienti immersivi tecnologici, realtà aumentata, e a quanto il patrimonio oggi sia un laboratorio da questo punto di vista, ma anche a quanto possa produrre innovazione sociale.
  Oggi, in Europa abbiamo enormi problemi di dialogo interculturale e il patrimonio può costituire una base interessantissima, tra l'altro con centinaia di esempi documentati. Oggi abbiamo visto degli esempi di come, per affrontare temi di enorme rilevanza politica, il patrimonio possa avere un'importanza notevole.
  Mi permetto di sottolineare che in questo momento in Italia abbiamo una distribuzione impressionante di competenze molto forti legate al patrimonio, con campi che vanno dalla valutazione dell'impatto dei cambiamenti climatici globali sul patrimonio a tutte le sue trasformazioni fisico-chimiche, a tutti gli aspetti che hanno a che fare con la tutela e la valorizzazione, anche con i nuovi sviluppi tecnologici, ma non esiste ad oggi una piattaforma nazionale sulle scienze del patrimonio. Arrivare al 2018 con questa situazione significa perdere un'occasione macroscopica. Mi rendo conto che i tempi della legislatura sono quelli che sono e che questo non è il tema situato in cima alla priorità della politica italiana, però si può fare tanto con poco, perché queste strutture esistono già e funzionano benissimo, ma occorrerebbe un lavoro serio, cioè creare quella piattaforma di coordinamento che non solo rende tante iniziative visibili, ma permette sinergie su una serie di temi su cui l'Italia potrebbe fare moltissimo dal punto di vista dell'attrazione delle risorse europee, ma soprattutto nel disegnare un'agenda di politiche che possa essere anche recepita dall'Unione. È in questo senso che dicevo che un ruolo come il mio, che mi consente in questo momento di interloquire direttamente con il Gabinetto del Commissario e di prospettare una nutrita serie di proposte concrete, è un'occasione importante da cogliere.
  Nella memoria che vi ho consegnato, che di fatto è un breve articolo uscito su una rivista qualche tempo fa, ho raccolto la versione italiana di un documento, o meglio di un approccio, al tema del rapporto tra produzione di valore economico e sociale e cultura, che a livello europeo negli ultimi anni è stato molto dibattuto. Negli ultimi otto semestri di presidenza europea, Pag. 10in sei semestri di presidenza questo documento è stato al centro della discussione sulle politiche culturali, e in questo momento con il semestre di presidenza estone sta ricevendo un particolare interesse, perché l'Estonia su questi temi è particolarmente focalizzata.
  Che cosa riguarda quel documento? Riguarda proprio la capacità che la cultura ha di produrre valore economico e sociale non semplicemente, come tendiamo a fare in Italia, andando a guardare il settore nel suo specifico (improvvisamente, con un secolo di ritardo, abbiamo scoperto che con le industrie culturali si può creare valore aggiunto). Basta guardare Google o Facebook: di che dimostrazioni abbiamo bisogno per capire che la cultura è importante nel business internazionale?
  Tutte le maggiori aziende del mondo investono in cultura in modo strategico, non certo con finalità mecenatistiche; quindi il punto non è tanto esaminare come funzionino internamente i settori culturali, con i quali, seppur svegliandoci in ritardo, qualcosa stiamo iniziando a fare. Il punto è capire come la cultura si interfacci ad altri aspetti dell'agenda delle politiche che noi non consideriamo, dove la cultura può avere un impatto superiore a quello del valore aggiunto creato nei settori culturali.
  Mi limito a fare un esempio, quello del rapporto tra cultura e salute, perché è uno di quelli che oggi stanno diventando macroscopici. Siamo un Paese che invecchia e sappiamo oggi in maniera chiarissima che la partecipazione culturale ha un impatto molto importante sul benessere psicologico generale delle persone e anche su alcuni indicatori clinici: per esempio, cominciamo ad avere delle prime esperienze su biomarcatori come il tasso di cortisolo salivare.
  Oggi siamo quindi in grado di dimostrare – peraltro con studi clinici consolidati anche in ambito internazionale – che la partecipazione culturale migliora nettamente l'autopercezione di benessere di tutti in generale, ma degli anziani e delle donne in particolare, perché le donne soffrono, per ragioni che non abbiamo ancora esattamente capito, di un gap di benessere percepito rispetto agli uomini, statisticamente in tutti i Paesi. Molto sorprendentemente, perché è un effetto che sembra quasi magico, c'è una rispondenza straordinaria di genere allo stimolo culturale rispetto agli uomini, cioè il miglioramento di benessere che ottengono le donne dalle esperienze culturali è nettamente superiore a quello degli uomini.
  La mia modesta opinione è che nell'economia della conoscenza c'è un vantaggio di genere rovesciato, cioè noi vedremo tra qualche anno una situazione molto diversa da quella a cui eravamo abituati e credo che farà bene a tutti, ma, al di là di queste opinioni personali non ancora suffragate da dati scientifici, soprattutto per quanto riguarda gli anziani, noi oggi cominciamo ad avere delle stime preliminari del fatto che anche una modesta capacità di portare gli anziani a lavorare all'interno di processi di invecchiamento attivo legati alla cultura produce dei benefici tali sul benessere psicologico generale, da abbattere i costi sia di ospedalizzazione che di medicalizzazione.
  Tenete conto che cosa significa per una demografia come la nostra arrivare a risparmiare il 5 per cento dei costi di welfare legati alla medicalizzazione degli anziani: ci si finanzia tutta la cultura che volete e ci avanza pure! Allo stesso tempo, si migliora nettamente il benessere delle persone e soprattutto si capisce che esistono delle connessioni tra benessere, salute e tutta una serie di aspetti oggi considerati irrilevanti, come le politiche culturali, che sono invece fortissimi.
  Allora, il punto è proprio questo: l'Italia – proprio per queste ragioni demografiche, proprio perché peraltro siamo uno dei Paesi che oggi spontaneamente sta lavorando in maniera impressionante in senso positivo all'innovazione sociale a base culturale, con tante iniziative nate senza un particolare supporto scientifico, ma da intuizioni di ragazzi giovani che lavorano sul territorio e stanno producendo delle esperienze straordinarie – nell'ambito dei 28 o 27 Paesi della Comunità, è uno dei Paesi nei quali questi temi sono meno dibattuti in assoluto. In questi anni viaggio continuamente tra tutti i Paesi europei – ora, in virtù del mio ruolo, ma anche prima grazie Pag. 11a questa piattaforma che si è cominciata a sviluppare – e posso assicurare che in Italia questo dibattito per ora è inesistente.
  Non dico che questo sia importante perché io ho avuto un'idea e vorrei che questa avesse spazio, ma perché credo si tratti di temi che hanno un'enorme importanza per il futuro, per la qualità della vita, per lo sviluppo del nostro Paese. Ho citato l'esempio della salute, ma potrei fare esempi simili per le propensioni innovative, per la coesione sociale, per la sostenibilità ambientale.
  Sappiamo addirittura che la disponibilità ad eseguire bene la raccolta differenziata dipende dal tasso di partecipazione culturale; quindi, da questo punto di vista, abbiamo un'agenda di straordinaria importanza, visto che nel nostro Paese continuiamo a dire che la cultura è importante per il nostro futuro e il nostro sviluppo, ma tendiamo sempre ad avere una visione di cultura estremamente settoriale, estremamente limitata, che ha a che fare con i micro impatti dei grandi eventi culturali, che è la cosa più irrilevante e meno strategicamente importante da immaginare. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie al professor Sacco che ci ha dato diverse idee su cui credo i colleghi vorranno intervenire. Prego, onorevole Murgia.

  BRUNO MURGIA. Sono felice di aver fatto in tempo a sentire il professor Sacco con il quale ho anche amabilmente litigato in altri tempi, ma che stimo tantissimo. Ritengo il suo lavoro fondamentale nel campo dell'economia della cultura. Vorrei fargli due domande.
  Vorrei che fosse più chiaro (non che non lo sia stato, ma per questioni di tempo) in ordine a che cosa intenda quando parla di piattaforma nazionale sul patrimonio. Concordo totalmente con i suoi studi, professore, sulla questione della coesione sociale e dell'ambiente. Il professor Sacco odia quelli che dicono che la cultura è il nostro petrolio, quindi non l'ha detto oggi, ma questa è una sua frase che ogni tanto, quando vado a parlare modestamente di queste cose, gli rubo. Devo dare atto alla Presidente Nardelli di aver fatto un grande lavoro, in particolare su questa indagine. L'altra domanda riguarda la questione dei fondi pubblici di cui parla all'inizio di questo articolo. Vorrei capire in quale misura si possa andare in perdita investendo fondi pubblici in cultura, visto che siamo più disposti a perdere fondi quando investiamo o buttiamo via i soldi nella sanità, mentre ci allarmiamo se questi fondi vanno a un museo che può anche non generare reddito. La ringrazio.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altre richieste d'intervento, lascio la parola al professor Sacco per la replica.

  PIERLUIGI SACCO, Professore Ordinario di Economia della Cultura, presso la Libera Università di Lingue e Comunicazione. Grazie delle domande molto puntuali e molto interessanti. Parto dall'ultima.
  Il contributo che il mio scritto cerca di dare è proprio quello di separare concettualmente quelle cose che noi continuiamo a confondere, con enormi danni dal punto di vista delle scelte culturali. Ci sono tre regimi culturali diversi: il mecenatismo, le industrie culturali, le piattaforme aperte: hanno caratteristiche diverse, sono nate in momenti diversi, si basano su tecnologie diverse e si applicano ad ambiti culturali diversi. Ci sono alcuni settori che non hanno un particolare beneficio dalla riproducibilità dei loro contenuti, sono settori che non possono essere industrializzati. Quali sono? Gran parte delle arti visive, gran parte dello spettacolo dal vivo e il patrimonio. In questi settori un'organizzazione industriale non ha senso, quindi al massimo si possono creare dei guadagni di efficienza, per esempio la gestione di un museo, ma un museo non è un'azienda. Cerchiamo di capirlo una volta per tutte: i musei non fanno profitti, i musei sono istituzioni che assomigliano a quelle di ricerca in altri campi.
  I settori che sono sottoposti a un sostegno di tipo mecenatistico, quelli di cui ho appena parlato, sono settori nei quali si va strutturalmente in perdita, ma questo è giusto, esattamente come accade per la Pag. 12ricerca di base. Se non ci fossero questi settori, non sarebbe possibile produrre le nuove idee che emergono in ambito culturale, che poi noi valorizziamo nelle industrie creative culturali. Quali sono le industrie creative culturali? Nella loro forma più semplice ci sono cinque industrie culturali, che sono il cinema, la radiotelevisione, la musica, i videogiochi e l'editoria.
  I videogiochi in questo momento sono l'industria culturale più importante, quella più dinamica, ma gran parte delle innovazioni che oggi sono estremamente redditizie nei videogiochi non esisterebbero se non fosse esistita la ricerca nelle arti visive, se non fosse esistita la ricerca nello spettacolo dal vivo.
  Questi settori possono produrre profitti e in questi settori sussidiare non va necessariamente bene. Ad esempio (dibattito annoso) il cinema è ambiguo, perché nel cinema c'è un settore di cinema commerciale e un settore di cinema di ricerca. Il cinema di ricerca assomiglia alle arti visive, cioè si può anche sussidiare in perdita nella misura in cui otteniamo certi tipi di risultati. È chiaro che, finché era vivo Federico Fellini o un grande regista, non è detto che debba per forza fare un successo al botteghino, ma è una nostra responsabilità culturale fargli fare film. Certo che, se faccio un «film panettone» di Natale e lo vado a sussidiare, probabilmente questo ha molto meno senso, perché sono due cose completamente diverse.
  Il tema importante è proprio questo: se noi distinguiamo tra questi aspetti, resta evidente che non è questione di «la cultura»; il problema è quali settori operano in quale regime. Ci sono settori che devono operare in quel tipo di regime, poi ovviamente devono farlo bene. Le valutazioni di efficacia nell'uso delle risorse e di produzione di tutta una serie di elementi di valore sociale nei musei si fanno, però questo non vuol dire che debbano ottenere un risultato economico.
  Per quanto riguarda il tema delegato alla partecipazione culturale di cui parlavamo prima, questo non va necessariamente in un senso o nell'altro: oggi possiamo avere una partecipazione culturale dal basso che produce effetti importanti dal punto di vista sociale, prodotti senza comprare né vendere niente, magari da associazioni del territorio.
  Si parlava prima di Farm Cultural Park: se vado a fare un'analisi del valore sociale prodotto da Farm Cultural Park, vi dico che quella roba su quella realtà ha un impatto pazzesco. Il problema è che non si misura con i criteri tradizionali; però, nel momento in cui la misuro con i criteri giusti, ne dovrei avere una ad ogni angolo di strada.
  Per venire al primo tema: concretamente come facciamo a creare una piattaforma di questo tipo? Poiché «Dio mi guardi» dal creare strutture in Italia, perché poi sappiamo cosa succede (esprimo una mia opinione e me ne assumo la responsabilità), probabilmente la cosa migliore da fare sarebbe quella di immaginare una struttura agile di coordinamento, che permetta però davvero a tutte queste realtà di sedersi a un unico tavolo istituzionale, anche mettendo in piedi azioni coordinate; il problema è che queste realtà non si conoscono tra loro, ci sono realtà di eccellenza che letteralmente ignorano quello che fanno gli altri.
  Nel momento in cui ci fosse una struttura leggera di coordinamento, che permette un coordinamento progettuale, che sia riconosciuta come tale e che riceva anche quel minimo di risorse (perché questi sono strutture leggere che costano poco) che servono per un normale funzionamento organizzativo, credo che i benefici che ne potremmo avere siano enormi.
  È chiaro che, quando si crea una mutua consapevolezza, forse possono nascerne ulteriori evoluzioni di determinati tipi di strutture, però, al momento, manca uno spazio pubblico istituzionalmente riconosciuto, in cui questo tipo di coordinamento possa avvenire.

  PRESIDENTE. Grazie. Prego, dottoressa Romano.

  MAURA ROMANO, Project manager dell'associazione Meltingpro – Partner del progetto PLAN. Intanto grazie per l'invito e per Pag. 13l'attenzione verso il nostro progetto PLAN. Volevo solo aggiungere alle parole di Angela Tancredi una breve descrizione delle attività in cui si sviluppa il progetto. Si tratta di un progetto di rigenerazione creativa dei patrimoni (per tornare alla parola «patrimonio» utilizzata dal professor Sacco) materiali e immateriali della scuola Pisacane. La filosofia che sta alla base di questo progetto è che i processi di rigenerazione non possono passare solo attraverso una rigenerazione di tipo infrastrutturale, ma necessitano di attivazione culturale che, nel caso del progetto PLAN, passa proprio dalla creatività dei bambini.
  Quali sono gli step principali? Intanto teniamo a specificare che questo progetto è frutto di varie esperienze in progetti europei e internazionali che stiamo realizzando proprio sul tema dell'impatto sociale della cultura e della partecipazione culturale. La prima attività di progetto è stata proprio quella di un intervento infrastrutturale su alcuni spazi in disuso o comunque degradati della scuola: il cortile dove i bambini giocano ogni giorno e un'aula didattica in disuso, che è stata poi trasformata in laboratorio didattico permanente. I benefici di questa prima attività non ricadono solamente sui beneficiari diretti, quindi sulle due classi di bambini direttamente coinvolti nel progetto, ma hanno una ricaduta più ampia anche nel tempo.
  La seconda azione è quella tuttora in corso, il laboratorio di architettura di Farm Cultural Park. Abbiamo pensato di invitare Andrea Bartoli e Florinda Saieva, con i quali collaboriamo da tempo, a partecipare al nostro progetto, per provare a esportare la buona pratica di SOU, la Scuola di architettura per bambini che loro hanno ideato e realizzato all'interno dei sette cortili della Farm. Proprio questa mattina Andrea e Florinda sono con i nostri bambini e stanno lavorando con loro alla costruzione di mondi possibili, a partire dalla consapevolezza di quello che manca nel quartiere, e la cosa sorprendente è che i bambini hanno perfettamente chiaro quello che manca nel loro quartiere e quello che vorrebbero; quindi stanno utilizzando lo strumento dell'architettura e del design per ridisegnare gli spazi fisici della scuola e del territorio all'interno del quale la scuola opera. L’output di questa parte di progetto sarà sicuramente un orto urbano – i bambini stanno lavorando anche con il collettivo di architetti di Orto capovolto di Palermo, quindi un lavoro veramente molto creativo – e poi delle installazioni site specific che renderanno alcuni spazi della scuola sicuramente più accoglienti e più vicini alla loro dimensione di vita.
  Lo step successivo sarà un laboratorio di storytelling territoriale, organizzato in parte dall'associazione «I dieci mondi», vincitrice di un Bando culturability, che sta realizzando all'interno della palestra della scuola un laboratorio artistico permanente. «I dieci mondi» collabora da tempo con la scuola, per cui la loro partecipazione ci sembrava molto sensata nel partenariato. L'idea è quella di creare un archivio della memoria, che parta dalle fotografie e dagli oggetti più cari ai bambini che creino un ponte con il quartiere stesso, quindi con l'identità territoriale. La caratteristica di PLAN è che si tratta di un progetto fortemente identitario, che valorizza il patrimonio immateriale dell'identità di un quartiere complesso come quello di Torpignattara, ma sicuramente molto affascinante proprio per la sua dimensione multiculturale.
  Lo step successivo sarà un laboratorio di storytelling urbano che coordiniamo noi di Meltingpro e che ha l'obiettivo di andare in linea di continuità con il lavoro fatto dalla Farm. Mentre con Andrea e Florinda i bambini stanno lavorando sulla costruzione di mondi possibili, quindi di ciò che nel quartiere non c'è e che vorrebbero ci fosse, con noi lavoreranno invece su ciò che c'è nel quartiere. Li stimoleremo alla costruzione di narrazioni che possano raccontare il quartiere dal loro personale punto di vista e dai luoghi a loro più cari. Queste narrazioni saranno trasformate in itinerari turistico-culturali e i piccoli storytellers diventeranno piccole guide turistiche, per cui saranno loro ad accompagnare noi, le istituzioni, i giornalisti e in generale le organizzazioni del territorio che vorranno partecipare alla scoperta di Torpignattara, a Pag. 14partire dai luoghi a loro più cari. Il processo si conclude (parlo di processo e non di progetto, perché è quello che abbiamo cercato di mettere in campo) con una Festa della creatività, che vedrà coinvolti tutti coloro che vorranno partecipare in un'ottica di apertura degli spazi della scuola.
  Credo che il valore di questo progetto risieda proprio nell'essere fortemente identitario, nell'essere realmente aperto, al punto che le richieste di collaborazione sono state tante che ci sono arrivate dalle organizzazioni attive nel quartiere e che abbiamo attivato una call per volontari, per mettere ordine in tutto questo flusso di energia che si è creato inaspettatamente. L'ultima cosa è la sua replicabilità. Si tratta di un progetto che vuole essere un modello innovativo replicabile di rigenerazione creativa nelle scuole, che oggi viene fatto nella scuola Pisacane di Torpignattara, ma potrà essere declinato in altre realtà territoriali ed in altri contesti scolastici. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, dottoressa. Prego, professor Sacco.

  PIERLUIGI SACCO, Professore Ordinario di Economia della Cultura, presso la Libera Università di Lingue e Comunicazione. Mi chiedo perché questo tipo di realtà sia completamente assente dalla narrazione del nostro Paese in questo momento. Questo tipo di realtà esiste dappertutto, basta vedere quello che succede con Culturability, che è stato citato, e con molte iniziative che stanno costruendo questa geografia. Perché le ignoriamo, allora? Diamo sempre e soltanto il messaggio che le generazioni giovani non vogliono fare nulla, non hanno prospettive, stanno solo ad aspettare. Questo è il tipo di realtà di cui dovremmo parlare.

  PRESIDENTE. Devo aggiungere all'osservazione del professor Sacco che noi abbiamo preso il progetto vincitore di 173 progetti che hanno vinto questo bando, che vengono portati avanti e che sono stati tutti considerati meritevoli di un contributo, quindi ben venga questo discorso complessivo. Credo che questa indagine conoscitiva possa avere anche questo ruolo e questo compito. Prego, professor Spini.

  VALDO SPINI, Presidente dell'Associazione delle istituzioni di cultura italiane (AICI). Si potrebbe anche stimolare la televisione a occuparsi di queste cose. Rinuncio a una replica, anche perché non c'è niente da replicare, ma, se possiamo abusare della vostra pazienza, vorrei che il dottor Musetti raccontasse questa esperienza di giovani manager in formazione che abbiamo realizzato a Trieste.

  PRESIDENTE. Dottor Musetti, molto rapidamente, perché non è previsto un intervento successivo, però devo dare atto di un percorso molto interessante che gli istituti culturali stanno facendo, quello di tentare di rinnovare la governance dei vari istituti, cercando di trovare energie nuove e modi diversi di pensare a quella che è la grande tradizione degli istituti culturali, quindi credo possa essere interessante se lei interviene molto rapidamente.

  MICHAEL MUSETTI,Responsabile under 35 dell'AICI. Sarò brevissimo perché non credevo che avrei avuto questa possibilità e vi voglio parlare brevemente dell'esperienza under 35.
  AICI ha creduto insieme ai Ministeri e anche alle regioni Toscana l'anno scorso, Friuli-Venezia Giulia quest'anno, di dare la possibilità a giovani manager, appartenenti a fondazioni o associazioni che sono espressione del background culturale di questo Paese, di partecipare alle conferenze nazionali promosse da AICI. Questa è stata una preziosa occasione sia di contaminazione di idee giovanili tra le mission della partecipazione degli under, quindi i giovani che si parlano, giovani manager ma anche giovani periferici al mondo della cultura che però sono in ascolto di input da grandi menti, grandi esperienze e grandi professionalità del passato, che tuttora comunque esprimono, attraverso le proprie azioni nelle fondazioni e non solo, il background culturale di questo Paese. È stata anche un'opportunità di crescita importante, perché questi giovani insieme fanno comunità. Pag. 15
  Si sta creando un senso di comunità molto importante perché, come psicologo di comunità, ritengo che dare strumenti e occasioni a questi giovani possa essere veramente importante per tutti: viviamo un momento di grande crisi, ma, come diceva Galileo Galilei, da una crisi può nascere un'opportunità: quella di individuare, da un lato, nuovi modi per affrontarla, dall'altro, che si vada all'ibridazione di professionalità differenti per trovare nuove soluzioni.
  Ritengo estremamente importante (vi faceva riferimento anche il professor Sacco) la creazione di una rete, di un'infrastruttura agile in una prospettiva futura, che c'è già stata con delle progettazioni europee delle quali AICI si è fatta carico nel corso degli anni, perché c'è necessità di fare rete, anche di competenze e di conoscenze nel senso delle risorse umane, perché queste fondazioni hanno al proprio interno grandi potenzialità, che insieme possono dare un grandissimo contributo al rilancio del Paese, seppur con tutte le difficoltà del caso, perché non è semplice, trattandosi di realtà che hanno al proprio interno una grande autonomia.
  I giovani insieme, sostenuti da figure senior, possono essere un grande contributo per questo Paese, e credo sia importante continuare a investire nella cultura.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor Musetti. Nel ringraziare i nostri ospiti per la loro presenza, autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dalla professoressa Anna Angela Tancredi (vedi Allegato 1), dal dottor Gianfranco Loffarelli (vedi Allegato 2), dall'onorevole Valdo Spini (vedi Allegato 3), dal Professor Pierluigi Sacco (vedi Allegato 4). Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 12.45.

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ALLEGATO 1

Documentazione consegnata dalla professoressa Anna Angela Tancredi.

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ALLEGATO 2

Documentazione consegnata dal dottor Gianfranco Loffarelli.

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ALLEGATO 3

Documentazione consegnata dall'onorevole Valdo Spini.

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ALLEGATO 4

Documentazione consegnata dal professor Pierluigi Sacco.

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