XVII Legislatura

VI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 19 di Mercoledì 29 novembre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bernardo Maurizio , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE TEMATICHE RELATIVE ALL'IMPATTO DELLA TECNOLOGIA FINANZIARIA SUL SETTORE FINANZIARIO, CREDITIZIO E ASSICURATIVO

Audizione del vice direttore generale della Banca d'Italia, Fabio Panetta
Bernardo Maurizio , Presidente ... 3 
Panetta Fabio , vice direttore generale della Banca d'Italia ... 3 
Bernardo Maurizio , Presidente ... 8 
Barbanti Sebastiano (PD)  ... 8 
Pelillo Michele (PD)  ... 9 
Bernardo Maurizio , Presidente ... 10 
Panetta Fabio , vice direttore generale della Banca d'Italia ... 10 
Gitti Gregorio (PD)  ... 11 
Petrini Paolo (PD)  ... 12 
Bernardo Maurizio , Presidente ... 12 
Panetta Fabio , vice direttore generale della Banca d'Italia ... 12 
Gitti Gregorio (PD)  ... 14 
Panetta Fabio , vice direttore generale della Banca d'Italia ... 14 
Petrini Paolo (PD)  ... 14 
Panetta Fabio , vice direttore generale della Banca d'Italia ... 14 
Bernardo Maurizio , Presidente ... 14 

ALLEGATO: Documentazione depositata dal dottor Panetta ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista: MDP;
Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD: AP-CpE-NCD;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile: SI-SEL-POS;
Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE: SC-ALA CLP-MAIE;
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Civici e Innovatori - Energie PER l'Italia: Misto-CI-EPI;
Misto-Direzione Italia: Misto-DI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-UDC-IDEA: Misto-UDC-IDEA;
Misto-Alternativa Libera-Tutti Insieme per l'Italia: Misto-AL-TIpI;
Misto-FARE!-PRI-Liberali: Misto-FARE!PRIL;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI) - Indipendenti: Misto-PSI-PLI-I.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MAURIZIO BERNARDO

  La seduta comincia alle 15.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del vice direttore generale della Banca d'Italia, Fabio Panetta

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle tematiche relative all'impatto della tecnologia finanziaria sul settore finanziario, creditizio e assicurativo, l'audizione del Vice Direttore generale della Banca d'Italia, Fabio Panetta, accompagnato dal dottor Gammaldi, capo del Servizio supervisione sui mercati e sul sistema dei pagamenti. È presente anche il dottor Trequattrini, capo del servizio segreteria particolare del direttorio, e la dottoressa Ansuini, responsabile della comunicazione.
  Ringrazio anche voi e lascio la parola al dottor Panetta.

  FABIO PANETTA, vice direttore generale della Banca d'Italia. Ho predisposto una breve relazione, che intenderei leggere, prima di avere l'opportunità di rispondere alle vostre domande.
  Signor Presidente, onorevoli deputati, ringrazio la Commissione Finanze della Camera per aver invitato la Banca d'Italia a esprimersi sull'impatto della tecnologia sul funzionamento del settore finanziario.
  La tecnologia e i canali di contatto a distanza tra banche e clienti svolgono già oggi un ruolo di rilievo nell'offerta di servizi finanziari. Si pensi agli ATM, al trading on line, ai POS, alle carte di debito e di credito e ai servizi di home banking.
  Il ricorso a strumenti telematici è destinato ad aumentare vertiginosamente, sospinto dalla diffusione di internet, degli smartphone, dei tablet, dal continuo calo del costo di gestione dei dati, dall'aumento della capacità elaborativa dei sistemi elettronici anche attraverso il cloud computing. Questi sviluppi interagiscono con la domanda di immediatezza nella fruizione dei servizi da parte dei clienti. La tecnologia e i servizi digitali stanno trasformando radicalmente le abitudini dei cittadini e l'attività delle imprese.
  L'impatto che si registra nel settore finanziario è parte di un più ampio processo di digitalizzazione dei consumi e dei processi produttivi che coinvolge l'intera economia. È in un tale contesto che si parla di FinTech, facendo riferimento alle applicazioni tecnologiche nell'offerta di servizi finanziari in grado di stravolgere l'attività degli intermediari.
  Al momento le attività FinTech assumono un qualche rilievo in specifici segmenti del settore finanziario, quali i pagamenti al dettaglio, i prestiti di importo contenuto e la gestione del risparmio. Esse sono, tuttavia, in rapida espansione in comparti innovativi, quali il prestito collettivo (il cosiddetto lending based crowdfunding), i servizi automatizzati di investimento (i robo-advisor) e di aiuto alla clientela (chat box). È crescente il ricorso a tecnologie quali l'intelligenza artificiale, i dati destrutturati Pag. 4 (big data) e la distributed ledger technology (DLT).
  La concorrenza delle aziende FinTech sta già cominciando a intaccare i margini dell'attività bancaria tradizionale. Si stima che nel prossimo decennio, con l'espansione in tutti i segmenti di mercato, i nuovi operatori potrebbero erodere il 60 per cento dei profitti che le banche ottengono dalle attività al dettaglio.
  I casi di successo di aziende FinTech – si pensi al caso della multinazionale TransferWise – stanno spingendo molti intermediari ad accrescere l'impegno nelle nuove tecnologie. Numerose banche di maggiori dimensioni stanno ampliando l'offerta di servizi digitali, sia aumentando i propri investimenti, sia mediante accordi con aziende FinTech. In alcuni casi, l'integrazione viene realizzata con l'acquisizione dell'azienda FinTech da parte della banca.
  Nei mercati dove la digitalizzazione del commercio al dettaglio è più sviluppata i maggiori operatori nel campo FinTech sono rappresentati dalle aziende tecnologiche, quali Apple, Google, Amazon, Facebook negli Stati Uniti, Alibaba e Tencent in Cina.
  Apple e Google hanno sviluppato soluzioni che permettono l'utilizzo di strumenti di pagamento in accordo con banche. Amazon offre prestiti a piccole imprese, per un ammontare che è giunto a superare i 3 miliardi di dollari. Facebook consente agli utenti statunitensi di effettuare pagamenti verso i soggetti inclusi nei propri contatti e sta perfezionando l'attività di prestito a piccole imprese. Alibaba rende disponibili i servizi di pagamento attraverso la controllata Ant Financial, a cui fa capo un fondo monetario con attivo superiore a 160 miliardi di dollari. Tencent offre un'ampia gamma di servizi finanziari attraverso la controllata WeChat, attiva nei social media.
  Questi e altri esempi di successo a livello internazionale, come quello di Microsoft o della Samsung, sono dovuti in primo luogo alla complementarietà che esiste tra la piattaforma on line, la domanda di servizi da parte dei consumatori e delle imprese presenti sulla piattaforma e l'uso di strumenti di pagamento digitali.
  Di fatto, la piattaforma consente di interagire con una moltitudine di intermediari e clienti mediante un unico canale, che in futuro potrebbe divenire la modalità più diffusa per offrire servizi finanziari.
  La piattaforma è, inoltre, una formidabile fonte di informazioni. Essa mette a disposizione del gestore i dati sulla qualità dei beni offerti dalle imprese, sulle vendite dei singoli prodotti, sul grado di soddisfazione dei consumatori.
  La capacità competitiva delle aziende tecnologiche beneficia anche della loro enorme forza finanziaria, rappresentata dall'ampia liquidità accumulata nella loro attività e dall'ingentissima capitalizzazione di borsa, per alcune di esse superiore a 1.000 miliardi di dollari. Vi sono, quindi, fattori tecnologici, congiunturali e strutturali alla base dello sviluppo delle attività FinTech.
  In Italia, gli investimenti nel settore FinTech da parte degli operatori tradizionali sono ancora limitati. L'elevato numero di progetti in produzione o in via di sviluppo indica, tuttavia, il forte interesse degli intermediari. Da una recente indagine della Banca d'Italia emerge che quasi tutte le banche classificate come «significative» dalla vigilanza, che rappresentano l'80 per cento delle attività bancarie totali, stanno avviando progetti FinTech. Due terzi delle banche del campione ha avviato investimenti complessivamente pari a 120 milioni di euro, volti a innovare il modello di attività, ad accrescere i margini reddituali, a migliorare i servizi alla clientela.
  Essi riguardano principalmente lo sviluppo di servizi informativi ai clienti sull'operatività dei conti correnti, i servizi di pagamento, la gestione dell'identità elettronica, il riconoscimento a distanza, e prevedono l'adozione di tecnologie trasversali, come l'intelligenza artificiale e lo sfruttamento dei dati destrutturati.
  Sono attive sul mercato iniziative volte a sfruttare le possibili sinergie con imprese FinTech attraverso fornitori esterni. Le collaborazioni con acceleratori e incubatori sono ancora limitate, pur se in crescita.
  Gli investimenti tecnologici in Italia in campo finanziario sono contenuti, nel confronto europeo. In base alla nostra indagine Pag. 5 e alle informazioni disponibili sul complesso dell'Unione europea, si stima che nel nostro Paese gli investimenti FinTech non superano il 5 per cento di quelli totali effettuati in Europa. Si tratta, tuttavia, di dati in rapida e continua evoluzione, che potrebbero cogliere in maniera solo parziale i fenomeni in atto.
  La debolezza degli investimenti FinTech in Italia risente di più fattori. Innanzitutto, le banche si stanno liberando solo ora della zavorra accumulata nei durissimi anni di recessione economica, e dispongono quindi di disponibilità limitate. Per di più, il costo necessario per integrare le innovazioni tecnologiche con i sistemi elettronici preesistenti è elevato. Mi è stato riferito da alcuni banchieri che per ogni euro che le banche, soprattutto quelle di grandi dimensioni, spendono per costruire un sistema elettronico in grado di fornire servizi innovativi, ne devono spendere altrettanti per integrare il nuovo sistema con quello preesistente. Se si investe in FinTech, quindi, occorre anche un investimento manutentivo sul vecchio sistema, altrettanto oneroso. Ovviamente, questo è un handicap nell'innovazione per le banche molto grandi.
  Pesa, inoltre, il basso grado di digitalizzazione del nostro Paese rispetto al resto dell'Europa. Infine, il livello contenuto degli investimenti riflette l'incertezza sull'evoluzione del mercato.
  Le banche italiane devono agire con determinazione per riportare la redditività su livelli adeguati. Si tratta di un compito non agevole. Da un lato, le nuove tecnologie e il ricorso a tecniche innovative, quali la gestione dell'identità digitale, i dati destrutturati e l'intelligenza artificiale, consentiranno agli intermediari di comprimere i costi, garantendo un'elevata qualità dei servizi offerti; dall'altro, le nuove tecnologie abbattono le tradizionali barriere all'ingresso nei mercati del credito e dei servizi finanziari.
  Le imprese FinTech offrono servizi a costi contenuti sia per il ricorso alla tecnologia sia, in questa fase iniziale, per effetto di politiche commerciali aggressive, volte ad acquisire clienti.
  L'effetto finale sulla redditività degli intermediari non è facile da prevedere. Le banche dovranno in ogni caso effettuare investimenti ingenti in tecnologia per competere sul mercato; non è detto che, se si investe, si abbia poi un vantaggio in termini di redditività, ma è sicuramente vero che, se non si investe, si va fuori dal mercato.
  Nell'attuale quadro giuridico non è agevole ricondurre i nuovi servizi FinTech alle disposizioni vigenti. Le norme che disciplinano i servizi finanziari individuano e regolano le attività riservate e i soggetti abilitati a prestarle. Le leggi nazionali, per la maggior parte di derivazione europea, definiscono la nozione di attività bancaria, i soggetti che la possono esercitare e i requisiti loro richiesti. Un approccio analogo si riscontra per i servizi di pagamento e di investimento. Le autorità, applicando tali norme, autorizzano i soggetti a svolgere attività riservate. In Italia tutto ciò è tutelato dal diritto penale, che punisce i reati di abusivismo.
  Il quadro legislativo attuale fa riferimento all'attività di tipo tradizionale. Ciò genera difficoltà nel comprendere se e in che misura i servizi innovativi si inscrivono nel perimetro di quelli regolamentati. Inoltre, la normativa non sempre offre la flessibilità applicativa sufficiente per adeguarsi in modo tempestivo al progresso tecnologico.
  I nuovi operatori si caratterizzano sia per l'impiego della tecnologia sia per l'offerta di più servizi, che possono ricadere solo in parte nelle tradizionali fattispecie e interessare competenze di più autorità.
  È emblematico il caso del lending based crowfunding, ossia le operazioni di prestito tra privati svolte attraverso portali telematici. In Italia tale attività non è soggetta a norme specifiche né esiste un quadro armonizzato europeo. Benché siano ormai chiari i suoi elementi distintivi (concessione di prestito, pluralità di prestatori e debitori, utilizzo di sistemi automatizzati per abbinare domanda e offerta), le diverse piattaforme operano con modalità eterogenee. Il regime normativo a esse applicabile non è pertanto definibile a priori, ma dipende dalla specifica modalità operativa Pag. 6che dovrà svilupparsi nel rispetto delle riserve di attività interessate.
  Inoltre, in più casi le società che gestiscono i portali chiedono di essere autorizzate come istituti di pagamento, così da svolgere direttamente la gestione dei flussi di denaro sottostanti alla propria attività.
  Importanti aspetti dell'attività di lending based crowdfunding, quali la valutazione della capacità di rimborso dei debitori o del grado di propensione al rischio dei finanziatori, restano non regolati da disposizioni settoriali ed esenti da controlli delle autorità.
  La Banca d'Italia, per venire incontro alle esigenze degli operatori di questo settore, ha recentemente chiarito i limiti entro i quali l'attività può essere svolta, in primis con riferimento alla riserva di attività di raccolta del risparmio tra il pubblico.
  Il settore dei pagamenti è particolarmente interessato dagli sviluppi tecnologici, grazie soprattutto alla larga diffusione di smartphone e tablet, che consentono di accedere digitalmente a un numero sempre maggiore di funzioni.
  Al suo dinamismo contribuisce anche l'accesa concorrenza, a sua volta favorita da un quadro regolamentare che tiene conto degli sviluppi del mercato. La normativa consente infatti l'offerta di servizi di pagamento anche a intermediari non bancari, quali gli istituti di pagamento e gli istituti di moneta elettronica, prevedendo per essi requisiti meno stringenti rispetto alle banche, data la loro limitata operatività.
  La nuova direttiva sui servizi di pagamento, cosiddetta Payment Services Directive 2 (PSD2), in via di recepimento, mira ad accrescere ulteriormente il livello di concorrenza, disciplinando una nuova tipologia di operatori, i third party provider. Si tratta di soggetti che offrono nuovi tipi di funzioni, servizi dispositivi di ordini di pagamento nel settore del commercio elettronico e quelli di informazione sui conti. Per svolgere quest'attività, essi devono acquisire un'autorizzazione all'offerta di servizi di pagamento e sottoporsi ai controlli della Banca d'Italia. In questo senso la PSD2, nel promuovere innovazione e concorrenza, assicura parità di condizioni nell'offerta di servizi e tutela dell'utente.
  Nel complesso, il quadro normativo dei servizi di pagamento appare al momento adeguato a favorire lo sviluppo di start-up innovative. Grazie alle tecnologie, stanno emergendo nuovi modelli di servizio. Sono sperimentazioni che la Banca d'Italia segue con attenzione.
  Le autorità, in particolare le banche centrali, analizzano l'evoluzione in atto per definire gli interventi in grado di favorire l'innovazione e salvaguardare l'interesse pubblico, garantendo l'equilibrio tra le opportunità e i rischi derivanti dal ricorso alla tecnologia.
  Dal 2014 la Commissione europea segue il settore del lending based crowdfunding per valutare l'esigenza di interventi normativi. Nel febbraio 2017 l'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) ha pubblicato un documento in cui si analizzano i rischi e i benefìci della distributed ledger technology applicata ai mercati finanziari e la sua interazione con il quadro normativo. Lo scorso agosto, l'Autorità Bancaria Europea (EBA) ha pubblicato i risultati di una rilevazione sul FinTech su scala europea, sottoponendo al mercato le iniziative che essa intende assumere.
  Il quadro regolamentare dei servizi finanziari è già oggi molto articolato. È pertanto auspicabile che ulteriori misure normative siano graduali e proporzionate, basate su uno stretto dialogo con gli operatori. Una regolamentazione ridondante finirebbe per frenare l'innovazione. Gli interventi dovranno rispondere alle esigenze del mercato, presidiandone i possibili rischi.
  È necessario un approccio europeo e uno stretto coordinamento tra autorità. L'integrazione dei mercati richiede regole comuni da applicare con criteri omogenei. Prescrizioni normative valide solo entro i confini domestici risulterebbero inadeguate a disciplinare un fenomeno che travalica i limiti territoriali nazionali. Gli arbitraggi normativi vanno evitati, garantendo parità di condizioni tra Paesi. Sono queste le linee guida che hanno consentito Pag. 7lo sviluppo dei servizi di pagamento fortemente interessati dalla spinta tecnologica, le cui norme sono armonizzate a livello europeo.
  Va altresì garantita la parità di condizioni tra operatori tradizionali e nuovi operatori per stimolare una concorrenza sana, basata sul principio secondo cui a rischi uguali si applicano norme e controlli anch'essi uguali. Una regolamentazione ad hoc per le FinTech non risponderebbe a criteri di efficacia, in quanto le imprese innovative svolgono funzioni diverse tra loro e per lo più riconducibili ad attività già disciplinate da norme specifiche. Il quadro regolamentare dovrebbe essere neutrale rispetto al fattore tecnologico. Si pone l'esigenza di applicare attentamente il principio di proporzionalità per evitare oneri eccessivi a carico degli operatori di minori dimensioni.
  La tutela della clientela va posta in primo piano per assicurare la fiducia nel sistema finanziario. Sono essenziali trasparenza e informazione al fine di consentire scelte consapevoli da parte dei clienti. Le autorità possono contribuire in misura significativa, favorendo lo sviluppo delle conoscenze finanziarie, un obiettivo a cui la Banca d'Italia dedica sforzi rilevanti.
  Dal dibattito internazionale emergono tre modalità di interazione con il mercato, caratterizzate da un diverso grado di coinvolgimento delle autorità nel sostegno all'innovazione.
  La prima si fonda sulla costituzione di innovation hub, volti ad aiutare le imprese con prodotti ad alto contenuto tecnologico a rispondere ai requisiti della regolamentazione. La seconda modalità si basa sulla istituzione di regulatory sandboxes, volte a favorire lo sviluppo di attività innovative attenuando vincoli normativi entro specifici limiti di tempo e di operatività. La terza consiste nella creazione dei cosiddetti incubators, dove le autorità sono coinvolte nell'attività di sviluppo in via diretta anche attraverso forme di partnership e, in talune esperienze, di cofinanziamento dei progetti.
  Il contributo delle autorità si muove nell'ambito di norme per gran parte di matrice europea, la cui disapplicazione comporterebbe rischi su più fronti, quali la tutela della clientela, la sicurezza e la stabilità sistemica.
  L’innovation hub offre una soluzione bilanciata, capace di dare impulso al settore senza comprometterne la sicurezza. Il dialogo con le imprese consentito dall’innovation hub può essere utile sia alle autorità, per comprendere i fenomeni in atto e le esigenze del mercato, sia agli operatori, per avere informazioni certe e affidabili. L’innovation hub permette di fornire alle imprese indicazioni sugli aspetti di compliance e di interpretazione delle norme; può svolgere un ruolo propositivo in vista di modifiche del quadro regolamentare.
  La Banca d'Italia si confronta da tempo con i cambiamenti che la tecnologia sta determinando nell'industria finanziaria. Valutiamo i progetti innovativi di banche e altri operatori del credito e dei pagamenti, tenendo conto sia della compliance normativa, sia dei riflessi su efficienza, sicurezza e affidabilità del sistema. Esaminiamo le iniziative delle società di peer to peer lending based crowdfunding che richiedono la licenza di istituto di pagamento o di istituto di moneta elettronica. Nell'ambito della nostra ordinaria attività istituzionale seguiamo l'attività delle imprese FinTech e le principali iniziative in corso.
  Da oltre due anni è attivo un tavolo dedicato alla tecnologia blockchain, il meccanismo di funzionamento alla base delle monete digitali. Il convegno organizzato lo scorso anno su questo tema, a cui hanno partecipato rappresentanti del settore finanziario e tecnologico, è un esempio del nostro impegno sul tema dell'innovazione finanziaria.
  In vista di iniziative sul tema FinTech coordinate a livello europeo, le autorità di vigilanza possono promuovere l'innovazione tecnologica nel settore finanziario svolgendo un ruolo di supporto dei nuovi operatori. Va valutata l'opportunità di un intervento legislativo per disciplinare espressamente questa forma di supporto, cosicché il dialogo tra operatori e autorità possa avvenire in una cornice normativa chiara e certa, anche in presenza di servizi che non Pag. 8ricadono nel perimetro delle attività regolamentate.
  Abbiamo attivato stamani il nostro innovation hub, denominato Canale FinTech.
  Si tratta di uno spazio sul nostro sito Web dedicato a queste tematiche. Esso intende favorire il confronto con gli operatori di mercato rendendo disponibile un percorso facilmente accessibile e un contesto proattivo.
  Canale FinTech rappresenta il punto di contatto dell'Istituto per indirizzare le imprese che intendono realizzare progetti industriali innovativi; viene svolto un esame delle proposte presentate, si valutano gli aspetti di competenza dell'istituto e si fornisce una specifica risposta a ciascuna istanza degli operatori.
  Le innovazioni in campo finanziario rappresentano un'opportunità per l'intera economia: per i consumatori, che potranno ottenere servizi di alta qualità a basso costo; per le imprese, che potranno innalzare la produttività integrando i propri sistemi gestionali con servizi bancari e di pagamento più efficienti; per gli stessi intermediari tradizionali, che attraverso il ricorso alla tecnologia potranno accrescere l'efficienza e offrire prodotti digitali innovativi. L'attività delle imprese FinTech può, inoltre, contribuire allo sviluppo del credito non bancario, colmando così una grave lacuna del nostro mercato dei capitali.
  Le istituzioni pubbliche hanno il compito non agevole di adeguare il sistema normativo alla trasformazione tecnologica in atto, continuando nel contempo a garantire la stabilità del sistema e la tutela della clientela.
  È necessario interrogarsi sulle scelte regolamentari. Il futuro assetto del settore dei servizi creditizi e finanziari dipenderà dalle forze di mercato, dalle preferenze dei consumatori, dalla capacità degli intermediari finanziari di selezionare gli investimenti migliori, ma anche dall'adeguatezza del sistema normativo e regolamentare.
  La discussione odierna offre il nostro contributo alla crescita e al progresso del sistema economico e finanziario dell'Italia.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il dottor Panetta.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  SEBASTIANO BARBANTI. Ringrazio il vicedirettore Panetta per la sua presenza e per l'audizione.
  Parto dalla considerazione che forse è stato più duro di quello che avevo letto. Mi riferisco alla parte relativa all'erosione del 60 per cento del margine. Ero rimasto al dato rilevato da alcuni sondaggi condotti precedentemente, che avevano rilevato un'erosione del margine pari al 24 per cento, ma il dato del 60 per cento, ancora più pesante, ci fa comprendere che il FinTech non è più un'opzione, ma una necessità, soprattutto per quanto riguarda la tutela del nostro mercato finanziario e bancario.
  Sono assolutamente d'accordo con lei quando parliamo dell'attuazione di criteri di proporzionalità e gradualità e, soprattutto, di un perimetro normativo progettuale, una sorta di spazio dedicato alla sperimentazione costruito con gli operatori del settore, nel quale gli operatori stessi possono dialogare con i regulators, attraverso uno scambio reciproco di idee, di opinioni, di vigilanza, e in cui le banche siano favorite nell'acquisizione e nello sviluppo di nuove tecnologie.
  Sarei forse più drastico di lei quando parla di fenomeno europeo. Io direi, riprendendo un rapporto dello IOSCO (International Organization of Securities Commissions) del febbraio 2017, che addirittura forse è mondiale.
  Sono d'accordo sulla creazione di un perimetro normativo più ampio possibile. Attualmente, stiamo assistendo a piattaforme di crowdfunding che operano in Italia collocando strumenti di debito di aziende italiane, cosa che ancora le nostre piattaforme italiane non possono fare, speriamo per poco. Praticamente, abbiamo un flusso di finanziamenti che non riusciamo a gestire e a supervisionare. Per via di questa differenza, che lei ha giustamente sottolineato, siamo costretti un po’ a subire.
  Passo ora velocemente alle mie domande. Innanzitutto, mi chiedo, se consideriamo il FinTech una necessità, come considera un ruolo molto forte dello Stato Pag. 9e del Governo italiano, nella gestione e nello sviluppo di una politica industriale in tale ambito. Questo è un tema centrale rispetto al FinTech: il ruolo di leadership dello Stato italiano.
  Peraltro parliamo di un certo bacino specifico. Sa meglio di me che a Londra, nel solo Canary Wharf, il FinTech occupa fino a 136.000 dipendenti, una città grande come Bergamo, per un reddito di oltre 26 miliardi. Si tratta di una vera e propria politica industriale. In che modo il Governo e lo Stato possono acquisire questo ruolo di leadership, mettendo una fiche molto pesante nella gestione di questo fenomeno?
  Faccio poi riferimento a un passaggio della sua relazione sulla stima del rischio dei finanziatori. Noi abbiamo avuto in audizione una società di rating italiana riconosciuta dall'ESMA (European Securities and Markets Authority), che però ha lamentato il problema di non avere accesso alla Centrale dei rischi.
  Mi chiedo e le chiedo: in questo processo di facilitazione e di migliore stima del rischio, soprattutto attraverso l'utilizzo di canali tecnologici, prevedete che possano essere individuati degli spazi per un accesso controllato, come lo riterrete opportuno, alla Centrale dei rischi, da parte degli operatori che svolgono questo servizio?
  Faccio un rapido accenno anche alla Direttiva PSD2. Lei ha sollevato il problema di quelle che io chiamo le Big Tech: siete preoccupati dell'asimmetria informativa che la PSD2 crea tra gli operatori classici e le Big Tech, più che le FinTech? Abbiamo, infatti, da un lato, questo «bocchettone» aperto sui database delle banche, da cui le Big Tech possono aspirare i dati, ma non abbiamo il contrario. Le Big Tech possono entrare nei database delle banche, mentre il percorso inverso non è possibile. Questo potrebbe creare un'asimmetria informativa e dei rischi per quanto riguarda la concorrenza, l'abuso di posizioni dominanti e, in generale, l'attività di business delle banche.

  MICHELE PELILLO. Voglio innanzitutto ringraziare il Vice Direttore Panetta a nome del gruppo del Partito Democratico per questo suo puntuale e apprezzato contributo in un'indagine conoscitiva che ci sta impegnando già da qualche mese. Ci siamo inoltrati in questo mondo tutto da scoprire del FinTech, che ci ha riservato anche molte sorprese. Abbiamo svolto alcune decine di audizioni cercando di scandagliarlo, ed effettivamente abbiamo preso piena consapevolezza di quanto sia importante, rendendoci anche conto di qualche lieve ritardo che forse la politica ha avuto nell'affrontare questo fenomeno, che cresce a vista d'occhio, in modo velocissimo.
  Ho da rivolgerle soltanto una domanda, che nel corso di tutte audizioni mi torna sempre in mente. Talvolta l'ho rivolta, altre volte l'ho tenuta per me, ma mi rimane in mente.
  Lei saprà, glielo confermo, che in questa Commissione, durante questa legislatura, abbiamo parlato di banche centinaia di volte, forse mai come in passato. Tutte le questioni, che conosce come e meglio di me, sono state oggetto del nostro approfondimento, spesso anche di contrasto politico.
  Un aspetto è emerso in particolare in modo chiaro e, forse per la prima volta in questa legislatura, in modo evidente: il fatto che l'educazione finanziaria deve colmare un gap notevole nel nostro Paese, e come tanti problemi per i clienti retail siano stati dovuti proprio alla scarsa conoscenza e consapevolezza di quello che essi sottoscrivevano e acquistavano.
  Premetto che abbiamo capito tutto questo fino in fondo e che ciò ormai è patrimonio comune. Anche la legge sull'educazione finanziaria è stata approvata in questa Commissione. Lo vorrei ricordare. Essa costituisce un primo passo nella direzione di un percorso, che penso sarà molto lungo e abbastanza faticoso.
  Secondo lei, l'avvento così prepotente del FinTech può agevolare la riduzione di tale gap o addirittura può creare, almeno nel breve periodo, qualche problema in più? Questa è la grande paura. Spaventato da quello che ho capito di questo gap che va colmato, mi sono reso conto, in questi ultimi mesi, di quanto il FinTech sia un fenomeno prorompente, inarrestabile e velocissimo, e non riesco a darmi risposta. Il Pag. 10FinTech potrà essere d'ausilio per ridurre il gap di cui parliamo o, almeno nel breve periodo, esso può creare ulteriori problemi, e quindi indebolire ancora di più la posizione della clientela retail, che, come sappiamo, ha avuto qualche problema negli ultimi tempi?

  PRESIDENTE. All'onorevole Gitti si è aggiunto l'onorevole Petrini. Chiedo al dottor Panetta se preferisce rispondere prima ai due colleghi già intervenuti, o alla fine.

  FABIO PANETTA, vice direttore generale della Banca d'Italia. Posso rispondere, intanto, alle domande che mi sono state già rivolte.
  La prima domanda è dell'onorevole Barbanti: come lo Stato può intervenire per agevolare il FinTech? Lei ha perfettamente ragione, ormai non è più un'opzione. È una realtà. L'utilizzo della tecnologia è l'elemento caratterizzante dell'attività finanziaria.
  Le banche utilizzano le informazioni e i dati sui clienti per valutare il loro merito di credito. La sfida è quella di adottare soluzioni tecnologiche in grado di reperire e sfruttare in modo più intensivo le informazioni disponibili. Secondo questa prospettiva, le grandi società di internet hanno un vantaggio significativo in quanto possiedono molti dati inerenti all'operatività dei loro clienti che, adeguatamente elaborati, sono di rilevanza fondamentale per capire il tipo di cliente che si ha di fronte, la sua forza e capacità di rimborso dei prestiti.
  Come può intervenire lo Stato per agevolare quest'evoluzione e per non subire, come lei ha detto, le iniziative che provengono dall'estero?
  Lo Stato può contribuire a facilitare il processo innovativo nel nostro Paese.
  Il primo aspetto menzionato dagli operatori è quello della certezza normativa. Già gli interventi introdotti negli anni scorsi per le start-up sono risultati utili; mi riferisco, tra l'altro, alle agevolazioni di carattere fiscale e finanziario.
  La possibilità di ottenere finanziamenti non rappresenta il problema principale. Ritengo che l'aspetto fondamentale sia la chiarezza e la semplificazione normativa. Start-up giovani, di dimensione ridotta e dalla struttura snella, che basano il loro business sullo sviluppo di idee innovative, chiedono di operare in un ambiente semplice e trasparente, in cui ci sia certezza del quadro regolamentare. In questo ambito, la chiarezza, la trasparenza, il dialogo aperto con le istituzioni e la capacità di venire incontro alle esigenze e le richieste del mercato sono elementi determinanti. Questo è il motivo per cui oggi abbiamo creato il sopra citato «Canale Fintech»: vogliamo sia semplice, da Roma o da qualunque altro luogo, avviare un dialogo con le autorità di settore per capire che cosa è necessario per svolgere in Italia un'attività FinTech.
  Abbiamo inoltre contatti e iniziative in corso con il MEF per rendere questo sforzo una iniziativa comune e contribuire a creare un ambiente nazionale più favorevole alle start-up, anche estere, preservando l'attrattività del nostro Paese.
  Per quanto riguarda l'accesso alla Centrale dei rischi, va tenuto presente che i dati in essa presenti sono strettamente riservati; la stessa Banca d'Italia li può utilizzare solamente a fini istituzionali.
  Al tempo stesso, peraltro, le società tecnologiche dispongono dei dati sulle abitudini della clientela e sui prodotti che acquistano; le informazioni che ne derivano non sono disponibili per le banche. Si tratta quindi di due tipologie di dati molto diverse ma altrettanto utili per tracciare il profilo della clientela. Ciò posto, un ampliamento dell'accesso alla Centrale dei rischi anche a soggetti non bancari non mi sembra, al momento, la scelta più adeguata.
  Faccio ora riferimento alla domanda dell'onorevole Pelillo sull'educazione finanziaria. Nonostante i vincoli posti dalla normativa, è sempre presente il rischio che le imprese finanziarie adottino comportamenti di opportunismo nei confronti della clientela. Ritengo quindi che le norme da sole non siano sufficienti; occorre una maggiore consapevolezza dei clienti, basata su una adeguata conoscenza finanziaria. Questa è un'esigenza che non riguarda in particolare Pag. 11 il FinTech, ma tutto il settore finanziario.
  Abbiamo quindi davanti un impegno importantissimo.
  La Banca d'Italia investe da tempo nella diffusione delle conoscenze finanziarie; il nostro programma è di medio-lungo periodo e fa perno soprattutto sui giovani.

  GREGORIO GITTI. Ho molto apprezzato la misura e la saggezza del Vice Direttore Panetta quando, in un passaggio della sua relazione, ha commentato lo scenario normativo aperto dalla direttiva europea sui servizi di pagamento, che effettivamente apre, come è stato detto, alla concorrenza di nuovi operatori e nuovi intermediari. Anche quest'ultima risposta sul settore di business, quindi sull'attività distintiva e discretiva del confine tra l'attività bancaria e l'attività di mera intermediazione è – credo – fondamentale.
  Peraltro, il vero tesoro di queste attività – lo testimoniano anche quelle che sono state le esplosioni del mercato e della capitalizzazione ricordate all'inizio – è il tesoro informativo sul cliente. È questo il vero oggetto della disputa tra le diverse aziende, le quali puntano ad attingere a questa ricchezza.
  Con riferimento proprio alla Direttiva PSD2 – ritengo sia anche un suggerimento molto utile al legislatore nazionale, che avrà il compito di recepire la direttiva – una regolamentazione ad hoc per le FinTech non risponderebbe, così è stato scritto, a criteri di efficacia, in quanto le imprese innovative svolgono funzioni diverse tra loro, per lo più riconducibili ad attività già disciplinate da norme specifiche.
  Questo mi sembra un atteggiamento e un approccio di grande moderazione, che vedo con grande favore. L'eccesso di normativismo di questi anni – non parlo solo di questa legislatura ma anche ben prima – non ha mai colpito nel segno.
  Sul recupero di categorie generali, o comunque di discipline generali, basterebbe solo fare l'esempio del crowdfunding, che è in realtà un prestito tra privati già disciplinato da una norma antichissima, recepita nei codici civili, da quello napoleonico fino ad oggi: il contratto di mutuo. Non dobbiamo impazzire dietro alle formule e a quelle che sono, probabilmente, anche «mode regolamentari».
  Questa indicazione da parte della Banca d'Italia mi sembra molto utile e saggia rispetto a un quadro regolamentare che ancora, come è stato affermato, deve essere – anzi, si usava il condizionale, ma io lo dico in termini più assertivi – neutrale rispetto al fattore tecnologico.
  Il fattore tecnologico non muta né la diversità di mercato né la diversità di attività commerciale, bancaria o finanziaria. È semplicemente un medium che non può caratterizzare la disciplina.
  L'ho affermato molto chiaramente anche nell'ambito della Commissione che la Presidente Boldrini ha costituito e che, con il compianto Stefano Rodotà, mi ha visto partecipe della scrittura della carta dei diritti in Internet. In quella sede mi ero battuto perché ci fosse il criterio della competitività e della concorrenza anche sull'uso delle infrastrutture da parte dei monopolisti, cioè degli stessi soggetti, da Google a Facebook, che oggi sostanzialmente controllano un bagaglio informativo non più accettabile, che scolpisce una clientela a tutto tondo su vari servizi e mercati.
  Non a caso Amazon, anche se non dobbiamo fare una valutazione di carattere merceologico, sta espandendo l'offerta a qualunque tipo di prodotto. Questo servirà, evidentemente, a garantire quella raccolta e quel finanziamento in altro modo, così rafforzando anche il ruolo di intermediazione finanziaria.
  Detto questo, vorrei rivolgere una domanda diretta sulla situazione italiana.
  Abbiamo visto le banche arretrare, secondo me da un punto di vista industriale in modo non del tutto condivisibile, quando il maggiore azionista dell'Istituto centrale delle banche popolari, evitando un aumento di capitale, ha venduto, con grande plusvalenza, a tre fondi, di cui uno solo e in parte minoritaria italiano, e due americani, che hanno fatto un investimento importante. Di più, hanno vinto anche, in competizione con Sia, arrivo al punto, il beauty contest di Setefi, quindi oggi hanno una Pag. 12posizione di mercato molto importante, con investimenti molto importanti.
  In Italia non solo, come giustamente la Banca d'Italia, attraverso le parole del vicedirettore ci ricordava, siamo in ritardo, ma addirittura alcuni centri di lavoro, oltre che di elaborazione tecnologica, sono stati ceduti.
  A questo punto, quale può essere il ruolo di Sia nella partnership con Poste Italiane? Le autorità, e lo chiedo in particolare alla Banca d'Italia, come potrebbero interpretare quelle modalità di interazione con il mercato che sono state ricordate – evocando un dibattito internazionale – che possono variare dall’innovation hub alle sandbox?
  Con maggiore attenzione alle attitudini italiane e alla tecnica dell’incubator, probabilmente un centro di innesco, come potrebbe essere Sia, non direttamente un'autorità, potrebbe essere anche coinvolto in progetti innovativi, anche di cofinanziamento, o comunque di sostegno. Ciò soprattutto rispetto a un'eccellenza che era stata italiana e che oggi purtroppo, per alcune vicende di gestione è stata ceduta – sto parlando di una società quotata – e riguardo alla quale il tema della cyber security è fondamentale.
  Questo è un tema su cui forse c'è ancora troppo poca attenzione nel dibattito politico. Certamente, una delle ragioni per cui in Italia e in Europa tale mercato non si è sviluppato con la stessa impetuosità dei mercati asiatici e americani è stata la questione della sicurezza, quasi come se ci fosse un avvertimento, un warning, a volte non sempre fondato, sulla sicurezza del commercio elettronico. Anche il tema dei nuovi operatori, e quindi dei nuovi pagatori elettronici che la Direttiva PSD2 pone, sottolinea ancora di più questa valorizzazione, proprio in termini concorrenziali.
  Da questo punto di vista, vorrei chiedere alla Banca d'Italia qual è la sua valutazione e quali potrebbero essere, dal punto di vista delle autorità, i mezzi più efficaci per sostenere alcuni progetti innovativi. Non possiamo dimenticare che Silicon Valley è nata perché qualche decennio fa, direi quasi un trentennio, pesanti finanziamenti pubblici hanno realizzato quella che oggi è una realtà tecnologica. Allo stesso modo pesanti finanziamenti pubblici stanno invece finanziando, sull'altra costa americana, a Filadelfia in particolare, la nuova frontiera della life science, che noi ancora non conosciamo, ma che in pochi anni rappresenterà un'ulteriore rivoluzione tecnologica.

  PAOLO PETRINI. Emerge anche dalla chiara relazione svolta dal vicedirettore della Banca d'Italia la necessità di un intervento regolamentare per porre i soggetti sullo stesso piano, naturalmente anche al fine di tutelare gli utenti. Credo che la Commissione europea stia già lavorando in maniera molto determinata su tutto ciò. Tra non molto tempo ne vedremo frutti concreti.
  Quindi mi chiedo: questa regolamentazione a cui bisogna lavorare affronterà in maniera indiretta anche la questione delle criptovalute, visto che la BCE non ha giurisdizione, ma questo fenomeno è legato indissolubilmente – poiché senza blockchain la criptovaluta non ci sarebbe – al FinTech?
  Mi chiedo: nel caso in cui l'intervento europeo sia solo indiretto, a livello del singolo Stato non esiste ormai la necessità comunque di intervenire?
  Io mi faccio domande anche semplici. Noi dobbiamo calcolare la Tobin tax sulle transazioni finanziarie, e non la calcoliamo neanche sui derivati dei bitcoin? Mi pare che ciò strida, a dir poco. Vorrei conoscere il pensiero della Banca d'Italia, senza arrivare agli approcci seguiti dai cinesi o anche dai russi, ma mi pare che qualcosa bisognerà pur fare in relazione a questo fenomeno in così selvaggia espansione.

  PRESIDENTE. Do la parola al dottor Panetta per la replica.

  FABIO PANETTA, vice direttore generale della Banca d'Italia. Grazie mille per le domande, molto interessanti e stimolanti.
  Sono d'accordo con le argomentazioni dell'onorevole Gitti. In particolare, anche io ritengo che una regolamentazione ad hocPag. 13per il FinTech sarebbe inefficace. Al di là, però, di questa affermazione, qual è il motivo?
  È emerso prima, non solo dalla mia relazione, ma anche dall'interazione che abbiamo avuto sulle precedenti domande, che una delle principali esigenze di chi vuole entrare in questo mondo è la certezza, la chiarezza e la piena comprensione del quadro normativo.
  Una regolamentazione ad hoc per le Fintech non sempre risponderebbe a criteri di efficacia, quantomeno quando le imprese innovative svolgono funzioni riconducibili ad attività già disciplinate da norme specifiche (es. intermediazione creditizia, servizi di pagamento); in questi casi è anche importante assicurare il «level playing field» con gli operatori tradizionali. Laddove si ravvisi l'esigenza di una normativa ad hoc, va comunque evitata una disciplina su FinTech in quanto tale, avendo piuttosto riguardo alle singole attività svolte.
  Per quello che riguarda la sua seconda domanda, cioè il ruolo di Sia e l'evoluzione di alcuni operatori, si tratta di soggetti tutti vigilati, quindi non potrò entrare troppo nei dettagli. Le banche hanno venduto la Borsa e alcune infrastrutture di mercato, una scelta compiuta perché vi era l'esigenza di accrescere la patrimonializzazione. Tuttavia cedere infrastrutture che rivestono un interesse di carattere generale può rappresentare un problema per l'efficienza generale del mercato nazionale.
  Sia è una società in mani italiane, e svolge tradizionalmente un ruolo di sistema in Italia, ma ha una rilevanza crescente anche a livello europeo. Occupa uno spazio importante nel mercato della sicurezza informatica, dei servizi di rete e dei pagamenti, non solo al dettaglio ma anche all'ingrosso; offre anche prodotti di pagamento innovativi, come quelli istantanei. È vigilata e, tra l'altro, è partner di importanti aziende pubbliche.
  Come si può intervenire per sostenere le aziende innovative? Voi conoscete molto bene il dibattito tra sandbox e innovation hub. Alcuni operatori chiedono con molta forza l'introduzione delle cosiddette sandbox. In realtà, a livello europeo, le sandbox non esistono in molti Paesi. Vi sono esempi in alcune giurisdizioni (Regno Unito e Olanda), ma la flessibilità normativa di queste sandbox si riferisce a nicchie di attività non regolamentate a livello europeo. Le normative nazionali che fanno riferimento alla disciplina europea non consentono infatti deroghe. Inoltre, nel caso queste deroghe ci fossero vi sarebbe il rischio, non trascurabile, che uno shock alla fiducia nei confronti di certe attività finanziarie possa avere un impatto negativo persistente e prolungato nel tempo.
  Credo che la soluzione dell’innovation hub, che ha numerose caratteristiche di cooperazione e di discussione aperta tra gli operatori e le autorità, possa far fronte a molte delle esigenze delle imprese FinTech.
  Sulle criptovalute ci sono opinioni molto diverse. L'amministratore delegato di JP Morgan ha affermato che esse rappresentano una attività fraudolenta. Per contro, un'altra grande azienda americana sta cominciando a commercializzare un fondo che investe in bitcoin.
  Personalmente, non riesco a vedere la forza intrinseca di questi strumenti, particolarmente vulnerabili in caso di crisi di fiducia che possono essere anche molto repentine.
  Come vanno disciplinati questi strumenti? L'intervento non può che essere internazionale. Ad oggi in Italia il decreto legislativo di recepimento della quarta direttiva antiriciclaggio (D. lgs. n. 90 del 25 maggio 2017, entrato in vigore il 4 luglio scorso) ha già previsto l'estensione degli obblighi antiriciclaggio ai soggetti che convertono valute virtuali con valute aventi corso legale, di fatto anticipando parte delle novità della cosiddetta «quinta direttiva antiriciclaggio». Tuttavia, con questa norma solo una parte del tutto residuale dell'attività in valute virtuali è disciplinata. Andrà valutata l'opportunità di introdurre una normativa più ampia, ma non sarà semplice. Credo che l'esperienza cinese a cui l'onorevole Petrini faceva riferimento sia molto indicativa. La Cina non ha avuto un grandissimo successo nel suo divieto nei confronti delle criptovalute.

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  GREGORIO GITTI. (fuori microfono) Sembra quasi il dibattito... sulla cambiale e l'assegno...

  FABIO PANETTA, vice direttore generale della Banca d'Italia. Certo. Ieri, ho visto un grafico fatto da un'azienda di ricerca in cui si mostrava che la dinamica del valore di una di queste criptovalute è del tutto simile, in una ricostruzione storica, all'evoluzione del prezzo dei tulipani in Olanda qualche secolo fa. Vedremo che cosa succederà, se avranno maggior fortuna dei tulipani; ma ho qualche dubbio.

  PAOLO PETRINI. Se, intanto, applicassimo un'imposta su quelle transazioni, per lo meno su quelle registrabili come quelli sui derivati, visto che le altre non sono assolutamente rintracciabili?

  FABIO PANETTA, vice direttore generale della Banca d'Italia. Ritengo che sia un aspetto complesso. Al riguardo c'è comunque già una risoluzione dell'Agenzia delle entrate.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Panetta per la sua audizione.
  Da parte della Commissione Finanze c'è molto interesse per le cose che ha detto. Siamo all'epilogo della legislatura, ma credo sarebbe interessante per noi affrontare l'argomento attraverso audizioni anche più specifiche, proprio su questi argomenti.
  Ringrazio il Vice Direttore generale della Banca d'Italia, il dottor Gammaldi, il dottor Trequattrini e la dottoressa Ansuini, che accompagnano il dottor Panetta.
  Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal dottor Panetta (vedi allegato) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.15.

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