XVII Legislatura

VI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 15 di Mercoledì 15 novembre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giacomoni Sestino , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE TEMATICHE RELATIVE ALL'IMPATTO DELLA TECNOLOGIA FINANZIARIA SUL SETTORE FINANZIARIO, CREDITIZIO E ASSICURATIVO

Audizione del dottor Alessandro Maria Lerro, presidente di AssoFintech.
Giacomoni Sestino , Presidente ... 2 
Lerro Alessandro Maria , presidente di AssoFintech ... 2 
Allegreni Fabio , segretario generale di AssoFintech ... 4 
Lerro Alessandro Maria , presidente di AssoFintech ... 4 
Giacomoni Sestino , Presidente ... 7 
Peveraro Stefania , vicepresidente di AssoFintech ... 8 
Giacomoni Sestino , Presidente ... 9 
Pelillo Michele (PD)  ... 9 
Barbanti Sebastiano (PD)  ... 10 
Giacomoni Sestino , Presidente ... 10 
Lerro Alessandro Maria , presidente di AssoFintech ... 10 
Pelillo Michele (PD)  ... 11 
Lerro Alessandro Maria , presidente di AssoFintech ... 11 
Pelillo Michele (PD)  ... 11 
Lerro Alessandro Maria , presidente di AssoFintech ... 11 
Pelillo Michele (PD)  ... 11 
Lerro Alessandro Maria , presidente di AssoFintech ... 12 
Allegreni Fabio , segretario generale di AssoFintech ... 12 
Lerro Alessandro Maria , presidente di AssoFintech ... 12 
Peveraro Stefania , vicepresidente di AssoFintech ... 12 
Giacomoni Sestino , Presidente ... 12 

ALLEGATO: Documentazione depositata dal dottor Lerro ... 14

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista: MDP;
Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD: AP-CpE-NCD;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile: SI-SEL-POS;
Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE: SC-ALA CLP-MAIE;
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Civici e Innovatori PER l'Italia: Misto-CIpI;
Misto-Direzione Italia: Misto-DI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-UDC-IDEA: Misto-UDC-IDEA;
Misto-Alternativa Libera-Tutti Insieme per l'Italia: Misto-AL-TIpI;
Misto-FARE!-PRI-Liberali: Misto-FARE!PRIL;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI) - Indipendenti: Misto-PSI-PLI-I.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
SESTINO GIACOMONI

  La seduta comincia alle 14.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del dottor Alessandro Maria Lerro, presidente di AssoFintech.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle tematiche relative all'impatto della tecnologia finanziaria sul settore finanziario, creditizio e assicurativo, l'audizione del dottor Alessandro Maria Lerro, presidente di AssoFintech, al quale do la parola.

  ALESSANDRO MARIA LERRO, presidente di AssoFintech. Grazie mille, presidente e onorevoli deputati. A nome di AssoFintech vi ringrazio per l'invito, ma soprattutto per aver avviato questa indagine conoscitiva, assolutamente essenziale per allineare l'evoluzione legislativa del Paese alla sua evoluzione reale, cosa che non sempre è avvenuta nella nostra storia.
  Chi si occupa di finanza ha assistito, negli ultimi vent'anni, a un cambiamento sostanziale della propria attività. Mentre, nel 1995, bastava conoscere un po’ di finanza e un po’ di inglese, nel 2005 è diventato necessario conoscere un po’ più di inglese e un po’ più di finanza; nel 2008, è diventato importante conoscere anche un po’ di matematica quantitativa e un po’ di statistica; fino al 2010, quando gli esperti di finanza hanno dovuto cominciare a confrontarsi con la teoria delle reti e con l'informatica avanzata. Oggi, parlare di finanza vuol dire quindi saper parlare di economia, di inglese, di matematica quantitativa, di statistica e di struttura dei sistemi informatici.
  Con il termine FinTech intendiamo il fenomeno di innovazione del mondo finanziario, consentito dalla tecnologia, che ci induce alla creazione di nuovi business model, di nuove applicazioni, processi e prodotti, determinando effetti sostanziali sui mercati finanziari, sulle istituzioni e sui servizi finanziari.
  Di che cosa si occupa AssoFintech? È un'associazione di categoria che raccoglie una serie di operatori di questo mercato, dalle piattaforme al crowdfunding, al crowdinvesting o lending, fino a coloro che svolgono il lavoro tradizionale delle banche, prestando servizi tipici delle banche o che svolgono attività di credito, nonché aziende che si occupano di compliance, le quali cominciano a seguire il mondo finanziario on line, o al confine con nuove attività consentite da Internet.
  Non so se avete la possibilità di leggere la mia relazione scritta. Vi avrei anche mostrato un video, magari lo vedrete successivamente, estremamente interessante: esso presenta, graficamente, un flusso di transazioni che avviene tra quattro o cinque mercati finanziari nordamericani. È un breve video, che dura circa mezz'ora, in cui si assiste a una miriade di transazioni che si incrociano. La cosa interessante è che è rappresentato anche l'orologio in slow motion: quella mezz'ora, in realtà, è un centesimo di secondo. Ciò dà una chiara visione, consentendo di constatare l'importanza, Pag. 3 la rilevanza e il peso che le transazioni algoritmiche possiedono oggi sui mercati finanziari.
  Parlare di FinTech significa illustrare soluzioni tecnologiche estremamente innovative nel mondo della finanza, ma anche soluzioni che consentono oggi di portare finanza alle imprese innovative, anche non appartenenti al settore FinTech, cioè imprese più tradizionali, del settore life science, o appartenenti ad altre aree estremamente importanti.
  Questo è un profilo fondamentale per il nostro Paese in questo momento. Uno dei più grandi problemi che ci sono, a livello di evoluzione del nostro tessuto imprenditoriale, è la scarsità di finanza privata. Vi ho portato un benchmark. Il mercato del venture capital italiano purtroppo è affetto da un atavico nanismo – parliamo di circa 100-120 milioni di euro all'anno – laddove il mercato complessivo comunitario del venture capital vale circa 5 miliardi di euro e laddove l'Inghilterra ha 2 miliardi di euro di venture capital e Paesi come la Germania e la Francia sono tra 1 miliardo e 800 milioni di euro. Quindi, non abbiamo finanza privata che investe nelle aziende. La loro vita finanziaria è affidata quasi esclusivamente alle banche, o al capitale privato dei fondatori.
  Peraltro, anche andando a vedere che cosa succede in Borsa, il dato relativo alla capitalizzazione rispetto al PIL è estremamente imbarazzante; in base ai dati forniti dalla World Bank. In Italia, il rapporto tra capitalizzazione di Borsa e PIL è del 27,5 per cento, laddove in Francia, Germania e Spagna tale rapporto è il doppio o addirittura il triplo, e in Inghilterra è pari al 106,5 per cento. Il numero di società quotate riflette la stessa identica proporzione: in Italia ci sono circa 290 società quotate – in base ai dati del 2014 – laddove in Germania ce ne sono 595 e nel Regno Unito 1.958.
  Perché è così importante la presenza sul mercato finanziario e la quotazione in borsa? Perché è stato dimostrato – c'è un recente studio della CONSOB estremamente interessante, da questo punto di vista – che le società quotate sono in grado di generare maggiori fatturati, di attirare maggiori investimenti e di creare maggiore occupazione. Visto che sono più trasparenti, attirano più debito. Di norma, il prestito bancario nei confronti di una società quotata viene concesso a tassi d'interesse anche inferiori all'1 per cento, laddove una società non quotata deve pagare il 4, il 5 o il 6 per cento. Inoltre, le società quotate hanno una maggiore resilienza rispetto alle crisi finanziarie, come dimostrano tutte le crisi più recenti, avvenute a partire dal 2005.
  La qualità dei dati contabili è inoltre migliore e, ovviamente, tutto questo si traduce anche in un maggior gettito fiscale. Non solo c'è un progresso complessivo dell'economia, quindi, ma anche un miglioramento dei conti pubblici.
  Per tutti questi motivi, per portare nuovo capitale alle imprese e aiutarle a sostenere finanziariamente la loro attività, il FinTech potrebbe essere un ottimo ausilio. Abbiamo osservato i risultati degli ultimi anni delle piattaforme di crowdinvesting, le quali stanno cambiando radicalmente il modo di approcciarsi al mercato del capitale di rischio, però il FinTech ha bisogno di un aiuto dal punto di vista della regolamentazione normativa, perché si trova a confrontarsi con norme spesso molto arretrate.
  Vi proporremo alcuni temi. Abbiamo selezionato una decina di argomenti, divisi in quattro aree, nelle quali l'aiuto del legislatore potrebbe essere fondamentale per consentire non solo il decollo del mercato, ma anche il rafforzamento delle posizioni raggiunte dal nostro Paese nel più ampio mercato comunitario.
  Partiamo dall’equity crowdfunding, nel quale, tra l'altro, l'Italia è stata un leader internazionale dal punto di vista normativo e regolatorio, adottando una normativa che ha anticipato di parecchio tempo tutti gli altri Paesi. Peccato che il mercato sia poi partito con maggiore ritardo, ma rispetto a ciò il legislatore non può fare davvero niente. Sulla questione dell’equity crowdfunding abbiamo evidenziato alcuni temi che potrebbero consentire un miglioramento di sistema.
  Tra l'altro, dobbiamo esprimere un plauso nei confronti della CONSOB che, Pag. 4dal punto di vista regolamentare, ha avuto un approccio estremamente concreto e ha apportato diverse modifiche al regolamento sull’equity crowdfounding, recependo le osservazioni fatte dalle associazioni di categoria, e in particolare dell'associazione italiana dell’equity crowdfunding.

  FABIO ALLEGRENI, segretario generale di AssoFintech. A questo proposito vorrei aggiungere che, grazie ai richiamati interventi, l’equity crowdfunding italiano, di fatto decollato nel 2016, è passato dall'erogazione di 4 milioni e mezzo di euro nel 2016, all'erogazione attuale di 9 milioni e mezzo di euro; e il 2017 non è ancora giunto a termine. Quindi l'anno si chiuderà al di sopra di 10 milioni nel solo 2017, con un ammontare di valore pari quasi al triplo di quello registrato nell'anno precedente.

  ALESSANDRO MARIA LERRO, presidente di AssoFintech. Siamo dunque su un valore che è già il 10 per cento del totale del venture capital italiano. È un fenomeno nato da zero, che ha alle spalle gli italiani, cioè gli investitori retail, perché il 50 per cento degli investimenti in equity crowdfunding riguarda importi inferiori a 500 euro, quindi il tipico investimento da investitori retail.
  Una prima proposta, che tra l'altro è già oggetto di un emendamento presentato nel corso dell'esame del disegno di legge di bilancio 2018, è quella di utilizzare le piattaforme di equity crowdfunding non solo per la raccolta di ordini di investimento in capitale di rischio di PMI, ma anche per il collocamento di minibond e cambiali finanziarie.
  Si tratta di prodotti che vengono sottoscritti, di norma, soltanto da investitori professionali; essi sono quindi al di fuori dell'ambito degli investitori retail. La distribuzione attraverso le piattaforme di equity crowdfunding li renderebbe molto più economici, perché la loro distribuzione in questo momento è abbastanza costosa, e avrebbe il beneficio di avvicinare gli investitori professionali alle piattaforme di equity crowdfunding, nell'ambito delle quali essi potrebbero valutare anche altri prodotti.
  Una seconda proposta è quella di sostenere il mercato secondario delle società non quotate. Sappiamo che avete già affrontato questo tema, in particolare la settimana scorsa, con l'audizione del dottor Fabrizio Barini di Intermonte SIM, il quale è anche un consigliere di AssoFintech, componente del comitato esecutivo. Il tema qui è questo: il testo unico della finanza consente di sottoscrivere le quote che si acquistano on line tramite le piattaforme di equity crowdfunding mediante un intermediario abilitato, quindi mediante una SIM.
  La proposta è quella di estendere questa possibilità anche a coloro che hanno già fatto investimenti in equity crowdfunding o hanno già sottoscritto quote di società, ma all'epoca non potevano avvalersi di questa possibilità. Costoro potrebbero intestare le azioni o le quote a una SIM e così partecipare, in modo molto economico, a un mercato secondario, che consentirebbe il trasferimento della quota azionaria, o dell'azione, a un costo del tutto irrisorio, probabilmente inferiore ai 5 euro. Invece oggi un trasferimento di quote, o una cessione di azioni di una società non quotata, devono essere oggetto di un atto notarile, con un costo di circa 300 euro.
  Un'altra proposta che vi sottopongo è quella di facilitare gli investimenti nelle PMI non innovative, eliminando una norma che, da tempo, è stata inserita nel TUF insieme alla prima versione delle norme sull’equity crowdfunding. Questa norma richiede che il 5 per cento di ogni investimento sia sottoscritto da investitori professionali. Era una norma nata per gli investimenti in startup innovative, assolutamente corretta perché valutare una startup innovativa è molto difficile. In questo caso il legislatore voleva che ci fosse una verifica da parte di un soggetto esperto di valutazione di aziende, quale un investitore professionale, anche a difesa degli interessi degli investitori retail che intendevano investire in quella società.
  A seguito dell'allargamento dell’equity crowdfunding a tutte le PMI, e non più solo a quelle innovative, questa norma non ha più senso. Peraltro non esistono investitori professionali specializzati in ristoranti, in Pag. 5negozi di abbigliamento o fabbriche di blue jeans – tali sono le nostre PMI innovative e non innovative – quindi avrebbe senso, eventualmente, mantenere quella norma soltanto per le startup innovative, eliminandola per le PMI ordinarie.
  Abbiamo inoltre alcune semplici proposte in materia di lending crowdfunding.
  Peraltro, quello che vi stiamo dicendo, in larga parte, non ha nessun impatto sulla finanza pubblica. Si tratta di misure tese a facilitare la vita di chi cerca investimenti e di chi vuole investire nelle società, senza nessun costo per lo Stato.
  Sul fronte del lending crowdfunding, i cosiddetti prestiti peer to peer, abbiamo visto una vera e propria esplosione delle piattaforme. I volumi raccolti – magari i colleghi ci potranno dare qualche indicazione in proposito – sono estremamente alti. Attraverso le piattaforme di lending, un'azienda o un privato può raccogliere denaro da parte di qualsiasi investitore retail, o da aziende.
  Il problema è che se si investe su una piattaforma di lending, prestando denaro a chi ne ha bisogno per determinate attività, i ricavi e il tasso d'interesse che viene guadagnato sono discriminati rispetto a ogni altro tipo di investimento: mentre gli investimenti normali sono tassati con un'aliquota al 26 per cento, i ricavi del lending vengono tassati ad aliquota marginale. Questo non ha nessun senso. Si tratta di un investimento finanziario come ogni altro; anzi, di un investimento che consente alle piccole e medie imprese di attingere a fonti finanziarie di cui, altrimenti, non disporrebbero.
  Sul fronte di chi prende in prestito denaro sulle piattaforme di lending, invece, abbiamo notato che la normativa attuale non consente a queste aziende la deduzione fiscale degli interessi passivi pagati. Queste aziende prendono in prestito 50.000, 100.000 o 200.000 euro, pagano degli interessi e non li possono dedurre; mentre gli interessi pagati su un debito bancario o su altre forme di finanziamento sono ovviamente deducibili, perché sono un costo aziendale.
  Queste sono misure che consentirebbero un maggiore utilizzo delle piattaforme di lending, permetterebbero a più aziende di ricorrere serenamente al lending crowdfunding e a più investitori di investire su questo interessante strumento finanziario di finanza alternativa.
  Un terzo tema riguarda l'utilizzo del fondo centrale di garanzia. Oggi le startup innovative e le PMI innovative finanziate dalle banche possono utilizzare la garanzia del fondo centrale, quindi la banca è tranquilla perché l'80 per cento del prestito viene garantito dal mediocredito centrale. Con il lending questo non avviene, perché le piattaforme di lending non hanno la possibilità di accedere al medesimo sistema di garanzia.
  Un ulteriore tema riguarda l'attrazione della finanza privata nei confronti dell'impresa. Su questo aspetto abbiamo tre proposte da sottoporre alla vostra attenzione.
  Uno di questi sta emergendo solo ora che l’equity crowdfunding sta decollando e si comincia a prestare attenzione alle operazioni di venture capital.
  Vi ho allegato uno schemino che rende molto semplice il ragionamento che sto per farvi, che è il seguente: in genere, quando si finanzia un'azienda con il venture capital o con strumenti simili, che cosa succede? La società viene costituita, dopo un po’ di tempo raggiunge una certa valorizzazione e si fa un aumento di capitale. Ipotizziamo che si faccia un aumento di capitale a un milione di euro. Intervengono degli investitori che sottoscrivono le quote. Il valore nominale non coincide con il valore della società, comunque il valore della società viene fissato a un milione di euro. Dopo un po’ di tempo, un anno o due, la società attinge di nuovo a capitale di rischio e fa un nuovo aumento di capitale sulla base di un'ulteriore valorizzazione, perché nel frattempo quello che ha realizzato le ha consentito di occupare spazi di mercato e, quindi, il suo valore è cresciuto.
  Ipotizziamo che faccia un secondo aumento di capitale fino a 10 milioni di euro di valorizzazione. Vi sto facendo un esempio assolutamente normale, è quello che Pag. 6succede tutti i giorni per le società finanziarie.
  In questo caso, una norma del codice civile attribuisce agli investitori entrati in occasione del primo aumento di capitale, il diritto di recesso. Basta esprimere un dissenso nei confronti dell'aumento di capitale. Che cosa succede? Che la società raccoglie nuova finanza, i soci «furbi» esercitano il diritto di recesso e vengono liquidati alla valorizzazione di 10 milioni, cioè alla valorizzazione a cui si è arrivati con il secondo aumento di capitale, conseguendo una exit opportunistica, pagata con i soldi del nuovo investitore.
  A questa evenienza ovviamente il legislatore non pensava minimamente all'epoca dell'approvazione della normativa in materia. Si voleva semplicemente salvaguardare un modello societario che, nel nostro ordinamento giuridico, concepisce la S.r.l. quasi più come una società di persone che come una società di capitali. Gli equilibri erano ben diversi in passato. Il nostro suggerimento è di introdurre una modifica alla normativa volta a consentire alle società di inserire negli statuti sociali una deroga a questa norma contenuta nel codice civile.
  Molto rapidamente, vi sono un altro paio di proposte che voi ben conoscete. Una è quella di facilitare l'accesso alla quotazione. Già il disegno di legge di bilancio 2018, in corso di esame al Senato, contiene una disposizione che riconosce un credito di imposta a favore delle società che si quotano in Borsa, però vi sottoponiamo anche un altro tema sul quale potrebbe essere interessante aprire una riflessione, o addirittura cominciare a ragionare in termini di sandbox. Le società quotate hanno una serie di controlli e di controllori che si sovrappongono tra di loro, aumentando di parecchio i costi di gestione, cioè i costi annuali, a prescindere dal costo iniziale per il quale è previsto il credito d'imposta.
  Si potrebbe quindi immaginare una soluzione che consenta di accorpare alcune di queste funzioni di controllo (il whistleblowing, l'antiriciclaggio, la compliance, le attività del collegio sindacale), prevedendo la possibilità che siano sintetizzate non in cinque, sei o sette soggetti, ma in uno o due organi di controllo, così da ridurre le spese di conduzione di una società quotata a importi più ragionevoli.
  Una seconda norma che si potrebbe introdurre – e su questo esprimiamo anche il nostro plauso per la risoluzione approvata la settimana scorsa dalla Commissione Finanze – riguarda i PIR. Su questo però vorremmo fare una precisazione. La normativa sui PIR è già stata approvata e ha quindi già superato il vaglio della Commissione europea, con la previsione che il 21 per cento del portafogli PIR debba essere investito in società non quotate, dove per «non quotate» si intendono anche società del mercato AIM.
  Questa quota del portafogli dei PIR, dunque, non deve essere necessariamente indirizzata alle imprese innovative, ma deve essere indirizzata genericamente alle piccole e medie imprese. La soluzione di imporre che il 3 per cento venga destinato a fondi di venture capital è assolutamente brillante; ne abbiamo parlato a lungo, in diverse sedi. Quello che suggeriremmo è che non venga limitata specificamente alle imprese innovative, proprio perché l'impianto dei PIR è fatto per le piccole e medie imprese in generale. La disciplina in questione ha già passato un vaglio dal punto di vista della normativa europea sugli aiuti di Stato e così via, quindi non c'è bisogno di una specifica indicazione delle imprese innovative. Sono molte di più le imprese che se ne possano avvantaggiare.
  D'altro canto, sapete bene che la potenza del PIR è tale da rischiare addirittura un effetto bolla. Il mercato delle PMI innovative forse è troppo piccolo per quel 3 per cento, quindi ha molto più senso che la misura sia estesa a tutte le PMI, con le innovative in testa.
  Da ultimo, qualche rilievo sulle vere e proprie vessazioni compiute dalla burocrazia, che oggi non hanno senso e costituiscono un peso importante per il Paese. Vorrei parlare innanzitutto della normativa antiriciclaggio, tema fondamentale che spesso viene interpretato in modo non adeguato. C'è la normativa comunitaria sull'antiriciclaggio, poi c'è la normativa primaria Pag. 7 italiana e inoltre c'è la normativa di dettaglio, che è stata delegata alla Banca d'Italia. Ora ci sarà una nuova normativa secondaria, sulla quale la Banca d'Italia per l'appunto sta lavorando, quindi al 31 marzo avremo una nuova normativa antiriciclaggio.
  Nella versione previgente, la normativa antiriciclaggio consisteva in alcune norme della Banca d'Italia, le quali imponevano la compilazione dell'archivio unico, cioè la compilazione di una quantità di campi grandissima, che però si trovano sul registro delle imprese in qualsiasi visura. Gli intermediari finanziari tenuti a effettuare l'adeguata verifica erano costretti a compilare questa miriade di campi, accumulando ore e ore di lavoro e, conseguentemente, di costi.
  Questo non ha molto senso, intanto perché sono informazioni disponibili pubblicamente e, quindi, non ha senso che l'intermediario finanziario le raccolga, le censisca, le inserisca nel sistema e le lavori; in secondo luogo perché gli altri Paesi della Comunità europea norme di quel tipo non le hanno. Il mondo degli istituti di pagamento in Italia ha visto la quasi totale sparizione delle aziende italiane e il forte affermarsi del predominio di due istituti di pagamento di nazionalità francese che, grazie alle più semplici norme sulla compilazione dell'omologo archivio unico, sul rispetto della normativa antiriciclaggio hanno costi molto più bassi e possono permettersi di aggredire il mercato in tutt'altro modo. Questa è la classica situazione dove una normativa secondaria, dettata dalla Banca d'Italia in modo eccessivamente scrupoloso, ha conseguenze estremamente rilevanti sulla competizione e conseguenze nefaste sull'economia del Paese.
  Un'altra banalissima problematica è data dal fatto che i lavoratori dipendenti che fanno un investimento in startup o in PMI innovative – e che hanno quindi diritto alla detrazione fiscale del 30 per cento – non possono godere della detrazione compilando il modello 730. Ciò avviene perché l'Agenzia delle entrate si è dimenticata di mettere nel modulo del 730 la casellina per la detrazione del 30 per cento, con la conseguenza che un dipendente che abbia fatto investimenti in startup o in PMI innovative è costretto a compilare il modello unico. Per fare ciò deve rivolgersi a un CAF o a un commercialista e, molto probabilmente, spendere, per la dichiarazione dei redditi, molto di più di quello che ha speso per l'investimento, cosa che ovviamente non ha senso.
  Da ultimo, c'è un tema nuovo che comprende una serie di argomenti. Parliamo di digital identity, del sistema SPID, dei contratti digitali e della notarizzazione tramite blockchain. Si tratta di tematiche delle quali si comincia a parlare in tutto il mondo.
  Su questo non abbiamo una soluzione pronta. Penso che non l'abbia nessuno. In tutto il mondo si stanno cominciando ad affrontare questi temi importanti. Una soluzione interessante potrebbe essere quella di istituire un tavolo di lavoro, coinvolgendo le istituzioni più rilevanti e più direttamente interessate a questa materia, con l'obiettivo di aprire una sandbox, cioè uno di questi meccanismi innovativi di regolamentazione in fieri, osservando il mercato e affidando l'analisi e il progresso della regolamentazione a specifiche autorità, al fine di trovare le soluzioni ideali.
  Ritengo che, su queste tematiche, debbano certamente essere coinvolti il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dell'economia, l'Autorità per l'agenda digitale, la CONSOB, la Banca d'Italia, il Garante della privacy – perché ci sono temi che riguardano anche la privacy – gli ordini professionali. Ovviamente AssoFintech è a disposizione per partecipare a questi lavori.
  Spero di non aver corso troppo e di avervi fornito un quadro abbastanza esauriente su quelle che sono alcune nostre proposte di soluzioni normative, rispetto alle quali l'associazione di categoria si mette a disposizione del Parlamento e delle istituzioni, per trovare insieme soluzioni ragionate e condivise.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Lerro. Prima di dare spazio alle domande dei colleghi, do la parola alla dottoressa Peveraro.

Pag. 8

  STEFANIA PEVERARO, vicepresidente di AssoFintech. Giusto due cose. Innanzitutto qualche numero sul venture capital. Nei primi sei mesi dell'anno – sono gli ultimi dati di AIFI, l'associazione di categoria del private equity e venture capital – ci sono stati 45 milioni di euro di investimenti, contro i 35 milioni registrati nei primi sei mesi dell'anno scorso, per un numero di 65 investimenti, contro i 50 dell'anno scorso.
  Detto questo, sulle startup Fintech arrivano soldi sia dal capital venture sia, e ultimamente in grande misura, da investitori privati – i cosiddetti business angels – sia da parte di aziende, o comunque soggetti industriali del settore, che intendono investire sulle nuove idee.
  Questo è un segnale importante, anche nell'ottica dello strumento dei PIR, se vogliamo. I venture capital italiani sono ancora molto pochi e relativamente molto piccoli rispetto a quelli degli altri Paesi non europei. Di conseguenza hanno pochi soldi da investire e, soprattutto, quando tentano di seguire le startup più promettenti nella loro fase di crescita, non riescono a effettuare questi investimenti. Quindi arrivano fondi stranieri, oppure privati, in aiuto. Un esempio eclatante è stato quello di MoneyFarm, che è una delle startup Fintech ormai più note, che ha fatto l'ultimo rilevante round con Alliance, la quale ha investito circa 7 milioni di dollari, ma dopo che MoneyFarm aveva già raccolto circa 17 milioni di euro in vari round. Quindi è intervenuta Alliance, e non un fondo di venture capital.
  Satispay rappresenta un altro esempio: quest'anno ha realizzato un aumento di capitale da 18,3 milioni di euro. In realtà la maggior parte di questi soldi sono arrivati da privati. Certo, c'è stata anche Iccrea BancaImpresa, che ha dato un milione di euro e c'è stato l'intervento di Banca Sella, ma sui 18 milioni in totale si tratta di una fetta molto piccola.
  C'è quindi molto interesse e volontà di investire anche da parte di privati. Se vogliamo, da una parte è importante sviluppare il mercato dell’equity crowdfunding, perché in quell'ambito potrebbero passare anche questo tipo di investimenti; dall'altro è chiaro che se, in qualche modo, convogliamo i soldi dei PIR sui fondi di venture capital ovviamente li sosteniamo.
  Sono inoltre d'accordo con il dottor Lerro sul fatto che, non solo i fondi di venture capital, ma il private equity in generale, dovrebbe avvantaggiarsi dei PIR, perché sappiamo che le PMI innovative registrate sono circa un migliaio e le startup innovative registrate sono circa 8000, quindi stiamo parlando di numeri veramente molto piccoli rispetto al totale delle piccole e medie imprese che operano in Italia. Se arrivano più soldi a tutte le PMI, allora, improvvisamente, l'Italia crescerà di più.
  Questo è un punto importante. Giusto per darvi un'idea di chi sono le Fintech di cui stiamo parlando, non esiste una mappatura esaustiva. Con l'altro cappello di VISA, che è un sito internet che si occupa proprio di private capital, quindi private equity, venture capital, crowdfunding e quant'altro, tengo mappate le Fintech che vengono finanziate sia dai venture sia, anche in questo caso, da altri finanziatori. Diciamo che ce ne sono una trentina particolarmente attive e sono state finanziate in vari round. In particolare, posso dire che la maggior parte di queste opera nel mondo delle piattaforme di crowdinvesting, come ad esempio nel settore dell'intermediazione o dell'acquisto di fatture commerciali, che è molto attivo.
  Ci sono due operatori più importanti. Uno di questi è Credimi, che acquista fatture; Credimi, peraltro, è anche un intermediario ex articolo 106 del Testo unico bancario, ha raccolto circa 8 milioni di euro, anche in questo caso non dai fondi ma dai privati. Poi c'è Workinvoice, che invece intermedia fatture, e che ha raccolto poco meno di 2 milioni.
  Però Workinvoice è quella che in Italia ha lavorato di più per quanto riguarda i finanziamenti. La società ha stimato di aver intermediato, dall'inizio della sua operatività, cioè dal 2015, circa 100 milioni di euro, quindi parecchio. Invece, Borsa del credito, che fa prestiti alle imprese, quindi da parte di privati e adesso comincerà Pag. 9anche con investitori istituzionali, tramite un fondo, è più indietro. Si parla di qualche decina di milioni di euro. Sta partendo quindi una seconda fase.
  Come dicevo, Borsa del credito sta catalizzando gli investitori istituzionali, creando una Sgr che si chiama ART; attraverso questa società hanno lanciato un fondo che si chiama «Colombo», con target di 100 milioni di euro; 10 milioni li hanno già sottoscritti i soci stessi di Borsa del credito, cioè P101, Gc Holding – che è la holding del gruppo Italmondo – Supernova Hub, che è un grosso incubatore, e Azimut Holding.
  Azimut, in realtà non è un venture, come sapete, però ha molti interessi nel mondo Fintech. Ha investito anche in SiamoSoci e nella stessa P101. C'è quindi un mondo interessante che si sta muovendo. Questo è il mondo delle piattaforme e le più grandi sono queste.
  Vi accennavo anche al settore della consulenza, quindi a Moneyfarm; c'è inoltre un segmento che si occupa di trading e blockchain. Per esempio, Euclid è una società che ha come presidente Paolo Savona. Anche questo segmento si sta muovendo. Questa società ha sede in Inghilterra e anche questo è un altro punto importante. Hanno sede in Inghilterra Moneyfarm, Euclid, mentre Satispay ha aperto lì una sede importante. C'è un motivo, evidentemente: torno a fare riferimento alla sandbox.
  C'era anche un altro motivo, legato alla necessità di possedere un codice fiscale. Me lo confermerete voi, ma se n'era parlato anche nel giorno in cui era stato inaugurato il Fintech District a Milano: sia l'onorevole Barbanti sia il ministro Padoan hanno affermato che si sarebbe riflettuto su tale questione, perché effettivamente è un problema. Se le Fintech devono lavorare con utenti stranieri, devono poter avere reazioni immediate e non possono aspettare che venga assegnato, dopo chissà quanto tempo, un codice fiscale.
  Se volete vi posso fare avere un elenco delle Fintech «mappate».

  PRESIDENTE. Ringrazio la dottoressa Peveraro per le precisazioni.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MICHELE PELILLO. Vi ringrazio. Il vostro intervento è stato molto interessante. Come sapete, stiamo esplorando in modo molto minuzioso il Fintech e ci stiamo accorgendo anche del ritardo che abbiamo accumulato rispetto alla velocità straordinaria dell'evoluzione di questo settore negli ultimi anni.
  Il vostro intervento di oggi è particolarmente gradito, perché ci proponete soluzioni puntuali, aiutandoci quindi, in qualche modo, a fare una sintesi del lavoro di analisi che abbiamo svolto nelle ultime settimane.
  Vorrei tornare brevemente su due punti, dei dodici che ci avete esposto, sui quali ho qualche perplessità. Il primo è il punto 6: consentire il ricorso al Fondo centrale di garanzia anche per i prestiti erogati dalle piattaforme di lending. Su questo punto, vi chiederei di avere un piccolo approfondimento, perché mi lascia un po’ perplesso.
  Il secondo è il punto 9, dove proponete di indirizzare parte delle risorse dei PIR in favore di PMI non quotate. Se capisco bene, quando dite «in favore di PMI non quotate» non comprendete l'AIM. Mi chiedo: non è meglio indurre le imprese a quotarsi nell'AIM, non riservando quote alle imprese che non si quotano? Oltre alle considerazioni su questi due punti, l'ultima è una domanda che ho rivolto già altre volte nel corso dell'indagine conoscitiva e che, inevitabilmente, riemerge ogni volta.
  Noi abbiamo vissuto, durante l'attuale legislatura, in questa Commissione, in modo particolare, un'esperienza molto forte con riguardo al sistema creditizio e bancario. Conoscete bene tutto ciò che è accaduto in questi anni. Tra le altre cose, un aspetto è emerso in modo prepotente, evidente e oggettivo: il livello di educazione finanziaria degli italiani è molto basso e c'è un gap molto grande da colmare.
  Quando mi immergo in queste soluzioni molto innovative, il mio pensiero è sempre quello, cioè come coniugare l'innovazione nel mondo finanziario con un gap che noi sappiamo perfettamente oggi – ne siamo Pag. 10consapevoli – esiste e non so quanto tempo ci vorrà per riuscire a colmarlo.

  SEBASTIANO BARBANTI. Ringrazio per l'audizione, che ha fornito, come diceva il mio collega Pelillo, alcuni spunti molto utili sul piano operativo, che sono quelli noi apprezziamo di più perché ci permettono di intervenire in modo diretto.
  Innanzitutto confermo quello che disse il ministro Padoan in occasione dell'inaugurazione del Fintech District. Si sta lavorando – penso che siamo ormai in dirittura d'arrivo – sulla modifica normativa volta a consentire la digitalizzazione, per così dire, del codice fiscale per i cittadini comunitari non italiani, per cui dovremmo, a breve, raccogliere i frutti di questo lavoro.
  Vorrei invece soffermarmi su un punto che è stato un po’ trascurato, fornendo un dato ulteriore. Con riferimento ai dati di raccolta del venture capital, voi rilevate, giustamente, che in Italia siamo a una misura dello zero virgola, sostanzialmente molto poco. Se estendiamo il discorso sia dal punto di vista geografico sia degli strumenti, osserviamo che a livello mondiale – in base ai dati relativi al primo semestre del 2017 – gli investimenti mondiali in venture capital sono stati pari a 232 milioni di dollari, ma abbiamo un investimento fatto tramite ICO per 757 milioni di dollari, quindi tre volte tanto.
  Le ICO, come forma alternativa di investimento che fa crescere soprattutto le aziende (in questo caso innovative, ma anche non innovative), stanno prendendo sempre più piede e fanno parte anche di un approccio più legato al Fintech nel modo di intendere i finanziamenti. Al riguardo, mi chiedevo come considerate questo mondo, che cosa pensate si possa fare e quali possono essere gli scenari futuri di questa forma di investimento e di raccolta di capitali alternativa.

  PRESIDENTE. Do la parola agli auditi per la replica.

  ALESSANDRO MARIA LERRO, presidente di AssoFintech. Sul tema dell'AIM magari risponderà la dottoressa Peveraro. Io parto dalle domande finali.
  I dati che l'onorevole Barbanti ha citato sono estremamente interessanti. Tra l'altro, è appena stata resa nota una consultazione del Governo francese sulle ICO che riporta alcuni dati ulteriori: in tutto il 2017 sembra che il valore complessivo delle ICO sia di 1,5 miliardi di euro, con una capitalizzazione del mercato secondario di 5 miliardi di euro. Che cosa sono le ICO? Sono molto simili alle IPO, ma nelle ICO non viene collocata un'azione, quindi uno strumento finanziario, bensì un cosiddetto «token».
  Il token è un'entità informatica rappresentativa di qualcosa. Questo qualcosa può essere un bene, un servizio o uno strumento finanziario. Da ciò nasce il problema: se il token è rappresentativo di uno strumento finanziario, di fatto stiamo facendo un’equity crowdfunding o una quotazione, e comunque stiamo collocando strumenti finanziari. La reazione dei diversi Paesi su questo strumento è piuttosto guardinga. Passiamo dalla reazione estrema della Cina, che ha vietato le ICO, attraverso la posizione, estremamente equilibrata, degli Stati Uniti, dove a giugno c'è stata una pronuncia della SEC (Securities and Exchange Commission), che ha chiaramente definito le ICO come un'offerta pubblica di sottoscrizione di quote, laddove i token corrispondono a delle securities, cioè a degli strumenti finanziari.
  L'ESMA (European Securities and Markets Authority) e in Inghilterra l'FSA (Financial Services Authority), l'omologo della nostra CONSOB, e la FIM in Svizzera hanno avuto un approccio altrettanto sereno nel dichiarare che, qualora si tratti di strumenti finanziari, si applica la normativa sugli strumenti finanziari.
  La verità è che queste ICO vengono spesso condotte in modo borderline nell'ambito di community ristrette, poiché le ICO si basano sulle criptovalute. Le criptovalute sono le cosiddette «monete alternative», le quali sono tendenzialmente appannaggio di community di esperti di informatica, o comunque di appassionati di questo mondo e non sempre riescono a comunicare... Secondo me, uno dei grossi Pag. 11problemi del mondo blockchain e delle criptovalute è che esso è un po’ troppo rivolto agli adepti, manca il grande comunicatore e manca ancora la partecipazione della massa.
  Tuttavia, ci sono moltissimi esperti di quel mondo, che magari sfuggono al radar, ma mettono insieme valori estremamente rilevanti.
  Ci sono alcuni rischi associati all'uso delle ICO. Laddove l'ICO sia semplicemente collocamento di token che dà diritto a un bene, a un buono sconto o a un servizio, quello non è altro che il buon vecchio crowdfunding reward, dove c'è un premio a fronte dell'investimento. Ma dove si collocano strumenti finanziari, occorre una regolamentazione.
  La soluzione di molti Paesi è stata quella del tavolo di lavoro o quella della sandbox, e secondo me bisognerebbe andare nella stessa direzione.
  Passo ora, molto brevemente, al tema dell'educazione finanziaria e cito i dati di una ricerca recente svolta dalla CONSOB, e condotta dalla dottoressa Nadia Linciano, dalla quale emerge che meno del 10 per cento degli italiani ha una cultura finanziaria sufficiente, che li metta in condizione di comprendere adeguatamente gli strumenti finanziari. Al contrario, il 24 per cento degli italiani ha interesse a investire nell'economia reale e nella finanza alternativa. La buona notizia è che il 35 per cento di queste persone lo vorrebbe fare attraverso l'aiuto di un esperto, di un consulente finanziario.
  Alla luce di ciò, va bene l’investor education e va bene il grande sforzo fatto dalla CONSOB e dalle altre istituzioni per proporre un modello educativo agli investitori, ma a mio avviso dovrebbe essere anche valorizzato il ruolo dei consulenti finanziari, che tra l'altro a seguito dell'adozione della Direttiva MiFID II, stanno affrontando un momento piuttosto difficile, a causa dei sistemi economici di remunerazione.
  Nel nostro caso, con riferimento alla finanza alternativa, oserei dire che i consulenti finanziari non hanno quasi modo di essere remunerati. Allora sarebbe importante trovare un modo per coinvolgerli nel processo di investimento in finanza alternativa, anche per fare investor education, oltre che per trovare un giusto modo di remunerazione.
  Passando rapidamente alle altre domande, ciò che succede con riguardo alle startup e alle PMI innovative è che oggi vanno in banca e chiedono un finanziamento, ma non hanno mezzi patrimoniali per prestare garanzie. La legge prevede che l'80 per cento può essere garantito dal Mediocredito centrale.
  Se la stessa società si rivolge a una piattaforma di lending, quindi il denaro non glielo presta la banca «Pinco Pallino» ma una moltitudine di investitori, l'operazione è esattamente la stessa, tuttavia la moltitudine di investitori non ha la garanzia del Mediocredito centrale.

  MICHELE PELILLO (fuori microfono). Una è un'attività industriale ...

  ALESSANDRO MARIA LERRO, presidente di AssoFintech. Ma il concetto è lo stesso. In entrambi i casi abbiamo un soggetto che presta soldi a un altro soggetto che è a forte rischio.

  MICHELE PELILLO (fuori microfono). Le banche sono industrie. Invece, se io investo dei soldi su una piattaforma sto speculando, sto cercando di dare...

  ALESSANDRO MARIA LERRO, presidente di AssoFintech. Capisco la sua posizione, ma dal punto di vista della posizione economica abbiamo un soggetto che soffre per la scarsità «endemica» di garanzie, non è cioè in grado di offrire garanzie. Perché lo Stato lo aiuta? Non perché quella è un'attività industriale, altrimenti stiamo dicendo che l'attività di Mediocredito centrale è un aiuto di Stato? Stiamo dicendo questo?

  MICHELE PELILLO (fuori microfono). I Confidi sono aiuto di Stato, perché i soldi sono pubblici quasi completamente.

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  ALESSANDRO MARIA LERRO, presidente di AssoFintech. Questo è un problema molto rilevante: se non è un aiuto di Stato ma è un investimento, l'attività della banca a mio avviso è assolutamente omologabile a quella dell'investitore privato, quindi...

  FABIO ALLEGRENI, segretario generale di AssoFintech. Stiamo parlando con diversi Confidi che si stanno muovendo invece in questa direzione, proprio perché sanno che non ci sono molte altre strade a disposizione per sopravvivere.

  ALESSANDRO MARIA LERRO, presidente di AssoFintech. Sul tema dei PIR, a nostro avviso, per il modo in cui erano stati concepiti, essi dovevano essere i cosiddetti «PIR fai da te». Li chiamo in questo modo un po’ strano, ma che rende molto bene l'idea. Di fatto c'è solo una banca che offre il PIR fai da te. La maggior parte dei PIR sono affidati a dei fondi di investimento.
  Il modello è quindi tale per cui il 21 per cento deve arrivare alle piccole e medie imprese. Di fatto, non ci sta arrivando e si sta fermando all'AIM, ed è giusto che si fermi all'AIM dal punto di vista dei gestori dei fondi, perché un gestore di fondi non può investire in prodotti illiquidi, non è il suo mestiere; investe in prodotti che hanno un minimo di liquidità. A nostro avviso, indirizzare una piccola parte di quelle risorse al mondo del venture capital, significherebbe impostare un processo che porterebbe nuove società a quotarsi nell'AIM. Se non c'è un venture capital efficiente, non arriveranno mai nuove società nell'AIM, perché non riescono a svilupparsi. È un processo sia culturale sia finanziario importante per condurre le società fino a quel punto.
  Credo che la dottoressa Peveraro voglia aggiungere qualcosa.

  STEFANIA PEVERARO, vicepresidente di AssoFintech. Dico una cosa sola sul Fondo di garanzia. Anche i fondi di private debt, cioè quelli che investono in bond emessi dalle piccole e medie imprese, possono accedere al fondo di garanzia, non solo, hanno anche la garanzia del FEI, quindi anche lì c'è già un movimento verso questo tipo di approccio. Poi, certo, c'è da ragionare se anche il privato può comunque...
  Altro tema, PIR e AIM: si può arrivare a quotarsi nell'AIM, nello STAR, i PIR in questo momento sono tali in quanto investono almeno il 70 per cento su strumenti finanziari emessi da italiane o da stranieri che però stanno in Italia, e il 30 di quel 70 per cento su titoli che non sono quotati nel FTSE MIB, quindi nel segmento STAR del Mercato MTA di Borsa Italiana, o nel mercato AIM.
  Nell'ultimo anno le quotazioni di STAR e AIM sono andate alle stelle. C'è un vero rischio bolla. Riguardo a ciò, è ovvio che saremmo tutti più contenti se ci fossero più quotazioni sul mercato, però ovviamente bisogna che le cose siano fatte in maniera graduale, altrimenti vengono investiti miliardi e si corre un rischio. Che cosa succede, quindi? È vero che, lentamente, se le valutazioni salgono, ci sono più imprenditori felici di quotarsi perché vedono valutare di più le loro imprese.
  Detto ciò, nel frattempo bisogna fare anche un po’ di educazione finanziaria anche agli imprenditori, che non sono ancora pronti ad arrivare sul mercato e che si trovano in una fase precedente. Per questo c'è il venture capital e il private equity. Ma se questi imprenditori non trovano chi dà loro i soldi necessari, si fa fatica a compiere questo passaggio. Quindi, visto che ci sono tanti miliardi confluiti nei PIR, sarebbe interessante indirizzarli anche su imprese non quotate, perché è molto facile che vadano verso ciò che è quotato in Borsa, o comunque anche verso il mercato AIM, perché per fare questo tipo di investimento essi sono attrezzati, mentre non sono attrezzati per fare due diligence sulle singole aziende non quotate. Allora devono concludere accordi di coinvestimento, o andare direttamente sui fondi di venture e di private equity. Se da soli non lo fanno, dobbiamo in qualche modo indurli a farlo.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio. Ne approfitto per dirvi che, come sapete, la Commissione Finanze e il sottoscritto, personalmente, credono nei PIR e negli effetti che stanno producendo. Quando lei ha affermato Pag. 13 che i PIR nascono come strumento per il «fai da te» mi ricordava una vecchia pubblicità che riguardava il turismo «fai da te: ahiahiahi». Stiamo attenti, perché parliamo del risparmio degli italiani ed è quindi necessaria massima cautela.
  Tuttavia l'aspetto della vostra audizione, interessante e approfondita, che più mi ha impressionato è questo. Voi dite: meno burocrazia, meno costi, più aziende quotate, più gettito fiscale. Sposo in pieno la vostra tesi. Se avete proposte di modifiche normative da apportare affinché vi sia meno burocrazia e, quindi, per aiutare le aziende a quotarsi e per cercare di allargare il bacino, come diceva la dottoressa Peveraro, ben vengano. Io mi auguro che dai PIR arrivino molti più investimenti, noi però dobbiamo far crescere il mercato. Su questi aspetti, i vostri suggerimenti sono certamente ben accetti. La Commissione Finanze è pronta a coglierli. Grazie ancora.
  Dichiaro conclusa l'audizione.
  Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal dottor Lerro (vedi allegato) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.10.

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