XVII Legislatura

VI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 7 di Martedì 22 ottobre 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Capezzone Daniele , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUGLI STRUMENTI FISCALI E FINANZIARI A SOSTEGNO DELLA CRESCITA, ANCHE ALLA LUCE DELLE PIÙ RECENTI ESPERIENZE INTERNAZIONALI

Audizione del Presidente della CONSOB, Giuseppe Vegas.
Capezzone Daniele , Presidente ... 3 
Vegas Giuseppe , Presidente della CONSOB ... 3 
Capezzone Daniele , Presidente ... 10 
Villarosa Alessio Mattia (M5S)  ... 10 
Pesco Daniele (M5S)  ... 10 
Di Maio Marco (PD)  ... 10 
Paglia Giovanni (SEL)  ... 10 
Barbanti Sebastiano (M5S)  ... 11 
Gutgeld Itzhak Yoram (PD)  ... 11 
Pesco Daniele (M5S)  ... 11 
Capezzone Daniele , Presidente ... 11 
Vegas Giuseppe , Presidente della CONSOB ... 11 
Capezzone Daniele , Presidente ... 14 
Vegas Giuseppe , Presidente della CONSOB ... 14 
Capezzone Daniele , Presidente ... 14 

ALLEGATO: Documentazione depositata dal professor Vegas ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DANIELE CAPEZZONE

  La seduta comincia alle 13.45.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Presidente della CONSOB, Giuseppe Vegas.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli strumenti fiscali e finanziari a sostegno della crescita, anche alla luce delle più recenti esperienze internazionali, l'audizione del Presidente della CONSOB, Giuseppe Vegas.
  Saluto e ringrazio il professor Vegas, che è accompagnato dal dottor Stazi, dal dottor Siciliano e dal dottor Pisu. Il Presidente Vegas è con noi per una delle audizioni conclusive dell'indagine conoscitiva sugli strumenti finanziari e fiscali a favore della crescita. Anche al Presidente Vegas chiediamo, nei tempi brevi a nostra disposizione, una fotografia e qualche percorso possibile di lavoro.
  Do la parola al Presidente Vegas per lo svolgimento della relazione.

  GIUSEPPE VEGAS, Presidente della CONSOB. Grazie, Presidente, ho cercato di sintetizzare il più possibile il mio intervento. Di alcune parti della relazione in distribuzione, in caratteri più minuti, ometto la lettura, ma sono disponibile a fornire chiarimenti sia in questa sede, sia attraverso l'invio di eventuale, ulteriore documentazione alla Commissione, qualora fosse richiesto.
  L'economia italiana sta affrontando un periodo di profonda difficoltà, sebbene negli ultimi mesi siano emersi i primi deboli segnali di ripresa. Garantire il rapido ritorno alla crescita economica costituisce un obiettivo primario che ha, come necessaria precondizione, l'efficienza e il buon funzionamento del sistema finanziario nell'adempiere alla sua funzione tipica: indirizzare il risparmio verso le attività maggiormente produttive.
  L'Italia possiede uno dei più elevati livelli di risparmio tra i Paesi industrializzati, ma queste risorse sono spesso investite in depositi bancari o in titoli di Stato e non vengono sufficientemente re-veicolate alle imprese.
  Il nostro Paese si caratterizza storicamente per il ruolo centrale delle banche quale canale di reperimento e di distribuzione delle risorse all'interno del sistema economico. In tale ambito il mercato finanziario domestico assume, invece, un ruolo ancora marginale.
  Il sottodimensionamento del mercato finanziario italiano è determinato da fattori di carattere strutturale. Il sistema produttivo è frammentato in un numero elevatissimo di piccole e medie imprese, che non sono in grado di affrontare i costi fissi legati alla quotazione e, al contempo, sono restie a sottoporsi a un più intenso scrutinio del mercato richiesto dall'ingresso Pag. 4in Borsa. Infatti, le piccole e medie imprese, che costituiscono la parte preponderante del tessuto produttivo del nostro Paese, quasi l'80 per cento, continuano a rappresentare solo una percentuale ridotta, meno del 20, delle società quotate, risultando fortemente sottorappresentate in Borsa rispetto al loro ruolo nell'economia.
  I dati riferiti al 2012 mostrano, inoltre, come la crisi finanziaria continui a rallentare lo sviluppo del nostro mercato. Lo scarso sviluppo del mercato deriva anche dal ruolo ancora estremamente limitato degli investitori istituzionali (fondi comuni di investimento e fondi pensione). Mancano investitori specializzati in investimenti nel capitale di rischio, che dovrebbero sostenere le società nelle delicate fasi di crescita e quotazione. Non si è ancora pienamente sviluppato il settore dei fondi pensione. La crescita della previdenza complementare potrebbe favorire l'afflusso di ingenti capitali sul mercato, riducendo, al contempo, i costi sociali legati al mantenimento di un adeguato livello di reddito.
  Quando scatterà la piena operatività della riforma del 1995, da un giorno all'altro, i pensionati riceveranno un trattamento pensionistico notevolmente inferiore rispetto a chi va in pensione il giorno prima, il che, se finanziariamente rappresenta una situazione in equilibrio, da un punto di vista sociale, credo non lo sia.
  Ulteriori penalizzazioni potrebbero derivare da un sistema fiscale che può essere visto dal mercato come penalizzante per il sistema finanziario domestico. Per quanto riguarda la cosiddetta «Tobin tax», o, più propriamente, imposta sulle transazioni finanziarie, di recente introdotta, non risultano al momento disponibili verifiche empiriche attendibili circa l'impatto della medesima sui volumi di negoziazione. Verifiche fatte all'estero mostrano come ci sia un certo influsso, che tende soprattutto a scoraggiare l'investimento nei Paesi dove questo tipo di imposta si applica, se non si applica contemporaneamente anche negli altri Paesi.
  Lo sviluppo insufficiente nel mercato finanziario domestico si accompagna a una contrazione del credito bancario. Negli ultimi anni, il sistema bancario italiano, nonostante la sua riconosciuta solidità, ha subìto pesanti ripercussioni dalla crisi del debito sovrano e dall'andamento sfavorevole della congiuntura economica. La redditività delle banche italiane, storicamente inferiore rispetto a quella registrata dalle principali banche europee, si è, infatti, ulteriormente ridotta e la qualità degli attivi ha mostrato un significativo deterioramento. Troverete i dati nel testo consegnato.
  L'adeguatezza patrimoniale, invece, è notevolmente migliorata per le maggiori banche di tutti i principali Paesi europei, ad eccezione di quelle spagnole, per le quali si è registrata una sostanziale stabilità. Tale dinamica è stata indotta principalmente dai più stringenti requisiti di vigilanza prudenziale introdotti da Basilea 3, a cui le banche si sono andate adeguando ancor prima dell'effettiva entrata in vigore.
  Ciò è ovvio: se esistono requisiti nuovi, le banche che non si adeguano subito si dimostrano non sufficientemente dotate a livello patrimoniale rispetto al resto del mercato. Questo dipende anche da alcune misure di rafforzamento patrimoniale adottate in seguito all'acuirsi della crisi del debito sovrano, al fine di ristabilire la fiducia dei mercati verso il sistema bancario europeo.
  Sul fronte della disponibilità di credito alle imprese si registra una perdurante rigidità, sia nelle condizioni di accesso, sia nel volume. Il volume di credito erogato dal sistema bancario a favore del settore produttivo ha registrato un calo del 4,6 per cento, nei primi nove mesi del 2013, e il tasso medio di interesse, applicato ai nuovi prestiti di ammontare inferiore a un milione di euro, è stato pari al 4,5 per cento, di oltre 160 punti base più elevato rispetto alle condizioni medie applicate sui finanziamenti di importo comparabile in Germania o in Francia. Questo significa che il sistema italiano è ulteriormente penalizzato, tra l'altro, da un maggior Pag. 5costo del denaro. La situazione è ancora più critica per il fitto tessuto di piccole e medie imprese che caratterizza il tessuto produttivo italiano. Per esse si registrano veri e propri fenomeni di razionamento.
  Il deterioramento del quadro macroeconomico, innescato prima dalla crisi finanziaria internazionale, e poi dalla crisi dei debiti sovrani, ha inciso negativamente sulla situazione finanziaria delle imprese, determinando, a sua volta, un progressivo deterioramento della qualità del credito bancario. Le banche hanno risposto, da una parte, con politiche di accantonamento sempre più stringenti, su sollecitazione degli organi di vigilanza e, dall'altra, con restrizioni, come ho detto, del credito. Imprese solide, ma illiquide, si sono incamminate in un sentiero di insolvibilità, in un circolo vizioso che ha finito per incrementare ulteriormente le sofferenze del sistema.
  L'Italia si avvicina al possibile punto di svolta nel ciclo macroeconomico, come dicevo all'inizio, con un tessuto produttivo largamente debilitato e un sistema bancario che, date le attuali dotazioni patrimoniali, difficilmente potrà espandere significativamente gli impieghi a favore delle nostre imprese. Ne consegue la necessità di adottare strumenti di politica economica tesi, da un lato, a sviluppare fonti di finanziamento alternative al credito bancario, come la quotazione, il venture capital, il crowdfunding, i minibond e altre di cui parlerò più avanti, e, dall'altro, a rimuovere o alleviare l'attuale saturazione dei canali di espansione degli attivi bancari. In quest'ultima direzione vanno le iniziative volte a potenziare gli strumenti di ampliamento del credito a parità di dotazione patrimoniale delle banche.
  Credito bancario e mercati finanziari rappresentano fonti di finanziamento profondamente interconnesse. Un mercato finanziario efficiente e ben sviluppato influenza positivamente l'industria bancaria e un sistema creditizio solido favorisce il buon funzionamento dei mercati. La creazione di un circolo virtuoso tra banche e mercati è, dunque, di vitale importanza per lo sviluppo dell'economia nel suo complesso.
  Il progressivo inaridimento del canale tradizionale di finanziamento delle piccole e medie imprese, soprattutto per progetti e investimenti a medio-lungo termine, o per il finanziamento di attività ad alto contenuto di innovazione tecnologica, impone un ripensamento del paradigma classico di sostegno del tessuto produttivo italiano, che ha storicamente visto le banche quali interlocutori privilegiati, o quasi esclusivi, delle necessità finanziarie delle imprese. In sostanza, l'Italia era, come la Germania, un Paese «bancocentrico», ma il mondo sta cambiando.
  Il legislatore deve offrire uno strumento più ampio di quello attuale per estendere le fonti di finanziamento delle imprese. Ciò consentirebbe una miglior distribuzione e una miglior remunerazione del risparmio, favorendo, al contempo, lo sviluppo economico.
  Il massiccio afflusso di risparmio sui titoli di Stato, sebbene funzionale a un contenimento del costo del debito sovrano, ha determinato un effetto di spiazzamento nei confronti di altre forme di investimento.
  Sull'insufficiente sviluppo del mercato italiano dei capitali incidono freni e ostacoli, sia dal lato dell'offerta, quali i freni alla quotazione dell'azienda, sia da quello della domanda, quali limiti all'investimento in titoli neo-quotati. Tra i fattori che frenano il ricorso dell'azienda al mercato dei capitali si possono ricordare, dal lato dell'offerta, la diffidenza delle imprese nei confronti di un mercato non sufficientemente liquido, l'onerosità degli adempimenti di quotazione, la contrarietà dei soci fondatori, in molti casi, all'allargamento degli assetti proprietari e il timore relativo alla perdita del loro potere di controllo.
  Dal lato della domanda, si deve tener presente la debolezza strutturale degli investitori istituzionali, di cui ho già parlato, e l'insufficiente presenza, rispetto ai mercati esteri più competitivi, di soggetti specializzati nella prestazione di servizi di listing e di servizi connessi alla fase di Pag. 6permanenza nella quotazione rivolti agli emittenti di piccole e medie imprese, le cosiddette small cap.
  Per dare impulso al settore, con particolare riferimento agli investimenti in equity, nel corso del 2012 Consob si è attivata istituendo il gruppo di lavoro «Ammissione alla quotazione delle Piccole e Medie Imprese: interventi di incentivazione, ruolo dei mercati e degli operatori», cui partecipano le principali associazioni di categoria rappresentative degli operatori del mercato, da Confindustria alla Borsa, all'Associazione bancaria, alle associazioni di private equity, ai rappresentanti di Fondo italiano d'investimento.
  La prima fase di attività del gruppo si è conclusa nel marzo di quest'anno, con la firma di un memorandum di intesa e l'avvio della fase più strettamente operativa del progetto denominato «Più Borsa». Il memorandum di intesa individua le azioni e i relativi impegni volti, da un lato, a stimolare l'interesse delle imprese alla raccolta di capitale di rischio e, dall'altro, a sviluppare la domanda di titoli azionari da parte degli investitori.
  In particolare, le iniziative previste nel memorandum sono rivolte a imprese di piccola e media dimensione alla ricerca di risorse finanziarie per sostenere progetti di sviluppo e afferiscono ai seguenti ambiti: la promozione delle attività di education e scouting rivolta alla ricerca e alla selezione delle migliori imprese potenzialmente quotabili; la trasparenza nella definizione dei costi e dei contenuti connessi ai servizi di consulenza e assistenza nel processo di listing e alla permanenza delle negoziazioni; la strutturazione di un'area di mercato dedicata; e, infine, lo sviluppo dell’asset management dedicato alle piccole e medie imprese.
  L'impegno del gruppo di lavoro è continuato, in questi ultimi mesi, con la finalizzazione del lavoro in tre specifici tavoli tecnici, i cui risultati successivamente descriverò, e che sono stati presentati al Governo in risposta alla consultazione pubblica sul Piano denominato «Destinazione Italia». La finalità è quella di realizzare un processo virtuoso e sinergico capace di stimolare, tanto la propensione alla quotazione delle imprese, quanto lo sviluppo della domanda di titoli azionari, da parte degli investitori.
  Tale finalità viene perseguita proponendosi di agire, contemporaneamente su più piani: quello della razionalizzazione della normativa applicabile agli emittenti, quello dello sviluppo dei fondi dedicati alle piccole e medie imprese e quello dell'introduzione di strumenti di incentivazione fiscale a beneficio degli investitori.
  Il primo tema riguarda la semplificazione normativa, finalizzata ad aprire la struttura finanziaria delle piccole e medie imprese al mercato dei capitali. Nel rispetto dei vincoli comunitari, la disciplina in materia può essere aggiornata lungo tre direttrici: la riduzione degli oneri incombenti sulle società quotate, ivi compresi quelli relativi alla compliance; l'eliminazione di rigidità nella struttura del capitale e nel grado di contendibilità del controllo delle società quotate; e, infine, l'individuazione di altre specifiche normative in grado di avvicinare le società non quotate al mercato finanziario. Ciò potrà essere ottenuto mediante la riduzione dei costi correlati agli adempimenti degli obblighi informativi e alla semplificazione della governance delle società quotate, con riferimento, in particolare, al sistema dei controlli interni, oggi pletorico e, quindi, inefficiente.
  Ulteriori interventi semplificatori potrebbero riguardare la struttura del capitale e la contendibilità del controllo. Uno degli strumenti utili a vincere molte resistenze degli imprenditori e a diluire il controllo assoluto potrebbe essere l'eliminazione del divieto di emettere azioni a voto plurimo, istituto previsto in alcuni Paesi. I potenziali offerenti potrebbero trovare in questo meccanismo uno strumento per allargare la quota di capitale da destinare al mercato, preservando le posizioni di controllo, e favorire gli investimenti a medio-lungo termine degli investitori istituzionali.
  In materia di OPA, come è noto, sono in corso opportune riflessioni in Parlamento, Pag. 7sulle quali ovviamente non mi dilungo, essendo una materia ormai parlamentarizzata.
  Vi sono ulteriori elementi di criticità. Il primo concerne il fatto che oggi, in Italia, manca un flusso consolidato di investimenti istituzionali domestici, soprattutto di lungo termine, che, attraverso il mercato azionario, sostenga la crescita del Paese.
  Il secondo problema è rappresentato dall'assenza di investitori professionali specializzati in società di piccole dimensioni, fenomeno ovviamente aggravato dalla crisi dell'ultimo quinquennio. I fondi comuni di investimento italiani specializzati in piccole e medie imprese italiane quotate, infatti, sono oggi solo 5, con circa 180 milioni di anni di euro in asset complessivi. Si tratta di una cifra sostanzialmente trascurabile.
  Il mancato supporto di un'adeguata domanda istituzionale può comportare, in particolare con riferimento alle PMI, sia il rischio di prezzi non rispondenti al reale valore della società in fase di IPO, sia un limitato livello di liquidità dei titoli sul mercato secondario, con conseguente volatilità dei corsi. Tutto ciò si configura come un evidente disincentivo alla quotazione.
  Per ovviare a questo problema si può ricorrere alla creazione di un fondo di fondi, il cosiddetto Fondo Master, che, secondo logiche di mercato, investa in fondi specializzati in small cap italiane capitali raccolti presso investitori istituzionali, con un orizzonte temporale di medio-lungo termine.
  Tutti questi interventi avrebbero maggiore effetto, se accompagnati da un sistema di incentivi fiscali. Ovviamente parlare di incentivi fiscali, in questa fase economica, sembra un'eresia. Tuttavia, occorrerebbe tener conto degli effetti indotti che misure di stimolo dell'offerta potrebbero produrre sotto il profilo fiscale, anche come ritorno. Gli effetti di tali misure, non sempre risolutivi in passato, potrebbero, in questa fase, risultare utili. Si tratta – lo cito a titolo di esempio – della detassazione dei capital gain derivanti dagli investimenti in fondi specializzati in small cap italiane e di un meccanismo di ACE potenziato a beneficio delle imprese destinate alla quotazione.
  Nell'ambito degli strumenti volti a facilitare l'accesso diretto delle imprese al mercato, il decreto legge n. 179 del 2012 ha introdotto, tra l'altro, la possibilità di raccogliere capitali di rischio tramite portali online – il cosiddetto equity crowdfunding – a favore di una specifica categoria di soggetti imprenditoriali, le cosiddette start-up innovative.
  Al fine di creare un ambiente affidabile, in grado di dare fiducia agli investitori, il decreto cosiddetto «Crescita-bis» (decreto-legge n. 179 del 2012) ha, quindi, delegato alla Consob il compito di disciplinare alcuni specifici aspetti del fenomeno, le modalità di svolgimento dell'offerta al pubblico di capitale di rischio, tramite portali online, e l'attività di gestione dei medesimi.
  Il 26 giugno scorso la Consob ha adottato un Regolamento in materia di equity crowdfunding, prevedendo una serie di norme volte ad assicurare un adeguato livello di tutela dell'investitore non professionale – questo è un tema che ritengo rilevante – con specifico riferimento ai rischi associati all'adesione di offerte di capitale tramite portali online, che, ovviamente, sono meno facilmente controllabili rispetto a chi offre professionalmente questo tipo di servizi.
  Al riguardo segnalo che è stata autorizzata, proprio pochi giorni fa, la prima iscrizione di una società gestore al Registro dei portali. Forte interesse al tema è manifestato dalla circostanza che sono oggetto di prossima presentazione nuove richieste. Si tratta di un fenomeno nuovo, che inizia a crescere. Bisogna vedere come poi si svilupperà nel futuro.
  L'Italia è, così, il primo Paese al mondo a dotarsi di una disciplina specifica e organica per l'equity crowdfunding. Negli altri Paesi in cui operano portali di crowdfunding il fenomeno non è, infatti, ancora soggetto a regolamentazione ed è fatto rientrare nell'ambito dell'applicazione di discipline già esistenti, come Pag. 8quelle di appello al pubblico risparmio. Trattandosi di una disciplina innovativa, credo che bene abbia fatto il legislatore a disporre una regolamentazione, tesa soprattutto a garantire i risparmiatori, in primo luogo, e poi a favorire questo nuovo tipo di fenomeno.
  I credit fund – passiamo a un altro strumento – sono fondi di investimento specializzati nella sottoscrizione di strumenti di debito emessi da società corporate anche di medie e piccole dimensioni, con una strategia di investimento di lungo periodo.
  I credit fund sono potenzialmente in grado di coniugare i vantaggi derivanti dalla raccolta diretta dagli investitori istituzionali, aggirando, in questo modo, i limiti di espansione degli attivi bancari, di cui ho parlato sopra, e coniugando a questi vantaggi quelli derivanti da una politica degli impieghi focalizzata principalmente nell'individuazione delle migliori opportunità di investimenti in un diversificato portafoglio di corporate bond.
  Essi possono agire, ed è il caso di alcune esperienze nate di recente nel nostro Paese, come soggetti in grado di allentare gli attuali vincoli alla patrimonializzazione delle banche, laddove sottoscrivano strumenti ibridi di patrimonio o prestiti subordinati emessi dagli istituti bancari. In questo senso, lo strumento si presenta sinergico alle iniziative in materia di minibond che di recente sono state adottate con l'emanazione del decreto-legge n. 83 del 2012, il cosiddetto «decreto sviluppo».
  L'intervento legislativo ha ampliato gli strumenti di ricorso al mercato del debito per le società non quotate, anche di media e piccola dimensione, ovviamente con esclusione delle microimprese, e il provvedimento ha esteso la possibilità di emettere strumenti di debito a breve termine, le cosiddette cambiali finanziarie, e a medio-lungo termine, i cosiddetti «minibond», con il supporto di sponsor che assistono gli emittenti e fungono da market maker, garantendo la liquidità dei titoli.
  Il provvedimento citato ha, tra l'altro, allineato il regime fiscale dell'obbligazione e dei titoli similari emessi da società non quotate a quello più favorevole delle società quotate e ha, quindi, creato una sorta di livellamento del piano di gioco. In attesa di valutare la reale efficacia di questo intervento, quando saranno disponibili dati più consolidati, alcuni studi recenti stimano che le emissioni di minibond potrebbero raggiungere i 20-30 miliardi di euro e interessare una platea di circa 4.000 aziende. Se ciò si verificasse, sarebbe un fenomeno di tutto rilievo.
  Lo sviluppo dei mercati mobiliari si pone, inevitabilmente, in una prospettiva di medio-lungo periodo. In un'ottica di breve termine, tuttavia, occorre affrontare il problema del contingentamento del credito. Poste le attuali difficoltà delle banche a patrimonializzarsi attraverso il ricorso al mercato, si devono individuare strumenti in grado di favorire l'espansione dell'offerta creditizia, a parità di dotazione patrimoniale. Riaprire il mercato delle cartolarizzazioni potrebbe dimostrarsi utile strumento per espandere il credito in presenza di restrizioni all'aumento del patrimonio. Infatti, i crediti vengono ceduti a soggetti terzi e si libera patrimonio per supportare l'erogazione di nuovo credito.
  Una possibilità per far ripartire il mercato è quella di fare cartolarizzazioni standardizzate di crediti a piccole e medie imprese, tranne i titoli semplici, e di centralizzare l'attività per tutto il sistema bancario su un unico veicolo. Questo consentirebbe di evitare il ripetersi di rischi che si sono verificati nel passato.
  Si tratta di un modello simile a quello americano, dove esistono le cosiddette agenzie, che un tempo erano emanazione del Governo federale e che ora sono soggetti privati, sebbene con un'implicita garanzia pubblica, come avviene per tutte le banche e i soggetti finanziari, cosiddetti «too big to fail». Questo renderebbe i titoli più standardizzati e riconoscibili dagli investitori e, soprattutto, molto più liquidi rispetto alle emissioni di un veicolo di emanazione di una singola banca.
  Un altro strumento di accesso al credito, da parte delle piccole e medie imprese, Pag. 9è rappresentato dai Consorzi di garanzia collettiva fidi, i cosiddetti Confidi, che rappresentano un meccanismo, a disposizione delle imprese associate, teso a facilitare il rapporto con le banche, in particolare per l'accesso al credito a condizioni mediamente più favorevoli di quelle altrimenti ottenibili. La capacità dei Confidi di favorire l'accesso al credito da parte delle PMI può essere significativamente ampliata da un sistema di controgaranzia pubblica. In Italia, il principale schema che le imprese hanno a disposizione per accedere alla controgaranzia pubblica è costituito dal Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese.
  Sul versante delle controgaranzie una soluzione potrebbe essere quella di costituire uno speciale Fondo di garanzia europeo per assicurare, a monte, i crediti delle piccole e medie imprese. Questa soluzione salvaguarderebbe il legame della rete territoriale dei Confidi con il tessuto produttivo delle PMI, ma accentrerebbe la gestione delle controgaranzie pubbliche a un livello tale da consentire di sfruttare appieno i vantaggi dell'effetto leva garantito dai maggiori volumi e dalla diversificazione del rischio.
  Mi sono limitato ad illustrare una serie di strumenti che, in alternativa al sistema del credito bancario, potrebbero essere funzionali al finanziamento delle imprese e al rilancio del sistema produttivo. I tempi che ci troviamo di fronte, signor Presidente, onorevoli deputati, presentano rischi, ma anche opportunità che occorre cogliere. Gli investitori internazionali si stanno riaffacciando sui mercati europei e, in particolare, su quelli periferici.
  Condizione essenziale, tuttavia, per agganciare la ripresa, è quella di superare le debolezze strutturali che storicamente contraddistinguono il nostro Paese. Esse non potranno essere superate, se, con riferimento al settore finanziario, il sistema bancario non sarà in grado di adempiere, in modo efficiente, al proprio ruolo fondamentale, quello di allocare il risparmio verso le attività produttive.
  L'attuale industria finanziaria vede spesso strette connessioni tra il sistema bancario e quello industriale. Ciò non conduce a un'allocazione ottimale del credito, che, in molti casi, risulta orientato a favorire impieghi non efficienti, ma finalizzati esclusivamente a contenere possibili perdite. Tale attitudine compromette la possibilità di sviluppo del Paese, aumenta l'opacità del sistema e allontana gli investitori, soprattutto quelli provenienti dall'estero.
  Occorre ripensare il modello dell'industria finanziaria, in particolare rafforzando la funzione propria del sistema bancario, che, così come sta avvenendo tra molti importanti competitori internazionali, si va orientando verso una più proficua divisione dei ruoli tra banche che svolgono la tradizionale attività creditizia e banche di investimento. Portare rapidamente a compimento una simile trasformazione sortirebbe l'effetto di ridare efficienza al sistema sotto almeno tre aspetti.
  In primo luogo, verrebbero meno gli incentivi distorti a finanziare imprese in cui le banche hanno partecipazioni azionarie. Ciò libererebbe risorse per le imprese con migliori prospettive.
  In secondo luogo, si favorirebbe la nascita di intermediari mobiliari specializzati nei servizi di listing, collocamento titoli e trading, rendendo il mercato di tali servizi più efficiente e competitivo.
  Infine, la separatezza delle aree di business tra banche di investimento e commerciali favorirebbe condotte più orientate al mercato. In questo modo, sarebbe possibile concentrare risorse finanziarie e umane verso la crescita del mercato interno dei capitali, con la prospettiva di farvi approdare le imprese più dinamiche e competitive. Le imprese finanziarie sarebbero liberate dai rischi di contagio derivanti dalle aree di business non tradizionali, le imprese destinatarie dei finanziamenti godrebbero di maggiore stabilità e i risparmiatori potrebbero ottenere rendimenti più elevati.
  La chiarezza dei ruoli e delle responsabilità di ciascuno costituisce lo strumento indispensabile per affrontare con Pag. 10possibilità di successo le opportunità che l'evoluzione del ciclo economico può offrire.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, presidente. Abbiamo un tempo limitato, di circa mezz'ora, per cercare di raccogliere domande brevi e consentire all'audito di rispondere. Ho visto segnalarsi già i colleghi Villarosa e Pesco. Via via raccoglierò le altre richieste di interventi, con la preghiera, però, di contenerli a un minuto ciascuno, in modo da lasciare il tempo per le risposte.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Volevo chiederle, visti il caso MPS e la multa che avete ricevuto, come vi state organizzando per evitare che quanto già avvenuto accada di nuovo, ossia per riuscire ad operare una vigilanza, considerato che, comunque, già eravate a conoscenza della qualità dei titoli prima dello scoppio del caso. Come Consob, vi state già organizzando per rimodulare l'attività di vigilanza ?

  DANIELE PESCO. Innanzitutto, grazie per la relazione. Visto che abbiamo parlato di dimensioni medie delle imprese italiane, osservo che l'Italia è caratterizzata da un gran numero di imprese medie e piccole, ma che esiste anche un piccolo numero di grandi gruppi. Il caso Telecom è sotto gli occhi di tutti, in queste settimane. Noi ci chiediamo se questi grandi gruppi vadano tutelati dalla scalata di azionisti rilevanti, ma che detengono piccole quote.
  In particolare, ci interessa sapere se anche Consob ritiene opportuno fissare una nuova soglia per l'OPA obbligatoria, inferiore a quella del controllo del 30 per cento, visto che piccoli azionisti rilevanti riescono, comunque, a controllare, di fatto, grandi gruppi. Lo chiedo anche al fine di tutelare i piccoli azionisti e il Paese intero, visto che, in questo caso, si parla di un servizio strategico per la nazione.
  Inoltre, ho una domanda veloce sul crowdfunding. Volevo chiedere come giudicherebbe l'ipotesi di estendere la nozione di start-up innovativa, al fine di consentire l'ampliamento del crowdfunding a più soggetti.

  MARCO DI MAIO. Signor Presidente, ringrazio anch'io il presidente Vegas per la relazione. Vorrei porre due rapide domande. La prima è se ci sono progetti o iniziative in atto, ulteriori a quelli citati, per favorire la quotazione anche di nuova impresa attraverso sgravi e interventi che riducano il costo di quotazione. Inoltre, vorrei una valutazione, se possibile, dei riflessi che l'introduzione della Tobin tax sta avendo sull'operatività del mercato.

  GIOVANNI PAGLIA. Le audizioni di Consob oggi, e di Banca d'Italia la settimana scorsa, lasciano quasi indulgere a un certo scoramento, sotto alcuni aspetti. Si ha l'impressione che le diagnosi siano note, che gli strumenti che dovrebbero essere impiegati sono altrettanto noti, ma che si abbia una difficoltà immensa a trovare soluzioni. In particolar modo, mi riferisco alla questione relativa al carattere bancocentrico delle imprese italiane e alla difficoltà a trovare canali di finanziamento alternativi, nonché all'eccessivo sottodimensionamento delle imprese e alla loro sottocapitalizzazione.
  Tutto questo, personalmente, mi farebbe pensare che, come è stato anche detto, un possibile indirizzo potrebbe essere quello di favorire l'accesso alla Borsa, non tanto per l'accesso al mercato azionario, quanto per la possibilità di accedere più facilmente al mercato obbligazionario, almeno per le medie imprese italiane. Nella precedente audizione, Banca d'Italia ci ha riferito che, a parità di aziende, in altri Paesi europei, come la Francia, la percentuale di quotato è significativamente molto più alta. Immagino che risulti anche a voi lo stesso dato. Parliamo di media impresa.
  Rispetto alle soluzioni che ci avete suggerito, vi inviterei a tornarci su, perché poi dovremo prendere alcune decisioni. Pag. 11Credete, in particolar modo, che la questione degli incentivi fiscali sia significativa ? Io ho l'impressione, invece, che il problema stia più dall'altro lato e che sia anche più difficile da risolvere: consiste, forse, nella paura di perdere il controllo, di avere una compliance più adeguata e anche di introdurre una maggiore trasparenza, come ho affermato anche l'altra volta, nei bilanci ? Questo significa, infatti, quotare un'azienda.
  Come si risolvono questi problemi ? Io ho l'impressione che, solo col volontarismo e con gli incentivi, non andiamo assolutamente da nessuna parte. Se ci sono anche altre ipotesi di soluzione, accettiamo consigli. Diversamente, sarà difficile ragionarci.

  SEBASTIANO BARBANTI. Signor Presidente, ringrazio il presidente Vegas per essere qui. Abbiamo parlato di minibond, di crowdfunding, di credit fund e degli strumenti più disparati, usati dalle banche, in molti casi, per aumentare il capitale per via interna. Tutti questi strumenti rischiano di rappresentare un vulnus alla tutela degli investitori, anche perché vengono tutti contemporaneamente, in maniera piuttosto massiccia, e spesso direttamente, ribaltati sui consumatori. Vorrei chiedere, come prima domanda, se avete previsto, o se state già attuando, alcuni accorgimenti organizzativi per rispondere, in maniera più tempestiva rispetto al passato, a tutte queste sollecitazioni, che interessano soprattutto gli uffici di stampo prettamente tecnico.
  Ho poi un'altra domanda. Mi sembra che, all'interno del regolamento del crowdfunding, non sia previsto un limite temporale per il «famoso» 5 per cento degli investitori istituzionali. Mi chiedevo se potesse essere una buona idea quella di vincolare quel 5 per cento a un tot di tempo ben definito, per evitare che l'investitore istituzionale possa, al tempo T, sottoscrivere e, al tempo T + 1, ossia immediatamente dopo, recedere dalla sottoscrizione.

  ITZHAK YORAM GUTGELD. Io ho una domanda che riguarda la bassa capitalizzazione delle imprese in generale. Noi abbiamo imprese con una struttura di finanza molto più legata al finanziamento esterno che non a quello proprio. Questo è vero per tutte le aziende e riguarda, credo, anche quelle quotate. Per quanto riguarda proprio queste ultime, mi domando, prima di tutto, che tipo di interventi può prefigurare per ovviare a questo problema. In particolare, il tema che è stato accennato, in un altro contesto, consiste effettivamente nei meccanismi di controllo previsti in Italia sulle cosiddette «scatole cinesi», le quali favoriscono situazioni in cui gli azionisti controllano con pochi capitali.
  Volevo sapere se, non solo nell'ottica della tutela degli azionisti di minoranza, ma anche in quella di rendere le aziende più capitalizzate, non sia opportuno ripensare, limitare o introdurre norme che disciplinino meglio questa situazione.

  DANIELE PESCO. Volevo chiedere ancora se lei ritiene idoneo il lavoro che Consob sta facendo sull'analisi e sulla vigilanza dei patti tra azionisti, che, a volte, sono palesi e, a volte, sono occulti, e se non consideri magari di buon auspicio un'attività del legislatore che tuteli gli interessi, sia degli azionisti, sia dei cittadini.

  PRESIDENTE. Do la parola al Presidente Vegas per la replica.

  GIUSEPPE VEGAS, Presidente della CONSOB. Grazie per queste domande molto stimolanti. Scusate se salto un po’ da un tema all'altro.
  Inizierei dall'onorevole Gutgeld, che ha aperto una questione molto interessante. È chiaro che molte società sono poco capitalizzate. Siamo davanti a una situazione difficile, ma che presenta alcune opportunità. Per esempio, il vecchio meccanismo di potere consolidato, di scatole cinesi, dei cosiddetti «salotti buoni», si sta sgretolando da solo. Tale sgretolamento comporta un'apertura del mercato. Sarebbe sciocco non approfittare di questa circostanza per cercare di schiacciare Pag. 12l'acceleratore su tutte le misure possibili che possano portare a un'apertura del mercato.
  È vero che, e questa è un'obiezione che è stata mossa da alcuni intervenuti, se il cavallo non beve, non beve. Se la situazione è reputata dagli investitori e dalle imprese come non valutabile positivamente, almeno nel medio periodo, è difficile che, per quanto si possano offrire strumenti, come detassazioni o un ampio «menù» di altre misure, la situazione si risolva.
  È anche vero, però, che, se cambia un po’ il clima economico – abbiamo avuto alcuni segnali; non lo dico io, ci mancherebbe, bensì istituti molto più importanti, a cominciare dal Fondo monetario internazionale e dalla Banca centrale europea – e se ci sono alcuni segnali di ripresa, a nostro avviso, è opportuno fornire una sorta di «menù» in cui la fame di capitalizzazione possa trovare il prodotto corrispondente.
  Sotto questo profilo, sia gli istituti che mi sono permesso di illustrare, ancorché rapidamente – si tratta di un elenco dello stato dell'arte, non di un elenco onnicomprensivo ed esaustivo – sia gli incentivi di carattere fiscale, potrebbero dimostrarsi utili. Ciò, ovviamente, non significa che, se le aspettative degli investitori non esistono, o sono negative, si possa introdurre qualunque incentivo di carattere fiscale. Non succederebbe assolutamente niente. Si tratta di cercare di preparare il sistema.
  Le piccole e medie imprese presentano problemi finanziari, che si legano anche a problemi di carattere culturale. Ci sono problemi finanziari, che dipendono dalle difficoltà di queste imprese ad accedere a un mercato di capitali efficiente. Fino ad oggi hanno sostanzialmente funzionato con il sistema delle banche.
  Le banche, come abbiamo visto, hanno difficoltà che derivano dalla crisi e dalle regole – non poteva essere altrimenti – più stringenti che sono state assunte a livello della Banca centrale europea e, quindi, anche dalla Banca centrale nazionale, per garantire di più il mercato ed evitare rischi di fallimenti a catena di istituti sistemici. Si tentava di assicurare una maggiore sicurezza, soprattutto per i risparmiatori e per i mercati, ma ciò ha comportato effetti in termini di diminuzione del credito erogabile. È opportuno trovare uno strumento che, rispetto alla diminuzione di questo credito, favorisca un maggior credito al suddetto tipo di imprese.
  Queste imprese incontrano maggiori difficoltà ad accedere al mercato finanziario, perché sono meno conosciute e possono emettere titoli meno liquidi. Bisogna trovare una strada di passaggio, che è quella delineata in questo documento, redatto da noi insieme ad altri, nell'ultimo periodo.
  Questa strada e i relativi passaggi, in sostanza, in che cosa consistono ? Consistono nel creare un sistema in cui i fondi studiano e fanno emergere le medie imprese. Non parliamo proprio delle piccole imprese, perché sono troppo piccole, ma di quelle medie, che, per esempio – e adesso ne abbiamo tante – esportano buona parte del loro fatturato, ma sono prive dei capitali necessari per incrementare la propria quantità di prodotti.
  Se si devono aggredire mercati importanti, a volte, il fattore dimensionale è molto rilevante. Se non si riesce a superare questo, può essere proprio impossibile entrare in quei mercati. Per questo scopo servono capitali. Una soluzione potrebbe essere creare un sistema di fondi che riconosca le imprese potenzialmente in crescita, le segua e le accompagni in un percorso di mercato nel quale tali imprese, attraverso un sistema di private equity, abbiano finanziamenti, controllati non solo dal padrone (come si diceva una volta) dell'impresa, ma anche da un gestore più manageriale, per poi sboccare eventualmente in un sistema di quotazione ed in una piattaforma ridotta, non in quella principale.
  Questo potrebbe, in parte, risolvere anche il problema «culturale» che è stato evidenziato da alcuni interventi. Non vi è dubbio che la struttura mentale dell'attuale titolare di un'azienda italiana di piccole dimensioni sia quella per cui Pag. 13l'azienda è sua e intende gestirla di persona. Ciò comporta una serie di vantaggi, ma anche alcuni svantaggi, perché la gestione monocratica implica una difficoltà alla crescita.
  Anche in questo caso – l'operazione non è semplicissima – bisogna far comprendere che la perdita di autoreferenzialità trova un trade-off nell'incremento del valore dell'impresa. Bisogna domandarsi se sia meglio essere padrone, al 100 per cento, di un'impresa che ha un fatturato di 10, oppure essere padroni, al 30 per cento, di un'impresa che ha un fatturato di 1.000 o 2.000.
  Questo è stato fatto. Ci sono interessanti esempi, anche in Paesi europei. Si vede come in fondo – poiché si tratta di economia, è sempre l'elemento della convenienza quello che scatta – l'elemento della convenienza possa scattare anche in Italia e superare alcuni retaggi culturali, tenendo conto, peraltro, che ci troviamo in una fase di passaggio generazionale. Molte imprese stanno passando dal fondatore alle nuove generazioni, che hanno un approccio, anche culturale, diverso. Si tratta di un ulteriore fattore che può, insieme alla caduta del sistema dei «salotti buoni», alla necessità di finanziarsi per affrontare i mercati internazionali e ai segnali di ripresa che si intravedono da una parte e dall'altra, costituire la chiave di volta per passare a un sistema sostanzialmente diverso.
  Venendo alle domande più specifiche, onorevole Villarosa, il Monte dei Paschi di Siena (MPS) è stata oggetto di attività di vigilanza da parte della Consob. In questa fase di maggiore difficoltà di mercato ci siamo orientati di più all'attività di vigilanza di quanto non avessimo fatto prima. Abbiamo anche spostato personale e modificato la struttura degli uffici. Per esempio, prima c'erano tre uffici che si occupavano della gestione interna della Consob. Adesso sono stati concentrati in un ufficio unico, per cercare di spostare tutto il personale in grado di farlo, di svolgere attività «al fronte», piuttosto che nelle retrovie.
  La questione Telecom è stata oggetto di un'audizione specifica al Senato, che non voglio dilungarmi a sunteggiare. La Consob non è il soggetto che decide quale disciplina imporre, ma in quella sede ho fatto presente che l'ipotesi di prevedere due soglie non sarebbe mal posta. Esiste, infatti, in altri ordinamenti, il riscontro sul controllo di fatto, rispetto a un controllo meramente quantitativo. Tale riscontro può, in molti casi, soprattutto in quelli che sono davanti all'opinione pubblica, rivelarsi uno strumento efficace per far emergere il costo effettivamente sopportato da chi vuole acquisire il controllo dell'impresa.
  Ciò non significa assolutamente, per essere chiari, che il nostro sistema di imprese debba avere una caratterizzazione nazionale, piuttosto che internazionale. Tutti siamo convinti che attirare capitali dall'estero sia fondamentale per il nostro sviluppo. Il problema non è che chi viene dall'estero fa sempre male. Può far male anche chi viene dall'Italia. Si tratta di costituire un sistema veramente di mercato, che non perpetui il meccanismo di salotti buoni, che abbiamo visto essere stato uno dei fattori che hanno portato alla stasi dello sviluppo del Paese.
  Quanto al crowdfunding, credo sia un'esperienza nuova, da vivere. Siamo all'inizio e, quindi, non siamo in grado di esprimerci. Per come era nato nelle intenzioni iniziali, si trattava di un sistema molto libero, ma i risparmiatori vanno tutelati sempre e comunque. Per tale motivo sono stati fissati alcuni limiti quantitativi, in modo che, se, per caso, ci si trovi davanti a un portale non perfettamente trasparente, il limite della perdita sia contenuto e si possano evitare abusi. In ambito informatico moltissimi italiani sono molto esperti, ma ci sono anche persone, magari di una certa età, che non sono particolarmente brave e che hanno, a loro volta, il diritto di essere tutelate.
  Onorevole Di Maio, sulla Tobin tax, per adesso, non ci sono esperienze empiriche certificate. Ci sono prese di posizione di associazioni, per esempio di fondi. Come tali, noi non le possiamo asseverare. In Pag. 14altri Paesi si è verificato che un tipo di tassa del genere, più che turbare il mercato, disincentivasse l'investimento nel mercato mobiliare dove veniva applicato questo tipo di imposizione.
  Ci sono anche alcuni problemi di copertura finanziaria, ossia di gettito, ma sono problemi di cui non mi occupo io. Sicuramente sarebbe bene che, qualunque tipo di imposta sui prodotti finanziari, trattandosi di beni molto mobili, anche in senso trasfrontaliero, venisse applicata nel maggior numero di Paesi possibili, in modo da realizzare un livellamento del campo di gioco e non creare disarmonie che possano spostare questo tipo di beni e di investimenti da un Paese all'altro.
  L'onorevole Paglia ha posto il problema degli incentivi, su cui, in parte, ho risposto. Faccio presente che alcuni Paesi hanno definito un metodo che consente una maggiore presenza nei mercati mobiliari di fondi di strumenti illiquidi. Per esempio, la Polonia ha reso obbligatorio, ma questo è forse un passo un po’ troppo in là, sul quale avrei dei dubbi, che i fondi pensione debbano avere una riserva, se non sbaglio, dell'ordine del 10 per cento, in fondi illiquidi di piccole e medie imprese. Questo ha consentito una grande crescita delle quotazioni in quel mercato ed un discreto sviluppo.
  Non so se da noi sia proponibile il sistema dell'obbligo della riserva di investimenti in titoli illiquidi, ma la facoltà di prevedere una certa percentuale di strumenti illiquidi potrebbe essere utile anche, come dicevo prima, a favorire lo strumento dei fondi pensione, che credo sia molto rilevante.
  All'onorevole Barbanti credo, più o meno, di avere risposto. Per la questione del 5 per cento probabilmente è ancora presto. Vediamo come si evolverà. Credo non sarà difficile, nel caso, prevedere un intervento normativo. All'onorevole Gutgeld ho risposto in apertura e, quindi, penso di aver risposto a tutti gli intervenuti, che ringrazio.

  PRESIDENTE. L'onorevole Pesco le ricorda la domanda sui patti tra azionisti.

  GIUSEPPE VEGAS, Presidente della CONSOB. I patti tra azionisti sono sempre possibili, a condizione che siano dichiarati e registrati. Se non sono registrati, come è noto, il loro voto è nullo nelle Assemblee. Se tali patti sono segreti, o non resi noti al mercato, e servono a superare la soglia dell'OPA obbligatoria, noi indaghiamo. Se ci sono casi di questo genere, in caso di utilizzo di questi patti per governare la società, scatta automaticamente la soglia dell'OPA. Io credo che tutti i patti siano leciti, se sono noti. Se non sono noti, come per le società segrete, si inizia a sospettare del motivo per cui esistono. Gli strumenti per controllare comunque ci sono.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Presidente Vegas, il dottor Stazi, il dottor Siciliano e il dottor Pisu.
  Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal Professor Vegas (vedi allegato) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.40.

Pag. 15

ALLEGATO

Pag. 16

Pag. 17

Pag. 18

Pag. 19

Pag. 20

Pag. 21

Pag. 22

Pag. 23

Pag. 24

Pag. 25

Pag. 26

Pag. 27

Pag. 28

Pag. 29

Pag. 30

Pag. 31

Pag. 32

Pag. 33

Pag. 34

Pag. 35