XVII Legislatura

VI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 12 di Giovedì 25 giugno 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Capezzone Daniele , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE TEMATICHE RELATIVE AGLI STRUMENTI FINANZIARI DERIVATI

Audizione del Direttore generale del Tesoro, Vincenzo La Via.
Capezzone Daniele , Presidente ... 3 
La Via Vincenzo , Direttore generale del Tesoro ... 3 
Capezzone Daniele , Presidente ... 12 
Ruocco Carla (M5S)  ... 12 
Causi Marco (PD)  ... 12 
Pesco Daniele (M5S)  ... 13 
Paglia Giovanni (SEL)  ... 14 
Barbanti Sebastiano (Misto-AL)  ... 15 
Capezzone Daniele , Presidente ... 15 
La Via Vincenzo , Direttore generale del Tesoro ... 15 
Pesco Daniele (M5S)  ... 17 
La Via Vincenzo , Direttore generale del Tesoro ... 17 
Capezzone Daniele , Presidente ... 18

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DANIELE CAPEZZONE

  La seduta comincia alle 14.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione del Direttore generale del Tesoro, Vincenzo La Via.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle tematiche relative agli strumenti finanziari derivati, l'audizione del Direttore generale del Tesoro, Vincenzo La Via.
  Questa è l'ultima audizione dell'indagine conoscitiva sugli strumenti finanziari derivati e ringraziamo il dottor La Via, Direttore generale del Tesoro, che ci darà la sua valutazione e le sue opinioni su questa scottante vicenda.

  VINCENZO LA VIA, Direttore generale del Tesoro. Grazie, presidente. Voglio ringraziare innanzitutto la Commissione perché mi offre l'opportunità di chiarire ulteriormente come si integrino tra loro la politica di emissione e l'attività in strumenti derivati. L'idea è di inquadrarle alla luce dei contesti di mercato e della loro evoluzione nel tempo, mostrando come rispondano alle migliori pratiche internazionali in materia.
  Tutto questo con l'obiettivo primario di guardare al futuro e di puntare a ulteriori miglioramenti dell'operatività e della comunicazione su un tema che in Italia assume una rilevanza ancora più significativa che in altri Paesi, visto l'alto livello del debito, sia in termini assoluti sia in rapporto al Prodotto interno lordo.
  Illustrerò nel dettaglio i princìpi che hanno ispirato le scelte del passato, in parte già desumibili dalle spiegazioni fornite dal MEF in precedenti occasioni, incluse le audizioni svolte su tale tematica, nell'intento di far comprendere come la gestione del debito pubblico si sia dispiegata con coerenza tra le sue varie componenti e nel perseguimento di obiettivi di finanza pubblica considerati prioritari nel corso del tempo.
  Illustrerò inoltre le iniziative attivate recentemente per rendere la comunicazione in materia più trasparente e sistematica, attraverso un flusso informativo organico e regolare, che dia conto delle interazioni tra le diverse funzioni e attività gestionali. Sempre in una prospettiva volta al continuo miglioramento, parlerò delle iniziative di sviluppo e potenziamento della struttura che si occupa della gestione del debito, autonomamente partite già da diverso tempo e ulteriormente in via di rafforzamento.
  La best practice internazionale in materia di uso dei derivati nella gestione del debito pubblico dà anche un prezioso contributo per inquadrare l'attività dell'Italia nel settore e chiarire alcuni dubbi che si sono generati nel dibattito pubblico in materia. La best practice è rinvenibile nei princìpi guida prodotti dalle principali istituzioni finanziarie multilaterali e nelle prassi operative dei Paesi maggiormente Pag. 4impegnati nella programmazione, gestione e controllo del debito.
  Richiamerò alcuni punti essenziali della best practice, partendo dall'obiettivo della gestione del debito, dalla definizione del rischio, dai diversi ruoli dell'emissione del debito e della gestione con i derivati, dal diverso regime di pubblicità del debito e dei derivati e dalla strutturazione degli uffici preposti, dandovi un'idea di come intendiamo muoverci.
  L'obiettivo fondamentale della gestione del debito è enunciato a pag. 11 delle linee guida pubblicate dal Fondo monetario internazionale e dalla Banca mondiale, che recitano: il principale obiettivo della gestione del debito è assicurare che le esigenze di finanziamento del Governo e il pagamento delle relative obbligazioni sia realizzato con un costo di medio-lungo termine il più basso possibile, compatibilmente con un prudente grado di rischio.
  Minimizzare il costo ignorando il rischio non può essere un obiettivo e transazioni che mostrano costi di servizio del debito più bassi spesso inglobano rischi significativi per il Governo e possono limitarne la capacità di ripagare i creditori. Pertanto la gestione di costo e rischio implica un trade-off, rispetto al quale va trovato il giusto equilibrio.
  Lo stesso principio viene ribadito al punto 8 dei princìpi di Stoccolma, stilati dalla comunità internazionale nel 2010, dopo la crisi, che afferma: i rischi di un portafoglio di debito devono essere mantenuti a livelli prudenti, al tempo stesso minimizzando i costi di finanziamento nel medio-lungo termine.
  L'obiettivo primario della gestione del debito, universalmente condiviso dalla comunità finanziaria internazionale, è assicurare che le obbligazioni di pagamento che uno Stato ha contratto indebitandosi siano onorate al più basso costo compatibile con il contenimento del rischio in un orizzonte di lungo termine, che è proprio quello del debito pubblico.
  Da ciò discende una serie di conseguenze. Cominciamo ad analizzare l'aspetto relativo al rischio. È universalmente riconosciuto, ed è anche intuitivo, che un debito pubblico non può essere gestito in un'ottica di minimizzazione dei costi di breve periodo.
  Una preferenza accordata alle scadenze più brevi e a tassi variabili, i quali, in genere, sono più bassi, non è compatibile con la necessità primaria di assicurare prima di tutto la capacità di rifinanziare lo stock del debito nel tempo e, in subordine, di farlo al costo mediamente più contenuto possibile, in un orizzonte di lungo periodo, virtualmente indefinito e aperto a ogni genere di shock potenziale.
  Naturalmente anche l'allungamento estremo della vita del debito risulterebbe particolarmente oneroso, oltre ad essere difficile da perseguire oltre un certo limite per i vincoli dei mercati. Il costo è quindi definito in termini di livello del tasso di interesse pagato, il rischio in termini di possibilità che questo livello aumenti nel tempo.
  Le linee guida del Fondo monetario internazionale e della Banca Mondiale chiariscono che la modalità di gestione che in genere viene adottata dai Paesi è quella dei cosiddetti strategic target portfolio, cioè una struttura di portafoglio tendenziale che il gestore desidera avere in base alle proprie preferenze di costo e rischio, generalmente indicati in termini di vita media o di durata finanziaria.
  Il punto viene chiarito ancor meglio quando si vedono i documenti di policy che vengono resi disponibili dalle Agenzie del debito svedese e olandese, che sono tra le più attente ad approfondire questi temi.
  In sostanza, quindi, quasi tutti i gestori risolvono questo problema individuando una tendenziale durata del debito, variamente definita dal punto di vista tecnico. Questo punto di equilibrio è almeno in parte dettato dalla struttura della domanda per il debito di un certo Paese, struttura che si può evolvere solo molto gradualmente nel tempo.
  Un approccio prudente alla gestione del debito suggerisce che a elevati rapporti dello stock del debito rispetto al PIL corrispondono livelli di equilibrio di trade-off tra costo e rischio diversi.Pag. 5
  Diversi posizionamenti nel portafoglio sono giustificati dalle esigenze di gestione del rischio dei singoli Paesi. Per citare un esempio, la duration del debito italiano è stata incrementata storicamente, mentre quella del debito olandese è stata ridotta, perché l'Italia ha un debito pubblico molto elevato e, quindi, l'esigenza di copertura rispetto alla possibilità di aumento dei tassi è maggiore rispetto a quella di un Paese che ha un debito più basso.
  È importante poi chiarire che, a ogni punto di equilibrio tra durata e costo del debito, corrisponde una situazione in cui si potrebbe dire, in teoria, che il portafoglio guadagni dal rialzo del livello dei tassi oppure perda a causa dei ribassi (mi riferisco, in questo caso, al debito tradizionale, non ai derivati).
  I termini «guadagnare» e «perdere» tuttavia sono impropri, perché il portafoglio di debito deve posizionarsi su una certa durata prudenziale, in linea di principio maggiore per un emittente con più debito, e per ogni durata del portafoglio non ha senso rappresentare l'evoluzione dei tassi come perdite o guadagni.
  È molto significativo, in questo senso, che nessun gestore del debito sovrano rappresenti i risultati della propria attività (in termini di debito tradizionale) come mark to market positivi o negativi. La gestione prudenziale del debito pubblico nel lungo termine richiede infatti il posizionamento su strutture di portafoglio relativamente lunghe, che minimizzino la spesa per interessi in modo compatibile con la contemporanea minimizzazione del rischio di rifinanziamento del debito e di futura traslazione verso l'alto della spesa per il servizio del debito.
  Lo stesso protocollo di Maastricht sui deficit eccessivi stabilisce che il debito da monitorare venga calcolato al valore nominale e sancisce il principio in base al quale, per gli Stati, ciò che assume rilevanza è il rispetto dell'obbligo di rimborso del dovuto nei termini pattuiti, quindi le fluttuazioni di valore derivanti esclusivamente dal mutamento dei costi di mercato sono ininfluenti.
  Per capire quanto sia razionale questo approccio, basta pensare a cosa succederebbe se il rispetto del parametro di debito dovesse basarsi su valori di mercato invece che su un importo nominale. Ci sarebbero dei risultati paradossali, cioè in momenti di maggiore instabilità, e quindi di tassi d'interesse più alti, paradossalmente il valore di mercato del debito scenderebbe, e viceversa.
  Cito ad esempio il caso del dicembre 2011, quando i tassi erano molto alti e il valore di mercato del debito era di 1.380 miliardi mentre il suo valore nominale era di 1 miliardo e 600 milioni e, viceversa, alla fine di marzo scorso, quando i tassi erano crollati, la situazione era esattamente all'opposto.
  Non è quindi un caso che i princìpi contabili per uno Stato siano totalmente diversi rispetto a quelli delle banche e dei fondi pensione di investimento, e l'impatto della gestione del debito sul bilancio dello Stato avvenga attraverso il canale della spesa per interessi e del rimborso dei titoli.
  Il gestore del debito pubblico non deve quindi prendere posizione con un atteggiamento speculativo, puntando a guadagnare da un'evoluzione favorevole, e questo è paradossalmente quanto si aspetterebbero in maniera, forse, inconsapevole, coloro che affermano che l'amministrazione finanziaria dovrebbe puntare a trarre un risultato positivo dalla propria gestione.
  Se un gestore del debito si posiziona su durate prudenziali e, quindi, relativamente lunghe come nel caso dell'Italia, è concettualmente assurdo caratterizzare come «perdite» le conseguenze di questa strategia, nel caso in cui l'evento rischioso, cioè l'aumento dei tassi, non si sia realizzato, e sarebbe ugualmente scorretto descrivere come «guadagno» o, ancor peggio, come «vincita», le conseguenze di un rialzo dei tassi. Il ruolo del gestore di debito pubblico non è, né potrebbe essere, quello di prendere posizione per battere il mercato.
  È alla luce di queste considerazioni che va inquadrata la politica di gestione del Pag. 6debito adottata dal Tesoro italiano da oltre vent'anni. Dopo la grave crisi monetaria e finanziaria del 1992, infatti, ogni decisione fu ispirata a rafforzare la struttura del debito e a ridurre i costi di emissione, cosa possibile da realizzare solo riguadagnando la fiducia del mercato.
  Ricordo che, in quella occasione, molte aste dei titoli di Stato restarono «scoperte» e la composizione del debito dell'epoca era ancora ampiamente esposta alle fluttuazioni dei tassi di interesse, poiché i due terzi del debito erano costituiti da BOT e CCT a tasso variabile e la sua vita media era inferiore ai tre anni.
  Questa debolezza strutturale determinò pesantissime ripercussioni sul bilancio dello Stato, perché il repentino e ampio incremento dei tassi, passati, in poche settimane, dal 12 al 18 per cento, generò un considerevole aggravio della spesa per interessi.
  Ancora più grave fu il pregiudizio alla fiducia degli investitori nei confronti dell'Italia quale emittente sovrano. Andava dunque rafforzata, da un lato, la struttura del debito nel nostro mercato, sia primario sia secondario, e dall'altro si rendeva necessario riguadagnare la credibilità sui mercati internazionali per assicurare, attraverso l'allargamento della base di investitori, maggiore stabilità e minori costi di emissione.
  Venne operata allora una profonda riforma del mercato primario e secondario dei titoli di Stato, tra l'altro introducendo, con il regolamento del 24 febbraio del 1994, la figura dello specialista in titoli di Stato, intermediario selezionato tra i migliori operatori principali, i cosiddetti primary dealers del mercato telematico dei titoli di Stato che, oltre a impegnarsi continuativamente a quotare i titoli di Stato su una piattaforma regolamentata di negoziazione, si assume anche obblighi di sottoscrizione dei titoli in asta.
  Con il sistema così rivisto, crisi di portata analoga a quella del 1992 quali, ad esempio, la crisi messicana del 1995, non ebbero effetti ugualmente dirompenti sul livello dei tassi dei titoli italiani e le aste vennero coperte anche in contesti difficili.
  Contemporaneamente a questa innovazione, il Tesoro lanciò un'emissione in dollari sotto il Programma Global, con l'intento di riaffermare la presenza della Repubblica italiana come emittente regolare e affidabile sui mercati internazionali, con un particolare focus sul dollaro statunitense, e parallelamente venne rivista tutta la documentazione relativa all'attività in derivati, per i quali fu negoziata la disciplina secondo il diritto italiano.
  Una volta stabilito un tale assetto di solidità e aderenza ai migliori standard internazionali, è stato possibile procedere a una ricomposizione del debito, che ne rendeva la struttura molto meno esposta al rischio di tasso e consentiva di raggiungere nel 2010 una vita media di oltre 7 anni.
  Parallelamente, l'attività in derivati diventava il naturale complemento dell'attività di emissione per la gestione del debito e il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, modulati in funzione delle priorità che il contesto esterno e le scelte politiche richiedevano.
  Come dicevo, è universalmente accettato dalle organizzazioni finanziarie internazionali e da tutti gli Stati sovrani che l'accesso al mercato del debito, e in particolare alle politiche di emissione obbligazionaria, debbano essere gestiti con continuità, prevedibilità e trasparenza, senza trascurare le preferenze, le esigenze di liquidità e la reale capacità di assorbimento degli investitori.
  È anche universalmente riconosciuto il valore del mantenimento di un'adeguata infrastruttura del mercato del debito, anche attraverso lo sviluppo di un sistema di primary dealer, che favorisca il collocamento e la negoziazione dei titoli.
  Atteggiamenti opportunistici sono sconsigliati, minano il rapporto di fiducia tra investitori ed emittenti, affinché questi ultimi possano fare ricorso in modo ricorrente al mercato dei capitali e lo possano fare a costi il più possibile contenuti nel lungo periodo. In definitiva, un emittente sovrano non può fare quello che vuole per massimizzare la propria utilità, perché ciò verrebbe pagato a caro prezzo.Pag. 7
  Anche indipendentemente da uno sconsigliabile atteggiamento opportunistico della politica di emissione, la struttura del mercato dei capitali, in ogni caso, non permette di accomodare qualsiasi esigenza dell'emittente. Esistono limiti strutturali: qualora la situazione congiunturale e la programmazione di bilancio suggeriscano modifiche al portafoglio del debito, l'effettiva domanda reperibile sul mercato raramente permetterà di attuare queste modifiche esattamente nella misura desiderata.
  Infine, ogni politica di emissione necessariamente crea nel tempo una struttura di scadenze medio-lunghe, che costituiscono un vincolo oggettivo per la successiva attività di emissione.
  Come dicevo, quindi, eventuali disallineamenti tra la struttura di portafoglio resa possibile dal mercato dei capitali e gli obiettivi gestionali possono essere colmati con l'uso dei derivati, che costituiscono lo strumento normale, appropriato a questi fini, e come tali vengono riconosciuti dalle linee guida del Fondo monetario internazionale, dalla Banca mondiale e dai molti Stati sovrani che fanno ricorso allo strumento.
  Nel 2008, un documento redatto congiuntamente da esperti dell'OCSE, del Fondo Monetario e della Banca mondiale aveva rilevato la prassi adottata dai principali gestori del debito sovrano, sottolineando che l'attuazione della strategia del debito può includere l'uso dei derivati per separare le decisioni di finanziamento da quelle di composizione ottimale del portafoglio, ridurre il costo di indebitamento e gestire i rischi di portafoglio.
  Una survey dell'OCSE del 2011 ha evidenziato che gli emittenti sovrani dell'OCSE fanno un uso intensivo dei derivati e che 24 dei 33 Paesi OCSE li avevano utilizzati con un ammontare nozionale medio dei contratti, nel quadriennio, pari all'8 per cento del debito.
  Nell'ambito dell'Unione monetaria, la maggior parte dei Paesi ricorre allo strumento; alcuni, come Germania e Paesi Bassi, in maniera sistematica e con percentuali molto significative dello stock nozionale dei derivati rispetto allo stock nominale di debito pubblico. La politica di emissione è mantenuta libera da finalità di riaggiustamento del rischio di tasso e tale aggiustamento viene fatto attraverso l'uso dei derivati.
  Le scelte sono condizionate dalle rispettive condizioni della finanza pubblica: Paesi con strutture di mercato più orientate a scadenze a lungo termine possono permettersi di perseguire obiettivi di riduzione della durata di un certo tipo, traendo benefici nel breve periodo, mentre Paesi come l'Italia, i quali hanno invece una diversa struttura del debito, hanno più difficoltà a fare questo (dobbiamo infatti essere molto più prudenti di coloro che hanno poco debito).
  Una volta ottenuta una struttura prudenziale del portafoglio, il mark to market della componente derivata assume un'importanza limitata, se non addirittura fuorviante. Si deve ricordare che, come esposto in precedenza, a causa dei vincoli oggettivi rappresentati dal funzionamento del mercato del debito, gli aggiustamenti della struttura di tasso di interesse del portafoglio possono talora essere più agevolmente effettuati per mezzo dei derivati.
  I derivati sono quindi elementi integranti del portafoglio complessivo del debito, che deve essere valutato non in base all'evoluzione del proprio mark to market. Parimenti, per la gestione del debito statale non ha senso che la performance della componente derivata sia valutata in base all'evoluzione del proprio mark to market; diversamente, si cade nel paradosso di osservare, giustamente, senza particolare apprensione un titolo di Stato che ha una cedola molto alta rispetto alle condizioni di mercato, ma allo stesso tempo di valutare con allarme un analogo tasso d'interesse fissato tramite swap.
  Ho citato il documento congiunto di OCSE, Fondo Monetario e Banca Mondiale, che sottolinea la questione del diverso trattamento contabile del debito sottostante, che è al valore nominale, e dei derivati, a mark to market, e riconosce che effettivamente questo complica la comunicazione Pag. 8e la valutazione della riduzione del rischio, alla quale i derivati erano finalizzati.
  Farò poi un breve cenno all'esperienza dei Paesi che dal punto di vista istituzionale ed economico sono vicini all'Italia: innanzitutto la Germania, dove i derivati vengono utilizzati, mentre non viene utilizzata la politica di emissione, per aggiustare la struttura dei tassi, quindi per adeguare la componente di rischio.
  Ogni anno la legge di bilancio federale definisce un volume massimo per il ricorso a nuove operazioni di swap, al fine di limitare l'esposizione del Governo federale al rischio di controparte e al rischio di mercato. Per il 2015 l'agenzia federale non può aumentare il portafoglio dei derivati di più di 80 miliardi di euro. È un portafoglio vasto, intorno ai 244 miliardi, sia in relazione al debito (11 per cento del debito), sia rispetto al debito in titoli (15 per cento).
  La Germania non riporta il valore negativo del proprio portafoglio dei derivati, che è stato nel 2013 di 17 miliardi, come un insuccesso della propria politica di gestione, perché questo è la necessaria conseguenza delle scelte effettuate in termini di Average refixing period che a loro volta costituiscono l'attuazione delle scelte che il gestore del debito tedesco avrebbe desiderato effettuare sul mercato del debito, ma che non sono state possibili a causa dei vincoli strutturali.
  In altre parole, se avessero aumentato la duration con i titoli, non avrebbero un mark to market negativo, anche perché su questi non viene registrato (sono al nominale), viceversa nel caso di derivati viene registrato. Come dicevo, questo è un fattore di confusione che va considerato per capire bene la cosa.
  L'Olanda ha un benchmark su un portafoglio swap di 7 anni e usa i derivati per aggiustare questo portafoglio ottimale. Anche qui il ricorso ai derivati è piuttosto cospicuo (pari al 70 per cento dello stock del debito) e dall'esperienza olandese si traggono due conseguenze importanti. La prima è che il valore complessivamente positivo del portafoglio swap non viene presentato come guadagno della gestione, perché è frutto della scelta di posizionarsi su un certo punto del trade-off tra costo e rischio, che nel caso olandese è rappresentato dalla scadenza settennale.
  L'obiettivo è rappresentato dal benchmark stesso, quindi tutte le operazioni vengono fatte per avere un'esposizione intorno ai 7 anni. Il secondo aspetto da considerare è come sono stati valutati i risultati, negativi o positivi, come si spiega nella relazione della Dutch State Agency: il rischio che un rialzo del tasso d'interesse non si sia materializzato non significa che sia stato inefficiente assicurarsi contro il rischio di tasso d'interesse. Normalmente si considera un'assicurazione antincendio per coprirsi dai costi di un evento inatteso come l'incendio, ma il mancato verificarsi di tale evento non significa che non fosse saggio considerare l'assicurazione.
  La Danimarca fa ragionamenti analoghi a quelli della Germania, e la Svezia, caratterizzata da debito molto contenuto, ne ha recentemente accorciato la vita media ma, avendo un debito molto limitato, questo è un tipo di rischio che la Svezia ha deciso di prendere e che ovviamente, nel caso di discesa o di aumento dei tassi, darà risultati diversi.
  Veniamo agli aspetti importanti della comunicazione. Come dicevo all'inizio, l'obiettivo è quello di arrivare alla comunicazione più possibile trasparente e state of the art rispetto a quello che avviene nei migliori ambienti della gestione del debito.
  La diversa funzione svolta dalla politica di emissione del debito pubblico e dalla politica di gestione dei derivati fa sì che le regole di comunicazione siano molto diverse. È richiesto un elevato grado di comunicazione dei dettagli del debito, che è destinato a essere rinnovato a tempo indefinito presso la base degli investitori. L'eventuale portafoglio dei derivati contiene informazioni market-sensitive ed è oggetto solo di comunicazione di sintesi.
  Su questo punto la prassi internazionale è univoca, si possono citare in proposito le linee-guida del Fondo Monetario e della Banca mondiale, che raccomandano la promozione di un dialogo continuo Pag. 9con la base degli investitori e la disseminazione di tutte le informazioni relative alla composizione dello stock del debito, specificando l'utilità di comunicare la denominazione in valuta, la scadenza, la struttura del tasso d'interesse dei singoli debiti.
  Per quanto attiene ai derivati, le stesse linee-guida raccomandano invece la comunicazione delle ragioni di fondo del loro utilizzo assieme a statistiche aggregate oppure a indicatori sintetici.
  Coerentemente tutti gli emittenti del debito pubblico curano la pubblicità di informazioni dettagliate relative alla porzione del proprio debito, destinata a essere rifinanziata attraverso meccanismi di asta o di collocamento sindacato sui mercati pubblici dei capitali.
  Per quanto riguarda le operazioni in derivati, invece, le informazioni comunicate, quando disponibili, sono sempre fornite in maniera riassuntiva, talune anche con qualche dettaglio riferite al profilo temporale del portafoglio. Ad esempio, la Germania distingue tra swap del mercato monetario e quelli afferenti alle scadenze a medio-lungo termine, e raggruppa i nozionali per classi di scadenza. Altri Paesi aggregano e presentano i dati con criteri diversi, ma in ogni caso nessun Paese fornisce i dettagli dei singoli contratti, cioè la struttura dei tassi, mark to market, controparte bancaria.
  Tutte le informazioni rilevanti sulla strategia adottata, sia di emissione sia di gestione, sono spesso raccolte in un rapporto annuale, che delinea ruoli, obiettivi, metodologie impiegate per raggiungere i risultati. Tale rapporto riepiloga altresì quanto effettivamente il gestore del debito è riuscito a realizzare nell'anno precedente, avuto riguardo alle condizioni di mercato con cui ha dovuto necessariamente confrontarsi. Lo stesso paragrafo 27 delle più volte citate linee-guida del Fondo Monetario – Banca Mondiale auspica la pubblicazione di un tale rapporto.
  Il Tesoro italiano divulga da tempo una quantità considerevole di informazioni con cadenza regolare sul sito internet del Tesoro per quanto riguarda l'attività di emissione e gestione sul mercato dei titoli. Sia nel Documento di economia e finanza sia nella legge di stabilità, oltre che nelle relazioni trimestrali di cassa al Parlamento e nelle linee-guida per la gestione del debito per l'anno successivo, produce regolarmente gran parte dei contenuti tipici dei rapporti annuali.
  Il Tesoro fornisce poi alla Banca d'Italia il mark to market del proprio portafoglio derivati, con tutte le informazioni connesse necessarie per la redazione, da parte della Banca stessa, dell'elaborazione dei conti finanziari secondo la metodologia richiesta da Eurostat. Più di recente, anche per quanto riguarda i derivati, è stata resa al pubblico una disclosure, ampia e piuttosto dettagliata, di dati e chiarificatrice di strategie.
  Voglio anche ribadire che, come detto a più riprese, i timori di cattive sorprese sui conti pubblici per l'insufficiente presidio di controllo dei rischi sono infondati, sia per quanto riguarda le previsioni sia per i dati di consuntivo. Nelle previsioni di finanza pubblica contenute nei documenti programmatici, così come nel Bilancio di previsione dello Stato, si tiene conto dell'impatto prodotto dai derivati, con ipotesi di simulazione perfettamente coerenti con il resto delle stime.
  Analogamente, anche tutti i dati di consuntivo contengono gli effetti di quanto incassato o speso in conseguenza dell'operatività in derivati, con le diverse regole contabili applicabili nei diversi contesti. Questo vale sia per i saldi annuali di competenza economica monitorati dalla Commissione europea e dall'Eurostat, dove fino al settembre scorso i flussi originati dagli swap contribuivano alla spesa per interessi, mentre ora non più, sia per i dati di cassa relativi al fabbisogno di settore statale e del settore pubblico dove questo impatto rimane.
  Il Bilancio dello Stato imputa i flussi di entrata e spesa negli appositi capitoli di bilancio, come prescritto dalle norme di contabilità dello Stato. Anche le poste che hanno un impatto sul debito vengono Pag. 10opportunamente registrate seguendo, a seconda dei diversi contesti, le regole comunitarie e nazionali.
  Tuttavia è vero che finora non è stato ancora prodotto un documento che contenga tutte queste informazioni. Siccome il nostro obiettivo è quello di essere una best practice in tutte le aree, il Tesoro è impegnato a colmare questa lacuna, e nei prossimi mesi sarà presentato un numero zero di tale rapporto riferito al 2014, che verrà poi prodotto con regolarità ogni anno, in modo da allinearsi anche sotto questo profilo alle migliori pratiche internazionali.
  Sarà quindi possibile avere finalmente, in un unico documento, una visione complessiva degli obiettivi perseguiti sia con l'attività di emissione sia con quella di gestione, e a consuntivo si potrà verificare in che misura gli obiettivi siano stati raggiunti e cosa ne abbia favorito oppure ostacolato la realizzazione nel corso dell'anno di riferimento.
  Per quanto riguarda i derivati, sarà aggiornata l'informazione recentemente già divulgata, verranno forniti ulteriori elementi sull'evoluzione futura del portafoglio in termini di profilo delle scadenze del nozionale e delle posizioni in essere e saranno esplicitati i criteri di gestione adottati per attuare le indicazioni strategiche e/o raggiungere gli obiettivi prefissati.
  Tutti i principali Paesi, compresa l'Italia, gestiscono il proprio debito pubblico organizzando i propri uffici secondo linee guida sostanzialmente uniformi, che prevedono una ripartizione fondamentale tra le funzioni front office, middle office e back office, integrate da unità responsabili per la documentazione e le questioni legali. Pur nelle inevitabili diversità organizzative e istituzionali in cui l'articolazione degli uffici viene declinata, questa fondamentale ripartizione rimane ricorrente tra i Paesi avanzati.
  In Italia le funzioni di front office presiedono al costante monitoraggio dei mercati finanziari, al collocamento dei prestiti domestici e internazionali, alla gestione della liquidità, alla gestione del debito attraverso derivati e attraverso operazioni di concambio, acquisto titoli, quando possibile anche con ricorso al Fondo ammortamento dei titoli di Stato.
  Per svolgere adeguatamente questi delicati compiti, gli uffici si avvalgono della strumentazione e dei software normalmente in uso sui mercati finanziari, in primis Bloomberg e Reuters, ma anche di pacchetti finanziari ad hoc al fine di prezzare correttamente titoli e strumenti derivati.
  Le funzioni di middle office possono distinguersi in due filoni di attività. Il primo di questi presidia il monitoraggio del rischio di controparte del portafoglio derivati, aggiornando costantemente le metriche rilevanti, mark to market in primis. Anche in questo caso ci si avvale di strumenti informatici in uso presso il sistema bancario, opportunamente integrati e personalizzati con pacchetti informatici ad hoc, che consentono un presidio regolare delle singole posizioni, normalmente tarato per una frequenza settimanale di aggiornamento.
  In periodi di particolare tensione, o per esigenze specifiche, è possibile passare a una frequenza giornaliera. Nel prossimo futuro, quando il sistema di collateralizzazione bilaterale diventerà operante, lo stesso ufficio che attualmente svolge questo compito curerà il monitoraggio anche dei relativi depositi di garanzia. È bene sottolineare che per questa funzione in particolare esiste una separazione netta tra l'ufficio incaricato e quelli di front e back office.
  Vi è poi un'altra funzione tipicamente di middle office più generale, condivisa tra più uffici, che provvede prima di tutto al monitoraggio del portafoglio di debito, prima e dopo i derivati, e alla produzione di indicatori quantitativi, tra cui durata finanziaria, vita media e mark to market.
  In diversi momenti dell'anno, coincidenti con la predisposizione dei principali documenti di programmazione economica e delle linee-guida per la gestione del debito, viene analizzato e successivamente monitorato il trade-off rischio/costo del portafoglio del debito, mettendo a confronto Pag. 11diverse strategie di emissione attraverso la simulazione, sia deterministica sia stocastica, di molteplici scenari di tassi di interesse.
  Le simulazioni vengono svolte in un ambiente di calcolo che riproduce le caratteristiche degli strumenti di debito offerti dal Tesoro e le modalità di emissione, con la presenza di una serie di vincoli che vanno dal rifinanziamento del debito, spesa per interessi e rimborso del capitale, alla capacità di assorbimento dei mercati monetario e dei capitali, dalle prassi in vigore per le emissioni di alcuni strumenti al limite minimo di giacenza delle liquidità mensili che la gestione del debito deve comunque garantire.
  Per questa attività, sia per la generazione di scenari dei tassi di interesse sia per il calcolo del trade-off costo/rischio, ci si avvale di un modello molto sofisticato, costruito negli anni in collaborazione con l'Istituto applicazioni del calcolo Mauro Picone del CNR, e continuamente arricchito e perfezionato. I risultati di tali simulazioni forniscono indicazioni sulla strategia preferibile con cui calibrare le emissioni future, ove le condizioni di mercato lo consentano.
  Attraverso gli scenari dei tassi di interesse elaborati dal modello di cui sopra, vengono svolte analoghe elaborazioni, con qualche differenza di impostazione sul portafoglio dei derivati; si tratta di elaborazioni basate su modelli mutuati dalla prassi del sistema bancario e opportunamente adattati alle esigenze di un gestore sovrano.
  È oggi in via di completamento la piena integrazione dei due sistemi e in un prossimo futuro sarà possibile elaborare simulazioni che tengano congiuntamente conto del portafoglio dello Stato sia di debito sia dei derivati, senza dover operare, come avvenuto finora, una combinazione ex-post delle rispettive simulazioni.
  Le funzioni di back office sovrintendono, ove richiesto, alla conferma con le controparti delle operazioni concluse dal front office, all'emanazione dei decreti, all'emissione dei titoli, al riaccertamento di altre operazioni, quali quelle di concambio, di riacquisto o di gestione della liquidità, di approvazione delle operazioni in derivati e di regolamento delle operazioni. Più generalmente nel back office possono ricomprendersi anche le funzioni legali e amministrative connesse alla stipula dei programmi di emissione sui mercati internazionali, alla redazione dei prospetti per emissioni di titoli non collocati tramite asta, alla documentazione legale dei derivati e a ogni altro adempimento legale e normativo.
  In conclusione, come si è potuto evincere da quanto illustrato in questa audizione e in altre precedenti, un ricorso massiccio ai derivati per gestire il rischio di tasso potrebbe apparire oggi una grande opportunità forse irripetibile. I tassi potrebbero infatti essere fissati a livelli bassissimi, frutto di una combinazione pressoché unica di condizioni esterne favorevoli.
  Tuttavia l'attuazione di una strategia di questo genere risulta difficilmente praticabile, perché è diventato particolarmente complesso trovare controparti bancarie disposte ad assumere esposizioni rilevanti su posizioni di lungo termine, che sono fortemente scoraggiate dalla nuova regolamentazione prudenziale sul sistema bancario.
  Gli investitori istituzionali (fondi di investimento, assicurazioni e fondi pensione) sono inoltre spinti ad allungare l'orizzonte temporale dei loro investimenti, per trovare i rendimenti sufficienti a soddisfare gli impegni assunti con la propria clientela.
  Si è quindi determinato un contesto molto favorevole a mitigare il rischio di tasso direttamente sul fronte delle emissioni, offrendo la maggior quantità di titoli a lungo termine, ed è ciò che è stato fatto nei primi sei mesi di quest'anno con il lancio e la riproposizione dei BTP a 15 e 30 anni e con l'allungamento delle durate tipiche di altri strumenti.
  Queste condizioni rendono dunque meno conveniente ricorrere al mercato dei derivati. Nel futuro, quindi, l'attività del Tesoro si limiterà alla copertura di nuovi titoli in valuta e, per quanto riguarda i Pag. 12derivati di tasso, alla gestione del portafoglio esistente che, come sappiamo, è necessariamente limitata, senza nuove operazioni.
  Si tratta peraltro di una politica in continuità con quanto ha caratterizzato l'attività recente, come spiegato dalla dottoressa Cannata nelle sue audizioni, tanto che già da diversi anni si opera semplicemente in un'ottica di mantenimento e di gestione del portafoglio esistente.
  Continuerà infine l'affinamento dei presìdi informatici e della modellistica in dotazione, e si cercherà di rafforzare la Direzione del debito pubblico anche in termini di risorse umane. Quelle esistenti sono in gran parte di alto livello, ma è innegabile che l'attività sia così delicata e sensibile, per di più in un contesto normativo regolamentare e finanziario sempre più complesso, che un potenziamento risulta non solo auspicabile, ma necessario.
  Vorrei concludere ringraziando la Commissione, perché ritengo che questa indagine conoscitiva abbia contribuito moltissimo (abbiamo ascoltato attentamente i suggerimenti che ne sono emersi) a darci la spinta a migliorare ulteriormente alcuni aspetti, in particolare la trasparenza e la capacità di comunicare in maniera chiara. Potrete verificare, sia dal numero zero del rapporto di cui vi ho parlato, sia da ciò che faremo in futuro, che questo è il nostro deciso orientamento, perché è nel nostro interesse essere al top per quanto riguarda la trasparenza, la comunicazione e la chiarezza.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor La Via, per la sua esposizione, le valutazioni sul passato e le proposte per il futuro.
  Lascio la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  CARLA RUOCCO. Grazie, dottor La Via, per la relazione molto tranquillizzante: ne deduco che il futuro è lastricato d'oro e che siamo fortunati ad avere un sistema bancario che ci tutela.
  Ciò detto, mi domando perché, visto che non si corre alcun rischio, alla Commissione Finanze si continui a negare la visione di contratti più volte richiesti, in particolare quello relativo al cosiddetto «derivatone» della Morgan Stanley, il quale tanto è costato alle nostre finanze. Poiché si tratta di una situazione di scampato pericolo, quale rischio si correrebbe dando alla Commissione l'opportunità di prendere visione di questo contratto ? Lei esclude che per quell'enorme derivato sia stato pagato un prezzo più alto del dovuto ?
  Vorrei inoltre chiederle se possa escludere con certezza che in Italia vi sia una situazione di occultamento di parte del debito pubblico, così come avvenuto in Grecia, proprio attraverso lo strumento dei derivati.

  MARCO CAUSI. Ringrazio molto il dottor La Via perché ritengo la sua relazione un momento molto importante nell'ambito della discussione pubblica in merito alla gestione del debito, su cui spesso leggiamo sulla stampa commenti poco informati, superficiali e, talvolta, anche strumentali.
  Credo che, grazie a questa indagine conoscitiva e alla relazione da lei consegnataci, saremo in grado di compiere un sostanziale passo avanti nella nostra conoscenza e, quindi, nelle decisioni che dovremo assumere. Da questo punto di vista vorrei chiederle alcuni suggerimenti per le possibili proposte di indirizzo politico o di attività normativa.
  L'Ufficio parlamentare di bilancio, il nostro fiscal council, nel suo documento, dal quale ha avuto origine l'indagine conoscitiva che stiamo svolgendo, propone una serie di opzioni informative. In merito a ciò le vorrei chiedere se ritenga tali proposte di disclosure informativa sufficienti, eccessive, o congrue e se questa Commissione, nel concludere l'indagine conoscitiva, possa dare un indirizzo favorevole al Governo su quel pacchetto informativo.
  Lei ci ha comunicato due novità, che costituiscono le «notizie» della sua odierna audizione. La prima riguarda la Pag. 13nuova strategia collegata all'attuale andamento dei mercati, che obbliga a fare molto meno ricorso ai derivati, dato che i mercati vogliono assorbire titoli di più lunga scadenza e che esso si realizza direttamente attraverso il collocamento.
  La seconda novità è per noi ancora più importante, perché il Parlamento non deve entrare nelle scelte gestionali del debito pubblico: sarebbe infatti del tutto incongruo se un organo parlamentare influisse sulle scelte del gestore del debito pubblico, il quale è indipendente e fa riferimento a tutti i criteri internazionali di gestione da lei opportunamente citati. Lei peraltro ci ha detto che volete innovare il sistema di report e ritengo che ciò costituisca un grande passo avanti e anche una buona conclusione di questa discussione pubblica sul tema dei derivati.
  In questo ambito, ritiene opportuno che, mentre predisponete il numero zero del rapporto riferito al 2014, sia introdotta una norma in base alla quale, all'interno del DEF, e quindi entro il 15 aprile di ogni anno, ci sia un report di questo tipo ? Che sia stabilito che, dal numero 1 in poi, esso sia collegato al DEF, eventualmente anche attraverso adeguate modifiche normative della legge di contabilità di finanza pubblica vigente ?
  Lei ha citato il caso della Germania dove, anche nella fase ex ante, cioè nel corso dell'approvazione del bilancio preventivo, il Governo espone gli obiettivi e quindi ottiene un'autorizzazione parlamentare a muoversi all'interno di tali obiettivi. Ritiene possibile, modificando adeguatamente la nostra legge di contabilità e finanza pubblica, si possa prevedere lo stesso in Italia, facendo in modo che il Parlamento intervenga quindi anche nella fase ex ante ?
  Le pongo infine altre due domande. Molti soggetti che hanno svolto audizioni presso la Commissione hanno sostenuto la tesi secondo cui tutti i gestori di grandi debiti (ho avuto l'impressione si riferissero più a debiti privati, quali gestori di istituzioni finanziarie, di banche, di fondi pensione) separano la funzione di gestione dalla funzione di valutazione del rischio, poiché le due funzioni devono essere indipendenti l'una dall'altra, per garantire un contrappeso.
  Qual è il suo parere da questo punto di vista ? Quali sono le regole internazionali per i gestori dei debiti sovrani pubblici ? Sarebbe sensato ipotizzare l'introduzione, anche nella nostra amministrazione, di una separazione più netta ? Come si potrebbe realizzare ?
  Credo che lei abbia già risposto a questa domanda con l'ultima parte del suo intervento, però voglio ricordare ai colleghi e alle colleghe che qualche giorno fa il dottor Mazzucchelli, in occasione della sua audizione presso la Commissione Finanze, ha affermato che, con gli attuali tassi di interesse, questo è un momento eccezionale per un grande debitore come l'Italia per intervenire e «sistemare» il debito pubblico, in modo che esso, nel lungo periodo, costi meno. Le cose che lei diceva alla fine della sua audizione sono coerenti con questo ragionamento ? Che cosa possiamo comunicare alla cittadinanza su questo tema ?

  DANIELE PESCO. Vorrei chiedere se in passato, o anche attualmente, i derivati siano stati utilizzati per occultare una parte del debito sovrano, o per sostituirlo. Vorrei chiederle inoltre: all'interno della struttura che lei gestisce, chi firma i contratti derivati e qual è l’iter attraverso il quale si arriva alla sottoscrizione di un contratto derivato ? In base a quali regole un funzionario o un direttore stipulano e sottoscrivono questi contratti ?
  Lei ha affermato che, attraverso i vostri strumenti, riuscite a fare il punto della situazione quasi settimanalmente; vorrei chiederle: quanto tempo vi serve per fare un'analisi approfondita del nostro portafogli in derivati ? Per studiare ogni singolo derivato che vi viene proposto di quanto tempo avete necessità: un giorno, una settimana o un mese ?
  Sempre sulla struttura da lei diretta le pongo un'altra domanda: ci ha parlato in modo approfondito dei software che state utilizzando e ce li ha descritti quasi come una scheda tecnica di uno o più programmi. Pag. 14Vorrei chiedervi quindi quante persone abbiate all'interno della struttura del Tesoro e quante siano in grado di gestire questi software; inoltre vorrei sapere se essa sia paragonabile a quelle delle grandi banche con le quali sottoscrivete i contratti derivati.
  Si è parlato di cantine: è vero che tenete i contratti derivati in cantina ? E quanti sono in totale ? Mi sembra infatti che questo dato non sia ancora emerso. Le pongo un'altra domanda: i premi di produttività, all'interno del Ministero, sono legati all'importo del portafoglio derivati ? Ed eventualmente in che modo: i premi sono più alti se il portafoglio cresce o diminuisce ?
  Nel corso di questa indagine conoscitiva abbiamo parlato in modo approfondito dei rischi connessi alla pubblicizzazione dei dati; purtroppo però le risposte sono sempre state abbastanza «deboli». Se tutti apprendessero il contenuto di questi contratti, che cosa potrebbe accadere ? Avremmo maggiori difficoltà a vendere i nostri titoli di Stato ? Molti noti economisti nutrono seri dubbi su questo punto, ritenendo che non si corra alcun rischio anche nel caso di una disclosure completa.
  Lei evidenziava come attualmente i tassi siano veramente bassi e non si possa continuare in questa direzione, perché saremmo sempre più costretti a stipulare derivati, ma se stipuliamo i derivati con le stesse banche che ci acquistano il debito, non c’è un conflitto di interesse ? Se infatti le banche si ostinano a non comprare il nostro debito e ci chiedono di comprare derivati, si crea un circolo vizioso. Le chiederei quindi di approfondire questo punto.

  GIOVANNI PAGLIA. Prima di tutto vorrei sottolineare un punto di soddisfazione: abbiamo avviato questa indagine conoscitiva dal presupposto che non si potesse conoscere assolutamente niente dello stato dei derivati della Repubblica italiana e arriviamo adesso a ritenere positiva e ineludibile una metodologia di disclosure e di trasparenza; abbiamo quindi fatto importanti passi in avanti, anche se probabilmente ancora insufficienti.
  Alcuni esperti che abbiamo ascoltato in audizione in questi mesi sostengono che si potrebbe giungere al livello di altri Paesi europei, i quali applicano in questo campo un grado di trasparenza più elevato di quello realizzato dal Tesoro con l'ultimo report consegnatoci dalla dottoressa Cannata. La prima domanda è quindi se questo le risulti, in quanto la Danimarca e altri Paesi applicano un livello di trasparenza dei dati riferiti a tali contratti più elevato e noi avremmo l'esigenza di porci al top.
  La seconda domanda è: che cosa osta a mettere i contratti chiusi – riprendo la domanda della collega Ruocco (quello di Morgan Stanley, ma anche altri) – a disposizione del pubblico, anche solo perché se ne abbia una conoscenza storica ? Parliamo di conoscenza quindi, non di responsabilità, perché le responsabilità sul derivato Morgan Stanley sono già quantificate dalla perdita che ha prodotto, però sarebbe comunque di interesse pubblico conoscere nel dettaglio il contratto. Lo abbiamo chiesto più volte e chiedo anche a lei per quale motivo ciò non possa avvenire.
  La terza domanda è se non ritenga che i report che attualmente vengono consegnati alla Corte dei conti potrebbero essere messi anche a disposizione del Parlamento, o anche solo dell'Ufficio parlamentare di bilancio, se non della Commissione Finanze. Esiste infatti un livello, diciamo «intermedio», di trasparenza a cui gli organi parlamentari non accedono e ritengo che ciò sia sbagliato. Credo, infatti, che il Parlamento dovrebbe avere accesso al massimo livello di trasparenza, qualunque sia il livello massimo che si voglia concordare.
  Sulla separazione fra gestione del rischio e gestione del debito ha già chiesto l'onorevole Causi, quindi mi associo alla sua domanda.
  Quando i derivati sono fatti in modo proprio, cioè a copertura di un rischio, è vero che in sé dovrebbero avere la funzione Pag. 15di stabilizzare il livello di costi, cioè di porre un tetto oltre il quale non si è disposti a pagare; tuttavia ciò presupporrebbe che, nei momenti in cui le condizioni di mercato sono migliori, cioè quando si sta vincendo la scommessa, si dovrebbero accantonare risorse anche a copertura degli eventuali esborsi futuri. In questo caso si tratterebbe di una copertura totale.
  Se, invece, nei momenti in cui c’è un saldo positivo per lo Stato esso viene completamente speso e quando si è in una fase negativa come quella attuale, in cui i derivati possono produrre perdite consistenti, c’è solo la perdita, si determina un problema.
  Mi chiedo quindi se non sarebbe opportuno, in termini di gestione del debito, prevedere dei fondi di compensazione a fini di stabilizzazione.

  SEBASTIANO BARBANTI. Ringrazio il dottor La Via per la sua relazione. Vorrei porre due brevi domande e fare una considerazione. Quale sarebbe stata la spesa per interessi, ad esempio nel 2014, e la duration del debito pubblico, con e senza derivati ? Le chiedo questo per capire: su 2.200 miliardi di euro di debito, se facciamo 150 miliardi di derivati e ne perdiamo 40 e se i risultati che ci riferirà sono nell'ordine di un allungamento della duration del debito di qualche mese, mi sembra che si tratti di un gioco a perdere.
  Da qui nasce la seconda considerazione che richiama quanto diceva poco fa il collega Paglia. Lo Stato si sta comportando, in sostanza, come una banca che voglia coprire i suoi rischi e stabilizzare il conto economico e i flussi di cassa, ma le banche, se fanno un'operazione del genere con i contratti derivati, devono accantonare capitale.
  In un'ottica non tanto di disincentivazione, ma di maggiore ponderazione nell'uso di uno strumento tanto delicato, riterrebbe utile prevedere quello che il collega ha definito «fondi compensativi» e che io chiamo «accantonamento di capitale» o «tesoretto», che vadano a compensare gli eventuali effetti di stime sbagliate ? Un buffer di capitale da mettere da parte a fronte di queste tipologie di operazioni ?

  PRESIDENTE. Se mi è consentito, una velocissima premessa e due brevi domande. Come forse il direttore già sa, sono fra coloro che ritengono che gran parte dei guai con cui ci stiamo confrontando derivino dal livello del debito pubblico italiano e che, quindi, la questione dei derivati vada inserita in quel mosaico e ogni ragionamento su di essa debba essere riferito alla questione nel suo complesso. Pongo quindi due domande.
  Senza voler fare alcuna analisi scandalistica delle vicende del passato, e senza avere un approccio giustizialista, le chiedo: che giudizio dà delle clausole dei contratti che, in altri contesti, potremmo definire vessatorie, e che la Corte dei conti e l'Ufficio parlamentare il bilancio hanno definito «clausole uniche nel loro genere», le quali, di volta in volta, sono emerse ?
  Non le parlo de iure condendo e neanche del software da installare, bensì de futuro costruendo. Dobbiamo uscire dalle questioni di forma e andare alla sostanza, domandandoci con sincerità: considerata la professionalità che c’è nel settore degli strumenti finanziari, la quale, in futuro, crescerà ulteriormente, e considerata la tecnologia attualmente in uso e il suo sviluppo futuro, siamo convinti che un ufficio pubblico possa competere, ad armi pari, con le analisi mark to market svolte minuto per minuto dai maggiori desk internazionali ?
  Alla luce di ciò la domanda è: senza demonizzare tali strumenti, per il futuro non sarebbe tuttavia meglio per lo Stato orientarsi su operazioni semplici, non troppo complesse e rischiose, evitando di avventurarsi su terreni nei quali, fatalmente, altri possiedono l'arma nucleare e lo Stato solo una lancia ?
  Lascio la parola al Direttore generale del Tesoro, Vincenzo La Via, per la replica.

  VINCENZO LA VIA, Direttore generale del Tesoro. Cercherò di essere sintetico e Pag. 16allo stesso tempo di rispondere a tutti. Innanzitutto vi ringrazio per le domande, le quali ci sono molto utili – posto che quella odierna è l'ultima audizione svolta nell'ambito dell'indagine conoscitiva – per meglio comprendere come muoverci in futuro, dato che l'obiettivo è migliorare per quanto riguarda sia la gestione, sia la trasparenza e la comunicazione.
  Cerco di rispondere a più domande possibile anche se alcune richiederebbero molto tempo per essere trattate compiutamente; mi scuso quindi se nel rispondere sarò necessariamente sintetico. Una domanda che mi ha colpito è se si possa escludere l'ipotesi dell'occultamento di parte del debito pubblico: va esclusa assolutamente; tutto il debito è contabilizzato regolarmente, non c’è assolutamente nulla che venga sottratto.
  Vorrei fare inoltre una riflessione di carattere generale, per spiegare cioè che, come ha evidenziato il Presidente Capezzone, noi partiamo da una situazione di debito pubblico elevatissimo. Quando, nel 1992, l'Italia è uscita dal cosiddetto «serpente monetario» si è trattato di uno shock spaventoso, perché non esisteva un meccanismo di mercato primario ben sviluppato, né un meccanismo di mercato secondario ben sviluppato e le aste dei titoli del debito pubblico sono andate deserte.
  Il costo del finanziamento del debito salì dal 12 al 18 per cento in poche settimane, quindi immaginate che cosa ciò significhi in termini di spesa in conto interessi, se occorre rifinanziare a brevissimo termine questa enorme mole di debito.
  La nostra grande attenzione sulla vita medio-lunga del debito deriva da questo, cioè dalla volontà di non trovarci mai più in un momento in cui, dovendo rifinanziare il debito di frequente, improvvisamente i tassi salgano e ci si trovi di fronte a problemi rilevanti. Questa è la strategia che abbiamo perseguito sistematicamente, ovviamente in condizioni di mercato completamente diverse dalle attuali, e i miei predecessori hanno cercato di operare nel miglior modo possibile.
  Ci sono alcune osservazioni da fare in merito alla nuova strategia da porre in essere in questo momento particolare. I tassi sono molto bassi, quindi, se siamo al 31 marzo 2015 i tassi sul decennale sono l'1 per cento, perché non si trova un modo di fissare questo tasso di interesse nel periodo più lungo possibile ? Semplicemente perché è impossibile, in quanto la capacità di assorbimento del mercato è limitata. Abbiamo spinto il più possibile per cercare di bloccare questi tassi d'interesse, facendo emissioni nel modo più efficace.
  C’è poi la questione dei rapporti da pubblicare: mentre, storicamente, dal punto di vista del debito pubblico tradizionale, c’è stata una straordinaria capacità di dare informazioni, sui derivati tutto ciò non è avvenuto. Uno dei risultati importanti di questa serie di audizioni è che adesso, giunti al termine dell'indagine conoscitiva, come diceva giustamente l'onorevole Paglia siamo nella prospettiva di introdurre un'informativa migliore e una maggiore trasparenza.
  Come ? L'idea è avere l'obiettivo di emulare le best practice, quindi esaminare il Paese che fa meglio di tutti e seguire ciò che fa, rimanendo, ovviamente, nell'ambito delle guide lines del Fondo monetario e della Banca mondiale.
  Per quanto riguarda la questione della disponibilità dei contratti, si tratta di una materia molto sensibile, e capisco l'esigenza prospettata; c’è, allo stesso tempo, come ampiamente spiegato anche dal Ministro dell'economia e delle finanze, Padoan, nella sua risposta a un'interrogazione parlamentare, l'esigenza di non porsi in una situazione di difficoltà e di non distaccarsi dalle prassi internazionali, anche perché si tratta di contratti di diritto privato tra due controparti, e in alcuni casi sono state ottenute condizioni molto buone per l'Italia, o viceversa. Si tratta quindi di una questione molto complessa, sulla quale confermo il nostro impegno a fare tutto il possibile nell'ambito delle migliori prassi. Ciò vale per tutte le attività di disclosure.Pag. 17
  Sull'organizzazione degli uffici, è ovvio che tutti vorremmo avere molte più risorse, tuttavia quelle di cui disponiamo sono eccellenti; c’è una «scuola Tesoro» che viene seriamente temuta delle banche controparti, perché negozia in maniera molto aggressiva fino all'ultimo centesimo. Le operazioni che abbiamo fatto non hanno una particolare complessità, la legge ci consentirebbe di fare operazioni estremamente sofisticate, che però storicamente non sono state fatte, sono tutte delle tre tipologie fondamentali che ho descritto.
  È stata fatta una domanda che mi ha colpito, se ci siano premi di produttività: essi non sono, ovviamente, legati all'attività in derivati, né ai risultati ottenuti su di essi, quindi non sussiste alcun incentivo a fare derivati.
  Per quanto riguarda l'attività di screening delle proposte che vengono presentate: essa è molto approfondita; c’è una serie di persone che valutano attentamente le proposte, e devo dire che la maggioranza di esse viene bocciata, concentrandosi soltanto su quelle veramente ragionevoli e, soprattutto, vorrei far presente che siamo noi in primis ad avere idea di quali operazioni sia interessante porre in essere. C’è una procedura piuttosto dettagliata che riguarda i diversi passaggi tra le varie strutture.
  L'onorevole Causi ha chiesto che cosa si può fare, e credo che per quanto riguarda la disclosure sia importante individuare le best practices e porle come obiettivo, perché una maggiore trasparenza ci consente di accedere ai mercati e di aumentare la nostra credibilità.
  Ciò vale per tutti i tipi di disclosure, quindi si può ragionare sulle forme in cui attuare queste pratiche, ad esempio, se realizzarle nell'ambito del DEF. Tuttavia ritengo che, una volta che arriveremo a pubblicare un documento del Tesoro che individui gli obiettivi, gli interventi fatti durante l'anno e la loro precisa rendicontazione, avremo già fatto un enorme passo avanti. Inoltre miglioreremo anche strada facendo.
  Ho già affrontato la questione dei tassi bassi, in questo momento ci stiamo orientando verso un'operatività limitata alle operazioni in valuta, perché le operazioni in derivati in questo momento, a casa dei vincoli introdotti, non hanno più il senso che potevano avere in passato.
  L'onorevole Barbanti chiedeva che senso abbia porre in essere operazioni per allungare di pochi mesi la duration. Non avete idea di che cosa significhi, con un debito pubblico così alto, riuscire a ottenere anche soltanto miglioramenti di duration marginali, di una o due settimane, le quali sul mercato primario hanno un costo elevatissimo, in quanto si tratta di fare grandi emissioni. Si tratta quindi di un problema tecnico che, peraltro non si porrà per il futuro, perché avremo accesso al mercato primario.
  Mi è stato chiesto un giudizio su talune clausole contrattuali: a suo tempo fu fatta un'operazione molto aggressiva da parte dei delegati del Tesoro, i quali hanno negoziato nel modo migliore, perché precedentemente erano state fissate condizioni ancora peggiori, quindi esse hanno portato a un miglioramento.
  L'Italia aveva allora un merito di credito molto più elevato di adesso, quindi il vero problema era che le banche rischiassero di fallire e il tipo di clausole introdotte rispondeva a questa logica.
  Queste peraltro sono questioni che riguardano il passato, perché ora andiamo verso un futuro di maggiore trasparenza, di comunicazioni periodiche fatte bene e state of the art, e di un'attività in derivati che, di fatto, si limiterà alle operazioni in valuta.
  Queste operazioni in valuta sono importanti perché allargano lo spettro degli investitori laddove più è largo lo spettro degli investitori e più scende il costo del debito all'emissione.

  DANIELE PESCO. Quali rischi correrebbe la Repubblica se venisse fatta una disclosure completa sugli attuali contratti in derivati ?

  VINCENZO LA VIA, Direttore generale del Tesoro. Ho detto che c’è una serie di Pag. 18operazioni e di contratti che hanno natura privatistica, quindi bisogna tener conto anche di che cosa vuole fare la controparte. C’è peraltro una richiesta in corso, noi abbiamo scritto alle banche e stiamo seguendo l’iter della questione. Ne vedremo l'esito.

  PRESIDENTE. Abbiamo quindi terminato il ciclo di audizioni dell'indagine conoscitiva e la prossima settimana valuteremo come concludere il nostro lavoro.
Nel ringraziare il Direttore generale del Tesoro, Vincenzo La Via, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.25.