XVII Legislatura

VI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 8 di Mercoledì 6 maggio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Capezzone Daniele , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE TEMATICHE RELATIVE AGLI STRUMENTI FINANZIARI DERIVATI

Audizione dei rappresentanti della Corte dei conti.
Capezzone Daniele , Presidente ... 2 
Buscema Angelo  ... 2 
Capezzone Daniele , Presidente ... 9 
Paglia Giovanni (SEL)  ... 10 
Buscema Angelo , Presidente delle sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei conti ... 10 
Paglia Giovanni (SEL)  ... 10 
Pesco Daniele (M5S)  ... 11 
Villarosa Alessio Mattia (M5S)  ... 11 
Ruocco Carla (M5S)  ... 12 
Barbanti Sebastiano (Misto-AL)  ... 12 
Capezzone Daniele , Presidente ... 12 
Buscema Angelo , Presidente delle sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei conti ... 12 
D'Amico Natale Maria Alfonso , Magistrato delle sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei conti ... 13 
Capezzone Daniele , Presidente ... 15 
Paglia Giovanni (SEL)  ... 15 
Pesco Daniele (M5S)  ... 15 
Capezzone Daniele , Presidente ... 15 
D'Amico Natale Maria Alfonso , Magistrato delle sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei conti ... 15 
Capezzone Daniele , Presidente ... 16 

ALLEGATO: Documentazione depositata dal Presidente Angelo Buscema ... 17

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DANIELE CAPEZZONE

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione dei rappresentanti della Corte dei conti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle tematiche relative agli strumenti finanziari derivati, l'audizione dei rappresentanti della Corte dei conti.
  A nome di tutti porgo le mie scuse ai nostri ospiti. Siamo stati «violentati» dai tempi dei lavori in Assemblea e mi scuso davvero con loro per il ritardo con cui ha inizio quest'audizione, peraltro molto attesa. Saluto il presidente Buscema e i consiglieri già presenti, o che ci raggiungeranno, i dottori Pacifico, Corsetti, D'Amico, Forte, D'Urso, Petrucci, Peluffo e il dottor Marletta.
  Siamo in una fase avanzata della nostra indagine conoscitiva sugli strumenti finanziari derivati. L'obiettivo è, per un verso, scattare una fotografia realistica della situazione; per altro verso, proporre delle soluzioni in positivo, ossia qualche exit strategy e qualche idea per gestire una situazione di tutta evidenza non facile.
  Do la parola ai nostri ospiti, i quali ci hanno consegnato anche una relazione scritta. Li ringraziamo, pregandoli di rendersi eventualmente disponibili a una successiva interlocuzione con i componenti della Commissione.

  ANGELO BUSCEMA, Presidente delle sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei conti. Come anticipato, la delegazione della Corte dei conti, sezioni riunite, presenta questo documento, di cui la mia illustrazione darà una sintesi.
  A conclusione di un'ampia indagine conoscitiva come quella condotta presso questa Commissione, che ha già consentito l'approfondimento dei diversi profili della tematica in discorso, l'audizione richiesta alla Corte dei conti non può che concernere le attribuzioni a questa demandate e, in particolare, la portata e i limiti della funzione di controllo che l'istituto esercita con riguardo ai derivati come strumento rilevante per la gestione del debito pubblico. Queste portate e limiti richiedono un'opportuna precisazione perché i compiti e l'attività svolta in materia dalla Corte assumono contenuti e valenze molto diversificati a seconda che si prenda in esame la realtà degli enti territoriali o quella del Governo centrale. Molto diverso è lo stesso impianto normativo che nei due casi sorregge l'affidamento delle funzioni di controllo della Corte.
  La scelta di centrare quest'intervento sul ruolo effettivo e potenziale dell'istituto suggerisce, in primo luogo, di non soffermarsi, se non in forma sintetica, sulla descrizione delle diverse tipologie dei contratti derivati e sulla dimensione quantitativa che il fenomeno ha assunto nell'esperienza italiana. Il ciclo di audizioni finora svolto è, del resto, estremamente ricco di informazioni rese alla Commissione Pag. 3tanto da rappresentanti delle amministrazioni pubbliche quanto da studiosi ed esperti. Pochi dati numerici servono, peraltro, a delineare un quadro normativo e dei controlli articolato.
  A fronte di un importante rilievo quantitativo dei derivati sottoscritti dall'amministrazione centrale rispetto a quello, assai inferiore, nel caso degli enti territoriali, la regolamentazione normativa e i vincoli e divieti via via rafforzati, nonché gli stessi compiti di controllo affidati alla Corte, risultano allo stato attuale assai più penetranti e determinanti proprio con riguardo alle realtà territoriali.
  Secondo le stime ufficiali, a fine 2014 il valore nozionale degli strumenti derivati sul debito ammontava in Italia a circa 160 miliardi di euro, quasi il 9 per cento sul totale dei titoli di Stato in circolazione, mentre il valore di mercato, il cosiddetto mark to market, segnava una perdita potenziale di circa 42 miliardi di euro. Tale valore negativo rappresenta l'onere che lo Stato italiano avrebbe sostenuto nell'ipotesi teorica che i contratti su derivati in essere fossero stati estinti anticipatamente alla fine dello scorso anno. La rapida crescita di questa perdita potenziale che si è registrata negli ultimi tempi deve essere attribuita alla contestuale discesa dei tassi di interesse e al deprezzamento dell'euro rispetto ai livelli massimi che si collocano nel 2008.
  Se le perdite potenziali sui derivati diventano effettive solo nel caso che il contratto venga estinto, la situazione è diversa laddove sussistano clausole di estinzione anticipata. La più gravosa e più nota riguarda il contratto con la banca d'affari Morgan Stanley, che, avvalendosene, ha determinato un aggravio effettivo del bilancio statale per un costo complessivo di 3,1 miliardi di euro versati in due rate dall'inizio del 2012. Secondo informazioni rese dal Ministero dell'economia e delle finanze nel corso di questo ciclo di audizioni, i mark to market dei derivati con valore di mercato negativo e che prevedono clausole di recesso anticipato è pari a circa 9 miliardi di euro.
  A fronte dei circa 160 miliardi di euro del portafoglio degli strumenti derivati dello Stato, all'inizio del 2015 il valore nozionale dei contratti sui derivati degli enti territoriali, seppur significativo nei riflessi sui relativi equilibri di gestione, sarebbe di poco inferiore a 25 miliardi di euro, il 60 per cento dei quali imputabile a contratti sottoscritti da regioni e province autonome, ma l'incidenza sullo stock di debito è più elevata, essendo pari a circa il 28 per cento nelle regioni e il 20 per cento negli enti locali, a fronte di un debito complessivo, rispettivamente, di 52,77 e di 54,49 miliardi di euro nel 2013.
  In termini semplificati si può ricordare come il ricorso ai contratti derivati da parte dell'amministrazione centrale, già attivato negli anni Ottanta essenzialmente per la copertura dai rischi di cambio, sia cresciuto considerevolmente alla metà degli anni Novanta, quando lo scopo principale era diventato l'assicurazione dal rischio di un rialzo dei tassi di interesse in una fase molto delicata e di avvio dell'unione monetaria europea e dell'euro.
  Tra la fine degli anni Novanta e l'inizio dello scorso decennio si colloca, invece, l'impiego su vasta scala degli strumenti derivati da parte delle amministrazioni locali, destinatarie, nell'ottica del decentramento territoriale, di compiti in espansione, mentre le regole di coordinamento della finanza pubblica si facevano più stringenti e si faceva un sempre più intenso ricorso agli strumenti derivati, con l'obiettivo di stabilizzare l'effetto dell'oscillazione dei tassi e di consentire un allungamento della durata del debito, in qualche caso anche di incassare upfront. I comportamenti ora ricordati sono intervenuti, come si accennava, in un contesto normativo e di controlli ben differenziato tra centro e periferia.
  Quanto al regime del controllo che la legge assegna alla Corte dei conti nei confronti delle amministrazioni centrali dello Stato, vale la disposizione normativa contenuta nell'articolo 3, comma 13, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, recante disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti, in base alla Pag. 4quale «Le disposizioni del comma 1», che disciplinano cioè il controllo preventivo, «non si applicano agli atti e ai provvedimenti emanati nelle materie monetaria, creditizia, mobiliare e valutaria». Ben diverse risultavano, già nella fase iniziale di irruzione del fenomeno dei derivati, le condizioni e gli spazi di intervento e di controllo della Corte dei conti nei confronti delle amministrazioni locali.
  Più avanti in questo documento si riferisce puntualmente sull'attività di controllo che l'istituto, soprattutto attraverso le proprie sezioni regionali, ha svolto e seguita a svolgere al fine di verificare il rispetto del complesso apparato di regole che oggi disciplina la materia del ricorso al debito, in particolare agli strumenti derivati da parte degli enti locali, anche ai fini delle eventuali sanzioni.
  Per questi aspetti faccio riferimento e rinvio all'appendice della mia relazione, ricordandovi che fin dall'inizio del decennio scorso la Corte ha sottoposto a un attento monitoraggio il fenomeno crescente dei derivati nell'ambito dell'analisi della gestione complessiva delle amministrazioni locali controllate e con lo scopo di sottoporre a verifica la rispondenza a criteri di regolarità contabile e di sana gestione finanziaria.
  L'impegno tempestivo della Corte è documentato dal costante riferire al Parlamento nella forma dell'audizione: faccio riferimento all'audizione del novembre 2004, sull'analisi del fenomeno dell'indebitamento in un campione di enti locali, e a quella del febbraio 2009, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'utilizzo e la diffusione degli strumenti di finanza derivata e delle cartolarizzazioni nelle pubbliche amministrazioni, o ai referti sulla finanza territoriale. Tra le altre, in particolare, si citano le deliberazioni delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti per la Lombardia, n. 52, del 20 aprile 2008, e n. 118, del 25 giugno 2008, oltre alla relazione della sezione delle autonomie sulla gestione finanziaria degli enti territoriali approvata con la deliberazione n. 29 della sezione delle autonomie del 2014 e le deliberazioni precedentemente richiamate.
  D'altro canto, non va sottovalutata la funzione di stimolo che, proprio alla luce dei rischi e dei punti critici che tale monitoraggio consentiva di porre in evidenza, l'istituto ha esercitato per un adeguamento normativo delle regole e nella direzione di una progressiva chiusura alle operazioni finanziarie ad alto grado di azzardo, come nel caso degli strumenti derivati; una linea di maggior rigore sulla quale si è espressa la stessa Corte costituzionale, che ha sancito la legittimità delle disposizioni previste per il contenimento del fenomeno della finanza derivata con la sentenza n. 52 del 2010.
  Tornando all'amministrazione centrale e ferma restando la sottrazione della tematica relativa ai derivati dalle forme di controllo preventivo di legittimità, resta piena la disponibilità della Corte a dare seguito a eventuali, specifiche indicazioni provenienti dal Parlamento, dirette ad approfondire le valutazioni sugli esiti del ricorso a strumenti finanziari derivati da parte delle amministrazioni centrali dello Stato, nel quadro della più generale analisi della gestione del debito pubblico.
  Nel valutare l'impatto dei derivati sui conti pubblici, infine, va tenuto presente che le convenzioni contabili che disciplinano la materia nell'intera area europea hanno subìto nel tempo modifiche rilevanti, che nell'assetto ora definito (SEC 2010) comportano effetti molto diversificati sull'indebitamento (competenza economica) e sul fabbisogno (cassa).
  Per quanto riguarda in particolar modo quest'analisi, faccio rinvio, per motivi di sintesi, al documento che vi ho consegnato, non senza sottolineare che, per quanto riguarda il SEC 2010, si registra la novità che, siccome l'acquisizione netta delle attività finanziarie determina variazioni del debito, sarà riportata in un'espressa voce dei conti dello Stato a partire dal 2015.
  Relativamente al quadro normativo e ai profili ordinamentali, la legge n. 20 del 1994, al comma 1 dell'articolo 3, disciplina il controllo preventivo di legittimità esercitato Pag. 5dalla Corte dei conti. In base a tale ultima disposizione sono sempre stati esclusi dal predetto controllo preventivo gli atti che abbiano a oggetto la gestione del debito pubblico, ivi inclusi quelli che si sostanziano in contratti aventi a oggetto strumenti finanziari derivati.
  La norma appena descritta deve essere inquadrata nell'ambito della più generale disciplina che al tempo governava la materia: il decreto legislativo n. 385 del 1993, meglio noto come testo unico bancario. All'articolo 129 esso aveva sistematizzato il regime dei controlli sull'emissione di valori mobiliari, imponendo, a carico degli emittenti, un obbligo di comunicazione preventiva alla Banca d'Italia, la quale, in conformità alle deliberazioni del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio, avrebbe potuto vietare le operazioni ovvero disporne il differimento. Il medesimo articolo aveva esplicitamente escluso da tale obbligo di comunicazione preventiva, tra le altre, le operazioni relative all'emissione di titoli di Stato o garantiti dallo Stato.
  Il quadro appena descritto delinea, quindi, un esplicito orientamento del legislatore, teso a escludere dal regime dei controlli preventivi la materia attinente agli strumenti finanziari, presumibilmente in relazione alle esigenze di correntezza e di rapidità che la caratterizzano; ribadisce inoltre il ruolo di una specifica autorità di settore, la Banca d'Italia, deputata al controllo della materia e attribuisce uno statuto speciale alle operazioni aventi a oggetto la gestione del debito pubblico esentandole, fin dalla versione originaria del testo unico bancario del 1993, da ogni controllo preventivo anche a opera delle autorità di settore.
  In tale contesto si inserisce il decreto del Ministro del Tesoro del 10 novembre 1995, successivo quindi al momento nel quale la materia relativa alla gestione del debito pubblico era stata esclusa dal controllo preventivo della Banca d'Italia, nonché da quello della Corte dei conti. Con tale decreto il Ministro delineava gli orientamenti operativi di riferimento in merito all'emissione e alla gestione del debito pubblico, anche in relazione alla stipula di operazioni di swap, e poneva a carico della Direzione generale del tesoro l'obbligo di trasmettere, con cadenza semestrale, alla Corte dei conti una relazione sulla gestione delle passività del Tesoro che evidenziasse la congruità delle scelte effettuate con gli orientamenti esposti negli articoli 1 e 2 del decreto stesso.
  Va da sé che con tale disposizione il Ministro non istituiva, né a ciò si sarebbe potuto provvedere con una norma non di carattere primario, un regime di controllo sulla materia, ma si limitava a imporre ai propri uffici alcuni criteri gestionali, prevedendo una segnalazione periodica alla Corte dei conti avente finalità meramente conoscitive. I contenuti di queste segnalazioni, in particolare con riferimento all'attività in strumenti finanziari derivati, sono ampiamente esposti nell'audizione svolta presso questa Commissione dalla titolare della Direzione del debito pubblico del Ministero dell'economia e delle finanze.
  Venendo alle tematiche rappresentate in questa relazione, sulla base del decreto ministeriale del 1995, viene inviata alla Corte dei conti con finalità conoscitiva una relazione semestrale, che sintetizza le operazioni di gestione del debito pubblico intervenute nel periodo considerato. Da qualche anno sono anche gli stessi documenti programmatici del Governo in materia di finanza pubblica, il DEF in particolare, a fornire il quadro generale della gestione del debito, ai fini dell'approvazione da parte del Parlamento degli obiettivi di politica economica e finanziaria e del successivo invio della decisione alla Commissione europea entro il 30 aprile.
  Dei contenuti di tale documentazione, riferita pertanto sia alle relazioni semestrali sia al quadro della politica del debito presentato dal DEF, la Corte dà sinteticamente conto, negli anni più recenti, all'interno del capitolo relativo alla gestione del patrimonio dello Stato facente parte della relazione al Parlamento sul rendiconto generale dello Stato.
  Complessivamente, dalle suddette relazioni semestrali si rileva la preoccupazione, nella gestione delle varie operazioni Pag. 6di debito, di ridurre sia il carico di interessi a valere sul bilancio dello Stato sia i rischi che possono nascere dagli interventi attuati nella gestione del debito. Si procede, pertanto, a continue rinegoziazioni, ristrutturazioni e anche a chiusure di operazioni in essere, naturalmente in quanto consentito dalle clausole sottoscritte per i vari contratti.
  In contesti di elevata volatilità e incertezza dei mercati, l'attività di gestione delle passività ha privilegiato l'ottimizzazione di alcune posizioni esistenti nel portafoglio swap, tenendo conto della loro indicizzazione all'inflazione europea.
  A partire dal 2010 si è posto mano alla ristrutturazione di una serie di posizioni sui derivati che non rispondevano più in modo efficiente agli obiettivi strategici per i quali esse erano state concluse, procedendo a una semplificazione della posizione e a un allungamento della relativa duration. Si è proceduto, altresì, alla copertura delle emissioni denominate in valuta estera per eliminare i rischi di cambio e di interesse. Di conseguenza, secondo le linee guida per le ristrutturazioni, si è cercato di distribuire l'esposizione tra le diverse componenti attraverso la riassegnazione di posizioni e si è proceduto alla riduzione della durata di alcune di esse.
  Nel 2012, sempre sulla base di quanto riferito dal Ministero dell'economia e delle finanze nelle suddette relazioni semestrali, la ridefinizione del portafoglio con Morgan Stanley è stata condizionata dalla presenza di una clausola contrattuale peculiare e unica nella sua natura, ovvero il diritto alla risoluzione anticipata dei contratti derivati, in parte o in toto, al verificarsi di un determinato evento, configurato nel superamento di un limite prestabilito dell'esposizione della controparte nei confronti della Repubblica, definito anche in funzione del livello di rating.
  La controparte aveva deciso di far valere il diritto regolato dalla clausola in quanto era stata giudicata insostenibile la rilevante esposizione nei confronti dell'Italia alla luce della regolamentazione sempre più stringente. Per far fronte alla richiesta, sulla base di procedure concordate vi erano alcune possibilità, che consistevano nella novazione soggettiva del contratto a controparte terza, nella prestazione di una garanzia collateral e nella risoluzione anticipata di una o più posizioni in derivati.
  Essendo state scartate le varie possibilità per le difficoltà riscontrate, ci si è concentrati sulla valutazione delle conseguenze dell'esercizio diretto della clausola, analizzando in particolare la metodologia di determinazione dell'ammontare da corrispondere a Morgan Stanley a fronte della chiusura di tutte le posizioni, come previsto dall'accordo in vigore. Considerato il ragguardevole onere conseguente all'esercizio diretto della clausola, ci si è orientati verso una chiusura anticipata e volontaria delle quattro operazioni, accettando contestualmente la ristrutturazione di due Cross-Currency swap proposta da Morgan Stanley.
  Di conseguenza, sono proseguite negli anni successivi operazioni di ristrutturazione di posizioni esistenti, anche per trarre vantaggio dall'andamento del tasso di cambio, nonché la gestione di porzioni di portafoglio che presentavano alcune criticità.
  Sintetizzo la parte relativa ai profili della contabilità finanziaria. Rinviando al testo, vorrei soltanto ricordare alla Commissione, per quanto riguarda lo Stato, che la vigente legge quadro di contabilità e finanza pubblica, la legge n. 196 del 2009 e successive integrazioni e modifiche, ha confermato il precedente sistema di contabilità finanziaria col doppio vincolo della competenza giuridica, ovvero delle obbligazioni, e della cassa, ovvero dei flussi finanziari. In ordine all'imputazione contabile, va osservato che gli effetti finanziari ordinari dovuti alle attività in strumenti finanziari derivati, quali, ad esempio, i flussi netti attivi o passivi per introito o pagamento di interessi, sono contabilizzati nelle apposite voci di bilancio e di previsione del rendiconto finanziario dello Stato.
  Per quanto attiene, invece, alla copertura delle eventuali partite straordinarie, la legge quadro vigente, tuttora in attesa di Pag. 7un complessivo organico adeguamento al mutato assetto costituzionale, prevede l'iscrizione in bilancio di specifici fondi di riserva per le spese obbligatorie, individuate nell'elenco allegato allo stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze, e per le spese impreviste, per far fronte a eventuali deficienze di stanziamenti non inseriti tra le spese obbligatorie non aventi carattere di continuità, anch'esse indicate per tipologia in un elenco allegato allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.
  Nel caso degli oneri connessi con i derivati per effetto dell'imprevista richiesta di applicazione nel 2011, della clausola di chiusura anticipata da parte di Morgan Stanley, nell'esercizio di un esplicito potere opzionale previsto nel relativo contratto, è stato fatto ricorso agli ordinari strumenti di flessibilità del bilancio con cui le amministrazioni possano modificare in via amministrativa l'allocazione di risorse decisa dal Parlamento. Per il resto, rinvio al documento scritto.
  Venendo agli enti territoriali, il ricorso agli strumenti di finanza derivata da parte loro ha subìto negli ultimi anni una flessione per effetto della normativa sempre più stringente susseguitasi in tale materia, da ultimo con la legge di stabilità 2014. Ciò nonostante, le sezioni regionali di controllo e la sezione delle autonomie hanno mantenuto l'attenzione su tali forme contrattuali per le ripercussioni sugli equilibri di bilancio che possono derivarne.
  Le linee guida sui bilanci e i rendiconti degli enti locali e delle regioni, naturalmente approvate dalla sezione delle autonomie, dedicano un'apposita sezione all'indicazione degli strumenti di finanza derivata in essere presso gli enti territoriali, per i quali sono ormai vigenti i nuovi princìpi di armonizzazione del decreto legislativo n. 118 del 2011, e nel rispetto del principio di integrità del bilancio prescrivono la separata contabilizzazione dei flussi finanziari riguardanti il debito originario rispetto ai saldi differenziali, attivi o passivi, del contratto derivato. Prevedono, inoltre, che l'eventuale differenza positiva dei predetti flussi sia vincolata all'avanzo di amministrazione, e destinata a garantire, secondo un ordine di priorità, i rischi futuri del contratto, la riduzione del debito sottostante in caso di estinzione anticipata e il finanziamento di investimenti.
  Spesso, infatti, le operazioni di finanza derivata degli enti territoriali sono state finalizzate al reperimento immediato di liquidità, come rilevato dalle sezioni regionali di controllo, che hanno prestato maggiore attenzione alla corretta postazione contabile di flussi attivi e passivi e dei flussi una tantum in entrata, definiti anche premi di liquidità incassati al perfezionamento del contratto. Questi ultimi, denominati anche upfront e previsti in misura non superiore all'1 per cento del nozionale della sottostante passività, sono stati espressamente inclusi nell'ambito delle variazioni di indebitamento, da cui è conseguito il divieto di impiegare tali risorse per spesa corrente.
  Le sezioni regionali hanno, inoltre, evidenziato l'aleatorietà di operazioni finanziarie strutturate con contratti derivati, sottolineandone i rischi con effetti a carico degli esercizi futuri e la struttura complessa dell'operazione, che poteva non essere in linea con le esigenze finanziarie degli enti e con l'effettiva capacità degli stessi di comprenderne appieno e adeguatamente i relativi rischi.
  Peraltro, non può sottacersi che è insita in tali contratti una componente aleatoria, come emerge dall'articolo 23, comma 5, del testo unico della finanza che, nell'escludere l'applicabilità della disposizione dell'articolo 1933 del codice civile, per la quale non compete azione per il pagamento del debito di gioco o di scommessa, conferma la stretta riconducibilità a tale categoria degli strumenti finanziari derivati.
  Gravi anomalie sono state riscontrate anche per contratti derivati stipulati matematicamente in perdita, per l'inserimento di opzioni digitali con discontinuità dei tassi di interesse, per contratti afferenti a mutui già estinti, per la concessione Pag. 8di dilazioni di pagamento in violazione dell'articolo 206 del testo unico degli enti locali, che prevede tale garanzia per il pagamento delle rate di ammortamento dei mutui e dei prestiti.
  Nel settore della finanza regionale molteplici spunti di riflessione possono trarsi dalle relazioni allegate ai giudizi di parificazione dei rendiconti regionali svolti ai sensi dell'articolo 1, comma 5, del decreto-legge n. 174 del 2012, con cui le sezioni regionali di controllo formulano osservazioni in merito alla legittimità e regolarità delle gestioni e propongono le misure di correzione e gli interventi necessari ad assicurare l'equilibrio del bilancio e il miglioramento dell'efficacia e dell'efficienza della spesa.
  L'attenzione delle sezioni regionali si è soffermata in particolare sui differenziali conseguenti alle operazioni di finanza derivata e sull'allocazione contabile degli stessi, sulle clausole limitative della giurisdizione italiana, sui contenziosi generati per effetto di costi occulti, sui saldi finali negativi scaturenti dalla chiusura delle operazioni, nonché sui contratti di swap per l'ammortamento del debito conseguente all'emissione di prestiti obbligazionari regionali con rimborso di capitale in un'unica soluzione alla scadenza (cosiddetto prestito «bullet»).
  L'esame delle note informative, allegate obbligatoriamente ai bilanci e ai rendiconti degli enti territoriali, ha consentito alle sezioni regionali di controllo di rilevare svariate criticità e di richiamare l'insegnamento della Consulta, secondo la quale la normativa richiamata non si limita a richiedere un'indicazione sommaria e sintetica dei derivati stipulati dall'ente pubblico, ma pretende l'analitica definizione degli oneri già affrontati e la stima di quelli sopravvenienti sulla base delle clausole matematiche in concreto adottate con riferimento all'andamento dei mercati finanziari.
  L'attenzione della Corte è attualmente rivolta anche all'applicazione della normativa in materia di ristrutturazione del debito regionale introdotta dall'articolo 45 del decreto-legge n. 66 del 2014 e contempla le operazioni di indebitamento regionale che alla data del 31 dicembre 2013 presentavano le seguenti caratteristiche: mutui contratti con il Ministero dell'economia e delle finanze direttamente o per tramite la Cassa depositi e prestiti, con vita residua pari o superiore a cinque anni e importo di debito residuo da ammortizzare superiore a 20 milioni di euro; titoli obbligazionari BOR con vita residua pari o superiore a cinque anni e valore nominale pari o superiore a 250 milioni di euro. Qualora i titoli oggetto di riacquisto di mutui oggetti di negoziazione presentino le sottostanti variazioni degli strumenti derivati, le regioni dovranno provvedere alla contestuale chiusura anticipata degli stessi.
  La sezione delle autonomie, con deliberazione n. 29 del 2014, ha chiarito che gli enti regionali devono effettuare un attento e costante monitoraggio delle operazioni di ristrutturazione dei prestiti obbligazionari, tenendo conto che il parametro essenziale per tutte le operazioni di ristrutturazione del debito deve individuarsi nel divieto di incremento del debito stesso. Infatti, ai sensi dell'articolo 45, comma 14, del citato decreto-legge n. 66 del 2014, ove la somma del prezzo di riacquisto del titolo e del valore degli strumenti derivati ad esso collegati comporti un aumento del debito delle pubbliche amministrazioni, come definito dal regolamento dell'Unione europea n. 479 del 2009, non può procedersi all'operazione. Nelle allegate appendici vengono riportati i risultati delle analisi svolte dalla sezione delle autonomie della Corte sui dati della finanza derivata di regioni ed enti locali estratti dai rendiconti finanziari.
  Vengo rapidamente alle conclusioni. Nel confermare la piena disponibilità a dare seguito a ulteriori specifiche indicazioni provenienti dal Parlamento dirette ad approfondire le valutazioni sugli esiti del ricorso agli strumenti finanziari derivati da parte delle amministrazioni centrali dello Stato, nel quadro della più generale analisi e gestione del debito pubblico, la Corte, pur rappresentando in questa sede le gravi carenze di personale Pag. 9di magistratura che abbiamo ripetuto in diverse occasioni di audizione, ritiene opportuno nelle conclusioni enunciare alcune riflessioni di metodo.
  Normalmente, alla parola «innovazione» si associa una valenza positiva, ma se al sostantivo si aggiunge l'aggettivo «finanziaria», questa valenza si attenua, se non cambia addirittura di segno. La cosa è comprensibile. Sostanzialmente, tutti i Paesi sono stati colpiti dai danni planetari conseguenti alla crisi finanziaria scoppiata nel 2007 negli Stati Uniti, nella quale un ruolo importante ebbero strumenti finanziari strutturati, sviluppati nel tumultuoso processo di innovazione finanziaria che aveva caratterizzato il ventennio precedente.
  Ciò non toglie che all'innovazione finanziaria non vada guardato sempre come a un'iniziativa negativa e pericolosa, tenuto conto dell'importanza della stessa nel mercato internazionale e avendo essa consentito agli operatori di coprirsi dai rischi di cambio e di interesse. Sono, pertanto, diversi i profili verso cui avere riguardo nel processo di innovazione finanziaria e dello sviluppo del mercato degli strumenti finanziari, che ne è un portato. Non può comunque ignorarsi che, dove l'innovazione accelera, il lavoro dei regolatori si fa più complesso, dovendo intervenire su una realtà in movimento piuttosto che regolare l'esistente.
  Occorre, peraltro, rifuggire dalle semplificazioni nelle quali spesso si incorre quando si discute di questi argomenti, quale quella secondo cui l'esistenza in un dato momento di un fair value negativo relativo agli strumenti finanziari in portafoglio sia indicatore di errori compiuti nella gestione finanziaria. Per una valutazione compiuta del comportamento di un operatore che registri un fair value negativo degli strumenti finanziari derivati nel proprio portafoglio, occorrerebbe anche considerare il valore dell'assicurazione di cui quel medesimo operatore ha fin qui goduto, facendo l'ipotesi più semplice, rispetto a una variazione dei tassi di interesse sfavorevole.
  Ovviamente, il valore di quell'assicurazione deve essere considerato al momento in cui l'operazione fu conclusa e alla situazione dei mercati in quel momento, alle informazioni di cui l'operatore in questione disponeva, alla specifica situazione finanziaria nella quale versava e alla percezione che di quella situazione avevano i mercati. Si tratta di una valutazione tecnicamente complessa, che non può certo esaurirsi nella mera constatazione di un valore negativo o positivo del fair value.
  Rifuggire dalle semplificazioni non esclude, quindi, che non si possano valutare anche ex post le scelte compiute da un operatore, anche pubblico, nazionale o locale, nella gestione del proprio portafoglio e, nel caso che più qui interessa, nella gestione del proprio debito. Questo giudizio è, però, tecnicamente complesso, e richiede un'attenta considerazione delle condizioni nelle quali i mercati in generale e quello specifico operatore si trovavano nel momento in cui l'operazione fu stipulata. Occorre tener presente che difficilmente, salvo casi estremi, quel giudizio potrà essere conclusivo e non controverso.
  Al di là di tali considerazioni di ordine generale, si ribadisce che la Corte dei conti è da anni impegnata sul fronte dei derivati delle autonomie territoriali e che l'intero comparto ha ben presto evidenziato profili di criticità piuttosto elevati, considerata sia l'incidenza di tali strumenti sullo stock complessivo del debito sia l'inadeguatezza degli apparati preposti alla loro gestione, da cui l'attento monitoraggio della Corte, al fine di salvaguardare la tenuta dei conti degli enti territoriali anche in una prospettiva di medio e lungo termine.
  La Corte ha seguìto con attenzione i lavori che la Commissione sta svolgendo su questa difficile materia con rigore e approfondimento ed è grata alla Commissione per averne voluto ascoltare l'opinione.

  PRESIDENTE. Siamo noi a esservi davvero grati per il vostro intervento. E lo siamo in modo speciale per questo documento scritto che invito i colleghi di tutti i gruppi a studiare, perché mi sembra Pag. 10davvero un ottimo strumento di conoscenza della materia che stiamo affrontando.
  Nell'attesa che i colleghi si iscrivano a parlare per avanzare eventuali domande, vorrei porre alcune questioni, sottolineando, ad esempio, il riferimento contenuto a pagina 14 della relazione a clausole contrattuali peculiari e uniche nella loro natura, le quali hanno poi determinato l'esborso che conosciamo.
  Una prima questione ha a che fare con il quantum e con la «terrificante» tabella di pagina 9, nella quale si fa il confronto tra la situazione dell'Italia e quella degli altri Paesi europei, la quale trova conferma nei dati che emergono dall'indagine conoscitiva che stiamo svolgendo. In merito a tali aspetti non c’è, spero, da parte di nessuno, un approccio polemico, fazioso o scandalistico. Ci troviamo in una Commissione parlamentare e stiamo cercando di capire quale sia la realtà del Paese. Nel guardarne la fotografia, e nel confrontarla con la situazione degli altri Paesi, vorrei chiedervi quindi una valutazione comparativa, ovviamente nell'ambito delle vostre funzioni.
  La seconda questione ha a che fare con le vostre funzioni di controllo. Mi riferisco all'amministrazione centrale. Anche su questo punto, con grande appropriatezza, nella vostra relazione descrivete il quadro normativo esistente, i suoi chiarissimi limiti e le scelte finora compiute dal legislatore, sia sul piano parlamentare sia governativo. Alla luce della situazione così poco brillante che abbiamo sotto gli occhi, qual è la loro valutazione, de iure condendo, sul piano del controllo ? Che cosa suggerireste per il futuro, in termini delle possibili azioni da intraprendere ?
  La terza e ultima questione è più di fondo. Questi strumenti comportano, soprattutto se usati dalla «mano» pubblica, un fortissimo rischio di aleatorietà. Conosciamo la natura di questi strumenti. È consustanziale alla loro natura. La domanda che vi pongo è: prescindendo da cose, persone, maggioranze politiche, per la parte pubblica nazionale, come fa una Direzione del debito pubblico del Ministero dell'economia e delle finanze, seppur con funzionari eccellenti, a misurarsi con desk di banche internazionali in grado, minuto per minuto, di fare un'analisi mark to market ? Non occorre, in questo senso, svolgere una riflessione su una «guerra» asimmetrica, in cui uno dei contendenti combatte, per così dire, avendo a disposizione i droni, e l'altro le lance, con i conseguenti rischi a carico del contribuente ?
  Si tratta di tre questioni sulle quali terrei ad ascoltare a una loro valutazione.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  GIOVANNI PAGLIA. Avrei una domanda preliminare a cui, se possibile, vorrei una risposta immediata, così da potere poi, eventualmente, sviluppare un ragionamento. Con riferimento ai derivati dell'amministrazione centrale, la vostra relazione con questo tipo di strumento è data esclusivamente dalla relazione semestrale di cui si parla nella relazione che ci avete consegnato, o avete una conoscenza più ampia e dettagliata dei contratti in essere ? A seconda della risposta, svilupperò il mio ragionamento.

  ANGELO BUSCEMA, Presidente delle sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei conti. Il riferimento è alla relazione semestrale. Questo è il documento che ci perviene, nient'altro.

  GIOVANNI PAGLIA. Di fatto, quindi, avete un'analisi formale su un dato aggregato fornito dal MEF. Lo dico per capire. Mi serve saperlo solo per sviluppare un ragionamento. Sotto molti aspetti, le domande finiscono qui. Avete un livello di conoscenza superiore a quello del Parlamento, perché ai parlamentari non viene consegnata nemmeno questa relazione semestrale. C’è, quindi, il livello di conoscenza del MEF, quello della Corte dei conti – attraverso una relazione semestrale di un dato aggregato – e il livello del Parlamento, che ha una conoscenza pari a zero, fino a oggi.Pag. 11
  Peraltro, nelle audizioni di esperti del settore svolte finora tutti negano che la riservatezza di questi dati sia un valore aggiunto rispetto alla gestione dei contratti. Gli unici a sostenerlo sono i funzionari del MEF e la dottoressa Cannata. Non c’è professore, né esperto che sostenga questa teoria.
  Non ritenete che, anche ai fini di una maggiore capacità di sorveglianza e di gestione del debito pubblico, sarebbe necessaria che almeno un'altra istituzione avesse accesso ai dati attualmente solo nelle mani del MEF, anche solo per un controllo incrociato rispetto alla gestione di questo debito ? Risulta, per esempio, che nel settore privato questo accada, e che, anche all'interno delle grandi banche d'affari, ci siano sempre almeno due uffici che si relazionano sugli stessi contratti. Non c’è mai un solo attore che se ne interessi, come invece sembra avvenire per quanto riguarda la gestione del debito pubblico italiano.
  Potremmo poi valutare se l'attore più adatto sia la Corte dei conti, il Parlamento o un altro soggetto, perché questo attiene al dibattito democratico e non è una questione tecnica. Non ritenete, tuttavia, che un controllo incrociato, svolto a pieno titolo, sarebbe opportuno ? Questa è l'unica domanda alla quale vorrei una vostra risposta, perché tutte le altre sono considerazioni che posso svolgere anche altrove.

  DANIELE PESCO. Anch'io avrei voluto chiedervi se avete i contratti, o copia dei contratti, dei derivati. Mi sembra che la risposta sia negativa.
  Sulla segretezza di questi contratti, sussistono, a vostro parere, dei rischi concreti ? Dal punto di vista finanziario, la Repubblica correrebbe dei rischi se questi contratti non fossero più segreti, ma venissero resi pubblici, quanto meno ai parlamentari ? Su questo punto, gradirei veramente ricevere una risposta. Secondo voi, la normativa attuale per quanto riguarda il controllo dei derivati è sufficiente o va migliorata ?
  Potete inoltre escludere con certezza che all'interno di questi contratti vi siano delle clausole vessatorie nei confronti della Repubblica italiana e che, quindi, non siano stati stipulati con un effettivo danno per la Repubblica ? O avete elementi certi per poter affermare il contrario ?
  Secondo voi, non è necessario che, prima della stipula di un contratto di questo tipo, si svolga una vera due diligence su di esso per escludere che siano comprese clausole di questo tipo ? E da chi dovrebbe essere svolta a vostro parere ? Dal MEF, da voi, o dalla Consob ? Quale sarebbe la soluzione migliore ?
  Quanto alle garanzie bilaterali, nella legge di stabilità 2015 ne è stata prevista l'istituzione, quindi il versamento di liquidità o di titoli sui conti delle banche per fare in modo di estinguere eventuali debiti nei confronti delle banche stesse per quanto riguarda i derivati. Secondo voi questa misura ha un senso o si sta facendo qualcosa che va oltre le disponibilità finanziarie e, comunque, la buona gestione delle risorse pubbliche ?
  Quanto al conflitto d'interesse, riguardando la tabella che ha indicato anche il presidente, risulta evidente come l'Italia sia il Paese che si trova nella situazione più difficile. Tra l'altro, l'Italia è il Paese dove la compagine societaria della Banca d'Italia è rappresentata da istituti privati: secondo voi, può esserci una relazione, con conseguente conflitto d'interesse, tra questa esposizione in derivati e tale situazione della Banca d'Italia ?
  Relativamente alle operazioni in derivati effettuate durante lo scorso anno, avete elementi certi per dire che esse siano state fatte con criterio o avete anche voi dubbi in merito ?

  ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Qualcuno ci ha comunicato che la «famosa» perdita potenziale è comunque coperta da un risparmio sugli interessi: che cosa ne pensate ? Nel caso in cui foste d'accordo con questa dichiarazione, potreste dimostrarla scientificamente ?
  Anche senza una documentazione completa, in base alla relazione semestrale che Pag. 12vi viene inviata, sareste in grado di capire quanti di questi 55 miliardi di euro persi, 9 sicuramente, 46 potenzialmente, risultano effettivamente di copertura e quanti utilizzati per altri scopi ?
  Con riferimento agli IRS di duration: essi sono di copertura ? Se non lo sono, altri 33 miliardi di euro di pagamento attesi non troveranno compensazione in una riduzione della spesa per interessi. Questa è una mia deduzione.
  Infine, a pagina 30 della relazione richiamate il fair value e dichiarate che si tratta di una valutazione tecnicamente complessa che non può certo esaurirsi nella mera constatazione di un valore negativo o positivo del fair value A mio avviso esso è, invece, uno strumento molto importante per capire la situazione attuale, anche perché valuta numerose variabili e proiezioni nel tempo, passate e future. Voi non lo ritenete particolarmente importante per valutare la situazione attuale: quale altro strumento, insieme al mark to market, secondo voi è utile per capire la situazione attuale di potenziale crisi del debito pubblico ?

  CARLA RUOCCO. Vorrei conoscere il vostro giudizio sull'articolo 33 della legge di stabilità 2015, il quale istituisce, come sappiamo, un fondo presso le banche a garanzia dei derivati. Vorrei anche conoscere un vostro giudizio sulla governance prevista per l'applicazione di quest'articolo, dal momento che, mi pare di capire, le conoscenze sui derivati le posseggono le stesse persone le quali dovrebbero essere controllate nella gestione degli stessi creando dunque una situazione di autoreferenzialità. Attraverso questo articolo della legge di stabilità finiremo per garantire una massa di operazioni rispetto alle quali le uniche conoscenze di cui disponiamo sono quelle che ci forniscono le persone che autorizzano le operazioni stesse con la loro firma.

  SEBASTIANO BARBANTI. Nell'audizione odierna avete più volte richiamato, ovviamente, il ruolo della Corte dei conti in tema di controllo diciamo ex post, e quindi l'impossibilità di svolgere un controllo ex ante. Se fossimo in una banca, direi che per la MiFID lo Stato dovrebbe essere categorizzato come un cliente che deve avere un rischio moderato, o basso del tutto. Operazioni del genere determinerebbero quindi una situazione di alert, sarebbero considerate fuori profilazione: in questo caso o si fa una nuova profilazione o c’è bisogno di un vaglio preventivo dell'operazione, quindi che qualcuno la autorizzi per iscritto.
  Fatta questa premessa, secondo voi sarebbe utile, necessario o opportuno inserire tale controllo preventivo per quanto riguarda questi particolari, specifici investimenti, che sono ad altissimo rischio ? Se sì, quale soggetto esistente può farlo ? Bisogna creare un soggetto nuovo ?
  Infine, non può non balzare agli occhi come le principali banche controparti dei derivati siano le stesse che sostanzialmente assicurano il collocamento dei BTP in asta. Anche a voler pensar bene, viene spontaneo ritenere che ci sia quantomeno un minimo di conflitto d'interessi, una sorta di do ut des implicito. Benché la dottoressa Cannata abbia già in parte risposto a questa domanda, la pongo anche a voi: non può esserci quanto meno un conflitto d'interessi particolari in queste operazioni ?

  PRESIDENTE. Do ora la parola ai nostri ospiti per la replica. Mi pare che la materia non manchi.

  ANGELO BUSCEMA, Presidente delle sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei conti. Chiederò al consigliere D'Amico di dare delle risposte più specifiche.
  Anzitutto, l'angolazione con la quale la Corte è intervenuta oggi serve a spiegare l'ambito dei compiti a essa attribuiti. La Corte non entra in valutazioni riguardanti soggetti che sono già stati auditi. La nostra audizione è stata centrata sui compiti attribuiti alla Corte. Do subito risposta alle questioni emerse.
  La Corte ha esposto alla Commissione lo stato della normativa attuale dei controlli. Pag. 13Ovviamente, la Corte è un organo ausiliario del Parlamento. Relativamente alle scelte che il Parlamento dovesse avviare in questa fase, ritenendo eventualmente utile un approfondimento di indagine, come ho detto più volte in quest'audizione, la Corte sarebbe disponibile ad approfondire i temi o gli argomenti su cui il Parlamento intende richiamare la sua attenzione.
  Noi ci basiamo sulla normativa. Non siamo noi a proporre, perché sarebbe ultroneo. Come organo ausiliario del Parlamento, prospettiamo le problematiche, facciamo presente una situazione diversificata tra centro e periferia. Abbiamo dimostrato che nell'ambito dei compiti svolti dalle sezioni territoriali il Parlamento ha dato delle indicazioni e la Corte le ha applicate. Noi ci rimettiamo quindi a quelle che saranno le scelte del Parlamento.
  Per rispondere al presidente sulle forme di controllo – rispetto alla situazione della quale oggi la Commissione viene a conoscenza – ovviamente, de iure condendo, si potrebbero attuare diversi livelli di intervento. Non possiamo però essere noi, come Corte dei conti, a fare delle richieste o delle scelte in questo senso. Mettiamo certamente a disposizione la nostra professionalità e le nostre capacità, che abbiamo dimostrato nell'ambito degli enti territoriali, dimostrando di avere nel nostro organico i magistrati in possesso di una professionalità tale da poter affrontare questo tema.
  Non chiedete a noi valutazioni riguardanti le relazioni che ci pervengono. Innanzitutto, i contratti a noi non vengono trasmessi, tanto per essere chiari. Quelle a cui accediamo sono relazioni semestrali aggregate. Ovviamente, se per questi contratti si vuole introdurre un tipo di analisi preventiva, è il Parlamento a dover compiere questa valutazione. Io ritengo si tratti di una valutazione molto complessa, oltre che molto tecnica, la quale deve essere vista in un contesto complessivo.
  Per quanto riguarda, in particolar modo, la tabella contenuta nella relazione che vi ho consegnato, abbiamo ritenuto di portarla all'attenzione della Commissione, ma non abbiamo espresso una valutazione rispetto ad essa. Questi sono documenti ufficiali Eurostat, che quindi abbiamo ritenuto potessero essere utili in questa sede. Non abbiamo espresso tuttavia valutazioni, né io potrei esprimerne oggi, in sede di audizione. Se, però, la Commissione giudica necessario un approfondimento, fermo restando che abbiamo avuto già modo di parlarne anche in relazione al DEF, siamo a disposizione del Parlamento.
  Per il resto, col permesso del presidente, lascerei la parola al consigliere D'Amico per quanto riguarda altri profili. Io mi sono limitato al problema dei controlli.

  NATALE MARIA ALFONSO D'AMICO, Magistrato delle sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei conti. Le questioni poste sono numerose. Anzitutto, i numeri dell'Italia sono grandi. Possiamo dire, con una battuta, che l'Italia è un Paese molto grande, dal punto di vista del suo debito. L'Italia ha fatto delle scelte, per così dire, di «prudenza», nella gestione del suo debito.
  Dal punto di vista della gestione del debito, l'Italia è caratterizzata da due aspetti: la durata del debito è lunga – scelta prudente – perché è chiaro che un debito più breve costa meno; la scelta di coprirsi dal rischio di interesse in modo esteso, più di quanto hanno fatto altri. Ovviamente, bisognerebbe fare le proporzioni in rapporto al debito. È una scelta quindi costosa, ma prudente.
  Sappiamo, però, che l'Italia ha due caratteristiche: ha un debito molto grande, in assoluto e in rapporto alla dimensione della propria economia; ripetutamente in passato è andata incontro a crisi di fiducia sul suo debito, seppur mai sfociate in dimensioni tragiche. Siamo sempre riusciti a collocare il debito pubblico italiano, come sappiamo, e l'Italia non ha mai perso l'accesso al mercato, ma ha conosciuto varie esperienze di crisi di fiducia sul debito nel tempo.
  In relazione a questo sono state fatte delle scelte. La domanda del presidente è Pag. 14se quelle scelte siano costose: sì, i numeri dicono che lo sono, e torno alla questione del fair value. Ovviamente, devo capire che cosa si sta pagando con quel costo. La questione del fair value sarebbe venuta in ordine più avanti, ma mi serve il collegamento. Non si vuole dire che il fair value non dà informazioni rilevanti sulla situazione attuale, ma che, se si vuole giudicare il comportamento di un operatore nella gestione dei suoi debiti, non basta valutare se ha un fair value negativo oggi sui contratti derivati. Si deve ricostruire la situazione nella quale ha fatto quelle scelte.
  Quell'operazione è difficile perché conta la situazione dei mercati e dell'operatore all'epoca dei contratti, ma anche la percezione che i mercati avevano della situazione dell'operatore. Oggi parlare di fair value negativo dà l'informazione, preziosa, su quanto costerebbero questi contratti se fossero chiusi oggi. Lei ha ragione che sarebbe un'informazione molto rilevante sulla situazione patrimoniale del soggetto, ma non consente di dare da sola un giudizio completo sui comportamenti adottati.
  Un'altra questione che emerge da diverse parti: il Tesoro è attrezzato per gestire il debito ? Ripeto che, ovviamente, stiamo parlando della gestione di uno dei più grandi debiti pubblici o privati presente sul globo. Il Tesoro ha sicuramente una grande esperienza nella gestione di un grande debito. Non sono tantissimi gli operatori al mondo ad avere esperienza nella gestione di un debito di questa dimensione. Vorrei fosse chiaro. Si fanno continuamente ipotesi di cambiare. Si può scegliere tra tanti, ma in realtà ad avere esperienza di gestione di un debito di questa dimensione nel mondo sono relativamente pochi.
  Immagino che si possa sempre rafforzare la struttura e, probabilmente, sarebbe utile. Abbiamo fatto presente che anche alla Corte dei conti servirebbe qualche magistrato in più per il controllo: immagino che lo stesso discorso possa valere per il MEF.
  Sulle questioni relative ai contratti abbiamo già detto. Noi non vediamo i contratti perché il Parlamento ha scelto di non sottoporre questa materia al controllo preventivo. C’è una scelta esplicita del Parlamento di esclusione di questa materia dal controllo preventivo. Francamente, non sta a me dire se sia giusta o meno. Ne comprendo le ragioni. Sono escluse tutte le operazioni mobiliari, perché richiedono velocità e correntezza, però è chiarissimo che si tratta di una scelta.
  D'altra parte, il controllo preventivo è un giudizio di conformità a legge. Qual è la legge sulla gestione del debito pubblico ? Parliamo di qualcosa molto risalente nel tempo, che non cito neanche. Non è chiaro quale controllo di conformità a legge potrebbe fare il controllo preventivo. Non c’è, per esempio, un divieto a fare contratti speculativi del Tesoro. Un obbligo di fare solo contratti di copertura non è previsto da nessuna legge.
  C'era poi l'altra questione: la presenza di un fair value negativo è coperta da quanto risparmiamo in termini di interessi ? Se ho capito quanto è stato detto in Commissione, la questione è un po’ diversa. Oggi, come sappiamo, esiste un flusso negativo: pago ogni anno per effetto di questa copertura, dello swap per interessi in particolare.
  Quanto sto pagando ogni anno è stato coperto, negli ultimi anni, dal fatto che ogni anno pagavo meno interessi rispetto all'anno prima. Il risparmio di interessi fin qui ha assicurato il fatto che la spesa di interessi non aumentasse nonostante ci fosse questo netting negativo. La questione se quella perdita potenziale di oggi, cioè quel fair value negativo, è giustificata dagli altri vantaggi che ho avuto, richiede l'operazione che dicevamo, cioè giudicare quel comportamento, ma allora bisogna ricostruire il passato. È un'operazione complicata, che peraltro si può fare.
  Vorrei aggiungere che un'operazione siffatta non si fa guardando il singolo contratto. Una gestione moderna delle liability guarda alla gestione complessiva. Capisco che ci sia attenzione sul singolo contratto. Non voglio dire che non sia Pag. 15rilevante, ma un giudizio normalmente non può essere espresso su un singolo contratto, perché ce ne saranno altri e andrà espresso sulla gestione complessiva della liability.
  Esiste un problema di conflitto d'interessi per il fatto che le controparti del Tesoro nei contratti derivati ne sono anche controparti nella gestione del debito pubblico e del suo collocamento ? La questione dei conflitti d'interesse è complicata. Ovviamente, si può affrontare singolarmente, ma vorrei far presente che il debito pubblico italiano è così grande che vi operano tutte le grandi istituzioni finanziarie del mondo. D'altra parte, si stipulano contratti derivati del tipo di quelli di cui stiamo parlando con grandi istituzioni finanziarie.
  Francamente, non ho approfondito il problema del conflitto d'interessi potenziale, in astratto, sugli interessi di chi opera, per esempio, sistematicamente sul mercato del debito pubblico italiano. Bisognerebbe ragionare, ma mi pare abbastanza evidente che si sta parlando della gestione di un debito – fatta di collocamento, di operazioni di riacquisto, di operazioni di stipula di contratti derivati su quel debito – in cui la controparte sono le grandi istituzioni finanziarie. Dire a una singola controparte che, se stipula con me un derivato, domani non può operare su un certo mercato, vuol dire farsi del male da sé.
  A noi serve, infatti, che i grandi operatori collochino i titoli di debito pubblico. In alternativa, si tratterebbe di rinunciare alla stipula del contratto, perché mi pare difficile che un grande operatore stipuli un contratto derivato – a meno che non si tratti di un contratto vessatorio – e rinunci a operare sul terzo debito pubblico in assoluto del mondo. Vedrei un po’ difficile configurare l'operazione in questo modo.
  Le questioni erano molte. Spero non ce ne siano di totalmente inevase, ma ovviamente restiamo a disposizione.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio.
  C’è un intervento supplementare dei colleghi Paglia e Pesco, ma dobbiamo andare proprio velocissimi, per cui vi prego di essere veramente telegrafici.

  GIOVANNI PAGLIA. Intervengo molto velocemente. Fatto salvo il ragionamento in base al quale, con un derivato non speculativo, finiremmo a somma zero: avevi deciso di pagare cento e cento paghi, una parte in derivati e una parte in interessi. Ora, se questo fosse vero, però emerge che, in questo momento, non stiamo automaticamente utilizzando il vantaggio che ci viene dai tassi bassi per accantonare una parte a copertura di quei 42 miliardi di euro che, tendenzialmente, dovremmo pagare perché abbiamo fatto una scommessa sbagliata sui tassi bassi. Quella è la parte negativa, che dovrebbe essere in qualche modo coperta dalla parte positiva, che è il risparmio sui tassi rispetto alle attese, che però, nel frattempo, stiamo spendendo.

  DANIELE PESCO. L'intervento è sull'esempio fatto poc'anzi. Il conflitto d'interessi si potrebbe leggere al contrario: le banche potrebbero dire che, se non si comprano da loro i derivati, loro non comprano più i titoli di Stato. Secondo me, il conflitto d'interessi può esserci in quel caso.
  Come possiamo escludere che i contratti già stipulati, che ci permettono di avere un tasso fisso sul debito che abbiamo emesso, non presentino altre clausole, in base alle quali magari al di sopra di certi tassi le banche potrebbero non effettuare più i pagamenti che consentono allo Stato di pagare su quei titoli un tasso fisso ? Se i titoli a tasso variabile emessi dallo Stato avessero superato alcuni valori di tasso, magari gli stessi contratti permettono alle banche di non adempiere ai loro obblighi. Purtroppo, non lo sappiamo.

  PRESIDENTE. I nostri ospiti hanno qualcosa da aggiungere a queste due ultime puntualizzazioni ?

  NATALE MARIA ALFONSO D'AMICO, Magistrato delle sezioni riunite in sede di Pag. 16controllo della Corte dei conti. Il discorso sulla somma zero torna, ma a priori, non a posteriori, dopodiché c’è l'altra questione: che cosa decide di fare il Parlamento rispetto al fatto che ogni anno stiamo pagando, grazie a circostanze molto favorevoli di mercato, un tasso di interesse molto basso sul nostro debito ? Dico molto basso in rapporto alla storia dell'economia di mercato.
  È, però, una decisione che spetta al Parlamento. La scelta attuale è di metterlo nel calderone complessivo. Questa è la scelta che mi pare emerga anche dal DEF.
  Sulla questione relativa ai contratti, ripeto che non li ho visti. Non so se ci sia un cap su quei contratti. Non so risponderle.
  Quanto alla questione del conflitto d'interessi su cui lei ritorna, ho compreso l'ipotesi di cui lei ha parlato: una grande banca d'affari la quale, se non viene stipulato con lei un contratto derivato (di cui non si avrebbe bisogno), smette di collocare i titoli del nostro debito. A parte il fatto che immagino che questo avrebbe configurazioni giuridiche piuttosto importanti, non credo moltissimo a tale ipotesi, perché, come ripeto, credo che nessuno dei grandi operatori finanziari del mondo voglia interdirsi l'operatività sul terzo mercato dei titoli del mondo.
  L'Italia è un grande Paese dal punto di vista del debito. Questo ha numerosi svantaggi, ma le dà qualche piccolo vantaggio. Non è un operatore piccolo su quel mercato. Di solito si pensa alla clausola vessatoria con riferimento all'operatore debole, poco informato e piccolo: in quel mercato l'Italia non è un operatore piccolo, né poco informato.

  PRESIDENTE. Ringrazio in modo davvero particolare i nostri ospiti.
  Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal presidente Buscema (vedi allegato) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.10.

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