XVII Legislatura

VI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 7 di Mercoledì 29 aprile 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Capezzone Daniele , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE TEMATICHE RELATIVE AGLI STRUMENTI FINANZIARI DERIVATI

Audizione del professor Ugo Patroni Griffi e del dottor Nicola Benini.
Capezzone Daniele , Presidente ... 3 
Patroni Griffi Ugo , professore ... 3 
Benini Nicola , amministratore delegato di Ifa Consulting ... 6 
Patroni Griffi Ugo , professore ... 6 
Benini Nicola , amministratore delegato di Ifa Consulting ... 6 
Patroni Griffi Ugo , professore ... 6 
Benini Nicola , amministratore delegato di Ifa Consulting ... 6 
Pesco Daniele (M5S)  ... 7 
Benini Nicola , amministratore delegato di Ifa Consulting ... 7 
Patroni Griffi Ugo , professore ... 8 
Benini Nicola , amministratore delegato di Ifa Consulting ... 8 
Capezzone Daniele , Presidente ... 10 
Ruocco Carla (M5S)  ... 10 
Patroni Griffi Ugo , professore ... 10 
Benini Nicola , amministratore delegato di Ifa Consulting ... 10 
Pesco Daniele (M5S)  ... 11 
Capezzone Daniele , Presidente ... 12 
Villarosa Alessio Mattia (M5S)  ... 12 
Patroni Griffi Ugo , professore ... 12 
Villarosa Alessio Mattia (M5S)  ... 12 
Patroni Griffi Ugo , professore ... 12 
Benini Nicola , amministratore delegato di Ifa Consulting ... 13 
Pelillo Michele (PD)  ... 14 
Capezzone Daniele , Presidente ... 14 

ALLEGATO: Documentazione depositata dal professor Ugo Patroni Griffi e dal dottor Nicola Benini ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DANIELE CAPEZZONE

  La seduta comincia alle 13.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del professor Ugo Patroni Griffi e del dottor Nicola Benini.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle tematiche relative agli strumenti finanziari derivati, l'audizione del professor Ugo Patroni Griffi e del dottor Nicola Benini.
  Abbiamo 40-45 minuti in tutto, perché poi riprenderanno i lavori dell'Aula. Chiediamo quindi ai nostri ospiti di esporre la loro relazione per poi eventualmente rendersi disponibili a rispondere brevemente alle domande dei membri della Commissione.
  Do la parola al professor Patroni Griffi.

  UGO PATRONI GRIFFI, professore ordinario di diritto commerciale presso l'Università Aldo Moro di Bari. Grazie a tutti. Abbiamo preparato un documento a quattro mani, ritenendo che il tema che ci occupa sia il tipico tema di intersezione, il cui approfondimento non può prescindere dall'integrazione di professionalità diverse, quali la professionalità del dottor Benini, esperto del campo dell'analisi finanziaria, e la professionalità di chi, invece, osserva il fenomeno dal punto di vista giuridico.
  Depositiamo, quindi, una relazione alla quale è allegata ulteriore documentazione, nonché istogrammi e grafici. Abbiamo sintetizzato tale documentazione, come anche la relazione, in alcune slide che cercheremo di illustrarvi brevemente, considerando anche quali sono i vostri impegni di oggi.
  Credo che una premessa sia veramente fondamentale. Abbiamo predisposto questi documenti su una serie di presupposizioni. L'elemento di fondo, cioè il testo contrattuale dei derivati sottoscritti dal Tesoro italiano, infatti, ci è assolutamente ignoto. Pertanto, abbiamo predisposto un documento non dico «alla cieca», tuttavia basato sulla nostra pluriennale esperienza avente ad oggetto i contratti sui derivati – soprattutto quelli sottoscritti dalle pubbliche amministrazioni – oltre che sugli elementi emersi durante le audizioni che ci hanno preceduto e resi noti mediante la documentazione messa a disposizione del pubblico, nonché sulle informazioni trapelate e diffuse fra gli addetti ai lavori.
  Riteniamo di essere arrivati a conclusioni non molto lontane da quelle che potevano essere raggiunte attraverso l'esame della documentazione originale. Si tratta di contratti i quali, sebbene atipici, sono standardizzati, perché sono contratti comuni dei mercati finanziari. Vi è, in particolare, un procedimento di standardizzazione, sotto forma di autoproduzione, attraverso i contratti quadro dell'ISDA. Non ci attendiamo, quindi, che la tipologia contrattuale, se non per un caso che esamineremo in seguito, sia molto lontana dai modelli contrattuali che ben conosciamo e su cui abbiamo basato le nostre presupposizioni.Pag. 4
  Evitiamo di ritornare sulle qualificazioni giuridiche dei contratti su derivati e degli strumenti finanziari su derivati, le quali sono state oggetto delle altre audizioni svoltesi, prima della nostra, presso la Commissione. Sotto il profilo della teleologia, ossia della funzione di questi strumenti, ci permettiamo solamente di aggiungere, rispetto a quanto già detto da chi ci ha preceduto, che, oltre alle tradizionali funzioni di copertura, ossia di hedging, e di trading, ossia speculative, i derivati svolgono di fatto, nella loro applicazione pratica, altre tre possibili concorrenti e, a volte, frequenti funzioni.
  La prima è quella di ristrutturazione del debito, ossia la possibilità di utilizzare tali strumenti per ottenere un finanziamento implicito. È quella che risulta la più utilizzata da parte delle pubbliche amministrazioni, attraverso la postergazione del debito. Tale funzione, che si collega all'opacità insita in questi strumenti e al loro sistema di rilevazione contabile, permette, in sostanza, l'occultamento del debito e il suo trasferimento a esercizi successivi.
  Questo aspetto costituisce, almeno negli enti locali, una forte spinta in senso opportunistico. Le amministrazioni, infatti, hanno inteso fare cassa, risolvendo il problema contingente e «traghettando» alle amministrazioni future l'indebitamento e, quindi, il pagamento del debito, attraverso un rinvio dello stesso nel tempo. Questa è una delle questioni rilevate anche nell'ambito delle vicende che hanno riguardato alcune regioni.
  Fortunatamente, da un punto di vista tecnico, dal 2011 in poi la rilevazione contabile di questi strumenti finanziari su derivati da parte delle imprese private, delle pubbliche amministrazioni e anche dello Stato non diverge moltissimo, in quanto il sistema di contabilità pubblica si è gradualmente, per così dire, «privatizzato», prendendo atto del fatto che una rappresentazione che si basa solamente sul profilo della cassa non è veritiera. Una rappresentazione che dia rilievo solamente alle componenti finanziarie di conto, infatti, non è una rappresentazione veritiera se non si ha anche una rappresentazione della realtà economico-finanziaria.
  Il decreto legislativo n. 118 del 2011 ha elencato numerosi princìpi contabili di matrice metagiuridica. Anche nella contabilità privata i princìpi contabili non sono stabiliti dal legislatore, bensì dalla scienza della Ragioneria secondo quella che si chiama intersezione fra autoproduzione e norma, con riferimento alle regole della Ragioneria applicate e, quindi, in divenire. Quali sono questi princìpi ? Noi ne abbiamo selezionati alcuni, che sono molto importanti.
  Uno è il principio di veridicità, o di verità, che è un principio di derivazione anglosassone presente nelle direttive sui bilanci. Il true and fair value non è una verità reale, ma una verità contabile, in base alla quale, sulla base delle informazioni disponibili in un determinato momento, si fornisce la rappresentazione più attinente e idonea a fornire la rappresentazione contabile di un fenomeno della realtà fisica.
  Un altro principio è l'attendibilità, la quale è collegata alla veridicità.
  Non abbiamo evidenziato, ma si tratta di un nostro errore, il principio di correttezza, sul quale gli economisti, gli aziendalisti e i docenti che, come me, insegnano diritto della contabilità e del bilancio, hanno compiuto delle importanti riflessioni negli ultimi tempi.
  In generale, questo principio era ritenuto prima ancillare e sussidiario rispetto a quello di verità o di prudenza. Si tratta, invece, di un principio che va valorizzato, perché il bilancio è destinato a essere letto e a dare una rappresentazione, sia pur sintetica, di una realtà economica a soggetti terzi rispetto a quelli che l'hanno formato. Deve trattarsi, quindi, di informazioni le quali, non solo devono essere elencate nel rispetto dei princìpi dettati dalla legge, ma che vanno rese nel rispetto del principio della correttezza soggettiva, come espressa nel nostro ordinamento all'articolo 1175 del codice civile: ciascuno deve fornire le informazioni in modo da Pag. 5permettere al fruitore di tali informazioni di compiere scelte razionali e significative.
  Ciò vale se fornisco un'informazione ai soci di una piccola società, i quali devono decidere se mandar via gli amministratori della società stessa, o devono deliberare di approvare il bilancio o operazioni sul capitale. Ciò vale, peraltro, credo anche maggiormente, nelle pubbliche amministrazioni e negli enti locali, nel cui bilancio vengono fornite informazioni che dovranno essere recepite dai decisori politici – i quali non hanno redatto il bilancio – al fine di compiere scelte strategiche le quali contengono opzioni politiche. Come si può esercitare il diritto a compiere valutazioni politiche discrezionali se non si possiedono le informazioni necessarie per effettuare tale tipo di scelte ?
  È dunque un errore della nostra slide che questo principio non sia abbastanza sottolineato.
  C’è poi il principio di prudenza, che significa valorizzazione e esposizione in bilancio delle componenti negative, anche se non realizzate, mentre quelle positive non devono essere tenute in conto, se non realizzate.
  C’è inoltre l'integrità, che coincide con il principio di separatezza, tipico del bilancio privatistico. Seguono la verificabilità, la prevalenza, e via elencando.
  Nella nostra esperienza della rappresentazione contabile degli strumenti finanziari su derivati nei bilanci delle pubbliche amministrazioni, soprattutto delle amministrazioni territoriali più grandi, quali le regioni, ci siamo purtroppo resi conto di non avere un sistema informativo – il diritto contabile è il diritto dell'informazione – adeguato. Ne consegue che la rilevanza, ossia il peso finanziario ed economico di questi strumenti, in realtà, era misrappresentato, ossia non rappresentato pienamente.
  Oggi, finalmente, la più recente normativa obbliga a fornire quattro informazioni fondamentali. Con riferimento all'entità e alla natura degli strumenti, la prima informazione è infatti la descrizione degli stessi. Non si può valutare uno strumento se non si sa di che cosa si sta parlando. Poiché, seppur «atipici», questi strumenti sono in realtà tipici, in quanto tipici del mercato finanziario. La descrizione, anche sintetica, dello strumento di cui si parla, permette a chi legge il bilancio di capire quali sono i profili di rischio connessi allo strumento stesso.
  C’è inoltre il fair value, ossia il valore attuale dello strumento. È chiaro che gli strumenti e i contratti su derivati sono contratti di durata, che si proiettano nel tempo e il cui risultato economico potrà essere apprezzato al momento della loro chiusura. Fra il tempo zero, il momento genetico, e la chiusura dello strumento, però, vi è un valore che è come una TAC del valore sintetico attuale.
  Questo valore non è ipotetico, bensì reale e concreto, perché viene realizzato con metodologie condivise dalla prassi finanziaria. Non accade che ognuno sviluppi da sé questo valore: le banche si scambiano i derivati, ma non fanno ogni volta un arbitraggio per comprendere quale sia il valore dello strumento che viene scambiato.
  Nei bilanci delle banche il valore degli strumenti è univoco, anche quando vengono scambiati da banca a banca, perché il modello è un modello circolante, è un mark-to-model, quello che noi comunemente chiamiamo, con una locuzione ormai entrata nella lingua italiana, mark-to-market. Il mark-to-market non è altro che l'applicazione di un mark-to-model di rappresentazione contabile in un determinato periodo del valore sintetico.
  È un valore virtuale ? No, esso è reale e ha anche una componente di informazione, utile alla programmazione e all'assunzione delle decisioni. Non è vero infatti che il valore finale può sempre discostarsi dal valore di mark-to-market. Dipende dalla duration, ossia dalla durata dello strumento, e dalla distribuzione delle probabilità. Ora lo vediamo nelle slide più tecniche.
  Se la data di chiusura dello strumento è prossima, la probabilità che il valore di mark-to-market sia il valore reale di chiusura dello strumento a uno o due anni di scadenza è altissima, quasi sicura. Tenete Pag. 6presente che, in alcuni casi, ciò si verifica anche quando la chiusura dello strumento è rinviata nel tempo, perché la metodologia con cui vengono assestati questi valori è quella tipica degli scenari di probabilità. Non è la profezia di Nostradamus. È la verità del global data, ossia l'estrazione di una previsione sulla base di dati concreti, che sono analiticamente ed economicamente verificabili.
  Il fatto è che questi dati, analizzati correttamente, permettono di prevedere quale sarà lo svolgimento e il verificarsi di un determinato evento nel tempo.

  NICOLA BENINI, amministratore delegato di Ifa Consulting. Vorrei rilevare come proprio le nuove norme contabili forniscano evidenza economica dei fatti. Come si è detto prima, il mark-to-market è un concetto concreto, è un concetto (quantità) economica e da questo non possiamo assolutamente prescindere.

  UGO PATRONI GRIFFI, professore ordinario di diritto commerciale presso l'Università Aldo Moro di Bari. Questo valore, peraltro, condiziona la capacità di indebitamento dell'ente che lo esprime. Nel momento in cui viene attestato, sia da un privato cittadino, sia da una pubblica amministrazione, sia da parte dello Stato, il merito creditizio dell'ente è rappresentato in parte anche dal valore di mark-to-market degli strumenti finanziari in portafoglio.
  Se il valore fosse effettivamente virtuale, non si comprenderebbe neanche la ragione per cui il legislatore si dovrebbe preoccupare di determinare regole prudenziali per quanto riguarda gli stanziamenti in portafoglio, sia in relazione all'appostazione di fondi rischio specifici connessi all'eventualità che quell'evento si materializzi, sia, anche nei casi positivi – in cui il mark-to-market risulti positivo o ci siano delle componenti positive – per il fatto che quelle componenti positive non potranno essere disinvestite e utilizzate per funzioni diverse dalla riduzione dell'indebitamento, a iniziare da quello specifico dello strumento che le ha generate e a cui si riferiscono. Qualora questo avvenga, l'eventuale residuo potrà essere dedicato all'abbattimento dell'indebitamento di altri strumenti analoghi e similari e, infine, dell'indebitamento generale dell'ente.

  NICOLA BENINI, amministratore delegato di Ifa Consulting. Questa è l'ulteriore dimostrazione che il rischio viene quantificato. Il rischio c’è, è concreto e, di conseguenza, esistono dei vincoli.

  UGO PATRONI GRIFFI, professore ordinario di diritto commerciale presso l'Università Aldo Moro di Bari. Nell'ambito della regolamentazione contabile ci sono alcune consapevolezze. Se noi avessimo saputo prima che l’upfront – che è stato la delizia, prima di diventare la croce, delle pubbliche amministrazioni locali, perché permetteva di fare cassa – non aveva natura di componente straordinaria positiva di reddito, bensì di componente di debito, ci saremmo regolati diversamente. Fortunatamente, questa è una considerazione assolutamente comune e oggi recepita anche dal legislatore.
  Le altre questioni le ho già anticipate nella slide che vi ho illustrato in precedenza.

  NICOLA BENINI, amministratore delegato di Ifa Consulting. Passo ora alla questione della quantificazione: quanto sono costati i derivati ? Proprio in questi giorni abbiamo letto veramente di tutto su questo tema. Noi vi abbiamo messo a disposizione una tabella esplicativa, composta da tre istogrammi che dovrebbero permettervi di avere un quadro effettivo di quanto è accaduto.
  Abbiamo cercato di ricostruire, in termini molto sintetici, i flussi che la Repubblica italiana ha pagato negli ultimi quattro anni in relazione ai contratti in derivati.
  Tutti voi conoscete i dati dell'Ufficio parlamentare di bilancio, che sono rappresentati dal primo istogramma a sinistra. Questo dato è stato calcolato per differenza ed è, quindi, corretto, tuttavia è Pag. 7insufficiente, probabilmente perché attribuito a soli contratti di Interest Rate Swap e di Forward Rate Agreement. Si tratta, quindi, di una rappresentazione parziale.
  Accanto (centrale), invece, potete osservare l'istogramma relativo al dato effettivo fornito da Eurostat – rielaborato da ISTAT – in cui vedete, ad esempio, che nel 2011 i flussi negativi ammontavano a 2,233 miliardi di euro. Questo dato si riferisce alla cassa reale, perché dettato dal fabbisogno.
  Quello più importante è il terzo istogramma a destra, perché è frutto, purtroppo, di quell'asimmetria, di cui si diceva prima, tra aspetti economici e aspetti finanziari. Il terzo istogramma vi mostra questo raccordo fondamentale, inserendo la competenza economica e temporale. Quanto alla determinazione dei costi, in questi giorni ho letto veramente di tutto. C’è confusione tra pagamenti e costi: il pagamento è una cosa, il costo un'altra. Il derivato può originare una manifestazione finanziaria oggi o rinviata a domani, ma il costo corrispondente non lo percepisco appunto perché finanziariamente rinviato.
  L'istogramma vi dice quanto sono costati effettivamente i derivati. Nel 2011 il costo è stato di 2, 414 miliardi di euro. Sommando tutti i dati, notate che il dato finale di costo è di 16,951 miliardi di euro.
  È vero che Repubblica italiana ha pagato flussi per 12,6 miliardi – io ho letto sulla stampa 12,4, ma non è corretto; si tratta di 12,696 miliardi – ma è altrettanto vero che questa rappresentazione di 12,6 miliardi è insufficiente, perché parziale. Una srl qualunque, la quale debba fare una rappresentazione di competenza economica, affermerebbe che il dato corretto è 16,951 miliardi, poiché quello è il costo finale.
  La domanda potrebbe essere: qual è la differenza e da che cosa è originata ? Vi abbiamo allegato la nota metodologica dell'ISTAT, a pagina 4 della documentazione che vi abbiamo consegnato, in cui viene spiegato che cosa sono questi adjustment, ossia queste poste di aggiustamento economico.
  Si tratta di poste molto importanti. La nota metodologica parla in particolare di «riacquisto di Swap Option, cancellazione di contratti derivati, ristrutturazione di derivati». Si tratta proprio di quelle poste che non sempre generano una manifestazione finanziaria e che non possono essere ignorate.
  Prima infatti abbiamo parlato di principio di prudenza e di accantonamenti. Lo Stato italiano dovrebbe predisporre il bilancio come fa, ad esempio, un comune come Gaggio Montano, il quale nella Nota Integrativa inserisce gli appostamenti a fondi rischi e indica il fair value autonomamente stimato con l'utilizzo di scenari di probabilità, che rappresentano una modalità riconosciuta per la determinazione del pricing.
  Andiamo avanti. Anche in relazione al mark-to-market abbiamo sentito e letto diverse cose. Io tengo a ricordare che i dati pubblicati dalla Banca d'Italia sono parziali, per quanto riguarda gli enti locali, perché non tengono conto del fatto che non c’è la rilevazione dei dati relativi ai contratti con le controparti estere. Ahimè, però, queste incidono per oltre il 60 per cento del valore effettivo. Si tratta quindi di un dato sottostimato.

  DANIELE PESCO. Questo è importante. Vale anche per quanto riguarda lo Stato ?

  NICOLA BENINI, amministratore delegato di Ifa Consulting. Per quanto riguarda lo Stato, il dato è quello comunicato (rilevato nei bollettini statistici di Bankitalia) e non lo vado a sindacare. Sicuramente, per quanto riguarda gli enti locali, si tratta invece di un dato sottostimato, perché non comprende il valore relativo alle controparti estere.
  Passiamo ora a esaminare i singoli punti delle diverse ipotesi possibili. Ribadisco quello che ha detto il professore: parliamo di ipotesi critiche e mi baso su ciò che è emerso anche dalle audizioni svolte negli anni precedenti, alle quali anch'io ho partecipato nel 2009. Si tratta, quindi, di un tema che viene affrontato Pag. 8ormai da moltissimi anni; segno che esso pone, evidentemente, una complessità di fondo.
  Cominciamo dalla questione della gestione della duration. La gestione della duration è stata compiuta, da quanto emerge dai dati a nostra disposizione, utilizzando derivati di ristrutturazione sintetica. Quello che è interessante notare, però, è che la gestione della duration mediante contratti in derivati, è stata effettuata in un periodo storico – parliamo degli anni dal 2002-2003, fino al 2007 – in cui non c'erano particolari tensioni sul mercato dei bond governativi. A tale riguardo, abbiamo allegato alla documentazione depositata anche alcune tabelle esplicative da cui si desume che gli spread erano assolutamente contenuti, nell'ambito dei 30-40 basis point.

  UGO PATRONI GRIFFI, professore ordinario di diritto commerciale presso l'Università Aldo Moro di Bari. Spread non era all'epoca neanche una parola di uso comune. C'era la convinzione generalizzata, più nell'uomo comune che negli analisti finanziari e nelle banche, che il debito pubblico fosse un debito non sottoposto ad alcun tipo di rischio e che, quindi, il rischio di default non si applicasse al debito pubblico.

  NICOLA BENINI, amministratore delegato di Ifa Consulting. C’è un altro aspetto molto importante. Sembrerebbe emergere che la gestione sia stata effettuata in base a modelli previsionali. Ciò significa che veniva effettuata in base all'esperienza di quanto era avvenuto in passato.
  Tuttavia, le best practice operative di un gestore e di un asset manager sono diverse, essendo basate sulla gestione del rischio mediante l'utilizzo degli scenari probabilistici e della scomposizione probabilistica del prezzo, che è un modo diverso di approcciare il problema.
  Per inciso, noi abbiamo svolto una serie di ricerche. Se osservate la tabella relativa alla curva Euribor spot confrontata con la curva forward proprio in quel periodo storico, potrete notare un altro dato molto interessante. Le curve forward, le quali in quel periodo venivano utilizzate come indicatori della possibile futura evoluzione del mercato, erano leggermente ascendenti. In quel periodo storico non c'era, quindi, l'attesa di forte rialzo dei tassi di interesse.
  Un'altra questione che si evidenzia, e che è rappresentata nella slide sulla composizione del portafoglio derivati della Repubblica italiana, riguarda la compresenza degli IRS di duration e degli IRS di copertura.
  Su tale questione vorrei premettere innanzitutto che gli IRS di duration non trovano un riferimento nella letteratura finanziaria e che, quindi, si presume si tratti dei contratti di Interest Rate Swap fixed payer, in cui è lo Stato a pagare a tasso fisso. Gli IRS di duration non sono una quantità marginale, posto che incidono in larga parte sul portafoglio della Repubblica italiana. Come vi dicevo prima, tuttavia, non sono strumenti di copertura, bensì strumenti che permettono di prendere una posizione sul mercato.
  Un altro dato che ci ha incuriosito riguarda gli Interest Rate di copertura, definiti come tali: una questione molto strana è che il mark-to-market è positivo per 643 milioni di euro. Francamente, da operatore di mercato che ha lavorato anche nei fondi speculativi, sono meravigliato da questa situazione. L'IRS di copertura oggi dovrebbe essere necessariamente in perdita. Siamo con i tassi sotto zero. Anche questo necessita di un approfondimento.
  Peraltro, l'IRS di copertura dovrebbe essere stato fatto su quale sottostante ? Sui CCT in euro, ossia su titoli a tasso variabile. Se andate a vedere la percentuale, notate che è addirittura in leggera leva sulla quantità di titoli di Stato a tasso variabile in portafoglio all'epoca. Per differenza, quindi, mi verrebbe da pensare che gli IRS di duration siano stati fatti, invece, sulla componente a tasso fisso.
  Un altro aspetto interessante riguarda il fatto che, nel portafoglio dei derivati del Tesoro, rinveniamo soltanto Interest Rate Swap. Io faccio il risk manager per aziende Pag. 9e lo strumento principe che utilizzo nella mia attività professionale, come tutti i miei colleghi, sono le opzioni di copertura, ossia il cap. Non è un caso che la legge finanziaria per il 2014 preveda, da allora in avanti, che i comuni possano fare il finanziamento, ma con la copertura dello strumento principe, ossia l’Interest Rate Cap. Il cap è infatti la vera assicurazione.
  È importantissimo chiarire un aspetto: quando si usa un IRS e quando un cap ? Provo a fare una diagnosi. Ipotizziamo di trovare un'azienda che ha questo problema e di chiedere alla stessa di fornirmi la seguente informazione: un qualunque rialzo dei tassi d'interesse pregiudica il margine di contribuzione operativo industriale ? In quel caso infatti sarò obbligato a usare l'IRS. Il caso classico è quello dell'impresa che lavora nell'ambito dei petroli, dove si gioca in margini ridottissimi. In questi casi sono costretto a utilizzare l’Interest Rate Swap.
  Nella stragrande maggioranza dei casi alternativi, cioè quando un'azienda ha determinato la cosiddetta «soglia di tolleranza», cioè il tasso che determina un pregiudizio sul bilancio operativo, decido di comprare un cap. Comprare il cap è semplicissimo contabilmente, perché è un costo che viene ammortizzato nel tempo in base ai princìpi contabili, assolutamente trasparente e facile da prezzare.
  Una questione che ha meravigliato tecnici della materia è quindi la seguente: perché nel portafoglio della Repubblica italiana non ci sono cap e ci sono tutti e solo IRS ? Se avessimo dovuto coprire i flussi sui CCT, avremmo semplicemente utilizzato dei cap. Non abbiamo nemmeno interest rate collar, che sono stati largamente utilizzati dalle amministrazioni pubbliche.
  Perché gli enti pubblici hanno usato i collar ? Voi sapete che il collar è una combinazione tecnica tra l'acquisto di un cap e la vendita di un floor. In realtà, perché gli enti pubblici li utilizzavano, anche se sarebbe stato molto meglio fare i cap ? Oggi non avremmo avuto tutti questi problemi perché la vendita del floor serviva finanziariamente per l'acquisto del cap. In termini di cassa quindi questo non comportava un esborso, ma in termini economici la mancata contabilizzazione e la mancata armonizzazione che vi dicevo prima non facevano emergere il costo.
  Passiamo ora ad analizzare la vendita di Swap Option (da parte del Tesoro). Si tratta di un tema che ci sta a cuore, perché coinvolge le modalità di gestione del rischio da parte degli operatori tecnici.
  In proposito (e come vedete in dettaglio in relazione e nelle slides), abbiamo simulato un IRS acquistato in un dato momento per un valore nozionale di 100 milioni, che allo Stato sarebbe costato, supponiamo, il 5,12 per cento. Abbiamo ipotizzato una situazione molto semplice, utile come esempio per meglio comprendere la questione.
  Che cosa succede ? Si verifica una successiva diminuzione dei tassi, e pertanto questo 5,12 per cento diventa un costo troppo elevato (per il Tesoro). Che cosa si può fare in questi casi ? La risposta classica è: proviamo a ristrutturare il contratto.
  Sorge tuttavia un primo problema. Quando ristrutturiamo un contratto derivato, possiamo modificare il tempo e i flussi. Col derivato si può fare quel che si vuole. L'unica cosa che non si può fare è cambiare il costo. Il costo c’è. Il derivato si può rinegoziare, ristrutturare, ma ci sono due modifiche (a carico del nuovo contratto): un costo aggiuntivo e, soprattutto, il che è l'aspetto più importante, una modifica nel profilo di rischio.
  Vi abbiamo mostrato graficamente come si realizza questa modifica. Questa è una valutazione per scenari probabilistici di un contratto IRS prima della modifica che si sarebbe dovuta attuare ai fini della ristrutturazione. Come potete notare, c’è una distribuzione di tipo sostanzialmente simmetrico, in cui la parte (area) delle perdite (attese), in rosso, è maggiore della parte (area) dei profitti (attesi).
  Attenzione, però: nel risk profile che trovate a destra del grafico potete osservare la scomposizione probabilistica del prezzo. Potete preventivamente conoscere cioè che, in quel momento, ad esempio, Pag. 10avete il 32 per cento di probabilità di avere un utile medio per 16 milioni di euro, ma anche un 68 per cento di probabilità di avere una perdita media per 30 milioni di euro.
  È questo il dato di partenza, la fotografia del contratto. Procediamo ora con la ristrutturazione. Scomponiamola in due strumenti finanziari: abbiamo il nuovo IRS, che paga, ovviamente, un tasso più basso, ragion per cui tutti sono soddisfatti, perché i flussi finanziari escono in maniera più contenuta, ma cambia anche il profilo di rischio, perché in finanza nulla si crea e nulla si distrugge. C’è, quindi, un problema.
  Andiamo al terzo grafico, che è il più rappresentativo di tutti. Questa è la sovrapposizione dei due scenari di probabilità relativi al contratto ante-ristrutturazione e al contratto post-ristrutturazione. Emerge immediatamente la c.d. «coda sinistra» della distribuzione. Voi potete osservare che, operando questa ristrutturazione, il rischio è aumentato ed è rappresentato nella diversa coda sinistra.
  Questa informazione è fondamentale. È vero che, con questa ristrutturazione, si è iniziato a pagare meno fin da subito, tuttavia mi sono assunto importanti rischi per il futuro, nonché dei costi. Questa simulazione, peraltro, è stata fatta nella maniera più semplice possibile, senza contemplare i costi impliciti, che sapete tutti esistere in ogni rinegoziazione contrattuale. Se noi avessimo inserito una simulazione con 5, 10 o 15 «basis point» – parliamo di costi di mercato – la quota alla sinistra del grafico si sarebbe, chiaramente, molto allungata, anche in funzione del tempo.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio per la vostra relazione e, in modo particolare, per questa «fotografia» finale.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  CARLA RUOCCO. Ringrazio per l'esposizione. Pongo tre domande flash.
  Innanzitutto vorrei sapere se l'approccio probabilistico per la quantificazione dei rischi finanziari trova consenso nel mondo scientifico.
  In secondo luogo, ho letto sui quotidiani che sui derivati si è potuta allungare la duration di 88 giorni. Che cosa significa questo ?
  Inoltre, c’è molta confusione tra somme pagate, costi e oneri finanziari. Spesso le cifre sono discordanti. Qual è il fattore critico di queste discrepanze ?

  UGO PATRONI GRIFFI, professore ordinario di diritto commerciale presso l'Università Aldo Moro di Bari. Relativamente alla prima domanda, c’è consenso da tempo in ambito accademico sul metodo probabilistico il cui l'utilizzo è la prassi. Come pensate infatti che le banche calcolino il mark-to-market o assumano delle decisioni economicamente significative ? Utilizzando questa metodologia, la quale è l'unica che permetta di assumere rischi consapevoli in finanza.
  Il problema non è quindi l'applicazione, bensì l'obbligo di esporre il dato sintetico dello scenario probabilistico e la rilevazione contabile ai soggetti i quali non dispongono di analisti finanziari, né di software, e che non hanno banche dati idonee a fornire una data informazione.
  La finanza è il luogo in cui le asimmetrie informative determinano le alee. L'alea del contratto è determinata dall'asimmetria informativa: una parte assume un'alea maggiore di quella che si aspetterebbe perché non ha tutte le informazioni, né la capacità, alle volte, di metabolizzarle.
  Anche l'eccesso di informazione, e anzi proprio tale eccesso, il quale è tipico del metodo concorrente di rilevazione, ossia il what if, a volte permette, consente, determina l'occultamento e l'opacità dell'effettiva alea che un contraente assume.

  NICOLA BENINI, amministratore delegato di Ifa Consulting. Quanto alla domanda sull'allungamento della duration di 88 giorni, più che comprendere quale ne sia stato l'effetto, (capite che 88 giorni sono un incremento molto contenuto) sarebbe interessante capire quanto ci è costato Pag. 11tale allungamento. Solo se fosse costato poco o pochissimo, andrebbe bene.
  Se avessimo i contratti, potremmo fare una total disclosure su tutto questo. Sapremmo tutto: costi, valutazioni, rischi. Oggi manca un cockpit fondamentale, secondo me. Noi non abbiamo queste informazioni.
  Per prassi, ci vorrebbe quello che hanno le banche: il cockpit dell'analisi dei rischi. Devo conoscere il rischio di perdita massima attesa. Si tratta chiaramente di un'informazione legittima. Come contribuente, voglio sapere: qual è la perdita massima attesa sul portafoglio derivati dello Stato e con quale attendibilità statistica, visto che le banche lo calcolano, ad esempio, al 95o percentile ? Si tratta di un'informazione fondamentale.
  Rispondendo alla domanda, secondo me non è tanto importante aver spostato la duration di pochi giorni. Vorrei piuttosto sapere quanto è costata questa operazione, perché, se mi è costata tanto, forse non era il caso di usare gli IRS. Si sarebbero potuti usare strumenti diversi, visto che nel risk management e per prassi si usa lo strumento di cui vi ho parlato in precedenza, cioè il cap.
  Perché lo fanno i comuni e non può farlo anche il Tesoro italiano ? Sulla parte a debito di rischio usiamo il cap. Perché no ?
  Passo ora alla domanda sui bilanci. Come vi ho già detto, i grossi problemi verificatisi nell'ambito della finanza degli enti territoriali sono dovuti, come vi spiegava il professor Patroni Griffi, alla mancata rappresentazione a bilancio usando i princìpi contabili utilizzati dalle banche con le controparti.
  Se lo Stato o l'ente pubblico usassero la stessa informativa di cui dispone la banca, la situazione cambierebbe. La banca calcola il mark-to-market non una volta l'anno, ma ogni secondo, perché la banca sa benissimo che quel mark-to-market è un valore attuale, concreto ed economico. Lo sa in ogni momento. Se noi oggi perdiamo 42,6 miliardi di euro è perché quel valore è un valore medio atteso. È un valore concretissimo.
  La domanda che io mi pongo è: se oggi perdiamo 42,6 miliardi, quanto perderemo fra tre mesi ? Possiamo perdere 30, ma possiamo anche perdere 50. Dipende dalla distribuzione e noi non la conosciamo. Credo che il cittadino dovrebbe poter conoscere tale distribuzione. A me piacerebbe conoscerla, francamente.

  DANIELE PESCO. Da quanto affermato dalla dottoressa Cannata nel corso delle audizioni risulta che i derivati sottoscritti dal 2007 in poi non siano veri derivati, ma rinegoziazioni di derivati già stipulati. Secondo voi, ciò è stato fatto per assumere nuovi rischi e, quindi, per scommettere ancora di più, oppure per ridurre i rischi ? Vorrei conoscere la vostra opinione.
  Sui derivati stipulati tra il 2000 e il 2007, invece, ci è stato detto che sono stati fatti sempre a fini di copertura. Se andiamo a esaminare il nostro debito pubblico, tuttavia, notiamo che il valore dei derivati corrisponde circa al 10 per cento del nostro debito pubblico e, all'interno del debito pubblico, solo una piccola parte è riferita a titoli a interessi variabili. Ci chiediamo quindi se, anche in questo caso, questa sia stata una scommessa o se servisse veramente per tutelarsi dall'aumento dei tassi.
  Aggiungo una domanda sull'evidenza delle spese per derivati all'interno del bilancio. Anche il Ministro Casero ci ha confermato, pochi giorni fa, che la spesa per derivati è ricompresa all'interno della spesa per il debito pubblico. Secondo voi, questo è sufficiente per farci capire quanto stiamo spendendo per i derivati e, soprattutto, i bollettini emessi da Bankitalia, secondo voi, sono completi nelle loro informazioni anche per quanto riguarda i flussi ?
  Infine, ci sono già state delle sentenze che hanno dichiarato la nullità di contratti in derivati per il fatto che non erano sufficientemente chiari e non mettevano la controparte nella condizione di comprendere il contratto. Secondo voi, questa strada potrebbe essere percorribile anche per quanto guarda i contratti in derivati dello Stato ?

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  PRESIDENTE. Data l'esiguità del tempo a nostra disposizione oggi, vorrei far presente che sono fra i promotori di questa indagine, e sarei quindi ben felice di convocare nuovamente i nostri ospiti per proseguire la loro audizione. Oggi utilizziamo al meglio il tempo a nostra disposizione e poi, dopo aver esaminato la documentazione che ci hanno consegnato, potremo ascoltare nuovamente i nostri ospiti.

  ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Ho due domande.
  Come è stato detto poco fa, per i comuni dal 2003 vige una normativa che limita i danni che gli stessi comuni potrebbero determinare utilizzando i contratti in derivati esclusivamente per finalità di finanziamento. La maggior parte dei contratti, a quanto ho potuto vedere, era stata stipulata con un fair value negativo, stipulando contratti altamente rischiosi per ottenere una liquidità immediata ed eludere le normali forme di finanziamento.
  Nella maggior parte dei contratti, come detto prima, non vi è praticamente alcun utilizzo del cap. Quello che vorrei chiedere è perché, secondo voi, nel 2003 l'applicazione della stessa normativa non è stata estesa anche alle operazioni compiute dalle amministrazioni centrali e se voi l'applichereste.

  UGO PATRONI GRIFFI, professore ordinario di diritto commerciale presso l'Università Aldo Moro di Bari. Parto dagli aspetti giuridici e lascio le considerazioni finanziarie al dottor Benini.
  Quanto alla possibilità che i contratti possano essere dichiarati invalidi, secondo me si tratta di un'eventualità assolutamente remota. Prima di tutto noi non conosciamo i testi dei contratti. Dobbiamo distinguere fra tipologie contrattuali e modelli contrattuali e dobbiamo conoscere il diritto applicabile ai contratti e quale sia la giurisdizione competente a decidere eventuali controversie.
  È evidente che, qualora la giurisdizione fosse diversa da quella italiana e la legge applicabile, come spesso accade, fosse quella di un altro Paese, le possibilità, già in astratto, sarebbero molto ridotte, perché negli ordinamenti di common law vige il principio che rispetta il brocardo latino pacta sunt servanda, in base al quale l'inesperienza non dà luogo a un vizio del contratto e, quindi, l'asimmetria informativa non è da sola causa di risoluzione del contratto.
  Peraltro, anche ove i contratti fossero disciplinati dal diritto italiano e la giurisdizione competente fosse propria dei nostri tribunali, andrebbe considerata la seguente questione: quali costi politici avrebbe la dimostrazione che il nostro Stato, rappresentato ai più alti vertici dei suoi dicasteri, non ha la capacità e la competenza per poter negoziare con le banche su questi strumenti ? Forse si potrebbe vincere una causa, ma il costo sarebbe la perdita totale della credibilità del nostro Paese.

  ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Mi ero dimenticato una domanda brevissima.
  Sul piano giuridico e normativo, gli aspetti relativi alla rotazione degli incarichi dirigenziali della pubblica amministrazione e ai conflitti di interesse sono stati definiti, prima grazie alla legge Severino e poi attraverso i nuovi Piani anticorruzione di Cantone.
  Vorrei chiedere, invece, dal punto di vista operativo, voi che siete operatori del settore, come considerate la posizione di un dirigente di un'amministrazione pubblica centrale che abbia contemporaneamente un ruolo di amministratore di una banca pubblica, ossia Cassa depositi e prestiti, e che operi contemporaneamente con due stessi clienti, in termini di consulenze finanziarie in un settore e nell'ambito della contrattazione dei contratti in derivati nell'altro ? Vorrei sapere se non ritenete che, in un caso come questo, vi sia la possibilità di un palese conflitto di interessi.

  UGO PATRONI GRIFFI, professore ordinario di diritto commerciale presso l'Università Aldo Moro di Bari. A questa domanda Pag. 13preferirei non rispondere, perché noi siamo intervenuti nell'ambito di questa indagine conoscitiva in qualità di tecnici, mentre lei mi chiede una valutazione di tipo discrezionale. La gestione del conflitto e la prevenzione del conflitto sono modalità di organizzazione corretta ed efficiente di una qualunque attività, sia essa economica o politica, da parte di un soggetto consapevole. Ovviamente, non sta a noi – la sua domanda contiene già la risposta – sindacare fino a che punto il conflitto potenziale sia efficiente nella gestione di una determinata attività.

  NICOLA BENINI, amministratore delegato di Ifa Consulting. Vorrei provare a rispondere alla domanda dell'onorevole Ruocco, perché la ritengo molto importante. Riguarda la questione del fondo rischi e della gestione dei rischi nella contabilità. Si tratta di un aspetto veramente importante.
  Come abbiamo già detto, i princìpi contabili sono inderogabili. Il principio di prudenza è, quindi, un principio da cui non possiamo prescindere. Tuttavia, ci sono anche il principio di significatività e quello di integrità, i quali impongono che si debba avere una perfetta conoscenza del rischio, perché solo con la perfetta conoscenza del rischio e della sua distribuzione si può stabilire il relativo accantonamento.
  Quello che ho letto ultimamente sui giornali è che lo Stato non ha appostato un fondo rischi specifico. Se ciò fosse vero, ne sarei quantomeno perplesso. Un'altra possibilità è che esso ci sia ma che sia commisto all'interno del servizio del debito. Se così fosse peraltro non risulterebbero rispettati i princìpi contabili di integrità, di verificabilità e, forse, nemmeno di significatività, perché l'amministratore pubblico come fa a prendere decisioni consapevoli, se nei 90 miliardi di euro di interessi ci sono dentro forse 3,5 miliardi di euro di derivati ?
  Ciò che riguarda i derivati deve essere appostato anche extracontabilmente e bisogna stabilire le regole di come debba essere calcolato, così come fanno le banche. Non dobbiamo inventarci nulla. Questo serve per capire che cosa devo pagare oggi e che cosa pagherò sulle clausole di early termination. Noi abbiamo in piedi ancora, mi pare, 13 clausole, ma, in base alle informazioni disponibili, ad oggi non sappiamo che distribuzione hanno queste clausole e qual è il fair value atteso. Sappiamo solo che vi sono valori altissimi. Una disclosure, ripeto, ci permetterebbe di fare una ricostruzione di tutto quello che è successo. Potremmo, quindi, effettivamente capire se ci sono state delle criticità.
  Le domande erano tante. È stata posta anche la questione della copertura del 10 per cento. Un risk manager non fa una copertura sul 10 per cento del portafoglio. Cerco di spiegarmi: se c’è un rischio in un'azienda, questa potrebbe decidere di lasciare il rischio aperto oppure di chiuderlo dal 50 fino, magari, al 100 per cento. Se si tratta di una vera gestione del rischio, si deve fare una percentuale di copertura che sia significativa.
  In altre parole, se il Tesoro ha coperto il 10 per cento sul portafoglio, la domanda che mi pongo io è a che cosa serve questo, dato che quel 10 per cento non risolve il problema e, alla fine, diventa un costo. Avrei dovuto coprire tutto, ma allora avrei dovuto emettere CCT dall'inizio alla fine. Avrei fatto un IRS e avrei coperto il 100 per cento del portafoglio.
  Va considerato che noi abbiamo un portafoglio fatto di BTP. La struttura del nostro portafoglio è già una struttura che permette, mediante la rimodulazione sul mercato primario, di «hedgearlo» (coprirlo). Quello che voglio dirvi è che non servono i derivati. Non è un caso che alcuni Paesi europei non ne stipulino.
  Vi invito a leggere i dati pubblicati da Bloomberg, i quali parlano chiaramente. I numeri parlano infatti più di qualsiasi cosa e ci dicono che l'Italia ha il costo peggiore di tutti quelli dei Paesi dell'Unione europea messi insieme. Questo è un dato che ritengo abbastanza significativo. Ci sono Paesi che guadagnano un po’ e altri che hanno un risultato zero.
  Questi ultimi mi hanno incuriosito e sapete che idea mi sono fatto io, in qualità di tecnico ? Che probabilmente quei Paesi Pag. 14hanno lasciato perdere perché hanno deciso di non aver bisogno di fare derivati.
  Se proprio voglio fare derivati, si pone una questione: sono sicuro di andare «in guerra» con strumenti adeguati, di possedere cioè le capacità tecniche per affrontare l'Ufficio analisi quantitative della Merrill Lynch o della Goldman ? Sappiamo come è strutturata una banca di questo genere, dove abbiamo un corner, un desk, i quantitativi, l'ingegnere finanziario, nonché il risker che fa il mark-to-market in ogni momento.
  Se si va alla guerra, si va armati, altrimenti se ne fa a meno, soprattutto se si opera sul 10 per cento del portafoglio. Sono questi gli aspetti che faccio fatica a capire.

  MICHELE PELILLO. Vorrei ringraziare i nostri illustri relatori da parte del Partito Democratico.
  Penso che ognuno di noi abbia compreso quanto siano stati preziosi i loro contributi oggi. Probabilmente, presidente, sarà opportuno, come è accaduto altre volte, richiedere la loro disponibilità a intervenire in audizione nuovamente; abbiamo la possibilità di leggere con attenzione la documentazione che ci è stata consegnata e penso che potrebbe essere opportuno riflettere su un'altra occasione di incontro con loro.

  PRESIDENTE. Sono assolutamente d'accordo e ringrazio i nostri ospiti sia per quanto ci hanno detto, sia per la documentazione che ci hanno consegnato. Credo che alcune questioni che ci hanno illustrato e alcune di quelle che hanno affrontato per iscritto rappresentino strumenti utili per affrontare le audizioni con i soggetti istituzionali, al fine di porre loro alcune ulteriori domande.
  Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal professor Ugo Patroni Griffi e dal dottor Nicola Benini (vedi allegato) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.50.

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