XVII Legislatura

VI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 9 di Martedì 14 giugno 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bernardo Maurizio , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE TEMATICHE RELATIVE AI RAPPORTI TRA OPERATORI FINANZIARI E CREDITIZI E CLIENTELA

Audizione del professor Alberto Lupoi.
Bernardo Maurizio , Presidente ... 3 ,
Lupoi Alberto , Docente di diritto bancario e diritto del mercato finanziario della facoltà di economia dell'Università degli studi di Padova ... 3 ,
Bernardo Maurizio , Presidente ... 7 ,
Pesco Daniele (M5S)  ... 8 ,
Savino Sandra (FI-PdL)  ... 8 ,
Villarosa Alessio Mattia (M5S)  ... 8 ,
Bernardo Maurizio , Presidente ... 9 ,
Lupoi Alberto , Docente di diritto bancario e diritto del mercato finanziario della facoltà di economia dell'Università degli studi di Padova ... 9 ,
Villarosa Alessio Mattia (M5S)  ... 10 ,
Lupoi Alberto , Docente di diritto bancario e diritto del mercato finanziario della facoltà di economia dell'Università degli studi di Padova ... 10 ,
Bernardo Maurizio , Presidente ... 11 

ALLEGATO: Documentazione depositata dal professor Lupoi ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri;
Misto-Movimento PPA-Moderati: Misto-M.PPA-Mod.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MAURIZIO BERNARDO

  La seduta comincia alle 11.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del professor Alberto Lupoi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle tematiche relative ai rapporti tra operatori finanziari e creditizi e clientela, l'audizione del professor Alberto Lupoi.
  Poiché il professor Lupoi ricopre ruoli rilevanti e ha una prospettiva ampia, che va anche al di là dei confini della nostra indagine conoscitiva, la sua audizione mi sembra un'occasione importante da cogliere. Do quindi subito la parola al professor Lupoi, ringraziandolo per la presenza.

  ALBERTO LUPOI, Docente di diritto bancario e diritto del mercato finanziario della facoltà di economia dell'Università degli studi di Padova. Grazie, presidente, un ringraziamento ai Deputati e alla Commissione che mi ospita nell'ambito di questa importante indagine conoscitiva.
  Io sono un giurista e mi occupo di diritto dei mercati finanziari, quindi vorrei darvi oggi un punto di vista fondamentalmente giuridico e illustrarvi almeno tre aspetti che reputo essere andati in crisi in questi anni, in materia di regolamentazione del sistema bancario. Mi riferisco, in particolare, al rapporto fra intermediari finanziari e clienti nella circolazione dei prodotti finanziari, aspetto che costituisce un tema anche piuttosto caldo e sempre oggetto di indagine.
  Ho intitolato quindi la relazione scritta che vi consegno «Un sistema da rivedere». La riflessione è la seguente: oggi abbiamo una bipartizione, dal punto di vista delle regole giuridiche, tra il Testo unico bancario e il Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, nati a poca distanza di tempo l'uno dall'altro. Il primo regola le operazioni e i servizi bancari, oltre che l'attività bancaria – cioè i conti correnti, i mutui, la trasparenza con il consumatore – mentre il Testo unico finanziario regola i servizi di investimento, cioè, sostanzialmente, la vendita di prodotti finanziari e quelli che chiamiamo gli investimenti del consumatore.
  Questi due testi unici, così nettamente separati, sono stati adottati a poca distanza l'uno dall'altro, entrambi su input della normativa comunitaria. Questa distinzione, che formalmente ancora esiste, nella realtà è stata superata dalla commercializzazione dei prodotti, perché oggi i prodotti che vengono venduti ai consumatori non sono più soltanto prodotti bancari o prodotti finanziari – i primi regolati dal Testo unico bancario e i secondi dal Testo unico finanziario – bensì prodotti che potremmo chiamare «complessi». Esiste cioè un grande prodotto unico, il quale ha al suo interno prodotti bancari e prodotti finanziari.
  Il mercato quindi, dal punto di vista della commercializzazione dei prodotti, ha superato questa distinzione legislativa, creando non pochi problemi, perché si Pag. 4sono mischiate due legislazioni che sono nate separatamente.
  Un esempio di prodotti complessi: pensate a quando viene erogato un mutuo, ma la somma non è destinata all'acquisto di un bene immobile, ma viene investita tramite la banca. In questo caso è chiaro che abbiamo due tipologie di prodotti diversi: il primo è il classico mutuo bancario, il secondo invece è un servizio di investimento, cioè la gestione patrimoniale, ma i due fanno parte di un unico prodotto che viene venduto. Esistono però regole di trasparenza diverse per i prodotti bancari e per i prodotti finanziari.
  Questo è quindi il primo aspetto che ha messo un po’ in crisi questa bipartizione sistematica della legislazione. Vorrei sottoporvi un secondo elemento: gli aspetti finanziari, che sono tipici dei prodotti di investimento, oggi sono stati travasati anche nei prodotti bancari. Pensate a mutui dove il tasso di remunerazione è particolarmente complesso: non ci sono più soltanto tassi fissi e tassi variabili, ma anche tassi indicizzati, opzioni, cap and floor, opzioni per il cliente di cambiare le modalità di pagamento del tasso d'interesse. Anche il tipico prodotto bancario – quello che era il più semplice – si è quindi, per così dire, «finanziarizzato», diventando più complesso.
  Questa Commissione ha espresso il suo parere sull'attuazione della Direttiva 2014/17/UE, recentemente recepita in Italia, che introduce il nuovo servizio di consulenza al credito, il quale si pone come servizio speculare rispetto a quello di consulenza finanziaria. La consulenza al credito serve per spiegare i prodotti bancari che non si comprendono più; anche i prodotti un tempo percepiti come semplici, quali il mutuo, essendo diventati complessi come i prodotti finanziari, oggi debbono essere spiegati.
  Ciò fa comprendere come i due «mondi», un tempo mantenuti distinti dal sistema, siano invece diventati un mondo unico. La legislazione però è ancora divisa, quindi potrei suggerire al legislatore di ripensare questa divisione, oggi anacronistica, perché il mercato, inteso come la vendita dei prodotti, l'ha superata di fatto.
  È vero che si andrà probabilmente verso un Testo unico bancario europeo e che in questo settore l'Europa ci dà delle direttive, però sono vere anche altre due cose. La prima è che lo Stato italiano ha alcuni margini nell'attuazione delle direttive e questi margini vanno utilizzati, perché i sistemi giuridici dei diversi Paesi sono irrimediabilmente diversi. L'Europa ne è consapevole; le direttive infatti, a volte, sono volutamente generiche, perché ogni ordinamento giuridico ha le sue peculiarità e i suoi sistemi di protezione.
  Il secondo aspetto riguarda il fatto che nessuno ci vieta di riordinare la normativa interna, già approvata. Peraltro la direttiva MiFID 2, che sta per essere adottata, è un'occasione da non perdere da questo punto di vista.
  Vorrei inoltre segnalarvi i profili relativi all'interesse del cliente. Nel settore finanziario (ma, in futuro, sarà così anche nel settore bancario) i clienti non sono tutti uguali: ve ne sono alcuni definiti «clienti professionali» e clienti definiti «clienti al dettaglio». I primi hanno bisogno di meno protezione, mentre i secondi necessitano di maggiore protezione.
  Il punto delicato è proprio il meccanismo di qualificazione della clientela, che è centrale perché, a seconda di come i clienti vengono qualificati, riceveranno maggiore o minore protezione. Questo meccanismo è andato in crisi già due volte negli ultimi dieci anni e attualmente la Corte di Cassazione pronuncia le proprie sentenze su norme non più attuali, cioè le norme che erano in vigore prima del 2007, nella fase antecedente il recepimento della direttiva MiFID 1.
  Si tratta di una giurisprudenza sulle vicende relative al collocamento delle obbligazioni argentine, dei Bond Cirio e dei Bond Parmalat, al tempo era in vigore una normativa che stabiliva che un soggetto poteva dichiararsi operatore qualificato – con ciò dichiarando di possedere determinate conoscenze in materia di mercati finanziari – e, di conseguenza, il livello di protezione a suo favore diminuiva. Pag. 5
  Il vulnus era proprio in questa dichiarazione, la quale era firmata unilateralmente dal cliente: si trattava di una dichiarazione molto semplice, composta di poche righe, ma con effetti drammatici sulla sua protezione.
  La giurisprudenza su questo tipo di normativa, per quanto di mia conoscenza, ha individuato un comportamento spesso troppo disinvolto dell'intermediario nell'utilizzare tale modello di dichiarazione. Questo è un elemento di conflitto nel rapporto tra clienti e operatori del settore finanziario che ci portiamo dietro.
  Perché l'intermediario dovrebbe avere un interesse a gestire in maniera scorretta la profilatura del cliente? Innanzitutto perché nei confronti di un cliente che viene qualificato quale soggetto esperto ha un livello di responsabilità minore, in quanto è previsto un minore grado di protezione a favore di questa tipologia di cliente; in secondo luogo, perché a un cliente esperto possono essere venduti prodotti più complessi e sofisticati.
  Quando è andato in crisi questo meccanismo, è arrivata la direttiva MiFID, nel 2007. Tale normativa ha tuttavia cambiato questo meccanismo, ma in modo poco incisivo (infatti adesso ci troviamo di nuovo in una fase di crisi), perché ha reso più complessa questa dichiarazione del cliente e ha cambiato le denominazioni (da «operatore qualificato» si è passati a «cliente professionale»), stabilendo che tutti gli altri clienti siano qualificati come clienti al dettaglio. Inoltre, ha stabilito alcune categorie di clienti professionali di diritto.
  Siamo però di nuovo in un momento di crisi per quanto concerne questo modello; su di esso non si è ancora espressa la Corte di Cassazione, perché la normativa è del 2007, il contenzioso è stato avviato nel 2008, siamo nel 2016 e tali pronunce della Cassazione saranno emesse quando sarà ormai vigente la direttiva MiFID 2. Ancora una volta esse riguarderanno quindi una normativa che sarà stata superata.
  Il meccanismo della direttiva MiFID 1 è andato in crisi per lo stesso motivo che prima ho illustrato: un conflitto di interessi fra l'intermediario e il cliente. Vorrei soffermarmi su questo punto. C'è un principio generale, che molti di voi conosceranno, contenuto nell'articolo 21 del TUF, in cui si afferma che l'intermediario deve «comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza» ma, attenzione a queste parole: «per servire al meglio l'interesse del cliente».
  «Servire al meglio» è una locuzione che non si trova spesso nel Codice, o nelle leggi, ma viene utilizzata in questo articolo del Testo unico finanziario. Su di essa vorrei svolgere una breve riflessione di tipo giuridico: questo principio del Testo unico finanziario implica, dal punto di vista giuridico, che non esistono due interessi legittimamente in contrasto in questo campo, come avviene invece, ad esempio, in una compravendita fra privati.
  Il contratto di compravendita, per definizione, compone due interessi contrapposti, cioè la vendita al prezzo più alto e l'acquisto al prezzo più basso. Nei servizi finanziari, questo meccanismo tipico di molta contrattualistica del diritto privato tende a risultare ridotto, perché l'intermediario, quando presta il servizio di investimento, non ha un interesse contrattuale contrapposto all'interesse contrattuale del cliente. L'intermediario non vende, infatti, un prodotto ma presta un servizio, quindi nell'ambito di questa attività dell'intermediario è presente un solo interesse, cioè l'interesse del cliente, mentre l'intermediario presta il servizio di investimento.
  È questo un elemento niente affatto secondario. Anche la Consob lo afferma da anni: non si tratta di vendere prodotti, bensì di prestare un servizio. Non è un'affermazione di poco conto; anzi, questa norma potrebbe essere sufficiente a regolare il rapporto fra intermediario e cliente. Ciò nonostante, questo principio ha trovato diverse difficoltà a essere correttamente applicato.
  Le parole contenute nell'articolo 21 del TUF sono importanti perché, oltre al concetto di «servire al meglio l'interesse del cliente», vi sono altre tre parole (cioè «diligenza», «correttezza» e «trasparenza»). Viene quindi utilizzato un termine che va definito dal punto di vista giuridico. Le Pag. 6nozioni di diligenza e trasparenza infatti sono note, ma il termine «correttezza», in diritto, è un concetto più sfuggente. Non si tratta infatti della buona fede, o della perizia o diligenza, è qualcosa di più.
  In questo ambito specifico, a mio modo di vedere, la correttezza va individuata nella capacità dell'intermediario di applicare la legge per perseguirne le finalità, un comportamento cioè proattivo dell'intermediario, e non invece passivo, nell'applicazione della legge.
  Faccio, al riguardo, un solo esempio: il cliente, nel momento in cui si accinge a effettuare un investimento, deve apporre molte firme, le quali però non hanno tutte la stessa importanza. Può essere richiesta, infatti, una firma per quanto riguarda la tutela della privacy, o una firma sulla dichiarazione relativa al fatto di essere un cliente professionale, la quale ha ben altro peso. Non esiste tuttavia una norma che imponga all'intermediario di indicare la diversa importanza e le conseguenze connesse a queste firme; sarebbe però corretto attirare l'attenzione del cliente su questi aspetti, rilevando il fatto che le firme che appone non hanno tutte lo stesso peso nel rapporto contrattuale.
  Il terzo e ultimo aspetto che vorrei qui segnalare è un aspetto di rilevanza costituzionale. L'articolo 47 della Costituzione prevede, al primo comma, che «la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme e disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito». Inoltre, al secondo comma, afferma che la Repubblica favorisce l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione e «al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese».
  È chiaro che questa norma deve essere, ad oggi, spiegata, in quanto tende a essere anacronistica per due motivi: perché i soldi che investiamo in Borsa non vanno ai complessi produttivi del Paese, posto che, nell'attuale mercato globale, si investe nei Fondi di investimento, i quali, a loro volta, investono in tutto il mondo, ma soprattutto l'idea di risparmio della Costituzione ad oggi è scomparsa.
  Il risparmio che avevano in mente i Costituenti era fondamentalmente connesso al lavoro e tutela del risparmio significava tutela del potere d'acquisto del cittadino. Inoltre, allora, i risparmiatori coincidevano con i depositanti in banca; ci si trovava infatti nel periodo della bancarizzazione dell'Italia.
  Cosa è accaduto però successivamente? L'Italia ha aderito all'Unione europea, ai trattati, alla libera circolazione dei capitali, ma soprattutto si è stravolta l'idea di mercato e, soprattutto, di mercato finanziario. La legislazione, inizialmente pensata come una legislazione pubblicistica (questa è l'impostazione alla base della legge bancaria del 1936-1938), si è spostata in ambito privatistico, incentrandosi sul risparmiatore e non più, quindi, sul risparmio, proprio perché è quello il soggetto che scambia prodotti finanziari.
  Dal risparmiatore si è passati all'investitore, poi dall'investitore al consumatore di prodotti finanziari, e dal consumatore si passerà a una legislazione focalizzata sui prodotti finanziari.
  Questo iter ha uno sfondo importante a cui vorrei dedicare qualche riflessione. Occorre dare un significato giuridico alla nozione di mercato globale. Il mercato italiano, ai tempi della Costituzione, era un mercato chiuso; esso si è aperto a seguito della costituzione dell'Unione europea, ma con la globalizzazione è avvenuto un fenomeno diverso: il mercato, infatti, non si è aperto maggiormente, ma è cambiata completamente la sua visione territoriale. «Aprirsi», con riferimento al mercato, significa avere un territorio, che viene difeso, e una porta d'accesso ad esso, ma il sistema finanziario globale è un sistema fondamentalmente telematico, il cui territorio è privo di confini.
  Attualmente i prodotti che circolano sono quelli finanziari, i quali hanno superato la circolazione dei capitali. Essi circolano liberamente per due ordini di motivi. Il primo è che il prodotto finanziario è giuridicamente apolide; esso non ha infatti un ordinamento giuridico originario di appartenenza. Pensiamo a un future, a una option o a uno swap: non esiste uno swapPag. 7dello Stato di New York o uno swap spagnolo, esiste lo swap, ed esso è uguale in tutti i mercati.
  Certo può esistere uno swap emesso da una banca di investimento che ha il suo standing, ma la banca di investimento idea questo tipo di prodotti con varie filiali sparse nel mondo. Non viene creato quindi uno swap con un'origine territoriale specifica, bensì uno swap.
  Inoltre, non avendo un ordinamento giuridico di appartenenza, questi prodotti non hanno problemi a circolare, perché non recano con sé strutture giuridiche originarie, bensì princìpi economici e finanziari che tutto il mondo comprende e conosce. Come potremmo esportare il contratto agrario di soccida? Sarebbe difficilissimo da spiegare! Invece nel caso di un'opzione, non c'è nemmeno bisogno di esportarla, perché essa nasce al di fuori di vincoli territoriali. Questa facilità ha dato origine alla circolazione dei prodotti finanziari.
  Vorrei affrontare un'ulteriore questione: il prodotto finanziario, al di là del suo nome, è l'epifania di un rischio, perché ogni prodotto finanziario reca con sé un rischio. Questo rischio viene impropriamente legato al singolo prodotto, ma esso riflette invece il rischio del mercato globale. Il consumatore quindi consuma rischi finanziari. Questi prodotti sono complessi, perché il mercato di oggi è complesso, quindi i prodotti riflettono rischi complessi.
  Come fa allora un consumatore a comprendere un investimento, cioè un prodotto finanziario? Il sistema non si basa sul fatto che l'investitore medio comprenda fino in fondo il prodotto, perché, se questo fosse il presupposto del sistema, pochissimi potrebbero investire. Il sistema si basa sul fatto che qualcuno, cioè l'intermediario, sceglie per l'investitore il prodotto a lui più adatto.
  Si tratta di un principio consolidato del diritto civile, cioè quello dell'affidamento. Il sistema si basa appunto sul fatto che circolano legittimamente prodotti non del tutto comprensibili agli investitori, perché c'è un soggetto che ha maggiori conoscenze in materia e che decide nel loro interesse. Gli investitori si devono fidare di questo soggetto. Questo principio dell'affidamento, che è un principio antico in diritto, deve essere tutelato, perché è alla base della circolazione dei prodotti.
  Il 4 dicembre 2015, l'ESMA e l'EBA hanno pubblicato un Discussion Paper on automation in financial advice, cioè uno studio finalizzato a far sì che sia un algoritmo a consigliare al cliente il prodotto più adeguato alle sue necessità, senza l'intervento umano. In un'ipotesi del genere, non si tratterebbe più di affidamento, perché l'affidamento è possibile fra uomini. Non so quali saranno gli sviluppi di questo studio, ma non escludo che esso possa effettivamente andare avanti.
  Al riguardo, mi vengono in mente le parole che il filosofo Hans Jonas ha scritto sul principio di responsabilità. Jonas ha scritto «il Prometeo irresistibilmente scatenato al quale la scienza conferisce forze senza precedenti e l'economia imprime un impulso incessante». Stiamo veramente andando verso lo scambio disumano, cioè lo scambio senza la valutazione del soggetto nel quale viene riposto l'affidamento? Siccome il sistema è in crisi e i prodotti devono continuare a circolare, tolgo dal sistema stesso l'essere umano, ma non quello che compra, quello che vende, e inserisco la macchina, che non può spingermi a fare cose che non voglio, perché è priva di questa volontà. Decide infatti in base a un algoritmo.
  Purtroppo questo è il punto a cui è arrivato il sistema. Per quanto mi riguarda, non credo in quello che posso chiamare, scherzando con voi, lo «scambio disumano», cioè l'algoritmo che sceglie per noi, perché il diritto è ancora una cosa fra uomini. Grazie per l'attenzione.

  PRESIDENTE. La ringrazio, professor Lupoi, per la sua relazione, che ha affrontato argomenti particolarmente delicati e complessi.
  Lascio quindi la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

Pag. 8

  DANIELE PESCO. Innanzitutto ringrazio il professore per gli scenari che ci ha prospettato. Poiché ci ha illustrato il suo punto di vista sul fatto che il mondo della finanza e del risparmio stanno andando nella stessa direzione, vorrei chiederle se non sia il caso di mantenere separato il risparmio dalla finanza, nel senso di permettere ai cittadini di risparmiare senza mettere a rischio i risparmi di una vita, o magari i risparmi di un'intera famiglia.
  Questo è un principio basilare, tutelato dall'articolo 47 della Costituzione, ma purtroppo sembra che, nei fatti, si stia verificando il contrario.
  Sulle direttive MiFID, sappiamo bene come siano state «camuffate», non solo nell'ambito della gestione delle quattro banche per le quali è stata avviata la procedura di risoluzione. Ma sappiamo che il fenomeno è piuttosto esteso. Lei sa se qualcuno sia già stato condannato per aver applicato in maniera ingannevole le disposizioni contenute nelle predette direttive? Ci sarebbe molto utile saperlo per capire come comportarci in proposito.
  Dobbiamo renderci conto del fatto che i dipendenti bancari, se non vendono prodotti capaci di portare guadagni alla banca da cui dipendono, rischiano, se non il proprio posto di lavoro, quantomeno di essere spostati, o di entrare in un loop in cui sono mal visti nel loro ambiente di lavoro. Come si devono comportare quindi i cittadini per evitare un investimento sbagliato ed evitare di diventare vittima del sistema bancario? Esistono strade percorribili? Si riesce a scardinare questo sistema, che vede gli istituti bancari approfittarsi dei risparmi delle persone attraverso la rete dei propri dipendenti?
  Inoltre, lei ha mai avuto notizie di risparmiatori che, indotti dal sistema bancario, abbiano dismesso prodotti finanziari per acquistarne altri meno redditizi, a propria insaputa? Mi ricollego al tema dell'informazione in materia finanziaria: penso che nessun risparmiatore o investitore abbia mai indagato sul fatto che eventuali prodotti dismessi abbiano reso più di quelli nuovi, acquistati fidandosi di coloro che li avevano consigliati. Purtroppo sappiamo che il sistema bancario e finanziario riesce a sopravvivere grazie alle commissioni. Le chiedo quindi quale possa essere la strada per scongiurare il verificarsi di questi casi.

  SANDRA SAVINO. Professore, lei ha posto l'attenzione sul fatto che l'intermediario presta un servizio, quindi non obbliga il cliente ad acquistare i prodotti finanziari, ma semplicemente fornisce una consulenza a richiesta del cliente stesso. Poi ha tuttavia evidenziato come l'intermediario scelga il prodotto finanziario adatto all'investitore, condizionandone quindi in modo unilaterale la decisione di acquisto.
  A proposito della distinzione, da lei richiamata, tra clienti professionali e clienti al dettaglio, il consulente chiede al cliente in quale fattispecie ricada, ma questo è grave! Perché non c'è un Albo di clienti professionali? Rispetto a una popolazione che, di media, non è molto «evoluta» nella conoscenza di questi prodotti complessi, questo è un vulnus piuttosto grave. Sarei portata a pensare che l'algoritmo che sceglie per noi è forse meglio rispetto ai danni che sono stati fatti e ai cittadini che si trovano in situazioni molto problematiche nel loro rapporto con le banche!
  A noi interessa la tutela del cliente, quindi forse sarebbe opportuno stabilire in modo più preciso le diverse fattispecie di clienti. Al riguardo, vorrei capire se l'affermazione secondo cui l'intermediario presta solo il servizio scarica l'intermediario dalle proprie responsabilità, oppure se egli è comunque responsabile. Ritengo infatti che anche gli operatori professionali vadano tutelati, al pari di quelli al dettaglio, perché se questi ultimi rischiano di perdere i soldi della pensione o della liquidazione, i clienti professionali subiscono danni che hanno, a loro volta, ricadute spaventose sull'occupazione delle aziende.

  ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Eviterò di fare premesse. Lei ci ha parlato dell'evoluzione del sistema bancario: dal fenomeno della «bancarizzazione» – quindi da una situazione in cui si considerava importante tutelare i depositi e utilizzarli per sviluppare le migliori imprese del Paese – Pag. 9all'attuale sistema che pone al centro il prodotto finanziario, che è diventato il reale attore del mercato, sia bancario sia finanziario.
  Al riguardo, vorrei sapere che cosa pensa delle proposte, avanzate sia in Europa sia negli Stati Uniti, volte a dividere le banche commerciali da quelle d'affari.
  Ultimamente abbiamo affrontato con il Presidente Bernardo il tema dell'esigenza di promuovere l'educazione finanziaria dei cittadini, però vorrei evitare che si pensasse che un ipotetico cliente, solo per aver fatto un corso, è diventato un conoscitore esperto della materia. Con riferimento alla domanda della deputata Sandra Savino, che cosa pensa dell'ipotesi di istituire un Albo che preveda che l'acquisto di determinati prodotti sia possibile previo superamento di specifici esami?
  Il cliente infatti potrebbe arrivare a un certo livello di investimenti, a fronte del quale l'intermediario sarebbe tenuto a comunicargli che deve fare un corso; il cliente quindi sarà portato a riflettere sul tipo di prodotto finanziario che sta acquistando, e che richiede la frequenza di un corso.
  Vorrei sapere qual sarebbe il suo giudizio su una proposta di questo tipo.

  PRESIDENTE. Vorrei fare anch'io una domanda: possiamo immaginare un intervento normativo, per stabilire l'obbligo, nell'ambito del sistema italiano, che alcuni prodotti possano essere venduti tenendo conto di aspetti quali la scolarizzazione, o almeno l'età anagrafica del cliente, forse anche in via complementare alla valutazione della sua formazione e del suo background? Si può cioè pensare di stabilire dei limiti sui prodotti offerti sul mercato, anche considerando questi elementi?
  Lascio la parola al professor Lupoi per la replica.

  ALBERTO LUPOI, Docente di diritto bancario e diritto del mercato finanziario della facoltà di economia dell'Università degli studi di Padova. Mi avete fatto otto o nove domande, tutte molto interessanti. Cercherò di essere sintetico.
  Accennavo anche ieri, nel corso del Seminario sulla proposta di legge in tema di educazione finanziaria, che l'impianto dell'ordinamento giuridico attuale non tutela il consumatore conoscitore dei prodotti, mentre tutela chi non conosce i prodotti. Infatti, se vado in banca e dico di conoscere i prodotti finanziari, posso essere qualificato, in base alla mia esperienza e ai corsi che ho seguito, come un cliente professionale. So che questo è, in un certo senso, un paradosso, però il sistema è così strutturato. Non vorrei, quindi, che la corsa all'educazione finanziaria creasse un disincentivo in questo senso, perché oggi il sistema tutela chi è meno esperto della materia.
  Per questo le dico, deputato Villarosa, che, se si decidesse di istituire l'Albo di esperti e un cliente iscritto nel predetto Albo andasse nella filiale di una banca, l'operatore, avendo controllato che è un esperto ... Sono quindi favorevole all'informazione e all'educazione, ma facendo attenzione che ciò non comporti per i cittadini il rischio di essere meno tutelati. Capisco che può essere paradossale, ma il sistema va riallineato in questo senso.
  Sarebbe utile diffondere una conoscenza che fornisca gli strumenti per difendersi meglio: educare significa non solo far conoscere i prodotti, ma anche i propri diritti, come, ad esempio: il fatto che va richiesto il prospetto informativo, che la banca ha l'obbligo di fornire tale prospetto e che, se viene proposto un prodotto, deve essere previsto che spettano al cliente sette giorni per l'eventuale recesso, altrimenti il contratto è nullo. Queste informazioni devono essere diffuse. Si tratta di informazioni di carattere giuridico che permettono ai clienti di conoscere i propri diritti e, ad esempio, sapere che non può essere imposto al cliente di firmare in fretta il contratto.
  Passando alle altre questioni che mi avete posto, non esistono investimenti senza rischi, poiché tutti siamo spinti a investire per guadagnare e il guadagno è legato al rischio. Se tornassimo all'idea del risparmio, verrebbe remunerato solo il deposito. Qualcuno ha provato a farlo con i conti depositi, ma, al di là della buona o malafede, quando le banche remunerano Pag. 10qualcosa è perché il mondo che sta dietro alle banche consente loro di farlo, ma non il mondo politico, bensì il mondo finanziario. Il tasso per il semplice deposito, poiché la banca è un'impresa che distribuisce utili, deve avere un senso finanziario per la banca stessa.
  Alcuni prodotti sono molto complessi perché, specularmente, le banche si sono indebitate in maniera finanziariamente complessa e, per fare hedging sul rischio, puntano sulla complessità del prodotto. Non possiamo gestire troppo questi aspetti, altrimenti il sistema tenderebbe a bloccarsi; esiste cioè un rapporto speculare fra l'operatività del mondo finanziario, che noi percepiamo come lontana, e il prodotto che viene venduto sotto casa.
  La stessa cosa purtroppo avviene con riferimento ai mutui. L'efficienza finanziaria, che comporta un mercato complesso e prodotti complessi, potrebbe anche essere un vantaggio per il risparmiatore. Il problema è che è difficile scegliere fra sei, o più, tipi di mutuo con tassi variabili e con opzioni cap and floor. Se avessi conoscenze adeguate, potrebbe essere un grande vantaggio, ma, ad oggi, ho necessità di essere aiutato a capire e a scegliere.
  Perché sono così complessi i mutui, perché è stata adottata la Direttiva 2014/17/UE? Perché i crediti immobiliari, che sono l'altra faccia del mutuo nel bilancio della banca, oggi devono poter circolare. Perché il consumatore sia un buon produttore di credito per la banca, la banca deve far circolare i mutui. La direttiva citata ha creato un mercato comunitario dei crediti, ma per far circolare questi crediti chi li compra deve essere sicuro che essi siano esigibili, perché, se in Italia una procedura esecutiva dura, di media, sette anni, il valore di quei crediti sul mercato si riduce.
  Questo in teoria potrebbe anche tradursi in un vantaggio per il consumatore, perché i costi finanziari dovrebbero essere più bassi. Occorrerebbe vigilare che, essendo più facile per la banca liquidare la garanzia, ci sia una conseguenza economica positiva nell'erogazione credito. Si deve creare questo equilibrio, altrimenti la normativa è sbilanciata.
  Sulla questione relativa al cliente professionale, che cosa si è cercato di fare con la direttiva MiFID 2? La banca non può accontentarsi della dichiarazione del cliente, ma deve fare un'indagine, seppur minima. L'intermediario è responsabile se si accontenta del pezzo di carta e non indaga.
  Tutte le volte che il cliente è già cliente di quella determinata banca, non ci sarà necessità di indagare molto; invece il problema si pone quando il cliente cambia banca e va in una nuova. Comunque ogni banca sa esattamente se un suo cliente è professionale, su questo non c'è dubbio; anche la Corte di Cassazione ha infatti stabilito che, acquisita la dichiarazione, la banca debba porre in essere quell'attività di ordinaria diligenza per verificare che quanto vi è scritto corrisponda al vero, e, se si tratta di un cliente già proprio della banca che deve effettuare queste verifiche, si hanno tutti i mezzi per poterlo fare.
  Con riferimento, infine, al tema del divieto di vendita dei prodotti, come probabilmente saprete, la direttiva MiFID 2 intende «marchiare» i prodotti (attualmente, come ho già detto, la normativa fa riferimento ai prodotti). Avremo quindi alcuni prodotti che, fin dall'origine, saranno per così dire «bollati», al fine di evitare che vengano venduti a destinatari che non devono riceverli.

  ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Sulla mia proposta di dividere le banche commerciali da quelle d'affari è d'accordo?

  ALBERTO LUPOI, Docente di diritto bancario e diritto del mercato finanziario della facoltà di economia dell'Università degli studi di Padova. Sono d'accordo. In Inghilterra la divisione sarà attuata dal 2018, mentre negli stati Uniti, con la cosiddetta Volcker-Rule, tale decisione è stata presa già dopo la crisi che ha coinvolto le banche americane. Occorrerà verificare come questa divisione tra banche commerciali e d'affari inciderà sui bilanci delle banche stesse, ma comunque essa va a Pag. 11rimuovere un conflitto che è giusto rimuovere.
  Il problema sorge quando questi prodotti sono emessi dalla stessa banca, perché in tal caso il conflitto purtroppo non si può rimuovere, a meno che non si obblighi la banca a scegliere un collocatore terzo dei propri prodotti.

  PRESIDENTE. Grazie, professore. Visto l'interesse suscitato dall'audizione del professor Lupoi, potremmo approfondire tali argomenti prossimamente, perché si tratta di questioni centrali per la Commissione Finanze, indipendentemente dalla diversa formazione culturale di ciascuno di noi.
  Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal professor Alberto Lupoi (vedi allegato) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 12.20.

ALLEGATO

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