XVII Legislatura

V Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Giovedì 19 marzo 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Boccia Francesco , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME CONGIUNTO DELLA COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, ALLA BANCA CENTRALE EUROPEA, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO, AL COMITATO DELLE REGIONI E ALLA BANCA EUROPEA PER GLI INVESTIMENTI – UN PIANO DI INVESTIMENTI PER L'EUROPA (COM(2014) 903 FINAL) E DELLA PROPOSTA DI REGOLAMENTO DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO RELATIVO AL FONDO EUROPEO PER GLI INVESTIMENTI STRATEGICI E

Audizione del presidente della Commissione affari economici e monetari del Parlamento europeo, Roberto Gualtieri.
Boccia Francesco , Presidente ... 2 
Gualtieri Roberto , presidente della Commissione affari economici e monetari del Parlamento europeo ... 2 
Boccia Francesco , Presidente ... 8 
Galgano Adriana (SCpI)  ... 8 
Caso Vincenzo (M5S)  ... 9 
Fassina Stefano (PD)  ... 9 
Brugnerotto Marco (M5S)  ... 10 
Boccia Francesco , Presidente ... 10 
Gualtieri Roberto , presidente della Commissione affari economici e monetari del Parlamento europeo ... 10 
Boccia Francesco , Presidente ... 14 
Gualtieri Roberto , presidente della Commissione affari economici e monetari del Parlamento europeo ... 15 
Boccia Francesco , Presidente ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FRANCESCO BOCCIA

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del presidente della Commissione affari economici e monetari del Parlamento europeo, Roberto Gualtieri.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'esame congiunto della Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca europea per gli investimenti – Un piano di investimenti per l'Europa (COM(2014) 903 final) e della Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo europeo per gli investimenti strategici e che modifica i regolamenti (UE) nn. 1291/2013 e 1316/2013 (COM(2015) 10 final), corredata del relativo allegato (COM(2015) 10 finalAnnex 1), l'audizione del presidente della Commissione affari economici e monetari del Parlamento europeo, Roberto Gualtieri.
  Darei la parola, come nostra prassi, al presidente Gualtieri, che ringrazio per la disponibilità, mentre successivamente lasceremo spazio ai colleghi per le domande e al nostro ospite per una replica finale.

  ROBERTO GUALTIERI, presidente della Commissione affari economici e monetari del Parlamento europeo. Grazie, presidente. Il Piano per gli investimenti costituisce forse la più rilevante iniziativa della Commissione Juncker e si colloca nel quadro di una strategia macroeconomica che presenta alcuni segni di novità e innovazione rispetto a quella perseguita dalle Istituzioni europee negli anni precedenti.
  Insieme alla Comunicazione sulla flessibilità, tale Piano – a mio giudizio – rappresenta una novità positiva e credo, in questo caso come parlamentare italiano, che costituisca anche un legittimo motivo di soddisfazione per il nostro Paese. Il Piano straordinario per gli investimenti è da realizzare non nelle forme con cui nel 2012, come ricorderete, fu realizzato il cosiddetto Patto per la crescita e l'occupazione, che si rivelò inadeguato – si fondò, infatti, essenzialmente su un aumento di capitale della BEI che non produsse i risultati sperati ed era, peraltro, anche meno ambizioso – ma con l'istituzione di un nuovo organismo, l'EFSI in questo caso, di un nuovo strumento, non limitandosi a rafforzare la capacità della BEI.
  Come il Piano, anche la citata Comunicazione sulla flessibilità, a mio giudizio, rappresenta un'innovazione piuttosto significativa, che segna una discontinuità rispetto all'impostazione macroeconomica della Commissione europea.
  Queste sono state le due principali richieste nell'ambito economico che l'Italia ha presentato nel quadro del processo di formazione della Commissione Juncker. Devo dire che il presidente Juncker, nel Pag. 3dibattito svoltosi a Strasburgo in chiusura del Semestre di presidenza italiano, ha esplicitamente riconosciuto che la Comunicazione sulla flessibilità e il Piano di investimenti sono stati presentati su ispirazione dell'Italia.
  Ho visto che avete una nota molto ben scritta, ragion per cui eviterò di ripetere nel dettaglio le questioni che in essa sono già illustrate. Il Piano è una proposta di regolamento in codecisione su una base giuridica multipla, ma la base fondamentale è l'articolo 175, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea che consente azioni specifiche che vadano oltre l'utilizzo tradizionale dei Fondi di coesione sulla base della procedura legislativa ordinaria.
  Il Piano – questo è un aspetto di cui naturalmente siamo soddisfatti rispetto ad altre opzioni che sono, per un certo momento, circolate – si realizza attraverso una piena procedura comunitaria. Il Parlamento europeo è impegnato attraverso la cosiddetta regola 55, una procedura che vede la partecipazione congiunta della Commissione affari economici e monetari e della Commissione per i bilanci. C’è un doppio relatore: l'onorevole Bullman, del gruppo dell'Alleanza progressista di socialisti e democratici al Parlamento europeo, per la Commissione affari economici e monetari, e l'onorevole Fernandes, del gruppo del Partito popolare europeo, per la Commissione per i bilanci.
  In applicazione della regola 54 sono associate altre Commissioni. In particolare, per quanto riguarda gli articoli che prelevano le risorse, come sapete, da Horizon 2020 e dalla Connecting Europe Facility, sono associate la Commissione industria, ricerca e energia e la Commissione trasporti e turismo, oltre ad ulteriori Commissioni che sono chiamate ad esprimere delle opinioni.
  La filosofia del Piano, come sapete, è quella di utilizzare delle risorse del bilancio dell'Unione europea come garanzia di assorbimento del rischio per attrarre capitali privati e canalizzarli su investimenti definiti strategici dall'Unione medesima. Si fonda su una dotazione del bilancio dell'Unione europea di 16 miliardi, o meglio su una garanzia di 16 miliardi. Il trasferimento effettivo, sulla base di una procedura standard, anche con un notevole margine di sicurezza, in impegni e pagamenti è di 8 miliardi dal bilancio dell'Unione, più 5 miliardi della BEI, che derivano essenzialmente dai profitti della BEI.
  Questa garanzia di 21 miliardi di euro verrà utilizzata attraverso un Fondo per gli investimenti strategici, che non ha personalità giuridica. Esso è collocato all'interno della BEI, ma dispone di una sua autonoma governance, ed insieme alla BEI potrà attribuire questa garanzia a progetti di investimento, favorendo l'afflusso di capitali privati con un effetto leva che, come sapete, è stimato, in media, in un rapporto all'incirca di 1 a 15, in linea con la leva della BEI, anche se con un meccanismo diverso, di leva interna di 3 e di leva esterna di 5, dovuto proprio alla natura diversa del Piano rispetto all'attività ordinaria della BEI.
  La proposta della Commissione è composta di quattro parti. Nella prima parte la proposta di regolamento dà mandato alla Commissione europea di realizzare un accordo con la BEI. Questa è una specificità giuridica particolare, rispetto alla quale il Parlamento europeo, come dirò tra poco, propone una correzione significativa. C’è, quindi, un mandato per un accordo tra Commissione europea e BEI per istituire l'EFSI, con i termini dell'accordo. Si stabilisce, cioè, che l'accordo deve prevedere alcune condizioni. Naturalmente, i dettagli saranno definiti dall'accordo stesso, ma lungo le linee definite e i paletti stabiliti dal regolamento.
  In secondo luogo, si costituiscono questa garanzia dell'Unione europea di 16 miliardi di euro e il Fondo di garanzia di 8 miliardi e si definiscono i criteri per l'utilizzo della predetta garanzia individuando cinque aree fondamentali di intervento: infrastrutture, trasporto, energia e digitale; educazione, salute, tecnologie dell'informazione e della comunicazione; Pag. 4energia; ambiente sociale e urbano; infine, piccole e medie imprese. In questo caso il veicolo non sarà l'EFSI, ma il FEI, cioè il fondo specifico della BEI, a cui vanno 5 dei 21 miliardi di euro, dei quali 2,5 della BEI e 2,5 provenienti dalla garanzia dell'Unione europea.
  Si definisce anche la governance di questo Fondo attraverso uno steering board composto dagli stakeholder, ossia la Commissione europea e la BEI, anche se la proposta di regolamento – questa norma, però, io penso che non sopravvivrà – contempla la possibilità di allargamento del Fondo non solo agli Stati membri, con loro contributi, ma anche a possibili terze parti, e un investment committee, fondato invece da esperti di project financing, secondo la proposta della Commissione, il quale, sulla base delle linee guida dello steering board, dovrà approvare la concessione della garanzia ai progetti che saranno poi gestiti materialmente dalla BEI. Questa è la proposta della Commissione europea, ma Consiglio e Parlamento europeo, come dirò tra poco, introducono significative modifiche a questo impianto.
  Si prevede la definizione di una project pipeline in cui far confluire i progetti e anche di un advisory hub, un nuovo strumento di consulenza e di supporto a fianco o unificando quelli esistenti, di sostegno alla presentazione e alla preparazione dei progetti.
  Infine, due articoli specifici emendano i regolamenti attuativi del programma Horizon 2020 e della Connecting Europe Facility prelevando una parte delle risorse che costituiscono la garanzia. Due miliardi della garanzia sono prelevati attraverso il meccanismo di flessibilità del bilancio dell'Unione europea.
  Questa è la proposta della Commissione europea. È già stato approvato il general approach, ossia la lettura, del Consiglio, mentre in Parlamento europeo i relatori hanno presentato il rapporto. Proprio oggi, circa due ore fa, è scaduta la deadline per gli emendamenti. Sono stati presentati, quindi, anche gli emendamenti dei parlamentari al rapporto Bullman-Fernandes. Il voto presso le Commissioni congiunte affari economici e monetari e per i bilanci avrà luogo il 20 aprile.
  Noi intendiamo applicare la regola 73, e quindi andare a un accordo di prima lettura col Consiglio immediatamente e poi avere il voto finale in plenaria, sulla base dell'auspicabile compromesso che raggiungeremo col Consiglio, il 24 giugno, in modo da consentire effettivamente la fast-track procedure che è stata richiesta dal presidente Juncker e che io condivido debba essere uno dei nostri obiettivi, anche se ho sempre detto che il nostro obiettivo non è solo quello di garantire l'approvazione in tempi rapidi, ma è anche quello di garantire un miglioramento del progetto.
  Anche se noi saremo cooperativi e pragmatici nell'obiettivo di garantire la rapida approvazione del progetto, allo stesso tempo non intendiamo avere un ruolo puramente formale, come dimostra il nostro rapporto, ma intendiamo intervenire per migliorare il Piano Juncker e renderlo ancora più efficace rispetto ai suoi obiettivi.
  Farò una valutazione finale sulla potenzialità del Piano Juncker, ma prima vorrei brevemente illustrare le principali differenze introdotte dall'approccio del Consiglio e da quello del Parlamento e fornire indicazioni su quella che sarà presumibilmente la sostanza del negoziato che si svolgerà tra aprile e giugno.
  Il Consiglio ha scelto di introdurre nella proposta di regolamento più dettagli rispetto all'accordo BEI-Commissione europea e, quindi, di ridurre i margini di libertà della Commissione e della BEI nel definire l'accordo. Introduce pertanto alcuni elementi di maggiore specificità su una serie di aspetti, che però non è particolarmente rilevante a mio avviso sottolineare. Dal punto vista metodologico questo è un approccio diverso da quello del Parlamento europeo.
  Il Consiglio ha altresì introdotto l'elemento della maggiore coerenza con le politiche dell'Unione europea – questo è Pag. 5un punto importante che noi, come Parlamento europeo, vogliamo rafforzare – e ha rafforzato il concetto di addizionalità, che è molto importante, perché una delle partite del Piano Juncker si giocherà, a mio giudizio, intorno all'effettiva sua capacità di essere addizionale.
  Cosa significa essere addizionale ? Noi non vogliamo che il Piano sia un business as usual della BEI, perché la BEI ha mostrato dei limiti, pur in un'azione assolutamente apprezzabile a livello istituzionale che svolge nell'ambito del suo mandato. L'esigenza di mantenere la tripla A della BEI, che pure è un'esigenza, ha portato, però, naturalmente la BEI a non affrontare i progetti cosiddetti più rischiosi nella misura in cui svolti in aree a minore solidità economico-finanziaria.
  Il problema della BEI è questo e la ragione per cui si crea l'EFSI con il Fondo di garanzia è quella di identificare una categoria di progetti che abbiano un'addizionalità, cioè progetti che, seppure ovviamente devono essere viable dal punto di vista di mercato e della loro solidità, sia progettuale che finanziaria, non si sarebbero svolti attraverso una normale dinamica di mercato senza l'intervento della garanzia.
  Questo è l'elemento politico-culturale di differenza e di innovazione rispetto a un'interpretazione prevalente negli anni scorsi che riteneva che gli investimenti mancassero perché le riforme strutturali erano insufficienti e il mercato interno non funzionava bene. Secondo tale impostazione più tradizionale, che possiamo definire monetarista o come meglio preferite, gli investimenti, se si fossero eliminati questi colli di bottiglia, sarebbero affluiti automaticamente.
  Il Piano Juncker, invece, si basa sul fatto che il mercato da solo non è in grado, senza un intervento di politiche pubbliche, di far arrivare questi investimenti dove dovrebbero arrivare. La garanzia serve dunque ad assicurare un'addizionalità di questi investimenti.
  A mio giudizio, tuttavia, nella proposta di regolamento della Commissione c’è un'oscillazione tra un concetto di viability e un concetto di additionality, ossia tra un progetto che deve stare in piedi da solo e l'esigenza di valorizzare il concetto di addizionalità.
  La lettura del Consiglio, e ancor più quella del Parlamento europeo, rafforza il concetto di addizionalità e punta a specificare che i progetti che devono essere sostenuti – questo poi sarà, in particolare, il wording di un mio emendamento presentato oggi, ma è comunque presente nella filosofia della lettura del Consiglio e del Parlamento – devono essere progetti potentially viable, ossia potenzialmente viable, ma che senza la garanzia non otterrebbero un finanziamento. Diversamente, l'effetto potrebbe essere esclusivamente quello di ridurre il costo del capitale e, quindi, la garanzia pubblica avrebbe una funzione di sussidio agli investimenti privati.
  Noi intendiamo effettivamente garantire un'addizionalità, che, tra l'altro, dal punto di vista di un Paese come l'Italia è un concetto che corrisponde a un interesse anche di questo Paese, come degli altri, perché naturalmente noi vogliamo che gli investimenti si concentrino dove l’investment gap è maggiore e, quindi, che non inseguano necessariamente il progetto che abbia una maggiore profittabilità. La garanzia serve appunto a compensare questo gap.
  La lettura del Consiglio introduce, a mio giudizio, un positivo rafforzamento, rende i settori più ampi, nel senso che introduce minori specificazioni degli ambiti di intervento e – altro punto cruciale – rafforza il ruolo, solo accennato nella proposta della Commissione, delle National Promotional Banks, da noi la Cassa depositi e prestiti, e delle piattaforme nazionali, definendo un ruolo maggiore per esse.
  Viene altresì prevista la possibilità che la garanzia sia data alle piattaforme nazionali, alle National Promotional Banks, anche in assenza di un progetto cofinanziato dalla BEI e che, nel caso di progetti Pag. 6o gruppi di progetti gestiti collettivamente dalle piattaforme nazionali e dalla BEI, l'autorizzazione sia data jointly, ossia al gruppo di progetti e non progetto per progetto, da parte dell’investment committee.
  Questo, naturalmente, è un punto rilevante, dal momento che, non essendoci e non potendoci essere alcuna quota geografica nell'ambito dei criteri di attribuzione della garanzia da parte dell'EFSI o della BEI – ciò sarebbe irrealizzabile e anche sbagliato, io penso –, questo giusto principio deve tuttavia essere contemperato da meccanismi che consentano effettivamente agli Stati membri di fare in modo che un loro eventuale cofinanziamento al Piano Juncker non rischi di essere a fondo perduto, ossia un cofinanziamento a un fondo che finanzia progetti in altri Paesi.
  Questa assenza di garanzie ha fatto sì – noi l'abbiamo anche stigmatizzato, ma è un dato di fatto – che gli Stati membri abbiano deciso di non cofinanziare l'EFSI. Alcuni di essi – tra cui l'Italia, come sapete, con un impegno di 8 miliardi di euro da parte della Cassa depositi e prestiti – hanno deciso di investire sul Piano Juncker non solo attraverso il cofinanziamento potenziale dei diversi progetti, ma anche attraverso un impegno fisso – in questo caso 8 miliardi di euro ciascuno da parte di Italia, Francia e Germania e 1,5 miliardi di euro da parte della Spagna – per mezzo delle National Promotional Banks e delle piattaforme nazionali.
  Si cofinanziano le piattaforme nazionali e, per tale via, si cofinanziano gli interventi. In tal modo si rafforza la capacità finanziaria delle piattaforme che realizzeranno progetti prevalentemente nel Paese in questione, anche se poi ci saranno progetti cross-border interni all'Unione, ma anche relativi a Paesi terzi dell'Unione che sono collegati all'Unione attraverso la politica di vicinato. Questo è un altro emendamento del Consiglio sul cross-border che dà una definizione più precisa dei progetti che possono coinvolgere Paesi terzi.
  Questa, in sostanza, è la lettura del Consiglio. La lettura del Parlamento non si è ancora conclusa. Il Consiglio l'ha già approvata, ma il Parlamento ha una procedura più lunga e siamo ancora nella fase del draft report e degli emendamenti. Il Parlamento propone di introdurre le seguenti modifiche, se il testo sarà approvato.
  In primo luogo, propone un rafforzamento del controllo democratico del Piano Juncker. Noi introduciamo una procedura di atto delegato. Attraverso una procedura giuridica che non mi soffermo in questa sede a descrivere, vogliamo che l'accordo effettivo tra la Commissione europea e la BEI che stabilisce l'EFSI – il regolamento, infatti, dà un mandato e attribuisce delle risorse alla Commissione, ma non stabilisce l'EFSI – sia sottoposto al voto di consenso, o meglio, all'obiezione.
  Come sapete, i trattati europei, a differenza della Costituzione italiana, fanno in modo che le deleghe al governo, cioè alla Commissione, possano essere respinte. Il decreto delegato – da noi atto delegato – può essere bocciato con un voto sia dal Parlamento, sia dal Consiglio. Non c’è quindi solo un parere consultivo.
  Noi introduciamo questa procedura di controllo rispetto all'accordo istitutivo dell'EFSI e anche rispetto alle investment guideline dello steering board. Vogliamo che anche le investment guideline siano sotto forma di atto delegato, di modo che il Parlamento e il Consiglio, se lo ritengono, potranno bocciarle. Noi riteniamo di essere autorità di bilancio, queste sono le risorse che noi amministriamo e, quindi, vogliamo poter esercitare un maggiore controllo sul loro utilizzo e non dare una delega in bianco.
  Naturalmente poiché la BEI, essendo un'istituzione a sé, non può essere vincolata da una procedura come quella degli atti delegati, tecnicamente la proposta del Parlamento è che l'atto delegato riguardi sempre il ruolo della Commissione, ossia ciò che la Commissione fa Pag. 7nello steering board e non il risultato della decisione dello steering board, perché l'atto delegato non può vincolare la BEI. Noi, però, possiamo vincolare la Commissione.
  Noi proponiamo dunque un atto delegato per l'accordo e per le investment guideline nonché una procedura di consent vote per le nomine dell’investment committee, che da sei passano a otto, secondo la proposta del Consiglio, del managing director e del deputy managing director.
  Il primo pacchetto di emendamenti del Parlamento europeo riguarda, pertanto, il rafforzamento dell’accountability e della legittimità democratica del Piano.
  Un secondo gruppo riguarda il rafforzamento del concetto di addizionalità, anche con l'introduzione di criteri macroeconomici. Gli emendamenti che saranno presentati rafforzeranno ulteriormente questo elemento, al fine di porre una particolare attenzione proprio là dove l’investment gap è più marcato.
  Proponiamo, altresì, l'introduzione, tra i criteri per la selezione dei membri dell’investment board, anche di competenze macroeconomiche – in modo da non limitarsi solo a specialisti in project financing, come prevede la Commissione – e la possibilità di una garanzia diretta, non mediata dalla BEI, tra l'EFSI e le piattaforme, ossia le National Promotional Banks, anche se il relatore ha presentato un emendamento correttivo. Questa proposta, sia pure giusta nella sua intenzione, come è attualmente depositata nel draft report presenta dei limiti giuridici. Non avendo l'EFSI personalità giuridica, la garanzia deve essere comunque mediata dalla BEI. Tuttavia, l'emendamento che il relatore ha presentato – vi do un'anteprima, perché non è ancora stato reso pubblico – prevederà un meccanismo più stringente secondo cui, se l'EFSI decide di dare la garanzia a delle piattaforme, ossia alle National Promotional Banks, la BEI non può rifiutarsi di passarla, ciò per evitare un rischio di conflitto tra questi due organismi, che sono uno dentro l'altro, ma allo stesso tempo sono distinti.
  Infine, il Parlamento europeo introduce un emendamento che richiama la Comunicazione sulla flessibilità, in una formulazione relativamente generica ma che ha l'obiettivo di stabilire non solo che un eventuale cofinanziamento dell'EFSI, come già previsto dalla Comunicazione sulla flessibilità, sia neutralizzato dal punto di vista del Patto di stabilità e che il cofinanziamento del Piano Juncker – come abbiamo ottenuto, ed è molto positivo che questo elemento ci sia – sia sottoposto alla regola degli investimenti, ossia che per i Paesi in ramo preventivo sia scorporato dal calcolo del deficit strutturale fino al 3 per cento nel caso di condizioni macroeconomiche relativamente negative, ma anche che il cofinanziamento alle piattaforme nazionali sia integralmente neutralizzato, come avviene per quello dell'EFSI.
  Questo l'emendamento del Parlamento non lo dice in modo così esplicito, ma, una volta che il regolamento diventerà operativo, punta tuttavia a consentire alla Commissione – ciò è infatti nella facoltà della Commissione attraverso la Direzione generale Affari economici e monetari (DGECFIN) e dei Commissari Moscovici e Dombrovskis – di considerare il cofinanziamento alle piattaforme alla stregua in cui la Comunicazione sulla flessibilità della Commissione medesima ha considerato il cofinanziamento all'EFSI, ossia come integralmente neutralizzato dal punto di vista del Patto di stabilità attraverso la regola per gli investimenti e non solo parzialmente, come avviene oggi, ad esempio nel caso di una National Promotional Bank, che non rientra nel perimetro del debito pubblico e che, sulla base della citata Comunicazione sulla flessibilità, è soggetta a limiti nelle modalità attraverso cui può utilizzare il suo cofinanziamento per non rientrare nel calcolo del deficit e del debito.
  Infine – last but not least – l'ultima modifica del Parlamento è quella di eliminare il prelevamento delle risorse dalla Connecting Europe Facility e da Horizon 2020 e di prevedere un diverso meccanismo di finanziamento del Piano attraverso l'utilizzo dei margini di flessibilità anno Pag. 8per anno e non mediante il prelevamento di quei 6 miliardi di euro dai due progetti.
  Questo, naturalmente, sappiamo già che determinerà un rilevante confronto con la Commissione europea. L'obiezione che già è stata rivolta è che la proposta è troppo generica e che occorrerebbe indicare con più precisione fonti di finanziamento alternative. È probabile che su tale aspetto avrà luogo un negoziato serrato, anche se, ovviamente, nell'implicita divisione del lavoro, i colleghi della Commissione per i bilanci del Parlamento europeo si occupano principalmente di questo aspetto, mentre noi della Commissione affari economici e monetari ci interessiamo in prevalenza degli altri aspetti che ho precedentemente sottolineato.
  Passo a un giudizio conclusivo. Come vedete, fra il testo della Commissione e quelli del Consiglio e del Parlamento esistono differenze non marginali e, quindi, l'efficacia complessiva del Piano – e anche il mio giudizio sulla sua efficacia – è legata anche a come verranno sciolti una serie di nodi che ho illustrato.
  Tuttavia, in generale ritengo che l'accoglienza che, ad esempio, gli osservatori italiani hanno riservato al Piano Juncker al momento della sua presentazione, sia stata tiepida e non sufficientemente meditata. Io non ritengo che la leva sia di per sé esagerata; è una leva che, se si esaminano anche i report della BEI, può essere realistica.
  Il finanziamento ulteriore che si sta realizzando con l'intervento di Stati membri a sostegno del Piano Juncker, attraverso il meccanismo delle piattaforme, rafforza comunque la massa di risorse pubbliche alla base del Piano.
  Il contesto macroeconomico, in particolare la caccia allo yield per i bassi interessi e l'esistenza di una forte mole di risparmio – e, come sapete, un risparmio in eccesso rappresenta un problema macroeconomico dell'Europa –, a mio giudizio potrà effettivamente consentire, nel nuovo quadro determinato dal quantitative easing, dagli accenni di ripresa e dalla politica meno rigida e meno prociclica che la Commissione europea sta realizzando quest'anno, anche attraverso il suo giudizio sulle leggi di stabilità italiana e francese, e se il Piano verrà portato a conclusione in modo efficace, un successo del Piano Junker e, quindi, un suo contributo, persino superiore rispetto alla stima di 315 miliardi di euro, all'aumento degli investimenti in Europa.
  Naturalmente l’investment gap è maggiore e, quindi, in ogni caso il Piano Juncker non è di per sé risolutivo di questo problema, ma può rappresentare un significativo contributo per il rilancio della ripresa economica in Europa. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Gualtieri. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ADRIANA GALGANO. La ringrazio per la sua audizione, che chiarisce la posizione della Commissione e del Parlamento europeo. Ieri abbiamo avuto l'audizione del vicepresidente della BEI, il quale ha detto cose che noi, come gruppo di Scelta Civica per l'Italia, abbiamo contestato direttamente in Aula alla presenza del Governo, che era presente per l'informativa sul Consiglio europeo che si svolgerà oggi e domani.
  Il vicepresidente della BEI, alla mia domanda su quali sarebbero stati i criteri di selezione dei progetti, ci ha risposto che sarebbero stati economici e sociali, e quindi relativi all'impatto economico e sociale, che non ci sarebbe stata ripartizione geografica – e questo lei ce lo ha confermato – e che la lista di progetti ex Ecofin sarebbe stata puramente indicativa e utile unicamente per stimare la domanda. Noi abbiamo accettato tale risposta, perché non era previsto un contraddittorio, ma poi in Aula abbiamo detto che criteri di priorità dei progetti ci dovrebbero essere e che dovrebbero essere relativi all'identificazione delle aree che hanno subìto una maggiore riduzione degli investimenti. Pag. 9
  Se noi andiamo a vedere che cosa è successo nel settore degli investimenti pubblici, per esempio negli altri Paesi, notiamo che in Germania sono aumentati. Sarebbe veramente il colmo allora che, con le regole che il Piano si pone, alla fine a beneficiarne fossero i soliti noti che non ne hanno neanche bisogno.
  In proposito, la mia domanda è la seguente: visto che la BEI è stata così significativamente decisa ieri nell'enunciare questi princìpi, quali sono i margini di rinegoziazione per arrivare a un accordo che rispetti, invece, il criterio politico che lei ci ha enunciato ?
  L'altro aspetto su cui chiedo dei chiarimenti concerne le modalità di funzionamento della garanzia. Tra chi di noi ha seguito il progetto, permangono infatti dei dubbi. La BEI ieri ci ha detto che loro garantiscono fino al 50 per cento del progetto e che per il restante 50 per cento i proponenti del progetto devono trovare altre forme di garanzia. Io le chiedo: se così è, nell'accordo ci saranno delle indicazioni su che mix sia possibile realizzare tra livello di garanzia BEI e altre forme di garanzia nazionali e regionali ? La BEI, oltre a fornire la garanzia, su specifici progetti potrà anche erogare i finanziamenti e in che mix ? Sono tutti aspetti che l'accordo tratterà o saranno rimessi alla discrezionalità della BEI ?

  VINCENZO CASO. Oltre all'efficacia e all'efficienza del Piano Juncker, vorrei trattare un altro argomento, che è quello della trasparenza e della tracciabilità del Piano.
  Abbiamo letto il parere della Corte dei conti europea, che fa più o meno il ragionamento che illustrerò. Come ci è già stato detto più volte, la maggior parte dei rischi ricadrà sulla parte pubblica, anche per cercare di attrarre maggiormente gli investitori privati, come abbiamo capito. Quello che dice la Corte dei conti europea è che il FEIS, oltre a singoli progetti, potrà finanziare anche strutture di fondi privati, quali ad esempio i fondi di investimento europeo di lungo termine, di investitori privati e di banche. La Corte europea dice che, in questo caso, risulterà molto difficile la tracciabilità dei fondi. Noi vorremmo una rassicurazione su questo aspetto. Un'altra questione che vorrei capire riguarda il fatto che – come lei, che peraltro è presidente di una Commissione del Parlamento europeo, forse saprà – il presidente della VII Commissione cultura, scienza e istruzione della Camera dei deputati è agli arresti domiciliari. Dopo tutto quello che è accaduto in Italia sulle grandi opere e sui grandi eventi, come Expo 2015, MOSE e TAV, vorrei capire se da parte del Parlamento europeo ci sia una preoccupazione anche rispetto a questo fronte e in che modo si intenda intervenire, tenuto conto che in Italia manca ancora una efficiente legge di contrasto alla corruzione.

  STEFANO FASSINA. Ringrazio il presidente Gualtieri per la sua introduzione, che ha certamente portato un valore aggiunto alla nostra conoscenza del Piano Juncker e dei suoi meccanismi di finanziamento. Vorrei svolgere rapidamente due ordini di considerazioni, una di carattere più generale, riferita alla prima parte della relazione, ed una più specifica sul Piano.
  Concordo con il presidente Gualtieri quando ha detto che vi sono segni di discontinuità nelle posizioni di politica macroeconomica che arrivano da Bruxelles. Tuttavia, a me sembra evidente che questi segni di discontinuità si vengono a proiettare in un contesto che descrive una situazione veramente difficile e caratterizzata da squilibri macroeconomici crescenti, in un quadro, come è noto, di deflazione.
  Anche oggi il Bollettino economico della Banca centrale europea ha rimarcato la divergenza degli andamenti macroeconomici fondamentali. La Comunicazione sulla flessibilità rappresenta certamente un passo che va nella giusta direzione, ma si confronta con un quadro in cui gli obiettivi definiti di indebitamento, di saldo strutturale e di debito sarebbero stati comunque irraggiungibili per la stragrande maggioranza dei Paesi, non fosse altro Pag. 10perché previsti in uno scenario con un'inflazione al 2 per cento, mentre, come sappiamo, siamo ben al di sotto di tale obiettivo.
  Pertanto, io credo che vadano riconosciuti lo sforzo e i risultati raggiunti. Sappiamo tutti che ciò non era scontato e non è stato facile e che è piuttosto il frutto di una battaglia politica. Dopodiché, lo scenario è quello che abbiamo di fronte, ed è uno scenario che non va verso la stabilizzazione bensì verso una crescente divergenza, con un problema di sostenibilità che riguarda i debiti pubblici di tanti Paesi e con un segno fondamentale delle raccomandazioni di politica economica che insistono sulla svalutazione interna, il che contraddice radicalmente il tentativo che il Piano Juncker intende perseguire.
  Da questo punto di vista, sarebbe interessante capire se vi sia qualche spiraglio nella revisione dell'impostazione di fondo. Da una parte, cerchiamo di rianimare la domanda attraverso il sostegno agli investimenti ma, dall'altra, le raccomandazioni che insistono sulla svalutazione interna hanno segno opposto e, io temo, maggiore, in termini di intensità, rispetto al segno portato dal Piano Juncker.
  La questione più specifica è connessa alla quota geografica. È stato ricordato che questo non è un criterio che viene contemplato. Mi chiedo, però, se il riferimento all’investment gap mixato con la viability, anche se rafforzata in termini di potentially, il che è certamente un'integrazione significativa, riesca in qualche modo a fronteggiare il problema fondamentale, ossia che noi abbiamo bisogno di questi investimenti in particolari Paesi dell'Unione per sostenere la domanda laddove essa è andata drammaticamente giù.
  Il rischio di un'asimmetria che accresca le divergenze tra Paesi mi sembra davvero molto elevato, al di là della capacità di individuare progetti viable, ossia progetti che devono consentire una remunerazione significativa di capitali privati con un rendimento che non può essere troppo differito. Ho qualche dubbio sulla messe di progetti finanziabili nella loro capacità di stare sul mercato.
  In ogni caso, quello dell'allocazione costituisce a mio avviso un punto decisivo, perché noi potremmo davvero trovarci, non immediatamente ma tra qualche anno, ad avere gli effetti prociclici più significativi proprio in realtà diverse da quelle in cui invece ce ne sarebbe maggiore bisogno.
  Immagino che la possibilità di apportare modifiche significative sia limitata, tuttavia credo che dovremmo essere consapevoli di questi rischi. In particolare, dovremmo verificare la possibilità di tornare su alcuni obiettivi che abbiamo accantonato, ossia neutralizzare non solo i contributi delle piattaforme nazionali al fondo del Piano Juncker ma anche, almeno in parte, gli investimenti che cofinanziano progetti finanziati da fondi strutturali ed altre tipologie di investimenti, che magari riguardano opere più piccole, anche con la possibilità di realizzazione a breve, per dare ossigeno a un'economia che non possiamo lasciare soltanto, io credo, alla svalutazione dell'euro determinata dal quantitative easing.

  MARCO BRUGNEROTTO. Vorrei solo brevemente ricordare che a noi risulta come, insieme ad altri due Paesi, l'Italia sia sotto osservazione per problemi macroeconomici. Vorremmo capire se siamo ancora sotto osservazione, perché gli europarlamentari del MoVimento 5 Stelle non hanno ancora avuto risposta, e vorremmo capire se questa posizione potrà incidere su come verranno indirizzati e gestiti gli investimenti.

  PRESIDENTE. Do la parola al presidente Gualtieri per la replica.

  ROBERTO GUALTIERI, presidente della Commissione affari economici e monetari del Parlamento europeo. In risposta alle domande dell'onorevole Galgano, anche con riferimento all'audizione del vicepresidente Pag. 11Scannapieco, la BEI, come è giusto che sia, avrà un ruolo rilevantissimo nella gestione del Piano Juncker, essendo il perno della sua attuazione. L'EFSI si costituisce all'interno della BEI. Tuttavia, la BEI non è impegnata nella definizione del regolamento, non essendo un'autorità legislativa. Il regolamento lo adottano, su proposta della Commissione, il Consiglio e il Parlamento europeo, che sovranamente ne definiscono i caratteri e gli indirizzi.
  Sia se passasse l'impostazione del Consiglio di dettagliare maggiormente i termini dell'accordo, sia, a maggior ragione, se passasse l'impostazione del Parlamento di sottoporre al legislatore anche l'accordo effettivo che stabilisce l'EFSI, i margini dell'accordo sarebbero comunque definiti in modo piuttosto stringente dal legislatore.
  In questo caso, per di più, come ho detto, sia pure con alcune differenze su altri aspetti, quali le fonti di finanziamento e il meccanismo di controllo democratico, Consiglio e Parlamento europeo – in ciò mi baso sulla proposta di relazione di Bullman e Fernandes e sul general approach del Consiglio – sembrano concordare nella esigenza di rafforzare quegli elementi che garantiscano che il Piano Juncker non si trasformi in una normale attribuzione di risorse aggiuntive all'attività ordinaria della BEI.
  Sono fiducioso che il fatto che i due rami dell'autorità legislativa europea concordino su questo elemento farà sì che il regolamento sarà sufficientemente preciso e introdurrà sufficienti margini e garanzie, tali da consentire a questo obiettivo di essere effettivamente tradotto in pratica.
  Ciò tanto più considerando che, anche sulla base di un contributo non paritario all'EFSI, nell'ambito della governance dell'EFSI, l'Unione europea avrà una rappresentanza maggiore di quella della BEI. Naturalmente la BEI ha le sue funzioni di istruzione dei progetti – giungo così all'altra domanda – ma sono relativamente fiducioso che il regolamento, in modo anche rafforzato rispetto alla proposta originale della Commissione, introduca delle garanzie circa l'effettiva addizionalità degli investimenti che potranno usufruire della garanzia dell'Unione europea.
  Dal punto di vista del funzionamento della garanzia, sono previsti diversi strumenti. Tutte le fattispecie che lei ha nominato sono possibili. La garanzia può essere accompagnata a un finanziamento della BEI, a un cofinanziamento dello Stato membro o a quello delle banche. Ci possono essere varie combinazioni. La garanzia può prendere la forma di debito, di equity, di credit enhancement. Ci sono quindi varie fattispecie. Naturalmente, questo è un altro motivo per cui il Parlamento europeo vuole avere un controllo anche sulla gestione del Piano e sulla nomina e la definizione degli organismi di governance dell'EFSI.
  Non è possibile che un regolamento «metta le braghe» al mondo e stabilisca che un dato progetto si faccia con un dato strumento di garanzia, ma deve necessariamente essere lasciato un margine di valutazione progetto per progetto. Noi possiamo definire la tipologia e le modalità di attribuzione della garanzia, poi spetterà alla governance dell'EFSI e alla BEI attivarla concretamente nelle varie forme. Ciò naturalmente rafforza l'esigenza di controllo dell'attività dell'EFSI e della gestione del Piano Juncker, anche al di là dei requisiti di informazione periodica al Parlamento europeo che la proposta originale della Commissione prevedeva e che, a nostro giudizio, erano insufficienti.
  Per quanto riguarda la questione sulla trasparenza posta dall'onorevole Caso, gli articoli 14, 15 e 16 della proposta di regolamento sono piuttosto chiari nello stabilire un duplice meccanismo di controllo, attraverso la Corte dei conti europea, ma anche attraverso l'OLAF. Quest'ultimo potrà condurre investigazioni, incluse ispezioni sul luogo, e verificare la gestione delle risorse dell'Unione europea attraverso il Piano Juncker, nell'ambito del suo mandato di organismo preposto alla prevenzione delle frodi. Le frodi sono Pag. 12sempre possibili ed anzi, come sappiamo bene, purtroppo avvengono anche, tuttavia il fatto che ci sia il rischio di frode non è una motivazione sufficiente per non realizzare un piano di investimenti. È chiaro che occorre introdurre tutte le garanzie. Peraltro, la nostra battaglia comune anche ai vari gruppi politici presenti nel Parlamento europeo, incluso il suo, per rafforzare l’accountability degli organismi dell'EFSI anche rispetto al Parlamento europeo, punta a introdurre un terzo elemento di controllo democratico, oltre a quelli della Corte dei conti europea e dell'OLAF.
  Per quanto riguarda le osservazioni dell'onorevole Fassina, la prima concerne una valutazione del quadro macroeconomico e dei segni di discontinuità. Non c’è dubbio che la discontinuità e il cambiamento che è in atto, a mio giudizio rilevante, non costituiscono una svolta di centottanta gradi. Permangono, quindi, elementi, scolpiti anche nella legislazione dell'Unione europea definita negli anni precedenti, che, come è noto, hanno generato una stretta del Patto di stabilità e che hanno di per sé determinato un indirizzo potenzialmente prociclico e orientato prevalentemente ai meccanismi di svalutazione interna.
  Tuttavia, non sottovaluterei la portata del cambiamento che stiamo riuscendo ad introdurre, in particolare, come dicevo, su spinta e su iniziativa del Governo italiano. La Comunicazione sulla flessibilità ha una portata, a mio giudizio, niente affatto secondaria nel modificare sostanzialmente una serie di aspetti definiti nella riforma del Patto di stabilità.
  In particolare, come è noto – ciò è oggetto di un indiretto scambio di osservazioni tra il Ministro dell'economia e delle finanze Padoan e la Banca centrale europea rispetto alla regola del debito – la Comunicazione prevede la possibilità che la regola del debito, attraverso una valutazione più ampia dei fattori rilevanti, non sia attuata nella sua lettera, che effettivamente, come correttamente ricordato oggi dal Ministro Padoan, se fosse applicata automaticamente, avrebbe degli effetti, a mio giudizio, molto negativi dal punto di vista della prociclicità.
  Invece, ciò che è avvenuto attraverso un'immediata applicazione della Comunicazione sulla flessibilità è che la regola del debito non verrà applicata nella sua dimensione letterale. Adesso saremmo nella fase di transizione, al cosiddetto ventesimo, ma essa si applicherà, giustamente, nel senso di una flessibilità che valuta il quadro macroeconomico, l'azione di riforma dell'Unione europea e degli Stati membri e tutta una serie di elementi, consentendo quindi di non applicare meccanicamente quei criteri che altrimenti avrebbero imposto al nostro Paese, per esempio, una manovra assai pesante dal punto di vista della correzione di bilancio.
  Questo è un risultato materialmente tangibile, che consente una politica fiscale diversa da quella che si sarebbe dovuta realizzare se si fossero applicate in modo burocratico, o secondo l'orientamento prevalente della Commissione precedente, le norme presenti nel Patto di stabilità, poi trasposte nella legislazione interna attraverso il meccanismo del Fiscal Compact. Questo è un elemento significativo.
  La regola degli investimenti, la cui potenzialità deve ancora essere pienamente tradotta in pratica, consente già, nella formulazione della Comunicazione sulla flessibilità, di scorporare dal calcolo del deficit strutturale il cofinanziamento di tutti i progetti europei, di quelli dei fondi strutturali, di quelli della Connecting Europe Facility e di quelli del Piano Juncker, fino al limite del 3 per cento.
  Questo significa, sostanzialmente, se posso sintetizzare in modo forse un po’ rozzo, il ritorno a Maastricht rispetto al concetto di zero, da zero a tre, dal pareggio di bilancio al 3 per cento, che è una differenza significativa.
  Questo, naturalmente, nel presupposto di talune condizioni che devono permanere ma che, come è noto, sono state notevolmente ampliate. Prima occorreva un output gap molto consistente di tutta Pag. 13l'Eurozona, mentre adesso è possibile applicare la regola degli investimenti se anche il singolo Paese ha un output gap e se quest'ultimo è notevolmente minore di quello precedente. Se si applica la regola degli investimenti, si può non applicare la regola del debito, cosa che la BCE ha notato, sottolineando la portata un po’ nascosta di questa innovazione della Comunicazione sulla flessibilità, la quale ha sospeso la regola del debito in alcune circostanze, come si è verificato nel caso dell'Italia.
  Pur essendo favorevole a una golden rule integrale e continuando noi, ed il nostro gruppo politico in particolare, la battaglia per realizzarla, comunque ritengo che nelle condizioni politiche europee date si sia trattato di un cambiamento molto significativo che, posso testimoniarlo in modo diretto, si deve in maniera prevalente, se non quasi esclusiva, all'impegno molto determinato del Governo italiano.
  Tutto ciò non è, naturalmente, sufficiente a rovesciare un quadro macroeconomico fortemente segnato, come ricordava l'onorevole Fassina, dal persistente rischio deflattivo e da notevoli asimmetrie e squilibri macroeconomici, che, a mio giudizio – questo è un altro terreno di battaglia politica – la procedura per gli squilibri macroeconomici dovrebbe affrontare in modo più determinato e più attento agli squilibri interni, in particolare a quello delle partite correnti interne all'Unione europea.
  È significativo che la Germania sia stata per la prima volta inserita nell'ambito dello scoreboard della procedura per gli squilibri macroeconomici e che sia stato sottolineato l'eccesso di attivo delle sue partite correnti.
  Per quanto riguarda la domanda sull'Italia, nei confronti del nostro Paese non è stata attivata la procedura per gli squilibri macroeconomici. L'Italia era stata considerata sperimentante squilibri macroeconomici eccessivi lo scorso anno, ma l'attivazione della procedura era stata sospesa. Era collocata nella scala più alta delle varie gradazioni per squilibri macroeconomici eccessivi, ma non era stata attivata la procedura. Era stato lasciato qualche mese e la valutazione è stata tale che non è stata attivata la procedura, ciò anche sulla base di una valutazione positiva delle riforme che il Paese nel frattempo ha compiuto.
  Questo è stato sicuramente un elemento decisivo dal punto di vista della mancata attivazione di questa procedura, che avrebbe comportato delle modalità più stringenti di controllo diretto dell'azione del nostro Governo da parte degli organismi dell'Unione europea. Ciò, a mio giudizio, non avrebbe aiutato il Paese a realizzare le sue riforme ma, al contrario, avrebbe introdotto un elemento negativo nella dinamica tra democrazia nazionale e istituzioni europee. Considero, quindi, positivo il fatto che non sia stata attivata la procedura.
  Tra l'altro, in una delle versioni precedenti la Comunicazione sulla flessibilità prevedeva che, per attivare la flessibilità connessa alle riforme si dovesse andare in procedura. Un'azione decisa e informale a vari livelli ha eliminato questa possibilità. Per avere la flessibilità non bisogna andare in procedura per squilibri macroeconomici ed infatti l'Italia ha avuto la flessibilità e non la procedura per squilibri macroeconomici.
  Il tema delle divergenze comunque è molto rilevante. Torno al merito del Piano Juncker. Come credo abbiate colto, in questa dialettica tra lettura del Consiglio, lettura del Parlamento europeo, BEI e Commissione, questo è implicitamente il tema sottostante, l'obiettivo della lettura del Parlamento. È positivo che nel Parlamento si sia determinata una costellazione di forze. Ora vedremo il voto, perché il Parlamento non è solo il Parlamento dei Paesi con il maggior gap degli investimenti, ma rappresenta tutti. È positivo, però, che nel draft report del Parlamento e nella lettura del Consiglio sia prevalente un indirizzo teso a rafforzare le garanzie affinché il Piano Juncker riduca gli squilibri e le divergenze e non li aumenti.Pag. 14
  Ripeto, la questione dell'allocazione, che sottolineava correttamente Fassina, è importante ed è strettamente legata alla questione dell'addizionalità. Se si introduce e si garantisce il criterio dell'effettiva addizionalità degli investimenti, automaticamente la loro allocazione diventa inversamente proporzionale al rating dei Paesi. Il concetto di potentially viable dovrebbe portare a un maggior numero di investimenti nei Paesi in cui gli investimenti sono minori.
  Pertanto, il combinato disposto di una maggiore garanzia e controllo sull'allocazione attraverso il ruolo delle piattaforme nazionali e delle National Promotional Banks e del rafforzamento del concetto di addizionalità, nel nostro intendimento dovrebbe portare a favorire un'anticiclicità del Piano maggiore e più marcata di quella che, invece, caratterizza la media degli interventi della BEI.
  Forse conoscete il progetto della BEI, sebbene molto limitato, basato sui project bond, comunque apprezzabilissimo perché fondato su strumenti di project bond. Se io dovessi valutare i quattro progetti che fanno parte di quel programma, li definirei tutti viable, non potentially viable. Infatti, sono prevalentemente, sebbene non tutti, allocati nei Paesi più robusti.
  Io penso, invece, che il Piano Juncker debba essere una cosa diversa. Deve consentire alla BEI di mantenere la tripla A, perché questo fa sì che le obbligazioni che emetterà con la leva interna a tre siano obbligazioni con la tripla A, ma, allo stesso tempo, con l'intervento della garanzia dell'Unione europea, far sì che, stante la tripla A, si possano attivare progetti in aree, Paesi e anche settori che altrimenti, sulla base di una semplice dinamica di mercato attuale, segnata dalle tendenze divergenti che ricordava l'onorevole Fassina, non si sarebbero realizzati.
  Questa, naturalmente, è la nostra speranza, il nostro auspicio e l'obiettivo della nostra azione. Il Piano Juncker è ancora nella fase di esame legislativo, i bilanci sono naturalmente prematuri, ma non è prematura, secondo me, la fiducia che esso possa contribuire a rafforzare il percorso della crescita e, quindi, a contrastare quelle tendenze negative. A mio giudizio, introduce un elemento di fiducia e magari di ottimismo della volontà, forse maggiore di quello dell'onorevole Fassina, affinché le predette tendenze negative possano essere affrontate, anche attraverso l'azione che come Parlamento europeo e come Governo italiano stiamo conducendo, determinando una ripresa nel corso dell'anno che io auspico si rafforzerà nel successivo.
  Un altro elemento che forse non ho sottolineato è che io auspico sia una ripresa – questo è un altro dei criteri indicati dal Parlamento europeo – ricca dal punto di vista dei posti di lavoro. Un altro dei criteri che noi abbiamo introdotto è infatti quello di investimenti ad alto tasso di occupazione potenziale, dal momento che riteniamo che questo criterio di per sé, attraverso un meccanismo di maggiore rafforzamento della domanda interna, sia macroeconomicamente efficace.
  Di qui anche l'esigenza di introdurre elementi di valutazione macroeconomica e non solo di project financing all'interno delle valutazioni e, quindi, della composizione degli organismi di governance dell'EFSI. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, presidente Gualtieri. Svolgo una chiosa finale, più che altro di metodo rispetto alle scadenze che abbiamo noi come Commissione bilancio e il Parlamento italiano nel suo complesso.
  Sin dall'inizio, anche per effetto dell'interlocuzione con la Commissione, e ora dopo aver sentito il suo timetable molto più veritiero, ci era apparsa come scadenza naturale anche per i nostri lavori la possibilità di concludere tra la fine di marzo e gli inizi di aprile, anche in considerazione del fatto che il Governo italiano si accinge a definire il Documento di economia e finanza (DEF) 2015, ed in particolare l'Allegato sulle infrastrutture al DEF stesso, inteso come uno dei momenti in cui si tirano le somme e si fissano i Pag. 15punti fermi che consentono al programma di investimenti infrastrutturali di avere delle certezze.
  Mi pare di capire che di qui a giugno non ci sarà una risposta finale dall'Europa, se le differenze sostanziali tra Commissione e Parlamento europeo sono quelle a cui lei ha fatto giustamente riferimento e se la BEI, come lei giustificatamente ci ha ricordato, prova a difendere la sua condizione attuale, sia pure nell'ambito di un'interlocuzione interna che a un certo punto dovrà trovare una sintesi. La scadenza finale di questo percorso, se ho ben capito, è il 24 giugno. Penso dunque che quello sarà il momento finale, perché do per scontato che il voto del Parlamento europeo sarà quello solenne di un percorso che poi si rende irreversibile.
  Lo dico anche per noi. O noi ritardiamo le nostre valutazioni o lo stesso Governo italiano dovrà prendere atto che ciò che scriverà nel DEF andrà poi corretto a luglio, se attribuiamo al DEF, come previsto dalla legge, la condizione di vincolo rispetto ai programmi generali, ma soprattutto a quelli connessi all'Allegato sulle infrastrutture, che ne è la parte più corposa.
  Le chiedo se può aiutarci a capire il percorso che abbiamo di fronte.

  ROBERTO GUALTIERI, presidente della Commissione affari economici e monetari del Parlamento europeo. Il regolamento sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea dopo il voto finale del Parlamento europeo, ossia a giugno. È molto serrato, come programma, ma noi puntiamo a questo e, quindi, vorremmo che dal 1o luglio il Piano Juncker fosse operativo.
  Naturalmente, ciò non significa che la predisposizione da parte dei Governi debba aspettare questo momento. Non cambieranno infatti elementi tali, a mio giudizio, da modificare la strategia di predisposizione di progetti da parte di un Paese. Cambieranno degli aspetti, certo, però non mi sembra necessario attendere. Il DEF, a mio giudizio, ma questo non è il mio ambito, non deve necessariamente aspettare l'approvazione definitiva del regolamento.
  C’è del resto un altro elemento che forse ho colpevolmente omesso di ricordare, che è il front-loading. C’è un consenso da parte di tutti sul fatto che la BEI possa addirittura anticipare – questa è una possibilità che l'Italia ha sostenuto –, ossia che alcuni progetti possano addirittura partire prima e che poi la garanzia venga concessa retrospettivamente, ossia che la BEI in qualche modo la anticipi. C’è persino questa fattispecie, che tecnicamente forse non è del tutto ortodossa, ma che risponde all'esigenza di avere risultati e di partire al più presto possibile.
  Ovviamente, noi diciamo sempre in Europa che nothing is agreed until everything is agreed. Pertanto, finché il processo non è chiuso, non è chiuso. Il voto del Parlamento si svolgerà ad aprile, come vi ho detto. Poi partirà immediatamente il trilogo, ossia la sostanza del negoziato su questi aspetti aperti. Le questioni sulle quali come Parlamento europeo, Commissione e Consiglio siamo tutti d'accordo, ovviamente, ormai devono considerarsi concluse. I punti di discussione, che non sono pochi naturalmente, saranno invece negoziati nel corso del mese di maggio. Noi speriamo di riuscire a fare tutto nel mese di maggio. Se il trilogo sarà rapidissimo, chiuderemo anche prima.
  Noi abbiamo indicato il 24 giugno come ottimistica valutazione. C’è un impegno da parte nostra a chiudere entro giugno. I triloghi non possono essere predeterminati, ma io penso che partire a luglio, con un front-loading precedente, sia una prospettiva realistica.

  PRESIDENTE. Grazie. Lo rilevo semplicemente perché se noi prevediamo 8,7 miliardi di euro per l'edilizia scolastica o 8 miliardi per la banda larga e poi le scelte che si faranno in Europa prevederanno risorse che non sono nemmeno lontanamente ipotizzabili rispetto alle aspettative del Governo italiano, si determinerebbe una sconnessione tra i nostri documenti di Pag. 16programmazione finanziaria e la realtà, che inevitabilmente, se non è agreed, non è agreed.
  Penso che questo sia un tema che molto opportunamente la Commissione bilancio dovrà sottoporre all'attenzione del Ministro dell'economia e delle finanze Padoan, il quale avrà gli strumenti per valutare se siamo in grado di fare una partenza prima della vostra chiusura oppure no. Lo dico soprattutto con riferimento all'Allegato sulle infrastrutture del DEF, che è il cuore dei programmi di investimento.
  Ringrazio il presidente Gualtieri per l'esaustiva, efficace e molto utile disponibilità fornita e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.20.