XVII Legislatura

V Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Mercoledì 18 marzo 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Boccia Francesco , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME CONGIUNTO DELLA COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, ALLA BANCA CENTRALE EUROPEA, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO, AL COMITATO DELLE REGIONI E ALLA BANCA EUROPEA PER GLI INVESTIMENTI – UN PIANO DI INVESTIMENTI PER L'EUROPA (COM(2014) 903 FINAL) E DELLA PROPOSTA DI REGOLAMENTO DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO RELATIVO AL FONDO EUROPEO PER GLI INVESTIMENTI STRATEGICI E CHE MODIFICA I REGOLAMENTI (UE) NN. 1291/2013 E 1316/2013 (COM(2015) 10 FINAL), CORREDATA DEL RELATIVO ALLEGATO (COM(2015) 10 FINAL – ANNEX 1):

Audizione del vicepresidente della BEI, Dario Scannapieco.
Boccia Francesco , Presidente ... 3 
Scannapieco Dario , vicepresidente della BEI ... 3 
Boccia Francesco , Presidente ... 11 
Galli Giampaolo (PD)  ... 11 
Galgano Adriana (SCpI)  ... 11 
Sorial Girgis Giorgio (M5S)  ... 12 
Cariello Francesco (M5S)  ... 13 
Pilozzi Nazzareno (PD)  ... 13 
Boccia Francesco , Presidente ... 14 
Scannapieco Dario , vicepresidente della BEI ... 15 
Boccia Francesco , Presidente ... 20 
Lazzaroli Luca , vicesegretario generale della BEI ... 20 
Boccia Francesco , Presidente ... 20 

ALLEGATO: Documentazione depositata dal vicepresidente della Banca europea per gli investimenti (BEI) ... 21

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FRANCESCO BOCCIA

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del vicepresidente della BEI, Dario Scannapieco.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'esame congiunto della Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca europea per gli investimenti – Un piano di investimenti per l'Europa (COM(2014) 903 final) e della Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo europeo per gli investimenti strategici e che modifica i regolamenti (UE) nn. 1291/2013 e 1316/2013 (COM(2015) 10 final), corredata del relativo allegato (COM(2015) 10 final – Annex 1), l'audizione del vicepresidente della BEI, Dario Scannapieco.
  La sua delegazione è composta dal dottor Luca Lazzaroli, vicesegretario generale della BEI, dal dottor Romualdo Massa Bernucci, direttore del Dipartimento operazioni in Italia, Malta e Balcani occidentali della BEI, e da Matteo Maggiore, direttore del Dipartimento comunicazione della BEI.
  Li ringrazio per la disponibilità e do la parola al vicepresidente Scannapieco per lo svolgimento della relazione.

  DARIO SCANNAPIECO, vicepresidente della BEI. Grazie, presidente. Nella breve presentazione che mi accingo a svolgere, spiegherò prima di tutto che cos’è la BEI ed entrerò poi nel dettaglio del Piano per gli investimenti strategici.
  La prima slide della documentazione che vi è stata distribuita contiene una spiegazione di che cos’è la Banca europea per gli investimenti. Essa rappresenta il braccio finanziario dell'Unione europea. È un'istituzione comunitaria creata nel 1958 col Trattato di Roma, i cui azionisti sono i ventotto Stati membri. L'Italia insieme al Regno Unito, alla Germania e alla Francia è tra i quattro maggiori azionisti, con quote di capitale intorno al 16 per cento.
  È un'istituzione che gode della tripla A e non ha un obiettivo di profitto. È un'istituzione cosiddetta policy driven, mira cioè al perseguimento degli obiettivi dell'Unione europea, sostanzialmente finanziando progetti a medio e lungo termine che siano coerenti con gli obiettivi europei, tecnicamente validi e finanziariamente ed economicamente sostenibili.
  Quando parlo di progetti economicamente sostenibili intendo progetti che apportino un beneficio all'economia complessiva nel rispetto della normativa nazionale e comunitaria e pongano una particolare attenzione a tematiche quali il procurement e il rispetto ambientale.
  In genere, noi non spiazziamo il mercato finanziario; finanziamo al massimo il 50 per cento di un progetto, con deroghe in casi eccezionali, proprio perché ci affianchiamo Pag. 4al sistema finanziario dei vari Paesi. Per darvi un'idea, negli ultimi anni abbiamo finanziato in media oltre 440 progetti e operiamo in circa 160 Paesi.
  Il 90 per cento dell'attività viene svolto nell'ambito dell'Unione europea e il resto, sulla base di alcuni mandati, al di fuori dell'Unione europea, con una focalizzazione sui Paesi del vicinato, ma anche in altre aree come l'Africa subsahariana e altre zone geografiche.
  La sede della BEI è in Lussemburgo ed esistono ventotto uffici regionali. Mi piace ricordare che uno degli uffici più antichi e più importanti è basato a Roma, proprio a rappresentare un forte legame tra la BEI e l'Italia.
  Lo staff è di circa 2.100 dipendenti ed è composto da economisti, ma anche da molti ingegneri ed esperti di aspetti tecnici. Poiché finanziamo progetti a medio e lungo termine, facciamo un'analisi molto dettagliata dei progetti stessi, dal momento che essi figureranno sui libri della Banca per parecchi anni. Per darvi un'idea del volume di attività, nel 2014 la BEI ha finanziato progetti per circa 77 miliardi di euro, con un incremento rispetto ai 75 miliardi del 2013. La slide di pagina 3 vi dà un'idea del volume totale dell'attività della BEI.
  Il gruppo BEI si compone della Banca europea per gli investimenti e del Fondo europeo per gli investimenti (FEI). La Banca fa tipicamente prestiti, ma svolge anche un'attività di natura più rischiosa, mentre il Fondo europeo per gli investimenti lavora focalizzandosi principalmente sulle piccole e medie imprese e offrendo prodotti più rischiosi, quali gli investimenti in fondi di venture capital e private equity nonché gli investimenti nel microcredito e nel settore delle garanzie.
  Il volume totale lo scorso anno è stato di 80,3 miliardi di euro, di cui 69 miliardi nell'Unione europea. Come vedete nel grafico in alto a destra, una parte dell'attività fuori dall'Europa è principalmente concentrata nei Paesi candidati o potenziali candidati a fare ingresso nell'Unione europea e nei Paesi del vicinato, cioè quelli collocati nella sponda sud del Mediterraneo, quelli afferenti alla partnership dell'Est e via dicendo.
  Nello scorso anno abbiamo avuto quattro grandi priorità: circa 21 miliardi di euro sono stati erogati a favore delle infrastrutture strategiche; 25,5 miliardi sono stati erogati a favore delle piccole e medie imprese, che ricordo essere un driver fondamentale per rilanciare l'occupazione; 14,7 miliardi sono andati a sostegno di progetti di innovazione, ricerca e sviluppo; 19,1 miliardi sono stati investiti in progetti con un impatto positivo sulla lotta al cambiamento climatico.
  Si tratta quindi di un contributo importante per cercare di sostenere gli investimenti in un contesto in cui il livello di investimenti attualmente realizzato in Europa, comparato con il livello precedente la crisi, è sceso in media di circa il 20 per cento.
  In Italia tale livello è sceso addirittura in misura superiore al 20 per cento, oltre quindi la media europea. In alcune aree importanti e strategiche, come ad esempio gli investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione, siamo nettamente lontani da quel 3 per cento del PIL che era l'obiettivo della strategia «Europa 2020». Anche nel settore degli investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione l'Europa è molto indietro rispetto ad altri blocchi geopolitici mentre l'Italia si colloca sicuramente al di sotto delle best practice europee.
  Per quanto riguarda il contributo dato in Italia, il 2014 è stato un anno record per l'attività della BEI in Italia, con 10,9 miliardi di euro di finanziamenti da parte della BEI a cui si accompagnano 0,5 miliardi di finanziamenti da parte del FEI. Abbiamo contribuito al finanziamento di progetti per circa 27 miliardi di euro e, ad oggi, abbiamo un portafoglio di impieghi in Italia di circa 70 miliardi di euro.
  Un focus particolare che riguarda l'Italia è il finanziamento alle piccole e medie imprese, che realizziamo grazie alla partnership con il sistema bancario italiano, a cui forniamo provvista a condizioni molto buone a patto che le banche trasferiscano poi le risorse alle piccole e medie imprese. Pag. 5Secondo i dati che le banche ci inviano, dall'inizio della crisi finanziaria ad oggi abbiamo finanziato quasi 80.000 piccole e medie imprese in Italia.
  Con circa 180 miliardi di euro, l'Italia è il maggior beneficiario dell'attività della BEI dalla sua costituzione. Ritengo inoltre sia un dato molto significativo il fatto che dall'inizio della crisi a oggi la BEI abbia finanziato opere e progetti per 65 miliardi di euro in Italia, attivando investimenti per circa 180 miliardi di euro.
  Questa è una rapida sintesi dell'attività che la BEI svolge a livello complessivo e in Italia. Veniamo ora al Piano di investimenti per l'Europa. Il contesto, come ricordato, è rappresentato dalla preoccupazione a livello europeo per una forte riduzione degli investimenti, in particolare di quegli investimenti necessari a sostenere la competitività a medio e lungo termine dell'Europa. È per questo motivo che si è ragionato sull'individuazione di un Piano di investimenti per l'Europa, che non è composto solamente dal cosiddetto fondo del Piano Juncker. Esso è più articolato e si compone di tre elementi. Il primo è estremamente importante e mira a realizzare quelle riforme regolamentari e strutturali, a livello sia nazionale sia di Unione europea, utili a creare un ambiente più favorevole agli investimenti.
  Basta consultare i dati del Doing Business Report, pubblicato ogni anno dalla Banca Mondiale, per vedere che in molti dei campi sui quali si misura l'attrattiva di un Paese per gli investitori l'Italia si colloca in posizioni non consone rispetto al suo potenziale e a quello che la sua economia è in grado di esprimere. Il primo elemento è quindi costituito dalla necessità di spingere sulle riforme a livello sia nazionale che europeo.
  Il secondo riguarda il potenziamento della cooperazione tra la BEI, la Commissione europea, gli Stati membri e quelle che a livello europeo vengono chiamate National Promotional Banks, in altri termini le Casse depositi e prestiti dei vari Paesi, per individuare progetti e facilitare la predisposizione – questo è un tema a mio avviso cruciale per l'Italia, sul quale tornerò dopo – di buoni progetti che possano essere finanziati. Se oggi guardo al mio Paese ritengo che non ci sia un problema di finanza, considerata la liquidità abbondante, bensì il problema di preparare bene i progetti.
  Da ultimo, lo European Fund for Strategic Investment (EFSI) permetterà alla BEI di intervenire in maniera diversa rispetto a quanto ha fatto fino a oggi, assumendosi un rischio e cercando di effettuare quegli investimenti che hanno un impatto maggiore anche in termini di attrazione di ulteriori capitali privati. Lo scopo, come sapete, è quello di mobilizzare circa 315 miliardi di euro di investimenti in tutta l'Unione europea.
  L'EFSI viene definito come un fondo ma in realtà si tratta di un accordo contrattuale tra la Commissione europea e la BEI. Non si tratta quindi di un soggetto che gode di personalità giuridica. Non è un'entità legale indipendente bensì una posta contabile, alimentata dalla Commissione europea e dalla BEI stessa, che serve a mitigare la rischiosità dei finanziamenti della BEI, fornendo quello che in gergo tecnico viene chiamato first loss piece, cioè un meccanismo di garanzia sulle prime perdite di un portafoglio complessivo di progetti e finanziamenti.
  La garanzia dell'Unione europea in favore della BEI, e quindi dell'EFSI, rimane all'interno della BEI. Tutte le operazioni di finanziamento saranno operazioni del gruppo BEI e, come tali, verranno registrate nella contabilità sia della Banca sia del Fondo.
  Attualmente nella bozza di regolamentazione in discussione è prevista una governance – a mio giudizio un po’ ridondante – che prevede uno steering board e un investment committee. Per altro, trattandosi di un fondo di garanzia, forse bisognerebbe piuttosto definirlo come un guarantee committee, dal momento che deciderà sull'eleggibilità o meno di un progetto a beneficiare della garanzia. In gergo finanziario, invece, l’investment committee è generalmente quel comitato che analizza e valuta gli investimenti, mentre quest'attività, come spiegherò dopo, verrà Pag. 6svolta dalla BEI. Accanto a questi organi, è previsto inoltre un managing director e un deputy managing director.
  Gli organi decisionali della BEI, cioè il comitato di direzione e il consiglio di amministrazione, continueranno comunque ad approvare ogni singola operazione secondo le procedure standard ed abituali della BEI, che ricordo finanzia progetti nell'Unione europea da sessant'anni.
  L’investment committee dovrà semplicemente approvare l'uso della garanzia per le singole operazioni: un progetto analizzato dalla BEI verrà presentato all’investment committee – o guarantee committee, come si chiamerà alla fine – e questo dirà se presenta le caratteristiche per accedere o meno al meccanismo di garanzia, nel qual caso potrà essere finanziato autonomamente dalla Banca.
  Per quanto riguarda la finestra dedicata alle attività a favore delle piccole e medie imprese (SMEs window), questo meccanismo non è previsto e saranno gli organi decisionali del FEI, nel quale del resto è rappresentata anche la Commissione europea, essendone azionista al 24 per cento, ad approvare le operazioni rivolte principalmente alle piccole e medie imprese.
  È previsto che soggetti terzi collaborino con il gruppo BEI, secondo diverse modalità. Parliamo di Stati membri, National Promotional Banks, come in Italia la Cassa depositi e prestiti, o entità del settore privato. Anche su questo tema vorrei ritornare dopo per chiarire in che modo, secondo me, è oggi ipotizzabile un tipo di collaborazione.
  Lo schema a pagina 7 del documento distribuito rappresenta in maniera grafica la struttura dell'EFSI. Abbiamo 16 miliardi di euro di garanzie che dovranno essere forniti dall'Unione Europea e 5 miliardi dalla BEI, che insieme costituiranno lo European Fund for Strategic Investment, il cuscinetto che assorbirà le perdite su un ammontare di finanziamenti erogati dalla Banca, che sarà un multiplo di questi. Avremo una window dedicata principalmente alle infrastrutture e all'innovazione, ma, come sembra emergere dal dibattito in Parlamento, con la possibilità di farvi rientrare in alcuni casi anche le piccole e medie imprese, e una window dedicata alle piccole e medie imprese di 5 miliardi di euro.
  I finanziamenti della BEI a valere sulla prima finestra saranno di circa 50 miliardi di euro, mentre per le piccole e medie imprese saranno di 12 miliardi. Gli investimenti realizzati saranno di circa 240 miliardi di euro per la parte infrastrutture e innovazione e di circa 75 miliardi per la parte piccole e medie imprese.
  Sappiamo che sono stati espressi dubbi su questo effetto moltiplicatore combinato in una misura di 1 a 15, ma vorrei ricordare l'aumento di capitale della BEI nel 2012. In quell'occasione gli Stati membri azionisti della BEI hanno contribuito con capitali per circa 10 miliardi di euro per sostenere 60 miliardi di euro di finanziamenti aggiuntivi della BEI nel corso del triennio 2012-2015, finanziamenti che dovevano contribuire a realizzare investimenti per circa 180 miliardi di euro, con una leva nell'ordine di 1 a 18, se consideriamo 10 miliardi di euro di aumento di capitale a fronte di 180 miliardi di investimenti realizzati.
  Alla luce di ciò, già a marzo di quest'anno, in anticipo di nove mesi sulla dead line prevista, abbiamo raggiunto l'obiettivo atteso dall'aumento di capitale. Riusciamo quindi ad avere un effetto catalitico sull'attrazione di ulteriori capitali e sul finanziamento di investimenti per un ammontare molto maggiore.
  Passando alle altre caratteristiche del Piano Juncker relative al Fondo, l'implementazione è prevista nell'arco di tre anni, sebbene si discute e si sta ragionando su una sua possibile estensione. La BEI sta cercando di avviare da subito l'istruttoria su alcuni progetti attraverso il warehousing, ossia anticipando l'istruttoria dei progetti più rischiosi che, una volta messo in piedi il meccanismo, potranno beneficiare della garanzia fornita dall'EFSI.
  I settori eleggibili sono quasi tutti. Parliamo di operazioni a favore di obiettivi molto ampi e sempre in linea con le politiche dell'Unione europea. Alcune materie, Pag. 7come infrastrutture, trasporti ed energia, sono abbastanza ovvie, ma vi rientrano, in particolare, anche le connessioni tra Paesi e le infrastrutture digitali. Sappiamo che in Italia c’è un dibattito molto ampio sulla banda larga. Ma parliamo anche di istruzione, salute, ricerca, sviluppo e innovazione, proprio nell'ottica di colmare il gap di investimenti che citavo prima.
  Nel campo dell'istruzione, per esempio, sebbene al di fuori del Piano Juncker, il consiglio di amministrazione della BEI ha di recente approvato un'importante operazione per finanziare il piano per la scuola del Governo italiano.
  Altro tema importante è quello delle energie rinnovabili e soprattutto dell'efficientamento energetico. Vi sono poi progetti nel settore dell'ambiente, delle risorse naturali e dello sviluppo urbano e sociale.
  Infine, con la finestra destinata alle piccole e medie imprese miriamo a finanziare e sostenere le piccole e medie imprese, cioè quelle imprese con meno di 250 dipendenti, o le Mid-Caps, che hanno tra 250 e 3.000 dipendenti. Noi ci occuperemo di verificare che i criteri di eleggibilità vengano rispettati. L'ambito di applicazione del Piano Juncker sarà per la gran parte l'Unione europea, ma non escludiamo la possibilità di finanziarie opere di interconnessione energetica o infrastrutturali con i Paesi del vicinato, cioè i Paesi limitrofi all'Unione europea.
  Per quanto riguarda le controparti ammissibili, abbiamo aziende di qualsiasi dimensione, incluse le piccole e medie imprese e le Mid-Caps, utilities ed enti del settore pubblico. Non dico Stati sovrani perché finanziare gli Stati sovrani presenta un profilo di rischio per noi perfettamente gestibile nell'attività ordinaria. Ricordiamo che il Piano Juncker sarà un «di cui» dell'attività ordinaria della BEI.
  Sono altresì incluse le National Promotional Banks, con cui stiamo lavorando per creare piattaforme comuni di investimento, ma anche le banche ed altri intermediari finanziari.
  Quello che faremo noi – ripeto – sarà verificare che i criteri di ammissibilità siano rispettati, ma anche effettuare tutte le analisi di compliance e di mitigazione del rischio reputazionale per fare in modo che i progetti che finanziamo siano sostenibili e attuati con controparti affidabili e ritenute in grado di non creare problemi di rischio reputazionale.
  Le operazioni dovranno essere fattibili dal punto di vista commerciale, ovvero in grado di attirare anche investimenti privati, e tecnicamente valide. Noi spesso infatti rifiutiamo progetti che riteniamo non stiano in piedi dal punto di vista tecnico. I progetti devono inoltre essere finanziariamente ed economicamente sostenibili, cioè in grado di apportare un beneficio economico al Paese, con un valore aggiunto per l'Unione europea. Devono avere, infine, un impatto sull'occupazione e sulla crescita e, laddove sia opportuno e conveniente per la conclusione dell'investimento stesso, si prevede la possibilità di utilizzare l'intermediazione bancaria.
  Ancora una volta si è deciso di fare leva sui sessant'anni di esperienza della BEI nel finanziamento di progetti di interesse per l'Unione europea, ampliando, grazie al fondo di garanzia, la capacità di assunzione del rischio al di là di quanto fatto in media fino ad oggi, così da permettere il finanziamento di progetti che altrimenti non saremmo riusciti a finanziare oppure di progetti con valore aggiunto nei quali avremmo avuto difficoltà a intervenire per il grado di rischio da assumere.
  Traslato in prodotti, ciò significa avere a che fare con controparti più rischiose o intervenire in strutture di finanziamento con un profilo di rischio maggiore rispetto al passato. Infatti, parlando di profilo di rischio e prodotti, nel Piano Juncker è previsto un significativo aumento del nostro profilo di rischio rispetto al livello medio del portafoglio della BEI. Se oggi le nostre regole prevedono di fare operazioni assumendo alcuni tipi di garanzia, beneficiando di una garanzia dell'Unione europea potremo avere più flessibilità nel finanziare alcune controparti per proteggere il capitale della Banca.Pag. 8
  Sicuramente finanzieremo controparti al di sotto dell’investment grade, con prodotti di debito e altri invece di natura equity, ossia con prestiti ma anche con assunzione di rischio diretto nel capitale delle controparti. Come ripeto, lo scopo è quello di facilitare l'implementazione di questi investimenti e in particolare di sostenere gli investimenti strategici, assorbendo maggiori rischi finanziari e intervenendo in maniera più rischiosa al fine di ridurre il rischio di altri soggetti privati che vorranno intervenire.
  Venendo alla SMEs window, mi piace aprire una parentesi. È chiaro che stiamo parlando di questioni in progress. C’è una discussione in corso in Parlamento e quanto ci diciamo è in fase di modifica. La SMEs window è coperta da 2,5 miliardi di euro forniti dalla BEI e 2,5 miliardi di garanzie fornite dalla Commissione europea. Mireremo a finanziare e sostenere le piccole e medie imprese e le Mid-Caps, cercando in particolare di colpire quei gap di mercato che oggi vediamo abbastanza evidenti. Il risultato sarà quello di attivare circa 75 miliardi di euro di investimenti a favore di piccole e medie imprese e Mid-Caps.
  Voglio fornirvi un esempio concreto. Oggi il FEI, quella parte del gruppo BEI che si occupa degli investimenti più rischiosi, cioè dell’equity verso le imprese, e opera come un «fondo di fondi», investendo in piccole e medie imprese in maniera indiretta attraverso il finanziamento di fondi di private equity e venture capital che a loro volta intervengono nel capitale e nei mezzi propri delle imprese, agisce per lo più sulla base di mandati conferiti dalla BEI. La BEI mette a disposizione i fondi e il FEI li gestisce.
  Questa capacità di investimenti aggiuntiva mi fa naturalmente pensare, per esempio, al gap europeo nel mercato del venture capital. Negli Stati Uniti circa il 2,5 per cento del PIL è rappresentato dai fondi destinati al venture capital e al sostegno delle imprese nei primi stadi di vita. In Europa questa percentuale è in media dello 0,5 per cento circa. È un gap formidabile da colmare per dare l'opportunità alle piccole imprese che partono di avere a disposizione i mezzi per innovare e arrivare sul mercato.
  Prevediamo di riuscire a catalizzare investimenti per circa 30 miliardi di euro a favore delle piccole e medie imprese e delle Mid-Caps, ma la prima cosa da fare è capire dov’è che il mercato non funziona. Rispetto all'ammontare dei fondi destinati al venture capital a livello europeo nel 2007, cioè prima della crisi, che era pari a circa 6,7 miliardi di euro, oggi siamo al di sotto del 50 per cento. Qui il mercato non sta funzionando e qui occorre portare risorse pubbliche.
  Di questi quasi 3 miliardi di euro, il 40 per cento – ma la percentuale è in forte crescita – è peraltro di natura pubblica. Gli investitori privati si sono quindi allontanati da questo segmento di mercato, che è invece vitale per rinnovare e dare prospettive di crescita all'economia.
  Per quanto riguarda il contributo della BEI all'EFSI, per le infrastrutture ci sarà una sotto-finestra dedicata agli strumenti di debito e una finestra dedicata agli investimenti di tipo equity, caratterizzati da un rischio ancora più elevato. Il meccanismo di attivazione della garanzia è riportato, in forma schematica, nella slide a pagina 15. Abbiamo un insieme di progetti che, data la natura più rischiosa, produrranno perdite. A destra si vede che una prima parte delle perdite sarà coperta dalla garanzia dell'Unione europea, mentre il rischio residuo rimarrà sui libri della BEI.
  Questo è il meccanismo di funzionamento del Fondo nel Piano Juncker. Fino a una certa quota i rischi e le perdite verranno coperti da una garanzia; oltre quella soglia, saranno a carico della BEI, che rimane quindi esposta a potenziali perdite nette.
  Da ultimo, reputo particolarmente importante, soprattutto per l'Italia, l'idea di razionalizzare la strumentazione volta a offrire consulenza sugli investimenti. All'interno della BEI, che già oggi offre servizi di consulenza, sarà istituto un hub della consulenza. L'idea è sostenere la preparazione e lo sviluppo di progetti e Pag. 9investimenti di qualità, cercando di aumentare l'effetto leva dei fondi dell'Unione europea e migliorando la finanziabilità dei progetti.
  A oggi l'Unione europea ha previsto un contributo di 20 milioni di euro annui fino al 2020 per finanziare, insieme alle risorse che la BEI destina all'attività di consulenza, questo unico punto di riferimento, rispetto al quale potrà anche esserci il coinvolgimento di ulteriori fonti di finanziamento.
  È un aspetto importante perché oggi, in una situazione di ampia liquidità, non sono le risorse che mancano bensì i progetti ben fatti; questo è il tema fondamentale. Avere l'esperienza e cercare di mutuare le best practice europee a livello italiano offre, a mio avviso, un grande valore aggiunto. Si tratta di un aspetto non particolarmente brillante o non molto discusso del Piano Juncker, su cui invece, a mio parere, vale la pena di fermarsi a riflettere.
  Nella slide di pagina 17 vedete quali sono i soggetti da cui ci aspettiamo provenga la domanda dei servizi di consulenza. In genere saranno i promotori del progetto, ma anche le autorità pubbliche, gli Stati membri, il settore privato. Con specifico riguardo alle autorità pubbliche, ricordo che esiste uno strumento di consulenza per l'utilizzo dei fondi strutturali, denominato JASPERS (Assistenza congiunta a sostegno dei progetti nelle regioni europee), che fino a oggi è stato utilizzato principalmente dai nuovi Stati membri e ha prodotto risultati straordinari. In particolare, ingegneri ed economisti affiancano le autorità di gestione – nel caso italiano le province – a preparare meglio i progetti. In Paesi come la Polonia o la Repubblica Ceca il livello di assorbimento dei fondi strutturali ha avuto una forte accelerazione.
  Fortunatamente anche l'Italia ha richiesto l'estensione di questo strumento nel nuovo periodo di programmazione e penso che ciò potrà essere di grande beneficio.
  Al di là del programma JASPERS, c’è un'altra serie di strumenti e di attività di consulenza che la BEI già fornisce per finanziare progetti in ricerca, sviluppo e innovazione o per strutturare public-private partnership. Ci saranno servizi aggiuntivi e in questo lavoro di consulenza cercheremo di fare leva soprattutto su chi opera e possiede una migliore conoscenza del territorio, servendoci di altre istituzioni finanziarie nazionali – penso a strutture come Kreditanstalt für Wiederaufbau (KFW) in Germania, a Caisse des dépôts (CDC) in Francia e al gruppo Cassa depositi e prestiti in Italia – per offrire una collaborazione integrata.
  Concludo con le ultime due slide di pagina 18 e 19. La normativa dell'EFSI è stata proposta dalla Commissione e rivista dal Consiglio ed è attualmente all'attenzione del Parlamento europeo. Vi sono alcuni aspetti positivi di cui siamo contenti. Ad esempio, sono previsti ampi criteri di eleggibilità e un'ampia gamma di prodotti che sarà possibile offrire. Questo ci dà la possibilità di lavorare con un'ampia platea di controparti. Poiché dovremo implementare alcuni aspetti e vogliamo essere messi nelle condizioni di avere successo, stiamo collaborando con gli altri organismi comunitari.
  Vi sono alcuni punti che, invece, sono ancora aperti. Il primo riguarda la discussione molto complicata presso il Parlamento europeo sulla copertura della garanzia dell'Unione europea. Per noi è molto importante, prima di predisporre il meccanismo, avere chiarezza sulla disponibilità dei fondi. Nell'ambito del Parlamento europeo si discute sul fatto di attingere i fondi dalla Connecting Europe Facility o da Horizon 2020. Non è un lavoro che spetta alla BEI, ma lo seguiamo con grande interesse perché è alla base di tutto.
  Quanto alla governance della BEI, essa funziona bene ed è stata in grado negli anni di portare un buon contributo agli Stati membri. Secondo noi è necessario che la governance sia snella ed essenzialmente imperniata sulla competenza e sull'esperienza della BEI. Riteniamo ottimale non avere troppi livelli di governance e mantenere un processo snello, con il guaranteePag. 10committee che operi in maniera binomiale. Già noi abbiamo ingegneri ed economisti per condurre l'attività istruttoria, dunque sarebbe uno spreco di risorse doverli duplicare.
  C’è un tema di applicabilità delle regole per gli aiuti statali agli investimenti EFSI che deve essere gestito in modo tale da consentire una rapida messa in opera del Fondo. Quello dei criteri di addizionalità è un altro tema, ma mi sembra che la gestione di tutti questi aspetti stia avvenendo nel modo ottimale.
  Vogliamo realizzare investimenti e finanziamenti con maggiore rischiosità e un chiaro valore aggiunto per l'Unione europea. Pensiamo che ci sia spazio per dedicarci alle piccole e medie imprese, sia nella finestra ad esse strettamente dedicata sia nell'ambito dell'attività della BEI, ovvero nella finestra dedicata a innovazione, ricerca, sviluppo e infrastrutture.
  Occorre inoltre fare un chiarimento importante. Dopo l'ECOFIN di Milano tutti i Paesi europei hanno elaborato liste di progetti che rappresentavano priorità nazionali. Riteniamo queste liste un riferimento per l'implementazione del Piano Juncker. Non è detto però che tutti i progetti elencati verranno finanziati e non è vero che i progetti non presenti in queste liste non verranno finanziati. La lista si inseriva nell'ambito di un dibattito sulla carenza di domanda di investimenti. Visto che la domanda di investimenti c’è, vogliamo focalizzarci su quelli buoni.
  Si sta cercando di trovare un accordo tra la Commissione europea e la BEI per fare in modo di partire. Non vi nascondo che esiste anche una tematica di copertura degli extra costi in cui la BEI incorrerà assumendo nuovo personale per realizzare il volume aggiuntivo di investimenti. Se sarà la BEI a farsene carico, la scelta sarà legittima e dipenderà dai ventotto Stati membri che ne sono azionisti, ma così si traslerebbe di fatto in uno spostamento di risorse dagli Stati membri alla Commissione. Se la Commissione, come fa abitualmente ogni volta che ci dà mandato, vorrà contribuire alla copertura dei costi, allora rientreremo in uno schema più consolidato.
  A pagina 19 c’è una slide conclusiva sulle priorità che personalmente vedo per l'Italia. C’è sempre un bisogno di infrastrutture economicamente sostenibili. Ritengo che nel campo delle infrastrutture ci sia l'esigenza di individuare delle priorità, cercando di investire sulle opere che abbiano un maggiore ritorno economico. Devo dire che questo lavoro si sta già facendo. Voglio inoltre sottolineare come l'esercizio sulla lista degli investimenti abbia di fatto avviato un dialogo molto costruttivo tra le amministrazioni dello Stato.
  Quanto agli investimenti ambientali e alla lotta al dissesto idrogeologico, essi a nostro avviso costituiscono una priorità assoluta per l'Italia, al pari della Digigal Agenda, di cui abbiamo parlato in precedenza, in considerazione anche del gap esistente sulla banda larga ed ultra larga. Gli investimenti in ricerca e sviluppo con il settore industriale privato rappresentano un'altra priorità ed in proposito, per quanto non abbia qui il grafico, l'Italia come settore privato non si posiziona tra le best practice in termini di investimenti realizzati a sostegno di ricerca, sviluppo e innovazione. Il tessuto chiave della nostra economia sono le piccole e medie imprese e alcune Mid-Caps, tema che vogliamo assolutamente affrontare nell'ambito del Piano Juncker.
  Per sfruttare al meglio queste opportunità l'Italia deve identificare progetti credibili e bancabili e continuare con lo screening di nuovi progetti. Una tematica importante è quella del rafforzamento delle competenze tecniche delle pubbliche amministrazioni locali e in misura minore, a mio avviso, di quelle centrali. Le competenze tecniche a livello locale si sono spesso molto indebolite e questo si trasforma, nel caso peggiore, in inazione e, nel caso migliore, in una capacità limitata di produrre progetti di buona qualità.
  Occorre coinvolgere i capitali privati e quindi creare strutture di finanziamento in cui la BEI assuma il rischio maggiore Pag. 11per offrire ai privati la possibilità di intervenire con profili di rischio minore. Ciò che manca in Italia rispetto ad altri Paesi è un quadro chiaro di regole per la realizzazione delle opere e l'accelerazione del loro completamento.
  Molto spesso le opere partono con un budget di costi e un cronoprogramma che difficilmente vengono rispettati per via di misure compensative sul territorio nonché, rispetto ad altri Paesi, per un eccessivo, seppur forse legittimo, ricorso al contenzioso. A mio parere, queste sono le misure che l'Italia deve adottare per rendere la sua economia più competitiva e poter trarre maggiori benefici dal Piano Juncker.
  Mi fermo qui e resto a disposizione per qualsiasi domanda.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor Scannapieco. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  GIAMPAOLO GALLI. Ringrazio il vicepresidente per questa esposizione molto utile per ciò che attiene sia alle attività poste in essere dalla BEI sia alle modalità della sua interazione con il Piano Juncker.
  Vorrei fare questa osservazione, forse un po’ banale ma utile per la nostra discussione: almeno in Italia – non so negli altri Paesi – credo che sia giunto il messaggio che il Piano Juncker si presenta come un piano da 315 miliardi di euro che in verità, però, sono solo 16.
  Questa idea che ci sia un moltiplicatore forse qualcuno l'accetta come un dogma, visto che proviene da autorità finanziarie molto alte a Bruxelles e in Lussemburgo, ma non è ben capita. Io sarei quindi molto lieto se lei riuscisse a dire qualcosa che possa convincerci che il moltiplicatore è rilevante, al di là del fatto che sia di 1 a 15, di 1 a 18 o di 1 a 12.
  In particolare, alla luce del fatto che negli ultimi anni non sono caduti solo gli investimenti privati, ma sono anche crollati gli investimenti pubblici, questa domanda la rivolgo con riferimento a progetti da finanziare che possono esistere ed essere anche molto rilevanti, ma che al contempo possono avere una redditività sociale molto elevata e una redditività privata, in termini finanziari, molto bassa o nulla. Un conto è finanziare un'autostrada a pedaggio e un conto è finanziare una strada che il pedaggio non ce l'ha.
  Il dissesto idrogeologico è il classico settore in cui c’è potenzialmente un enorme ritorno sociale, mentre per gli investitori il ritorno è quasi zero. Come fa il Piano Juncker ad attivare finanziamenti privati, per esempio, sul dissesto idrogeologico ? Se è di questo che stiamo parlando, allora valgono i 16 miliardi di euro e non i 315. Chiedo a lei quale sia la risposta giusta.
  Sempre per cercare di capire meglio questa faccenda, pongo altre due questioni. La prima è: come fate con le piccole e medie imprese ? Tipicamente con le piccole e medie imprese voi lavoravate attraverso le banche; il resto del finanziamento e la valutazione del merito di credito venivano cioè gestiti dalle banche, con tutte le loro strutture territoriali.
  In una slide è stato illustrato che le piccole e medie imprese diventerebbero controparti ammissibili: mi chiedo se sarebbero controparti dirette della BEI o controparti via terzi, come gli enti o le banche che erogano il finanziamento.
  L'altra domanda è come mai non sia stato posto il problema dei rapporti con i fondi di garanzia nazionali. In Italia abbiamo un fondo di garanzia, l'ex Mediocredito centrale, che certamente lei conosce benissimo. Lì si capisce bene cosa sia un moltiplicatore, perché ai prestiti bancari si danno garanzie che si attivano solo nel caso in cui il prestito vada male. Con una quantità ridotta di risorse, quindi, si possono attivare molti finanziamenti.
  Mi chiedo se il tipo di operazione che si farà con il Piano Juncker non sia molto simile a quella che realizzano i fondi di garanzia nazionali e se quindi non si ponga l'opportunità di instaurare dei rapporti con questa realtà.

  ADRIANA GALGANO. Ringrazio il vicepresidente Scannapieco per la sua relazione, che ha sollecitato molti interrogativi. Pag. 12Ha risposto ad alcuni, ma certamente ne abbiamo tanti altri.
  Il primo punto che le chiedo di chiarire è quale sarà il criterio di priorità utilizzato nella selezione dei progetti, se ci sarà un criterio di riparto tra i Paesi ed eventualmente da chi sarà stabilito.
  Inoltre, chi presenterà i progetti ? Saranno le aziende, il pubblico o una joint venture tra pubblico e privato ?
  Nella presentazione lei ha detto che la Banca europea per gli investimenti finanzia fino al 50 per cento. Mi è venuto un dubbio: la garanzia opererà sul 100 per cento o sul 50 per cento del progetto, come da regole BEI ?
  Altra domanda è se ci sarà un'entità minima di finanziamento. D'accordo le classi di dimensioni delle aziende, ma questo significa che potranno recarsi da voi per qualsiasi entità di finanziamento oppure ci saranno dei minimi e dei massimi ?
  Infine, personalmente mi preoccupa il fatto che aumenteranno i vostri rischi. Se aumentano i rischi, di conseguenza aumenteranno anche i costi, non solo quelli amministrativi, ma anche quelli necessari a far fronte ai nuovi rischi. La domanda è se si stia valutando come e chi dovrà coprirli.
  La domanda regina è però la seguente: fatti salvi tutti questi interrogativi, si riuscirà a partire per giugno ?

  GIRGIS GIORGIO SORIAL. Guardando ai criteri, alle modalità di accesso e di valutazione, risulta esserci un contrasto enorme tra investimenti con elevato valore sociale e infrastrutture di altro tipo, che hanno un impatto differente dal punto di vista finanziario ma anche ambientale.
  Per l'Italia si parla di investimenti prioritari per il dissesto idrogeologico e la protezione dell'ambiente, ma si parla purtroppo anche di investimenti di una certa natura che contrastano con i principi della salvaguardia dell'ambiente. Ci troviamo in una situazione contrastante.
  Vorrei quindi capire come vengono selezionati i progetti finanziabili dal Fondo e come si sono definite o si definiscono le finalità degli investimenti da privilegiare attraverso la garanzia del Fondo stesso. Il nostro punto di vista forse non è condiviso da tutti, ma vorremmo fossero privilegiati gli investimenti con un elevato valore sociale e un'alta sostenibilità ambientale, utilizzando come criterio prioritario questo e non altri.
  Parliamo di investimenti che servono a migliorare il livello della sanità, dell'istruzione, l'accesso alla banda larga, che in qualche misura è già preventivato, e le infrastrutture energetiche ecosostenibili, anche perché l'andamento globale va in quella direzione. Vorremmo altresì che fosse impedito l'utilizzo di questi finanziamenti per opere che vadano a detrimento degli investimenti testé indicati, altrimenti saremmo punto e a capo.
  L'altra domanda concerne i finanziamenti destinati alle piccole e medie imprese. Vorrei capire come saranno mantenute distinte le risorse da dedicare alle imprese con meno di 250 dipendenti e le risorse da dedicare alle Mid-Caps. Poiché conosciamo tutti molto bene la natura industriale del nostro territorio, le chiedo come queste risorse verranno destinate a un settore piuttosto che all'altro e come verranno privilegiate le une imprese rispetto alle altre.
  Mi scuso se mi sto dilungando, ma vorrei sapere anche come si riuscirà a non tagliare ulteriormente le risorse destinate ad alcuni progetti per trovare gli altri 8 miliardi di euro a copertura dei 16 totali. Mi riferisco a programmi quali Horizon 2020 e Connecting Europe Facility, che pure hanno un loro budget ma a proposito dei quali si ha la sensazione che, nel momento in cui si dovranno eventualmente reperire quegli 8 miliardi di euro da far confluire nella garanzia, saranno tagliati, benché già preventivati.
  Concludo con una domanda che reputo doverosa, ma che probabilmente non avrà mai una risposta. È una domanda da un milione di dollari. Non cerco una risposta, ma la vostra opinione sul modo in cui evitare che queste risorse vadano a gonfiare una certa economia parallela e illegale, Pag. 13con cui in Italia abbiamo a che fare quando si parla di investimenti di questa natura.

  FRANCESCO CARIELLO. Vorrei fare una domanda a monte di tutto quello che ci siamo detti. Al di là di dove andranno a finire questi soldi e di quale sarà la pipeline dei progetti, la BEI è partecipata dagli Stati membri. Sono cioè gli stessi Stati membri che metteranno a disposizione i quattrini. C’è il rischio che si rientri in aiuti di Stato verso imprese che poi usufruiranno di questi investimenti ?
  Gli investimenti avranno un nome e un cognome e un'impresa che li realizzerà. Prendiamo, ad esempio, l'Agenda digitale: non so come questo progetto sia stato inquadrato e cosa si debba realizzare, ma provo a immaginare l'infrastruttura digitale in questo Paese, dove credo che di aziende e di operatori nel settore delle infrastrutture per far correre la banda larga ce ne siano già. Ci sono infatti operatori pubblici, privati e qualcosa di misto.
  Nel momento in cui la BEI, che è partecipata dagli Stati membri, aiuterà ulteriori investimenti, si andrà a creare un monopolio oppure si entrerà nel mercato con un nuovo soggetto che usufruirà di soldi pubblici. In questo caso, la Commissione europea come valuterà questi investimenti ? Sono praticamente degli aiuti di Stato a operatori privati. Questo è il concetto a monte di tutto, che mi premeva sottolineare.
  Mi ha incuriosito il quadro storico che lei ha mostrato nella sua presentazione, da cui si evince che la BEI ha aiutato nel corso degli anni il nostro Paese, che risulta uno dei maggiori beneficiari degli investimenti.
  Poiché di investimenti se ne sono già fatti, in che modo questa volta ritenete che il Piano Juncker possa effettivamente rilanciare il Paese ? O finora non ha funzionato qualcosa o stiamo parlando di un piano fallimentare già in partenza.
  Lei ha parlato di un accentramento delle valutazioni all'interno della BEI e ha sollevato il problema fondamentale dei costi, delle ulteriori risorse necessarie per poter accentrare questa governance all'interno della BEI. Poiché sapete che questo è tuttora un problema e non avete pianificato come sostenere questi ulteriori costi, in che modo pensate di dare delle risposte immediate a quelle piccole e medie imprese che nel nostro Paese sono migliaia ? In Italia non abbiamo piccole e medie imprese inferiori ai 250 addetti come voi rilevate; per ogni piccola e media impresa che altrove ha 250 addetti, ce ne sono 250 nel nostro Paese. Questo significherebbe sostenere la richiesta proveniente da una sola azienda di altri Paesi, mentre dal nostro Paese vi arriverà una pipeline di almeno 200 richieste. Come pensate quindi di poter attuare un piano che non ha ancora individuato in che modo sostenere quei costi ulteriori ?
  Un'ultima nota riguarda la pipeline dei progetti evidenziata all'ECOFIN di Milano. Possiamo ragionare sull'Agenda digitale e sulle infrastrutture per sostenerla, ma il mio gruppo parlamentare ritiene che il dissesto idrogeologico non possa essere considerato un investimento: il dissesto idrogeologico è una normale amministrazione non fatta nel nostro Paese negli ultimi cinquanta anni, quindi non si può trasformare qualcosa di non eseguito in un potenziale investimento, non ammetto che si parli di investimenti quando si tratta di risolvere un problema che il nostro Paese ha.
  Vengo da una realtà industriale privata e in Italia esistono le regole e la tecnologia per governare e migliorare il ciclo dell'acqua, per cui parlare oggi di investimenti mi fa impressione.
  Queste sono le mie considerazioni e spero di avere delle risposte.

  NAZZARENO PILOZZI. Molte delle questioni che volevo evidenziare sono state già dette. Si è accennato a una ripartizione dei fondi anche all'interno dei vari Paesi europei, quindi vorrei capire se questi fondi, quando verranno erogati, terranno conto degli obiettivi europei anche all'interno dello stesso Paese, perché sappiamo che ci sono obiettivi diversi anche all'interno Pag. 14degli Stati membri, oppure se faranno parte di un unico bando europeo, dove realtà con obiettivi diversi si troveranno tutte sullo stesso piano.
  Riguardo alla questione delle piccole imprese, è chiaro che in Italia esiste una peculiarità di piccolissime imprese dovuta anche alle caratteristiche della legislazione sul lavoro nel nostro Paese.
  Al riguardo, si parla infatti molto di implementazione delle strutture per agevolare le aziende che chiedono questi contributi ma, siccome spesso le piccolissime imprese hanno anche il problema della conoscenza e della capacità di proporre progetti, per cui magari c’è un grande bisogno di quei soldi ma non c’è la capacità di renderlo comprensibile agli altri, vorrei sapere se su questo ci sia la possibilità di intervenire.
  Accolgo invece con grande soddisfazione il fatto che ripartano degli investimenti europei, perché, al netto di quello che è stato detto del moltiplicatore di 1 a 15, essendo stato sindaco e amministratore e conoscendo il mio territorio non me la sento di dire che tutti i finanziamenti europei arrivati sinora non siano stati utilizzati per il bene dei territori e dei cittadini.
  Conosco per fortuna molti investimenti fatti con finanziamenti europei che hanno invece contribuito alla crescita sociale, culturale ed economica di molti territori. Il mio è un territorio che è riuscito a venire fuori da un periodo di phasing out anche grazie agli interventi europei.
  Lo vedo quindi in maniera positiva, però credo che su alcuni aspetti dobbiamo continuare a evidenziare le peculiarità di ogni singolo Paese membro e all'interno di ogni singolo Paese membro le peculiarità delle varie zone.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altre domande, ne aggiungo una io per il dottor Scannapieco. Tornando all'ultima slide, che sintetizza in qualche modo la sua relazione e ci pone di fronte alle nostre responsabilità in ordine al tema delle priorità italiane e soprattutto di cosa deve fare l'Italia per sfruttare al meglio queste opportunità, vorrei chiederle alcune precisazioni.
  Se, come ricordava l'onorevole Sorial, si tratta di progetti con una rischiosità così alta tale che altrimenti non sarebbero finanziati, sarebbe interessante capire meglio la differenza tra oggi e domani, e questo modello potrebbe evidentemente essere utilizzato come prototipo per la valutazione delle strategie infrastrutturali future.
  Mi pare di capire – ma vorrei una sua conferma – che la BEI utilizzerebbe la sua esperienza di valutazione dei progetti e si avvarrebbe di competenze di organismi specializzati, che nel caso italiano sarebbe la Cassa depositi e prestiti.
  Le chiedo se, sulla base della scelta che il Governo italiano ha comunicato, quella degli 8 miliardi di euro finanziati da Cassa depositi e prestiti che si sommano agli 8 miliardi di euro ciascuno di Francia e Germania e al miliardo e mezzo della Spagna, per la Banca europea degli investimenti il meccanismo di funzionamento sia già chiaro o se anche voi siate in attesa di delucidazioni dal lavoro che in questo momento anche il Parlamento europeo sta facendo ed aspettiate dalla proposta di regolamento attualmente in esame la parola finale.
  Le chiedo questo perché sui tempi noi stiamo andando in parallelo con il lavoro svolto in questi giorni dal Parlamento europeo e dalla Commissione europea. Noi abbiamo più obiettivi, ma quello di brevissimo termine è riuscire a incidere sul Documento di economia e finanze (DEF) 2015 che il Governo italiano sottoporrà alle Camere per la sua approvazione nel mese di aprile; siccome quel DEF sarà corredato dall'Allegato sulle infrastrutture, vorremmo che nel citato Allegato per i prossimi tre anni ci fosse una traccia del Piano Juncker, poiché sarebbe oggettivamente contraddittorio se non ci fosse. I tempi sono quindi fondamentali.
  Inoltre, esistono secondo le informazioni in vostro possesso progetti proposti da enti territoriali italiani che in base alle strumentazioni oggi disponibili per la BEI Pag. 15e la Cassa depositi e prestiti non sono finanziabili e lo sarebbero invece attraverso il FEIS ?
  Le chiedo, altresì, se questa esperienza, laddove dovesse diventare positiva, potrebbe essere utilizzata anche in futuro sui progetti connessi alle grandi infrastrutture. Lo dico perché lei evidenziava in un suo passaggio che voi state lavorando con Cassa depositi e prestiti per piattaforme comuni di investimento; ciò a noi fa molto piacere, ma sarebbe opportuno che Cassa depositi e prestiti in qualche modo si raccordasse anche con il Parlamento per individuare le direttrici, dal momento che il DEF non è stato ancora approvato, su cui concentrarci.
  Mi ha fatto riflettere la sua valutazione secondo cui non è detto che verrà rispettata la lista dei progetti ECOFIN. Sarebbe opportuno per noi capire, ad un certo punto, quale sia il centro decisionale, altrimenti non si riuscirà a valutare quanto il nostro contributo potrà essere utile sia al Governo per l'Allegato sulle infrastrutture al DEF, sia ai nostri colleghi in Europa per definire alcune priorità.
  Do la parola al vicepresidente della BEI, Dario Scannapieco, per la replica.

  DARIO SCANNAPIECO, vicepresidente della BEI. Grazie, presidente. Ringrazio gli onorevoli per le domande e mi scuso se nella presentazione non sono stato in grado di chiarire tutto, ma questa è l'occasione per farlo. Chiederò poi eventualmente al dottor Lazzaroli e al dottor Massa Bernucci se intendono completare quanto dirò.
  Inizio dalle domande poste dall'onorevole Galli. Sul discorso del moltiplicatore, provo a fare alcuni esempi concreti, tra i quali l'idea che sottostà alla project bond initiative, una iniziativa in cui la BEI interviene – mi permetto di entrare nel tecnico avanzato, conoscendo il passato professionale dell'onorevole Galli – in tranche mezzanine di finanziamento per progetti di infrastruttura. Ciò significa per la BEI assumere un rischio a metà tra l’equity e il senior debt, ma intervenendo su questa fascia mezzanina, e quindi molto rischiosa, si genera un credit enhancement, un miglioramento del merito di credito della tranche superiore.
  Un altro esempio molto banale è il seguente: se interveniamo con una tranche che può avere un rischio BB o BB-, portando il debito senior che finanzia l'infrastruttura a livello di rating A o A-, l'esperienza ci dice che riusciamo a catturare tutti quegli investitori come fondi pensioni o società di assicurazioni, che oggi hanno appetito per investimenti anche in infrastrutture a medio-lungo termine, ma che non potrebbero investire in debito ordinario senza questo credit enhancement, perché altrimenti il rating sarebbe troppo basso per rientrare nei loro bilanci.
  L'idea è quindi prevedere piccoli investimenti con un connotato di rischio molto maggiore, che assorbe le perdite se si generano e tiene immuni dalle perdite gli altri investitori, rendendo quindi più facile agli investitori intervenire.
  Un altro esempio molto semplice di effetto catalitico, premesso che la leva si misurerà su quello che effettivamente sarà, è il seguente: se si interviene in un venture capital, la presenza del Fondo europeo per gli investimenti (FEI) come cornerstone investor nelle fasi iniziali di raccolta di un fondo, vista la lunga esperienza del FEI, agevola e anche di molto l'attrazione di altri investitori, perché viene visto come un elemento di qualità e di garanzia per gli altri investitori, e quindi, se investe il FEI, altri soggetti si fidano della nostra presenza e così investono.
  Da ciò si attiva un meccanismo di attrazione di ulteriori risorse finanziarie, che in ultima analisi, nel caso di cui stiamo discutendo, poi si realizza in un moltiplicatore tra risorse messe a disposizione dalla Commissione europea, finanziamenti della BEI e investimenti finali che vengono generati.
  Non posso che concordare con lei sul discorso che gli investimenti pubblici si sono fortemente ridotti, e aggiungo che si sono fortemente ridotti – ci sono grafici che lo dimostrano – in maniera direttamente Pag. 16proporzionale al rapporto debito-PIL, nel senso che più i Paesi erano indebitati e logicamente più hanno ridotto gli investimenti pubblici.
  Sono d'accordo che investimenti prioritari come quelli nel campo del dissesto idrogeologico sono investimenti di natura pubblica, ancorché ci possa essere una componente nell'ambito della gestione delle acque che può essere realizzata da utilities locali, secondo uno schema in cui peraltro abbiamo iniziato ad applicare anche meccanismi di finanziamento innovativi.
  In Italia, ad esempio, abbiamo finanziato delle utilities nel Veneto, cartolarizzando i minibond emessi da 9 utilities; è stata un'operazione innovativa, dal momento che 9 utilities hanno emesso dei minibond e un veicolo li ha acquistati emettendo dei titoli obbligazionari (ABS) che sono stati comprati dalla BEI.
  Esistono quindi molti modi per fare finanza e per strutturare in maniera creativa e innovativa i finanziamenti, pertanto si potrà affrontare il problema delle acque in termini più generali anche attraverso le utilities e con strutture innovative.
  Per le piccole e medie imprese ciò vorrà dire, ad esempio, avere a che fare con banche con cui attualmente non abbiamo avuto a che fare in maniera diretta, perché ritenute troppo rischiose. Generalmente, quando le controparti sono molto piccole, noi abbiamo difficoltà ad affrontarle singolarmente, quindi cerchiamo di metterle insieme.
  L'anno scorso con le banche di credito cooperativo in Italia abbiamo fatto una bellissima operazione, in cui 14 banche di credito cooperativo disperse sul territorio nazionale hanno ceduto dei loro crediti, quindi attraverso anche un'operazione di realized capital sui loro bilanci, a un veicolo che ha emesso delle obbligazioni, dei bond, degli ABS, che sono stati acquistati dalla BEI.
  Questo è un modo per fare massa: mettere più controparti insieme con strutture finanziarie più sofisticate.
  Quanto ai fondi di garanzia nazionali, la crisi ci ha insegnato quanto sono importanti. Lavoriamo con il Fondo centrale di garanzia e di recente abbiamo fatto un'operazione con una sezione ad hoc del Fondo centrale di garanzia, attivando in Italia un meccanismo simile a quello del Piano Juncker: 100 milioni di euro di garanzia del Ministero dello sviluppo economico sono stati appostati per creare la parte rossa che vedete nel grafico, il cosiddetto first loss piece ed assorbiranno le prime perdite su un portafoglio di 500 milioni di progetti destinati a imprese che investono in ricerca, sviluppo e innovazione, che saranno finanziati dalla BEI.
  Ecco un modo intelligente di usare risorse pubbliche: invece di dare, come previsto originariamente, contributi in conto interesse, i prestiti a tassi bassi li diamo noi ma voi proteggeteci dal rischio, in modo che possiamo moltiplicare le risorse a disposizione.
  Questa è proprio una sezione speciale del Fondo centrale di garanzia. Peraltro lavoriamo come FEI offrendo controgaranzie per esempio ai Confidi, aumentando la loro possibilità di intervenire a favore delle piccole e medie imprese.
  Si tratta di una tematica che la crisi ha portato al centro del dibattito, perché giustamente oggi in un contesto di abbondante liquidità le banche vogliono protezione dal rischio, quindi questo è uno strumento importante sul quale siamo presenti.
  Rispondo alle domande dell'onorevole Galgano. Noi abbiamo sempre evitato, come Banca europea per gli investimenti, il concetto di ripartire gli investimenti per Paesi. Lo stesso avverrà per il Piano Juncker: non ci sarà un criterio di ripartizione aritmetica dei Paesi e di fatto verranno favoriti quei progetti con un maggior ritorno economico.
  Qui voglio aprire una parentesi. Sul concetto di ritorno economico esistono modelli ormai ampiamente utilizzati nei mercati internazionali che valutano l'impatto economico di un investimento. Non parliamo di ritorno finanziario e quindi, se ad esempio faccio una strada, devo considerare quanto questa permetta di decongestionare e di ridurre le emissioni Pag. 17su altre infrastrutture, dal momento che il traffico viene convogliato su una strada diversa, quale sia il beneficio in termini di valore che viene generato nell'area su cui insiste la strada, nonché il tempo che si permette ai viaggiatori di risparmiare.
  Sono modelli ormai standard per chi fa valutazioni dell'impatto economico-sociale degli investimenti, che è diverso dal ritorno finanziario.
  La cosa importante è quindi preparare bene i progetti. Questi ultimi verranno presentati da quelli che noi definiamo tipicamente promotori, che potranno essere un po’ tutti: aziende private, controparti pubbliche, autorità locali. Chiunque viene da noi con un buon progetto non viene mai respinto.
  Peraltro, riagganciandomi alla sua prima domanda, noi non abbiamo un limite, ed in tal modo rispondo in anticipo a una domanda successiva. La BEI si finanzia sul mercato dei capitali, attraverso l'emissione di obbligazioni che, beneficiando del nostro rating, raccogliamo a tassi molto bassi – oggi la nostra curva di raccolta è anche in territorio negativo fino a sei anni –, e a valere su quei tassi copriamo i costi amministrativi, ci proteggiamo dal rischio ma non mettiamo la componente di profitto, quindi siamo in grado di traslare il beneficio della nostra provvista ai prenditori finali.
  Francamente, finché c’è capacità della banca di raccogliere risorse sul mercato finanziario, nel rispetto dei limiti fisiologici della banca in termini di capacità di sopportazione del rischio e capacità delle nostre persone di analizzare i progetti, non abbiamo uno stretto vincolo quantitativo, infatti i nostri piani operativi fissano dei target, ma mai un limite o un vincolo stringente.
  L'osservazione sull'entità minima finanziata è un punto giusto. Quando i progetti sono molto piccoli cerchiamo di metterli insieme e magari facciamo un prestito a una banca che abbia una maggiore presenza sul territorio e che va poi a finanziare, ad esempio, progetti nel campo dell'efficienza energetica. In tal senso, abbiamo concluso operazioni con UBI ma anche con UniCredit per l'efficienza energetica. Interveniamo invece in modo diretto quando il progetto ha una taglia minima intorno ai 40-50 milioni di euro.
  Per quanto riguarda l'aumento dei costi della BEI, quest'ultima ha oggi una struttura di costi molto efficiente ed il nostro cost coverage ratio credo sia intorno al 20 per cento. Se compariamo la BEI con le altre istituzioni finanziarie internazionali, come World Bank e EBRD, si constata come abbiamo un modello di business che ci consente di avere dei costi veramente minimi. Facciamo un volume pari a 8-10 volte quello dell'EBRD con un personale minimo, se pensate che circa 2.000 persone servono ventotto Paesi, senza contare tutte le funzioni di middle e back office.
  È chiaro che l'iniziativa di cui stiamo discutendo comporterà un aggravio di costi, che riteniamo tuttavia essere perfettamente sostenibile e con un impatto minimo, proprio perché beneficiamo di una struttura molto snella.
  Con riferimento ai tempi di avvio dell'intera operazione, come dicevo noi stiamo già analizzando dei progetti con l'ipotesi che, una volta completato il processo normativo di istituzione dell'EFSI, possano essere richiamati successivamente; quindi noi siamo già partiti, questo glielo posso assicurare.
  In ordine alla questione posta dall'onorevole Sorial, la salvaguardia dell'ambiente costituisce una tematica importante e riteniamo che, se si fa un'analisi costi/benefici, essa possa rappresentare assolutamente una priorità per il Paese.
  In termini contabili, anche se è una cosa che si sarebbe dovuta fare e non si è fatta, quella che è manutenzione straordinaria viene definita contabilmente come investimenti.
  Come si selezioneranno i progetti ? Ancora una volta, tutti quelli che saranno eleggibili secondo i criteri che verranno definiti, ma che stiamo già individuando, saranno presi in considerazione, quindi in questo momento bisogna fare presto a elaborare i progetti.Pag. 18
  Da parte nostra lo stiamo già facendo, in particolare con le strutture che operano sull'Italia; stiamo infatti facendo un road show per il Paese – ieri eravamo a Napoli, siamo stati a Bologna, Firenze e Milano e le prossime tappe saranno Roma e Torino – per far conoscere tutti i prodotti della BEI e realizzare un'operazione di stimolo dal punto di vista del mondo delle imprese rispetto agli strumenti che possiamo mettere a disposizione per sostenere ricerca, sviluppo e innovazione.
  Ho affrontato il tema del valore sociale degli investimenti quando ho detto che facciamo un'analisi del ritorno economico, non strettamente finanziario, valutando quindi quanto un progetto porta benefici per la comunità su cui insiste; in proposito, ricordo che nel mondo di chi finanzia progetti in maniera seria esistono oramai metodologie di analisi abbastanza consolidate, tra l'altro, disponibili anche sul website della BEI.
  È stata citata la questione relativa alla sanità, sulla quale faccio un esempio concreto di un progetto che in futuro potrebbe essere simile ai progetti del Piano Juncker: abbiamo finanziato in Belgio una società che investe il 25 per cento del suo fatturato in attività di ricerca, sviluppo e innovazione, con una linea di credito di 150 milioni di euro divisi in un finanziamento corporate di 75 milioni, mentre i restanti 75 milioni li abbiamo ancorati a 6 progetti di sviluppo di farmaci per diverse malattie – che vanno dal Parkinson all'epilessia all'artrite reumatoide – in base ai differenti stadi di sviluppo, cioè quelli che hanno già superato i primi test o i secondi test o quelli che hanno ottenuto le prescritte autorizzazioni da parte di determinate autorità.
  Per questi 75 milioni di euro e per questi 6 progetti abbiamo individuato delle precise milestone di sviluppo e di arrivo alla commercializzazione.
  Il nostro ritorno, ossia il ripagamento dei prestiti per questi 6 progetti, e quindi questa seconda tranche di 75 milioni euro, è legato al successo dei progetti medesimi. Come Banca quindi ci prendiamo un rischio che oggi assumiamo come rischio equity, ma in futuro questa sarà la sfida: prendere dei rischi che in passato non prendevamo. Questo tipo di progetti è quello tipico che poi potrà essere assorbito nel Piano Juncker, però l'idea è proprio questa: condividere il rischio, affiancarci all'imprenditore ed assumere un profilo di rischiosità simile.
  Non c’è una stretta demarcazione tra SMEs (Small and medium-sized enterprises) e Mid-Caps. È chiaro che le SMEs costituiscono la maggior parte, quindi per esempio in Italia i fondi per le SMEs sono la maggioranza. Nel corso dello scorso anno abbiamo effettuato finanziamenti per circa 5 miliardi e 100 milioni di euro in Italia per le piccole e medie imprese.
  Sul tema dell'analisi e dell'illegalità è difficile dare una risposta, ma osservo anzitutto che si tratta di una condizione non infrequente in vari Paesi. Noi facciamo una due diligence molto attenta, abbiamo un dipartimento di compliance e un dipartimento di investigazioni nella Banca e abbiamo delle clausole contrattuali molto rigide, per cui in caso di eventi gravi possiamo arrivare a chiedere il rimborso anticipato del prestito, quindi cerchiamo di proteggere il rischio reputazionale in questo modo.
  Quanto alle osservazioni dell'onorevole Cariello, non sono gli Stati membri che pagano, perché noi ci approvvigioniamo sui mercati finanziari. La tematica degli aiuti di Stato è già stata affrontata quando si è accennato al fatto che in via ordinaria i finanziamenti della BEI non sono oggetto di aiuti di Stato, in quanto tutti i finanziamenti della BEI vengono approvati anche dalla Commissione europea e di fatto non portiamo mai un progetto all'approvazione del consiglio di amministrazione se prima la Commissione stessa non ci ha dato il nulla osta.
  In che modo il Piano Juncker può rilanciare l'economia dell'Unione europea ? Come illustrato nella slide iniziale, sicuramente questo è un «di cui»: è chiaro che non basta, però riteniamo che ci siano le condizioni ottimali – tassi d'interesse molto bassi, abbondante liquidità, costo delle materie prime in calo – Pag. 19perché esso possa fungere da stimolo, pur non essendo la panacea di tutti i mali. È comunque un contributo e sarà tanto più utile quanto più noi riusciremo a indirizzare gli specifici market gaps.
  Circa il tema dei finanziamenti alle piccole e medie imprese, in Italia, come è stato detto giustamente, la maggior parte sono microimprese, quindi imprese fino a 10 dipendenti o in molti casi imprese individuali, ma fare un progetto di 250 milioni di euro con una piccola o media impresa non preclude la possibilità di fare 250 investimenti a microimprese di un imprenditore, il meccanismo è assolutamente diverso e di fatto vediamo che c’è una buona granularità.
  Ad esempio, abbiamo erogato finanziamenti a Banca Prossima, che a sua volta fa investimenti in favore delle imprese sociali, così come stiamo affrontando il tema della microfinanza, rispetto al quale abbiamo fatto operazioni, e in Italia esiste una specifica facility sviluppata con la Commissione europea e gestita dal FEI, che mira proprio a indirizzare le microimprese e le start-up.
  Per rispondere al quesito relativo alla ripartizione dei fondi, posto dall'onorevole Pilozzi, non ci sarà un criterio geografico, ma sicuramente il prerequisito per gli investimenti è che siano coerenti con gli obiettivi dell'Unione europea. Condivido con lei la considerazione che spesso si sappia poco di quante buone iniziative vengono realizzate con i fondi europei; probabilmente lei ha fatto parte di un'amministrazione che ha avuto la capacità di utilizzarli, ma purtroppo a noi capita spesso di registrare difficoltà nello sfruttarli in modo ottimale. Non si può dire però che quella dei fondi strutturali non sia una storia di successo, soprattutto nei Paesi che ne hanno saputo trarre maggiori vantaggi.
  Da ultimo, signor presidente, sicuramente quelli che finanzieremo con l'EFSI sono progetti, come quello prima citato della impresa belga, con un rischio equity che altrimenti, senza l'EFSI, non avremmo finanziato.
  Con riferimento alla cooperazione con la Cassa depositi e prestiti, la mia sensazione è che stiamo parlando di un coinvestimento. Già oggi abbiamo in corso una cooperazione ottima con la Cassa depositi e prestiti, sancita da un accordo firmato nel 2009, nell'ambito della quale ci scambiamo le persone e condividiamo le pipeline dei progetti proprio perché vogliamo fare squadra per aiutare il Paese.
  Se guardiamo alle grandi infrastrutture, oggi in Italia il medio-lungo termine, con i vincoli regolamentari a cui devono sottostare le banche, di fatto lo offriamo noi e la Cassa depositi e prestiti. Gli investimenti importanti in infrastrutture dello scorso anno – quali la tangenziale esterna est di Milano e la BreBeMi – sono investimenti in cui nella parte a medio-lungo termine ci siamo sempre noi e la Cassa depositi e prestiti, con la quale – ripeto – abbiamo un accordo di cooperazione.
  Ovviamente questi 8 miliardi di euro non possono andare nell'EFSI, perché l'EFSI per funzionare bene dovrà fare perdite e la Cassa depositi e prestiti impiega il risparmio postale, quindi non può fare perdite. Stiamo parlando di una piattaforma su cui convogliare degli investimenti che poi noi cofinanzieremo assieme alla Cassa depositi e prestiti, ed in proposito stiamo iniziando a ragionare sulle modalità operative e sui diversi gradi di assunzione del rischio, sui quali il dottor Lazzaroli potrà aggiungere qualche dettaglio ulteriore.
  Mi auguro che le proposte degli enti territoriali potranno essere prese in considerazione, giacché è anche nostro compito aiutare tali enti in operazioni a sostegno delle imprese innovative che insistano sul loro territorio, in cui possano combinarsi fondi strutturali, fondi EFSI e finanza ordinaria della BEI. C’è molto da fare e speriamo di riuscire a dare il nostro contributo.
  La lista ECOFIN era un riferimento e non posso che ribadire che sicuramente ci saranno progetti che finanzieremo al di fuori della lista e che non tutti i progetti all'interno della lista verranno finanziati, Pag. 20però è stato un utile punto di partenza – e il dibattito sta andando avanti – per consentire alle amministrazioni di individuare le priorità.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Scannapieco. Do la parola al vicesegretario generale della BEI, Luca Lazzaroli.

  LUCA LAZZAROLI, vicesegretario generale della BEI. Grazie, presidente. Non ho in realtà molto da aggiungere. Sul piano della cooperazione con le banche nazionali, anche alla luce dei recenti annunci, è in corso una discussione avanzata per vedere come sviluppare una cooperazione attiva, che vada oltre quello che già facciamo, che pure è una cooperazione maturata nel corso di tanti anni, e che si possa poi collocare nell'ambito di quanto è stato detto proprio adesso dal dottor Scannapieco in relazione all'EFSI, cioè nell'ottica di progetti che si sviluppino anche in settori a maggiore rischiosità.
  In questo senso, quando parliamo di 8 miliardi di euro essenzialmente parliamo di strutture di cofinanziamento, in cui questi 8 miliardi andrebbero a sommarsi alle cifre evocate nel corso della relazione in precedenza illustrata, in maniera tale da far sì che la BEI, grazie anche alla garanzia EFSI, possa stimolare l'utilizzo di questi 8 miliardi in strutture in grado di coniugare una maggior assunzione di rischio da parte della BEI con un finanziamento di lunga durata da parte delle banche pubbliche.
  È una cooperazione in corso e sono consapevole e fiducioso che tutto ciò si svilupperà in iniziative concrete già nei prossimi mesi.

  PRESIDENTE. Ringrazio il vicepresidente Scannapieco per la relazione e per il documento depositato, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato), nonché l'intera delegazione della BEI. Dichiaro conclusa l'audizione.

   La seduta termina alle 15.40.

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