XVII Legislatura

IV Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 8 di Giovedì 29 maggio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Vito Elio , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MATERIA DI SERVITÙ MILITARI

Audizione di rappresentanti delle associazioni ambientaliste Ambiente e/è vita, Legambiente e Movimento Azzurro.
Vito Elio , Presidente ... 3 
Fasciolo Alberto , Segretario generale dell'associazione Movimento Azzurro ... 3 
Vito Elio , Presidente ... 6 
Nicoletti Antonio , Responsabile aree protette di Legambiente ... 6 
Zampetti Giorgio , Responsabile scientifico di Legambiente ... 7 
Vito Elio , Presidente ... 9 
Duranti Donatella (SEL)  ... 9 
Vito Elio , Presidente ... 10 
Piras Michele (SEL)  ... 10 
Vito Elio , Presidente ... 11 
Artini Massimo (M5S)  ... 11 
Scanu Gian Piero (PD)  ... 12 
Vito Elio , Presidente ... 12 
Marcolin Marco (LNA)  ... 13 
Vito Elio , Presidente ... 13 
Nicoletti Antonio , Responsabile aree protette di Legambiente ... 13 
Zampetti Giorgio , Responsabile scientifico di Legambiente ... 14 
Fasciolo Alberto , Segretario generale dell'associazione Movimento Azzurro ... 14 
Vito Elio , Presidente ... 14 

Allegato 1: Documentazione consegnata dall'ingegner Alberto Fasciolo, segretario generale dell'associazione Movimento Azzurro ... 15 

Allegato 2: Documentazione consegnata dai rappresentanti di Legambiente ... 40

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ELIO VITO

  La seduta comincia alle 9.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti delle associazioni ambientaliste Ambiente e/è vita, Legambiente e Movimento Azzurro.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in materia di servitù militari, l'audizione dei rappresentanti delle associazioni ambientaliste in titolo. Ringrazio i rappresentanti di Legambiente e del Movimento Azzurro per aver accolto il nostro invito a partecipare.
  Segnalo che i rappresentanti dell'Associazione Ambiente e/è vita hanno annullato in data odierna la loro partecipazione all'audizione.
  Rivolgo, quindi, il nostro benvenuto all'ingegner Alberto Fasciolo, segretario generale del Movimento Azzurro, al dottor Giorgio Zampetti e al dottor Antonio Nicoletti, rispettivamente responsabile scientifico e responsabile aree protette di Legambiente.
  Do ora la parola ai nostri ospiti affinché svolgano la loro relazione.

  ALBERTO FASCIOLO, Segretario generale dell'associazione Movimento Azzurro. In genere sono abituato a parlare a braccio, anche se seguirò una traccia che ho già preparato e che mi permetto di consegnare alla Commissione.
  Innanzitutto, vi ringrazio per l'invito a questa audizione in merito a una problematica sulla quale già altre volte abbiamo risposto. Io sono Alberto Fasciolo, segretario generale di Movimento Azzurro, un'associazione che ha federate in tutta Italia e rappresenta circa centoventi sezioni locali autonome su tutto il territorio nazionale.
  Per quanto riguarda l'audizione di oggi, come premessa tengo a precisare che dividerò il mio intervento in tre parti per esprimere la posizione del Movimento Azzurro, posizione che è concordata con la direzione, anche se il segretario generale è autonomo a livello legale. Parlerò quindi della richiesta di restituzione dei siti, dell'estensione del termine servitù – un argomento che bisogna affrontare al di là del tema dei poligoni – e delle modalità e possibilità di rilascio di beni demaniali, che noi auspichiamo verrà effettuato.
  L'associazione, come quasi tutte le altre, è contraria all'apposizione di limiti nel godimento del territorio da parte di enti che ne mantengono il controllo. Questo, però, non deve lasciare intendere che non si debba porre freno alla diseducazione di quanti vorrebbero essere liberi di godere di un bene senza rispettarlo. Il bene è, infatti, di tutti e non soltanto delle persone che lo utilizzano. Lo sviluppo antropico, peraltro, lo sciamare senza controllo e senza educazione delle persone deve altresì essere limitato ed eventualmente regolamentato per non creare disturbo al delicato equilibrio creatosi nel corso degli anni in un dato territorio.Pag. 4
  Per quanto riguarda il termine servitù, in generale, l'accezione servitù militare è un'espressione associata in un senso ristretto a poligoni e aeroporti e, ogni volta che si parla di servitù, si pensa subito alla Sardegna. Effettivamente la Sardegna è una delle regioni più penalizzate da poligoni e servitù. Dobbiamo però pensare che esistono altri tipi di servitù estese ad abitazioni, caserme e così via. Per focalizzare meglio l'attenzione dirò che si tratta di parchi, palazzi, castelli, piazze, che costituiscono a volte un non più realistico mantenimento di concessioni nelle più disparate località dell'intero territorio nazionale. È un discorso a cui il Movimento Azzurro tiene in maniera particolare.
  A questo punto parlerò di modalità e possibilità del rilascio dei beni demaniali. Le mutate esigenze causate dalle alterate strategie dei partiti contrapposti, la conseguente sospensione dell'istituto della leva obbligatoria e non ultime le limitate risorse finanziarie hanno da tempo ridotto la necessità di disporre, da parte della Difesa, di taluni siti, portando a considerare in modo autonomo la necessità di disfarsene benché possiedano un elevato prestigio naturalistico, ambientale, architettonico e monumentale.
  Il territorio italiano si trova, quindi, ad avere una pluralità di siti da gestire. Ci aspettiamo che la Difesa possa renderli disponibili tutti, fatto salvo il diritto delle Forze armate di garantire alla Patria, come stabilito dalla Costituzione, la sicurezza sia sul territorio nazionale che fuori area. Trattandosi di beni di superiore interesse dello Stato, i vari siti dovranno essere gestiti a livello nazionale sia dal Ministero dell'ambiente, sia dal Ministero dei beni culturali in modo che non pervengano alle autonomie locali, che – come è stato dimostrato dal recente passaggio del demanio marittimo – hanno frapposto il mero e limitato interesse individuale a quello ben più elevato della cura delle aree naturalistiche da parte di enti e associazioni.
  Porto l'esempio di Ardea – ne parlavo poco fa con l'onorevole Marcolin – un paese litoraneo del Lazio, dove la cura della fascia dunale è stata assegnata, mediante il Piano Urbanistico Attuativo (PUA), ai gestori di ombrelloni e stabilimenti, i quali a tutto penseranno meno che alla salvaguardia del prezioso bene ambientale dato loro in gestione. Noi proponiamo che tutti questi siti, proprio per non essere riversati a livello locale ed essere sottoposti a gestioni particolaristiche, vengano gestiti dal Ministero dell'ambiente o dal Ministero dei beni culturali, a seconda che si tratti di beni naturali oppure di beni architettonici.
  A questo punto passo a trattare velocemente la restituzione dei siti. Le servitù militari sono cominciate subito dopo la Seconda guerra mondiale, quando a Yalta si decise la suddivisione del mondo in due parti. C’è stata un'evoluzione in alto e poi parabolicamente – con il crollo dell'Unione Sovietica e l'inizio delle operazioni italiane fuori area in Libano, Kosovo, Afghanistan – le esigenze sono mutate. Questi cambiamenti permettono di ridefinire le problematiche relative alle servitù.
  I concetti di frontiera e di nemico sono cambiati perché il nemico, che prima era contrapposto, adesso è più evanescente, tanto che non sappiamo nemmeno come affrontarlo. Questo rende meno necessari gli addestramenti specifici in certe aree del Paese, aree che pertanto possiamo rendere disponibili. Ci sono nuovi sistemi d'arma. Abbiamo flussi informativi diversi rispetto a prima e programmi di riorganizzazione delle Forze armate che, entro il 2030, prevedono una nuova strutturazione dove sono preponderanti le forze leggere e medie a scapito delle forze pesanti.
  Per quanto riguarda l'estensione del termine servitù, questo è il secondo argomento, in Sardegna abbiamo la presenza dei due poligoni più grandi d'Europa, nei quali, unitamente all'aeroporto di Decimomannu, la NATO esegue esercitazione di notevole entità, con materiali che peraltro non sono in dotazione alle Forze armate locali, le quali a volte non li conoscono nemmeno.
  In realtà sul territorio esistono altri poligoni, ad Aosta e Taranto, e vi sono Pag. 5servitù militari in parchi urbani, come, per esempio, a Treviso. I comandi territoriali a volte sono ospitati in castelli. Gli stabilimenti pirotecnici di Capua sono di origine borbonica e occupano anche il castello. Innumerevoli sono anche le infrastrutture, le caserme, gli alloggi di servizio e le aree addestrative della Difesa.
  Non dobbiamo, però, trascurare il beneficio apportato al territorio, ma da altri completamente negato, dalla presenza dei militari. È un continuo «palleggio» – passatemi il termine – tra chi spinge per eliminare tutte quante le servitù e chi invece, politici locali, sindaci, popolazioni locali, si trovano in difficoltà nell'istante in cui questi siti vengono abbandonati. Lo vediamo da quanto è successo a Cagliari e lo vediamo più di recente e in modo lampante da ciò che è successo all'Arsenale di La Maddalena, che è rimasto abbandonato. È stata fatta la privatizzazione pensando di poter risolve certe problematiche, ma in realtà non è stato così.
  Altri siti convivono più o meno in simbiosi con il territorio. È il caso di Decimomannu e di Taranto, il cui sindaco, proprio in questa sede, ha elogiato la Marina militare per l'attività che svolge nella città e anche l'onorevole Donatella Duranti ha condiviso e auspicato la prosecuzione di un positivo co-uso dei siti militari.
  Non spetta all'associazione Movimento Azzurro esprimersi nel merito perché non è questo il nostro compito. Noi abbiamo chiesto di restituire il maggior numero possibile di siti attraverso regole certe, ma emerge con evidenza la contraddizione di alcuni deputati, come stavo dicendo poco fa, che portano avanti la battaglia per l'abolizione delle servitù anche quando le amministrazioni locali, alla luce di esperienze negative come quella di La Maddalena, ritengono positiva la coabitazione.
  Più problematica, invece, appare la connessione tra le esigenze di riequilibrio territoriale e il danno ambientale sofferto dai territori. Noi ambientalisti diciamo che il danno non si può trascurare com’è successo a proposito dell'uranio impoverito. L'indagine conoscitiva già espletata ha evidenziato come il demanio militare e le connesse servitù svolgano una sostanziale funzione di indiretta tutela paesaggistica, che in molti casi ha impedito o fortemente limitato appetiti speculativi sul territorio.
  Ho portato un numero della rivista Modus vivendi, che aveva in Fulco Pratesi, persona di elevato spessore ambientalista, il garante del lettore, in cui è titolato: Le «oasi» militari. Protette per caso, a significare che, nonostante rari maltrattamenti della natura, i territori gestiti dai militari si conservano ancora intatti come i decreti istitutivi li hanno prelevati dall'uso civile intorno al 1950, dopo gli accordi di Yalta. Si veda il caso del poligono di Nettuno, con l'intatta Torre Astura, e quanto veniva affermato nell'articolo citato dall'allora vicepresidente del WWF, Gaetano Benedetto, a proposito delle isole di Pianosa, Asinara e Gorgona.
  Vengo al terzo e ultimo argomento. Fino ad ora sono stati esaminati i differenti punti di vista emersi, effettuando anche alcuni commenti a margine degli stessi per meglio evidenziare il parere di questa associazione, che auspica e propone che la Commissione si faccia portavoce presso la Difesa e presso il Parlamento di una graduale liberazione dalle servitù militari alle seguenti condizioni: gestione delle dismissioni a livello nazionale e mantenimento della gestione al livello nazionale più alto possibile, pur lasciando la fruibilità alla popolazione locale, per evitare, come detto, possibili particolarismi e interessati sfruttamenti indiscriminati; partecipazione imposta di tutte le associazioni ambientaliste alla gestione, anche economica, dei siti che dovranno essere riconvertiti, utilizzando eventualmente aree e strutture ricettive locali; esecuzione di analisi ambientali per l'individuazione di progetti di risanamento e relative campagne di bonifica da effettuarsi con personale locale.
  Non voglio trascurare il Fondo Ambiente Italiano (FAI), che in questi ultimi anni ha preservato molti luoghi rendendoli disponibili alle visite e alle comunità locali. Molti dei dati e delle testimonianze che ho riportato sono state tratte dal libro Pag. 6di Fernando Codonesu, che ho appositamente rintracciato, Servitù militari, modello di sviluppo e sovranità in Sardegna. Da questo volume credo che abbiano tratto spunto anche altri e ringrazierò il dottor Codonesu per essere stato citato.
  In conclusione, questa associazione offre alla Commissione la collaborazione del proprio personale in quanto è in grado di attivare tutte le professionalità, anche militari, ai vari livelli per avere un link e per avviare una precisa gestione dei siti in essere sotto l'aspetto tecnico e politico. L'associazione ha inoltre già partecipato a progetti Konver europei e al progetto di fattibilità di riconversione dell'Arsenale di La Maddalena. In realtà i progetti per La Maddalena sono stati due: uno a livello Konver intorno al 2001 e l'altro sotto la gestione di un ingegnere degli stabilimenti di cui ora non ricordo il nome.
  Abbiamo, dunque, una lunga esperienza e siamo pronti a lavorare.

  PRESIDENTE. La ringrazio, professore, per l'ampia relazione illustrativa e anche per la documentazione che ci ha lasciato e di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico dell'audizione (vedi allegato 1).
  Do ora la parola ai rappresentanti di Legambiente. Anche loro ci hanno consegnato un documento scritto che sarà allegato al resoconto stenografico (vedi allegato 2).

  ANTONIO NICOLETTI, Responsabile aree protette di Legambiente. Buongiorno, sono Antonio Nicoletti, responsabile aree protette e biodiversità di Legambiente. Io mi soffermerò sulla prima parte della nostra memoria per sottolineare la necessità e l'urgenza di intervenire su un tema oggi all'ordine del giorno e cioè l'effettuazione di esercitazioni, anche a fuoco, nelle aree protette e nei siti «Natura 2000». Si tratta di aree nelle quali è vietata questa attività, che viene svolta in maniera illegale dall'Esercito italiano e in ambito NATO senza alcuna informazione.
  Tra le cose che abbiamo chiesto con urgenza fin dallo scorso anno, quando in Alta Murgia ci fu una sollevazione popolare, c’è l'istituzione di un tavolo di concertazione tra Difesa e Ministero dell'ambiente. Questo non è avvenuto e non è stato fatto alcun passo avanti per il coinvolgimento nei Comitati misti paritetici (COMIPA), che funzionano a livello regionale, almeno dei soggetti che gestiscono queste aree protette.
  Sottolineo che i siti «Natura 2000» sono aree tutelate a livello comunitario e necessitano di tutele speciali. Lì le attività militari non sono contemplate. Non parlo delle leggi italiane, che sono sistematicamente violate da questo punto di vista. L'Italia fra le nazioni europee è quella con il più alto numero di procedure di infrazione in campo ambientale proprio per il mancato rispetto delle direttive «Habitat» e «Uccelli», che costituiscono i siti «Natura 2000».
  Noi, responsabilmente, siamo rimasti fermi in attesa che fosse visibile ed evidente una presa in carico del problema da parte del Ministero dell'ambiente in primis e poi della Difesa per trovare una exit strategy con riguardo all'utilizzo anacronistico di aree ad alta valenza ambientale per attività non compatibili. L'ultima violazione, segnalata anche dai media, ha riguardato un'esercitazione a fuoco dell'esercito americano in provincia di Agrigento. La cosa imbarazzante è che, di fronte alla mancata informazione agli organi territoriali, viene opposto il segreto militare perché queste esercitazioni sono effettuate, come dicevo, in ambito NATO.
  Noi chiediamo con urgenza che si ponga un freno a tutto questo e che si agisca nel modo più coerente possibile con la legge. Noi pensiamo che siano attività incompatibili e, quindi, non praticabili in quelle aree. È un problema che non riguarda solo la Sardegna o alcuni ambiti territoriali, ma l'intero territorio nazionale. Tutte le aree protette nazionali e gran parte di quelle regionali sono, infatti, interessate da poligoni e servitù militari. Solo in Friuli Venezia Giulia ci sono cinquantatré tra servitù e poligoni militari.
  Siccome i dati che abbiamo non sono ufficiali, tant’è che non li abbiamo inseriti Pag. 7nella nostra memoria, vorremmo capire, grazie a una ricognizione promossa da questa Commissione, di quali aree si tratta, quale utilizzo se ne fa e quale è la compatibilità con le rinnovate esigenze di tutela intervenute negli ultimi anni. L'indagine conoscitiva che citava il collega dell'associazione Movimento Azzurro si riferisce a prima ancora che la direttiva «Habitat» venisse applicata nel nostro Paese. Parliamo, quindi, di dati non ufficiali e non sempre coerenti. Per questo una delle nostre richieste è quella di aggiornare l'elenco di queste aree.

  GIORGIO ZAMPETTI, Responsabile scientifico di Legambiente. Grazie dell'invito e della possibilità di poterci esprimere nell'ambito di questa indagine, a nostro avviso, così importante.
  Il contributo che vogliamo dare con la nostra audizione è quello di fornire alcuni elementi. Il tema è molto vasto, infatti, e nei pochi minuti che abbiamo a disposizione sarebbe sicuramente complicato affrontarlo nel dettaglio. Premetto che Legambiente, dal Friuli Venezia Giulia alla Sicilia, segue questo tema in tutti gli aspetti particolari che presenta sui territori, dal problema delle aree parco e dei poligoni militari che stiamo seguendo in Puglia, in Sicilia e in Sardegna, alle aree dismesse nelle grandi aree urbane, alle basi militari come quella di Vicenza. È una questione che seguiamo in maniera particolare su tutto il territorio nazionale attraverso i nostri circoli locali.
  Nella memoria che abbiamo depositato – anche il mio intervento farà riferimento a questa – abbiamo voluto evidenziare alcuni aspetti che, secondo noi, dovrebbero essere tenuti in considerazione, se non è già stato fatto, all'interno dell'indagine conoscitiva perché rappresentano questioni importanti dal punto di vista delle servitù militari.
  Si tratta di quattro aspetti. Il primo lo ha già illustrato Antonio Nicoletti ed è quello dell'interazione tra servitù militari e aree parco. Il secondo aspetto è quello delle bonifiche e della restituzione delle aree alle comunità locali. Nella memoria abbiamo riportato i dati relativi al Poligono Interforze del Salto di Quirra, dati risultanti dalla relazione, approvata dalla Commissione difesa del Senato nel maggio 2012, di cui era relatore Gian Piero Scanu, oggi deputato. Abbiamo discusso degli stessi dati nel corso di incontri sul territorio – ricordo in particolare, per essere stato presente, un incontro nel 2012 a Villaputzu –, con assemblee anche molto animate e grande partecipazione di cittadini.
  Quei dati illustrano in maniera chiara sia lo stato di contaminazione in cui oggi versano alcune aree militari, soprattutto i poligoni, sia i rischi per l'ambiente e per la salute che ne sono conseguiti. La cosa più interessante è però che quella relazione forniva anche indicazioni chiare sulle azioni da intraprendere. Io mi auguro che l'indagine conoscitiva possa assumere la valenza di una ricognizione e di uno studio laddove necessario, ma che al tempo stesso una parte importante di essa sia dedicata alle soluzioni e agli interventi concreti che il Parlamento dovrà mettere in atto.
  So che l'indagine conoscitiva fornisce un indirizzo e non è un atto vincolante, ma secondo me può essere importante approfittare di questo lavoro e dell'interesse che la Commissione nutre verso questo tema anche per individuare quali situazioni siano state risolte e quali interventi bisogna, invece, ancora mettere in campo.
  Purtroppo, dopo quella relazione e nonostante i dati in essa riportati, a Quirra non è successo nulla, salvo pochi interventi. Come si legge nell'audizione che questa Commissione ha svolto del sindaco di Villaputzu, i problemi sono ancora tutti aperti. Si tratta di restituire le aree militari a un uso civile e, dove possibile, di riconvertirle per ricostruire l'economia di quei territori.
  Quirra non è l'unico caso. C’è Capo Teulada e c’è anche un altro aspetto che nella memoria abbiamo soltanto citato. Mi riferisco alle aree militari presenti all'interno dei siti di interesse nazionale (SIN) da bonificare, Taranto su tutti, o dei siti di Pag. 8interesse regionale, come La Maddalena. Il tema delle bonifiche, a mio avviso, è strettamente correlato al tema delle servitù militari ed è un punto importante perché sulle servitù militari le competenze sono diverse. C’è la competenza del Ministero della difesa ma, come alcuni atti normativi hanno già fatto, è necessario creare un coordinamento tra diversi soggetti per dare concretezza agli interventi.
  Un altro aspetto che cito sulle bonifiche è relativo allo studio che abbiamo compiuto nel febbraio del 2011 e che riguarda l'eredità del passato dal punto di vista degli armamenti. Lo studio riguarda, in particolare, i siti di sgancio delle armi provenienti dalla Seconda guerra mondiale e i siti in cui all'epoca si producevano armi chimiche, come per esempio la Chemical City, un impianto che produceva armi chimiche nella Tuscia, sulle sponde del lago di Vico, o l'industria delle armi chimiche di Colleferro.
  Abbiamo voluto fare questo studio perché a distanza di tanti anni questi siti sono ancora in attesa di bonifica. Spesso sono coperti dal segreto militare, ma la loro contaminazione riguarda molto da vicino gli abitanti di quelle comunità. Anche questo tema, a mio avviso, meriterebbe di essere inserito all'interno dell'indagine conoscitiva.
  Il terzo punto della nostra memoria che vorrei sottolineare è la convivenza con le basi militari e faccio l'esempio di Vicenza, un caso che Legambiente ha seguito da vicino fin dalle prime battaglie del movimento nato per opporsi alla loro realizzazione. Oggi la base esiste, convive con la città di Vicenza, ma a nostro avviso ci sono elementi di questa convivenza che devono far riflettere. Mi riferisco, in particolare, all'impatto che questa base ha sull'ambiente di quell'area, soprattutto dal punto di vista idraulico e della sicurezza, visto che quell'impianto è stato costruito al di fuori della Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), della Valutazione di INCidenza Ambientale (VINCA) e degli altri vincoli della legge Galasso.
  I pericoli che noi denunciavamo quando si discuteva della base e della sua costruzione purtroppo si sono concretizzati. La non impermeabilizzazione dell'area e il fatto di non aver tenuto conto dell'assetto idraulico di quel territorio causano oggi allagamenti in tutta la zona. Cito questo problema perché si tratta di un'area molto particolare. C’è una falda di acqua potabile a bassa profondità e, come sappiamo, la città di Vicenza negli ultimi anni è più volte finita sott'acqua. Faccio questo esempio per sostenere che la costruzione delle basi militari non può derogare la normativa ambientale perché questo ha conseguenze per tutta la comunità.
  L'altro aspetto che voglio sottolineare in merito alla base di Vicenza è la mancata effettuazione degli interventi di monitoraggio e di quel processo di informazione alla popolazione che erano invece previsti in fase di costruzione e nell'ambito del progetto. Per questo oggi non ci sono dati che forniscano alla cittadinanza elementi sul reale impatto per il territorio delle attività che vengono svolte all'interno della base.
  Sul quarto e ultimo punto stiamo lavorando proprio in questi giorni. Sabato ci sarà un convegno in Friuli Venezia Giulia, alla presenza anche del sottosegretario Gioacchino Alfano, sul tema del recupero delle aree militari in stato di abbandono o inutilizzate. Parlo del Friuli Venezia Giulia perché in questa regione si costruì la cosiddetta «fortezza», ovvero una rete di caserme e presidi militari che dovevano servire a fronteggiare il nemico, ma parliamo ormai di decenni fa, quando ancora la Germania era divisa in due ed esisteva il Muro di Berlino. Quell'impianto militare oggi è in stato di dismissione o di abbandono e Legambiente sta lavorando per capire come recuperarlo.
  Stiamo avanzando ipotesi e cercando di ragionare con lo Stato e il Governo su come mettere in campo politiche efficaci. Sabato si terrà il primo incontro, ma è una questione su cui stiamo ragionando già da tempo. In Friuli Venezia Giulia ci sono alcuni esempi positivi di caserme e altre aree militari convertite in parchi Pag. 9urbani o in aree di servizio per la cittadinanza e questo secondo me è il punto cruciale.
  Queste infrastrutture militari devono essere trasformate in infrastrutture di servizio e per questo serve un coordinamento forte tra i ministeri. Noi proponiamo che in quella regione il Comitato misto paritetico si trasformi in Comitato di controllo delle attività militari, attività che non sono più in svolgimento, affinché vigili sulla trasformazione di quei siti onde evitare speculazioni e lottizzazioni di aree molto preziose che dovrebbero invece essere restituite alla comunità in tutta la loro utilità.
  Un esempio è la città di Pordenone, dove ci sono circa dieci ettari di siti militari abbandonati e tre ministeri stanno richiedendo aree per svolgere proprie attività. Mi riferisco al Ministero per i beni culturali, che sta cercando uno spazio per l'archivio, al Ministero della giustizia, che necessita di un edificio per il tribunale, e al Ministero dell'interno, che invece deve collocare la prefettura.
  Se tra questi tre ministeri e il Ministero della difesa ci fosse un coordinamento per realizzare queste attività all'interno delle zone militari dismesse della città, questo potrebbe essere un importante segnale di recupero e di non ulteriore consumo del suolo in un Paese in cui se ne consuma anche troppo. Faccio solo questo esempio per dimostrare come ci sia ancora molto da fare per il recupero delle aree militari. Ci sono però degli strumenti che possiamo mettere in campo.
  Vi ringrazio per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie a voi. Vorrei precisare che le Commissioni difesa, per tradizione, svolgono indagini conoscitive su questa materia, che si ripetono nelle ultime legislature. È anche tradizione che la Commissione ascolti le associazioni ambientaliste. Per quanto riguarda le vicende a cui è stato fatto riferimento, come ad esempio quella del Parco dell'Alta Murgia, abbiamo avuto la possibilità di conoscere direttamente la situazione, ascoltando i rappresentanti del Parco e degli enti locali. Abbiamo svolto, quindi, un ampio riscontro. Infine, come ricordato nella riunione di ieri dell'Ufficio di presidenza, l'indagine si concluderà dopo aver ascoltato i rappresentanti del Ministero della difesa.
  Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  DONATELLA DURANTI. Ringrazio i rappresentanti delle associazioni ambientaliste che hanno accettato l'invito della Commissione e ci hanno presentato ampie relazioni sul lavoro che stanno portando avanti in questi anni, fornendoci suggerimenti preziosi.
  Più che porre domande vorrei informare i rappresentanti delle associazioni ambientaliste che, anche a seguito di questa indagine conoscitiva – il presidente ricordava l'audizione che abbiamo svolto con il presidente del Parco dell'Alta Murgia, Cesare Veronico –, il gruppo di Sinistra Ecologia e Libertà, insieme ad esponenti di altri gruppi parlamentari, ha presentato una proposta di legge volta a concretizzare l'incompatibilità tra poligoni militari e aree naturali protette.
  Infatti, l'unica norma cogente per la presenza dei poligoni militari che esiste oggi è contenuta nel codice dell'ordinamento militare. Noi pensiamo che vada modificato l'articolo 357 del codice dell'ordinamento militare in modo tale che si metta la parola fine sulla presenza dei poligoni militari all'interno delle aree protette. Rispetto a questo, la domanda che mi sento di fare alle associazioni è se pensino che, al di là della normativa e delle direttive europee più strettamente legate alle questioni ambientali, sia utile la citata modifica, tema che secondo noi dovrebbe rientrare anche nella richiesta, più volte avanzata, dell'apertura di un tavolo di concertazione tra il Ministero dell'ambiente e il Ministero della difesa.
  Pensiamo anche noi che un altro tema fondamentale sia quello delle bonifiche. È stato citato il caso di Taranto. A Taranto c’è l'esigenza piuttosto immediata di bonificare il Mar Piccolo, ossia quel tratto di mare dove insiste l'Arsenale della Marina Pag. 10militare. Sappiamo che il Ministro della difesa manterrà l'impegno di indire la seconda Conferenza nazionale sulle servitù militari entro il mese di giugno.
  Speriamo che anche in quell'occasione le associazioni ambientaliste possano contribuire alla redazione di un documento importante, che finalmente risolva la questione delle servitù militari nel nostro Paese.

  PRESIDENTE. A proposito della Conferenza nazionale sulle servitù militari, la nostra Commissione dovrà decidere – a me, infatti, sono giunte notizie che si terrà intorno alla metà di giugno – se attenderne lo svolgimento per poi concludere l'indagine conoscitiva o se invece terminare in anticipo i nostri lavori affinché possano servire anche alla riunione che il Governo sta organizzando. Ne parleremo, anche perché è prevista l'audizione del Ministro Pinotti. Avremo modo di valutare insieme quale sia il percorso migliore.
  Per quanto riguarda il Parco dell'Alta Murgia, al quale è stato fatto riferimento nel corso dell'audizione, mi è giunta notizia di un'iniziativa che credo sia opportuno valorizzare, messa in atto dall'Esercito. Si tratta di un'iniziativa di bonifica e di pulizia, denominata «La Brigata Pinerolo a difesa dell'ambiente del parco», che è stata molto apprezzata per ricondurre il sito a standard ambientali.
  Credo che occorra darne atto e ringraziare il personale militare che si dedica a questo.

  MICHELE PIRAS. Anch'io ringrazio le associazioni ambientaliste per il contributo che hanno portato a questa indagine. Peraltro, data la sollecitazione del presidente, io sono fra quelli che pensano che sarebbe utile concludere questa indagine prima della Conferenza nazionale sulle servitù militari. Dal mio punto di vista, è uno sviluppo logico e probabilmente si riuscirebbe anche a portare una posizione abbastanza condivisa della Camera dei deputati.
  Io sono fra quei politici che – non so se sbagliando o per convinzione errata – propongono un forte ridimensionamento delle servitù militari. Sono anche una persona curiosa e un'audizione dovrebbe servire a soddisfare, appunto, una curiosità. Oggi, ad esempio, ho scoperto cose nuove. Ho scoperto che in Sardegna abbiamo due poligoni e non tre e che all'Asinara avremmo avuto un poligono che ha conservato intatto l'ambiente. Sono notizie, per un sardo, importanti. Aiutano ad andare verso la Conferenza nazionale sulle servitù militari. Io, per esempio, ero convinto che all'Asinara ci fosse un carcere di massima sicurezza e non un poligono.
  Tuttavia, so che il tema delle servitù militari è piuttosto articolato e complesso anche nel rapporto col territorio. Traccerei una differenza sostanziale – questo probabilmente aiuta il ragionamento in vista della Conferenza nazionale sulle servitù militari – fra l'impatto ambientale, in lato sensu, della presenza di una base e il rapporto col territorio di un poligono sperimentale o di un poligono di tiro.
  Ad esempio, il rapporto fra Decimomannu e Capo Frasca è questo: Capo Frasca è una pertinenza della base di Decimomannu e se è vero che la base di Decimomannu ha un interscambio con la popolazione locale che comporta anche una ricaduta economica – non fosse altro che per lo scambio commerciale legato alla presenza di militari sul territorio – la stessa cosa non può dirsi per Capo Frasca, che è un luogo isolato, circoscritto e vietato.
  Peraltro, si pone anche un tema, che è stato sollevato in questa sede, di indennizzo ai pescatori di Capo Frasca, che sono esclusi dall'attuale protocollo tra Stato e Regione del quale beneficiano, ad esempio, i pescatori delle marinerie intorno a Capo Teulada e di Quirra.
  La questione va approfondita chiaramente in questi termini. Io respingo e rifiuto la teoria – che ho già sentito diverse volte dalle gerarchie militari, ad esempio dal Capo di stato maggiore – in base alla quale la presenza dei poligoni avrebbe preservato l'ambiente. Non è vero, o è vero in parte, probabilmente, ma non Pag. 11è vero in assoluto se si va nelle aree dove più si è concentrata l'attività militare in questi sessant'anni.
  Ricordo che dal 1956, in Sardegna, sono stati istituiti i tre poligoni più grandi. Parlo di aree che vanno perimetrate con dovizia di particolari, senza improvvisazioni e generalizzazioni, tanto è vero che un pezzo di questa attività è stata fatta, ad esempio, nel Poligono di Quirra, come riporta precisamente il libro di Fernando Codonesu, che andrebbe letto con attenzione per comprendere le possibilità e le modalità di intervento.
  Indagini ambientali approfondite in altre aree non ne sono state fatte; ad esempio, Capo Frasca non ha avuto mai un'indagine ambientale approfondita, a differenza di Quirra o di qualche abbozzo su Teulada, del quale peraltro non conosciamo nemmeno i dati.
  In realtà, il tema delle servitù militari non esiste solamente in Sardegna, ma esiste soprattutto in Sardegna. Il 61 per cento delle servitù militari – almeno questa è la cifra che di solito orientativamente si indica, perché non credo che qualcuno abbia mai misurato la relativa estensione con il metro – si trova in Sardegna. Questo è il tema che nella Conferenza nazionale sulle servitù militari dovrà entrare e verrà posto sicuramente dai sardi, me compreso, se avrò possibilità di prendere la parola: il tema di una distribuzione diversa, di una riduzione quantitativa e qualitativa della presenza militare in Sardegna.
  Parto da queste sollecitazioni per dire che un'audizione alla Camera meriterebbe maggiore impegno. Non intendo generalizzare, però soprattutto nel primo intervento ho sentito – mi corre l'obbligo di dirlo, perché credo che questa indagine abbia un peso, sia importante e vada trattata con il necessario rispetto, altrimenti si rischia di essere offensivi persino per chi ascolta – la proposizione di dati, cifre e situazioni che in realtà non esistono.

  PRESIDENTE. Però noi svolgiamo queste audizioni anche per ascoltare opinioni altrui che possono essere naturalmente condivise o meno e rimesse alla valutazione della Commissione.

  MASSIMO ARTINI. Ringrazio il presidente e i relatori. Avrei solamente alcune domande da porre. Nell'ottica di voler sviluppare un documento che abbia senso in vista della Conferenza, i punti che avete portato all'attenzione sono effettivamente molto importanti.
  In merito al discorso delle bonifiche, è indubbiamente facile dire che il territorio va bonificato, ma si tratta di capire se c’è un'idea di quanto venga a costare una bonifica. Mi chiedo, quindi, se si riesca a fornire al Ministero una valutazione concreta di quella che potrebbe essere una pianificazione per le bonifiche. Cito un esempio: nella zona di mare di fronte a Molfetta sono state cementate una serie di bombe all'iprite della Seconda guerra mondiale, che dovevano essere smaltite in base alla legge n. 496 del 1995, che introduceva l'accordo con l'OPAC, ma in dieci anni non è stato fatto niente perché, probabilmente, nessuno ha fatto, o non si è voluta farla, una pianificazione finanziaria per la realizzazione di questo obiettivo. Lo stesso vale per i poligoni di Capo Teulada o per altre situazioni in cui, effettivamente, se negli ultimi periodi i militari hanno fatto un lavoro di ripristino successivo alla parte di utilizzo del poligono, tuttavia in passato questo non è mai stato fatto e ora queste zone sono decisamente irrecuperabili.
  Vorrei sapere, quindi, se c’è già un'analisi vostra su quelli che potrebbero essere, per ogni singola servitù, i costi da sostenere per la bonifica ed eventualmente, visto che non si tratta solo di costi, gli investimenti necessari.
  Un altro problema – e lo si è visto in questo anno e mezzo di legislatura – è il fatto che, se esistono delle servitù militari, a tali servitù si chiede sempre di poter essere utilizzate in altri modi. L'utilizzo in altri modi deve essere gestito tramite un percorso che i ministeri devono compiere non solamente concertandosi, ma avendo anche la possibilità di capire, ad esempio, Pag. 12se una servitù militare deve diventare zona edificabile o, come penso io, potrebbe ritornare a essere una zona in cui c’è una tutela del paesaggio maggiore rispetto ad altre situazioni, per evitare speculazioni o altro.
  Si potrebbe pensare, a conclusione dell'indagine, di consigliare al Governo e al Parlamento un sistema che permetta di capire come si fa a trasformare una servitù, che sia un poligono o altro, in qualcosa di fruibile per la popolazione, dando senz'altro una preferenza alla parte sociale rispetto alla parte speculativa, nell'ottica che ho sentito di una riduzione del consumo del suolo.
  Non ho altre domande, ma credo che quelle che ho formulato siano propedeutiche a un buon esito dell'indagine.

  GIAN PIERO SCANU. Grazie, presidente, cercherò di essere brevissimo. Intervengo per ringraziare anch'io i graditi ospiti e per pregare Lei di tener conto – benché questa non sia una seduta strettamente propria, in quanto credo che la questione dovrebbe essere trattata in Ufficio di presidenza, ma avendone parlato vorrei subito farLe conoscere il mio parere – del fatto che il nostro gruppo non è dell'avviso che si debbano accelerare a dismisura i lavori per portare a conclusione l'indagine conoscitiva in tempo utile affinché questa venga presentata in occasione della Conferenza.
  Noi ci rallegriamo che questo Governo abbia voluto cimentarsi in un approfondimento così importante e significativo, tuttavia riteniamo che ci debba essere un comune rispetto delle tempistiche e che il Parlamento non possa essere «spintaneamente» indotto a modificare le proprie procedure, i propri tempi e le proprie modalità. Quindi studieremo insieme i modi attraverso i quali cercare di fare la nostra parte in quell'occasione, senza però consegnare alcunché che possa essere il frutto di una frettolosa chiusura su materie che sono delicatissime e che, come Lei stesso ha notato insieme ai colleghi, non hanno un unico approccio.
  Questo è un sintomo di dialettica che non può che essere salutato con favore. Tuttavia, proprio per la pluralità dei punti di vista, è opportuno che quello di questa Commissione in sede di conclusione dei lavori dell'indagine conoscitiva appaia estremamente chiaro. Il punto di vista che noi vorremmo emergesse conduce a declinare l'azione politica verso la liberazione di gran parte – fino ad arrivare alla quasi totalità – delle aree attualmente sottoposte a vincolo, rendendo naturalmente compatibile questa liberazione con le esigenze dell'Amministrazione riesaminate alla luce di una visione dinamica, condotta sul versante dell'impegno europeo e non più strettamente nazionale, all'insegna dell'interoperabilità, per quanto riguarda ad esempio il discorso sui poligoni, e con la primazia assoluta riguardo alla salubrità del territorio.
  Non è possibile, come è accaduto in altri contesti dei quali mi sono personalmente occupato e che il rappresentante di Legambiente ha avuto la cortesia di citare, che si possano definire – autorevolmente, per la fonte che ha usato la definizione, meno autorevolmente per ciò che quella fonte ha detto – ormai irrimediabilmente perse ampie porzioni del nostro territorio: irrimediabilmente perse perché impiegate da cinquant'anni come poligoni o perché utilizzate secondo modalità che spesso non sono neanche chiare.
  Quindi, il nostro lavoro dovrà essere informato al rigore assoluto, avendo contezza del fatto che per tutelare il territorio non c’è bisogno di «metterlo in galera», ma è bene che ci siano politici e amministratori che lo servano, lo rispettino e lo amino, altrimenti si determinerebbe una regressione che potremmo battezzare come la «regressione del filo spinato», condizione che evoca altri momenti storici che vorremmo non conoscere più.

  PRESIDENTE. Come Lei ha detto, ne parleremo in Ufficio di presidenza, ma l'opzione alla quale Lei ha fatto riferimento è compatibile con il termine che ci Pag. 13è stato dato per concludere l'indagine conoscitiva, cioè il 30 giugno, successivo alla Conferenza.

  MARCO MARCOLIN. Ringrazio i relatori, anche perché si comincia a capire che le servitù militari non sono solo poligoni, ma anche altri tipi di insediamento, polveriere e quant'altro. È chiaro che le bonifiche si rendono necessarie, ma dobbiamo anche capire cosa vogliamo ottenere.
  Un aspetto che mi incuriosisce e sul quale vorrei porre una domanda riguarda i parchi nazionali: vorrei sapere se sono stati istituiti prima che esistessero queste servitù militari, prima dei poligoni, oppure dopo. È chiaro che per la Sardegna è facile pensare a un'attività di turismo in siti che possono essere «incontaminati» da un certo punto di vista, ma «contaminati» per ciò che vi è stato scaricato. Considerato che nei poligoni si fanno attività militari, penso allo scarico di bombe e quant'altro, e del resto anche io ho sparato a Capo Teulada con mortai, carri armati e via dicendo. Credo che il sito sia attualmente inquinato da questo punto di vista, quindi la bonifica è necessaria.
  Anche sul discorso dei poligoni – concordo con ciò che ha detto il mio collega Scanu – credo che dovrebbe esservi un interesse a livello europeo, perché se pensiamo di chiudere i poligoni dobbiamo capire se stiamo smantellando l'esercito europeo, e a quel punto i poligoni non servono, ma se servono dobbiamo capire dove e come possono essere individuati per fare un'attività di addestramento e di sperimentazione.
  Si tratta però di siti che non vorremmo mai vicino a casa nostra, ma sempre a casa degli altri. Se esistono, purtroppo, già dei siti inquinati non vedo perché bonificare quei siti e prevedere altri siti da inquinare. Cerchiamo di chiarire questo punto.

  PRESIDENTE. Do la parola agli auditi per la replica.

  ANTONIO NICOLETTI, Responsabile aree protette di Legambiente. All'onorevole Duranti rispondo che sicuramente aiuta una ridefinizione dell'articolo 357 del Codice dell'ordinamento militare. Peraltro, è in corso una discussione sulla modifica della legge quadro sui parchi e credo che anche questa possa essere l'occasione per inserire un emendamento. Al tempo stesso, faccio notare che le direttive europee intervenute dal 1991 in poi – nel nostro Paese è un ciclo lungo che si sta completando adesso – vietano queste attività.
  Il problema – rispondo così anche all'onorevole Marcolin – non è essere arrivati prima o dopo. La legge sui parchi vieta la caccia, a maggior ragione l'utilizzo di armi a qualsiasi livello, e persino il sorvolo. Ma questo è un tema residuale rispetto al fatto che la gran parte dei siti Natura 2000 sono compresi nelle aree protette. Per citare l'esempio della Sardegna, i poligoni sono siti Natura 2000, non sono aree protette, quindi da questo punto di vista la tutela è riservata alla legislazione europea che, sebbene provenga da direttive, è stata riconosciuta nel nostro Paese.
  Non cito nemmeno esigenze nuove di conservazione della biodiversità. Vent'anni fa c'erano delle conoscenze, delle convinzioni rispetto alla conservazione della biodiversità; oggi sono intervenuti altri metodi (aree protette, siti Natura 2000) e la legislazione nazionale e regionale è intervenuta a porre dei limiti alle attività umane e, a maggior ragione, alle attività incompatibili come sono le esercitazioni, soprattutto quelle a fuoco. Una persona normale dovrebbe avere chiaro perché non si può esercitare la caccia – ed è abbastanza chiaro – e come mai invece vengono svolte le attività in provincia di Agrigento o in Alta Murgia. Vi avranno spiegato il caso dell'Alta Murgia: nel decreto istitutivo del Parco c’è una formulazione che tende a salvaguardare le attività di esercitazione militare fino a quando non viene definito il piano del Parco, quindi il prima e il dopo ha una sua relatività che viene superata dalla legislazione.

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  GIORGIO ZAMPETTI, Responsabile scientifico di Legambiente. Quello dei costi della bonifica è un tema sicuramente molto importante e complicato da affrontare. Giustamente l'onorevole Piras citava la caratterizzazione fatta a Quirra, ma ancora assente a Capo Teulada e in tanti altri poligoni. Pertanto, oggi fare una stima dei costi delle bonifiche di queste aree è sicuramente complesso.
  Tuttavia, penso che, in funzione dell'urgenza di bonifica, a seguire debba portarsi l'urgenza della caratterizzazione e della valutazione dell'impatto economico.
  Noi siamo riusciti a ricostruire, anche economicamente, interventi di bonifica in alcuni siti minori, per esempio la Chemical City del Lago di Vico, dove però c’è una situazione diversa di caratterizzazione e di collaborazione anche con il Ministero della difesa che ci ha permesso di arrivare a discutere di quello.
  Infine, sul discorso del recupero e dell'utilità sociale del recupero di quelle aree, a mio avviso è fondamentale anche attivare dei veri tavoli di partecipazione in cui si ridiscuta l'utilizzo di quelle aree con la cittadinanza, un tema su cui stiamo lavorando anche noi.

  ALBERTO FASCIOLO, Segretario generale dell'associazione Movimento Azzurro. Come prima cosa, ho affermato che per noi i siti devono essere dismessi, quindi sono d'accordo con l'onorevole Piras.
  Sulla questione riguardante Pianosa, era stata fatta una citazione di altre persone, ma comunque si parlava, così come avevamo detto, di altre servitù e di servitù in generale. Lungi da noi, quindi, voler dire che Pianosa era un poligono.
  Naturalmente, però, quando si parla di servitù, molti, come ho già detto in premessa, intendono soltanto i poligoni sardi.

  PRESIDENTE. Ringrazio tutti i colleghi intervenuti e i nostri gentili ospiti.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.

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