XVII Legislatura

III Commissione

Resoconto stenografico



Seduta pomeridiana n. 24 di Mercoledì 28 giugno 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA TUTELA DEI DIRITTI DELLE MINORANZE PER IL MANTENIMENTO DELLA PACE E DELLA SICUREZZA A LIVELLO INTERNAZIONALE

Audizione di Gloria Muñoz Ramirez, attivista per i diritti umani in Messico.
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 2 
Muñoz Ramirez Gloria , attivista per i diritti umani in Messico ... 2 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 6 
Porta Fabio (PD)  ... 6 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 7 
Muñoz Ramirez Gloria , attivista per i diritti umani in Messico ... 7 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 8

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista: MDP;
Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD: AP-CpE-NCD;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile: SI-SEL-POS;
Civici e Innovatori: (CI);
Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE: SC-ALA CLP-MAIE;
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-UDC-IDEA: Misto-UDC-IDEA;
Misto-Alternativa Libera-Tutti Insieme per l'Italia: Misto-AL-TIpI;
Misto-FARE!-PRI: Misto-FARE!-PRI;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
ERASMO PALAZZOTTO

  La seduta comincia alle 15.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di Gloria Muñoz Ramirez, attivista per i diritti umani in Messico.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla tutela dei diritti delle minoranze per il mantenimento della pace e della sicurezza a livello internazionale, l'audizione di Gloria Muñoz Ramirez, giornalista e attivista per i diritti umani in Messico.
  Nel salutare e ringraziare per la sua presenza e per la sua disponibilità a prendere parte ai nostri lavori la Dottoressa Gloria Muñoz Ramirez, ricordo che la nostra ospite svolge da quasi trent'anni l'attività di giornalista ed editorialista presso La Jornada, di saggista e di docente universitaria, dedicandosi con particolare attenzione e sensibilità alle tematiche riguardanti i diritti umani, i movimenti sociali e le comunità indigene.
  Do, quindi, la parola alla Dottoressa Muñoz Ramirez affinché svolga la sua relazione.

  GLORIA MUÑOZ RAMIREZ, attivista per i diritti umani in Messico. Anzitutto, vi ringrazio dello spazio concesso in questa Commissione per parlare della crisi dei diritti umani in Messico e delle aggressioni ai giornalisti.
  Provengo da un Paese in cui impunemente scompaiono studenti e si assassinano giornalisti, donne, migranti, difensori dei diritti umani e militanti sociali. È un Paese trasformato in una fossa comune clandestina; un Paese con 200.000 morti e 30.000 scomparsi a partire dall'inizio della guerra contro il narcotraffico, avviata dal governo federale undici anni fa.
  Sono qui per parlare con voi dell'assassinio dei nostri colleghi giornalisti in Messico, per dirvi come viviamo noi che vogliamo esercitare il diritto all'informazione in un Paese in cui predomina l'impunità, dove veniamo uccisi e fatti sparire, dove vengono perquisite le nostre case.
  Come è cominciata questa barbarie? Forse in Messico stiamo vivendo la peggior crisi dei diritti umani di cui ci si possa ricordare. Sappiamo bene che si sono registrate violenze in Messico nei momenti critici ma ciò che viviamo oggi non ha precedenti. La guerra contro il narcotraffico iniziò ufficialmente nel 2006, quando il governo federale, allora capeggiato da Felipe Calderon Hinojosa, annunciò un'offensiva contro la criminalità organizzata, dispiegando l'esercito messicano e la forza militare per le strade di tutto il territorio nazionale per svolgere funzioni di sicurezza.
  Undici anni dopo il risultato è che le mafie non sono state fermate, non è stata fermata la criminalità organizzata; invece, sono stati sconquassati diversi settori della società messicana. Solo nei quattro anni dell'attuale governo del Presidente Enrique Peña Nieto, le ong che si occupano di diritti umani registrano 96.000 omicidi, che si sommano ai 100.000 avvenuti durante il governo precedente guidato da Calderon Pag. 3Hinojosa e che fanno arrivare il numero degli omicidi nell'ambito di questa guerra a circa 200.000. Quelli che ora sono sepolti non sono 200.000 delinquenti. Il numero delle persone scomparse si aggira fra 30.000 e 50.000, anche se ovviamente non esiste una cifra ufficiale. Questi sono i dati riportati dalle ong.
  Che cosa è successo in questi anni? L'offensiva dello Stato, come vi ho detto, ha militarizzato la vita del Paese. Il governo messicano ha schierato l'esercito in strada; l'esercito non ha percorso le rotte della criminalità organizzata bensì, in molti casi, le rotte dei megaprogetti che varie imprese multinazionali impongono alle comunità, specie nei territori indigeni: ad esempio, le miniere che si aprono in questi territori, con convogli militari che incidono anche sul comportamento sociale e politico della popolazione dei villaggi.
  La scomparsa dei 43 studenti dell'istituto magistrale dello Stato di Guerrero, di cui penso sappiate qualcosa, ha portato alla luce ciò che la popolazione già sapeva: l'esercito, il governo locale, le polizie statali e federali sono collusi con il crimine organizzato. Tutti erano coinvolti. Ricordiamo che una delle linee di indagine che il governo federale ha evitato di seguire è proprio il comportamento dell'esercito nell'intera notte in cui sparirono i 43 futuri maestri rurali.
  Questa guerra non solo non ha toccato a fondo la struttura del crimine organizzato ma ha fatto emergere il fatto che non si tratta di una lotta dello Stato contro la criminalità organizzata, bensì si tratta del sorgere di un narco-Stato, cioè uno Stato infiltrato, ai vari livelli di governo, dalle varie mafie. La criminalità organizzata elegge e depone sindaci e governatori e usa settori dell'esercito e delle forze armate per difendere questi poteri.
  Il Messico è stato il bersaglio della campagna presidenziale di Trump. La sua vittoria è considerata da molti messicani come una dichiarazione di guerra frontale, per tutto ciò che ha detto contro il nostro Paese quando ancora era candidato. Il Messico è stato il tema centrale dei suoi attacchi, specie in materia migratoria, con la minaccia diretta della deportazione di quasi 11 milioni di cittadini senza documenti, in gran parte messicani. La nuova Amministrazione statunitense potrebbe anche mettere mano al diritto di risiedere nel Paese per i figli dei messicani o congelare le rimesse, come Trump ha minacciato di fare quando ancora era candidato. Congelare le rimesse sarebbe un disastro per l'economia: stiamo parlando di più di 24 miliardi di dollari all'anno indirizzati alle famiglie più povere del Messico, che dipendono da queste risorse per la loro sopravvivenza. Lo Stato messicano non ha un piano alternativo.
  Quanto alla costruzione del controverso muro alla frontiera con il Messico, alla frontiera un muro c'è già. Trump ha promesso che il nuovo muro sarebbe stato finanziato dai messicani. Questo non lo può fare senza l'approvazione del Congresso, ma ciò che preoccupa è che la sua minaccia e tutta la sua campagna elettorale hanno suscitato un ambiente di odio verso i migranti messicani negli Stati Uniti.
  Ci sono relazioni che affermano che c'è un incremento dei reati di odio e del razzismo nella loro forma più brutale, il che porterà a più violenze nei confronti dei migranti, che attualmente vivono in costante allarme.
  Il governo messicano ha risposto a questa politica annunciata dagli Stati Uniti con una politica del tutto ipocrita. Immediatamente, per il governo i migranti sono diventati di moda, senza tener conto della enorme violenza che lo Stato messicano rivolge contro i migranti centroamericani che attraversano l'intero territorio nazionale per arrivare negli Stati Uniti. I migranti dell'America centrale in territorio messicano sono vittime di estorsioni, sequestri, assassini. E allora da dove nasce questo discorso umanitario del governo messicano rispetto a quello che succede ai migranti messicani negli Stati Uniti? Almeno 578 migranti senza documenti sono stati registrati come morti o scomparsi tra l'America centrale e gli Stati Uniti nel 2016, soprattutto nelle aree desertiche di alcuni Stati. Questi sono dati dell'Organizzazione Internazionale delle Migrazioni. Pag. 4
  Un altro settore vulnerabile in questa guerra sono le donne: i femminicidi. La stessa guerra fra lo Stato e i cartelli dei narcos non è riconosciuta come un conflitto bellico, anche se le conseguenze in termini di vite umane sono innegabili. È vero che muoiono più uomini che donne, però gli uomini sono sotto il fuoco incrociato, mentre le donne sono preda di guerra. I vari cartelli usano le donne e il loro corpo per mandarsi messaggi: sul cadavere di una donna assassinata un gruppo mette un messaggio per il gruppo rivale. Le donne diventano, quindi, bandierine del campo di battaglia, territori da conquistare.
  D'altra parte, vi è un allarmante aumento dei femminicidi in tutto il Paese. Ciò che era cominciato con un allarme nella città di frontiera di Ciudad Juarez, oggi è un'emergenza nazionale. Praticamente in tutto il Paese l'impunità dei femminicidi è predominante.
  Nell'ambito della violenza generalizzata contro le donne rientra la violenza specifica contro le giornaliste. Le nostre case sono perquisite, le nostre famiglie minacciate e, inoltre, andiamo a finire nelle statistiche dei giornalisti assassinati.
  Nel mio caso, due anni fa è stata perquisita la mia casa. Io sono arrivata, ho trovato la porta aperta, la serratura non era stata forzata. Ho trovato tutte le mie cose visibilmente sparpagliate per casa, con un elemento molto significativo: tutti gli indumenti intimi erano sul letto con l'impronta di uno stivale militare. La mia casa è stata la prima. I colleghi mi hanno detto che ero stata fortunata, in quanto posso raccontare tale episodio, visto che la cosa minore che si può subire sono, appunto, le perquisizioni, le minacce. Quando si tratta di assassini di colleghi è ben più grave.
  Siamo diventati un bersaglio di violenza quando il nostro lavoro indaga sugli episodi che vi ho descritto, cioè omicidi di donne, omicidi di migranti, e – voglio sottolinearlo – quando registriamo i legami tra lo Stato e i diversi gruppi criminali organizzati.
  Le statistiche ci dicono che sono stati uccisi più di 120 colleghi e colleghe dal 2000 al 2016. Ciò pone il Messico, senza alcun dubbio, fra i Paesi dell'America Latina in cui è più pericoloso fare giornalismo. Siamo al quarto posto a livello mondiale, solamente al di sotto di Paesi che hanno un conflitto bellico aperto: Iran, Afghanistan e Siria. Ma in Messico non c'è nessuna guerra riconosciuta, eppure siamo a quel livello della classifica.
  Le stesse cifre ufficiali della procura per i reati contro la libertà d'espressione evidenziano che, da luglio 2010 a dicembre 2016, sono state registrate 798 denunce per aggressioni a giornalisti. Il numero dei casi irrisolti mostra l'inefficienza delle autorità nel dare soluzione alla situazione. La stessa procura dello Stato riconosce di aver risolto solo tre casi nel 2012, altri due nel 2016. Ciò si traduce nel 99,7 per cento di impunità di questi reati. Sono aggressioni che non ricevono condanna.
  Pensavamo che il 2016 fosse stato uno degli anni più duri, ma non sapevamo ancora ciò che sarebbe successo nel 2017. Secondo il rapporto dell'organizzazione Articolo 19, nel 2016 in tutto il Paese si sono registrati 11 omicidi e 426 aggressioni di giornalisti. Fra queste aggressioni rientrano lo spionaggio governativo, che è stato dimostrato, e minacce attraverso i social network. Tali reati registrano un tasso di impunità del 99,75 per cento.
  Nel corso del 2017, sin qui, gli indici di violenza contro i nostri colleghi sono saliti del 40 per cento rispetto al 2016. Solo nel marzo scorso ci sono stati tre omicidi. La situazione per i comunicatori è sempre più tesa e i criminali continuano a godere di impunità.
  Documentare l'inferno che stiamo vivendo in Messico comporta necessariamente calpestare gli interessi del binomio Stato-criminalità organizzata. Sono i colleghi che scoprono questi legami ad essere uccisi e minacciati, non sono certo i giornalisti che esercitano il mestiere con il beneplacito dello Stato e coprendo i suoi interessi. Loro, per fortuna, non sono stati toccati.
  L'assassinio del collega Javier Valdez, giornalista straordinario, corresponsabile de La Jornada, il quotidiano per cui lavoro, ha richiamato i riflettori di gran parte del mondo su quello che accadeva in Messico. Pag. 5Javier Valdez era noto per essere il «cronista dell'orrore». Egli ha descritto come funziona il narcogiornalismo in Messico; ha scritto che le redazioni sono infiltrate dal narcotraffico in due modi: vi è chi non ha una paga e chi è salariato. I primi, non remunerati, esercitano la professione sotto minaccia di morte e senza nessuna libertà editoriale; gli altri, coloro che figurano nell'organico di qualche cartello, riferiscono gli ordini del narcotraffico e definiscono i contenuti editoriali in funzione dell'agenda criminale. Va detto, comunque, che molti colleghi svolgono il loro lavoro sotto pressione e minaccia, quindi non è facile giudicarli.
  In sostanza, ci sono quattro scenari possibili per il giornalista: l'allineamento con la casa editrice dei narcos; l'abbandono della professione; l'esilio; la morte. In sostanza, come dicevo prima, non sono i giornalisti affini al potere coloro che sono vittime di omicidio.
  Un'altra modalità di aggressione è l'assassinio di giornalisti per ordine presunto di un governatore, come l'ex governatore di Veracruz, Javier Duarte, che è latitante. È stato arrestato in Guatemala e proprio ieri è stato estradato. Questo ex governatore, che è attualmente in carcere, nelle conferenze stampa diceva apertamente: «Comportatevi bene: sappiamo tutti chi sta seguendo la cattiva strada» e dopo pochi giorni un collega veniva trovato morto. Noi giornalisti in Messico stiamo vivendo una situazione di autocensura perché in questo contesto di violenza dobbiamo valutare le conseguenze di cosa stiamo dicendo, a chi lo diciamo, come lo diciamo e su che organo lo pubblichiamo.
  In conversazioni informali possiamo parlare di tutto ciò che facciamo e delle informazioni che abbiamo, ma non possiamo pubblicare. In molti casi le informazioni che non possiamo pubblicare superano il 70 per cento, cioè pubblichiamo solo il 30 per cento dei dati e delle informazioni che raccogliamo, anzitutto per difendere le nostre fonti. Molte volte chi ha concesso un'intervista poi è stato ucciso, oppure è stato ucciso il giornalista che l'ha effettuata e oppure è stata minacciata la famiglia dell'intervistato.
  Il 2017 è l'anno più nero per i giornalisti, e ancora non è finito, siamo solo al mese di giugno.
  Non voglio chiudere questa esposizione senza citare i colleghi uccisi in quest'anno: Carlos Alberto Garcia, Cecilio Pineda, Miroslava Breach, Javier Valdez, Maximino Rodriguez, Filiberto Alvarez, Marcela de Jesús Natalia. Appena ieri è stato confermato l'omicidio di un collega che era stato dato per disperso nello stato di Michoacán.
  Fino a che non è morto il trentacinquesimo giornalista nei sei anni di mandato di Peña Nieto, il Presidente non ha emesso alcun comunicato ufficiale. Allora, è stato semplicemente pubblicato un tweet di condoglianze. Mai prima di allora il Presidente aveva detto o fatto alcunché.
  L'alto profilo di Valdez è l'elemento che ha permesso di portare alla luce ciò che stava accadendo. Proprio per via del riconoscimento internazionale di cui godeva Javier, il suo assassinio ha ricevuto l'attenzione che gli altri omicidi non avevano ricevuto. Sembrerebbe che il governo di Enrique Peña Nieto stia scoprendo solo ora che in Messico stanno ammazzando i giornalisti e che vi è stata un'impunità totale.
  Il Presidente ha dato istruzioni al riguardo a una procura per i reati contro la libertà di espressione, la cui inoperatività è ormai manifesta. Solo a marzo, dopo l'omicidio della giornalista Miroslava, nello stato di Chihuahua, la procura generale della Repubblica ha ammesso che solo tre delle oltre 390 denunce dal 2010 ad oggi hanno portato a una condanna. Anche in questo caso, si tratta del 99,7 per cento di impunità riconosciuta.
  Vengo a ciò che ha allarmato tutti questa settimana in Messico: il governo ci spia. Questa non è una novità per noi, ma adesso è stato condotto uno studio estremamente rigoroso che dimostra che il governo spia giornalisti, attivisti e anche i difensori dei diritti umani con un programma chiamato «Pegaso», che può essere acquistato soltanto dai governi. Questo programma non può essere acquistato da chiunque. Quindi, anche se il governo afferma che non sta Pag. 6spiando questi soggetti, è stato dimostrato, attraverso uno studio, che giornalisti e attivisti, che adesso stanno denunciando le violazioni presso le autorità, sono stati spiati e che sono state messe delle cimici nei loro telefoni cellulari. «Pegaso», inoltre, è un programma che si attiva direttamente sul microfono dei telefoni cellulari, quindi registra costantemente la persona che si sta spiando.
  Ripeto che questo programma di spionaggio e di sorveglianza può essere venduto soltanto ai governi. Il governo messicano ha speso 80 milioni di dollari in programmi di spionaggio, presumibilmente per fare spionaggio contro la criminalità organizzata. Questo è quello che afferma il governo, ma, come vi dicevo, stiamo riscontrando che questo investimento è stato fatto contro attivisti, difensori dei diritti umani, giornalisti. Questo dimostra una grave violazione dei diritti umani per tutti i messicani.
  In Messico tutti gli attivisti e i giornalisti chiedono un'indagine seria, completa, imparziale e trasparente su questi fatti. La buona notizia è che proprio ieri, dopo tante pressioni, il governo messicano ha accettato la visita dei rappresentanti delle Nazioni Unite e dell'Organizzazione degli Stati Americani al fine di analizzare la situazione della libertà di espressione e le condizioni per l'esercizio della professione giornalistica in Messico. Il ministero degli affari esteri ha autorizzato questa visita. Non è stata stabilita una data, quindi non siamo certi che effettivamente questa visita si svolgerà a breve o a lungo termine – dobbiamo esercitare pressioni perché avvenga quanto prima –, ma è una piccola speranza per l'esercizio della nostra professione, dopo anni di impunità che ci hanno fatto capire chiaramente che dal governo messicano non arriveranno risposte. Le risposte possono venire soltanto dalla pressione internazionale.
  Signore e signori, in Messico ci stanno uccidendo per mettere a tacere il nostro lavoro, affinché tra di noi prevalga soltanto la paura, per farci sentire sminuiti e perché la criminalità possa agire con totale impunità. Ci stanno uccidendo per metterci a tacere, ma vi voglio dire chiaramente che non ci stanno riuscendo, perché in Messico ci sono uomini e donne che, come me, vogliono esercitare questa professione e si rifiutano di restare in silenzio. Per questo siamo qui.

  PRESIDENTE. Ringrazio la Dottoressa Gloria Muñoz Ramirez.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FABIO PORTA. Ringrazio la Dottoressa Gloria Muñoz Ramirez, che ci ha portato una testimonianza davvero toccante. Come la Dottoressa Muñoz Ramirez ha parlato a nome delle migliaia di colleghi, in particolare operatori della stampa e della comunicazione e giornalisti che stanno soffrendo questa situazione così drammatica, anche io vorrei parlare a nome di tanti miei colleghi, che magari oggi non sono presenti ma, sono sicuro, saranno altrettanto solidali e impegnati non soltanto nella solidarietà, ma anche in una fattiva operazione politica affinché quello che è stato detto dalla Dottoressa Muñoz Ramirez si traduca anche in fatti concreti da parte del Parlamento e delle istituzioni italiane.
  In particolare, vorrei esprimere, anche a nome del mio gruppo parlamentare, il Partito Democratico, la solidarietà non soltanto per il settore che ci è stato qui rappresentato, ma, in generale, per tutte le vittime delle violazioni dei diritti umani in Messico. Tutti noi, come ci ricordava anche la Dottoressa Muñoz Ramirez, abbiamo sicuramente ancora negli occhi le immagini e abbiamo seguito con grande apprensione la vicenda dei giovani dello Stato di Guerrero, ma non dimentichiamo nemmeno la morte della giovane sindaca Gisela Mota, anche lei recentemente assassinata in Messico, dell'attivista dei diritti umani Miriam Rodriguez, che aveva fatto della lotta per i diritti umani una delle sue battaglie.
  Come diceva la Dottoressa Muñoz Ramirez, non siamo in presenza di fenomeni isolati, ma di una escalation di violenza, una vera e propria emergenza umanitaria per quanto attiene il problema dei diritti umani. Pag. 7
  A questo proposito, vorrei porre alcune brevi domande. In primo luogo, sul fronte interno ed esterno al Paese, al di là della mobilitazione della società civile – so che anche la Conferenza episcopale messicana si è espressa in proposito –, Lei ritiene che qualcosa debba essere fatto nel sistema politico istituzionale messicano? Lo chiedo, ovviamente, anche essendo un politico e un parlamentare. A quanto pare, c'è qualcosa che non funziona nel rapporto delle istituzioni con questo fenomeno. Gli episodi di collusione sembrano essere diventati non più delle eccezioni, ma, in alcuni casi, addirittura la regola. Quindi, Le chiedo se qualche modifica, anche dal punto di vista istituzionale, del sistema elettorale e della dinamica politica, può introdurre degli elementi di positività.
  La seconda domanda riguarda il rapporto con gli Stati Uniti, perché tutti noi vediamo con grande preoccupazione, per tanti motivi, la presidenza Trump. Lei ha fatto un cenno alla campagna elettorale e agli slogan del Presidente Trump. Le chiedo se crede che questa Presidenza, per quanto attiene ai problemi di cui ci ha parlato, possa avere un'influenza ulteriormente negativa nel peggioramento della situazione.
  Infine, è chiaro che la cosa che più mi ha colpito è non solo lo spionaggio esercitato da parte di alcuni organi, anche da parte di apparati di governo, ma anche l'impunità e la grave situazione in cui si trovano gli operatori dell'informazione, quindi il problema della libertà di stampa in generale. Su questo, per quanto ci riguarda, mi sembra importante il fatto che i rappresentanti delle Nazioni Unite, attraverso la Commissione che vigila su questo settore, verranno presto in Messico e che il governo sia stato disponibile a questa verifica.
  Quello che noi possiamo fare, avendo anche, in questa fase, un ruolo di grande responsabilità nelle Nazioni Unite, è, come Lei ci diceva, fare pressioni affinché questa disponibilità si traduca, quanto prima, in una data specifica e in un impegno preciso. Credo che possiamo anche chiedere al Governo italiano, attraverso i suoi rappresentanti alle Nazioni Unite, che insista perché quanto prima avvengano questa ispezione e questa verifica dello stato della libertà di stampa in Messico. Le assicuro tutto l'impegno da parte del mio gruppo parlamentare e spero anche del Governo italiano.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Porta. Cedo la parola di nuovo alla Dottoressa Muñoz Ramirez per la replica.

  GLORIA MUÑOZ RAMIREZ, attivista per i diritti umani in Messico. Grazie per il Suo interesse e per le Sue domande. Cosa si può fare? Credo che l'ultima parte del Suo intervento risponda a questa domanda: esercitare pressioni. Sappiamo benissimo che dal Messico non arriverà la risposta. Vi ho spiegato che c'è un 99,75 per cento di impunità di certi reati.
  Ci stanno uccidendo perché il governo non fa nulla, perché molti strati del governo sono coinvolti, sono collusi con i criminali che ci uccidono. Quindi, la risposta è che la pressione deve venire necessariamente da fuori. In Messico noi giornalisti abbiamo imparato a fare manifestazioni di piazza, a scendere per le strade, a gridare i nostri slogan. Il nostro lavoro, invece, dovrebbe essere quello di parlare delle manifestazioni di strada. Siamo passati dall'altra parte. Siamo passati dalla parte delle denunce. Denunciamo che siamo spiati, che siamo minacciati.
  Naturalmente una pronuncia chiara e totalmente oggettiva da parte vostra sarebbe estremamente bene accolta dai nostri colleghi. Credo che il governo messicano non ascolti quello che gli dice il Paese, ma forse ascolterà le voci che vengono dall'estero. Per noi è importante; era importante già vent'anni fa, con il sollevamento zapatista: ci sono state dichiarazioni ufficiali rispetto alla violenza contro gli indios. È stato importante, allora. Oggi la crisi attuale non ha precedenti e, pertanto, la vostra dichiarazione al riguardo è molto importante.
  Il tema dei rapporti con gli Stati Uniti è un tema inesauribile. Innanzitutto vorrei dirvi che durante il governo Obama c'è stato il maggior numero di deportazioni nella storia dei rapporti tra i due Paesi. La Pag. 8Sua domanda è se ci aspettiamo qualcosa di peggio. Sì, ci aspettiamo qualcosa di ancora peggiore. Soprattutto, oltre ai risultati istituzionali, quelli delle elezioni politiche, c'è anche un risultato non istituzionale, che ha a che vedere con le campagne d'odio. Aumentano i reati razzisti e i crimini contro i messicani in America. Anche in questo caso, c'è bisogno di dichiarazioni molto chiare.
  Inoltre, bisogna parlare della «Iniziativa Merida», che ufficialmente viene chiamata «Plan Mexico». È un piano di cooperazione per la sicurezza regionale che è stato elaborato dal governo Bush ed è ancora in vigore dal 2007. Tale Iniziativa prevede una cooperazione economica con il Messico affinché questo Paese possa coprire le spalle agli Stati Uniti, affinché il Messico possa «curare il giardino sul retro della casa americana». Il Messico, quindi, si sta militarizzando: si comprano armi e l'esercito, come ho detto all'inizio del mio intervento, non si nasconde tra le file della criminalità organizzata, ma tra di noi, si rivolge contro di noi, contro le persone che vogliono difendere la terra e i territori. Le armi sono rivolte contro gli attivisti dei diritti umani. Il finanziamento fa sì che ci sia questa violenza, una violenza sferrata contro tutti noi.
  Senza dubbio sono tante le cose da fare. La frontiera a nord determina bene o male tutte le politiche appoggiate dal governo messicano. Vi dicevo poco fa che viene fatto un discorso totalmente ipocrita in appoggio ai migranti messicani, visto che si portano avanti politiche proprio criminali rispetto alla migrazione centroamericana. E poi non c'è un piano effettivamente serio e alternativo per far fronte alla crisi umanitaria che si apre con la deportazione massiccia di migranti verso il Messico. Non si fa nulla. C'è un programma recente per cui ai messicani che tornano dagli Stati Uniti, respinti dal governo americano, si danno dei soldi, che corrispondono al prezzo del biglietto dell'autobus, perché possano tornare al loro luogo di origine. Questo è tutto l'aiuto che offre il governo messicano.
  In conclusione, La ringrazio molto per il Suo intervento. Soprattutto, La ringrazio per l'interesse rivolto a questo Paese, al nostro Paese, che – voglio dirlo – non cessa di resistere. È un Paese che continua a resistere. Hanno voluto annichilirci dal basso, ma siamo rimasti in piedi. Resistiamo e continuiamo a fare le nostre denunce.

  PRESIDENTE. Ringrazio la Dottoressa Muñoz Ramirez per la disponibilità e per averci dato questo importante contributo rispetto a un tema che sta molto a cuore a questa Commissione, ossia il tema del rispetto dei diritti umani, della loro difesa e soprattutto della tutela e della salvaguardia dei difensori dei diritti umani in ogni parte del mondo.
  Dichiaro conclusa la nostra audizione, ringraziando ancora la nostra ospite per il suo contributo.

  La seduta termina alle 16.20.