XVII Legislatura

III Commissione

Resoconto stenografico



Seduta pomeridiana n. 6 di Giovedì 11 giugno 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Scagliusi Emanuele , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA TUTELA DEI DIRITTI DELLE MINORANZE PER IL MANTENIMENTO DELLA PACE E DELLA SICUREZZA A LIVELLO INTERNAZIONALE

Audizione di Jorge Molano, attivista per i diritti umani in Colombia.
Scagliusi Emanuele , Presidente ... 2 
Molano Jorge , attivista per i diritti umani in Colombia ... 2 
Scagliusi Emanuele , Presidente ... 5 
Porta Fabio (PD)  ... 6 
Scagliusi Emanuele , Presidente ... 6 
Cimbro Eleonora (PD)  ... 6 
Scagliusi Emanuele , Presidente ... 6 
Molano Jorge , attivista per i diritti umani in Colombia ... 7 
Scagliusi Emanuele , Presidente ... 8

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE EMANUELE SCAGLIUSI

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di Jorge Molano, attivista per i diritti umani in Colombia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla tutela dei diritti delle minoranze per il mantenimento della pace e della sicurezza a livello internazionale, di Jorge Molano, attivista per i diritti umani in Colombia, che è accompagnato da Roberto Capocelli.
  Nato nel 1968, Jorge Molano ha studiato legge all'Università Externado de Colombia, da cui proviene gran parte dalla classe dirigente del suo Paese. Sin da giovanissimo ha fatto parte del gruppo di lavoro costituito dall'avvocato e scrittore José Eduardo Umana Mendoza, che sarà assassinato nel 1998.
  Ha operato come avvocato difensore dei diritti umani per diverse organizzazioni, come la Lega internazionale per i diritti e la liberazione dei popoli – sezione Colombia, la Corporación Sembrar, la Corporación Jurídica Libertad, la Comisión Intercongregacional de Justicia y Paz, il Centro de Investigación y Educación Popular. Dal 2005 ha lavorato come avvocato indipendente ed è consulente giuridico di numerose ONG.
  La Commissione è onorata di ricevere una persona che ha speso tante delle proprie energie per la difesa dei diritti umani e del proprio Paese, e ringrazia l'onorevole Locatelli per aver reso possibile questo incontro.
  Invito, quindi, Jorge Molano a svolgere il suo intervento.

  JORGE MOLANO, attivista per i diritti umani in Colombia. Buon pomeriggio, presidente e onorevoli parlamentari. Vi ringrazio per l'occasione di esporvi alcune delle preoccupazioni che abbiamo come difensori dei diritti umani rispetto agli eventi in Colombia.
  Anzitutto, occorre precisare che per la società colombiana il fatto che siano partiti dei dialoghi tra governo e FARC è di estrema importanza, perché sono più di cinquant'anni che va avanti il conflitto. Sono cinquant'anni che la situazione si degrada; cinquant'anni nei quali la barbarie ha travolto la società colombiana.
  Speriamo che questi dialoghi diano frutto e che la comunità internazionale, come già ha fatto, possa seguitare ad accompagnarci affinché questi dialoghi abbiano un buon esito. Oltre ad accompagnare i dialoghi, tuttavia, è importante che si persegua anche l'attuazione degli accordi a cui si potrà arrivare tra le parti. Abbiamo, infatti, grandi preoccupazioni circa una pace stabile e duratura in Colombia perché nel Paese rimangono gruppi paramilitari.
  Si tratta di gruppi che in passato – come è stato detto dalla Corte interamericana dei diritti umani, dalla Commissione interamericana e dalle Nazioni Unite – hanno agito purtroppo con l'appoggio Pag. 3dei pubblici poteri e soprattutto di dirigenti politici e di membri delle forze dell'ordine colombiane.
  Dieci anni fa è iniziato un processo di smobilitazione di questi gruppi. Il Governo, nelle statistiche, dichiara che sono stati smobilitati 35.000 paramilitari. Oggi va detto che, a dieci anni di distanza dall'inizio di questo processo in cui i paramilitari si impegnavano a dire la verità sui loro crimini, a dare un indennizzo alle vittime e a non essere recidivi, la giustizia colombiana ha pronunciato 28 sentenze, di cui solo 14 definitive, mentre altre 14 sono in via di revisione da parte della Corte suprema di giustizia.
  Su 35.000 paramilitari smobilitati, ad oggi, in Colombia ne sono stati condannati solo 105. Siamo, dunque, in una situazione in cui l'impunità è del 99,99 per cento. La Procura generale della nazione ha ultimamente fornito statistiche in cui si vede che su 35.000 paramilitari smobilitati solo 313 hanno compiuto atti di riconoscimento verso le vittime, solo 1.173 hanno chiesto loro perdono, solo 1.083 hanno manifestato pentimento, solo 1.143 hanno detto che non torneranno a commettere questo tipo di crimini.
  Insomma, davanti a questo panorama c’è di che essere preoccupati per il rischio che questi crimini si ripetano. Inoltre, la preoccupazione cresce quando vediamo che in diverse parti del Paese, come nella comunità di pace di San José de Apartadó, questi gruppi continuano a mobilitare grossi contingenti (300-350 uomini) e a godere dell'appoggio dell'esercito colombiano.
  Conoscerete le statistiche dell'Ufficio per le vittime, un'agenzia governativa, che afferma che alla data di oggi ci sono 7,5 milioni di vittime nel Paese, vale a dire che il 14 per cento della popolazione colombiana è stata vittima del conflitto. Di questi 7,5 milioni, 6,2 milioni di persone sono sfollate, ovvero sono state costrette ad abbandonare le proprie terre, il che pone la Colombia al secondo posto nel mondo come Paese con il più alto indice di sfollati.
  Ultimamente la Procura ha documentato che le sparizioni forzate di persone hanno superato quelle verificatesi durante le dittature del Cono Sud. Le statistiche ufficiali parlano di un numero compreso tra 45.000 e 65.000 persone scomparse contro la loro volontà. Nell'ambito del procedimento «Giustizia e pace», nel quale i paramilitari si erano impegnati a dire la verità, solo 3.272 di queste scomparse forzate sono state chiarite. Il dramma umano che oggi devono sopportare più di 40.000 famiglie colombiane è di dimensioni incalcolabili.
  Abbiamo anche ricevuto informazioni dal Fondo di riparazione delle vittime – altro ente che si occupa del risarcimento delle vittime in Colombia – il quale ci ha detto che in questo speciale processo di smobilitazione dei paramilitari circa 500.000 persone si sono presentate a chiedere il risarcimento come vittime. Questo Fondo dichiara che negli ultimi dieci anni sulle 500.000 vittime che si sono presentate si è riusciti a dare una riparazione solo a 3.600 di esse. Quindi, neppure la riparazione è giunta a una percentuale accettabile. Le riparazioni non arrivano all'1 per cento; la verità non raggiunge il 7 per cento e le garanzie che ciò non si ripeta sono all'incirca al 6 per cento.
  Siamo, quindi, profondamente preoccupati per quanto era stato deciso. Infatti, si era detto che chi si assoggettava alla legge sarebbe stato condannato a un massimo di 8 anni, senza tener conto dei reati confessati, nell'ambito della cosiddetta «giustizia di transizione». Quest'anno tutte le persone che sono state tradotte in tribunale cominciano già a uscire dalle carceri; ci preoccupa che questa uscita di massa sia il contesto per permettere libertà d'azione a questi gruppi, e ancor più il fatto che in Colombia a ottobre si svolgeranno le elezioni locali e regionali per i sindaci e i governatori.
  In passato si era denunciato come questi gruppi arrivassero a controllare le istituzioni. Quello che noi credevamo fosse stato conquistato, cioè il ritorno allo Stato di diritto, oggi potrebbe essere messo a repentaglio. C’è il rischio che l'uscita in Pag. 4massa dei paramilitari dalle carceri possa avere ripercussioni negative sui processi elettorali.
  Uno dei drammi vissuti, in particolare, dai contadini sfollati è la sottrazione delle loro terre. Le statistiche ufficiali parlano di spoliazioni tra 4 e 6 milioni di ettari.
  Abbiamo plaudito al fatto che lo Stato colombiano, tramite il parlamento e il Governo, abbia adottato una legge importante, la n. 1448 del 2011, che definisce i meccanismi per dare riparazione amministrativa alle vittime, ma anche sistemi per far sì che sia restituita loro la terra.
  Questa legge rimarrà in vigore dieci anni; siamo già al quinto anno, e l'Agenzia che si occupa della restituzione delle terre ai contadini ci ha detto che vi sono richieste di restituzione per 75.000 poderi. In questi cinque anni, su 75.000 poderi, si è riusciti a restituire o far ordinare ai giudici la restituzione per 1.866 poderi. Si parla, quindi, di un 2 per cento delle terre. Le stime del governo erano, invece, di arrivare a 2 milioni di ettari in dieci anni. Bisogna dire, pertanto, che rispetto a questa meta non siamo andati oltre il 2 per cento di quanto proposto all'inizio.
  C’è una questione su cui abbiamo insistito nell'ambito dei processi di pace. È importante fare pulizia nelle forze armate colombiane. Tra il 2002 e il 2008, il mondo ha potuto vedere che in Colombia 4.800 giovani sono stati uccisi da militari dell'esercito e sono stati presentati come caduti in combattimento. Queste esecuzioni miravano a gonfiare le cifre relative alle vittorie nella lotta ai gruppi illegali nel Paese così da permettere a ufficiali e comandanti di ricevere premi, promozioni, decorazioni, trasferimenti o addirittura allungamenti delle ferie.
  Noi abbiamo rappresentato familiari di vittime in casi del genere. A questo proposito, dobbiamo dire con dolore che la madre di uno dei ragazzi uccisi, da noi rappresentata, una settimana fa ha lasciato il Paese in quanto, nonostante la Commissione interamericana abbia ordinato di proteggerla, non ha mai avuto protezione; quindi, a rischio di vita imminente, è stata accolta provvisoriamente dalla Spagna per tutelare la sua sicurezza. Mentre si stava spostando tra il suo comune di residenza e la città di Cali – un'ora e cinquanta minuti in auto o in pullman – ha visto salire sull'autobus una persona che le ha puntato la pistola al petto e le ha detto: «O sta zitta oppure dice ai suoi avvocati che moriranno».
  In quel caso, i giovani uccisi furono tre. Furono presi dal comune di Pradera e portati alla città di Manizales, a 400 chilometri di distanza. Furono portati in un luogo solitario, obbligati a inginocchiarsi e due di loro furono fucilati alle spalle. La terza vittima, siccome al soldato si era inceppato il fucile, poté saltare nel vuoto e correre per più di cinque ore; così riuscì a salvarsi. Oggi è un testimone protetto dalla Procura colombiana. Tuttavia, prima di ottenere la protezione della Procura, fu avvisato che un'auto con determinate caratteristiche e una certa targa sarebbe andato a prenderlo. Tre ore prima, delle persone in un'auto con queste caratteristiche avevano cercato di rapirlo, dopodiché si seppe che erano state le stesse persone dell'esercito che avevano cercato di ucciderlo in precedenza.
  In questo caso siamo riusciti a dimostrare in che modo i comandanti della brigata (le unità militari sono battaglione, brigata, divisione e comando dell'esercito) avessero firmato documenti da cui risultava che avevano pagato circa 2.000 euro a un cittadino per aver ottenuto le informazioni alla base dell'operazione militare che aveva poi condotto all'uccisione dei due giovani.
  Grazie al lavoro della Procura e delle vittime, cinque mesi fa siamo riusciti a trovare il testimone che avrebbe ricevuto questi soldi, il quale ha affermato che mai aveva dato questa informazione, né aveva mai ricevuto denaro e che la firma apposta su quel documento non gli appartiene.
  La Procura ha verificato la firma e ha dimostrato che non era sua. Siccome il governo stava per convocare i Colonnelli Barrios e Navarrete per il corso di promozione al grado di generale, abbiamo Pag. 5chiesto di non farlo perché ci sono altre 96 vittime di questa unità, da loro diretta, uccise in situazioni simili.
  Abbiamo fornito un dossier di prove al governo colombiano. Purtroppo, queste prove non sono state tenute presenti e costoro sono stati promossi al grado di generale. Oggi, quindi, esercitano ancora autorità e comando sulle truppe, con gravi rischi per la società colombiana.
  Abbiamo voluto presentare al Parlamento e a alla Commissione dei diritti umani dei documenti a cui siamo potuti giungere di recente. In particolare, c’è un documento firmato dalla direttrice, quarta in grado all'interno della Procura generale, in cui ordina ai procuratori per i diritti umani e ai procuratori contro il crimine organizzato e il terrorismo di non emanare sentenze importanti senza previa autorizzazione del viceprocuratore. Questo ci preoccupa perché, in uno Stato di diritto, l'autonomia dei procuratori e dei giudici è una precondizione ineludibile della giustizia, che in questo caso può essere messa a rischio.
  Per concludere, vorrei esporvi la mia preoccupazione per la situazione di coloro che difendono i diritti umani in Colombia. Nel 2014 abbiamo rilevato un incremento delle minacce contro i difensori dei diritti umani. In totale, nel 2014 vi sono state 488 minacce contro difensori di diritti umani, ovvero almeno una al giorno. Sempre nel 2014, 55 difensori dei diritti umani sono stati assassinati in Colombia.
  Nel 2013 erano stati meno. Noi avevamo giudicato positivo questo calo, anche se i numeri erano ancora alti. Ogni sei giorni un difensore dei diritti umani è ucciso in Colombia. Dobbiamo dire che siamo ulteriormente preoccupati perché nei primi tre mesi del 2015, altri 19 difensori dei diritti umani sono stati assassinati. Se la tendenza dei primi mesi si conferma, sarà facile arrivare nel 2015 a un difensore ucciso ogni quattro giorni.
  In questo scenario ci preoccupa il fatto che la giustizia non abbia agito tempestivamente né seriamente. Gli attacchi ai difensori dei diritti umani rimangono impuniti quasi nel 100 per cento dei casi. Ciò incita alla ripetizione di pratiche di questo genere. Abbiamo anche chiesto al governo colombiano che agisca pubblicamente per riconoscere il lavoro dei difensori dei diritti umani.
  Nel mio caso specifico, ho detto che già in precedenza sono stato invitato dal responsabile diritti umani della Vice-Presidenza della Repubblica, che assieme al responsabile dei diritti umani del Ministero all'interno e al delegato del Ministero degli esteri, mi ha detto che il mio nome e quello di altri avvocati dell'ufficio della Corporación Sembrar erano stati presi in esame in riunioni della giunta dei generali dell'esercito colombiano, che non vedeva di buon occhio il nostro lavoro, in quanto nei procedimenti da noi promossi risultavano coinvolti 12 generali, di cui 5 in servizio attivo.
  Il fatto di cercare giustizia e verità nell'ambito dei diritti umani, secondo questi generali, chiama in causa l'onore dei militari. A fronte di ciò abbiamo chiesto alle autorità civili che dichiarassero pubblicamente che il nostro lavoro è legale, legittimo e necessario per uno Stato di diritto.
  Con preoccupazione, devo informarvi che due settimane fa ho incontrato a Bogotà la direttrice dei diritti umani, che mi ha detto che il governo colombiano non poteva riconoscere pubblicamente il nostro lavoro in quanto ciò ci avrebbe messo in pericolo. Attualmente, siamo oggetto di misure di protezione da parte del governo: apprezziamo questo, ma riteniamo non basti.
  Dobbiamo spostarci in tutto il Paese in auto blindate per poter partecipare alle udienze e rappresentare le vittime. Ci preoccupa il fatto che, andando avanti con il processo di pace, la società civile e i difensori dei diritti umani non abbiano sufficienti garanzie per poter partecipare alle procedure di monitoraggio post-accordo e di risoluzione del conflitto. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'avvocato per la relazione dettagliata. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

Pag. 6

  FABIO PORTA. Innanzitutto, voglio ringraziare il Comitato diritti umani e l'onorevole Locatelli per aver promosso questa interessante occasione di incontro con l'avvocato Jorge Molano, che conosciamo per il suo impegno a difesa dei diritti umani, riconosciuto non soltanto nel suo Paese, ma anche a livello internazionale. Sappiamo che, meritatamente, l'avvocato ha ricevuto e riceverà prossimamente dei riconoscimenti anche qui in Europa.
  Noi seguiamo questa vicenda da tempo. Questa Commissione ha avuto modo di ascoltare, nei mesi e negli anni scorsi, esponenti colombiani impegnati attivamente, anche come società civile, nel processo di pace che il governo del Presidente Santos ha ripreso.
  Mi pare anche importante sottolineare che c’è una coincidenza temporale significativa tra questa audizione e la presenza in Italia del Presidente dalla Colombia, che domani, insieme al nostro Primo ministro Matteo Renzi e al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, sarà tra i relatori e tra le importanti personalità che apriranno la VII Conferenza Italia-America Latina e Caraibi.
  Da quello che abbiamo ascoltato, il processo di pace è ripreso positivamente, perlomeno per quanto riguarda le intenzioni del governo, ma soffre ancora forti lacune. Mi è sembrato di capire – chiedo se l'avvocato, nella sua replica, può darci qualche delucidazione in più – che mentre l'autorità politica e di governo sostiene questo processo, ci sono ancora delle forti vulnerabilità e criticità per quanto riguarda il sistema sia giudiziario che militare.
  Vorrei, quindi, capire meglio come il governo della Colombia stia seguendo questi due fronti e se effettivamente la giustizia stia accompagnando questo processo di pace, anche con l'adeguato compimento dei processi e delle indagini, e se i militari siano effettivamente partecipi in positivo del processo e non soltanto, come mi è sembrato di capire, con alcuni episodi in cui il loro ruolo non è così chiaro, se non addirittura, in qualche caso, non di pacificazione, ma di aumento del conflitto.
  Una seconda domanda è relativa alla situazione dei desplazados. Mi ha impressionato il dato che la Colombia è il secondo Paese al mondo in termini di persone che vengono forzatamente espropriate dei propri terreni o spostate dal loro luogo di vita. Vorrei, quindi, sapere se questo è un fenomeno attualmente ancora in corso, se si è fermato e se ci sono dei progetti, delle politiche e degli interventi da parte di questo governo perché esso possa essere ridotto, se non del tutto eliminato.
  Vorrei concludere esprimendo, anche a nome dei parlamentari del gruppo del Partito Democratico, il compiacimento per il lavoro che Lei e i Suoi colleghi state facendo in Colombia a difesa, in particolare, delle vittime civili di questa situazione. Grazie.

  PRESIDENTE. Vorrei aggiungere anch'io una domanda in merito alle bande di paramilitari e narcotrafficanti al confine con il Venezuela, che trafficano in petrolio e altro. Vorrei sapere se è un fenomeno ancora attivo e quali sono le contromisure che sono state prese.
  Inoltre, vorrei domandarLe se ha da avanzare delle richieste al Governo italiano e al Parlamento al fine di aiutare questo processo di pace.

  ELEONORA CIMBRO. Innanzitutto, ringrazio l'avvocato e il Comitato per aver organizzato questo interessante incontro. Purtroppo sono arrivata tardi, quindi, ho perso la prima parte dell'intervento.
  Anch'io mi chiedo cosa si può mettere in atto concretamente come Comitato e a livello parlamentare per supportare l'importante azione che Lei sta svolgendo. Credo, infatti, che ci sia la possibilità di intervenire nei fatti, al di là di questo confronto, che è sicuramente interessante e fondamentale anche per creare una cultura della condivisione rispetto ai processi in atto in questi Paesi.

  PRESIDENTE. Do la parola all'avvocato Molano per una breve replica.

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  JORGE MOLANO, attivista per i diritti umani in Colombia. Grazie, signor presidente e signori deputati. È gratificante per noi avere la possibilità di confrontarci con voi sulla situazione.
  Con preoccupazione, dobbiamo dire che il problema dell'impunità nei casi di violazione dei diritti umani continua a essere gravissimo. Siamo particolarmente allarmati per il fatto che, nei casi in cui è in gioco la responsabilità dei vertici della forza pubblica, i procuratori e i giudici devono spesso agire senza protezione e senza garanzie. Mi riferisco a casi come la strage della Comunità di Pace di San José de Apartadó, che noi rappresentiamo, in cui un bambino di diciotto mesi, una bambina di cinque anni e un bambino di tredici anni sono stati sgozzati e squartati.
  Ecco, abbiamo potuto dimostrare che si trattava di un'azione congiunta di paramilitari e militari che hanno marciato e dormito assieme per quattro giorni. Tuttavia, il procuratore, nonostante la nostra istanza, non ha mai ricevuto protezione. Era tale il clima di pressioni su di lui e sulla sua famiglia che ha avuto un infarto e ha dovuto abbandonare il caso.
  Vi sono, ancora, casi come quello del Palazzo di Giustizia del 1985, quando i guerriglieri del gruppo M-19 occuparono la sede del potere giudiziario e presero in ostaggio i magistrati della Corte per processare il Presidente della Repubblica.
  Durante questo sequestro sparirono 12 cittadini che erano usciti vivi dal palazzo e che nei video della tv spagnola si vedono camminare. Ad esempio, un magistrato era uscito camminando, vivo, ma dopo due giorni il suo corpo riapparve nel palazzo. La procuratrice del caso decise di incriminare tre generali, ma fu deposta dalla Procura per inefficacia, due giorni dopo aver assunto questa decisione. La giudice denunciò anche nel corso del processo che ella stessa era stata minacciata, insieme a suo figlio di sette anni.
  Solo quando l'ordine è arrivato dalla Commissione interamericana ha ricevuto protezione, ma quando ha pronunciato la condanna contro i responsabili di questi fatti e contro un colonnello, il Presidente della Repubblica è andato in televisione, su tutte le reti, e alla radio, accompagnato dai vertici militari in tuta mimetica, per dichiarare che era una sentenza ingiusta, con la quale si perseguitavano i salvatori della patria.
  È successo sia con il Presidente Uribe sia con il Presidente Santos. Non c’è stato un atteggiamento chiaro e deciso di appoggio al potere giudiziario affinché possa agire nel conflitto, e soprattutto contro i gravi fatti criminali. Con riferimento ai casi dei cosiddetti «falsi positivi», ovvero le esecuzioni dei giovani, la Procura ci ha informato che sono già state pronunciate 700 sentenze, a cui diamo grande valore.
  Tuttavia, la Procura ci ha anche detto che, in relazione a queste 700 sentenze, soltanto 6 dei condannati hanno il grado di colonnello o tenente colonnello; 30 hanno il grado di maggiore o capitano; 62 il grado di tenente o sottotenente; 117 sono sottufficiali e 503 soldati semplici. Questo per dire che la giustizia si allontana quanto più cresce il grado, quindi la capacità di azione all'interno del conflitto.
  Sui paramilitari dobbiamo dire che, in effetti, alla frontiera con il Venezuela continua a esserci un grosso potere che incide, anche a livello extraterritoriale, con azioni in Venezuela. Pur avendo regolarmente informato le autorità sulla presenza di tali gruppi, queste non hanno fatto nulla per contrastarli. Oggi, il governo insiste nel dire che non sono paramilitari, ma bande criminali di narcotrafficanti e afferma che non c’è legame, come in passato, con funzionari dello Stato. Noi dobbiamo dire, invece, che purtroppo le cose stanno diversamente. Sono gruppi che continuano ad alimentarsi del narcotraffico, ma nel contempo ad avere rapporti di convivenza e connivenza con funzionari dello Stato.
  Crediamo che sia importantissimo che gli strumenti dell'Unione europea, specie quelli volti alla tutela dei diritti umani, si applichino a dovere. Se ci sono trattati di libero scambio tra Italia e Colombia, essi devono avere come base il pieno rispetto dei diritti umani. I rapporti commerciali sono importanti, ma in quanto rafforzano Pag. 8lo Stato di diritto e la società democratica. Pensiamo, quindi, sia importante che questo Comitato chieda al Governo italiano di far sì che gli standard definiti dall'Unione europea in materia di diritti umani siano debitamente seguiti quanto alla loro attuazione in Colombia.
  In passato abbiamo chiesto che la missione diplomatica italiana accreditata in Colombia fosse più incisiva nei confronti dello Stato colombiano, per porre rimedio a questa grave situazione. Invece, preoccupati, vediamo che oggi nelle ambasciate a Bogotà non c’è un incaricato delle questioni dei diritti umani. Così come c’è un addetto commerciale, sarebbe importante che vi fosse anche un addetto ai diritti umani che possa essere in contatto permanente con la società.
  Per esempio, in occasione delle udienze su casi emblematici siamo accompagnati dalle Brigate internazionali della pace. Ma nel caso delle udienze sul massacro di San José de Apartadó, è stato importante, invece, che rappresentanti di missioni diplomatiche come quella statunitense, britannica, svedese, svizzera e dell'Unione europea fossero presenti per sostenere la magistratura, per farla agire liberamente, ma anche per proteggere le vittime e chi le rappresenta, come noi.
  Pensiamo che avere un responsabile dei diritti umani nella missione diplomatica a Bogotà sarebbe importantissimo. Ovviamente, invitiamo questo organo parlamentare a visitare la Colombia per verificare la situazione, in modo da poter informare il Parlamento di quanto avrà constatato sul terreno.
  Queste visite per noi sono importanti per accompagnare il processo di pace, ma anche per garantire che la società civile possa partecipare e agire liberamente.
  Va detto che un settore importante delle Forze armate continua ad agire mano nella mano con settori della società e con settori politici opposti al dialogo. Questi settori importanti delle Forze armate stanno filtrando le informazioni e collaborano con settori politici opposti al dialogo per interferire nelle comunicazioni dei negoziatori del governo, delle FARC e di chiunque sia partecipe del dialogo. La vostra presenza sul terreno può essere, dunque, importante per dissuadere settori che cercano la perpetuazione di un conflitto, di cui invece la società esige la fine.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'avvocato e tutti gli intervenuti. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.50.