XVII Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SULL'ATTUAZIONE DELL'AGENDA 2030 E GLI OBIETTIVI DI SVILUPPO SOSTENIBILE

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Mercoledì 13 luglio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Spadoni Maria Edera , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'AGENDA 2030 PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE

Audizione del portavoce dell'Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), Enrico Giovannini.
Spadoni Maria Edera , Presidente ... 3 ,
Giovannini Enrico , Portavoce dell'Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) ... 4 ,
Spadoni Maria Edera , Presidente ... 8 ,
Cassano Franco (PD)  ... 9 ,
Monaco Francesco (PD)  ... 9 ,
Locatelli Pia Elda (Misto-PSI-PLI)  ... 10 ,
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 11 ,
Farina Gianni (PD)  ... 11 ,
Spadoni Maria Edera , Presidente ... 12 ,
Giovannini Enrico , Portavoce dell'Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) ... 13 ,
Spadoni Maria Edera , Presidente ... 15 

ALLEGATO: Documentazione depositata dall'audito ... 16

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri;
Misto-Movimento PPA-Moderati: Misto-M.PPA-Mod.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
MARIA EDERA SPADONI

  La seduta comincia alle 8.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del portavoce dell'Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), Enrico Giovannini.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, l'audizione del portavoce dell'Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), professor Enrico Giovannini, che è accompagnato da Claudia Caputi, responsabile della comunicazione, Luigi Ferrata, componente del segretariato, Giulio Lo Iacono, responsabile delle relazioni internazionali, Donato Speroni, responsabile del sito web, e Michele Torsello, componente del segretariato.
  Ricordo, anzitutto, che l'Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile è stata costituita il 3 febbraio 2016, su iniziativa della Fondazione Unipolis e dell'Università di Roma «Tor Vergata», per far crescere nella società italiana, nei soggetti economici e nelle istituzioni la consapevolezza dell'importanza dell'Agenda per lo Sviluppo Sostenibile e per mobilitarla allo scopo di realizzare gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.
  L'Alleanza riunisce attualmente oltre cento tra le più importanti istituzioni e reti della società civile, quali associazioni rappresentative delle parti sociali (associazioni imprenditoriali, sindacali e del terzo settore); reti di associazioni della società civile che riguardano specifici obiettivi (salute, benessere economico, educazione, lavoro, qualità dell'ambiente, uguaglianza di genere e altro); associazioni di enti territoriali; università e centri di ricerca pubblici e privati, e le relative reti; associazioni di soggetti attivi nei mondi della cultura e dell'informazione; fondazioni e reti di fondazioni; soggetti italiani appartenenti ad associazioni e reti internazionali attive sui temi dello sviluppo sostenibile.
  Le attività dell'Alleanza sono realizzate grazie ai contributi finanziari, strumentali e di lavoro forniti dai suoi membri.
  L'Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile fa, inoltre, parte dell'ESDN (European Sustainable Development Network), la rete informale di soggetti istituzionali, associazioni ed esperti che, dal 2003, si occupano di politiche e strategie di sviluppo sostenibile. L'Alleanza è, altresì, iscritta al registro per la trasparenza dell'Unione europea, gestito congiuntamente dal Parlamento e dalla Commissione dell'Unione.
  Le mission dell'Alleanza sono definite secondo un programma di lavoro, che, per l'anno in corso, si articola sulle seguenti quattro principali direttrici: sensibilizzazione degli operatori pubblici e privati, della pubblica opinione e dei singoli cittadini sull'Agenda per lo sviluppo sostenibile; valutazione delle implicazioni e delle opportunità per l'Italia che derivano dall'adozione dell'Agenda; educazione allo sviluppo sostenibile, con particolare attenzione alle giovani generazioni e ai decisori, Pag. 4pubblici e privati; sviluppo di adeguati strumenti di monitoraggio per il conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile in Italia.
  Nel ringraziare nuovamente il professor Giovannini della presenza, gli cedo la parola per lo svolgimento del suo intervento.

  ENRICO GIOVANNINI, Portavoce dell'Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS). Ringrazio la presidente e la Commissione di averci chiamati per questa audizione che, se ho capito bene, è una delle prime dell'indagine conoscitiva. Siamo molto onorati di questa scelta.
  Nel mio intervento coprirò due temi. Il primo riguarda gli scenari futuri e le motivazioni che hanno spinto tutti i Paesi del mondo, compresa l'Italia, a sottoscrivere l'Agenda per lo Sviluppo Sostenibile. Nella seconda parte mi concentrerò sui lavori in corso e su alcune raccomandazioni per le istituzioni pubbliche.
  Abbiamo diffuso un documento. Questa mattina abbiamo anche diffuso un executive summary, oltre che il dépliant che spiega, in breve, le attività dell'Alleanza e le slide. Naturalmente sono, poi, a disposizione per le vostre domande. Ringrazio, quindi, i membri del segretariato per essere presenti.
  Nell'ottobre 2014, la Commissione, il Consiglio e il Parlamento europeo hanno predisposto, nell'ambito dell'iniziativa ESPAS (European Strategy and Policy Analysis System), un rapporto sui trend globali al 2030. La conclusione fondamentale di questo rapporto è che ci aspetta un mondo di complessità crescente, incertezza e rapidi cambiamenti.
  Qui ci sono alcune slide sul mondo che non vogliamo. Un mondo che non vogliamo è quello in cui la temperatura continua a salire, determinando sconvolgimenti che ormai la scienza ha identificato in modo abbastanza preciso. La COP21 di Parigi, a dicembre 2015, è stata una risposta, secondo alcuni ancora insufficiente, ma molto importante, a nostro parere, a queste preoccupazioni.
  I cambiamenti climatici sono associati e determinano migrazioni. Secondo l'Organizzazione mondiale delle migrazioni, nei prossimi decenni potremmo avere fino a 250 milioni di migranti solo per cause di cambiamenti climatici.
  La crescita – questo è un grafico tratto da una pubblicazione dell'OCSE – rallenta, nell'ambito di quella che viene chiamata la «stagnazione secolare», cioè un fenomeno che porta, in particolare nei Paesi sviluppati, il tasso di crescita del PIL a essere, nel migliore dei casi, intorno al 2 per cento, quindi insufficiente per perpetuare il modello che, negli ultimi settant'anni, ha consentito di associare crescita, occupazione e benessere.
  Sempre secondo l'OCSE, le disuguaglianze sono destinate ad aumentare, perché il meccanismo dell'innovazione tecnologica e della concentrazione della ricchezza nelle mani dei più ricchi determinerà un aumento nelle distanze, all'interno dei Paesi, tra i più ricchi e i più poveri.
  Nelle slide è un grafico dello studio europeo che ci dà un'idea del tasso di disoccupazione per livello di educazione. È evidente che il peso della disoccupazione si concentrerà sulle persone a basse professionalità, quindi c'è un tema straordinario di educazione permanente, senza la quale le disuguaglianze sono destinate ad aumentare.
  Un altro grafico ci dà un'idea dei problemi della scarsità dell'acqua nei prossimi anni, che spiega anche i conflitti che probabilmente sono destinati ad accrescersi, in particolare nell'area più vicina all'Europa.
  Recentemente, il direttore di Limes ha presentato un grafico della mappa del mondo con la parte centrale, quella, tra l'altro, più esposta ai cambiamenti climatici, definita «Chaos land». Ebbene, in questa mappa, l'Europa è ai confini di «Chaos land».
  Tutto questo ci dice che il mondo che ci aspetta è più complicato di quello che abbiamo vissuto negli ultimi settant'anni. Per enfatizzare ulteriormente questi aspetti, vi mostro le curve delle famose previsioni del 1972 del «Club di Roma», fondato da Aurelio Peccei. Le linee tratteggiate riguardano le risorse non rinnovabili, l'inquinamento, l’output industriale dei servizi, la disponibilità di cibo e la popolazione. Pag. 5 Ebbene, quelle predizioni indicavano intorno al 2030 il raggiungimento di un livello di popolazione di circa 8 miliardi. A quel punto, il sistema sarebbe collassato, quindi la popolazione sarebbe tornata, in pochi decenni, intorno a 4 miliardi. Il punto chiave è che le linee continue sono gli andamenti effettivi delle variabili, che sono straordinariamente vicine a quelle previste all'epoca.
  Insomma, la conclusione di tutte le analisi svolte dalle organizzazioni internazionali e dai centri di ricerca è che il modello attuale di sviluppo non è sostenibile. Questo è stato il punto di partenza che, a settembre 2015, ha condotto a firmare l'Agenda 2030.
  Questi sono solo alcuni dati che possiamo utilizzare per capire gli squilibri enormi che abbiamo all'interno del nostro pianeta e che confermano, appunto, questa valutazione.
  Ora, il punto cruciale è che finalmente si supera il concetto che lo sviluppo sostenibile sia un problema ambientale, ma si considera il tema della sostenibilità a 360 gradi, quindi si ricomprende – come il Rapporto Brundtland di vari anni fa aveva indicato fin dall'inizio, introducendo proprio il concetto di sviluppo sostenibile – che la sostenibilità ha una componente economica, una sociale, una ambientale e una istituzionale. Infatti, è chiaro che senza una sostenibilità economica, sociale, e ambientale anche le istituzioni tendono a collassare.
  La risposta a tutto questo è l'Agenda globale, che tutti i Paesi del mondo hanno sottoscritto. È un'Agenda che prevede, tra l'altro, 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, ma, soprattutto, 169 target molto dettagliati e precisi. Vi faccio soltanto alcuni esempi. All'interno del primo goal, cioè l'eliminazione della povertà entro il 2030, si dice che va eliminata la povertà assoluta. In Italia abbiamo più di 4 milioni di poveri, in termini assoluti. Si dice che nel 2020 – non è un errore di stampa – bisogna ridurre drasticamente la quantità di giovani che non studia e non lavora. L'Italia ne ha 2,5 milioni. Entro il 2020 – di nuovo, non è un errore di stampa – tutte le città si devono dotare di piani per la risposta ai disastri che il cambiamento climatico determinerà.
  Come vedete, gli obiettivi e, soprattutto, i target sono sì entro il 2030, ma, in alcuni casi, il nostro Paese, come tutti gli altri, si è impegnato a fare qualcosa sin da oggi. Abbiamo quattordici anni di tempo, il che vuol dire che ogni anno perdiamo circa l'8 per cento del tempo disponibile, quindi dobbiamo evitare di perderlo.
  Questo sistema viene monitorato attraverso un complesso insieme di indicatori che le Nazioni Unite, con gli istituti di statistica e le organizzazioni internazionali, stanno mettendo a punto. Finalmente abbiamo, quindi, una visione pienamente integrata dello sviluppo sostenibile, basata su quattro pilastri e tre principi.
  Il primo è l'integrazione delle politiche, economiche, sociali e ambientali.
  Abbiamo, poi, l'universalità, che vuol dire che siamo tutti Paesi in via di sviluppo sostenibile, quindi non c'è più la distinzione tra Paesi in via di sviluppo, Paesi emergenti e Paesi sviluppati, ma, soprattutto, universalità significa che ad ognuno, anche come individuo, è chiesto di fare qualcosa. Penso, in particolare, all'obiettivo n. 12, che riguarda il consumo e la produzione responsabile.
  Infine, vi è la partecipazione. Questa Agenda non è, infatti, soltanto per le autorità pubbliche e politiche, ma coinvolge le imprese, la società civile e i singoli.
  Lo schema, che sembra estremamente complesso, con cui concludo la prima parte del mio intervento, mostra come funziona il nostro sistema complessivo, la nostra terra.
  Noi ricaviamo energia solare e produciamo calore. Per il resto, l'universo è un sistema chiuso. Abbiamo quattro forme di capitale: il capitale naturale, quello umano, quello sociale e quello economico e combiniamo queste forme di capitale in un processo di produzione di beni e servizi (PIL).
  Dopodiché, sulla base delle politiche e della cultura, decidiamo quanto consumare e quanto investire per ricostituire il capitale perso. Così facendo, in questo processo produciamo rifiuti, nel senso del Papa: non Pag. 6solo rifiuti fisici, ma anche umani. Nella «Laudato sii» il Papa dice, infatti, che la cultura che produce rifiuti fisici è la stessa che produce rifiuti umani.
  Naturalmente, il nostro benessere dipende dai consumi, ma anche dalla quantità di rifiuti e dal modo con cui il processo di produzione si realizza. Se è un modello schiavistico o di partecipazione dei lavoratori, questo ha comunque effetto sul benessere delle persone.
  Abbiamo, poi, i servizi dell'ecosistema; le api che fanno l'impollinazione gratuitamente. Inoltre, vi sono i servizi del socio-sistema, come la fiducia, per cui, se questo servizio si perde, il sistema si blocca.
  Come vedete, i 17 goal tendono ad affrontare diversi pezzi del sistema. Questa è la visione integrata, che normalmente non si ha, perché seguiamo un approccio, come si dice, «a canne d'organo», cioè discutiamo delle varie problematiche non in maniera integrata.
  Ebbene, tutti i Paesi si sono impegnati a integrare gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile nei propri programmi, a delineare un nuovo modello di sviluppo e a essere credibili attraverso la realizzazione di attività concrete per entrare sì in una dimensione internazionale, ma con una progettualità locale e regionale, non solo nazionale.
  Nella legge 28 dicembre 2015, n. 221, è previsto che il Governo faccia l'aggiornamento della strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge stessa. Siamo già abbondantemente fuori, ma c'è una spiegazione: l'articolo era stato inserito nella legge prima dell'adozione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, quindi c'era un concetto di sviluppo sostenibile di tipo fondamentalmente ambientale. Adesso, il combinato disposto dell'approvazione della legge, dopo gli impegni a livello di Nazioni Unite e, appunto, le caratteristiche dell'Agenda, rende il tutto molto più complicato.
  La presidente ha già richiamato quali sono le attività dell'Alleanza, quindi arrivo alle sette proposte fatte dall'Alleanza a marzo, in occasione della presentazione dell'Alleanza stessa al Governo, qui alla Camera dei deputati.
  Il primo punto è che la strategia deve necessariamente riguardare tutti gli aspetti dell'Agenda 2030; non deve essere puramente ambientale. La strategia deve essere elaborata prima della predisposizione della legge di stabilità, perché se manchiamo l'opportunità della legge di stabilità per il 2017 ci siamo già giocati l'8 per cento delle possibilità per raggiungere gli obiettivi.
  La strategia deve certamente partire da un'analisi dei punti di forza e di debolezza, non solo guardando alle condizioni medie nazionali, ma anche alle disaggregazioni territoriali, di genere e dei singoli gruppi socioeconomici. È la logica del «nessuno venga lasciato indietro», quindi non bastano più le medie statistiche, ma bisogna guardare ai dettagli.
  Va avviata un'ampia campagna informativa sull'Agenda 2030 e sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. La predisposizione delle normative va accompagnata da valutazione, ex ante ed ex post, del loro impatto sull'Agenda. Regioni ed enti locali devono essere coinvolti proprio perché, tra l'altro, uno degli obiettivi, il n. 11, riguarda proprio le città. Particolare attenzione dovrà essere posta all'educazione allo sviluppo sostenibile.
  Ora, non possiamo non rilevare con una certa soddisfazione che diverse delle nostre raccomandazioni, in questo pochissimo tempo, sono state effettivamente già recepite.
  Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che è responsabile a norma del «collegato ambientale», ha avviato i lavori finalizzati alla definizione, tra l'altro coinvolgendo l'Alleanza in una serie di incontri goal per goal, che si sono svolti nelle ultime tre settimane.
  L'Alleanza ha sollecitato l'Istat a procedere alla pubblicazione dei dati già disponibili. Molti indicatori non sono disponibili, né lo saranno a brevissimo, ma abbiamo chiesto all'Istat di fare subito la sua parte, mettendo a disposizione questi dati. La risposta che abbiamo ricevuto è che stanno lavorando, ma non c'è stato un impegno chiaro su quando questi dati verranno messi a disposizione. Pag. 7
  L'Alleanza ha concordato con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca l'avvio di un programma di educazione allo sviluppo sostenibile. Molte delle nostre centoventi organizzazioni già fanno attività sul campo. Allora, abbiamo già raccolto tutti i materiali che WWF, Legambiente, WeWorld e tanti altri hanno realizzato, per proporre al Ministero un pacchetto per le scuole elementari, da estendere, poi, alle scuole di ogni ordine e grado.
  Nell'ambito del Consiglio nazionale per la cooperazione allo sviluppo è stato creato un gruppo di lavoro su questi temi.
  La Conferenza dei rettori delle università italiane sta discutendo un progetto per far sì che la scelta dell'università a cui appartengo, «Tor Vergata», di mettere lo sviluppo sostenibile nella propria missione e visione, sia seguita anche da altre università, altrimenti continuiamo a formare giovani manager nelle vecchie logiche e, poi, dobbiamo inseguire il cambiamento culturale successivamente.
  La legge n. 221 del 2015, il cosiddetto collegato ambientale, appunto – devo dire che sono molto contento perché porta le mie impronte digitali, dal momento che era il collegato del Governo Letta alla legge di stabilità per il 2014 – ha stabilito la creazione del Comitato nazionale per il capitale naturale, che deve trasmettere ogni anno al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'economia e delle finanze un rapporto sullo stato del capitale naturale del Paese, corredato di valutazione ex ante ed ex post degli effetti delle politiche pubbliche sul capitale naturale e sui servizi ecosistemici. Quando, in una domenica di un po’ di tempo fa, scrivemmo questo articolo copiammo l'esperienza inglese. Questo testo di legge pone l'Italia all'avanguardia in questo campo. Naturalmente, ora bisogna realizzarlo. Il Ministero ha già organizzato una prima riunione di questo Comitato, ma c'è molto da fare.
  Il Parlamento sta per varare la riforma della legge di bilancio, che, tra l'altro, introduce nel ciclo di programmazione economica, cioè nel DEF e nel PNR, gli indicatori di benessere equo e sostenibile che sviluppammo quando ero presidente dell'Istat. Questo passaggio è veramente epocale, quindi speriamo che il Senato proceda rapidamente alla sua approvazione.
  Infine, il Ministero dell'economia e delle finanze ha realizzato la consultazione per il recepimento della direttiva sull'informazione non finanziaria. Questo è molto importante perché, a partire dall'anno prossimo, tutte le imprese con almeno cinquecento dipendenti – poi vedremo se farlo fare anche alle altre imprese, in una forma semplificata – dovranno rendicontare non solo sui loro effetti economico-finanziari, ma anche sull'impatto sociale e ambientale sulle comunità dove operano.
  Questo è il quadro sintetico delle tante attività che abbiamo svolto in questi mesi. Passo alle raccomandazioni e concludo.
  L'Italia deve accelerare i lavori finalizzati alla definizione della strategia, in modo da inserire nella prossima legge di stabilità interventi in grado di avviare i cambiamenti nella traiettoria dei fenomeni su cui il nostro Paese è più indietro.
  Domani l'OCSE, in sede a New York, presenterà un rapporto basato sugli indicatori disponibili in cui verranno indicate le distanze che, per ogni Paese, sono state identificate rispetto ai target fissati dall'Agenda. È, quindi, un documento molto importante, che suggerisco alla Commissione di tenere sotto controllo, perché è la prima volta in cui un'organizzazione non fa soltanto l'analisi dello stato dell'arte, ma calcola anche, in termini comparativi, il percorso da realizzare.
  Va definito, al più presto, un modello di governance per l'attuazione di questa Agenda, quindi speriamo che l'indagine conoscitiva di questa Commissione dia un'indicazione precisa.
  Naturalmente, come ho detto, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è il responsabile. Sappiamo, però, che altri Paesi hanno scelto altre strade, ponendo, per esempio, presso il primo ministro il ruolo di coordinamento. Se si vuole mantenere il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, come propone la legge, bisogna stabilire un modello di governance anche all'interno del funzionamento del Parlamento, Pag. 8 oltre che del Governo, perché l'integrazione tra le diverse dimensioni della politica è una caratteristica senza la quale lo sviluppo sostenibile resta una frase teorica.
  Crediamo che il Documento di economia e finanza 2018-2020 e l'allegato Piano nazionale di riforma debbano essere costruiti intorno all'Agenda 2030. Non è facile. Avendo visto, nel periodo in cui sono stato Ministro, come si costruisce il DEF – con un metodo molto bottom up, come direbbero gli inglesi – direi che serve una riflessione strategica su questi aspetti.
  Tra l'altro, colgo l'occasione per dire che in Europa – come spieghiamo nel documento – il tema è ancora allo studio. La Commissione europea si è impegnata, entro il 2016, a fare una proposta di come rivedere la strategia Europa 2020 alla luce dei Sustainable Development Goals. Ci sono grandi discussioni interne, ma non è ancora chiaro come questo si realizzerà.
  Peraltro, questo ha un impatto importante sul PNR. Presso l’High-Level Political Forum delle Nazioni Unite, che si svolge la prossima settimana a New York, ci sono ventidue Paesi che hanno già sottoposto la propria strategia di sviluppo sostenibile per una review. Molti sono europei, come la Germania, la Francia, la Finlandia e numerosi altri. L'Italia ha, in linguaggio tecnico, «bucato» questa opportunità. Non possiamo permetterci di mancare il 2017. È un elemento molto importante. L'Italia deve accentuare il proprio impegno nei confronti dei Paesi in via di sviluppo. Si parla di coerenza politica nell'implementazione dell'Agenda tra la dimensione esterna e quella interna. Per essere credibili sul piano internazionale bisogna essere credibili sul piano interno e viceversa. Bisogna accettare la sfida della complessità. Il grafico che vi ho fatto vedere è solo un esempio.
  Questo vuol dire che il Parlamento e il Governo si devono dotare di indicatori statistici tempestivi e disaggregati, ma anche di strumenti analitici che consentano di fare valutazioni d'impatto della normativa in modo integrato. Per questo serve un investimento.
  L'anno scolastico 2016-2017 deve segnare l'avvio del programma di educazione allo sviluppo sostenibile; anche le università devono essere chiamate a questo sforzo. Poi, bisogna avviare una campagna di comunicazione.
  Nella documentazione trovate i risultati di un paio di sondaggi che sono stati fatti su quanto le persone siano in linea con i messaggi dell'Agenda – 90 per cento – e quanto, invece, conoscano poco l'Agenda stessa. Questa è un'opportunità che non possiamo mancare.
  Infine, devono essere coinvolte regioni e città. Speriamo che il Governo, in sede di Conferenza unificata, coinvolga quanto prima gli enti locali e crediamo che la prossima Presidenza del G7 costituisca un'occasione imperdibile per l'Italia per mobilitare non solo i Paesi industrializzati, specialmente quelli dell'Unione europea, ma anche altri. Il messaggio che è emerso l'altro giorno, in occasione di un convegno da parte di un rappresentante del gruppo che si sta occupando della preparazione della Presidenza, non va proprio in questa linea. Probabilmente, sceglieranno alcuni dei temi, ma, come dicevo, l'Agenda è complessa e integrata, per cui se manchiamo questa opportunità, credo che non ne avremmo a breve per giocare il ruolo che possiamo, e dobbiamo, svolgere.
  Grazie, presidente. Sono a disposizione per domande e chiarimenti.

  PRESIDENTE. Ringrazio il professor Giovannini. In questa presentazione sono stati toccati moltissimi temi. Credo sia chiara la complessità dell'integrazione e dell'implementazione dell'Agenda. Quella che Lei ha esposto è una sfida, che però dobbiamo portare avanti. Dal punto di vista parlamentare, ovvero di chi fa le leggi, dobbiamo cercare di integrare le norme per raggiungere i target che ci vengono richiesti, anche perché, soprattutto a livello ambientale, non abbiamo molto tempo. Insomma, dobbiamo fare di tutto. L'indagine conoscitiva vuole arrivare a questo, ovvero portare avanti delle raccomandazioni per far sì che ci possano essere delle soluzioni integrate al recepimento dell'Agenda 2030. Pag. 9
  Do ora la parola ai colleghi che desiderano intervenire.

  FRANCO CASSANO. Ringrazio il professor Giovannini per la relazione molto stimolante e interessante. Essendo la mia formazione sociologica, è particolarmente vicina anche alla mia sensibilità. Avrei qualche difficoltà a fare delle obiezioni, tranne su un punto. Ho visto che tra i problemi ci sono anche quelli degli obesi. Ecco, in quanto rappresentante della categoria, penso che nella gerarchia possa essere messa più in basso.
  Al di là di questa battuta, percepisco un problema. È una domanda che Le faccio in quanto portavoce, ma anche in quanto studioso. Noi parliamo del futuro. All'inizio, Lei ha sottolineato l'angoscia che proviene dal perdere tempo rispetto agli obiettivi che vengono fissati. Allora, io mi concentro molto sulle resistenze perché – non vorrei banalizzare – tutte queste rivendicazioni sembrano così profondamente giuste che ho paura del buonsenso. Insomma, c'è uno scarto.
  Le dico i tre tipi di problemi nei tre diversi tipi di Paesi. Uno è quello che, a suo tempo, Rosanvallon chiamò della «miopia delle democrazie», ovvero la difficoltà di concepire il lungo periodo e di subordinare il breve periodo al lungo periodo. Questo riguarda i Paesi più sviluppati, soprattutto democratici.
  Poi, ci sono i Paesi emergenti, quelli forti, che sono – non vorrei annoiarvi, perché sono cose ovvie – dentro un quadro di sviluppo della loro potenza, quindi, molto poco disponibili a mettere limiti alla forza con cui perseguono i propri obiettivi.
  Poi, ancora, ci sono i Paesi di cui parla l'enciclica, quelli che hanno subito i danni di tutti contemporaneamente, dove per poter rovesciare la situazione bisogna colpire interessi diversi, ma molto consolidati.
  Allora, Lei, professor Giovannini, giustamente ha usato un'espressione che condivido del tutto: la «sfida della complessità». Il problema, però, si pone dall'inizio o, perlomeno, dal primo decollo della riflessione sui temi dell'ambiente. Penso al famoso libro di Hans Jonas, Il principio di responsabilità; una delle critiche che fu fatta a questo studio, il quale parlava, tra i primi, della responsabilità per le future generazioni e via dicendo, è che per seguire quei fini si può entrare in conflitto con le volontà concrete dei soggetti e anche con le resistenze che una democrazia non può non registrare, essendo tale.
  Ho visto che ci sono molte raccomandazioni nell'impianto, che è molto articolato, quindi non avrei assolutamente obiezioni su questo piano, o, perlomeno, non sono in grado di porle.
  Per esempio, c'è il problema delle sanzioni. Come si fa a costringere a ridurre questo scarto?
  Lei, giustamente, ha detto, all'inizio del Suo intervento, che stiamo navigando e, se non modifichiamo la rotta, corriamo il rischio di andare a sbattere contro l’iceberg. Questo tema è totalmente estraneo all'attività e alla sensibilità della vostra Alleanza? Credo che Lei abbia fatto delle riflessioni su questo aspetto. È impossibile che non le abbia fatte, quindi mi piacerebbe sapere qualcosa di più su questo.

  FRANCESCO MONACO. La mia reazione non è molto diversa da quella del collega Cassano. Più che altro, è una reazione che poi, forse, si tradurrà in una domanda. Il quadro è, effettivamente, di grande interesse e utilità dal punto di vista della lettura, dell'interpretazione e dall'approfondimento. La domanda conseguente riguarda l'azione, ovvero il seguito e la realizzazione di tutti questi obiettivi.
  La Sua relazione è interessante, perché dà una visione d'insieme, anche degli strumenti analitici, oltre alla concettualizzazione dello sviluppo sostenibile in un senso globale o, come dicono quelli che la sanno lunga, «olistico».
  La mia reazione, che è in sintonia con il primo intervento, è questa. Lo dico con una battuta. Quando votiamo all'unanimità, dico ai colleghi che mi stanno seduti accanto: «Gatta ci cova» o è inutile o, talvolta, addirittura nocivo. Quindi, quando sento che tutti i Paesi hanno sottoscritto l'Agenda globale per lo sviluppo sostenibile mi insospettisco. Questa unanimità corrisponde a una certa leggerezza nell'adesione a questi obiettivi impegnativi e complessi, Pag. 10con le loro implicazioni. Allora, il senso del mio sentimento e della mia provocazione è: perché non immaginare, come facciamo delle alleanze tra Paesi volenterosi nelle aree di crisi del mondo, un'alleanza selettiva di quelli che prendono sul serio questi obiettivi?
  D'istinto, diciamo che è meglio non inventare nuovi livelli, visto che abbiamo l'Unione europea o comunque livelli metastatuali che potrebbero – o dovrebbero – farsi carico di questo e forse, in parte, lo fanno, almeno a parole.
  Insomma, la mia domanda è se dentro questo campo così ricco, complesso e globale, non sia il caso di introdurre un elemento di selettività, dal punto di vista sia dei soggetti chiamati a intervenire sia degli obiettivi, con una certa umiltà, perché è vero che tutto merita, ma forse c'è una scala di priorità.
  Dopodiché – questa è una piccola implicazione – da questo quadro esce chiarissimo che intestare al Ministero dall'ambiente e della tutela del territorio e del mare è assolutamente sbagliato. L'interpretazione dello sviluppo sostenibile in quell'accezione convenzionale e limitata, appunto, in senso strettamente ambientale o polemicamente ecologista è assolutamente sbagliata.
  Capisco che sarà un primo passo, ma se dobbiamo interrogarci su qualche conseguenza da trarre da questa riflessione, dobbiamo dire che non ci siamo proprio capiti. Poi, lo diremo in termini un po’ più rispettosi, anche perché per la distinzione delle responsabilità, è chiaro che questo quadro debba essere intestato, secondo me, all'alleanza dei Paesi volenterosi, ma per cominciare alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Si tratta, infatti, di immaginare strumenti e procedure atti a far sì che questa consapevolezza filtri in tutta la legislazione e in tutta l'attività amministrativa, se non ho capito male.
  Mi rendo conto che, forse, la domanda sia troppo, ma concettualmente mi sembra una conseguenza logica.

  PIA ELDA LOCATELLI. A proposito di non unanimità, ho capito il discorso che ha fatto il collega Monaco e comprendo si riferisca a una selettività diversa rispetto a quella che ha creato problemi nel passato. Uno dei meriti degli Obiettivi dell'Agenda 2030 è stato quello di superare la divisione dei Paesi, tra «noi» e «loro». Siamo tutti dentro la stessa barca.
  Per la mia esperienza internazionale, questo aiuta molto. Non so a quante negoziazioni ho partecipato all'ONU e c'era sempre la divisione del mondo in due grandi blocchi: «voi non avete la volontà politica», «voi non ci date i soldi». Alla fine, alle Nazioni Unite, si riduceva tutto a questo.
  Questo dividere ha bloccato tanti importanti passi avanti, per cui, anche se capisco il senso della Sua proposta di selettività, perché costringe i Paesi a misurarsi sugli obiettivi, il rischio di introdurre elementi di divisione mi fa pensare al primo Sustainable Development Goals, quando eravamo «noi» e «loro».
  Insomma, non saprei. La novità di questa Agenda è che abbiamo tutti la nostra parte da fare, senza gerarchia tra Paesi bravi, meno bravi e pessimi. A me questa sembra la cosa positiva, che va in contraddizione, anche se non formalmente, nei comportamenti concreti dei vari Paesi.
  Oltre queste positività, questa relazione, bella e che condividiamo perché rassicura, ha una difficoltà. Il tema è complesso, ma qualcuno lo ha posto in modo coordinato.
  La slide da Lei illustrata ci aiuta molto, perché mostra che qualcuno ha il disegno complessivo, ma quando – lo dico a noi legislatori – si deve entrare nel merito delle azioni conseguenti, ci si spaventa perché il mondo è complesso, come lo è questa slide.
  A questo punto qualcuno – mi riferisco alla Presidenza italiana del G7, quando sarà il nostro momento, cioè l'anno prossimo – può dire che siccome non si riesce a fare, bisogna scegliere alcune priorità, contraddicendo la necessità di un'azione complessiva, coordinata e contemporanea per affrontare tutti i temi.
  Non so come si viene fuori da questa apparente contraddizione. È vero che pensare di intervenire su tutto sembra quasi impossibile, ma se si scelgono le singole parti, si va in contraddizione con l'impostazione Pag. 11 complessiva. Ora, non so – ripeto – come se ne può venire fuori.
  Una delle cose apparentemente più semplici, ma che, nella pratica, è più difficile da superare, è l'idea che la cultura complessiva della sostenibilità si riferisca soprattutto alle tematiche ambientali. Basti pensare che nel Rapporto Brundtland, di trentacinque anni fa, si era già posto questo problema, ma noi abbiamo ancora quella dimensione in testa. Come si fa – secondo me, questo è il primo passo, per poi essere capaci di affrontare la complessità – a superare questo concetto sbagliato che, però, ci guida? Affidiamo ancora queste tematiche al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, anziché alla Presidenza del Consiglio.
  Sono tutti punti di domanda.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Ho un'osservazione e una domanda. L'osservazione rispecchia quanto dicevano i colleghi Monaco e Locatelli sull'attribuzione dell'Agenda al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Si tratta, però, di un'osservazione generale, senza alcun tipo di richiamo di responsabilità all'Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile.
  Abbiamo fatto una legge, la n. 125 del 2014, di riforma della cooperazione internazionale con una governance precisa affinché il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale avesse un ruolo di coordinamento, in particolare sul tema della coerenza delle politiche per lo sviluppo. È, quindi, con rammarico che si apprende che un altro Ministero, neanche la Presidenza del Consiglio, ha, invece, questo ruolo, quando dal punto di vista della produzione legislativa, e, quindi, del ragionamento che è stato fatto tra le forze politiche, quella responsabilità era stata attribuita, appunto, al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
  A mio giudizio, questa è una grande occasione mancata, da parte della Farnesina, per assumere una responsabilità che riguarda non solo questo ambito, ma comincia a mettere in moto dei meccanismi sul tema della coerenza delle politiche. Più volte, dal lato parlamentare, in particolare su questioni commerciali, abbiamo richiamato quelle competenze del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, forzando un po’, in modo che si prendesse delle responsabilità in questo senso, quindi è un peccato che, al momento, la cosa stia ancora presso il Ministero dell'ambiente. Questa è la prima osservazione.
  La domanda riguarda un Suo contributo rispetto alla nostra discussione. Siamo alle prime battute dell'indagine conoscitiva sull'Agenda 2030. Il fatto che sia stata fatta in questa Camera, riprendendo anche un lavoro delle precedenti legislature sul tema degli Obiettivi di sviluppo del Millennio, dà un senso anche al lavoro parlamentare.
  Vorrei, da parte Sua, un input su come Lei vede, dentro l'articolazione degli attori che si adopereranno perché l'Agenda venga effettivamente realizzata, il ruolo del Parlamento, al di là del ruolo tradizionale di discussione e di stimolo al Governo. Penso a un ruolo particolare e Le chiedo se altri Paesi stanno immaginando, appunto, un ruolo specifico per i Parlamenti.

  GIANNI FARINA. Ho due considerazioni preliminari per alcune riflessioni che non possono che essere di un fortissimo pessimismo. Ho partecipato alla Conferenza sull'acqua di Parigi e ad altre conferenze importanti, ma non vorrei iniziare da lì.
  Vorrei riandare al mio passato di un paio di secoli fa. Cinquant'anni fa ero un giovane tecnico. In genere, prendevo l'aereo che dalla Libia mi conduceva a Zurigo, attraversando le Alpi. A giugno, luglio e anche agosto vedevo l'immensità del creato, bianca e meravigliosa, con i laghi e i ghiacciai. Se era bel tempo, era uno spettacolo incredibile, che commuoveva. Allora eravamo giovani, quindi eravamo pronti a commuoverci.
  Oggi, attraverso le Alpi, anche a giugno e a luglio, in queste settimane, vedo questo grande massiccio, dono dell'Europa, nudo e triste. Non c'è più nulla che ci faccia tornare a quel periodo. Mancano i ghiacciai. Le tante dighe, costruite con l'intelligenza dell'uomo, sembrano accerchiate dal biancore. Pag. 12 È l'argilla che rimane, perché di acqua non ce n'è più.
  Questo ha messo in gioco tutta l'idea di sviluppo che avevamo cinquant'anni fa. È crollato tutto, ma non credo ci sia ancora la sensibilità per affrontare questo problema. Lasciamo perdere lo scontro tra Paesi sviluppati, che hanno iniziato un percorso «virtuoso», e i Paesi in via di sviluppo o che si sono affacciati allo sviluppo, che sono popolati da miliardi di uomini (Cina, India e così via).
  Questo dà il senso dell'immensità del problema. Vedo il mondo in pericolo. Allora, se questo è vero, credo che oggi stiamo curando un tumore terminale con l'aspirina. Uso questa immagine negativa e pessimista per definire ciò che ci aspetta. È una cosa impressionante.
  Credo che di fronte a questo fenomeno si pongano le riflessioni che, con la sua intelligenza ed erudizione, ha affrontato, visto il tempo, abbastanza sinteticamente, il mio amico e collega Franco Cassano, cioè il rapporto tra democrazia e popolo, tra governanti e governati, tra responsabilità dei governanti e senso civico dei governati, tra scuola, cultura e popolo. È tutto in discussione, perché è evidente – l'onorevole Cassano lo diceva molto meglio di me – che di fronte a proposte e propositi rivoluzionari di difesa del mondo c'è una reazione popolare in senso positivo o negativo, a seconda anche della complessità culturale di ogni singolo popolo.
  C'è un problema che non è ancora risolto. Stiamo forse iniziando adesso, non lo so. È chiaro, però, che queste sono domande inquietanti che ci dobbiamo porre. La questione del Ministero dall'ambiente e della tutela del territorio e del mare non c'entra assolutamente nulla. Qui siamo di fronte a responsabilità dei governi nazionali e di quelli al di sopra dei singoli interessi nazionali, che sono fondamentalmente diversi a seconda di ognuno di noi, di dove si trova, di cosa fa, come vive e così via. Si sta modificando il senso della vita e noi non lo percepiamo.
  Il futuro è già entrato in noi e noi ancora non percepiamo il danno che stiamo provocando. Allora, Le pongo una domanda. C'è un problema di crescita culturale complessiva, di educazione culturale complessiva dei popoli che, secondo me, non sono ancora maturi nella coscienza che siamo di fronte a un disastro planetario?
  Crescita culturale vuol dire capacità di governare e di indicare vie virtuose. So che non ho detto nulla, ma forse sarà l'età o la tristezza, ma vedo un mondo che va verso il disastro e non ne è ancora consapevole, escluse frange di illuminati, virtuosi e così via.
  La complessità non vede ancora il profeta collettivo che indica il cammino. Voi siete consapevoli, quindi, con un po’ di coraggio, si può andare avanti. Madre Teresa di Calcutta diceva che una goccia di solidarietà è solo una goccia, ma senza quella goccia il mare sarebbe meno profondo. È una notazione che non avrei assolutamente voluto fare.

  PRESIDENTE. Aggiungo solo una brevissima riflessione, ricordando che alle 9.30 ricominciano i lavori dell'Assemblea, quindi fra poco dovremmo concludere questa audizione.
  Indubbiamente, tra tutte queste tematiche, è venuto fuori qualcosa di importante, ovvero il fatto che ci deve essere una percezione diversa. Infatti, credo che anche le campagne di comunicazione siano fondamentali, soprattutto sui social o, comunque, su quegli strumenti che usano i giovani. Oltre al fatto che ci sia un programma di educazione allo sviluppo sostenibile nella scuola primaria, penso occorrano anche delle campagne di comunicazione sui mezzi che ci sono adesso e che il 90 per cento dei ragazzi usa.
  «Nessuno deve rimanere indietro» (No One Left Behind) è una frase che mi piace molto. Sono d'accordo con i colleghi che mi hanno preceduta sul fatto che ci sia anche una responsabilità dei governi. Credo che ci sia, però, pure una responsabilità forte di istituzioni come l'Unione europea, che ha lasciato indietro i propri cittadini europei, soprattutto in determinati Paesi che si ritrovano ad avere il primo obiettivo – quello di sradicare la povertà assoluta – non affrontato. Non vediamo l'Unione europea, Pag. 13che doveva essere di comunità e di solidarietà. Nonostante le campagne di comunicazione, se i giovani, all'interno di un'istituzione come l'Unione europea, vedono che i loro concittadini europei – penso alla Grecia – vengono lasciati indietro, si ha l'impressione che si parli soltanto. Credo, quindi, che la prima cosa sia dare un esempio. Al momento, personalmente, non credo che l'Unione europea e i suoi governi lo stiano facendo. Questa è, ovviamente, una mia riflessione.
  Lascio, dunque, la parola al dottor Giovannini per una breve replica.

  ENRICO GIOVANNINI, Portavoce dell'Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS). È una grande sfida rispondere in cinque minuti, ma ci proveremo. Nel lontano 1976, quindi quarant'anni fa, al secondo anno di università, lessi un libro sul caos che il mondo sarebbe stato intorno al 2020, quindi decisi di fare l'economista, pensando che ci fosse bisogno di qualcuno che desse una mano. Dopo quarant'anni sono ancora qui, a tentare di dare una mano con le mie varie attività professionali, perché sono ancora convinto che quelle curve si possano cambiare.
  Sono, però, preoccupatissimo. Questa è la ragione per cui, a ottobre dell'anno scorso, ho proposto la creazione di questa Alleanza. Sono preoccupatissimo, perché ci schianteremo certamente sul fronte ambientale, ma – non lo dico da oggi – ci schianteremo prima sul fronte sociale.
  Ho fatto un esercizio di questo tipo, l'altro giorno, in una conferenza internazionale e ho suggerito di provare a leggere la Brexit attraverso questo schema. Una persona l'ha letta in dieci secondi: difficoltà economiche, modo con cui produciamo rifiuti umani, crollo del capitale sociale, crollo dei servizi del sociosistema, quindi crollo della fiducia.
  Tuttavia, sono ancora convinto che si possa cambiare, a patto che – come molti di voi hanno detto – si facciano delle cose concrete. Allora, vorrei essere molto franco: tutto il mondo si sta interrogando sulle cose di cui stiamo parlando qui. Bisogna studiare perché ci sono Paesi che si sono fatti queste domande e hanno già provato a darsi delle risposte.
  La Svezia ha creato il Ministro del futuro, il cui compito è quello di valutare tutte le nuove leggi, prima che vengano approvate, rispetto all'impatto sul futuro. Noi, adesso, con l'introduzione degli indicatori del Benessere equo e sostenibile (BES) nel DEF, siamo chiamati a fare un primo passo in quella direzione. Ovviamente, la Svezia e l'Olanda hanno istituti di ricerca ben finanziati per fare questo tipo di analisi, che diventano pubbliche e che, attraverso i social media, diventano conoscenza condivisa, quindi è necessaria la pressione verso i politici per fare le cose giuste.
  La presidente parlava dell'Europa. Ebbene, come secondo esempio, l'Europa raccomanda, da anni, all'Italia di introdurre quello che, quando ero ministro, abbiamo sviluppato, ovvero il sostegno per l'inclusione attiva, cioè un reddito minimo condizionato alla riattivazione, al mandare i figli a scuola e così via. L'Europa dice di fare queste cose ai Paesi, ma non ha competenze in merito. Addirittura, nell'ultimo «pacchetto» ha imposto che venga introdotto il meccanismo anche per la Grecia. Dico questo perché se vogliamo prendere i vari Obiettivi ed essere estremamente concreti, è possibile. Faccio qualche altro esempio.
  Recentemente, ho avuto dei contatti con i vicesegretari generali della Camera. Faremo della formazione ai funzionari della Camera su questi temi. Una delle proposte che ho lanciato è quella di introdurre un codice che leghi ogni atto parlamentare agli SDG e ai target. Questo renderebbe possibile rileggere tutta l'attività del Parlamento secondo gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile e i target. È una cosa relativamente facile da fare, che, però, dà un segnale molto evidente.
  Il Parlamento può svolgere un ruolo culturale enorme, non soltanto di accoglienza, come è stato nel caso dell'Alleanza, a marzo, quando ci siamo presentati, ma di stimolo, di riflessione e di potere – come si dice per le Nazioni Unite – riunire. Se il Parlamento chiama i migliori esperti su un Pag. 14argomento, questi, indipendentemente dal punto di vista politico, rispondono. Questo non è un ruolo puramente legislativo, ma culturale fondamentale. Stavo facendo due conti. Abbiamo 169 target per 52 settimane. Si può dichiarare ogni mese il mese del target «i-esimo» e stimolare, in questo modo, anche la stampa.
  Lei ha fatto riferimento alla Cina. Ebbene, tale Paese sta prendendo molto seriamente questa Agenda. Il tema della democrazia e della capacità di essere in grado di prendere decisioni sul lungo termine è centrale. Per questo alcuni Paesi hanno creato delle istituzioni il cui compito è quello di richiamare continuamente al futuro, ovvero all'impatto sul futuro, come l'esempio della Svezia.
  Il Parlamento potrebbe, già adesso, avviare una modifica dell'AIR (Analisi di impatto sulla regolamentazione), che, di fatto, non è proprio il più potente degli strumenti, per far sì che ogni nuova legge abbia un'analisi d'impatto su queste tematiche. Gli altri Paesi non si sono inventati chissà cosa, ma fanno queste cose molto concretamente, il che esercita una pressione sui governi.
  La selettività degli obiettivi è un lavoro che abbiamo cercato di aiutare il Ministero a fare, perché le nostre 120 organizzazioni hanno già pensato – ognuna per la sua componente – se dei 169 target ce ne siano alcuni più o meno rilevanti o assenti.
  Abbiamo ancora un tasso di abbandono scolastico altissimo rispetto ad altri Paesi. Non c'è un indicatore immediato, quindi bisogna introdurlo. In realtà, ogni Paese può fare questa elaborazione ulteriore, scegliendo delle priorità, ma avendo in mente che c'è una sequenza e ci sono degli effetti di secondo ordine che vengono prodotti.
  Ieri, a Londra, in un incontro con il principe Carlo, in un advisory board di cui faccio parte, una persona chiedeva quanti politici e quanti capi d'impresa perderanno il posto perché non hanno realizzato gli Obiettivi. La mia risposta è che accade continuamente. Accade, infatti, con la sconfitta elettorale del primo ministro di non so quale Paese che ha «bucato» la povertà, ha avuto disastri ambientali e non è stato capace di affrontarli, perché il sistema educativo è un disastro o perché la fame è aumentata. Stiamo parlando di questo.
  Facciamo attenzione a non perdere di vista, in nome della complessità, il fatto che si parla di cose molto concrete su cui i cittadini decidono se un governo sta facendo bene o male.
  Il vero tema è che quelle riforme – non chiamiamole «strutturali», perché ormai è diventata una brutta parola – che producono costi nel breve termine, ma dei ritorni molto positivi nel medio, in una condizione così esasperata non vengono realizzate, perché siamo già quasi sott'acqua e quindi anche una piccola onda crea un problema.
  È il caso delle migrazioni. Lo sapevamo da decenni che sarebbe successo. Il flusso dei migranti europei è pari a circa l'1 per cento della popolazione. Se chiedete a qualsiasi manager se è in grado di gestire l'1 per cento di varietà è ovvio che lo è; invece, noi siamo di fronte a delle non linearità, ovvero alla classica goccia che fa traboccare il vaso.
  Questo è il mondo della prima slide che vi ho mostrato. È un mondo di non linearità e di cambiamenti improvvisi. La situazione è così insostenibile che anche piccole modifiche producono dei risultati molto negativi.
  Quello che possiamo fare, come Alleanza, è continuare ad assistervi, se vorrete, nella preparazione delle vostre riflessioni ulteriori, in modo tale da utilizzare la straordinaria ricchezza della società civile e delle organizzazioni che, anche con conflitti all'interno – non dobbiamo nascondere che le organizzazioni che aderiscono all'Alleanza non sono d'accordo su tutto – per la prima volta, hanno deciso di lavorare insieme. Credo sia la prima volta in Italia, da molto tempo a questa parte, che si crei qualcosa che unisce rispetto alla storia.
  Concludo sul tema delle responsabilità. Non spetta a noi dire chi deve avere la responsabilità di questa Agenda, ma abbiamo posto il problema. Non dimentichiamo che il modo con cui i governi sono organizzati è un retaggio dell'Ottocento o, Pag. 15bene che vada, del Novecento. Ci sono alcuni Paesi che hanno chiesto alle Nazioni Unite di assisterli proprio nel ridisegnare i ministeri alla luce degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Questo è il potere trasformativo di questa Agenda, se la si prende seriamente.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Giovannini del contributo. Le slide da lui illustrate saranno pubblicate in allegato al resoconto stenografico della seduta (vedi allegato). Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.35.

ALLEGATO

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