XVII Legislatura

III Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 13 di Martedì 21 novembre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA STRATEGIA ITALIANA PER L'ARTICO

Audizione del Ministro Consigliere dell'Ambasciata del Canada, Paul Gibbard.
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 3 
Gibbard Paul , Ministro Consigliere dell'Ambasciata del Canada ... 3 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 7 
Colletti Andrea (M5S)  ... 8 
Cassano Franco (PD)  ... 8 
Zampa Sandra (PD)  ... 8 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 9 
Gibbard Paul , Ministro Consigliere dell'Ambasciata del Canada ... 9 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 10 

Sui lavori della Commissione:
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 10 

Allegato 1: Presentazione informatica illustrata dal Ministro Consigliere Gibbard ... 11 

Allegato 2: Documento trasmesso dall'Ambasciata della Federazione Russa ... 41

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista: MDP;
Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD: AP-CpE-NCD;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile: SI-SEL-POS;
Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE: SC-ALA CLP-MAIE;
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Civici e Innovatori - Energie PER l'Italia: Misto-CI-EPI;
Misto-Direzione Italia: Misto-DI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-UDC-IDEA: Misto-UDC-IDEA;
Misto-Alternativa Libera-Tutti Insieme per l'Italia: Misto-AL-TIpI;
Misto-FARE!-PRI-Liberali: Misto-FARE!PRIL;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI) - Indipendenti: Misto-PSI-PLI-I.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
FABRIZIO CICCHITTO

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro Consigliere dell'Ambasciata del Canada, Paul Gibbard.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno della seduta odierna reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla Strategia italiana per l'Artico, l'audizione di Paul Gibbard, Ministro Consigliere dell'Ambasciata del Canada, che saluto e ringrazio per la Sua disponibilità a contribuire ai nostri lavori.
  Ricordo che l'indagine conoscitiva, in scadenza al 31 dicembre prossimo, ha visto finora il contributo di soggetti istituzionali nonché di esponenti del mondo della ricerca scientifica e dell'industria.
  Ricordo, inoltre, la fondamentale importanza che il Governo canadese attribuisce alla regione artica e alle strategie politiche di sviluppo e di tutela di quel territorio. L'Artico canadese comprende, infatti, oltre il 40 per cento del territorio del Paese e ospita oltre 100.000 canadesi. I pericoli e le poste del cambiamento climatico, la necessità di uno sviluppo economico sostenibile, l'importanza di condividere esperienze e conoscenze sia con gli altri abitanti delle zone circumpolari sia con il resto del mondo sono nodi fondamentali della politica estera canadese sull'Artico.
  Do quindi la parola al Ministro Consigliere Paul Gibbard affinché svolga la sua relazione, che prevede anche una presentazione informatica, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato 1).

  PAUL GIBBARD, Ministro Consigliere dell'Ambasciata del Canada. Buongiorno, signor presidente e signori deputati. Grazie molte per l'invito a questa seduta. Illustrerò la mia presentazione in inglese, perché in questo modo risulterà migliore, ma proverò a rispondere in italiano alle vostre domande.
  Prima di passare in rassegna le diapositive, vorrei parlare brevemente del mio background. Per quattro anni sono stato direttore per gli affari circumpolari al Ministero degli esteri, quindi ho potuto vedere come si è evoluta la nostra politica estera e ho anche potuto constatare in prima persona gli sviluppi nell'Artico nel suo complesso. Si tratta di un'area del mondo affascinante, che veramente riveste per me un grande interesse.
  Fornirò qualche dato di contesto. Vorrei sottolineare – gli altri auditi l'avranno detto – che l'Artico è una regione che si fonda su un quadro giuridico molto ampio. I territori sono retti dagli ordinamenti di Paesi sovrani e gli oceani sono disciplinati dall'UNCLOS e da altri trattati internazionali. Esiste poi un'organizzazione internazionale molto valida, che opera molto bene, e potrebbe farlo ancora meglio, e cioè il Consiglio Artico. Esiste, poi, un gruppo di Paesi e popoli indigeni che cercano di portare avanti lo sviluppo sostenibile e la protezione dell'ambiente.
  L'Artico è una regione enorme e molto diversificata. Gli impatti del cambiamento climatico – ne parlavamo testé – sono Pag. 4molto differenziati da una regione all'altra. Oggi, vorrei cogliere quest'occasione per parlare del «nostro» Artico, delle sue specificità. Ma, prima di scendere nei dettagli, vi propongo una prospettiva, un angolo visuale un po’ diverso. Infatti, se guardiamo al mondo dalla prospettiva dell'Artico, lo vediamo in maniera diversa.
  Viene in mente il Mediterraneo, che per migliaia di anni ha attraversato una serie di trasformazioni nel rapporto tra i popoli e gli Stati attorno ad esso. Il Mar Mediterraneo per voi, come l'Artico per noi, è diventato anche una rete di comunicazioni, qualcosa che ci lega e ci collega, magari non sempre, magari non sarà sempre così, ma dobbiamo cambiare la nostra prospettiva sull'Artico. Non è qualcosa che ci divide.
  Con quest'immagine vorrei anche mostrare che l'Artico è casa nostra. Lei, presidente, ha detto giustamente che il 40 per cento del territorio canadese è nell'area artica. Ovviamente, l'Artico incide sull'idea che noi abbiamo di noi stessi. Questo è il contesto canadese: l'Artico è casa nostra.
  È veramente anche teatro di sperimentazione politica, economica e sociale avanzatissima, innovativa, in prima linea. Più del 50 per cento degli abitanti del nostro Artico è composto da popoli indigeni. Anche questo informa la nostra visione dell'Artico e le nostre politiche. Cambiamento climatico, protezione dell'ambiente, sviluppo sostenibile sono importanti sia per i popoli indigeni sia per i nostri governi nella regione.
  Mi soffermerò ora sull'evoluzione della nostra politica estera per l'Artico. Come potete vedere nella slide n. 6, nel 2010 abbiamo individuato alcune aree prioritarie della nostra politica estera per l'Artico. All'epoca, avevamo appunto le priorità indicate in alto nella slide n. 6, ma poi c'è stata un'evoluzione del quadro internazionale, il mutamento climatico, cambiamenti nei rapporti bilaterali, ad esempio, il nostro rapporto con la Russia ha visto alti e bassi. Adesso, siamo in un periodo di rinnovato confronto costruttivo con la Russia.
  Come spesso accade con i Paesi, i grandi impegni internazionali danno impulso alla politica in generale, e in questo caso alla politica per l'Artico. In relazione a ciò ricordo l'importante incontro tra il Presidente Obama e il nostro Primo Ministro Trudeau nel marzo del 2016. Quest'incontro aveva già evidenziato un cambiamento delle priorità. Biodiversità, conoscenza delle scienze indigene tradizionali, economia sostenibile sono tutti concetti che hanno acquisito maggiore importanza rispetto al 2010. Tutto questo è sotteso all'impegno di tutelare almeno il 10 per cento della massa continentale e il 17 per cento delle acque dell'Artico.
  Una cosa che vorrei sottolineare rispetto alla slide n. 7 è l'importanza delle comunità: l'Artico non è considerato semplicemente come un'area da proteggere, ma come una regione abitata, dove le cose debbono funzionare per le persone che vi abitano.
  Nove mesi dopo il primo incontro, a fine dicembre 2016, c'è stato di nuovo un incontro dei due leader. I nostri impegni, gli impegni assunti dal Canada sono indicati nella slide n. 8. In quella sede abbiamo affermato che per il quinquennio successivo non avremmo concesso nuove licenze per la ricerca petrolifera o per il gas nelle acque canadesi del Mar Glaciale Artico. Il punto era cercare di trovare un modus vivendi con le persone che vivono nel nord e trovare fonti alternative rispetto al diesel; come gestire la pesca di tipo commerciale nell'Artico e come, insieme agli Stati Uniti e ad altri soggetti, addivenire a un accordo internazionale vincolante sulla gestione della pesca.
  Il concetto più importante è, però, quello di co-sviluppo rispetto a un quadro di indirizzo politico per l'Artico. In questa riunione abbiamo assunto l'impegno di procedere insieme agli abitanti del Grande Nord per mettere a punto un quadro di indirizzo politico per l'Artico. Noi pensiamo che questo quadro di indirizzo sarà pronto per la metà del 2018. C'è tutto un lavoro di consultazione con le organizzazioni indigene, i governi locali, le autonomie territoriali, le province. Sono sei le aree tematiche importanti: le infrastrutture dell'Artico, il rafforzamento delle collettività, Pag. 5 economie sostenibili e diversificate, conoscenze e scienze tradizionali indigene, tutela dell'ambiente e della biodiversità e, forse il tema che più interessa alla vostra Commissione, l'Artico visto in un contesto globale.
  Sempre in modo rapido, vorrei darvi un'idea di come si elaborano le linee politiche in Canada. Abbiamo istituito una commissione consultiva per elaborare la politica dell'Artico canadese, in particolare nel contesto del Consiglio Artico. Una delle specificità che rendono unico questo forum è il fatto di essere composto sia da Stati sia da popoli indigeni. Non c'è nessun'altra grande organizzazione internazionale che inglobi i popoli indigeni, che siedono allo stesso tavolo con i rappresentanti degli Stati e decidono insieme a loro. È veramente qualcosa di molto importante. Noi non vogliamo perdere questa preziosa specificità che rende unico il Consiglio Artico.
  In Canada vi sono tre territori che costituiscono il Nord canadese. L'Artico canadese rappresenta il 25 per cento dell'Artico globale, il 40 per cento della massa di terra, ma meno dell'1 per cento della popolazione canadese, della quale più della metà è costituita da indigeni. Di questi tre territori, il più recente si chiama Nunavut (slide n. 12). Nel 1999, un po’ come in Molise – qui c'è l'innovazione, siamo in prima linea – abbiamo creato questa nuova regione del Canada attraverso un negoziato tra gli Inuit, la popolazione indigena della regione, e il Governo canadese. Per la creazione di questo territorio, gli Inuit, che sono tra i migliori negoziatori al mondo, hanno negoziato un accordo che riconosceva la loro rivendicazione territoriale, conferendo loro dei diritti specifici per alcune porzioni del Nunavut. Il Nunavut è grande sei volte l'Italia, ha 37.000 abitanti, in grandissima maggioranza Inuit. Stiamo ancora negoziando i trattati e gli accordi di autogoverno in Canada. Abbiamo compiuto diversi errori in passato in relazione ai popoli indigeni, ma abbiamo fatto anche delle cose giuste, potenziando tutte le forme di autogoverno.
  La seconda grande area del Canada è costituita dai Territori del Nord-Ovest (slide n. 14), più piccoli, ma la popolazione è più o meno equivalente a quella del Nunavut, con 44.000 abitanti e 11 lingue ufficiali. Anche in questo caso il rapporto con i popoli indigeni è stato fondamentale.
  Poi c'è lo Yukon (slide n. 15), dove la popolazione indigena è in minoranza, ma che rappresenta sicuramente il territorio più dinamico per quanto riguarda i processi di autogoverno e i negoziati con le popolazioni indigene.
  Nel Consiglio Artico sono rappresentate sei organizzazioni indigene. Tre di esse sono canadesi: il Consiglio Circumpolare Inuit, i quali sono ben rappresentati – in Canada vi sono circa 55.000 Inuit –, il Consiglio Artico Athabaskan e il Consiglio Internazionale Gwich'in.
  Vorrei illustrare, ora, brevemente i problemi che attualmente stiamo cercando di affrontare nell'Artico. Abbiamo istituito il Consiglio economico dell'Artico per promuovere lo sviluppo economico circumpolare e lo sviluppo proprio del tessuto economico imprenditoriale, con l'elaborazione di un piano d'azione per la prevenzione dell'inquinamento petrolifero dei mari e il potenziamento del turismo. Approfondiamo la parte relativa al petrolio e al gas.
  Si è parlato molto dell'enorme potenziale petrolifero e di gas dell'Artico. Basti pensare alla Norvegia, dove si registrano sviluppi significativi. Ma la regione è molto diversificata. Nell'Artico canadese l'aspetto tecnologico è veramente complesso e bisogna anche riconoscere le rivendicazioni e i diritti delle popolazioni indigene. Inoltre, ovviamente, deve trattarsi di iniziative economicamente valide, in un contesto ambientale delicatissimo.
  C'è poi una certa ciclicità. In passato abbiamo avuto lo sviluppo di attività legate a petrolio e gas sulla terraferma nell'Artico. Ricordo quando, negli anni Settanta e Ottanta, ero all'università e uno dei miei primi lavori fu per la Gulf Canada Resources. L'area del Mare di Beaufort era molto interessante: si realizzavano ricerche e prospezioni, ma non si trattava di iniziative economicamente valide. Adesso, invece, abbiamo imposto una moratoria sul Pag. 6rilascio di nuove licenze di prospezione per petrolio e gas.
  All'interno del Consiglio Artico cerchiamo di avere una visione lungimirante. Prima di avviare iniziative di sviluppo, cerchiamo di prevenire i rischi. Nel 2013, per esempio, è stato siglato un accordo per la preparazione e la risposta alle fuoriuscite di petrolio. Nel 2014 abbiamo pensato all'aspetto preventivo, prima ancora che alla risposta nel caso di un problema, elaborando una serie di linee guida per la prevenzione delle fuoriuscite di petrolio e di gas.
  Nel 2015 abbiamo avviato un'iniziativa per garantire standard uniformi nei diversi ordinamenti. La gente si preoccupa – e ha ragione – del fatto che le società petrolifere vadano a lavorare nei Paesi il cui quadro normativo è meno rigido. Invece, occorre avere un'uniformità di standard e garantire un controllo normativo all'interno della regione.
  Quello del turismo artico è un altro settore emergente, relativamente piccolo. C'è più turismo in altre aree, come la Groenlandia o la Norvegia rispetto al Canada, ma stiamo studiando il modo di cogliere certe nuove linee di tendenza. In relazione a ciò esiste un progetto per il turismo marino nell'Artico. Anche in questo caso ci si chiede come si può garantire che vengano applicate le migliori pratiche, come si può garantire che le persone che visitano queste aree rispettino l'ambiente e rispettino le comunità che vi abitano e come si può garantire che vi sia un reale beneficio, connesso al passaggio delle navi, per le persone che abitano in queste aree.
  A proposito della navigazione commerciale nell'Artico, si è riflettuto e si è parlato della possibilità di nuove rotte di navigazione che consentano di evitare i canali di Suez e di Panama. Per il Canada, questo non è molto realistico. Questo è un aspetto molto specifico. In Canada, il mutamento climatico sta rendendo la situazione per la navigazione più pericolosa e più imprevedibile che in passato. Infatti, le correnti oceaniche nel nostro passaggio a nord-ovest hanno un andamento molto particolare: con il cambiamento climatico e il frantumarsi degli strati glaciali più duri, succede che alcuni frammenti vengano spinti nel nostro passaggio a nord-ovest a causa delle correnti e dei venti. Così, invece di avere maggiore sicurezza e maggiore prevedibilità, abbiamo una situazione ambientale molto più imprevedibile.
  Le società di navigazione spesso danno importanza alla prevedibilità, soprattutto sul lato economico, e oggi, per quanto riguarda il nostro passaggio a nord-ovest, questa prevedibilità non c'è. Ciò, ovviamente, si ripercuote sullo sviluppo economico nell'Artico canadese, sul turismo e via dicendo. Non voglio dire che sia pericolosissimo, ma la situazione in questa parte del mondo è imprevedibile e lo è sempre più.
  Le collettività sono importantissime per noi. Abbiamo lavorato sia in Canada sia in sede di Consiglio Artico, mettendo a confronto le esperienze e il modo di vivere tradizionale con quest'evoluzione drastica dovuta al mutamento climatico e alla globalizzazione. In relazione alle conoscenze tradizionali, nell'ambito del Consiglio Artico, è stato svolto un lavoro davvero molto interessante. Si parla tanto di conoscenze tradizionali, ma spesso non si capisce bene che cosa significhi «conoscenza tradizionale».
  Alcuni anni fa abbiamo iniziato a studiare i ghiacci dell'Artico: gli scienziati dell'area meridionale consideravano il ghiaccio una barriera alla navigazione. Quando abbiamo iniziato a parlare con le persone della regione, in particolare con gli Inuit, ci è stato detto che quella visione dei ghiacci era completamente errata: da millenni il ghiaccio è la loro autostrada, una via di comunicazione che ha consentito loro di muoversi facilmente in quella parte del mondo. Per loro spostarsi sulla terraferma era molto più difficile per gran parte dell'anno, mentre il ghiaccio è una via di comunicazione che consente loro di spostarsi più agevolmente. La loro prospettiva, quindi, è totalmente diversa. Ovviamente, la loro sussistenza dipende proprio dalla conoscenza e dalla comprensione dei ghiacci. Ne hanno una conoscenza molto fine e Pag. 7sofisticata e sanno molto bene come sta cambiando la situazione dei ghiacci.
  Il benessere psicologico è un fattore importantissimo nelle collettività circumpolari del Nord. I cambiamenti della società e delle generazioni mettono alla prova la popolazione. Potrei approfondire questo aspetto, se ci sono domande specifiche, ma in ogni caso segnalo che stiamo lavorando per ridurre gli inquinanti atmosferici a ciclo di vita breve. Poi c'è tutto il problema dell'adattamento ai cambiamenti climatici, che nell'Artico è un problema enorme, reale e attuale, per il quale ci siamo attivati insieme alle collettività. Ci sono questioni che hanno a che fare con la protezione dell'avifauna migratoria. C'è poi la cooperazione scientifica, per la quale occorre capire come mettere in comune le conoscenze e le scoperte scientifiche che riguardano la regione.
  Nel 2017 il Consiglio Artico ha elaborato un accordo sul rafforzamento della cooperazione scientifica internazionale in materia di Artico. È uno sviluppo molto importante, che in qualche maniera si colloca sulla scia di quanto abbiamo fatto con l'Italia, il famoso Memorandum d'intesa del 2014 sulla cooperazione scientifica e tecnologica con l'Italia, che, come sapete, sta avendo successo in Artico per quanto riguarda la ricerca scientifica, non solo da oggi. Abbiamo una serie di progetti comuni. Noi vogliamo continuare a lavorare con l'Italia.
  L'Italia è attivamente coinvolta nei gruppi di lavoro del Consiglio Artico, contribuisce fattivamente a questi gruppi di lavoro. I Paesi osservatori hanno un ruolo importante proprio sul lavoro scientifico, che plasma la nostra comprensione di questa parte del mondo. Noi disponiamo di strutture per la ricerca nell'Artico, ma per l'anno prossimo è prevista una novità: una stazione di ricerca canadese nell'Alto Artico, chiamata CHARS. Tra le altre cose, noi incoraggiamo altri Paesi a portare tecnologie pulite – ad esempio, per lo smaltimento delle scorie o per la produzione di energia eolica – alla stazione CHARS per poterle collaudare e, poi, eventualmente commercializzarle.
  Lavoriamo per la maggior parte del tempo all'interno del Consiglio Artico, ma anche in altri contesti, come quello degli Stati litoranei dell'Oceano Artico. Di recente abbiamo condotto negoziati per la pesca in alto mare nel Mar Glaciale Artico centrale, tra gli altri con l'Islanda, l'Unione europea, la Cina, il Giappone e la Corea del Sud, e speriamo di arrivare a un accordo entro la fine dell'anno.
  Saprete che, fino a qualche tempo fa, non volevamo che l'Unione europea avesse lo status di osservatore nel Consiglio Artico. Abbiamo cambiato posizione: adesso abbiamo superato la nostra obiezione e siamo molto lieti della partecipazione costruttiva dell'Unione europea nel Consiglio Artico.
  Venendo alla sicurezza nei suoi molteplici aspetti, sappiamo che questa Commissione è interessata in modo particolare alla sicurezza nell'Artico in relazione alla NATO. Attualmente, non percepiamo minacce militari dirette nell'Artico. La NATO si è riunita e ha discusso su possibili modalità di collaborazione in questa regione, ma in quest'area del mondo, anche nei momenti in cui c'erano difficoltà nel rapporto tra il Canada e la Russia, c'è sempre stata grande cautela. Questa è un'area del mondo in cui si cerca effettivamente di cooperare a ogni costo. Abbiamo istituto il Forum della Guardia costiera dell'Artico, che riunisce le diverse Guardie costiere dei Paesi dell'Artico, proprio per poter rafforzare le possibilità di cooperazione nell'ambito della sicurezza della regione.
  In sintesi, voglio dire che non si tratta di una gara, di una competizione. A volte, nei mass media si parla di «gara per le risorse». Noi abbiamo, invece, una chiara percezione del quadro normativo che esiste, atto a risolvere potenziali contenziosi. C'è l'organizzazione del Consiglio Artico, ci sono i Paesi e i popoli dell'Artico, e lavorando e collaborando con i diversi Paesi, in particolare con l'Italia, cerchiamo di far fronte a tutte le questioni che si possono porre in questa parte del mondo. Vogliamo continuare a collaborare con l'Italia.

  PRESIDENTE. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire Pag. 8 per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ANDREA COLLETTI. Io vorrei porre due domande. Ovviamente, in riferimento all'Artico attualmente, soprattutto negli altri Paesi, sono in atto molti progetti per l'utilizzo delle risorse, gas e petrolio: voi avete anche dei progetti per l'utilizzo di energie alternative all'interno della regione? Parlo, ad esempio, dell'utilizzo delle correnti marine o del vento per creare energie alternative.
  Inoltre – questa è più una mia curiosità – nei vostri accordi con le popolazioni indigene dell'Artico avete previsto che esse possano beneficiare di risorse aggiuntive che potrebbero provenire dallo sfruttamento energetico delle zone artiche da parte del governo centrale o delle varie compagnie petrolifere o di gas? Per legge o attraverso questi accordi, è prevista una percentuale a favore dei popoli indigeni che riguarda lo sfruttamento delle risorse?

  FRANCO CASSANO. Le ho rivolto già prima la domanda, che quindi è inutile che ripeta, in merito alla diseguaglianza di effetti rispetto ai diversi Paesi nell'emergere della questione ambientale. Mi riferisco, segnatamente, allo scioglimento dei poli.
  Vorrei rivolgerLe, però, un'altra domanda. Ho visto che c'è molta attenzione al rapporto con le popolazioni indigene, tant'è vero che adesso si parla di «scienza tradizionale». Nell'espressione ci sono un aggettivo e un sostantivo che normalmente non vanno insieme. Questo mi interessa molto. Che cosa significa riconoscere al sapere tradizionale una capacità di conoscenza?
  In secondo luogo, Lei ha già descritto nell'introduzione un possibile conflitto e il suo superamento, cioè la diversa immagine, opposta e simmetrica, per cui lo sguardo dominante è quello che vede nei ghiacci la barriera, mentre le popolazioni indigene vedono nel ghiaccio la strada, l'autostrada. Credo, però, che questa sia spesso ragione di molti conflitti.
  Mi incuriosisce, a proposito della domanda del collega Colletti, la possibilità di redistribuire i proventi della ricerca petrolifera e dello sfruttamento delle risorse anche alle popolazioni indigene: che cosa vuol dire, che forse si devono anche comprendere tutte le virtù delle popolazioni locali e lasciare il loro sapere tradizionale? Questo è uno dei rischi.
  Uno degli elementi di forza di queste popolazioni è il fatto che sono protette dalla questione ambientale. Gli indiani d'America non erano protetti da nessuno e, difatti, sono stati fatti fuori. Qui c'è l'interesse a mantenere il valore di un sapere tradizionale, che magari sarebbe anche bello conoscere più analiticamente. Sono convinto che anche gli indiani d'America conoscessero benissimo le foreste e i campi e sapessero muoversi tra gli animali. Nonostante, però, il carattere prezioso e straordinario di questo sapere, questo è stato scavalcato dall'enorme potenza di fuoco della civiltà scientifica.
  Vorrei capire meglio questo punto. Vedo, da un lato, un elemento quasi di orgoglio, di rivendicazione da parte vostra; dall'altra parte, penso che, però, sia anche un focolaio di possibili tensioni, dato che le tentazioni sono tante.

  SANDRA ZAMPA. Mi scuso, perché sono arrivata in ritardo e ho perso parte di quest'interessantissima audizione, e quindi del suo intervento, ma mi ha colpito, esattamente come il collega, il passaggio, lasciato però un po’ in sospeso, in cui c'è stata la comparazione con quello che vi hanno spiegato le popolazioni locali a proposito del fatto che per loro il ghiaccio è un'autostrada. Non ho capito che cosa si sta cercando di fare, se rompere il ghiaccio, come rompere il ghiaccio. È anche una lezione di metodo su come affrontare insieme alle popolazioni nei territori le novità che possono sconvolgere le tradizioni e le abitudini.
  L'Italia è piena di situazioni di questo genere. In Puglia, in questi giorni, ad esempio, a causa dell'arrivo di pochi chilometri di gasdotto, ci sono violente manifestazioni. Vorrei capire come sta andando, cioè se, nel vostro caso, questo è un metodo che dà dei risultati straordinari per l'eccezionalità Pag. 9del luogo o per una saggezza messa in atto fin da subito.
  In modo rapidissimo pongo una seconda domanda. Quando ha parlato di sicurezza, Lei ha detto che non avvertite pericoli e minacce dirette, ma ha lasciato, anche in questo caso, in sospeso il discorso. C'è dell'altro?

  PRESIDENTE. Do la parola al nostro ospite per la replica.

  PAUL GIBBARD, Ministro Consigliere dell'Ambasciata del Canada. Grazie tante per queste domande.
  Penso che la cosa più importante che abbiamo imparato nel contesto canadese è che i popoli indigeni e i popoli che vivono in quella regione devono far parte del dibattito ed essere seduti intorno al tavolo. Noi possiamo avere molte idee riguardo a quello che è meglio per altre persone, ma, pur avendo le migliori intenzioni, possiamo sbagliarci completamente. Il modo migliore per evitare che questo succeda è non solo confrontarsi con le persone che hanno degli interessi diretti, ma anche garantire che esse abbiano potere decisionale e capire che noi non possiamo prendere decisioni senza di loro, perché sono parte integrante dell'intero processo.
  Non voglio esagerare la bontà di quello che è successo. In Canada siamo in una fase di evoluzione continua, ma abbiamo fatto cose molto interessanti riguardo alle trattative sull'autogoverno o sul diritto alle terre. Come possiamo garantire che ci siano dei benefìci in futuro per i popoli indigeni? È già previsto. Il governo del Canada si è confrontato con i popoli indigeni e, come ho già detto, gli Inuit sono tra i migliori negoziatori del mondo. Quando si è svolto il negoziato con gli Inuit per la creazione di Nunavut e si è giunti all'Accordo sulle rivendicazioni del territorio di Nunavut, gli Inuit hanno trovato i migliori esperti al mondo sulle risorse minerarie e su altre risorse presenti nella zona di Nunavut. Gli Inuit hanno la proprietà di quelle zone e, quindi, delle risorse presenti nell'area (diamanti, minerali di ferro e altre risorse), che adesso vengono sviluppate dalle aziende create dagli Inuit. Ciò conferisce loro il controllo delle attività di estrazione, delle modalità di estrazione e della loro velocità.
  Una delle questioni su cui dobbiamo essere chiari è che, quando i popoli indigeni hanno il controllo delle possibilità di sviluppo, manifestano la volontà di sviluppare le loro regioni. Le loro società stanno affrontando un cambiamento sociale enorme per via, tra l'altro, del cambiamento climatico, ma questa non è una cosa che li fermerà. Uno degli aspetti che più mi ha colpito in positivo relativamente alla leadership dei popoli indigeni, soprattutto degli Inuit, è la loro capacità di guardare al futuro. Si dicono: «Questo succederà. Come possiamo garantire che sia una cosa che gestiamo noi, che controlliamo noi? Non sarà facile, ma come garantiamo di conservare la nostra essenza? Come possiamo conservare la nostra identità, in modo da evitare di diventare qualcosa di molto diverso da quelli che sono stati i nostri antenati?».
  Trovo, poi, personalmente molto frustrante, ad esempio nelle mostre sugli Inuit o sugli altri popoli dell'Artico, vedere oggetti che spesso vengono presentati come prodotti tradizionali ma che risalgono agli anni Cinquanta. Sono oggetti splendidi creati negli anni Cinquanta, ma gli Inuit sono tra le culture più dinamiche al mondo. I giovani hanno cellulari come tutti, sono connessi e cercano di affrontare il problema di mantenere le tradizioni Inuit in un mondo che sta cambiando anche grazie al loro contributo. Con questo spero di aver risposto, almeno in parte, alle domande che avete posto.
  Per quanto riguarda le energie alternative, sicuramente uno degli impegni più importanti che abbiamo assunto nelle due riunioni con gli Stati Uniti è stato quello di rivolgerci alle energie alternative. Nel nostro Nord gran parte dell'energia è ancora legata a sostanze come i combustibili diesel. E noi dobbiamo guardare a forme alternative di energia. Stiamo guardando, ad esempio, all'energia eolica. Nel passato parte dei problemi con l'energia oceanica era legata al fatto che il ghiaccio era molto difficile da sfruttare. Adesso, con il cambiamento Pag. 10 climatico, anche l'energia oceanica diventa una possibilità.
  Questo mi riporta a una delle domande sulla conoscenza tradizionale. Secondo le conoscenze tradizionali, le persone che vivono in un luogo da molto tempo sanno molto meglio come funziona quel luogo rispetto a noi. Tra le cose più importanti che gli Inuit e altre popolazioni del Nord ci hanno fatto capire, ci sono le relazioni che non sempre noi riusciamo a cogliere. Spesso ci sfugge di guardare al mondo da una prospettiva diversa. Non si possono comprendere la popolazione dei krill o quella delle foche separatamente, senza sapere quali sono i rapporti tra loro. Sono questioni interconnesse. Loro hanno conoscenze sulle interconnessioni, che noi non abbiamo. Noi delle società occidentali sappiamo usare il metodo scientifico, ma spesso non riusciamo a cogliere le relazioni tra le cose, l'impatto di una cosa sull'altra. Su questo aspetto i popoli indigeni ci possono insegnare molto.
  C'è una domanda riguardo all'Oceano Artico e al ghiaccio che può essere visto come una strada o come una barriera. Ci sono dei pericoli: una volta che diventa una strada, non tutto è necessariamente positivo. Si conoscono meglio altre popolazioni, ma magari i rapporti con alcune di esse non sono buoni. E questo succede ovunque nel mondo.
  C'è stata una domanda anche riguardo alle future questioni relative alla sicurezza. Quello che voglio sottolineare è che in questo momento tutti siamo nell'Artico e abbiamo detto esplicitamente che non vogliamo lottare tra noi per le risorse dell'Artico. Vogliamo che la cooperazione funzioni bene e possiamo collaborare. È questo il messaggio più importante che posso dare attualmente riguardo a come vogliamo gestire la regione.
  Stiamo «rompendo il ghiaccio» e questo ha molteplici significati. In un senso più ampio, credo che abbiamo rotto il ghiaccio in questa regione. Come regione, siamo sempre più vicini, in modi molto interessanti. Allo stesso tempo, ed è questa la risposta, abbiamo quattro o sei navi da pattugliamento per l'Artico e, quindi, stiamo «rompendo il ghiaccio» anche in altri modi.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Consigliere Gibbard, che ci ha fornito un'esposizione complessa.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Sui lavori della Commissione.

  PRESIDENTE. Avverte che l'Ambasciata della Federazione Russa ha trasmesso, in sostituzione della richiesta audizione, un documento dal titolo "La visione russa del futuro dell'Artico", recante la posizione del Governo russo sul tema oggetto dell'indagine conoscitiva. Facendo seguito alle intese raggiunte in modo unanime in sede di Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentati dei gruppi, nella riunione del 15 novembre scorso, autorizzato la pubblicazione del testo in allegato al rescoconto odierno ai fini della sua acquisizione agli atti dell'indagine conoscitiva (vedi allegato 2).

  La seduta termina alle 14.50.

Pag. 11

ALLEGATO 1

PRESENTAZIONE INFORMATICA ILLUSTRATA
DAL MINISTRO CONSIGLIERE GIBBARD

I

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II

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III

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IV

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V

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VI

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VII

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VIII

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IX

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X

Pag. 21

XI

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XII

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XIII

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XIV

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XV

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XVI

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XVII

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XVIII

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XIX

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XX

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XXI

Pag. 32

XXII

Pag. 33

XXIII

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ALLEGATO 2

DOCUMENTO TRASMESSO DALL'AMBASCIATA
DELLA FEDERAZIONE RUSSA

La visione russa del futuro dell'Artico

  Il futuro e la prosperità della Federazione Russa sono strettamente legati all'Artico, che genera il 10 per cento del PIL russo e il 20 per cento del totale delle esportazioni. Il contributo della regione artica al nostro sviluppo continuerà a crescere nel corso degli anni.
  I nostri documenti strategici, approvati dal Presidente, definiscono con chiarezza i seguenti interessi prioritari della Russia nell'Artico:

   1. utilizzare le risorse della zona artica della Federazione Russa a vantaggio dello sviluppo sostenibile della Russia;

   2. garantire la pace e la cooperazione nell'Artico;

   3. preservare gli ecosistemi unici dell'Artico;

   4. sviluppare la Rotta marittima del nord.

  Nell'agosto 2017 il Governo russo ha adottato il Programma di Stato per lo sviluppo socioeconomico della zona artica della Federazione Russa. Più di tre miliardi di dollari USA sono stati stanziati a favore di tale programma che si prefigge tre obiettivi principali:

   1. creare «aree perno» per lo sviluppo dell'Artico;

   2. sviluppare la Rotta marittima del nord;

   3. creare nostri equipaggiamenti e tecnologie per l'industria degli idrocarburi e per l'industria meccanica, necessari per l'esplorazione delle risorse naturali dell'Artico.

  La Russia è molto attiva nell'Artico e ha circa 150 progetti in corso di realizzazione o in fase di valutazione finale. Il valore totale di questi progetti è pari a circa 80 miliardi di dollari USA e il grosso degli investimenti proviene dal settore privato.
  L'iniziativa portabandiera della cooperazione internazionale nell'Artico è il progetto Yamal LNG (Liquefied Natural Gas). Nell'agosto 2017 i nostri partner di 14 Paesi hanno visitato l'insediamento di Sabetta nella penisola di Yamal e hanno avuto modo di vedere il moderno aeroporto in grado di ricevere grandi aerei cargo, il terminale marittimo in costruzione per metaniere con capacità sino a 172.000 metri cubi e l'impianto di lavorazione del gas dalla capacità produttiva di 16,5 milioni di tonnellate di LNG (entrerà in funzione alla fine di quest'anno).
  Il progetto Yamal LNG è un esempio degli sviluppi oggi in atto nell'Artico russo. Quattro anni fa la popolazione di Sabetta era di circa 300 abitanti, oggi supera i 30.000. Il totale degli investimenti nel progetto ammonta a circa 26 miliardi di dollari USA, con una quota statale che non supera i 2 miliardi e mezzo di dollari USA. Pag. 42
  La Russia è pronta a intensificare una cooperazione reciprocamente vantaggiosa nella regione, ma si aspetta anche un atteggiamento imparziale nei confronti delle sue aziende interessate a progetti in altri Paesi della regione artica.
  Le merci prodotte nell'Artico russo saranno trasportate attraverso la Rotta marittima del nord. L'anno scorso ne sono stati consegnati 7,4 milioni di tonnellate, volume che si triplicherà nel giro di tre anni e che nel 2025 potrebbe raggiungere i 35 milioni di tonnellate. Per questo occorrono enormi investimenti in infrastrutture portuali, connettività, servizi avanzati alla navigazione e costruzione di rompighiaccio (secondo le previsioni, nel 2021 tre nuovi rompighiaccio nucleari entreranno in funzione lungo la Rotta marittima del nord).
  Nel prossimo futuro, gran parte delle merci trasportate attraverso la Rotta marittima del nord saranno di origine russa o avranno la Russia come destinazione finale. Ma vi è anche un enorme potenziale come via di transito più breve fra l'Asia e l'Europa. Nel 2017 sei navi hanno percorso questa rotta dalla Cina all'Europa.
  La Russia è impegnata nei confronti dell'Accordo di Parigi sul clima e si sta preparando a ratificarlo. È importante ridurre al minimo l'impatto dell'aumento delle attività economiche nell'Artico sull'ambiente e sul modo di vita tradizionale dei popoli indigeni.
  Le grandi società russe del gas e del petrolio hanno annunciato che utilizzeranno al cento per cento il gas associato ed escluderanno totalmente la combustione a torcia del gas (gas flaring). Da qui al 2023, il gigante minerario russo Nornikel investirà circa 4 miliardi di dollari USA in progetti ambientali nell'Artico. Le emissioni saranno ridotte drasticamente. L'anno scorso, ad esempio, le emissioni di anidride solforosa nella penisola di Kola sono state ridotte del 22 per cento.
  Ultimamente la più grande società di navigazione russa, la Sovcomflot, ha annunciato che convertirà le sue navi cisterna di classe Aframax dalla propulsione a gasolio a quella a LNG. La Sovcomflot è la prima società di navigazione del mondo ad aver preso questa decisione.
  La Russia considera l'Artico un territorio di dialogo e cooperazione. Non esistono dispute aperte o eventuali nell'Artico sulle frontiere marittime e nemmeno sull'accesso alle risorse minerarie o biologiche. Il diritto internazionale, in generale, e la Convenzione ONU sul diritto del mare, in particolare, sono in grado di garantire nell'Artico i diritti degli Stati rivieraschi e degli altri Stati.
  Nella Dichiarazione di Ilulissat del 2008, gli Stati rivieraschi hanno confermato la loro adesione al diritto internazionale e all'ordinata risoluzione delle rivendicazioni concorrenti sulla piattaforma continentale estesa nell'Oceano Artico. Il decennale della Dichiarazione nel 2018 costituirà una buona occasione per confermare collettivamente che le disposizioni di tale documento politico restano valide.
  La Russia ripone fiducia nei meccanismi collettivi. Le attività del Consiglio Artico hanno contribuito immensamente a prevenire qualsiasi conflitto nella regione. In occasione della riunione del Consiglio Artico a Fairbanks nel maggio scorso, gli Stati artici hanno confermato una volta di più il loro impegno a favore della pace, della stabilità e della cooperazione. La Russia crede che sarà il partenariato a dar forma al futuro dell'Artico.