XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Mercoledì 28 giugno 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DELLA PROPOSTA DI LEGGE C. 2669 MORANI, RECANTE MODIFICHE AL CODICE CIVILE E ALTRE DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ACCORDI PREMATRIMONIALI

Audizione di Massimo Dogliotti, consigliere della I Sezione civile della Suprema Corte di Cassazione, Arnaldo Morace Pinelli, professore di diritto privato presso l'Università degli studi di Roma Tor Vergata, rappresentanti del Consiglio nazionale del notariato e rappresentanti del Consiglio nazionale forense.
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Dogliotti Massimo , Consigliere della I Sezione civile della Suprema Corte di Cassazione ... 3 
Ferranti Donatella , Presidente ... 5 
Morace Pinelli Arnaldo , Ordinario di diritto privato presso l'Università degli studi di Roma «Tor Vergata» ... 5 
Ferranti Donatella , Presidente ... 9 
Sironi Enrico , Consigliere nazionale del Consiglio nazionale del notariato con delega al settore propositivo ... 9 
Ferranti Donatella , Presidente ... 12 
Masi Maria , Consigliere nazionale del Consiglio nazionale forense ... 12 
Ferranti Donatella , Presidente ... 13 
Morani Alessia (PD)  ... 13 
Ferranti Donatella , Presidente ... 14

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista: MDP;
Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD: AP-CpE-NCD;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile: SI-SEL-POS;
Civici e Innovatori: (CI);
Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE: SC-ALA CLP-MAIE;
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-UDC-IDEA: Misto-UDC-IDEA;
Misto-Alternativa Libera-Tutti Insieme per l'Italia: Misto-AL-TIpI;
Misto-FARE!-PRI: Misto-FARE!-PRI;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 14.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione di Massimo Dogliotti, consigliere della I Sezione civile della Suprema Corte di Cassazione, Arnaldo Morace Pinelli, professore di diritto privato presso l'Università degli studi di Roma Tor Vergata, rappresentanti del Consiglio nazionale del notariato e rappresentanti del Consiglio nazionale forense.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame della proposta di legge C. 2669 Morani – la relatrice è qui presente – recante modifiche al Codice civile e altre disposizioni in materia di accordi prematrimoniali, di Massimo Dogliotti, consigliere della I Sezione civile della Suprema Corte di cassazione, di Arnaldo Morace Pinelli, professore di diritto privato presso l'Università degli studi di Roma «Tor Vergata», accompagnato dall'avvocata Ilaria Foggia, di rappresentanti del Consiglio nazionale del notariato, per il quale sono presenti Andrea Rosiello, consulente per le relazioni istituzionali, ed Enrico Sironi, consigliere nazionale con delega al settore propositivo, e di rappresentanti del Consiglio nazionale forense, per il quale è presente la consigliera nazionale Maria Masi.
  Desidero indicare i tempi, perché alle 15.15 – abbiamo un'ora e cinque minuti circa – sono previste votazioni in Commissione. Di solito, diamo dieci minuti di tempo per gli interventi.
  Do la parola al consigliere Massimo Dogliotti.

  MASSIMO DOGLIOTTI, Consigliere della I Sezione civile della Suprema Corte di Cassazione. Rappresentando la Cassazione, ci pare molto interessante una proposta di legge sui patti prematrimoniali, perché ci sono controversie in cui abbiamo incontrato queste questioni. Qualche volta siamo intervenuti anche affermando, sulla base di princìpi generali, che questi patti potrebbero essere validi, modificando un orientamento più tradizionale, che invece escludeva la possibilità di tali patti, in quanto si diceva che fossero diritti che non potevano essere oggetto di negoziazione. Come dico, c'è stata una nostra sentenza del 2012 che, anche se non affrontava specificamente il problema, ha affermato sostanzialmente questo principio.
  Tra l'altro, è abbastanza singolare che, invece, da sempre si ammetta la possibilità di patti in vista della crisi quando si trattasse di annullamento del matrimonio, perché si diceva che in quel caso non c'era annullamento. Trattandosi di un fatto oggettivo, si sarebbe ammessa la possibilità. Abbiamo della giurisprudenza abbastanza rara, perché sono rare anche le cause di annullamento. Non sono frequentissime come quelle di separazione e divorzio.
  Ci sono stati anche dei casi in cui si sono ammessi, nella giurisprudenza della Cassazione, ma anche nella giurisprudenza del merito, patti in vista di una crisi, di uno scioglimento, anche per le convivenze more Pag. 4uxorio. Allora si parlava di convivenza more uxorio eterosessuale, ma c'erano stati casi in cui abbiamo affermato la possibilità. Quindi, si tratta di una questione già affrontata.
  Naturalmente, l'intervento del giudice è sempre sporadico e, quindi, è bene che ci sia una disciplina a cui fare riferimento. Questa disciplina, che ho esaminato, mi pare, per certi versi, abbastanza condivisibile, con alcune osservazioni che posso fare.
  Prima di tutto, faccio un'osservazione sul tipo di limite, perché, in effetti, nel linguaggio comune si parla di patti prematrimoniali – prenuptial in inglese – ma normalmente si parla anche di patti non necessariamente anteriori al matrimonio, come sono le convenzioni matrimoniali. Potrebbero, quindi, essere stipulati anche dopo, anche, al limite, in sede di separazione in vista del divorzio. È vero che adesso tra la separazione e il divorzio passa pochissimo tempo, ma forse questo rigore che i patti debbano avvenire prima del matrimonio si potrebbe superare.
  L'altro problema che forse si dovrebbe affrontare è capire se questi patti potrebbero avere valore anche con riferimento alla legge n. 56 del 2016 sulle unioni civili, perché, modificandosi la disciplina del Codice civile, non c'è automaticità tra coniuge e convivente. In questo caso, la conseguenza sarebbe che, se si approvasse la legge così, ci sarebbe la possibilità per il matrimonio, per i coniugi, e non per le unioni civili. Credo che si dovrebbe quanto meno fare un coordinamento con questo tema.
  Per quel che riguarda, sempre nella legge n. 56 del 2016, le convivenze di fatto, nella seconda parte della legge, c'è il contratto di convivenza. Nel contratto di convivenza, però, non si parla del futuro. Il contratto di convivenza nella legge sulle unioni civili, per quel che riguarda le convivenze di fatto etero e omosessuali, sembra prevedere esclusivamente un rapporto tra i conviventi durante la convivenza e non verso il futuro.
  Forse si potrebbe inserire questo e fare una modifica nell'ambito di quella disciplina. Si sta già interpretando la norma dicendo che quella può essere un'indicazione. Mi pare che la dottrina adesso prevalente dica che anche adesso si potrebbe inserire nei contratti di convivenza anche la disciplina futura. Tutto sommato, però, se si deve intervenire, dire qualcosa di preciso impedisce che ci siano giurisprudenza e posizioni diversificate.
  Dal punto di vista dell'oggetto di questi patti, tenderei – anzi, tenderemmo, perché ne abbiamo parlato in Cassazione, nell'ambito della I Sezione civile, che si occupa di materia familiare, come sapete – in questa direzione. Mi pare che la proposta di legge potrebbe ampliarsi in questo senso.
  Personalmente condivido la trasformazione per cui il regime legale diventi la separazione dei beni. Corrisponde – credo – a una situazione di mutamento anche del costume e della cultura rispetto alla riforma del 1975. Lì forse c'era la necessità della comunione perché le donne non lavoravano e, quindi, c'era questa esigenza positiva. Oggi anche le statistiche mi pare che dicano essere prevalente la separazione dei beni e che spesso la comunione diventa un po’ una complicazione.
  In ogni caso, la comunione diventerebbe uno dei regimi a cui si potrebbe fare riferimento, tra l'altro precisandolo all'atto della celebrazione del matrimonio, come adesso si fa con la separazione. A tal fine, il giudice deve tener conto dei patti prematrimoniali, all'articolo 156 e all'articolo 5.
  Ancora, sull'oggetto sembra ci sia una cosa contraddittoria, perché si dice che, se c'è l'annullamento del matrimonio, non c'è mai stato niente. In realtà, non è così, perché non è che ci sia una retroattività totale. Vanno disciplinati i rapporti. Forse anche nell'annullamento si potrebbe pensare a patti, che possiamo chiamare diversamente, perché non c'è il matrimonio, in vista di un eventuale annullamento, perché sappiamo che ci sono situazioni in cui si arriva all'annullamento dopo molti anni, dopo che c'è tutta una serie di rapporti personali e patrimoniali. La disciplina dell'ex o di quello che non è mai stato coniuge è molto limitata, perché al massimo ci può essere un triennio di mantenimento. Tutto Pag. 5sommato, questo strumento, che, tra l'altro, veniva già utilizzato dalla giurisprudenza della Cassazione, forse si potrebbe introdurre.
  Mi avvio a conclusione. Il giudice deve, quindi, tener conto dei patti prematrimoniali in sede di separazione e divorzio. Qui forse sulle vicende del patto prematrimoniale potrebbe esserci – non si dice – una revisione d'accordo, perché è passato del tempo. Quindi, il giudice dovrà tenerne conto. Penso che non ci sia alcuna discrezionalità, se i coniugi sono d'accordo. A quello si dovrà fare riferimento.
  Potrebbe esserci da parte di uno dei coniugi una sorta di denuncia, che indica che le cose non vanno bene. Non so, o lasciamo il punto alla giurisprudenza, oppure forse qualche cosa si potrebbe decidere, per esempio che il giudice valuti sulla base di una richiesta magari dopo molti anni da parte di un coniuge per il quale l'accordo non va più bene, mentre magari per l'altro va bene.
  Tra l'altro, una delle sentenze della Cassazione, che già nel lontano 2000 aveva affrontato questo problema, stabiliva proprio non una nullità assoluta, ma una nullità relativa, con la possibilità del soggetto avente diritto di denunciare un superamento di questi accordi. C'era stata una sentenza del 2000 in questo senso.
  Un ultimo aspetto che direi essere da considerare potrebbe essere quello della forma. «I futuri coniugi, prima di contrarre matrimonio, possono stipulare un patto prematrimoniale in forma scritta diretta a disciplinare i rapporti patrimoniali. [...] Il patto deve essere sottoscritto dalle parti e depositato presso l'Ufficio del registro». Si può anche escludere il coniuge dalla successione necessaria. Qui, però, bisognerebbe allora fare anche una modifica rispetto ai patti successori, di cui all'articolo 458 del codice civile, che molti ritengono debba essere superato.
  Ho l'impressione che ciò non basterebbe. Sì, questa potrebbe essere un'eccezione, ma nell'occasione forse si potrebbe disciplinare o eliminare questo aspetto, probabilmente perché c'è questo divieto generale dei patti successori che è già stato superato dal patto di famiglia. Potrebbe essere superato da questo. Forse sarebbe l'occasione per tornarci sopra, perché è sempre un po’ come un macigno che sta lì.
  Sulla forma, però, ne viene scelta una abbastanza diversa, ossia la forma scritta e, quindi, una scrittura privata, evidentemente, sottoscritta dalle parti e depositata presso l'Ufficio del registro. Anche qui esiste un problema di opponibilità ai terzi, che avverrebbe attraverso l'iscrizione all'Ufficio del registro. Tutto sommato, a questo punto, ci sono regimi completamente diversi. Le convenzioni matrimoniali, come sappiamo, sono fatte con atto pubblico notarile, in presenza di testimoni, e, per essere opponibili a terzi, devono essere iscritte nel Registro dello stato civile.Poi c'è il contratto di convivenza delle convivenze di fatto, in cui, invece, cosa abbiamo? Abbiamo una situazione diversa, perché l'atto è sempre in qualche modo pubblico, ma potrebbe essere redatto dal notaio e anche eventualmente dall'avvocato. L'opponibilità nascerebbe dall'iscrizione al Registro anagrafico, dove, del resto, sono iscritte. Questa sarebbe un'ulteriore forma. Non so, forse c'è una situazione che andrebbe in qualche modo coordinata.
  Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Grazie molte di questi suggerimenti e spunti di riflessione.
  Do la parola al professor Arnaldo Morace Pinelli.

  ARNALDO MORACE PINELLI, Ordinario di diritto privato presso l'Università degli studi di Roma «Tor Vergata». Presidente, innanzitutto volevo ringraziare questa eccellentissima Commissione per l'invito e il suo presidente in particolare. Mi fa piacere parlare di questo tema, perché è un tema veramente delicato, soprattutto oggi. Ho l'impressione che, al di là dell'esame della proposta di legge, si debba cercare di vedere dove porti questa proposta di legge all'interno dell'ordinamento nello stato attuale.
  Sono assolutamente favorevole all'introduzione di una legge sugli accordi prematrimoniali Pag. 6 e direi che la dottrina prevalente è sempre stata di questo avviso. I principali argomenti giuridici di contrarietà sono sempre stati ritenuti superabili.
  Si diceva che l'articolo 160 del codice civile postula che i diritti e i doveri del matrimonio inderogabili. Questi patti, però, sono destinati a operare in un momento successivo, quando il matrimonio non esiste più..
  Si diceva che questi patti condizionano il futuro status del divorzio, ma, in realtà, disciplinano gli effetti patrimoniali del divorzio. È chiaro che un patto che dicesse che non si può divorziare oppure che si può divorziare sotto determinate condizioni sarebbe palesemente nullo, ma qui parliamo della regolamentazione degli effetti patrimoniali del divorzio.
  Si diceva ancora che si limita il futuro diritto di difesa perché si deve subire il divorzio, ma il divorzio è diventato ormai – siamo tutti d'accordo – un diritto potestativo. L'opposizione al divorzio, dopo le novelle della legge del 1970, è totalmente irrilevante. Quindi, anche questo argomento era debole.
  L'argomento più delicato, invece, era quello per cui l'accordo prematrimoniale limiterebbe la tutela del coniuge debole, perché si potrebbe prevedere un accordo prematrimoniale – e questa legge lo prevede – che escluda il diritto al mantenimento e i diritti successori. In quel caso si diceva che si tratta di diritti indisponibili.
  Che cosa rispondeva sostanzialmente la dottrina a questo argomento? Diceva che l'accordo prematrimoniale vale, ma che non può ledere il diritto indisponibile. Ci penserà il giudice non a dichiarare nullo l'eventuale accordo prematrimoniale che leda questo diritto al mantenimento, ma a dichiararlo in parte qua inefficace.
  Quindi, nella posizione della dottrina c'era un equilibrato posizionamento per cui questo problema dell'indisponibilità dei diritti in gioco veniva superato attraverso questa interpretazione.
  Devo dire che ho visto che la nullità dei patti prematrimoniali, per tutti questi motivi, è stata ribadita anche in una recente sentenza della Corte di Cassazione del febbraio 2017, ma mi ha fatto piacere sentire il consigliere Dogliotti. La prospettiva della Cassazione mi pare tesa a un superamento. La settimana scorsa ero a un convegno con il consigliere Lamorgese e anche lui mi sembrava andare in questa direzione.
  Credo che i problemi teorici che dicevano «no» ai patti prematrimoniali siano obiettivamente superabili, ma voglio dire qualche cosa di più, che per me oggi è la cosa più importante da dire. Io credo che oggi i patti prematrimoniali siano necessari. Perché? Perché la Corte di cassazione è recentemente intervenuta sulla questione dell'assegno divorzile. Mi riferisco alla famosa sentenza Lamorgese n. 11504 del 2017, che il 22 giugno ha trovato nei princìpi una conferma in una sentenza a relatore il consigliere Genovese.
  Discostandosi dalla famosa pronuncia delle Sezioni unite del 1990, la sentenza ha affermato che l'assegno divorzile non si parametra più sul tenore di vita matrimoniale e che, pur avendo natura assistenziale, quello che rileva è la mancanza di mezzi adeguati e l'impossibilità oggettiva di procurarseli. Pertanto, l'assegno non si determina più con riguardo a un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, ma con esclusivo riferimento all'indipendenza o all'autosufficienza economica del richiedente.
  Che cosa significa questo, se abbiamo ben inteso l'interpretazione di questo orientamento? Alcuni giudici di merito hanno già detto – penso all'ordinanza del giudice Buffone del tribunale di Milano, che è andata su tutti i giornali – che questa adeguatezza non sono gli alimenti, ma poco di più. Si è fatto riferimento, come parametro oggettivo, ai redditi che consentono di avere il gratuito patrocinio. Stiamo parlando di 1.000 euro al mese, forse 1.500. È quello di cui si sta discutendo.
  Se il coniuge debole non lo «tutela» più lo Stato, con il parametro del tenore di vita matrimoniale, che egli preventivamente si possa tutelare attraverso l'accordo prematrimoniale credo diventi un discorso fondamentale. Per me l'opportunità della legge è veramente, in questo momento, decisiva e questo progetto, da questo punto di vista, Pag. 7deve essere accolto in modo assolutamente favorevole.
  Tuttavia, ritengo che si debba fare un passo ulteriore per capire a quali princìpi si ispiri questo progetto. Queste sentenze della Cassazione hanno alla base una determinata visione del matrimonio. Nella motivazione, redatta veramente con grande cura e attenzione dal consigliere Lamorgese, questo problema viene esposto chiaramente. Si dice sostanzialmente che, al momento del divorzio, il matrimonio si estingue, cessano i doveri matrimoniali, compresa l'assistenza morale e materiale, e si scioglie la comunione dei beni. In verità, tutto questo credo accada già nella separazione, perché l'articolo 191 oggi si applica già al momento della separazione e l'obbligo di mantenimento non è l'obbligo di contribuzione. Comunque, il matrimonio finisce.
  Questo ha alla base una determinata idea del matrimonio come atto di libertà e di autoresponsabilità, ossia il matrimonio inteso come luogo degli affetti. Quando gli affetti finiscono, finisce anche la comunione di vita, è dissolubile, tutto cessa e soprattutto si dice che non c'è quella solidarietà post-coniugale che giustificava l'assegno divorzile rapportato al tenore di vita matrimoniale.
  La professoressa Giacobbe, una volta in cui parlavamo, mi ha detto che, se il matrimonio è dissolubile, non può tornare indissolubile dal punto di vista economico perché finisce, ma si continua a dare questo elevato assegno divorzile. Io credo, però, che si debba tenere presente la distinzione tra due piani, tra la libertà e la responsabilità.
  Non c'è dubbio che oggi il matrimonio sia un matrimonio dissolubile. Il diritto di far cessare il matrimonio è un diritto potestativo, che viene tutelato ai sensi dell'articolo 2 della Costituzione. La tutela della libertà non elide, però, la responsabilità che il matrimonio genera.Il matrimonio è stato celebrato, ha creato un affidamento, sono stati assunti dei doveri, che proprio la Cassazione ha sancito, chiarendo un punto vitale, essere doveri giuridici e non doveri morali, che generano, se sono lesi, responsabilità – dice la Cassazione – extracontrattuale, o forse «contrattuale», ma comunque generano responsabilità.
  La responsabilità determina, per esempio, che durante la separazione, quando i doveri matrimoniali sono sospesi (rectius, cessati), può essere liquidato in favore del coniuge debole un assegno di mantenimento che non si dubita (e neppure il recente reviremant della Corte di Cassazione in tema di assegno divorzile ha posto in dubbio) debba essere parametrato al tenore di vita matrimoniale.
  Questa responsabilità, dopo il divorzio, si declina in chiave di solidarietà post-coniugale e giustificava il parametro del mantenimento del tenore di vita matrimoniale. Leggo una paginetta, proprio poche righe, del professor Bianca: «Il matrimonio è una realtà che, pur dopo il suo scioglimento, rende doverosa l'assistenza economica tra coloro che di tale realtà sono stati parte. Questo dovere di assistenza non è il risultato di un'occasionale scelta legislativa, ma risponde a un'esigenza sociale di tutela del coniuge debole. Il dovere di aiutare economicamente l'ex coniuge è precisamente un dovere giuridico, fondato su quella solidarietà che, alla stregua della coscienza sociale, permane tra gli ex coniugi e che si qualifica come solidarietà post-coniugale».
  La novella del divorzio del 1987 era tutta incentrata su questi princìpi. Le Sezioni unite della Cassazione del 1990 interpretavano l'assegno divorzile come mantenimento del tenore di vita matrimoniale proprio in questa prospettiva. Veniva riconosciuta la pensione all'ex coniuge. Come si spiega una pensione di reversibilità, se non in quest'ottica? Veniva riconosciuta una parte del TFR, all'articolo 12-bis. Questa era la chiave.
  Ora la chiave, dopo questi recenti arresti, diventa diversa. Questa solidarietà post-coniugale sembra non esistere più e tutto si riduce a questo assegno, determinato secondo i parametri estremamente restrittivi che ho indicato. Tutto questo solleva enormi problemi.
  A me sembra che questo progetto di legge si collochi in questa prospettiva. Perché? Perché dice alcune cose. Innanzitutto Pag. 8dice che il coniuge può rinunciare al mantenimento. Poi sostanzialmente dice che può anche rinunciare ai diritti successori. Ha ragione il consigliere Dogliotti, col suo consueto acume, ad affermare che certo qui parliamo di una deroga all'articolo 458 del codice civile e che forse tutto questo andrebbe specificato meglio a livello sistematico, ma il principio qui c'è scritto.
  Stiamo prevedendo la possibilità di espungere completamente la tutela del coniuge debole preventivamente, ma vi è di più. La cosa che di questo progetto mi allarma è che il giudice prende atto di tutto questo e non ha potere di intervento.
  Nel 2003 ho scritto una monografia su questi temi. Quando dicevamo «sì» agli accordi prematrimoniali, dicevamo però anche che il giudice, se sono lesi i diritti indisponibili, interviene dichiarandoli inefficaci. Qui, invece, sia l'articolo 1, con riferimento al comma 4 dell'articolo 156, sia gli articoli 3 e 4 dicono che il giudice dispone in conformità agli accordi prematrimoniali. In mancanza di contrario accordo prematrimoniale, può effettuare tutti gli interventi a tutela del coniuge debole e dei figli che può compiere.
  Stiamo avallando questa idea del matrimonio non voglio dire come non serio, ma certamente come caratterizzato da un'enorme instabilità e dalla possibilità della sua cessazione senza responsabilità.
  I sociologi, la professoressa Malagoli Togliatti a un recente convegno, la professoressa Ardone, si sono chiesti che cosa stiamo creando in questo modo: matrimoni che così finiscono senza tutela? Stiamo avallando un'idea di un matrimonio di un determinato tipo e di questo credo che si debba essere consapevoli.
  Andando sulla specificità di questo progetto, faccio qualche notazione. Condivido molto quello che ha detto il consigliere Dogliotti. Non si fa cenno all'invalidità del matrimonio nel comma 1 dell'articolo 2. Bisognerebbe prevedere anche questa ipotesi. Non ci sono solo il divorzio e la separazione, ma c'è anche la possibilità dell'invalidità. Forse questo punto andrebbe integrato.
  Con riguardo ai figli, qui si dice sostanzialmente che l'accordo prematrimoniale può anche riguardare i figli minori. Ma riguardare che cosa? I provvedimenti economici, l'affidamento, le modalità di affidamento? Il giudice sulle modalità di affidamento non interviene? Qui è l'interesse dei figli che deve essere tutelato, non quello dei coniugi.
  Devo dire che il testo su questo punto mi sembra leggermente ambiguo, perché, quando parla delle norme sulla separazione, richiama solo l'articolo 156. Quando dice che «il giudice deve prendere atto dell'accordo prematrimoniale senza possibilità di intervento», mi pare che questo dovrebbe riguardare anche i figli. Tuttavia, quando il riferimento è fatto alla legge sul divorzio, introduce un articolo 6-bis, che viene quindi dopo l'articolo 6 sui figli nel divorzio. Viene il dubbio che forse sui figli al momento della separazione qualche cosa si possa dire. Comunque, non si richiamano gli articoli 337-bis e seguenti. Su questo io ho qualche dubbio.
  Si dice poi che c'è l'intervento del procuratore della Repubblica, ma questi sono accordi prematrimoniali. Questi, in teoria, si fanno prima di sposarsi, quando i figli non ci sono nemmeno. Che cosa controlla il procuratore della Repubblica? Questa domanda me la sono fatta e mi sembra una domanda importante.
  Al comma 3 mi sembra troppo limitato l'oggetto. Si parla di «una somma di denaro periodica o una somma di denaro una tantum ovvero un diritto reale su uno o più immobili». Perché limitare al denaro? Non potrebbero esserci, per esempio, titoli di credito nell'oggetto di un accordo prematrimoniale? E perché solo diritti reali su immobili? Non potrebbero esserci diritti di godimento su immobili? Penso a un comodato. Io qui amplierei veramente molto.
  Condivido con il consigliere Dogliotti che si debba coordinare la proposta con la legge sulle unioni civili. Questo mi sembra un discorso sicuramente da fare.
  Chiudo questo mio breve intervento con una considerazione finale. Vorrei che ci fosse la consapevolezza di dove stiamo andando. Per me questo progetto di legge, Pag. 9indipendentemente dall'assoluta necessità di introdurre i patti prematrimoniali e dalla condivisione di tanti punti, si inserisce in una determinata visione del matrimonio, caratterizzata da una sua marcata instabilità, con la perdita di vista del profilo solidaristico, ossia di tutela del coniuge debole, che invece, a mio avviso, è un valore del nostro ordinamento, attualmente tutelato da un apparto di norme.
  Non vorrei che si finisse per avallare una sorta – uso un'espressione un po’ forte per dare l'idea di quello che voglio dire – di matrimonio usa e getta, un matrimonio che si decide e poi, per tutelare la libertà e l'autodeterminazione dei coniugi, finisce sostanzialmente senza responsabilità.

  PRESIDENTE. Grazie di questi ulteriori spunti. Sappiamo che il tema è delicato. Infatti, stiamo andando con la dovuta cautela.
  Per il Consiglio nazionale del notariato prende la parola il notaio Enrico Sironi, consigliere nazionale con delega proprio al settore.

  ENRICO SIRONI, Consigliere nazionale del Consiglio nazionale del notariato con delega al settore propositivo. Grazie, presidente. Grazie dell'occasione di quest'audizione. Per ragioni di sintesi, ovviamente, parlerò solo delle cose che ritengo opportuno evidenziare.
  Nel documento che abbiamo depositato diamo atto al Parlamento di avere fatto, soprattutto in questi ultimi anni, ma comunque a partire dal 2006, ma in questa legislatura in particolare, una serie di interventi di adeguamento del nostro diritto di famiglia rispetto alla riforma del 1975 nel senso dell'adeguamento all'evoluzione sociale della famiglia nel nostro Paese, da ultimo con alcuni interventi, in particolare con il decreto-legge n. 132 del 2014, nel senso del pieno riconoscimento dell'autonomia negoziale nell'ambito dei rapporti familiari.
  Alla luce di questo, è evidente che la valutazione che, come notariato, diamo della proposta di disciplinare positivamente gli accordi prematrimoniali sia una valutazione certamente positiva. È certamente condivisa e coerente con l'impianto normativo del nostro ordinamento la scelta della collocazione sistematica dell'istituto nell'ambito delle convenzioni matrimoniali con l'introduzione dell'articolo 162-bis del codice civile, che è l'elemento portante di questa proposta di legge.
  In quest'ottica, troviamo assolutamente coerente la previsione che la forma dei patti prematrimoniali sia la stessa prevista dal codice civile per le convenzioni matrimoniali, l'atto pubblico che, come sappiamo, la legge notarile rafforza dal punto di vista formale, prevedendo l'intervento necessario di due testimoni. Si tratta di requisiti formali che, com'è noto, la dottrina ricollega alla necessità di richiamare l'attenzione delle parti sull'importanza dell'atto, di assicurare l'equilibrio dei coniugi e di garantire ponderazione e assistenza tecnica.
  In quest'ottica, confesso che, come Consiglio nazionale, troviamo, invece, sorprendente la previsione, in alternativa alla forma tipica delle convenzioni matrimoniali, della convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge n. 132 del 2014.
  La sorpresa non deriva solo dall'incoerenza rispetto alle ragioni formali di cui si è detto prima, ma, soprattutto, dal fatto che, com'è noto, la negoziazione assistita è un istituto di «degiurisdizionalizzazione», un istituto per risolvere le controversie tra le parti senza – usiamo questo termine un po’ volgare – ingolfare l'attività dei tribunali.
  Qual è la controversia tra due nubendi che stipulano un accordo prematrimoniale? La logica, la prassi, la constatazione della realtà dice che, quando due nubendi stanno per sposarsi, tutto hanno in mente tranne che un contenzioso tra di loro. Il decreto-legge n. 132 del 2014, com'è noto, prevede espressamente che «l'accordo di negoziazione deve precisare l'oggetto della controversia». Come si fa a coniugare con l'accordo prematrimoniale l'identificazione nell'atto dell'oggetto della controversia, quando c'è da presumere che manchi proprio il contenzioso e, quindi, che manchi il Pag. 10presupposto logico della negoziazione assistita?
  Questa è la ragione per la quale questa previsione, onestamente, sorprende. Riteniamo che, se la logica di questa proposta è quella di consentire che con l'intervento dell'avvocato professionista di parte vengano fatte più facilmente emergere le posizioni personali del singolo contraente del patto prematrimoniale, allora la soluzione potrebbe essere, al limite, quella di prevedere l'intervento, facoltativo od obbligatorio, dell'avvocato di parte in assistenza ai nubendi che sottoscrivono l'accordo prematrimoniale. Ci sembra che questa previsione sia del tutto asistematica sia rispetto al sistema generale, sia rispetto allo stesso istituto della negoziazione assistita.
  Dal punto di vista del contenuto dell'accordo prematrimoniale, condivido l'osservazione fatta prima dal professore secondo cui il nuovo orientamento della Cassazione in tema di assegno divorzile rende ulteriormente importante la disciplina positiva dell'accordo prematrimoniale. Proprio nell'accordo prematrimoniale possiamo trovare positiva risposta all'esigenza di tutela del coniuge debole, che con questo strumento negoziale, prima di contrarre matrimonio, può trovare soddisfazione rispetto alle preoccupazioni relative all'eventuale esito infausto del rapporto prematrimoniale.
  Probabilmente, si può anche immaginare di arricchire il contenuto dell'accordo, per esempio, collocando nell'accordo prematrimoniale la scelta della residenza familiare oppure la definizione di criteri per il reciproco obbligo di assistenza morale e materiale nell'ambito del matrimonio che si va a contrarre.
  Un'ulteriore possibilità ci viene dalla considerazione, che, com'è noto, la Camera dei deputati ha già approvato in prima lettura un provvedimento, che è adesso all'esame del Senato, sull'attribuzione del cognome ai figli nascituri. Perché non prevedere, sulla scorta, per esempio, dell'esperienza greca, che nell'ambito del patto prematrimoniale si possa inserire la scelta del cognome dei figli nascituri? Potrebbe essere un elemento per, da un lato, risolvere una questione e, dall'altro, allargare il contenuto di questi accordi.
  Con riguardo al tempo dell'accordo, riteniamo che la previsione che figura nella proposta di legge di consentire la stipula del patto prematrimoniale anche durante il matrimonio e fino al momento della presentazione dell'eventuale domanda di separazione sia coerente con la natura delle convenzioni matrimoniali, ma che sia forse opportuno evitare strumentalizzazioni.
  Immaginiamo l'ipotesi in cui un coniuge stia maturando in sé la scelta della separazione e, senza renderne partecipe il partner, proponga la stipula di un accordo prematrimoniale, per poi, poche settimane dopo la firma dell'accordo, presentarsi davanti al giudice con questa bella sorpresa della separazione. Forse si potrebbe valutare di introdurre un termine prima del decorso del quale l'accordo stipulato durante il matrimonio non abbia effetti nell'eventuale separazione, così da evitare un ricorso strumentale a questo istituto.
  D'altra parte, ormai, come si è ricordato, con la riforma del 2014, la definizione negoziale dei rapporti tra i coniugi in sede di separazione trova una perfetta collocazione nell'istituto della negoziazione assistita. Quindi, potremmo in questo modo trovare questa differente modulazione dei due istituti.
  Dal punto di vista delle vicende della famiglia, è evidente che il patto prematrimoniale, avendo natura contrattuale, ponga il problema della mutazione delle condizioni patrimoniali dei coniugi, problema che nel diritto comune – diciamo così – è risolto con l'istituto dell'eccessiva onerosità sopravvenuta.
  La domanda, però, è la seguente: l'accordo prematrimoniale è un contratto a prestazioni corrispettive, per cui l'eccessiva onerosità sopravvenuta deve dare luogo alla risoluzione, oppure è un contratto con obbligazioni a carico di una sola delle parti, per cui c'è un adeguamento?
  A noi non interessa evidentemente la definizione dogmatica, ma suggeriamo di prevedere positivamente nella proposta di legge quale sia la conseguenza dell'onerosità sopravvenuta. Ci sembra più coerente Pag. 11prevedere l'adeguamento, la riduzione a equità, forse in linea anche con quanto suggeriva il professore prima, anche se con un ragionamento molto più ampio di quello che sto facendo io.
  Sempre dal punto di vista della natura del contratto, l'eventuale attribuzione patrimoniale viene fatta anche contestualmente, perché la proposta prevede che si possa, nell'ambito dell'accordo, fare un trasferimento immediato o convenire un trasferimento che si verifichi nel momento dell'eventuale separazione o divorzio.
  L'eventuale trasferimento immediato ha natura di liberalità, ragion per cui si apre il campo di tutte le questioni relative alla risoluzione per la sopravvenienza dei figli, all'azione di riduzione e a quant'altro conosciamo? Anche qui forse vale la pena di specificare – trattandosi di un negozio che non so se abbia carattere di liberalità o carattere corrispettivo, ma che probabilmente è il famoso atto con causa familiare – quali norme dell'istituto della donazione non si applichino a questo caso. Io escluderei sicuramente l'azione di riduzione, mentre vale la pena forse di richiamare il primo comma dell'articolo 785 del codice civile, quello che determina la risoluzione delle donazioni obnuziali in caso di mancata conclusione del matrimonio. Qualche ragionamento su questo piano suggeriamo di farlo.
  Quanto alla deroga al divieto dei patti successori, sulla quale ci hanno intrattenuto opportunamente e in maniera esaustiva sia il consigliere, sia il professore, il notariato ritiene, non da oggi, che sia giunto il momento di superare il divieto dei patti successori. Riteniamo che, così come con l'istituto del patto di famiglia si è istituita una prima deroga, in attesa di una riforma complessiva, sia positiva una riforma limitata a questo specifico campo.
  Suggeriamo, però, di precisare meglio la deroga al divieto dei patti successori. Dal nostro punto di vista, si potrebbero prevedere tre opzioni: la riduzione della quota di riserva del coniuge; la deroga al principio del diritto a una parte in natura del patrimonio ereditario, trasformando il diritto di legittima del coniuge in un diritto di credito, secondo l'esperienza tedesca, per esempio; il consenso alla rinuncia preventiva all'azione di riduzione rispetto a singoli determinati beni, sia qualora siano già stati oggetto di donazione, sia nel caso in cui la donazione non sia ancora avvenuta.
  Prendiamo l'esempio del secondo o successivo matrimonio. Spesso capita che ci sia un conflitto tra il nuovo coniuge e i figli del precedente matrimonio. Perché non dire, per esempio, che è possibile nel patto prematrimoniale che il nuovo coniuge escluda da ogni pretesa, per esempio, la casa di Roma a cui i figli di primo letto del futuro partner sono particolarmente affezionati, sgombrando così il campo da un possibile conflitto nell'ambito della famiglia?
  Queste, secondo noi, sono le questioni. Sulle clausole relative ai figli, sottoscrivo quanto detto dal professore in ordine alla difficoltà per il procuratore della Repubblica di effettuare una valutazione di quali siano gli interessi. Noi riteniamo che le questioni relative ai figli possano essere più opportunamente valutate in sede di separazione, anche perché, come si diceva, quando ci si sposa, esiste il caso in cui i figli ci siano già, ma statisticamente è molto più frequente il caso in cui i figli non ci siano e magari non ci saranno nemmeno.
  Al limite, si potrebbe prevedere – c'è già un frammento normativo nella proposta di legge al vostro esame al settimo comma del nuovo articolo 162-bis: «stabilire un criterio di adeguamento automatico del valore delle attribuzioni patrimoniali» – che l'eventuale sopravvenienza di uno o più figli possa agire in maniera predeterminata nel senso della riduzione delle attribuzioni patrimoniali convenute nell'accordo per il caso della separazione. Pertanto, un coniuge si impegna, in caso di separazione, a riconoscere all'altro l'X per cento del suo patrimonio. Se c'è un figlio, la quota si riduce dell'Y per cento e via di questo passo.
  Questa potrebbe essere una soluzione che tenga in considerazione l'esigenza di salvare l'accordo tra i coniugi nel caso della sopravvenienza dei figli, senza pregiudicare le ragioni che il professore ha ricordato più che bene prima. Pag. 12
  Sostanzialmente, avrei finito. È evidente che sia più che opportuna la previsione fiscale, che figura nella proposta di legge, di estendere a questi patti il trattamento fiscale della separazione e del divorzio e dei trasferimenti in ambito di separazione e di divorzio.

  PRESIDENTE. Grazie, notaio.
  Do la parola all'avvocata Maria Masi, consigliere nazionale del Consiglio nazionale forense.

  MARIA MASI, Consigliere nazionale del Consiglio nazionale forense. Grazie presidente anche per questa ulteriore occasione di confronto su un tema tanto delicato. Anche il Consiglio nazionale forense sulla proposta di legge esprime apprezzamento in linea generale, anche perché considera la proposta coerente con orientamenti del sistema e, quindi, dell'ordinamento verso una sempre più ampia autonomia delle relazioni e dei rapporti privati, con riferimento anche alla disponibilità o indisponibilità affievolita proprio dei diritti delle persone e delle relazioni.
  Detto questo, comincio dalle prime osservazioni che ha formulato il Consiglio nazionale del notariato sulla natura dell'atto. A differenza della posizione legittima espressa dal Consiglio nazionale del notariato, noi riteniamo, invece, che l'atto non sia necessariamente vincolato alla forma pubblica. Abbiamo manifestato apprezzamento per la possibilità che l'avvocato, così come in tema di negoziazione assistita, possa utilizzare questo strumento.
  Con riguardo alle finalità, anche con riferimento all'accordo prematrimoniale, che abbiamo valutato e anche studiato abbastanza bene, è evidente che la matrice non possa essere paragonata all'istituto anglosassone, ossia alle convenzioni quando si parla di accordi prematrimoniali. Le finalità devono essere effettivamente quelle delineate, ossia accordi finalizzati a prevenire piuttosto che a intervenire successivamente sull'emergenza. Il riferimento è comunque sempre l'ipotesi, sebbene in via astratta, del conflitto. Ecco perché, a maggior ragione, riteniamo che lo strumento possa e debba, anzi, essere assolutamente non solo realizzato, ma anche convalidato dall'avvocato.
  Nel merito, invece, delle questioni, devo convenire che molte delle perplessità manifestate dal consigliere Dogliotti, dal professore e anche dal Consiglio nazionale trovano assolutamente adesione da parte nostra. Parto dalla fine, ossia dalla questione con riferimento ai figli.
  È opportuno che qualsiasi proposta di legge, in particolare, inevitabilmente, quella sugli accordi patrimoniali, si inserisca in un contesto molto ampio. Il riferimento del consigliere Dogliotti alla legge n. 56 del 2016, ossia alle unioni civili e al necessario adeguamento, è evidente quanto a opportunità, perché quello ormai rappresenta un diaframma nella riforma proprio del diritto di famiglia nell'accezione ampia. È evidente, quindi, che, perché il testo di legge possa essere attuale, debba necessariamente confrontarsi con quel tema. Tutto quello che adesso è in itinere deve essere riferito a questo, proprio perché è necessario l'equilibrio dell'intero sistema.
  Con riferimento ai figli, le censure sollevate sono legittime, sia con riferimento all'impossibilità di potersi esprimere da parte del procuratore, perché non ha elementi per poterlo fare, sia perché tutte le altre disposizioni, anche per effetto delle sollecitazioni che arrivano dalla Corte europea, intravedono nel figlio, quindi nel minore, nell'ambito delle relazioni familiari, un soggetto autonomo, che ha diritto di essere ascoltato, di essere tutelato e di essere anche assistito tecnicamente. Nella riforma di cui ci occupiamo in questi giorni si parla anche della funzione dell'assistenza tecnica. Risulterebbe strano prevedere qualcosa, anche se in positivo, a favore di soggetti che, allo stato, non esistono e che, di conseguenza, non possono essere neppure in via astratta tutelati.
  L'altra preoccupazione che l'avvocatura manifesta riguarda la possibilità che possa essere derogato il divieto dei patti. O meglio, il riferimento, più che alla deroga ai patti successori, è alla tutela dei diritti di successione. Sulla possibilità che questo sistema possa essere così scardinato senza attrezzarsi contestualmente con riferimento Pag. 13ai princìpi di responsabilità, che condivido appieno e che sottendono un po’ anche a tutte le altre norme, nonché – aggiungerei – ai princìpi di solidarietà, da cui non si può prescindere in un contesto di relazioni familiari, abbiamo espresso maggiore preoccupazione.
  Riteniamo che sia opportuna una maggiore indicazione sia rispetto ai profili di invalidità, perché non sono presenti, sia con riferimento alla necessità di adeguare. Poiché si parla di accordi che possono essere stipulati anche in costanza e, quindi, in prospettiva e anche nell'immediatezza, condivido la possibilità o l'opportunità di apporre un termine, perché la tutela di un soggetto debole, anche se in via astratta, deve essere salvaguardata.
  Tuttavia, andrebbe fatto in riferimento alle condizioni, perché nel contesto in cui si va a operare, che dovrebbe essere quello precedente a un rapporto di convivenza o di altro tipo, rispetto al momento patologico, cioè a quando questo viene meno, è possibile che intervengano molti fattori che possono scardinare ciò che sembrava opportuno, equo e perequativo prima.
  Occorre anche il richiamo alle clausole e alle condizioni, proprio perché diventa difficile stabilire a priori la natura. Come si stabilisce? Si potrebbe prevedere, invece, una clausola di adeguamento. Il nostro Ufficio studi si è interessato di verificare se nel contesto della contrattualistica europea esista uno strumento.
  Esiste – il termine mi sfugge, ma nel documento saremo più precisi – uno strumento che prevede anche la possibilità di valutare. È come se fosse una clausola automatica. Nel momento in cui sopravviene un elemento nuovo, che chiaramente non squilibri e, quindi, elimini quello che poteva essere l'effetto perequativo dell'accordo, esso può essere sanato e realizzato o all'interno delle stesse parti, nel regime di piena autonomia, con la figura professionale di riferimento, o addirittura nella contrattualistica europea si fa riferimento a un terzo, che possa essere un mediatore familiare o altra natura.
  Anche questo a noi, come avvocatura, non è dispiaciuto, sempre nell'ottica che un progetto di legge, in un'accezione ampia come quella del diritto delle relazioni, debba avere l'elasticità e l'adeguamento anche con riferimento ad altri istituti. Il richiamo anche rispetto ad altri progetti di legge a figure terze che possano intervenire per risolvere, anche solo ipoteticamente, un conflitto è una scommessa su cui abbiamo deciso di investire. In questo senso la valutiamo assolutamente positiva.
  Nel documento abbiamo condiviso i princìpi. Il documento li ha soltanto accennati. Poi l'Ufficio studi, come è nostra prassi, in genere li trasforma in maniera più tecnica con riferimenti. Se abbiamo la possibilità di farlo entro qualche giorno, ve li invieremo.

  PRESIDENTE. Senz'altro. C'è la possibilità anche di avere il resoconto della nostra indagine conoscitiva e, quindi, sia da parte della Commissione di acquisire i vostri documenti, sia da parte vostra di effettuare correzioni o piccole integrazioni al resoconto stenografico dell'audizione che è stata svolta.
  Si tratta di una materia di riflessione abbastanza importante, anche sulla configurazione del matrimonio. Penso che questa riflessione la dobbiamo fare alla luce anche di queste audizioni e della proposta di legge.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ALESSIA MORANI. Pongo una domanda brevissima, come relatrice. Intanto, voglio ringraziare tutti i presenti per la qualità degli interventi, che ho apprezzato da tanti punti di vista. Trovo che le osservazioni che avete fatto siano assolutamente da prendere in considerazione, poiché questa è una proposta di legge che vuole essere migliorata e gli spunti che ci avete fornito sono certamente molto interessanti, sia per quello che riguarda l'adattamento alla legge sulle unioni civili, sia per quello che riguarda il regime delle invalidità, che effettivamente non è ben specificato.
  Volevo fare alcune puntualizzazioni. Riguardo alla questione dei figli, si tratta di Pag. 14figli esistenti, non di nascituri. L'intervento del procuratore della Repubblica, mutuato anche da un'altra legge che già abbiamo approvato in cui è previsto appunto il suo intervento, presuppone che i figli siano esistenti e non figli che dovranno poi nascere. Credo che questa sia una precisazione assolutamente utile.
  Sui patti successori dovremmo aprire un capitolo a parte, perché con me sfondate assolutamente una porta aperta sulla necessità di rivedere quel tipo di disciplina, ma forse non è questa la sede. Forse varrebbe la pena di aprire un dibattito proprio specifico su quell'argomento, come varrebbe la pena di aprire un dibattito sui princìpi che stanno alla base del matrimonio, ossia i princìpi di libertà, responsabilità e solidarietà.
  Questa proposta di legge nasce, sostanzialmente, come una fotografia dell'esistente, per come si sono evoluti i rapporti familiari e per quello che sta succedendo in ambito sociale. Non intende assolutamente essere un provvedimento che vuole espungere la tutela del coniuge debole. Forse varrebbe la pena, nell'ambito anche di questo dibattito, di rivedere la differenza, che probabilmente non si è mai considerata alla luce anche delle nuove famiglie, tra il diritto al mantenimento e quello all'assegno alimentare.
  Sull'assegno alimentare, quindi sull'indigenza e sullo stato di bisogno del coniuge, forse sarebbe opportuno fare un ragionamento, così come sul diritto al mantenimento, su cui la Cassazione, con la sentenza che ha creato tanto dibattito pubblico, ha aperto un dibattito, legittimo, sul tenore di vita o sull'indipendenza economica del coniuge.
  Su quello che è oggi il matrimonio, sulla fragilità degli affetti, sull'instabilità delle famiglie e sul fatto che, comunque, preso atto di questa instabilità e di questa fragilità, abbiamo dotato il sistema giuridico anche di strumenti più veloci e più efficaci per la separazione e per il matrimonio, su tutto questo, forse, varrebbe la pena di fare un approfondimento, anche se ciascuno di noi certamente avrà un'idea diversa rispetto a quello che deve essere o non deve essere oggi il matrimonio.
  Per quello che mi riguarda, essendo un avvocato e avendo svolto soprattutto in questa materia la mia professione, questo non vuole certamente essere una proposta di legge che va a penalizzare la parte debole della coppia. Questa è certamente una volontà che non c'è. Vuole, invece, portare nel nostro ordinamento giuridico un istituto che oggi manca, che è necessario – è stato detto da tutti – e che, però, forse nell'ambito di questa discussione così utile che stiamo facendo, può essere modificato e adeguato a quelle che sono state le osservazioni di oggi.
  Voglio davvero ringraziarvi per la qualità di questa discussione.

  PRESIDENTE. Se qualcuno di voi vuole intervenire, può farlo, ma penso che, al limite, ci ritorneremo più avanti. Vi ringrazio anche a nome della Commissione per i contributi e per gli spunti di riflessione e di approfondimento che ci avete offerto.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.15.