XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Mercoledì 12 marzo 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DELLA PROPOSTA DI LEGGE C. 1063  BONAFEDE, RECANTE DISPOSIZIONI CONCERNENTI LA DETERMINAZIONE E IL RISARCIMENTO DEL DANNO NON PATRIMONIALE

Audizione di Giacomo Travaglino, consigliere della Corte suprema di Cassazione.
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Travaglino Giacomo , Consigliere della Corte suprema di Cassazione ... 3 
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Travaglino Giacomo , Consigliere della Corte suprema di Cassazione ... 3 
Ferranti Donatella , Presidente ... 8 
Bonafede Alfonso (M5S)  ... 8 
Travaglino Giacomo , Consigliere della Corte suprema di Cassazione ... 8 
Bonafede Alfonso (M5S)  ... 8 
Travaglino Giacomo , Consigliere della Corte suprema di Cassazione ... 8 
Bonafede Alfonso (M5S)  ... 9 
Travaglino Giacomo , Consigliere della Corte suprema di Cassazione ... 9 
Bonafede Alfonso (M5S)  ... 9 
Travaglino Giacomo , Consigliere della Corte suprema di Cassazione ... 10 
Bonafede Alfonso (M5S)  ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Travaglino Giacomo , Consigliere della Corte suprema di Cassazione ... 11 
Bonafede Alfonso (M5S)  ... 11 
Marotta Antonio (FI-PdL)  ... 11 
Travaglino Giacomo , Consigliere della Corte suprema di Cassazione ... 11 
Bonafede Alfonso (M5S)  ... 14 
Travaglino Giacomo , Consigliere della Corte suprema di Cassazione ... 14 
Attaguile Angelo (LNA)  ... 15 
Travaglino Giacomo , Consigliere della Corte suprema di Cassazione ... 15 
Attaguile Angelo (LNA)  ... 15 
Travaglino Giacomo , Consigliere della Corte suprema di Cassazione ... 15 
Attaguile Angelo (LNA)  ... 15 
Travaglino Giacomo , Consigliere della Corte suprema di Cassazione ... 15 
Attaguile Angelo (LNA)  ... 15 
Travaglino Giacomo , Consigliere della Corte suprema di Cassazione ... 15 
Vazio Franco (PD)  ... 16 
Travaglino Giacomo , Consigliere della Corte suprema di Cassazione ... 16 
Vazio Franco (PD)  ... 17 
Travaglino Giacomo , Consigliere della Corte suprema di Cassazione ... 17 
Vazio Franco (PD)  ... 18 
Travaglino Giacomo , Consigliere della Corte suprema di Cassazione ... 18 
Ferranti Donatella , Presidente ... 18 
Travaglino Giacomo , Consigliere della Corte suprema di Cassazione ... 18 
Ferranti Donatella , Presidente ... 18 
Travaglino Giacomo , Consigliere della Corte suprema di Cassazione ... 19 
Ferranti Donatella , Presidente ... 19 
Travaglino Giacomo , Consigliere della Corte suprema di Cassazione ... 19 
Vazio Franco (PD)  ... 19 
Travaglino Giacomo , Consigliere della Corte suprema di Cassazione ... 19 
Ferranti Donatella , Presidente ... 19 
Travaglino Giacomo , Consigliere della Corte suprema di Cassazione ... 19 
Bonafede Alfonso (M5S)  ... 19 
Travaglino Giacomo , Consigliere della Corte suprema di Cassazione ... 19 
Vazio Franco (PD)  ... 19 
Travaglino Giacomo , Consigliere della Corte suprema di Cassazione ... 19 
Colletti Andrea (M5S)  ... 20 
Travaglino Giacomo , Consigliere della Corte suprema di Cassazione ... 20 
Lenzi Donata (PD)  ... 20 
Travaglino Giacomo , Consigliere della Corte suprema di Cassazione ... 21 
Lenzi Donata (PD)  ... 21 
Travaglino Giacomo , Consigliere della Corte suprema di Cassazione ... 21 
Lenzi Donata (PD)  ... 21 
Travaglino Giacomo , Consigliere della Corte suprema di Cassazione ... 21 
Fossati Filippo (PD)  ... 21 
Travaglino Giacomo , Consigliere della Corte suprema di Cassazione ... 22 
Lenzi Donata (PD)  ... 22 
Travaglino Giacomo , Consigliere della Corte suprema di Cassazione ... 22 
Lenzi Donata (PD)  ... 22 
Travaglino Giacomo , Consigliere della Corte suprema di Cassazione ... 22 
Ferranti Donatella , Presidente ... 22

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 15.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di Giacomo Travaglino, consigliere della Corte suprema di Cassazione.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame della proposta di legge C. 1063 Bonafede, recante disposizioni concernenti la determinazione e il risarcimento del danno non patrimoniale, di Giacomo Travaglino, consigliere della Corte suprema di Cassazione.
  Ricordo che domani è prevista l'audizione del presidente del tribunale di Roma, Mario Bresciano, e del presidente del Consiglio nazionale forense, Guido Alpa.
  Do ora la parola al consigliere Travaglino, esperto in questa materia molto delicata. Desidero altresì informare i colleghi presenti che di questo ciclo di audizioni abbiamo avvertito anche i presidenti della VI Commissione finanze e della X Commissione attività produttive, commercio e turismo. Nel corso dell'esame del decreto-legge meglio noto come «Destinazione Italia» si discusse, infatti, della possibilità di introdurre nell'ambito di quel provvedimento, come parametri di risarcimento, anche le cosiddette tabelle Balduzzi; su tale punto specifico non si è poi proceduto ma ora dobbiamo cercare di portare avanti questa proposta di legge che concerne un tema assai complesso.

  GIACOMO TRAVAGLINO, Consigliere della Corte suprema di Cassazione. Rivolgo un saluto a tutti e mi presento: mi chiamo Giacomo Travaglino e lavoro presso la III sezione civile della Corte di Cassazione. Faccio una premessa e rappresento delle scuse: non mi è pervenuto il testo della proposta di legge C. 1063 Bonafede. Ho fornito un indirizzo e-mail un po’ particolare e, probabilmente, è stato recepito in modo sbagliato, quindi vi parlo senza conoscerne il testo. Immagino che questo già faccia pensare a qualcuno che forse dovrei andare via, in realtà sono qui soprattutto per un motivo.
  Di quanto tempo dispongo, presidente ?

  PRESIDENTE. Oggi non sono previsti lavori in Assemblea. Di solito, le audizioni durano circa 10-20 minuti, ma siamo qui per ascoltarla, chiarire taluni aspetti e, se ve ne sarà la possibilità, porre delle domande.

  GIACOMO TRAVAGLINO, Consigliere della Corte suprema di Cassazione. Ho a cuore soprattutto un aspetto, che ritengo essenziale ai fini di questo nostro incontro. Probabilmente saprete che anche in giurisprudenza e in sede di legittimità non c’è unanimità di vedute su quello che si definisce comunemente il danno non patrimoniale. Nel 2008, con le cosiddette quattro sentenze di San Martino dell'11 novembre, sembrava che si fossero posti dei paletti e creati criteri ormai definitivi. Così non è stato.Pag. 4
  A me sta a cuore riflettere con voi e chiedervi di riflettere su cosa realmente si intenda per danno alla persona e per danno non patrimoniale. Già dalla definizione, infatti, si capisce che esiste un'incompatibilità assoluta tra lo strumento normativo e l'oggetto che questo strumento si propone di realizzare.
  Noi definiamo il danno alla persona in negativo, non so se qualcuno ci ha mai riflettuto. Il danno positivo è il danno patrimoniale, il danno del codice civile del 1942. È intervenuta poi la Costituzione, ma abbiamo continuato a definire il danno alla persona come danno in negativo e c’è un motivo: non è possibile trovare un criterio di risarcimento di questo danno. Il danno non patrimoniale non è risarcibile. Il risarcimento del danno e la persona danneggiata non sono entità congruenti.
  Questo si capisce, come sempre, attraverso degli esempi probabilmente estremi; ma se immaginate non il danno da colpo di frusta, bensì quello da perdita del rapporto parentale, il grave danno alla persona, vi renderete allora conto che non esiste risarcimento che basti. Forse l'unica forma di risarcimento di questo danno è la vendetta. Se mai vi capitasse di passare per Bruxelles, al museo è esposto un arazzo – la vendetta di Traiano – che spiega tutto: una vedova si fa avanti e chiede all'imperatore di vendicarla perché un soldato le ha ucciso il figlio e l'imperatore taglia la testa al soldato.
  Poiché non possiamo immaginare questo tipo di risarcimento, siamo chiamati all'operazione peggiore, più vile possibile, dobbiamo cioè trasformare il dolore delle persone in denaro. Se siamo consapevoli di questo, ci renderemo anche conto dell'impossibilità di questo compito e della necessità di una soluzione. Per fare questo, bisogna tutti abbassare di molto i toni. Non esiste infatti materia più incandescente del danno non patrimoniale.
  Soprattutto a livello universitario, ogni scuola di pensiero è convinta di avere tra le mani la verità, che invece non ha nessuno. La premessa è dunque quella di quest'impossibilità a cui è chiamato il giurista, ma questo è purtroppo il mio mestiere, devo cioè trasformare le sofferenze in denaro. Cerchiamo di capire, allora, cosa sia il danno non patrimoniale.
  Lasciamo stare le degenerazioni legislative. Avrete, infatti, ormai tutti consapevolezza del fatto che la legge Balduzzi, dal punto di vista civilistico, è mal scritta e poco pensata, ma non per colpa di qualcuno. Serve infatti una storia per affrontare le questioni civilistiche del danno alla persona e probabilmente – dietro quella legge e dietro quelle penne – questa storia non c’è stata. Non è una critica, ma una constatazione. Non ha senso ragionare di danno alla persona in termini di critiche, si può solo riflettere e provare a capire dove si è sbagliato – non importa chi – e come correggere gli errori.
  La definizione legislativa e, prima ancora, giurisprudenziale di questo tipo di danno è quella del danno biologico. Tutti ricorderete che si risarcisce il danno biologico, definito come quella lesione che colpisce il corpo o la mente e che incide sugli aspetti dinamico-relazionali del soggetto.
  Da questa definizione e dalla biologizzazione del danno sono derivate, purtroppo, conseguenze e costruzioni che, a mio sommesso avviso, sono fuorvianti. Il danno biologico è una malattia psicofisica che derivi da lesione medicalmente accertabile. Si tratta di una definizione ormai più che legislativa; più di un provvedimento legislativo, ultimo quello relativo al codice sulle assicurazioni private, la definisce così. Dietro questa definizione, però, si annida un equivoco.
  In realtà, attraverso la definizione del danno biologico si è creduto di arrivare al traguardo di una categoria unitaria di danno e, quindi, ci si è preoccupati di risarcire questo danno biologico tabellandolo. Ora, mi sono chiesto e vi chiedo: siamo certi che il danno biologico sia realmente questa sorta di primo motore immobile di sistema ?
  Per rispondere a questa domanda, bisogna forse interrogarsi su tutto ciò che danno alla persona ma non alla salute è. In altri termini, la salute, che è la norma della Costituzione da cui deriva la definizione Pag. 5di danno biologico, è uno dei diritti costituzionalmente tutelati, ma non è dalla salute che si possono ricavare un sistema e una definizione di sistema, anzitutto perché la salute non è nemmeno un diritto inviolabile.
  Molto spesso, ci si dimentica di leggere non soltanto i trattati, i manuali o le sentenze – perché ciò è noioso o perché si è persa l'abitudine di leggere i testi scritti – ma perfino gli articoli della Costituzione. Le sentenze del 2008, nel definire il diritto leso suscettibile di risarcimento non patrimoniale come inviolabile, hanno dimenticato che la salute è stata definita dal costituente un diritto non inviolabile, bensì fondamentale. Non è la stessa cosa.
  Noi lavoriamo con le parole: può sembrare che la qualificazione di un diritto, di un valore, di un interesse in termini di inviolabile o fondamentale sia equivalente, ma non è così. Vi assicuro che nel 1948 quando usavano un termine, un'espressione o una punteggiatura, sapevano cosa facevano; se il costituente ha scritto che la salute è un diritto fondamentale, l'ha fatto a ragion veduta.
  Quanto alla fondamentalità della salute, si potrebbe aprire un discorso che non riguarda il risarcimento del danno alla persona ma il fine vita. Se volete, ci vediamo un'altra volta e ne discutiamo. Se la salute, infatti, è diritto fondamentale ma non inviolabile, forse qualcuno può violarlo e forse quel qualcuno è chi di quella salute è il portatore, ma questa è un'altra opinione del tutto personale.
  Se la salute è un diritto fondamentale ed è uno dei diritti costituzionalmente tutelati, chi questa sera non avesse sonno e avesse voglia di aprire la Costituzione, scoprirebbe che i diritti inviolabili sono quelli degli articoli 13, 14, 15 e 24, vale a dire quelli concernenti la libertà, la corrispondenza, il domicilio e il diritto di difesa.
  Nel 2003, molto opportunamente, sia la III sezione della Cassazione – non io, ovviamente – sia la Corte costituzionale con la sentenza n. 233 si erano ben guardate dal definire diritto inviolabile la situazione soggettiva da ledere affinché vi fosse un risarcimento non patrimoniale. Avevano, molto più opportunamente, indicato come interesse o valore costituzionalmente tutelato la soluzione del problema a monte del risarcimento del danno non patrimoniale, ossia l'individuazione della situazione soggettiva.
  In quegli anni, imperversava il cosiddetto danno esistenziale interpretato dai giudici di pace. L'interpretazione che se n’è data nella cosiddetta giurisprudenza di prossimità è stata devastante. Il danno esistenziale così inteso, ovvero come risarcimento del danno-conseguenza senza preoccuparsi dell'individuazione di una situazione soggettiva a monte, ha infatti consentito quello che in qualunque rivista di giurisprudenza ha fatto sorridere i puristi e non.
  Pertanto, si è risarcito il palo della luce che dava fastidio al magistrato che si affacciava alla finestra, l'interruzione di corrente durante la partita di calcio della squadra del cuore – potrei dire che in questo caso dipende dalla squadra, ma non importa – nonché la signora che andava a sposarsi e la cui pettinatura acconciata dal parrucchiere si era afflosciata.
  Voi potreste sorridere ma intanto questi sono danni gravi a un sistema. Di tutti quelli che vi ho testé riportato, il caso del parrucchiere mi è sembrato in assoluto il più clamoroso, il più divertente e probabilmente quello che andava un po’ stigmatizzato. Si sarebbe, infatti, dovuto chiamare il giudice di pace per chiedergli se fosse sicuro del risarcimento e, soprattutto, del fatto che il legittimato passivo della causa fosse il parrucchiere.
  Immaginate, infatti, che la signora si sposi, vada in viaggio di nozze, trascorra venti giorni con il marito in un posto meraviglioso, torni e chieda il risarcimento del danno da pettinatura afflosciata. Sono oggi presenti delle signore: mi dicano se ha sbagliato parrucchiere o ha sbagliato marito, e a chi doveva chiedere un risarcimento. È un gioco, ma da questo si capisce quanto la visione di questo sottosettore di danno abbia inquinato il sistema.Pag. 6
  La responsabilità civile e il danno alla persona sono un elastico, funzionano un po’ come le reazioni della chimica o della fisica – io ero molto asino a scuola – per cui a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. All'espansione incondizionata e sconsiderata dell'idea di danno esistenziale ha fatto da pendant questa riduzione dell'area del danno risarcibile, che ha portato con sé, purtroppo, a una riduzione in parte inaccettabile.
  La parte meno accettabile di questa riduzione è nel passaggio delle sentenze di San Martino dove si definisce il danno morale come duplicazione risarcitoria del danno biologico. Costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione del danno morale e del danno biologico. Ripeto che questa è la conseguenza delle attività, in perfetta buonafede ma assolutamente sconsiderate, della giurisprudenza di prossimità.
  A questa costruzione, ancora una volta, si replica immaginando degli esempi concreti. Immaginate, in un caso di violenza sessuale, di dire alla donna che l'ha subita che ha diritto a sei punti di danno biologico – i medici legali mi dicono che sono più o meno queste le punteggiature di liquidazione – e che il suo danno morale è compreso nel danno biologico. Chiedo ai presenti chi si sentirebbe di scrivere una cosa del genere.
  Ci sono degli errori di metodo e degli errori di fondo in una ricostruzione che, probabilmente, va riscritta e rifatta immaginando finalmente cosa sia la fenomenologia del danno alla persona. Sono convinto – e vi sono sentenze recenti che lo affermano – che fenomenologicamente il danno alla persona ha due momenti, quale che sia il diritto costituzionalmente tutelato e leso: il momento della sofferenza interiore e quello della vita che cambia.
  Probabilmente una norma più di tutte fotografa questa situazione, le cui conseguenze proveremo ad approfondire tra un istante, ossia l'articolo 612-bis del codice penale che nel 2009 ha introdotto il reato di stalking. In quella norma scritta da un penalista – e benché scritta da un penalista – c’è la fotografia del danno non patrimoniale. Si persegue, infatti, il reato di chi alla vittima cagiona o una situazione di ansia e paura, dunque una sofferenza interiore, o – attenzione alla disgiuntiva – una significativa alterazione delle condizioni di vita.
  Se volete la fotografia del danno alla persona, questa è nell'articolo 612-bis del codice penale. Mi è stato risposto, naturalmente dai fautori di scuole che sono, del tutto legittimamente, su posizioni diverse, che si tratta di una norma speciale che riguarda fattispecie assolutamente peculiari.
  Oltre a questa norma speciale nel 2009, l'anno successivo alle sentenze di San Martino, due decreti presidenziali si sono occupati delle vittime del terrorismo e dei militari che hanno subìto lesioni da uranio impoverito: in questi due decreti – parliamo, ovviamente, di testi normativi – si dice espressamente che il risarcimento del danno biologico avviene secondo le tabelle del codice delle assicurazioni e che il risarcimento del danno morale è autonomamente considerato e quantificato nella misura dalla metà a due terzi del danno biologico.
  Anche testi normativi, dunque, ci danno plasticamente la dimostrazione del fatto che il danno morale è il danno morale e poi c’è il danno alla vita di relazione. Danno esistenziale, infatti, per carità, è diventata una cattiva espressione; oggi, chi parla di danno esistenziale è tacciato di essere un retrogrado o addirittura un facinoroso. Chiamiamolo allora danno alla vita di relazione, ma la fenomenologia non cambia.
  Ogni volta che è leso un diritto alla persona, le reazioni sono due: c’è una sofferenza, c’è una vita che cambia. Non ci sono automatismi. Non è vero che tutto questo sia automaticamente e sempre risarcibile. Alla contestazione – ancora una volta, però, siamo in sottosettori che distinguono danno morale e danno biologico – a me è venuto spontaneo rispondere che allora il diritto italiano è antropologicamente distinto in risarcimenti per settori: la donna stalkizzata è antropologicamente Pag. 7diversa da qualcun altro perché a lei si risarciscono questi due aspetti della sofferenza e ad altri no. I militari con l'uranio impoverito sono antropologicamente altro, così come le vittime del terrorismo. Questa logica non sta in piedi, perché c’è, ancora una volta, lo sforzo di far ruotare tutto intorno al danno biologico. Se usciamo da quest'equivoco e proviamo a immaginare, prendendo in mano la Costituzione italiana, tutta una serie di diritti costituzionalmente tutelati – prendetela per gioco, divertitevi – capirete che, ogni volta che quel diritto è leso, ci sono i due aspetti della lesione e della sofferenza.
  Come dicevo, non c’è automatismo perché neanche nella lesione più grave – la perdita di un figlio, di cui non esiste sciagura peggiore nella vita di un uomo – sono necessariamente presenti questi due aspetti di una sofferenza risarcibile, non solo perché si dà il caso del genitore che detestasse quel figlio e non abbia subìto alcun danno, ma perché si reagisce in modi diversi. Questo significa capire che la responsabilità civile non è uno schema astratto ma la vicenda individuale, puntuale e spesso unica e irripetibile dei singoli processi.
  Chi vuole occuparsi di responsabilità civile deve adattarsi all'idea che si lavora molto e bisogna lavorare molto all'interno di ogni singolo processo, cercando di avvicinarsi quanto più possibile a qualcosa di inarrivabile: la liquidazione della sofferenza. Ma, quanto meno, partiamo dalla visione di una fenomenologia che sia reale.
  Non sono qui a proporvi la riforma dell'articolo 2059 del codice civile, che è una norma drammatica, sfugge peggio di un capitone, come si dice a Napoli, e probabilmente non è riformabile. Se si potesse però, immaginare, prima ancora del lavoro sulle tabelle, sui numeri, sui punti, una volta per tutte la definizione del danno non patrimoniale e si potesse dire che esso consta di un aspetto interiore, il danno morale, e di un aspetto esteriore, la sofferenza da vita di relazione che cambia, tutto diventa più semplice.
  Ancora una volta, l'inquinamento del danno biologico è il frutto di un equivoco. Il danno biologico è una lesione, per cui si immagina che essa comporti automaticamente una conseguenza dannosa risarcibile. Faccio un esempio: con un gran mal di denti, si sta andando dal dentista per un'estrazione e, camminando per strada, qualcuno ci urta e ci fa cadere quel dente senza alcun dolore. Vi chiedo: cosa si risarcisce in questo caso ? Dov’è il danno ? Tutt'al più, bisogna ringraziare il signore che ci ha urtato e ci ha fatto risparmiare un bel po’ di danaro, considerato che il dentista costa.
  Ancora una volta, se si ha chiara la fenomenologia del danno alla persona, probabilmente da ciò deriva una serie di semplificazioni. È chiaro che il danno biologico va risarcito come lesione, ma non come lesione in sé bensì come un danno – questa è la sua definizione – che abbia un'incidenza sulla vita di relazione.
  Partendo da questa premessa – i francesi hanno una tabella del danno morale a sette voci – probabilmente molte cose si semplificherebbero e, soprattutto, si darebbe un'indicazione chiara ai giudici di merito e di legittimità. Rifuggite dagli automatismi. Lasciate che le cose siano provate all'interno di un processo. È evidente che tanto più alta è l'intensità della sofferenza, e dunque del danno, tanto più funzioneranno le presunzioni.
  Si presume che chi perde un congiunto, un figlio, un marito o una moglie abbia i due aspetti della sofferenza al massimo grado, ma è una presunzione semplice. Se la moglie che ha perso il marito – agli uomini non piace l'esempio del marito che muore, ma le donne vivono di più – si dispera al funerale con la veletta nera e tutto il rimmel che le si scioglie, ma la sera in aeroporto parte per le Maldive con il suo compare di sempre, così lo si chiama a Napoli, vi chiedo: cosa si risarcisce ?
  Rifuggire dagli automatismi, creare delle tabelle indicative elastiche per queste due forme di danno potrebbe essere una soluzione, come potrebbe esserlo definire il danno alla persona, attraverso un articolo 2059-bis, tanto per dirne una; ma Pag. 8probabilmente tutte le soluzioni partono dall'individuazione, una volta e per sempre, di cosa sia fenomenologicamente il danno alla persona.
  Per il momento, mi fermerei qui.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il dottor Travaglino. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ALFONSO BONAFEDE. Le chiederei di completare quest'esposizione fornendoci un'indicazione su quali potrebbero essere le sue tabelle. Lei immagina due tipi di tabelle molto elastiche: ma di che tipo ? Articolate sempre in base all'invalidità ? In base alla sua risposta, le rivolgerò infatti alcune domande piuttosto che altre.

  GIACOMO TRAVAGLINO, Consigliere della Corte suprema di Cassazione. Le tabelle del danno biologico già esistono, possono piacere o non piacere; bisogna altresì immaginare le tabelle per le macropermanenti, che prima o poi bisognerà fare. Le tabelle del danno parentale sono invece quelle di Milano.
  A mio avviso, ad esempio, occorre confrontarsi anche con l'ordine degli psicologi della Toscana e del Lazio che nel 2009 e nel 2011 hanno elaborato una tabella del danno esistenziale – mi si scusi se lo chiamo così, intendevo dire del danno alla vita di relazione. Bisognerebbe immaginare, una volta ferma la tabella del biologico, la necessità di porre dei parametri elastici, non dei paletti fissi, alle due voci di danno che possono accedere a qualunque lesione. Prenda la Costituzione e si tolga lo sfizio di leggere tutti i diritti costituzionalmente tutelati diversi dalla salute e si chieda cosa accade, ogni volta, per il diritto di libertà, il diritto di circolazione e così via.

  ALFONSO BONAFEDE. Me lo sono chiesto.

  GIACOMO TRAVAGLINO, Consigliere della Corte suprema di Cassazione. Ognuno reagirà con una sofferenza e una modificazione della vita. Non necessariamente tutto questo succederà. La coscienza del kantiano ritiene anche il danno più grave una vicenda che rafforza il proprio io morale e dunque non avrà un danno morale, ma magari la sua vita cambierà. Ci sono madri che continuano a vivere alla stessa maniera di prima ma dentro sono morte, e madri che reagiscono dentro di sé con quella che gli psicologi chiamano la resilienza e trascorrono, però, la vita col naso dietro una finestra senza mettere più quel naso fuori di casa.
  Ecco perché ogni processo è una storia, ecco perché, se non si hanno le idee chiare sulla fenomenologia di questo danno, non si va da nessuna parte. Quando si hanno le idee chiare, le soluzioni vengono in modo relativamente semplice. Sul danno da morte, ad esempio, una volta che sia chiara la bipartizione fenomenologica del danno alla persona, la soluzione è di un certo tipo. La Corte di Cassazione recentemente ha detto altro ma, come lei saprà, venti giorni dopo è partita l'ordinanza di rimessione alle Sezioni unite, che fisseranno l'udienza a giugno del 2014, proprio perché quella sentenza è stato uno sconvolgimento di sistema ed era necessario che le Sezioni unite se ne occupassero.
  Se si parte da un'analisi di realtà del danno alla persona, si risolvono anche problemi apparentemente intricati. Nel caso che ha fatto tanto discutere del giocatore di calcio Vieri, che ha avuto un'eco straordinaria per la straordinarietà, appunto, dell'entità del risarcimento, se si fosse lavorato con queste coordinate, mi chiedo: il danno da lesione della privacy, espressione che suona una declamazione meravigliosa, come si è concretamente realizzato ? Dal punto di vista del danno cosiddetto morale, e cioè della sofferenza interiore, il calciatore non sapeva di essere intercettato. Mi chiedo, allora, dove e come abbia sofferto, senza scadere nelle battute di pessimo gusto sulla capacità di sofferenza di quel tipo di calciatore, di quel tipo di persona, che pure ho sentito fare varie volte.
  Quando cominceremo, dunque, a inquadrare, anche da questo punto di vista, Pag. 9la fenomenologia di questo dato ? Comprenderà che sicuramente il danno c’è stato al momento della consapevolezza di essere stato intercettato: che danno, però, e per quanto tempo ?
  Se questo è chiaro, probabilmente la valutazione di una misura di risarcimento cambia. So dalla Francia che il danno morale ha sette categorie di tabellazione, dal très léger al très important, e che in ogni categoria c’è una forbice tra un minimo e un massimo. Cominciamo a riflettere se magari su questo aspetto del danno alla persona si possa lavorare in questi termini. È evidente che poi c’è danno e danno, lesione e lesione, diritto e diritto, e che, conseguentemente, occorre una certa elasticità.
  Torno all'inizio di questa chiacchierata. In tema di consapevolezza e non risarcibilità, la necessità è trovare dei parametri che garantiscano una certezza relativa in sede di liquidazione. Questo porta alle tabelle, ma mi sono anche sentito raccontare varie volte la storia delle compagnie assicurative che non ce la fanno più ad assicurare. Non vorrei fare io una battutaccia – i ragionamenti per esempi sono antipatici e non li amo – ma mi chiedo se, essendo un anno di lavoro del dirigente di una compagnia assicurativa liquidato con 3,6 milioni di euro, le compagnie assicurative siano realmente nelle condizioni in cui dicono di essere e se quel denaro possa essere invece più utilmente indirizzato al risarcimento di chi ha provato davvero le sofferenze, quelle serie.

  ALFONSO BONAFEDE. Cercherò di esporre in maniera brevissima, visto che il consigliere Travaglino non ha avuto modo di leggere il testo della proposta di legge, ma mi fa piacere focalizzare subito il punto di partenza, che è lo stesso.
  Questa proposta di legge parte dalla considerazione per cui il danno non patrimoniale non è risarcibile e, soprattutto, non è inquadrabile come figura in schemi rigidi da un punto di vista teorico. È per questo che non tocca, da un punto di vista teorico e astratto, la configurazione dogmatica del danno non patrimoniale, cioè lascia l'articolo 2059 del codice civile per quello che è o che non è, dipende dal punto di vista.

  GIACOMO TRAVAGLINO, Consigliere della Corte suprema di Cassazione. Che non è.

  ALFONSO BONAFEDE. Ciò premesso, però, l'altro punto di partenza è stato chiedersi dove si potesse intervenire: non nell'inquadramento dogmatico, che è meglio lasciare a un'evoluzione giurisprudenziale, che a mano a mano prenda in considerazione la Costituzione ma anche la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, adottata a Nizza, che quindi si presta anche ad essere una valvola che permetta al danno non patrimoniale di essere sempre al passo con i tempi, riconoscendo la possibilità di applicare concretamente quei princìpi costituzionali da parte del giudice, che valuterà caso per caso. Dico sempre che 30-40 anni fa il danno da vacanza rovinata era inconcepibile. È chiaro che alcuni danni seguono anche l'epoca in cui nascono e vivono.
  Un ulteriore punto di partenza è che dobbiamo cercare di liquidarlo, perché il rischio assai frequente è che un danno non patrimoniale identico – è difficile che due danni non patrimoniali siano identici, e su questo sono d'accordo, ma che siano molto simili può accadere – giudicato a Palermo e a Milano sia risarcito in maniera totalmente differente.
  L'obiettivo della proposta di legge – la quale, oltre ad essere strategicamente e politicamente orientata, come riconosco senza problemi, a difendere i diritti dei cittadini dagli attacchi dei vari schemi che tendono a dimezzare i danni non patrimoniali, cerca anche di bloccare quello che tutti i Governi, chissà perché, provano sempre a fare – è tentare di quantificare, di assicurare un'uniformità di trattamento.
  Concordo sugli effetti collaterali della biologizzazione del danno non patrimoniale. È anche vero però che, da un punto di vista strettamente ontologico, il danno alla salute si presta maggiormente, rispetto Pag. 10ad altri tipi di danno, a essere tabellato ovvero determinato in base ai punti di invalidità permanente. La proposta di legge – non da un punto di vista teorico, ma della quantificazione – tende a distinguere due grandi blocchi: i danni derivanti da una lesione del diritto alla salute e quelli derivanti dalla lesione di altri diritti. Dal punto di vista della quantificazione, a mio avviso, questa distinzione esiste.
  Aggiungo anche, con riferimento al danno alla salute, al quale rinvia sostanzialmente l'articolo 2059-bis da inserire nel codice civile, che per la quantificazione del danno alla salute si rinvia a una norma da inserire nelle disposizioni di attuazione del codice civile, che dovrebbe recepire le tabelle di Milano o comunque dovrebbe prendere come punto di partenza possibile queste tabelle, con un ampio margine di possibilità per il giudice, proprio in considerazione di quanto lei diceva, di discostarsi, seppur tenendolo come punto di riferimento, dal valore della tabella. La critica che mi è stata mossa, secondo me giusta, è che la proposta di legge prevede solo un innalzamento rispetto alla tabella. In realtà, è giusto anche considerare un'ipotesi, come nel caso della moglie, di diminuzione. È anche vero, però, che quando c’è un danno alla salute medicalmente accertato – e questo era, a mio avviso, l'obiettivo della Corte di Cassazione nel 2008 – risarcire il danno morale come danno autonomo può anche effettivamente rivelarsi come una duplicazione. Se si risarcisce una persona che ha perso la metà di un dito, in quel momento nel risarcimento non c’è solo il prezzo della parte di dito che manca ma tutto quello che è compreso e che è conseguenza della perdita del dito: ad esempio, la sofferenza, che poi potrà essere vagliata di volta in volta, nel senso che il pianista avrà un danno enorme, un altro individuo ne avrà uno minore.
  Effettivamente quando si risarcisce il danno biologico – considerando altre fattispecie ed il danno morale come sfera a parte – un rischio di duplicazione c’è. Nell'esempio dello stupro da lei citato, seguendo le sentenze del 2008 non si dovrebbe risarcire il danno morale come conseguenza del danno strettamente biologico: in quel caso c’è una lesione – anzi, probabilmente, più lesioni – di altri diritti costituzionalmente tutelati.

  GIACOMO TRAVAGLINO, Consigliere della Corte suprema di Cassazione. Lei si riferisce all'autodeterminazione. Mi è stato detto: ma vale per il tentativo. Lei dovrebbe parlare con chi ha vissuto queste esperienze. La consumazione non ha più niente a che vedere con l'autodeterminazione. In realtà, è una donna che dovrebbe parlare in rapporto a tale tema, io parlo solo per aver ascoltato.

  ALFONSO BONAFEDE. Non lo metto in dubbio ma in quel caso, al di là dell'autodeterminazione, a mio avviso potrebbero essere coinvolti altri diritti lesi che permetterebbero al giudice, in quella fattispecie, di risarcire un danno morale enorme che va al di là del danno morale compreso in quella stretta sofferenza.
  Questa grande distinzione permette, quando non c’è un danno biologico, di risarcire altri diritti. Sono tanti gli esempi, come il danno da nascita indesiderata, in cui la madre si ritrova a essere felicissima di essere madre di quel figlio pur indesiderato.
  Il risultato è che per le fattispecie in cui non c’è un danno biologico la proposta di legge introduce un articolo 2059-ter del codice civile che riconosce discrezionalità al giudice e, laddove il legislatore non sia intervenuto per individuare tabelle speciali per un particolare diritto, come il diritto alla privacy, lascia comunque libero il giudice. Si chiede, però, al legislatore di pubblicare ogni anno un massimario, qualcosa che possa fornire un orientamento su come i giudici si sono espressi fino a quel momento. Questo è il discorso per grandi linee.
  Aggiungo che una norma, evidentemente provocatoria, è quella relativa al danno tanatologico. In Italia esiste, a mio giudizio, una grande contraddizione rispetto alla quale cito sempre l'esempio macabro della persona che sta guidando Pag. 11l'automobile e si ritrova un tizio che attraversa la strada e che sta per essere da lui danneggiato: all'ultimo secondo, quando si rende conto che non c’è più niente da fare e che, probabilmente, l'incidente sarà mortale, capisce che gli conviene dare un colpo d'acceleratore per ammazzarlo sul colpo, dal momento che a questo punto non dovrà risarcirlo con nessuna somma.
  La proposta di legge propone, in maniera anche provocatoria, di inserire un danno evidentemente punitivo. È vero che la vendetta di Traiano non può esserci ma un danno punitivo nel mondo esiste, è presente in tanti ordinamenti. La proposta di legge prevede che, in quel caso, si provvede al risarcimento di una somma che sarà poi decisa e che potrà essere, ad esempio, pari all'80 o al 100 per cento dei valori indicati nelle tabelle. Vorrei conoscere la sua opinione in proposito.

  PRESIDENTE. Vorrei ringraziare per la loro presenza la capogruppo del Partito Democratico presso la Commissione affari sociali, onorevole Lenzi, e il deputato Fossati, anch'egli appartenente alla medesima XII Commissione, che sta elaborando e discutendo in maniera avanzata la questione riguardante la responsabilità medica. Mi ero premurata di informarli dello svolgimento della odierna audizione, che può comunque rappresentare una delle occasioni di approfondimento.

  GIACOMO TRAVAGLINO, Consigliere della Corte suprema di Cassazione. Complimenti e auguri !

  ALFONSO BONAFEDE. Aggiungo che la proposta di legge non analizza settorialmente la quantificazione dei danni derivanti da sinistro stradale, ma è trasversale.

  ANTONIO MAROTTA. Mi ha molto incuriosito e stimolato un passaggio della sua relazione concernente la valutazione del caso singolo del processo, impegno che apprezzo moltissimo. Dovrebbe essere così, ma il problema che io pongo è diverso.
  È chiaro che ogni singolo caso dovrebbe avere una sua specifica valutazione e che l'indagine dovrebbe essere non solo approfondita, specialmente nella materia che ci occupa, ma molto approfondita. Lei è, però, un magistrato e quindi deve assicurare la giustizia nella sua pienezza. Capisco, quindi, anche lo scrupolo di coscienza nello svolgimento dell'istruttoria, che va a determinare proprio quel problema cui accennavo.
  Noi siamo infatti i legislatori e dobbiamo cercare concretamente di ottenere dei risultati. Per noi, oltre il problema della giustizia nella sua interezza, nella sua valutazione complessiva, esiste anche il problema di offrire celerità nella risoluzione delle controversie. Com’è possibile dunque conciliare l'aspetto che lei sottolineava e che io apprezzo – quello dello studio e dell'esame approfondito del singolo caso – con la celerità del processo nel momento in cui non individuiamo dei settori, dei parametri, delle situazioni che consentano anche al giudice di essere spedito nel suo lavoro ?
  L'indagine a cui lei fa riferimento comporta una serie di differenziazioni nelle sentenze, anche nei piccoli particolari, che poi sono completamente rilevabili nell'entità del risarcimento e in altre valutazioni.
  Lei mi insegna che, mentre prima la Corte di Cassazione era il terminale e quindi dava un'indicazione precisa e per anni questa giurisprudenza ha servito come base, oggi è difficile trovare una giurisprudenza uniforme non dico nell'ambito delle varie sezioni, ma spesso nell'ambito di una stessa sezione. Vorrei conoscere il suo pensiero sulla possibilità di conciliare questi due aspetti.

  GIACOMO TRAVAGLINO, Consigliere della Corte suprema di Cassazione. Servirebbero un paio di giorni per rispondere a tutte queste domande.
  Rapidamente, in merito alle differenziazioni cui accennava l'onorevole Marotta dirò che è la sofferenza umana a essere differenziata. Mi rendo conto delle esigenze di celerità ma un'opposizione agli atti esecutivi non è un risarcimento del Pag. 12danno alla persona. Alcuni settori della vita del diritto non si conciliano con la fretta.
  Mi rendo perfettamente conto che il nostro sistema della giustizia è una tragedia ma bisogna fare attenzione alla velocità a tutti i costi. A mio personalissimo avviso, ad esempio, la sostanziale cancellazione del vizio di motivazione dall'esame della Cassazione rende un sistema giuridico sempre più barbaro.
  Non so come si possano conciliare le esigenze di celerità con la civiltà del diritto. Posso solo dire che la responsabilità civile non va d'accordo con la fretta e che, probabilmente, non bisogna differenziare i riti – abbiamo visto, infatti, dove ci ha portato – ma dei settori, dei microcosmi, come il diritto di famiglia o la responsabilità civile, probabilmente hanno bisogno davvero di sezioni specializzate.
  Bisogna smetterla con la barzelletta degli otto anni. Ho visto persone come Roberto Simone a Venezia, che è veramente un'autorità in materia di responsabilità civile, andare a fare il fallimento, con tutto il rispetto per il fallimento. Marchionne proporrebbe per un trattamento sanitario obbligatorio (TSO) chi gli raccontasse che ha intenzione di mandare un grandissimo dirigente, bravissimo nel settore, a fare gli sportelli in fabbrica, gli direbbe di ricoverarsi.
  Ciò premesso, da dove vogliamo cominciare ? Il danno punitivo è anche più di una rivoluzione copernicana e le dirò perché. Cominciamo dall'inizio. Onorevole Bonafede, lei mi dice di lasciar stare la base teorico-dogmatica ma io le chiedo: perché ? Siamo veramente certi che, lasciando stare una base teorico-dogmatica, su cui nessuno riesce a mettersi d'accordo da trent'anni, abbiamo veramente rispettato l'autonomia della giurisdizione e delle scuole di pensiero delle varie università italiane ?
  Non voglio convincere nessuno. Sottopongo molto sommessamente la riflessione sulla fenomenologia di un fenomeno. Vi invito a chiedervi cosa sia il danno alla persona. La sua differenziazione mi lascia perplesso. È evidente che il danno alla salute copre l'80 per cento delle vicende giudiziarie italiane: perché, però, farne una categoria ontologicamente diversa ?
  Ammettiamo che sul danno morale c’è stata una falsificazione – in senso popperiano, altrimenti qualcuno mi querela – delle sentenze del 2008 in tanti commenti di autorevolissime dottrine. Non è vero che il 2008 è la fine di un percorso omogeneo: esso rappresenta una rottura rispetto al passato.
  Secondo i primi commenti sulle migliori e più autorevoli riviste italiane, nel solco della giurisprudenza del 2003 le sentenze del 2008 hanno fornito finalmente una risposta liquidatoria e non indulgente ai quesiti che l'ordinanza di rimessione, con ossessiva meticolosità, aveva posto alle Sezioni unite. Ho imparato a memoria questo passaggio perché sono io che ho scritto l'ordinanza, quindi l'ossessivo compulsivo sono io e ho dovuto dire a chi ha scritto questa cosa che ha ragione. I miei armadi sono tutt'altro che quelli di un ossessivo compulsivo – parlate con la mia ex moglie – ma questo è falso.
  Nel 2003 e nel 2006, infatti, si sono dette cose ben diverse. Il 2005, anno dell'emanazione del codice delle assicurazioni, è figlio di quella giurisprudenza. Se lei si prende la briga di leggere le due sentenze del 2003 della III Sezione, n. 8827 e n. 8828, non si fermi a pagina 25, dove è scritto che non appare utile ritagliare, all'interno della categoria del danno non patrimoniale, singole sottocategorie etichettandole in vario modo, ma vada a pagina 38 e seguenti, dove si dice che si risarciscono – oltre al danno biologico, costituito dalla lesione medicalmente accertata, ed oltre al danno morale, costituito dalla sofferenza interiore temporanea e transeunte – altri danni che derivano dalla lesione di altri interessi costituzionalmente tutelati. Stiamo parlando della triade danno biologico, danno morale e danno esistenziale.
  Nella sentenza n. 233 del 2003 della Corte costituzionale, non del giudice di pace di Cesenatico, il passaggio al punto 3.1 dice esattamente che si risarcisce «oltre al danno biologico», ma «oltre» non Pag. 13vuol dire che là c’è il danno biologico, là il danno morale e in quell'altro processo il danno esistenziale: sono le varie facce, i vari aspetti dello stesso fenomeno.
  Giusto o sbagliato che fosse, quindi, secondo me era sbagliata anche quella tripartizione perché il danno alla persona, secondo il mio sommesso convincimento, è semplicemente e banalmente bipartito, quale che sia la lesione. Se per un attimo cancella dalla mente la biologizzazione del danno e prende tutti i diritti costituzionalmente tutelati, si accorgerà che la reazione è sempre quella: la sofferenza e la vita che cambia.
  Nel danno biologico in più c’è la lesione, ma in sé considerata. L'esempio del dentista è un paradosso, ma può servire a capire che cos’è il danno biologico statico. Possiamo anche risarcirlo con tre punti di invalidità – recita il detto: un mezzo toscano e una croce di cavaliere non si negano a nessuno – ma è sbagliato. Quello che si risarcisce, anche nella definizione legislativa, è la vita che viene modificata, la lesione che incide sugli aspetti dinamico-relazionali. Cosa sono gli aspetti dinamico-relazionali se non una vita diversa per un giorno, per un mese o per cent'anni ?
  Se partiamo da questa premessa non è inimmaginabile, o addirittura esecrabile, pensare di definire in questo modo il danno non patrimoniale. Si può dire che il danno biologico che abbiamo fatto assurgere a centro di sistema e a primo motore immobile dell'universo risarcitorio è uno dei tanti danni risarcibili: in Costituzione, difatti, non c’è solo la salute.
  È vero che la tabellazione è indispensabile, ma quella del 2005 è figlia di quella giurisprudenza e il danno morale era fuori. Quando è stata fatta la tabella, la si è immaginata come tabella del danno biologico con il danno esistenziale; il danno morale, da diritto vivente, era fuori.
  Nella sentenza n. 6572 del 2006 delle Sezioni unite sul danno da mobbing c’è una pagina e mezza che spiega cosa sia il danno morale e cosa il danno esistenziale: è veramente così complicato, allora, arrivare a una semplificazione che è la fotografia di un reale ? Se fotografiamo la realtà così, è chiaro che quello biologico è un danno dinamico-relazionale, ma il danno morale è altro, può esserci o non esserci in ogni vicenda umana, ma non vanno confusi, altrimenti con le sentenze del 2008 veramente può affermarsi che quando c’è la salute c’è tutto.
  Sono in questa sede presenti volti giovani, che non mi capiranno, e volti meno giovani che forse avranno visto il primo film di Massimo Troisi Ricomincio da tre. Qualcuno ricorderà che alla fine la fidanzata gli dice che quando c’è l'amore c’è tutto e lui le risponde: «No, quella è la salute». Se la salute è la dimensione onnicomprensiva della vita, va bene, allora le sentenze Preden-Troisi hanno ragione. Naturalmente scherzo, il giudice Roberto Preden è un monumento.
  Vogliamo guardare in faccia questa realtà del danno non patrimoniale ? Non è difficile immaginare due tabelle: quella del danno biologico, che è dinamico e relazionale, e quella del danno morale, ma non sono automatiche, non si applicheranno e non si liquideranno automaticamente. È evidente che, quando non c’è il biologico, si prende la tabella del danno biologico e magari si fa la tara perché manca il danno alla salute come lesione medicalmente accertabile, ma il parametro del danno relazionale, in qualunque diritto costituzionalmente leso, può essere quello.
  Quello civile, a differenza del diritto penale, è veramente un'armonia di sistema, tant’è che il diritto civile è il diritto, quello penale è un po’ di fatterello mentre il diritto amministrativo è il nulla più completo, e spero che non siano qui presenti avvocati amministrativisti. Ovviamente scherzo. Ho avuto la sventura di studiare al liceo e all'università e di sostenere gli scritti e gli orali del concorso perseguitato – mattina e sera – da Filippo Patroni Griffi, che voi conoscerete, che veniva a svegliarmi la mattina alle otto e al quale dicevo sempre che studiava un diritto che non esiste e lui si offendeva a morte.
  Perché allora, ai sensi del libro quarto del codice civile, il danno patrimoniale è Pag. 14bipartito in danno emergente e lucro cessante e il danno non patrimoniale non in danno morale e danno relazionale ? Ne emerge un sistema bellissimo, come bellissimo è il sistema della causalità e della causa. Finalmente, dopo 60 anni, infatti, si è detto che la causa del negozio è la causa concreta e che la causalità è la causalità del più probabile che non nel caso concreto. Si riporta a logica, a coerenza e armonia un intero sistema e, soprattutto, a mio giudizio, ci si allontana da costruzioni metagiuridiche.
  Il problema è che siamo abituati alle costruzioni che per un ingegnere, un architetto, un fisico nucleare sono, ancora una volta, da TSO. Diciamo, ad esempio, che la causalità civile e quella penale sono due cose diverse: il giudice penale assolve, perché dice che non c’è causalità; il giudice civile condanna, perché dice che lo stesso fatto, le stesse persone, gli stessi eventi, le stesse circostanze primarie e secondarie sono tali che la responsabilità sussiste. Il risultato è da ricovero per TSO: solo Parmenide e voi dite l'essere e il non essere al tempo stesso. Noi lavoriamo, purtroppo, con queste follie perché il diritto è una metastruttura, ma non esageriamo.
  Quando dobbiamo farlo, facciamolo. Quando dobbiamo dire che il negozio simulato è efficace e che lo stesso negozio è inefficace, a seconda che sia la parte o il terzo a provarlo, va bene, ci siamo rassegnati, ma non andiamo oltre, cioè non tradiamo, quando si può non tradire, la fenomenologia di un fenomeno e di un istituto. Se veramente ci convinciamo che il danno alla persona è questo perché ogni volta che si lede un diritto costituzionale succede questo, non è difficile ricostruire un sistema, dare una definizione, con buona pace dei pisani.
  Litigo da dieci anni con Giulio Ponzanelli, ma la presidente Ferranti mi darà atto che è il primo nome che ho fatto quando sono stato contattato: detesto, infatti, le suonate da solista, serve qualcuno che contraddica, che sostenga che il consigliere Travaglino ha detto una serie di sciocchezze colossali spiegandone il perché. Io non credo che sia così, ma è bene sentire anche lui.
  Se c’è la possibilità di una definizione, attraverso una riscrittura dell'articolo 2059 del codice civile, ben venga, ma l'articolo 2059 non esiste più. Oggi, non solo abbiamo il 2059-bis, dopo il 2003 della Cassazione, ma abbiamo tradito uno spirito a cui si potrebbe ritornare. Se, però, parliamo dei danni punitivi, salta un sistema intero. L'articolo 2059 del codice civile del 1942, infatti, nasce come danno punitivo, era la sanzione civile accessoria al reato, tant’è vero che si risarciva solo quello, dopodiché c’è stata veramente – a dir poco – una mutazione genetica.

  ALFONSO BONAFEDE. Quindi lei lascerebbe il danno da morte.

  GIACOMO TRAVAGLINO, Consigliere della Corte suprema di Cassazione. Non mi chieda del danno da morte. Sono l'estensore dell'ordinanza di rimessione alle Sezioni unite e sono nel collegio che se ne occuperà, quindi se le dicessi cosa penso rischierei di essere ricusato. Glielo dirò il 28 giugno. Al momento le dico solo che la sua considerazione è sacrosanta. Ripugna alla coscienza l'idea che il ferito sia risarcito e il morto no, ma è anche vero che, paradossalmente, quando si sta per investire una persona si potrebbe pensare che sia meglio ammazzarla.
  Il problema di fondo, se non utilizziamo lo schema e lo strumento del danno punitivo, è la soggettività. È lo stesso problema che ha afflitto la Cassazione per il nascituro malformato: il soggetto di diritto, che manca. Il danno alla persona, inteso come riparazione, presuppone l'esistenza di un avente diritto alla riparazione. Questo è, purtroppo, amaramente e oscenamente giuridico. Tutto il resto è vero, sacrosanto, ma non serve solo una norma, bensì una norma che obblighi al risarcimento spiegando che esso è sanzionatorio, per la prima volta espressamente e non come ha fatto il cosiddetto decreto-legge Balduzzi del 2012, che inconsapevolmente ha introdotto un danno punitivo.Pag. 15
  Non so se lei se ne sia accorto, ma quando si scrive – come avviene all'articolo 3, comma 1, del predetto decreto-legge – che in determinati casi resta ferma l'applicazione dell'articolo 2043 del codice civile, ciò è già di per sé un delirio perché il titolo di responsabilità contrattuale, o extra contrattuale, viene fatto dipendere dall'elemento soggettivo. Le assicuro che se lo si raccontasse alle spoglie di Pugliatti o di Auricchio, si rivolterebbero nella tomba e ci darebbero dei matti. Soprattutto, l'articolo 3 del suddetto decreto-legge dispone che in questi casi il giudice tiene conto della condotta, di cui al primo periodo, cioè per la prima volta stiamo accendendo un faro sul danneggiante, come succede nel processo.
  Il motivo per cui sul nesso causale si evita il TSO è che si spiega che il giudice penale ha bisogno di un colpevole, dunque accende un riflettore sull'autore dell'illecito e ha bisogno di un nesso di causalità di alto grado di credenza logico-razionale. Il giudice civile si occupa invece, da trenta anni a questa parte, del danneggiato. Lo scopo della nostra responsabilità civile è di evitare che il danno resti allocato lì dove si è verificato ed è il motivo per cui l'articolo 2051 del codice civile è diventato responsabilità oggettiva, così come l'articolo 2050, che non lo era nel 1942. Tutto questo significa, però, che è del tutto irrilevante la condotta del danneggiante: non mi interessa se è con dolo, con colpa grave o con colpa lieve, a me interessa che un danno venga risarcito.
  Quando si torna a lavorare sulla condotta del danneggiante – inconsapevolmente in questo caso, mentre nella sua proposta di legge lei lo fa consapevolmente, gliene riconosco il merito – si sta rivoluzionando un sistema, un universo di responsabilità. Lì, inconsapevolmente, si dice che se c’è colpa lieve, se c’è stata la linea guida, se si è seguita la buona pratica, il giudice, come diciamo dalle mie parti, ci facesse un po’ di sconto, cioè gli togliesse un po’ di risarcimento. Tutto questo è in tre righe. Non mi faccia dire altro.

  ANGELO ATTAGUILE. Allora, semplicemente il finale è che quando è lo Stato che deve risarcire un giusto processo, ci fanno lo sconto finale, come dice lei.

  GIACOMO TRAVAGLINO, Consigliere della Corte suprema di Cassazione. A proposito della colpa lieve ?

  ANGELO ATTAGUILE. No, del danno morale, di tutto quello che ha detto.

  GIACOMO TRAVAGLINO, Consigliere della Corte suprema di Cassazione. No, per carità, ci mancherebbe. Lo risarcisce il danneggiante o, ovviamente, il chiamato in garanzia.

  ANGELO ATTAGUILE. Quindi lo Stato.

  GIACOMO TRAVAGLINO, Consigliere della Corte suprema di Cassazione. Non lo so se lo Stato è il danneggiante.

  ANGELO ATTAGUILE. Ma io intendo riferirmi in un giusto processo.

  GIACOMO TRAVAGLINO, Consigliere della Corte suprema di Cassazione. Sul giusto processo, per carità, sono scorsi fiumi di inchiostro anche normativo perché io possa dirle qualcosa. Per carità, ci mancherebbe. Tengo molto a precisare che non sempre il processo giusto è il processo velocissimo. Alcuni settori, come quello della responsabilità civile, presuppongono che ci si lavori, ma all'interno del processo, che si capisca cioè cosa succede dentro il processo.
  Le cito un esempio che mi è molto caro, sperando di riuscirci. Quando si risarcisce il minore malformato con un risarcimento destinato allo stesso minore malformato e, nonostante tutti i tentativi di spiegazione, si continua a interpretarlo come una sorta di inno all'aborto eugenetico, si lavora male, si è lavorato male dentro e fuori quel processo.
  Quando si dice che il minore malformato è risarcito autonomamente – non solo la madre e il padre – lo si sta dicendo perché in quel processo è stato provato Pag. 16faticosamente che quella madre non voleva quel bambino. Allora, il risarcimento per quella creatura è un risarcimento non perché è nata malformata, ma perché è nata malformata non voluta e vivrà una vita da malformata non voluta.
  Per fare questo, serve del tempo. Bisogna ragionare sulle cose, andare in fondo, sapere se veramente quella madre non lo voleva perché non lo voleva o se magari ci ha ripensato e lo avrebbe voluto; in questo caso, nessun risarcimento sarebbe stato riconosciuto. Ecco perché le ripeto che quello della responsabilità civile è un universo a parte e va trattato come tale, cioè con grande rispetto.

  FRANCO VAZIO. Do per scontate tutte le questioni che sono state poste fino adesso. Le mie domande sono molto più in termini conoscitivi, relativi alla sua esperienza personale su due temi sufficientemente attuali.
  Vengo al primo. È in atto una discussione che attraversa la politica e il Parlamento in merito alla quantificazione dei danni. Si discute se le tabelle risarcitorie, secondo quanto previsto dal cosiddetto decreto-legge Balduzzi, siano coerenti o meno e se il danno risarcito e risarcibile debba essere diminuito in relazione a danni liquidati, anche e soprattutto all'estero, in misura significativamente inferiore.
  Abbiamo affrontato questo tema nell'ambito di un decreto-legge, rispetto al quale abbiamo sollevato una serie di criticità e per il quale venne poi stralciata una serie di micropermanenti e non micropermanenti e si pensava addirittura di introdurre il tema delle tabelle del danno.
  Secondo lei, la determinazione di questi danni giudizialmente accertati in Italia è un accertamento esorbitante e fuori dalla logica o è un accertamento, invece, di un danno che effettivamente corrisponde alla vita che cambia e alla sofferenza ?

  GIACOMO TRAVAGLINO, Consigliere della Corte suprema di Cassazione. Il vero problema italiano è quello di risarcire i danni veri, non quanto risarcire. Se c’è una zona d'Italia, da cui purtroppo provengo, che per un incidente automobilistico, che ha visto una sola persona danneggiata praticamente di nulla, vede iniziare una controversia giudiziaria in cui i danneggiati sono cinque, i testimoni dieci e il danno è grave, non se ne esce. Lo scopo è quello, innanzitutto, di incidere su questo tipo di metastasi della responsabilità civile, punendo i responsabili e i loro difensori, ma questo non significa, come chiedono le compagnie assicurative, ridurre i risarcimenti veri.
  Noi siamo il Paese che in Europa assicura i risarcimenti più alti. Quando si tratta di risarcimenti di danni alle persone non patrimoniali – poiché siamo spesso citati nelle classifiche come portatori di negatività e ci collochiamo, per dire, al 76o o al 101o posto – per una volta siamo al primo posto e dovremmo andare orgogliosi del fatto che risarciamo più di tutti gli altri. È vero che in Germania nel 1996 hanno risarcito, a Karlsruhe, la morte di tre figli con 30 mila al padre e 20 mila alla madre, ma la Germania è la Germania, hanno un'altra storia e già il fatto che siano stati differenziati i risarcimenti tra genitori dovrebbe indurre a riflettere. Questa è la vera scommessa.
  Quando iniziano migliaia di processi per risarcimento da colpi di frusta, che pure sono diminuiti in modo assai considerevole dopo la legge n. 27 del 2012, mi chiedo se sia vero, come sostengono le compagnie, che il 75 per cento dei premi si disperdono in questi rivoli di risarcimento. È lì, invece, che bisogna trovare una soluzione.
  Senza scomodare Traiano, la mia soluzione sarebbe che il colpo di frusta vale tre punti di danno biologico; se è falso, anziché i tre punti, si danno tre frustate in pubblica piazza e così il problema si risolve. Poiché non si può, si comincino a perseguire seriamente non soltanto i presunti danneggiati ma anche chi consente che tutto ciò accada.
  Qualcuno mi potrà dire che sono un sognatore e consigliarmi di leggere Sant'Agostino, così da mettere in piedi insieme a lui la Civitas Dei. Più che dire questo Pag. 17non posso: io faccio il giudice, ma se ci rassegniamo a che tutto questo debba essere eterno, allora è anche inutile che siamo oggi qui a parlarne. Ci sono problemi ? Cerchiamo delle soluzioni, ma le soluzioni non sono dare di meno alla mamma del bambino malformato o al padre del ragazzino in sedia a rotelle. Ancora una volta, bisogna per una sola volta andare a chiedere a queste persone come vivono e come è cambiata loro la vita. Sono quelli i danni veri.

  FRANCO VAZIO. Mi fa molto piacere. Ho posto la questione in maniera asettica, ma la pensavamo esattamente in questo senso e abbiamo sostenuto questo tipo di battaglia insieme anche alla collega Lenzi in maniera netta. Non si può pensare di far pagare la diminuzione delle tariffe assicurative ai danneggiati.
  Se c’è una truffa ai danni dell'assicurazione scoviamo la truffa, troviamo gli strumenti per scovare la truffa. In realtà, una grande fetta dei risarcimenti dei danni avviene in sede stragiudiziale, dove chi fa la truffa non è solamente il danneggiato ma anche chi paga e i dipendenti di colui che paga. Tutto sommato, quindi, ognuno del proprio mal pianga se stesso se sceglie cattivi collaboratori.
  Siamo altresì sollecitati a occuparci del tema della determinazione e della qualificazione del danno in ambiti diversi. C’è il danno cosiddetto biologico, esistenziale, da incidente stradale o il danno della fattispecie generale, e poi il danno della professione medica. Con la presidente Ferranti, con cui abbiamo cominciato a discuterne, ci siamo chiesti se sia utile costituire forme specifiche di danno introducendo, all'interno della struttura del codice civile, fattispecie specifiche. Ci è sorta la perplessità che, se facessimo così, andremmo a polverizzare in mille rivoli. Cosa ne pensa ?

  GIACOMO TRAVAGLINO, Consigliere della Corte suprema di Cassazione. Credo di aver già implicitamente risposto. Viviamo già un problema di complessità della realtà che ci soffoca; creare ulteriori complessità inutili mi sembra pericolosissimo. Sono per la semplificazione quanto più possibile, purché derivi da semplicità oggettiva, e non per la semplificazione del complicato, che deve restare tale.
  Le ripeto che sono convinto che esista una simmetria di sistema raggiungibile e cioè che, partendo dall'ontologia del danno, tutto il resto vien da sé. Partendo da due tabelle madri, da due tabelle quadro, in ogni singola vicenda il risarcimento sarà poi commisurato alla gravità della lesione. In questo modo, probabilmente, si rende un buon servizio a tutti.
  Ancora una volta, ciò significa sostenere che la tabella è quella del danno che possiamo chiamare biologico, ma spiegando che esso è risarcito in quanto incide sulla dinamica relazionale del soggetto, e dunque spieghiamo che il danno biologico statico non si risarcisce più: il dente che cade perché si viene urtati mentre si va a estrarlo non ha cagionato alcun danno.
  Se per un attimo cerchiamo di uscire da una dimensione metafisica e cerchiamo la realtà dei fatti, tutto diventa estremamente semplice. Onorevole Bonafede, non è automatico che nel danno biologico ci sia anche il danno morale, ma non si può escludere che ci sia e non è vero che la definizione del 2005 del danno biologico lo escludesse. È vero esattamente il contrario. Il 2005 è figlio delle sentenze del 2003 della Corte costituzionale.
  Mi dia la soddisfazione di andare a leggere le due sentenze della Cassazione del 2003, da pagina 38 in poi, e quella della Corte Costituzionale n. 233, al punto 3.1: vedrà che quello era il diritto vivente, sebbene sbagliato perché la tripartizione ancora una volta è probabilmente una superfetazione, perché in realtà la partizione è duplice. Questa è l'essenza del danno alla persona: hai sofferto, soffri, soffrirai ? Per quanto tempo ? La vita ti è cambiata ? Come ? Quanto ? Per quanto tempo ? È sempre così.
  Il danno alla salute ha fuorviato una logica di sistema perché è automatico che, quando ci si spezza un braccio, si è risarciti; se, però, ci si spezza un braccio mentre si sta andando a spezzarselo perché Pag. 18ci si deve rimettere a posto le ossa, il danno non c’è. Il danno biologico non è ontologicamente diverso dagli altri. Coprirà pure l'80 per cento dell'area del risarcimento, ma non snaturiamo l'essenza di un fenomeno per il fatto che il danno biologico è più rilevante degli altri.
  Se riusciamo a entrare in quest'ottica, per cui il danno biologico si risarcisce perché la lesione medicalmente accertabile è quella che incide sulla dinamica relazionale, si prendono quelle tabelle e le si applicano, facendo la tara a tutto ciò che biologico non è sul piano dinamico-relazionale, ammesso che vi sia un vizio dinamico-relazionale, un vulnus dinamico-relazionale.
  Lo stesso vale per il danno morale, che può esserci o meno nel biologico, ma che non è il mal di testa dopo la botta, come mi sono sentito dire, la sofferenza fisica. Il danno morale è la sofferenza, quando si sta male con se stessi, in conseguenza di una lesione fisica.
  Il discrimine diventa evanescente – lì però c’è bisogno di confrontarsi con altri mondi – quando il danno psichico diventa psicopatologico, cioè quando diventa malattia psichica. In quel caso è danno biologico, psichico ma pur sempre danno biologico, cioè una malattia conclamata. Se non si arriva alla malattia, la doppia dimensione della sofferenza sarà costituita sempre dalla sofferenza interiore e dalla vita che cambia.

  FRANCO VAZIO. Del resto, stanno iniziando a risarcire diffusamente il danno della madre che perde il figlio e che non esce più di casa. Questo non è un danno morale.

  GIACOMO TRAVAGLINO, Consigliere della Corte suprema di Cassazione. La sofferenza è la sofferenza, ma ha due facce. Se si ferma a osservare – è capitato a chiunque di avere nella vita amici e amiche con certe esperienze – le reazioni sono diverse, proprio perché sono i due aspetti diversi della sofferenza umana.
  Chi dentro di sé davvero smette di vivere non necessariamente cambia vita e viceversa. C’è chi ha un io morale talmente forte e solido per cui il fenomeno della resilienza si chiude, come ci insegnano gli psicologi, nel giro di poche settimane, ma non vive più. È, cioè, consapevole di una perdita, elabora un lutto, ritrova un'armonia interiore, ma non vive più. Semplicemente, si limita a stare col naso dietro la finestra. Ecco perché le ripeto che, se abbiamo chiari questi due aspetti di un'unica vicenda umana, la sofferenza, capiamo anche cosa si deve risarcire e cosa non si deve.
  Ho letto, nel controricorso di un'assicurazione che parliamo di categorie troppo indefinite e atipiche. Loro, ovviamente, volevano il solo danno biologico. Mi sono permesso di rispondere in sentenza che, purtroppo, in definitiva è atipica la sofferenza umana. Non parliamo, quindi, di categorie, ma cerchiamo di capire cos’è successo veramente nella vita di una persona.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Non voglio appesantire ma – poiché può darsi che dovremo fare un ulteriore approfondimento anche in relazione ad altre proposte di legge connesse – vorrei porle una questione.
  In definitiva, lei ci ha suggerito di dare una definizione dell'articolo 2059 del codice civile, ossia del danno non patrimoniale. Con riferimento a questa proposta di legge, la sentiremo nuovamente. In realtà, in essa è presente un richiamo – in parte ha già risposto al collega Vazio – alle tabelle di Milano, che quindi potrebbero rappresentare un parametro di riferimento adeguato per la questione del danno della vita di relazione, quindi del danno biologico e della vita di relazione.

  GIACOMO TRAVAGLINO, Consigliere della Corte suprema di Cassazione. Sì, perché ci lavorano da quindici anni.

  PRESIDENTE. Manca, invece, da quanto ho capito, anche in questa proposta, perlomeno alla mia conoscenza, un parametro del danno morale.

Pag. 19

  GIACOMO TRAVAGLINO, Consigliere della Corte suprema di Cassazione. Sì, spiegando che devono essere parametri flessibili.

  PRESIDENTE. Faceva riferimento all'ordinamento francese, ma mi pare che avesse parlato all'inizio anche di elaborazioni da parte degli psicologi.

  GIACOMO TRAVAGLINO, Consigliere della Corte suprema di Cassazione. Sì, gli psicologi del Lazio nel 2009 hanno fatto una tabella.

  FRANCO VAZIO. In questa luce, dovrebbero essere modificate anche le tabelle di Milano.

  GIACOMO TRAVAGLINO, Consigliere della Corte suprema di Cassazione. Adesso le dico cos’è successo con le tabelle di Milano.

  PRESIDENTE. So che sono state messe in discussione.

  GIACOMO TRAVAGLINO, Consigliere della Corte suprema di Cassazione. Sì, ma c’è una storia.

  ALFONSO BONAFEDE. Nel corso della sua audizione, il dottor Damiano Spera ha introdotto la possibilità di modificarle, non pagando l'importo fisso, ma una sorta di rendita.

  GIACOMO TRAVAGLINO, Consigliere della Corte suprema di Cassazione. Il dottor Spera non vi avrà detto – perché non poteva – che le tabelle del 2009 di Milano sono un sonoro ceffone alle sentenze del 2008 delle Sezioni unite perché nel 2009 le hanno cambiate. Se lei legge il preambolo, esso afferma che fino a un certo punto si è liquidato il danno biologico e il danno morale autonomo in una proporzione percentualistica, il che già lascia un po’ perplessi; poiché, secondo le Sezioni unite, il danno non patrimoniale è unico, allora si propone una certa liquidazione.
  La liquidazione che si propone è il vecchio biologico aumentato autonomamente, ma implicitamente, del vecchio morale, come a dire: ci infischiamo di quello che hanno detto le Sezioni unite.

  FRANCO VAZIO. In questa logica, seguendo la sua strada, si potrebbe arrivare a una rideterminazione delle tabelle senza questo punto elastico che riguarda l'aumento del danno morale, studiando una tabella morale suddivisa in sette od otto parti, come diceva.

  GIACOMO TRAVAGLINO, Consigliere della Corte suprema di Cassazione. Proprio così. Addirittura, può essere una scelta quella di farsi dare dagli psicologi del Lazio la tabella del danno relazionale e farne una tabella autonoma oppure utilizzare quella del danno biologico come parametro quando non c’è il danno alla salute.
  Il biologico, infatti, è un danno alla vita di relazione, questo deve essere chiaro. Questa è una scelta. Non so neanche dirvi cosa sarebbe più opportuno. Ripeto che l'importante è avere chiaro che ci sono questi due aspetti, che vanno risarciti ma vanno provati. Ecco perché è importante continuare a parlare di danno-conseguenza: il danno punitivo diventa automaticamente danno evento.
  Torniamo alla sentenza n. 184 del 1986 del giudice Dell'Andro: va bene, ma credo che non siamo ancora pronti per questo. Non è il momento perché, in realtà, quei risarcimenti sono riconosciuti iure proprio ai familiari. Il rischio di immaginare un risarcimento autonomo del deceduto immediatamente è che alla fine il giudice inconsciamente vada a lavorare abbassando i valori di entrambi per arrivare alla stessa liquidazione: ne vale la pena ?
  Premesso che su tutte le considerazioni etiche, filosofiche, religiose, sono pienamente d'accordo, noi purtroppo facciamo un mestieraccio: facciamo i giudici, gli avvocati, lavoriamo col diritto e il diritto è una metastruttura. In questo caso, bisogna chiedersi se incidere con una modifica Pag. 20sicuramente commendevole e rispettabile, ma di sistema, che entra cioè nella logica profonda di un sistema – in un momento come quello attuale in cui si lamenta l'eccessività dei risarcimenti per altri versi – costituisce una scelta ragionevolmente attuale o se forse si debba fare prima un altro tipo di lavoro, molto più faticoso e più serio. Lasciatemi dire che la responsabilità civile può avere questa piccolissima funzione educativa, naturalmente in prospettiva.

  ANDREA COLLETTI. Il mio intervento sarà molto sintetico e forse non riguarda neanche l'audizione in sé sul tema del danno non patrimoniale. Lei ha prima riferito in merito al cosiddetto decreto-legge Balduzzi ed alla qualificazione e responsabilità del professionista sanitario: le chiederei una valutazione sui profili di incostituzionalità di questa norma, non solo nel metodo ma anche nel merito.

  GIACOMO TRAVAGLINO, Consigliere della Corte suprema di Cassazione. Mi avvalgo della facoltà di non rispondere.

  DONATA LENZI. Come Commissione affari sociali, che ha tra i suoi ambiti di competenza anche la sanità, questa volta alla Camera riprendiamo per la quarta legislatura il tentativo di mettere mano alla questione della responsabilità penale, civile e amministrativa delle professioni del settore sanitario, che adesso coinvolge, ad esempio, le ostetriche almeno quanto i ginecologi, tanto per citare una categoria tra le più complesse.
  Noi avremmo provato una strada diversa da quella dei nostri predecessori, nonché dei colleghi dell'altro ramo del Parlamento, forse destinato ad essere abolito, quella cioè di lavorare insieme alla giustizia perché i punti di vista, così come le esigenze di sistema, sono diversi.
  Ci riserviamo di convocarla eventualmente per un'audizione specifica sull'argomento, tuttavia verifichiamo che l'aumento enorme delle cause ha moltissime ragioni, la più radicata delle quali, a mio giudizio, è di natura culturale e consiste nell'aspettativa della medicina che guarisce e non che cura, generando in tal modo un carico molto maggiore che si rivolge al sistema sanitario ed al professionista.
  Inoltre, esiste anche un atteggiamento più americano rispetto al ricorso alla magistratura e da tutto ciò è conseguito che, all'interno delle strutture sanitarie, indifferentemente pubbliche o private, sta cambiando il comportamento dei sanitari. Abbiamo 32 mila cause all'anno su questo, secondo i dati acquisiti. Non c’è un esito finale elevatissimo ma questo non significa nulla: il professionista, infatti, va nel panico anche solo se parte il procedimento.
  Le distorsioni consistono nell'evitare l'intervento a rischio da parte, ad esempio, di ortopedici, ginecologi, chirurghi. Se l'intervento è molto rischioso e non rientra nei canoni previsti, non lo si tenta neppure. Ovviamente, siccome la vita e le patologie non sono così facilmente prevedibili, può capitare che si debba mettere in campo la capacità istintiva e professionale maturata negli anni, ma se si corrono dei rischi e si è consapevoli che si sta evadendo dai comportamenti ordinari, si può anche decidere di non proseguire.
  Vi è poi lo scaricabarile: il paziente è molto difficile ? Non lo si prende in carico, ma lo si passa a qualcun altro, ad un altro ospedale. Esiste, inoltre, la tendenza a rapporti più difficili e conflittuali. Avevamo sviluppato da tempo una teoria secondo cui deve crearsi un'alleanza terapeutica, per cui il paziente deve essere coinvolto nel processo di cura in quanto è finita la fase del medico paternalista, che viene messa però in discussione nel momento in cui il paziente pensa che il medico possa sbagliare e che lui possa quindi trascinarlo in un processo. Viene meno così una teoria su cui stavamo andando un po’ più avanti, in maniera un po’ più innovativa.
  A ciò si aggiunge che l'obbligo generalizzato di assicurazione per i professionisti, che adesso per fortuna è stato rinviato nel tempo, provoca tutti i meccanismi noti nell'ambito assicurativo, ossia un aumento Pag. 21delle polizze; il giovane professionista medico, che paga o gli viene chiesto di pagare cifre molto elevate, tende quindi a non assicurarsi.
  Già da tre anni non esiste più assicurazione italiana che copra le strutture ospedaliere e le aziende sanitarie. Le due grandi assicurazioni internazionali attive nel settore sono inavvicinabili per i costi attuali del sistema sanitario ed abbiamo già tre regioni, ed altre ne arriveranno, in regime di autoassicurazione. Tutto ciò indica un sistema in sofferenza a causa del quale alla fine a rimetterci sarà il povero Cristo, che o è curato male oppure si trova di fronte a difficoltà notevoli.
  Le proposte sono molte e noi ipotizziamo tre strade diverse. Una è la depenalizzazione, come peraltro accade in altri Paesi, perché il penale è quello che fa più paura e provoca maggiore danno alla reputazione, che per questo settore e per i professionisti rappresenta un elemento fondamentale. Magari poi il procedimento, dopo molti anni, finisce nel nulla ma il prezzo già pagato è elevato dal punto di vista della reputazione.
  La seconda è un aumento dei casi di responsabilità oggettiva, scaricando sull'azienda sanitaria la responsabilità nei confronti del paziente. Questo sconta la difficoltà per cui, nel caso delle aziende pubbliche, secondo il diritto amministrativo e la Corte dei conti bisogna rivalersi sul professionista. Forse, allora, questo sarebbe uno strumento efficace per il paziente ma un po’ meno nei confronti dei professionisti. L'ultima consiste in una discussione sull'efficacia o meno degli obblighi di assicurazione.
  In questo quadro, abbiamo capito e condiviso le preoccupazioni dei colleghi che non si possa andare verso una specificità. Facciamo però presente che dopo il cosiddetto decreto-legge Balduzzi, che un po’ tentava di rispondere a questo, forse sbagliando – non è del tutto colpa di Balduzzi, ci sono stati infatti diversi passaggi parlamentari...

  GIACOMO TRAVAGLINO, Consigliere della Corte suprema di Cassazione. Balduzzi ha fatto un decreto che tutto sommato stava in piedi.

  DONATA LENZI. È stata una questione di mutazioni nei passaggi parlamentari.

  GIACOMO TRAVAGLINO, Consigliere della Corte suprema di Cassazione. Non solo parlamentari, ma anche in materia di studi.

  DONATA LENZI. Entrambi i lati si sono tradotti in emendamenti. Rischiamo di trovarci, però, di fronte a una pressione enorme rispetto ad un settore che in questo minaccia non solo lo sciopero, ma atteggiamenti di ostruzionismo: lei vede un'altra via d'uscita ?

  GIACOMO TRAVAGLINO, Consigliere della Corte suprema di Cassazione. Le dico subito che anche questa è una domanda che presuppone una serie di risposte complesse. Sarei contento di fornirgliele, soprattutto perché non sono solo, come un Giano bifronte, uno dei responsabili della creazione di un sistema di responsabilità medica che ha portato a queste conseguenze.
  So infatti che alcune mie sentenze, addirittura quella sul nascituro malformato, hanno fatto scappare i Lloyd's di Londra. Mi hanno detto che è arrivata una telefonata in uno studio di Milano nella quale si diceva che, se si fosse risarcito anche il minore malformato iure proprio, si sarebbero ritirati dal settore. Da questo punto di vista, mi autodichiaro responsabile di un'evoluzione di sistema.
  Sono, al tempo stesso, figlio di una mamma che viene da diciassette generazioni di medici e che in un paio di occasioni di mie sentenze mi ha cacciato di casa; ho una compagna chirurgo, un'ex moglie proprietaria di una clinica privata: nessuno più di me può parlarle di questo problema a tutto tondo.

  FILIPPO FOSSATI. Allora, ci metta una dose di vendetta.

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  GIACOMO TRAVAGLINO, Consigliere della Corte suprema di Cassazione. Ne sono incapace. Ho tutti i difetti di questo mondo, sono un ossessivo compulsivo, un narcisista, ma non sono capace di essere vendicativo, al contrario.
  Ci sono risposte da dare, innanzitutto, sulla struttura dei comportamenti, poi sulla cultura dei comportamenti. Dobbiamo partire dalla premessa che veniamo da un'epoca che ha trasmesso il messaggio che si guarisce, non si muore e si diventa più belli. Tutto questo è fuorviante, ma è la realtà con cui si confrontano i medici, in parte anche per loro colpe. Culturalmente, i medici cominciassero a spiegare che si muore, si sbaglia, non si è eterni e talvolta non si diventa più belli.

  DONATA LENZI. Ho 400 ordinanze sul caso Stamina.

  GIACOMO TRAVAGLINO, Consigliere della Corte suprema di Cassazione. Questo è il problema. Cominciamo dunque col dire che stiamo forse uscendo da quest'idea di vita, prima ancora che di medicina. I modelli che abbiamo inevitabilmente assimilato – mi riferisco soprattutto alle generazioni più giovani – sono questi. Inoltre, da un punto di vista culturale lei parla di alleanza terapeutica: facciamo in modo che non sia solo una declamazione.
  Ne parlavo con l'onorevole Bonafede in corridoio prima dell'audizione: è importante che il medico spieghi tutto questo con un tratto di gentilezza. Le assicuro che ci sarebbe già un abbattimento del 50 per cento delle cause per responsabilità medica. Il paziente non vuole essere rassicurato, né coccolato, né accudito, ma assistito; ciò significa spiegare con garbo, nella misura in cui l'interlocutore capisce. Dovrebbe essere una regola di vita, quantomeno dovrebbe essere una regola nei rapporti tra paziente e medico. Queste sembrano chiacchiere ma le assicuro che sono mille volte più importanti.
  A questo si aggiunge una serie di problemi di struttura e di funzione della responsabilità civile e penale, ma per far questo, per parlare di questo, occorre tempo. Sono del sommesso avviso che non sarebbe sbagliato immaginare un codice della responsabilità medica, come hanno fatto in Francia.
  Nel 2002 in Francia – ma il primo risale addirittura al 1996 – venne pubblicato il Code de la santé publique, un codice di settore. Per far questo, c’è bisogno di chiamare persone che ne capiscano, due professori universitari, due avvocati, due magistrati, due medici legali, due medici: poca gente ma che sia davvero competente.
  Se si immagina infatti, come tante volte si è sentito dire, di dare vita a queste commissioni dove i criteri sono altri, ciò non serve a niente; tuttavia, l'idea di un codice della responsabilità medica – badate bene, non del danno – andrebbe preso in considerazione. Per il danno, infatti, sono sempre del sommesso avviso che la questione si possa risolvere semplificando una serie di aspetti, ma su questo c’è da pensare seriamente a una serie di evoluzioni giurisprudenziali nel riparto dell'onere della prova e della causalità nonché nell'indicazione dei criteri del nesso causale. È complicato.
  Al tempo stesso, bisogna anche insistere – probabilmente anche attraverso medici che imparino a difendersi da soli di fronte ad accuse manifestamente infondate – su aspetti della responsabilità deontologica dell'avvocato. Il medico che sa di essere fatto oggetto di una richiesta fuorviante può scrivere due righe all'avvocato, spiegandogli che, secondo il suo codice deontologico, in base a questo o a quell'articolo, le cause manifestamente infondate sono fonte di responsabilità. Serve una responsabilizzazione un po’ a tutto campo.

  DONATA LENZI. Lì c’è il problema del consenso informato.

  GIACOMO TRAVAGLINO, Consigliere della Corte suprema di Cassazione. Anche di quello, se vuole, possiamo parlare, ma non finiamo più.

  PRESIDENTE. Resteremo comunque in contatto con la Commissione affari sociali. Pag. 23I problemi si intersecano ed anche se la Commissione di riferimento è un'altra i provvedimenti vengono sottoposti per il parere anche alla Commissione giustizia. Oggi, tra l'altro, avevo avvertito dello svolgimento di questa audizione anche i colleghi delle due Commissioni finanze e attività produttive.
  Ringraziamo molto il consigliere Travaglino, con il quale – assieme anche al relatore – ci sarà semmai modo di poterci ulteriormente confrontare.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 17.