XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Giovedì 28 gennaio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 2892  MOLTENI, C. 3384  MAROTTA, C. 3380  LA RUSSA E C. 3434  GREGORIO FONTANA, RECANTI MODIFICA ALL'ARTICOLO 52 DEL CODICE PENALE, IN MATERIA DI DIFESA LEGITTIMA

Audizione di Alessio Lanzi, Professore di diritto penale presso l'Università degli studi di Milano Bicocca, di Carlo Nordio, Procuratore aggiunto della Procura della Repubblica di Venezia e di rappresentanti del Consiglio nazionale forense.
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Molteni Nicola (LNA)  ... 3 
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Lanzi Alessio , Professore di diritto penale presso l'Università degli studi di Milano Bicocca ... 3 
Ferranti Donatella , Presidente ... 7 
Nordio Carlo , Procuratore aggiunto della Procura della Repubblica di Venezia ... 7 
Ferranti Donatella , Presidente ... 9 
Savi Stefano , Consigliere del Consiglio nazionale forense ... 9 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Savi Stefano , Consigliere del Consiglio nazionale forense ... 11 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Savi Stefano , Consigliere del Consiglio nazionale forense ... 11 
Ferranti Donatella , Presidente ... 14 
Ermini David (PD)  ... 14 
Marotta Antonio (AP)  ... 15 
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 15 
Ferranti Donatella , Presidente ... 17 
Nordio Carlo , Procuratore aggiunto della procura della Repubblica di Venezia ... 18 
Lanzi Alessio , Professore di diritto penale presso l'Università degli studi di Milano Bicocca ... 19 
Ermini David (PD)  ... 20 
Lanzi Alessio , Professore di diritto penale presso l'Università degli studi di Milano Bicocca ... 20 
Nordio Carlo , Procuratore aggiunto della Procura della Repubblica di Venezia ... 20 
De Michele Antonio , Consigliere del Consiglio nazionale forense ... 21 
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 22 
Ferranti Donatella , Presidente ... 22

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale - Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 14.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, ove non vi siano obiezioni, anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di Alessio Lanzi, Professore di diritto penale presso l'Università degli studi di Milano Bicocca, di Carlo Nordio, Procuratore aggiunto della Procura della Repubblica di Venezia e di rappresentanti del Consiglio nazionale forense.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame delle proposte di legge C. 2892 Molteni, C. 3384 Marotta, C. 3380 La Russa e C. 3434 Gregorio Fontana, recanti modifica all'articolo 52 del codice penale, in materia di difesa legittima, l'audizione di Alessio Lanzi, Professore di diritto penale presso l'Università degli studi di Milano Bicocca, di Carlo Nordio, Procuratore aggiunto della Procura della Repubblica di Venezia e di rappresentanti del Consiglio nazionale forense. Sono presenti Stefano Savi e Antonio De Michele.

  NICOLA MOLTENI. Signor presidente, vorrei innanzitutto ringraziare gli illustri relatori. Purtroppo, in qualità di relatore del provvedimento, non potrò fermarmi ad ascoltare quanto di interessante verrà detto poiché, a causa dello sfasamento dei lavori d'Aula, ho un impegno politico a Milano nel pomeriggio.
  Chiedo cortesemente a tutti, se fosse possibile, di farci pervenire una nota scritta su quello che verrà detto, in modo tale che possa essere un materiale utile per la definizione di un testo unificato rispetto alle quattro proposte di legge presentate, anche alla luce di quanto è già stato detto ieri dal professor Baldi. Credo che possa essere materia utilissima ai fini della nostra proposta di legge.
  Mi scuso ancora e, ovviamente, ringrazio i nostri ospiti.

  PRESIDENTE. Credo che possiamo risolvere. Innanzitutto, trattandosi di indagine conoscitiva, c’è lo stenografico, quindi ci sarà la trascrizione del vostro intervento, che vi verrà anche inviata.
  Eventualmente, se riterrete, anche alla luce del dibattito, di farci pervenire, come suggeriva il relatore, ulteriori proposte di correzione o integrazione del testo, valutatelo voi. Comunque sia, voi riceverete la trascrizione dell'intervento, così il vostro lavoro è agevolato.
  Vi ringraziamo per la disponibilità.
  Nel dare la parola al professor Alessio Lanzi, professore di diritto penale presso l'Università degli studi di Milano Bicocca, chiedo ai nostri ospiti di contenere gli interventi nel limite di dieci minuti, un quarto d'ora.

  ALESSIO LANZI, Professore di diritto penale presso l'Università degli studi di Milano Bicocca. Va bene, lei comunque mi tolga pure la parola.
  Parliamo delle proposte di legge in relazione alla modifica dell'articolo 52 del Pag. 4codice penale in tema di legittima difesa. Vorrei premettere, tanto per chiarire quelle che saranno le conclusioni della mia argomentazione, un inquadramento dell'istituto, poiché non deve sfuggire il punto da cui partiamo per vedere di che cosa stiamo parlando e, quindi, dove vogliamo arrivare.
  Le tematiche sono varie, però le principali sono quelle che la legittima difesa, come causa di giustificazione, si inserisce nella categoria delle scriminanti, limiti scriminanti, vale a dire elementi negativi del fatto di reato. Il fatto di reato è scritto nel senso di prevedere un divieto, a meno che non ricorra un limite scriminante. Quindi, fanno parte del fatto, costruite negativamente.
  Queste scriminanti, chiaramente, hanno una grande variabilità storica. Come i divieti, anche le scriminanti facenti parte del fatto subiscono le conseguenze dell'evoluzione dei tempi e delle contingenze della collettività. Pensiamo soltanto che il divieto riguardava anche l'adulterio: oggi sembra ridicolo, però le contingenze cambiano, i costumi si modificano, quindi, anche la scriminante subisce l'andamento degli umori della collettività.
  Da un punto di vista sistematico di quello che si potrebbe chiamare una sorta di diritto naturale, le limitazioni che hanno le scriminanti sono delle limitazioni relative agli interessi essenziali della collettività. Quindi, si ritiene che non possa essere mai scriminata una condotta che di per sé stessa è lesiva degli interessi essenziali della comunità. Fra questi, chiaramente, vi è il bene della vita.
  Peraltro, il discorso alla base del rapporto fra offesa e difesa, quindi, i contenuti del limite scriminante sono nel senso di volersi prevedere una difesa che sia omogenea rispetto all'offesa e all'aggressione. Questo è addirittura codificato anche espressamente a livello di CEDU (Convenzione europea dei diritti dell'uomo), che è il testo convenzionale che, in modo assolutamente invasivo, attraverso l'applicazione giurisprudenziale della Corte EDU, ha pieno ingresso non solo nell'applicazione ma anche nella legalità nazionale.
  Quindi, pur riconoscendo il diritto alla vita di ognuno, la stessa possibilità di danneggiare questo diritto alla vita è consentito nel caso di assoluta necessità addirittura dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo.
  La prospettiva, quando parliamo di beni primari di cui si consentirebbe l'aggressione da parte di colui che si difende, è un problema che si inserisce nel quadro della necessità, ossia la prospettiva può essere quella di considerare scriminato tutto ciò che è necessario per tutelare un bene, in modo tale che l'offesa che si provoca è data dalla necessità di tutelare un bene omogeneo rispetto a quello che viene danneggiato.
  La proporzione, che è l'elemento più labile, più instabile della connotazione delle scriminanti, specie della legittima difesa, attiene storicamente alla tutela dei beni patrimoniali. Mentre la necessità è qualcosa di impellente e riguarda un «bene vita», un «bene incolumità personale», viceversa, la proporzione è un problema che nasce quando vengono in contrapposizione da un lato il bene patrimoniale e dall'altro l'incolumità personale dell'aggressore del bene. Allora, si dice che non è proporzionale il divario e il conflitto, quindi tutta l'interpretazione è nel senso di parlarsi di proporzionalità ante riforma del 2006, non esclusivamente rispetto ai beni ma anche rispetto ai mezzi. Sostanzialmente la riforma del 2006, che da un punto di vista di impatto pratico ha avuto un esito praticamente nullo, perché andava a toccare le tematiche della proporzionalità, l'unico effetto che può aver avuto è quello di confermare la prospettiva che la proporzionalità fra beni non può riguardare solo astrattamente i beni, ma bisogna considerare anche i mezzi attraverso i quali certi beni vengono aggrediti.
  Ora, è chiaro che questo di cui stiamo parlando è il tema della legittima difesa come elemento negativo di fatto penalmente rilevante. Quindi, è un dato oggettivo. Viceversa, altro discorso sarebbe quello della difesa non legittima ma scusata. Ad esempio, i sistemi come il sistema Pag. 5spagnolo ammettono il miedo nel difendersi, la paura nel difendersi, quindi, considerano non punibile un fatto compiuto in certe circostanze, ancorché non lo si possa considerare legittimo. Però questa è un'altra prospettiva rispetto a quella che sembra percorsa dalle proposte di legge all'esame.
  Il principio su cui si basa la legittima difesa è comunque il principio di contraddizione. Non è possibile che un fatto sia illecito nella misura in cui costituisce un fatto autorizzato, quindi tutelato, e come, talvolta, si dice non è possibile l'interesse di riconoscere un valore positivo e contemporaneamente valutato negativamente. Dunque, per evitare la contraddizione, è possibile il ricorso sistematico alla legittima difesa. Ciò significa anche che la norma sulla legittima difesa – attenzione – è una norma disciplinante, non fondante. La legittima difesa come istituto è un istituto di diritto naturale; la disciplina concreta è quella espressa dalla norma, però sulla base di un qualche cosa di esistente nel diritto, a prescindere dalle contingenze del diritto positivo.
  Altro importante aspetto è che la difesa legittima per essere legittima deve essere contro una minaccia di aggressione di un bene, non in relazione a un bene già violato, altrimenti non sarebbe più difesa legittima ma sarebbe vendetta. Saremmo nel campo della vendetta se si perde l'attualità del pericolo; quindi, la difesa in relazione alla minaccia di un'aggressione.
  Come dicevo prima, e qui è il punto saliente, la legittima difesa determina la conseguenza che il fatto è lecito – non solo non è punibile, ma è proprio un fatto lecito – perché è un fatto annullato dal limite scriminante e anzi, come si ritiene spesso in dottrina (e mi sento di sottoscrivere questa impostazione), la possibilità di ricorrere alla legittima difesa attua lo stesso ordine giuridico. In altre parole, l'ordine giuridico che deve passare attraverso la tutela di determinati beni è attuato, contingentemente e in parte qua, grazie al ricorso della legittima difesa.
  Qui si viene alla scelta di campo che viene proposta da tutti gli autori, di qualsiasi matrice, considerando anche quella politica. Per esempio, in dottrina, anche pensatori di sinistra propongono questa prospettiva che vi rassegno. Sarebbe il tempo di un cambio di prospettiva di impostazione, da una legittima difesa vista come uno strumento residuale, di autotutela, eccezionalmente ammesso in deroga al principio generale del monopolio dello Stato all'uso della forza. Questa è peraltro l'impostazione del nostro Codice, perché è chiaro che quando c’è lo Stato totalitario, lo Stato come elemento di riferimento completo, esso non può consentire che il privato attui le sue prerogative. Di regola, dunque, non si potrebbe mai derogare al monopolio statale dell'uso della forza, salvo casi eccezionali, che sono quelli della legittima difesa.
  Questa è un'impostazione storica, datata, da ritenere – e condivido sul punto le più recenti impostazioni – superata. In realtà, la legittima difesa può essere considerata lo strumento con il quale il cittadino partecipa attivamente alla difesa dell'ordine giuridico, a fianco e in sostituzione, per esigenze contingenti, dell'autorità statale. Praticamente è un criterio liberale che si introduce, vale a dire: tu non sei eccezionalmente autorizzato a fare qualche cosa laddove il principio generale è che lo deve fare lo Stato; tu sei collaboratore dello Stato e in relazione a determinati beni consenti la concretizzazione dello stato di diritto, dell'ordinamento giuridico, perché per quella particolare situazione io Stato con te collaboro e quindi ti dico che puoi fare determinate cose.
  Questa, a ben vedere, è un'impostazione di diritto penale assolutamente diffusa e moderna, perché da questo nasce la cosiddetta «teoria del garante». Tutte le volte che lo Stato non riesce da solo a impedire determinati risultati ritenuti nocivi, viene messa una persona, un individuo a tutela di quei beni e – attenzione – ne risponde addirittura penalmente se non li tutela. Pensate al datore di lavoro in relazione alla salute dei dipendenti; pensate ai sindaci o agli amministratori delle società in relazione alle gestioni delle società; Pag. 6pensate ai contribuenti e ai sostituti d'imposta, pensate a tutte le situazioni, gestite dal diritto penale, in cui esiste la teoria del garante. Ciò significa che lo Stato chiede necessariamente la collaborazione dell'individuo e, addirittura, se l'individuo non collabora e non tutela quei beni, subisce una responsabilità penale.
  Questo si realizzerebbe, mutatis mutandis, anche nella prospettiva di una legittima difesa intesa in termini più ampi di quello che attualmente è; vale a dire l'attuazione dello stato di diritto ha come garante, in quella situazione contingente, l'individuo che diventa garante dell'incolumità propria e dei suoi conviventi. Questo potrebbe essere il salto interpretativo grazie al quale dare ingresso alla fattibilità delle proposte eventuali di modifica.
  Il tutto, poi, in una situazione contingente che assolutamente, io credo, non può essere dimenticata. Stiamo completamente perdendo – ma questo sta diventando sempre più chiaro e pacifico – il principio della legalità espressa dalla Costituzione. I più giovani forse meno, ma noi generazione nata nel forte contesto di princìpi costituzionali, nazionali e interni, guida nell'interpretazione e nella normazione penale, abbiamo come punto di riferimento il principio di stretta legalità. Solo per legge un fatto può essere previsto come reato.
  Questo sta assolutamente cambiando. La legalità – spero ve ne siate accorti – non è più questa, perché attualmente, grazie anche all'influsso del diritto europeo, della giurisprudenza europea, della giurisprudenza convenzionale europea, sta prendendo piede l'idea stessa della previsione penalistica da parte del giudice supplente. Il diritto vivente sta entrando a determinare l'esistenza delle fattispecie penali, al di là e oltre la previsione di legge.
  Questo è un dato di fatto. Se vedete le ultime sentenze di legittimità, per esempio l'ultimissima in tema di false comunicazioni sociali, la n. 890 del 2016, è chiarissimo che il giudice di fronte a una norma che ritiene non determinata non solleva il dubbio di costituzionalità della norma perché non è determinata, ma dice che, non essendo quella determinata, è lui a determinarla in relazione al caso concreto. Questo è un passaggio culturale epocale che sta accadendo e del quale non si può non tener conto in ogni riforma normativa a contenuto penalistico. Ciò significa che se si vuole rendere qualcosa di veramente nuovo ed efficace bisogna abbandonare il riferimento alla proporzionalità. La proporzionalità, infatti, non è codificabile, ma ha tali e tanti casi concreti di riferimento che o si fa una norma che è impraticabile, perché non sarebbe più una norma astratta, ossia in cui si prevede esattamente tutto quello facendo il quale il difensore può usarla come parametro di difesa, il che è irrealizzabile, o si lascia completamente aperta e indeterminata la prospettiva, e allora da una legittima difesa codificata ai sensi di legge da parte del legislatore si passa, come si è passati recentemente, a una legittima difesa non più codificata ma ritenuta dal diritto giurisprudenziale. Questa è la verità di cui francamente bisogna rendersi conto.
  In questa prospettiva – con questo chiudo – io credo che le premesse da ipotizzare come essenziali, al fine di qualsivoglia riforma normativa sulla legittima difesa che voglia essere efficace, debbano essere la sensibilità delle situazioni contingenti e le richieste della collettività in relazione a queste situazioni contingenti. Il privato chiede di potersi adeguatamente difendere e lo Stato che non può agire direttamente lo deve considerare un suo collaboratore.
  Il problema vero per una codificazione nuova dell'articolo 52 del codice penale è quello che riguarda la necessità, cioè, abbandonando la prospettiva della proporzione, la necessità di salvaguardia in relazione all'incolumità. Il riferimento chiaramente deve essere a una salvaguardia rispetto alla minaccia di aggressione dell'incolumità, quindi ci deve essere un'attualità dell'aggressione perché ci sia questa prospettiva di far salva la necessità del comportamento.
  Ribadisco che l'esperienza in tema di proporzione ci dice che è inutile insistere Pag. 7su di essa. La riforma del 2006 ne è il testimone, infatti, non è servita a niente e non ha cambiato niente perché intacca principi pratici e contingenti non codificabili. Io credo, quindi, che, anche nella prospettiva di confermare un primato del legislatore in relazione al diritto giurisprudenziale alternativo e confliggente, sarebbe indispensabile, ai fini di una legittima difesa, ipotizzare una scriminante che, con riguardo alla tutela del domicilio, sia a metà fra una legittima difesa e uno stato di necessità, intendendo con ciò la necessità di salvaguardia della incolumità propria e altrui.
  Chiaramente questo richiama le esigenze di una situazione di emergenza, il che può consentire, in situazioni di emergenza, di sottolineare l'aspetto di una necessità presunta.
  In questa prospettiva, vanno visti i quattro progetti che mi sono stati rassegnati e che sono alla vostra attenzione, cioè quella di evitare delle cadute nuove e continue sulle tematiche della proporzione che sono assolutamente – lo ripeto – non descrivibili in termini astratti in un contesto normativo o evitare degli scavallamenti nella prospettiva della putatività, cioè del ritenere.
  Dire «vedendosi aggredito, fa questo perché è prevedibile o imprevedibile l'aggressione» significa parlare non più di difesa legittima oggettiva, ma di difesa scusata, per cui si tratta di un altro piano argomentativo e concettuale. Certo, se vogliamo stare sul dato oggettivo, dobbiamo basarci sulla necessità, cioè su una necessità presunta in relazione a una minaccia contingente.
  Fra le varie proposte di legge, l'A.C. 2892 è sulla falsariga del codice penale francese, da questo è quasi mutuato in pieno. Certo, lì si prevede «il tempo di notte», per cui l'unica differenza è che nel codice penale francese si prevede la notte, invece in quel progetto la notte non è più presente, ma si prevede la persona travisata, anche se queste sono tematiche di dettaglio. Io credo che, se si vuole agire efficacemente, la prospettiva dovrebbe essere – e chiudo – una soluzione tipo quella contenuta nella proposta di legge A.C. 2892 dove si supera la proporzionalità e si ribadisce la centralità del problema delle necessità presunte, quindi una norma a cavallo fra l'articolo 52 e l'articolo 54 del codice penale. Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola al procuratore Carlo Nordio.

  CARLO NORDIO, Procuratore aggiunto della Procura della Repubblica di Venezia. Intanto, ringrazio per l'onore che mi è stato fatto chiedendo il mio parere. Non mi ero accordato con il professor Lanzi sul tenore del suo intervento, per cui arrivo subito alle mie conclusioni.
  Anch'io sono d'accordo sul fatto che delle proposte di legge che ho visto ho trovato estremamente interessante la proposta A.C. 2892 sulla nuova presunzione legale in materia di legittima difesa domiciliare. Certo, se ci sarà la possibilità e se il tempo che è tiranno me lo consentirà, magari dirò quella piccola cosa che mi differenzia dalle posizioni del professore e che è squisitamente dogmatica. Prima, vorrei arrivare al nocciolo del problema.
  Il diritto penale è essenzialmente scelta politica prima ancora che giudiziaria e lo è inevitabilmente, quando noi parliamo di scelte riguardo al diritto penale nella parte speciale, cioè il catalogo dei reati che cambiano continuamente perché quello che una volta era reato oggi non lo è più e viceversa, ma anche e soprattutto nella parte generale che è quella che dà la struttura all'intero sistema punitivo e sanzionatorio. Purtroppo – dico «purtroppo» perché io sono magistrato e, non per spocchia ma per umiltà, penso che il magistrato debba essere sempre al di fuori delle valutazioni di ordine politico – come magistrato la valutazione tecnica è inevitabilmente, per quanto riguarda il diritto penale, connotata anche dai risvolti politici.
  La domanda che noi ci dobbiamo fare e che non tutti si sono fatti in questi ultimi decenni è la seguente: com’è possibile che un codice penale, firmato da Benito Mussolini e Vittorio Emanuele III nel 1930, Pag. 8abbia resistito addirittura meglio del codice di procedura penale che è stato firmato da una medaglia d'oro della Resistenza, il professor Vassalli, nel 1989, quindi, da un padre autorevole della Costituzione. Pure il codice di procedura penale è stato demolito e cambiato molto di più del codice penale che è stato firmato da Mussolini e dal re e che ha un'ideologia, non dico «fascista» perché sembra un po’ troppo politica, ma hegeliano-idealista, cioè quella dello Stato etico.
  Com’è possibile che questo codice abbia resistito a settant'anni di Costituzione ? È possibile per una ragione molto semplice: la nostra Costituzione – mi dispiace, non la butto in politica, ma in cultura giuridica – è un miracolo di architettura e di compromesso politico in un'Italia uscita dalla guerra. Tuttavia, questo miracolo di compromesso ha avuto come risultato il connubio di due ideologie, quella cattolica (vedasi la firma di De Gasperi) e quella marxista (vedasi la firma di Terracini), che ha completamente annichilito l'ideologia liberale.
  In questa concezione, il cittadino non è più un cittadino optimo iure, ma è un suddito. Inoltre, per quanto riguarda anche il suo rapporto nei confronti dello Stato, quando si difende da un'aggressione, come tale viene considerato, cioè viene considerato un suddito. Ecco perché il codice penale – che pure considerava il cittadino italiano nel 1930 come un suddito – coincide o è coerente o, comunque, si può conciliare con la Costituzione. Il cittadino è visto non come il soggetto dello Stato liberale, ma come l'oggetto di uno Stato etico che era quello hegeliano di Gentile, di Mazzini e di Mussolini del codice penale o quello sociale del marxismo o quello religioso del cattolicesimo.
  In queste tre ideologie, lo spazio per il singolo come viene inteso dal contratto sociale di John Locke, cioè il soggetto liberale, è annichilito. Cosa c'entra questo con la legittima difesa ? C'entra perché il problema della legittima difesa, come tutti gli altri problemi delle cosiddette «scriminanti» che il professor Lanzi vi ha così ben spiegato, risponde alla seguente domanda: fino a che punto io cittadino mi posso difendere, quando sono aggredito ? Lo Stato mi risponde: «tu che sei un suddito puoi difenderti entro questi limiti che sono l'attualità del pericolo, cioè il ladro deve essere in casa, e la proporzionalità, cioè puoi sparare se ti minaccia la vita, ma non puoi sparare se scappa con gli ori della casa».
  Questo non è che sia sbagliato in sé e per sé perché nessuno di noi ammette che si possa sparare alle spalle del ladro che scappa con la gallina. Questo è ovvio, però è l'impostazione che è sbagliata. L'impostazione – lo ripeto – è la seguente: fino a che punto tu cittadino hai il diritto di reagire ? Sono io lo Stato – Stato etico, Stato religioso, Stato marxista o chiamatelo come volete – che ti dico fino che punto puoi andare e non oltre.
  Tuttavia, è lo Stato liberale che noi vorremmo, visto che oggi tutti si dicono liberali. Certo, non la voglio mettere in politica, ma un codice penale è il riflesso della politica e non si può mettere un codice penale che sia svincolato da questa.
  Inoltre, visto che l'orientamento, almeno ufficiale, è quello e visto che il marxismo è morto, il cristianesimo si è secolarizzato e il fascismo non ne parliamo, mettiamola dal punto di vista liberale: qual è l'impostazione logica dell'idea liberale dello Stato del codice penale e quale quella delle scriminanti e della legittima difesa ?
  Non è più la domanda «fino a che punto io cittadino ho il diritto di reagire», ma è la domanda «fino a che punto io Stato ho il diritto di punire un cittadino che si è difeso da un'aggressione che io Stato non sono riuscito impedire».
  Questo è il capovolgimento logico concettuale, dogmatico e filosofico di uno Stato liberale in cui ammettiamo – mi pare che oggi lo ammettiamo tutti – che lo Stato non è più lo Stato etico o fascista o marxista o altro, ma è il frutto di un contratto sociale teorizzato, non da Rousseau che era un po’ fanatico, ma da John Locke.Pag. 9
  Con quel contratto il cittadino fa un patto sociale con la politica e con lo Stato. Io cittadino che ho dei diritti naturali che sono quelli della libertà, dell'incolumità e della proprietà, rinuncio all'esercizio mio di questi diritti e non mi faccio giustizia da me perché mi fido di te Stato, quindi devolvo l'esercizio di questi miei diritti fondamentali a te che me li devi restituire sotto forma di diritti di cittadinanza. La protezione alla mia incolumità non la tutelo da me, ma la devolvo a te che hai i carabinieri, che hai la magistratura, che hai la polizia giudiziaria eccetera.
  Certo, se tu sei inadempiente al contratto che io ho fatto con te e non mi tuteli, visto che non ti ho firmato una cambiale in bianco e non ti ho concesso irreversibilmente l'esercizio del mio diritto naturale, io mi riprendo i miei diritti. Come me li riprendo ? Li riprendo esattamente come ha detto il professor Lanzi, cioè facendo io quello che tu non riesci a fare. Questo vuol dire che, se un ladro mi entra in casa e tu non mi difendi perché non hai il carabiniere, mi difendo da me.
  Detto questo, il problema è molto semplice. A me è piaciuta molto la presunzione legale di legittima difesa e mi piace anche l'idea della minorata difesa, come elemento fondante di una norma. Tuttavia, il principio fondamentale è che, come ho detto dieci anni fa al Ministro Castelli, quando avevo il privilegio di presiedere la Commissione per la riforma del codice penale, vi illudete se pensate di cambiare la disciplina della legittima difesa soltanto cambiando un articolo.
  In quell'occasione, il Ministro Castelli, per ragioni sue, volle portare questo provvedimento all'approvazione contro il nostro parere, non perché fossimo contrari alla modifica della legittima difesa, ma perché gli dissi chiaramente: «se voi volete cambiare soltanto una scriminante, come la legittima difesa, senza cambiare il complesso totale delle scriminanti nel codice penale, togliete un mattone da una casa, per cui i casi sono due perché o la casa crolla e il codice penale va sfascio, ma non accadrà, oppure tutto resta come prima, infatti è rimasto come prima».
  Nell'ottica liberale – e concludo – la riforma che riguarda la legittima difesa deve riguardare tutte le scriminanti. In merito, non è che sia in dissenso con il professor Lanzi, anzi direi che sono in completo assenso.
  Tuttavia, le cose non stanno come dice lui – almeno secondo me, anche se posso sbagliare – perché, se voi leggete il codice, vedete che tutte queste discriminanti (uso legittimo delle armi e legittima difesa) cominciano con «non è punibile». Cosa vuol dire che «non è punibile» ? In merito, il professore ha detto che non fa parte della struttura del reato. Ora, senza addentrarmi nella dogmatica giuridica, ciò vuol dire, che io Stato riconosco che tu hai commesso un reato, però non ti punisco.
  Su questo sono state scritte biblioteche, cioè circa la questione se fossero esimenti, della fattispecie del fatto e dell'antigiuridicità, ma lasciamo perdere.
  Noi abbiamo detto nella nostra proposta di dieci anni fa chiaro e tondo quello che adesso ha ribadito il professor Lanzi, ma che non dice la giurisprudenza, cioè che in presenza di una scriminante il fatto di reato non sussiste. La conseguenza pratica – e ho finito – fondamentale è che, mentre oggi chi viene processato per un reato, se invoca la legittima difesa e gli viene riconosciuta, è prosciolto perché il fatto non costituisce reato, nella nostra opinione è prosciolto perché il fatto non sussiste. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, professore. Completerei con i rappresentanti del Consiglio nazionale forense (CNF), l'avvocato Stefano Savi e l'avvocato Antonio De Michele.

  STEFANO SAVI, Consigliere del Consiglio nazionale forense. Intanto, ringrazio a nome del CNF per la convocazione e per la richiesta di parere.
  Al di là dell'inquadramento di natura generale che naturalmente condividiamo e che ci è stato proposto ex professo rispetto alla causa di giustificazione, noi siamo qui per un parere sull'articolo 52 del codice penale che sta pienamente nel sistema che Pag. 10oggi regge la scriminante, ma anche tutto l'impalcato della normativa in campo penale.
  Noi riteniamo che le osservazioni che andremo a fare debbano essere contenute in questo ambito di principi che fino a oggi regge tutta questa materia, a cominciare da quello contenuto nell'articolo 2 della CEDU che, comunque sia, vincola l'uso della violenza, o meglio vincola la possibilità di ledere determinati beni fondamentali, come quello della vita, al fatto che sia necessario per garantire la difesa di ogni persona.
  In questo ambito, affinché l'articolo 52 del codice penale, come possa essere novellato, rimanga nell'ambito di una sistematicità che queste singole norme non vanno certo a ledere, noi riteniamo che il principio di proporzionalità che regge questa materia oggi debba essere mantenuto, magari meglio formulato o magari adattato a esigenze che obiettivamente la società ci pone, ma che comunque non possa essere assolutamente superato.
  Ci rendiamo conto che attualmente la domanda che spesso sentiamo proporre è quella di adeguare gli strumenti che in oggi esistono a condizioni sociali che si stanno anche modificando. Inoltre, siamo anche convinti che sia giusto intervenire sugli effetti – l'articolo 52 del codice penale interviene sugli effetti in senso ampio – ma soprattutto l'attenzione deve sempre essere posta sulle cause, quindi l'intervento non può che andare al di là di una considerazione dell'articolo 52 del codice penale. L'articolo 52, come peraltro tutte le norme, vive in un contesto sociale, per cui merita di essere doverosamente adeguato alle condizioni che via via la società ci pone. Peraltro, l'articolo 52 del codice penale si applica in condizioni patologiche, cioè quando succedono dei fatti che impongono in qualche modo di superare le prassi ordinarie.
  Questi fatti possono essere considerati come degli effetti di fenomeni sociali che comunque sono a monte di questa legislazione, quindi, non dimentichiamo che intervenire sull'articolo 52 del codice penale, il che è fattibile anche sotto il profilo del miglioramento dell'attuale situazione, non debba mai essere separato dall'attenzione che si deve porre alle cause, altrimenti riproponiamo qui un dibattito che sentiamo spesso in campo medico, cioè se è giusto intervenire sui sintomi e non anche sulle cause del male. Si tratta di un fenomeno che andrebbe visto complessivamente.
  Ritornando alle proposte di legge che, invece, riguardano solo l'articolo 52 del codice penale, io ripeto che, pur potendosi e dovendosi, forse, rimodulare l'impianto esistente, in ogni caso a determinati requisiti si debba continuare a far riferimento, come peraltro anche la normativa sovranazionale ci chiede. Uno di questi riferimenti è il criterio della proporzionalità, per cui io esprimo un'opinione che diverge da quelle che abbiamo ascoltato fino a oggi, perché secondo noi sul principio della proporzionalità è legittimo intervenire, ma il principio, come tale, non può essere estromesso in assoluto dalla trattazione di questa materia.
  Lo dico anche perché poi, volendo articolare delle fattispecie concrete, noi ci rendiamo immediatamente conto che, in qualsiasi tipo di sistema che può essere quello attuale o quello che è stato prefigurato e in qualsiasi tipo di rapporto tra cittadino e Stato, svincolare completamente la reazione che si può porre in essere di fronte a un'aggressione – qui bisogna sempre stare attenti ai tipi di aggressione che sono due perché una è alla persona e una ai beni – possa portare poi in concreto a degli eccessi che non sono certamente compatibili con la nostra civiltà giuridica.
  Da avvocato, quindi da pratico, che non vuole assolutamente sostituirsi a un livello diverso, io penso che si debba sempre avere attenzione ai fatti nelle loro estrinsecazioni più diverse. Non esistono sempre i fatti più gravi e non esistono sempre le cose che comunque suscitano in noi un moto di ribellione, come quello di fronte un'ingiustizia, ma c’è tutta una gradazione dei fatti perché c’è quello che ruba la mela al supermercato e c’è quello che sgozza i cittadini, mentre stanno dormendo.Pag. 11
  La norma deve essere studiata per applicarsi a tutti questi casi, per cui è chiaro che noi vogliamo evitare, pur dando ai cittadini una maggior tutela, che il ragazzino o il ragazzotto che si introduce in uno stabilimento dove si tratta della frutta possa essere sparato, se scappa con delle mele.
  Questo credo che sia estraneo al comune sentire, anche se da qualche parte effettivamente è scritto, mentre di fronte ad altri fatti la proporzionalità è quel requisito che ci permette di graduare la reazione.
  Passerei brevemente, se il Presidente me lo consente, ad alcune osservazioni che abbiamo sviluppato sui singoli progetti che ci sono stati sottoposti.

  PRESIDENTE. Ce le può anche dare, se sono scritte.

  STEFANO SAVI, Consigliere del Consiglio nazionale forense. Cercherò di essere velocissimo.

  PRESIDENTE. Lo dico appunto perché, se sono in dettaglio, sarebbe meglio averle per iscritto.

  STEFANO SAVI, Consigliere del Consiglio nazionale forense. Sì, le farò un nostro documento scritto.
  C’è un'altra cosa che va sottolineata: in tutte queste quattro proposte di legge o almeno in alcune in parte e in alcune in tutto, noi abbiamo rilevato problemi relativi al requisito della proporzionalità, ma anche problemi che riguardano un altro aspetto che è quello della determinatezza.
  Chi poi ha a che fare con la quotidianità dell'applicazione delle norme sa sempre di più che la normativa debba essere scritta in modo tale da dare soddisfazione a quel requisito fondamentale che è la determinatezza che ci permette di dire che il cittadino possa sapere sempre e comunque che cosa gli è richiesto e che cosa gli è possibile fare o che cosa non gli è possibile fare.
  Molto spesso le norme danno, invece, il via a una serie di interpretazioni. Inoltre, su queste interpretazioni il professore ci ha già spiegato che, discendendo dalle ultime sentenze della CEDU, noi ci troviamo aperta una porta rispetto a un sistema giuridico che non è il nostro e che è quello che integra il lavoro del legislatore con il diritto cosiddetto «vivente». Si tratta di un sistema che nel nostro ordinamento entra, ma un po’ sospettato, perché è estraneo al dettato costituzionale, quindi, le stesse sentenze che parlano di tutto questo ci tengono sempre a dire che sarebbe bene partire da una norma che lasciasse meno aperta la porta all'interpretazione integrativa.
  Vado velocemente a esaminare le proposte di legge, a cominciare dalla proposta A.C. 2892 che estende la tutela al tentativo di ingresso nei luoghi tutelati.
  La preoccupazione di definire esattamente i luoghi che possono ricadere sotto la tutela è ritenuta opportuna, anche perché obiettivamente le pertinenze o comunque il momento dell'ingresso nei luoghi tutelati è connesso alla ragione della tutela. Qui, si presume la legittima difesa, e faccio presente che presumere la legittima difesa vuol dire presumere tutta la necessità e la proporzione, non solo la proporzione. Noi riteniamo che anche in questo caso la valutazione della proporzionalità debba essere mantenuta.
  Per quanto riguarda la necessità, che in questo caso è presunta, noi abbiamo sviluppato una considerazione su questa locuzione: «compio un atto per respingere». Forse sarebbe opportuno dare maggiore specificazione a questa locuzione che nella pratica potrebbe comunque dare necessità a un intervento di interpretazione; quantomeno si dovrebbe andare nella direzione che questo «compio un atto per respingere» debba essere preceduto da un tentativo per indurre alla desistenza, laddove sia possibile.
  Naturalmente, noi qui parliamo di una materia dove, poi, l'intervento del giudice nella sua discrezionalità esamina il fatto concreto. Il «compio un atto per respingere» non dice che non c'era possibilità di Pag. 12fare altrimenti, per cui, se il giudice riterrà che non c'era possibilità di fare altrimenti, bene sarà l'aver compiuto l'atto.
  Peraltro, noi ci domandavamo come questa presunzione, che riguarda l'intera legittima difesa, debba essere applicata ai casi specifici previsti da questa norma e non a tutta la normativa. Voglio dire che, se si vuole dare una presunzione che riguardi anche la necessità, ci si domanda perché solo in questo caso specifico, che è molto particolare, e non nella materia complessiva. Ci potrebbe essere, quindi, anche un problema di disparità del trattamento.
  La proposta di legge A.C. 3380 modifica l'articolo 52 del codice penale, ed è articolato in due lettere.
  La lettera a) estende la presunzione di proporzionalità, in questo caso solo quella di cui al comma 2, alle immediate adiacenze dei luoghi indicati. Direi che questo rientra nella logica delle cose, ma il dubbio che può nascere è sulla determinatezza o comunque sulla precisione di una formula, cioè se risulta chiara e in atto d'intenzione, per cui, se risulta chiara, potrebbe essere fonte di dubbio tra un aspetto oggettivo e un aspetto soggettivo di percezione della aggressione.
  La lettera b) ci parla di modalità atte a creare uno stato di particolare paura. Qui, memori dell'articolo 612-bis del codice penale, riteniamo che lo stato di particolare paura, che noi capiamo cosa significhi, quando è traslato in un procedimento penale, impone, forse, la necessità di specificare di più che cos’è la paura, così come lo è stato per lo stato d'ansia nell'articolo 612-bis eccetera, anche perché le perplessità che possono nascere sono quelle dell'ora notturna. Ora, si capisce benissimo che cosa i proponenti intendano per ora notturna. L'ora notturna è ricollegata a situazioni di minorata difesa solitamente, perché per ora notturna noi tutti pensiamo a uno che sta dormendo e si trova i ladri in casa. In quel caso, basterebbe anche l'articolo 52 del codice penale.
  Tuttavia, l'ora notturna, messa così, non copre tutta una serie di situazioni che sono, invece, assolutamente diverse.
  In ora notturna, per esempio, ci può essere un luogo di lavoro – e qui rientro – dove appunto si sta lavorando, quindi non c’è nessuna minorata difesa. Inoltre, io mi domando il povero lavoratore che fa i turni e dorme di giorno e che si trova i ladri in casa di giorno se non debba avere la stessa tutela di quello che, invece, lavora di giorno e nell'ora notturna sta dormendo. Io lo riferirei, per dare adempimento a un'esigenza effettiva, cioè quella di coprire con particolare tutela certe situazioni, più che all'ora notturna a delle circostanze che effettivamente impediscono, per esempio, la valutazione della proporzionalità.
  Certo, se accendo la luce e trovo una persona in stanza, ho più difficoltà, come si diceva anche nell'altra proposta di legge, a capire quale possa essere l'entità dell'aggressione. Questo è opportuno, ma forse non sull'ora notturna bensì sulla situazione soggettiva di chi subisce l'aggressione.
  La proposta di legge A.C. 3434 presenta problematiche relative alla proporzionalità e alla determinazione. Corregge l'attuale normativa, cancella parte dell'articolo 52 del codice penale e introduce un articolo 52-bis che è specificamente votato all'impedire determinati fatti connessi con una violazione di domicilio.
  Contiene due presunzioni di sussistenza della legittima difesa, quindi di tutti i presupposti che la legge ci chiede, che si applicano nel contrastare la violazione di domicilio e luoghi equiparati.
  Anche in questo caso c’è un problema di determinatezza. Si scrive «vedendo minacciata l'incolumità», «vedendo minacciati i beni» eccetera. Questo «vedendo minacciati» ci apre il solito discorso: li vede minacciati, ovvero soggettivamente ritiene che siano minacciati e, quindi, basta dimostrare quello, oppure serve la necessità di accertare ? È una locuzione che andrebbe precisata, lasciando poco dubbio su che cosa significhi la minaccia dei beni che deve essere percepita, se Pag. 13effettivamente è una minaccia in atto o se è una minaccia che soggettivamente, per le ragioni più diverse, non può essere percepita putativamente nella maniera più corretta.
  La minaccia che riguarda l'incolumità fisica precisa che è la finalità di dissuasione che si dovrebbe intendere come prevalente rispetto all'inoffensibilità, però non lo precisa, secondo me, in relazione al fatto che qui non siamo di fronte solo alla proporzionalità, ma a tutta la legittima difesa, quindi anche alla necessità. Forse sarebbe bene farlo.
  Nella proposizione che riguarda i beni si dice: «Constatata l'inefficacia di ogni invito a desistere dall'azione criminosa, per bloccarla usa qualsiasi mezzo, mirando alle parti non vitali». Certamente precisa meglio la norma, perché ci dice che bisogna mirare alle parti non vitali, anche se questo in pratica potrebbe creare una serie di problemi. Comunque, determina la reazione, quindi introduce in realtà un criterio di proporzionalità. Tuttavia, elimina il riferimento al pericolo di aggressione.
  Dunque, in questo caso, cosa abbiamo ? Abbiamo l'introduzione di una proporzione (rispetto ai beni non si può mirare a parti vitali), ma abbiamo l'esclusione, rispetto all'attuale normativa, dell'aggressione dei beni quando può comportare quantomeno un pericolo di aggressione all'incolumità fisica.
  Sempre tornando al problema della pericolosità, sembrerebbe che l'uso delle armi in particolare debba essere sempre collegato all'aggressione all'incolumità fisica.
  Da ultimo, la proposta di legge A.C. 3434 dice che del rapporto di proporzione – solo questo – non si tiene conto nel caso in cui l'offesa sia in concreto imprevedibile o arrecata approfittando di condizioni di minorata difesa.
  I problemi sono di nuovo proporzionalità e determinatezza. Per quanto concerne il concetto di imprevedibilità, o noi facciamo un ragionamento a grandi linee e ci riferiamo a ogni aggressione che possa avvenire tramite un reato imprevedibile (perché nessuno ci notifica l'intenzione), oppure caliamo questo concetto di imprevedibilità all'interno di situazioni dove, per determinate ragioni (perché c’è l'uso di un'arma, perché c’è un atteggiamento aggressivo eccetera), si possa pensare che ne possa discendere un'aggressione.
  Credo che anche in questo caso sarebbe buona norma dare maggior contenuto a questa imprevedibilità e collegarla a dei parametri che possano essere applicati da un giudice, senza eccessiva discrezionalità, al caso concreto.
  È chiaro che va tutelato di più chi ha una minorata difesa. Si tratta di stabilire se la minorata difesa è anche in considerazione, ad esempio, del possesso di un'arma oppure no. In ogni caso, la minorata difesa merita una considerazione superiore rispetto a chi non può tutelarsi diversamente.
  Quello che sembra esulare da una corretta applicazione del principio di proporzionalità riguarda l'irragionevolezza di escludere la proporzionalità in ogni caso di imprevedibilità: se un fatto è imprevedibile, allora si esclude completamente la proporzionalità; non si distingue nemmeno tra offesa alla persona e offesa alle cose.
  Qui si va verso un sistema diverso, che però finora non può essere considerato scardinato rispetto alla modifica del solo articolo 52 del codice penale. Sostanzialmente l'imprevedibilità darebbe la possibilità di una difesa a tutto campo, senza distinguere il fatto che l'aggressione sia alla persona fisica o ai beni.
  La stessa cosa riguarda anche il requisito della minorata difesa. È vero che chi non ha la capacità di difendersi, perché è un soggetto debole, deve essere tutelato maggiormente, ma anche in questo caso ci pare veramente fuori dal sistema pensare che una persona, per il solo fatto che ha una minore capacità di difesa, possa arrecare un'offesa a un bene altrui, indipendentemente dal fatto che sia essa stessa aggredita dal punto di vista della sua incolumità fisica rispetto a un'aggressione ai beni di questa persona, che potrebbe trovarsi anche in uno stabilimento che Pag. 14rientra nella tutela e potrebbe vedere minacciati soltanto dei beni materiali.

  PRESIDENTE. Vi ringraziamo. Adesso diamo spazio alle domande. Purtroppo non abbiamo il tempo. Per questo poc'anzi ho detto che forse non era il caso di scendere così nel dettaglio. Ci manderete dettagli nei documenti scritti, insieme a delle proposte, più che di critica analitica dei singoli testi, di miglioramento dei testi stessi. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  DAVID ERMINI. Vorrei porre qualche domanda per capire meglio. Naturalmente ognuno ha le proprie idee.
  Non ho capito bene il ragionamento sulla presunzione: fino a che punto si può presumere ? Anche sulla presunzione naturalmente ci sarà una valutazione del giudice. È evidente che un soggetto che entra in una proprietà privata può essere travisato. Ci può essere l'idea che il soggetto non sia riconoscibile e può essere attinto da colpi di pistola. Questa è legittima difesa, anche se magari è entrato per rubare un frutto ?
  Io vorrei capire come si situa la presunzione rispetto ai beni costituzionalmente garantiti, quali il diritto alla vita o il diritto alla proprietà.
  Ho preso un po’ di appunti mentre ascoltavo. Siccome è impossibile codificare tutti i casi che potrebbero verificarsi, vivendo noi in un sistema di civil law e non in un sistema di precedenti, noi dobbiamo dare ai giudici la possibilità di applicare la fattispecie al caso concreto.
  A questo proposito, mi pongo una domanda. Il procuratore poc'anzi ci diceva che bisogna in qualche modo adeguarsi e capire l'emergenza. Fino a che punto voi siete convinti che il sistema di legalità formale abbia ancora un senso ?
  Siccome il sistema di legalità formale è alla base del nostro sistema penale, nel momento in cui noi lo miniamo, è evidente che questo può creare dei problemi, proprio sotto l'aspetto della Costituzione liberale. Personalmente ho l'idea che qualcosa di liberale ci sia e temo che possa essere in qualche modo toccato.
  Le mie richieste di chiarimento riguardano, dunque, il problema della legalità formale, il limite della presunzione e il sistema della proporzione fra l'azione e la reazione.
  La mia preoccupazione è che, nel momento in cui io dico «io cittadino voglio che tu Stato sia quello che mi tutela» e lo Stato non è più in grado di tutelare, sbaglia perché non tutela, oppure non lo fa a sufficienza, io cittadino mi riprendo il diritto di poter fare per conto mio.
  Con questo principio, è evidente che un'esecuzione civile che non va a buon fine o uno sfratto che non viene eseguito danno la titolarità al soggetto-cittadino di tutelarsi facendosi lo sfratto o l'espropriazione per conto suo.
  Nel caso in cui ci sia stato un errore cosa avviene ? Nel caso di errore giudiziario, il cittadino che fa ? Il cittadino si sente violato nella sua libertà, perché un giudice l'ha mandato in galera per sbaglio. Come faccio a prendermela contro lo Stato ? Posso agire direttamente nei confronti di quest'ultimo ?
  Io credo che lo Stato, non perché sia uno Stato etico ma proprio perché è uno Stato liberale, nel momento in cui fa da arbitro fra i cittadini, come dice la dottrina liberale, debba essere in grado di fare da arbitro, ma non possa mai essere superato dal singolo cittadino, perché nel momento in cui venisse superato diventerebbe un far west. Si è visto negli Stati Uniti cosa è successo l'altro giorno.
  Io vorrei che tutti questi princìpi fossero in qualche modo indicati.
  Rispetto alla minorata difesa, io ho letto le quattro proposte di legge e credo che quella del collega Marotta sia quella che più mi assomiglia. Tuttavia, anche sulla minorata difesa il giudice dovrà fare una valutazione. Non possiamo codificare quali sono tutte le minoranze difese; dobbiamo lasciare al giudice la valutazione.
  Io credo che sulla legittima difesa la giurisprudenza abbia agito in questo periodo in modo abbastanza costante. Abbiamo la legittima difesa putativa, la legittima Pag. 15difesa domiciliare, la legittima difesa dei beni del proprio lavoro, la legittima difesa della propria famiglia. Tutto questo funziona.
  Adeguiamo questa evoluzione giurisprudenziale e cerchiamo di codificarla. Spostare la proporzione a presunzione, secondo me, apre dei canali enormi, che veramente rischiano di minare quei princìpi che sono alla base della nostra Costituzione. Se si permette al cittadino di farsi giustizia da sé, nel momento in cui lo Stato non è in grado di tutelarlo, è evidente che alla fine saltano tutti gli schermi.

  ANTONIO MAROTTA. Vorrei solo ringraziare gli intervenuti, che sono stati molto esaustivi nelle loro relazioni e ci hanno chiarito ancora di più il quadro.
  Faccio un solo riferimento, peraltro di carattere generale (è una valutazione della normativa, un insieme di una serie di considerazioni). Nella visione del cittadino come collaboratore dello Stato, che io recepisco in maniera positiva, adattata a un cambiamento della società che inevitabilmente ci investe – parliamo di normative che hanno una loro età e, quindi, bisogna considerare questa nuova sistemazione – vorrei che mi fosse chiarito il concetto di proporzionalità non codificabile, a cui il professore Lanzi faceva riferimento, in relazione all'azione del cittadino.
  Se il concetto di proporzionalità non è codificabile, viene meno uno degli elementi portanti di tutto il sistema giuridico, perché la proporzionalità non rientra solo nel caso di specie, ma c’è sempre e comunque. Vorrei che mi fosse chiarito questo aspetto.

  VITTORIO FERRARESI. Ringrazio gli auditi. Io sono molto appassionato da questa discussione. Premetto che non ho una posizione al momento. Credo che, se si vuole intervenire, lo si debba fare in modo chiaro e non per fare un'ulteriore norma inutile. Bisogna intervenire in modo abbastanza netto.
  Il problema è questo, andando nel concreto. Quello che avete detto esprime una posizione. Io non pongo problemi di natura ideologica. Tuttavia, se si interviene con le proposte di legge – ne abbiamo visto alcune – anche in riferimento alla proporzionalità, si interviene con dei caratteri che, secondo me, rendono inutile o superflua la norma.
  Si parla di imprevedibilità, di minorata difesa, di ore notturne. Di cosa stiamo parlando ? È ovvio che saranno al 90 per cento situazioni del genere, a meno che non ci sia un marine con un M16 in casa, che sa già che arriverà un ladro.
  Di conseguenza, tutte queste codificazioni, secondo me, sono inutili rispetto alla normativa che c’è già. A mio avviso, si fa fatica a specificarla ulteriormente. C’è il criterio dell'imprevedibilità, come se uno prevedesse che arriva il ladro e chiama la polizia. Nel 90 per cento dei casi ci sarà minorata difesa, a meno che appunto non ci sia un soggetto armato che sa già della rapina. Altri criteri sono le ore notturne, l'agitazione (è ovvio che un'aggressione del genere crea agitazione) e la minaccia all'incolumità (il cittadino non sa se c’è una minaccia all'incolumità di certi beni personali).
  Perché c’è una richiesta di modifica di questa legge ? C’è questa richiesta perché, come ho già detto nel corso dell'audizione precedente, il cittadino, quando si trova una persona dentro casa, non sa se gli vorrà rubare un orologio, se vorrà aggredire o violentare sua moglie, se vorrà fare del male a lui stesso. Non lo sa.
  L'inefficacia dell'invito a desistere non si può dimostrare. Se c’è una persona morta e c’è una persona che lo dice, chi sa se c’è stato un invito a desistere o meno ? Chi è che può provare una situazione del genere ?
  Ecco perché, secondo me, ogni intervento sulla proporzionalità risulta al limite della prova diabolica e al limite dell'inutilità rispetto alla normativa già presente.
  Un'altra cosa, invece, è la proposta che viene fatta, che secondo me è più netta, che consiste nel dire: «Mi ritrovo una persona in casa che vuole aggredire i miei beni patrimoniali, non so se vorrà aggredire altri beni (quello della vita o quello Pag. 16dell'incolumità fisica), e quindi dico che c’è la presunzione». Se c’è un soggetto in casa, armato o non armato, travisato o non travisato, a una certa ora della notte nel mio domicilio, io dico che se gli rispondo con qualunque mezzo di offesa sono comunque coperto.
  Tuttavia, questo dà il via a una situazione abbastanza apocalittica, che si è già verificata negli Stati Uniti, ovvero io invito una persona a casa, spacco un vetro, faccio un'effrazione finta alla porta. Ovviamente è tutto da provare in un giudizio, non voglio dire che succederà sempre così. Chissà se io gli ho detto di desistere ? Chissà se c’è stata un'offesa o meno ? Io non lo so e l'ammazzo. Vai a provare che l'avevo invitato a casa.
  Ci sono situazioni al limite. Io considererei questa situazione preoccupante. Tuttavia, in effetti, secondo me, la decisione è questa: dire se trovando una persona nel domicilio scatta l'automatismo, o comunque un semi-automatismo, oppure no.
  I problemi, infatti, sono due, come ho già detto. Il primo è il luogo in cui scatta questa scriminante, ovvero se la difesa avviene all'interno del domicilio oppure per respingere un ingresso nel domicilio. La seconda è in che modo scatta. Infatti, il problema che si pongono i cittadini è: quando ho una persona davanti, come faccio a sapere se mi aggredisce con un coltello o con una pistola, se aggredisce me oppure un interesse patrimoniale ? Questo è il dubbio che hanno i cittadini, per il quale si è attivata la discussione.
  Andando alla proposta Molteni – esprimo delle critiche, ma voglio anche avere un vostro parere – io la leggo in questo modo. Non so se anche la presidente e gli altri nutrono i miei stessi dubbi. Nella proposta è scritto: «Si presume altresì che abbia agito per difesa legittima». Questo è un aggiuntivo. Vuol dire che c’è una presunzione generale sulla legittima difesa oppure che si presume la proporzionalità del comma precedente ?
  Secondo me, un dubbio c’è, perché il comma precedente non viene modificato. Se non viene modificato il comma precedente, a mio avviso questa norma è scritta con i piedi.
  In secondo luogo, si parla di «respingere l'ingresso mediante effrazione». C’è la presunzione – non si sa se della proporzionalità o della legittima difesa – per respingere l'ingresso mediante effrazione o contro la volontà del proprietario. Se non viene modificato il comma precedente, cosa vuol dire ? C’è proporzionalità solo per respingere l'entrata ? E se io mi trovo una persona all'interno ?
  Questi ovviamente sono dubbi che potrebbero essere risolti facilmente dalla giurisprudenza, ma io me li pongo come legislatore, perché secondo me la norma non è scritta bene.
  Una norma così avrebbe dovuto riscrivere l'intero comma 2. Non si può aggiungere il caso della persona che tenta di fare effrazione in un luogo, senza disciplinare il caso in cui me la ritrovo già dentro. Non si può mettere la presunzione senza specificare a cosa è riferita. Nel secondo comma si parla di proporzionalità. Qui, invece, si parla di presunzione di legittima difesa ? Voi la intendete così, ma io mi pongo qualche dubbio.
  In ogni caso, il problema non è risolto. Io vi chiedo di darmi una risposta concreta. Io ho capito come la pensate, ma noi cosa dobbiamo scrivere ? Io ho fortissimi dubbi, nello scrivere la norma, sul fatto che posso intervenire su una norma che al momento mi sembra fatta bene, stravolgerla sul lato della presunzione totale della legittima difesa, oppure no. Se non è così, però, mi dovete spiegare come la devo formulare, perché io in questo momento, senza una formulazione concreta di entrambe le ipotesi (presunzione si e presunzione no, quindi presunzione e proporzionalità dall'altra parte), non ho delle proposte concrete e reali per modificare in meglio e per rispondere all'esigenza che ha fatto nascere questa discussione.
  In questo momento io, come legislatore, non ho ancora un'opinione formata, perché mi sto informando con queste audizioni, Pag. 17e non ho una risposta concreta su come potrebbe essere modificata la legge sulla proporzionalità.
  Sulla presunzione un po’ ce l'ho, perché vorrebbe dire riformare totalmente l'istituto e, quindi, passare a una logica «del far west». Ovviamente non voglio screditare questa posizione, che è assolutamente legittima e viene sostenuta anche da tanti illustri esperti. Tuttavia, io voglio avere qualcosa di concreto, perché al momento mi viene da dire: «lascio la norma così come è».

  PRESIDENTE. Anch'io vorrei porvi una domanda e qualche riflessione. Ovviamente poi darò la parola a tutti, eventualmente anche al rappresentante dell'avvocatura che non ha potuto intervenire.
  Parto dal testo del relatore Molteni. Prima stavo tentando di bloccare un po’ la discussione, non per scortesia ma perché in realtà le altre proposte sono abbinate. Noi abbiamo il testo che è stato presentato in quota opposizione (Lega), a prima firma Molteni, a cui è stato abbinato in prima posizione il testo Marotta, che peraltro è correlatore. C’è, quindi, una presa di coscienza anche da parte dei rappresentanti della maggioranza e, pertanto, ci si è avviati a questo approfondimento. Ovviamente in Parlamento si prendono tutte le proposte che sono state presentate sul tema e si abbinano, però noi ragioniamo in particolare sulle proposte Molteni e sulla proposta Marotta.
  Io pongo una domanda, soprattutto al professore e al procuratore, ma ovviamente anche alla rappresentanza dell'avvocatura. Non so se ho capito bene l'invito che dice: «lasciamo da parte il concetto di proporzione e riportiamoci per alcuni casi della legittima difesa».
  Ovviamente il collega Ferraresi afferma che questa presunzione si aggiunge all'ultima parte dell'articolo 52 del codice penale, quindi tutta la parte precedente rimane intatta, con tutte le difficoltà interpretative e di applicazione attualmente esistenti, se ci sono.
  Da un'analisi, che ci hanno fatto ieri, della giurisprudenza della Cassazione, in realtà, emerge che l'unico punto cruciale, dove non c’è un'interpretazione consolidata netta, è quello inerente la proporzione. Questo è ciò che sono venuti a dirci ieri dalla Cassazione, ma poi faremo altre audizioni.
  Se ho capito bene, la soluzione è prescindere rispetto a questo caso particolare dal requisito della proporzione, adottando il sistema francese. Peraltro, adesso i colleghi avranno a disposizione anche il comparato. Anche il sistema francese ritiene la proporzionalità elemento essenziale della scriminante, ma l'articolo 122, punto 6, afferma: «si presume che abbia agito in stato di legittima difesa colui che ha compiuto l'atto per respingere di notte un ingresso in luogo abitato commesso con scasso, violenza o inganno, o per difendersi contro gli autori di un furto o un saccheggio posti in essere con violenza».
  Io pongo, però, una questione, per riportarci al discorso. Un conto è quello che diceva il procuratore, cioè si rivede tutto il sistema delle scriminanti (ma questo non è il contesto), oppure dobbiamo intervenire su una sola scriminante.
  Mi rivolgo al professore, che è colui che ha adottato più favorevolmente questa proposta. Si dice: «si presume altresì che abbia agito per difesa legittima colui che compie...» Innanzitutto, manca il richiamo allo stato di necessità. Se ho capito bene, lei dice: «abbandoniamo la proporzione, però agganciamoci allo stato di necessità». Altrimenti, diventa poco delimitata questa condotta.
  Se manca la valutazione di proporzione, io potrei essere ritenuto, con la presunzione di legittimità, esente da punibilità per aver ucciso una persona, per respingere l'ingresso mediante effrazione. Peraltro, qui non si parla neanche di attualità. Non hanno preso in considerazione né la necessità né l'attualità. Se non ho la proporzione e la valutazione della stessa, io uccido una persona che è entrata nella mia proprietà con la minaccia di un uso di armi, magari un'arma giocattolo, per prendere due limoni. Come si giustifica questo fatto in un contesto ?Pag. 18
  Capisco la questione del collaboratore dello Stato. L'altro giorno abbiamo approvato, anche con il Gruppo di opposizione, la questione del segnalante della corruzione. C’è una presa di coscienza sul ruolo del cittadino di fronte a determinati fenomeni. Tuttavia, anche lì ci sono una serie di paletti: abbiamo chiesto al segnalante che sia circostanziato, che sia documentato, che non ci sia una colpa grave, che ci sia questo, che ci sia quell'altro. La proporzione è un principio di civiltà base, perché sta addirittura nella valutazione della pena, della condotta, di tutto.
  Come faccio a dire che non punisco chi ha ucciso, perché un soggetto è entrato magari di notte, con un passamontagna, e ha rubato due limoni nel suo giardino ? Come faccio a dire che quello non deve essere punito ? Lo chiedo a tutti.
  La presunzione c’è, ma allora devo riportare i requisiti dello stato di necessità. Questo è quello che ho compreso, ed è l'unico modo, perché vuol dire che io avevo la necessità di salvare me o altri da un pericolo attuale, da un danno grave alla persona, e allora ho ucciso.
  Considero molto carente questa definizione, o comunque da sola, nel contesto delle nostre circostanze scriminanti, la vedo fuori sistema.
  Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  CARLO NORDIO, Procuratore aggiunto della procura della Repubblica di Venezia. Innanzitutto vorrei dire che mi sento un po’ a disagio quando, parlando di argomentazioni tecniche, sento delle espressioni che tecniche non sono, tipo quella della logica del far west.
  Faccio presente che nell'esempio che ha citato, poc'anzi, l'onorevole Ermini non c'entra niente la legittima difesa, perché farsi giustizia da sé significa andare ad acchiappare il ladro dopo. Nessuno ha mai pensato questo.
  Quello che il presidente ha messo giustamente in rilievo e che finora era stato in ombra è il principio dell'attualità del pericolo. L'esempio che ha citato l'onorevole Ermini, con tutto il rispetto, non c'entra nulla. Io mi sto difendendo contro un pericolo attuale, non mi sto facendo giustizia contro chi non mi ha pagato il debito e non sto andando ad acchiappare in casa il ladro.
  L'attualità del pericolo rimane e deve rimanere. Se non ci fosse, non ci sarebbe la discriminante della legittima difesa.
  In secondo luogo, io credo che tutto questo discorso sia nato – non viviamo nelle nuvole – dal fatto che, a fronte di migliaia di processi che si risolvono alla fine quasi tutti con l'assoluzione, ci sono situazioni di persone che vengono indagate, incriminate, costrette a rivolgersi all'avvocato per essersi difese in casa e alla fine vengono assolte.
  Dunque, il problema non è soltanto sostanziale, ma è proprio processuale. Una persona che si è difesa deve essere indagata, santo cielo ! Non posso pensare che una persona ammazzi un'altra in casa senza che io indaghi. Tuttavia, se devo mandargli l'informazione di garanzia, costringerla ad andare dall'avvocato e tutto quello che ne segue, alla fine sarà assolta, ma avrà avuto una serie di negatività finanziarie, d'immagine eccetera. Il problema è anche processuale, è anche quello dell'informazione di garanzia.
  Il terzo e ultimo tema è la proporzione. Io ho ascoltato con grandissimo interesse l'intervento del professor Lanzi, che è estremamente culturale. Io culturalmente sono perfettamente d'accordo. Poiché nemmeno io vivo sulle nuvole, facendo il pubblico ministero da 35 anni, penso anch'io che il requisito della proporzione attualmente in termini normativi sia ineludibile; va mantenuto, non si accetterebbe una cosa diversa.
  Mi permetto, però, di leggere la nostra proposta di Commissione di dieci anni fa, così avete anche il testo.
  Premetto che l'intervento del magistrato è ineliminabile, ci sarà sempre, altrimenti il magistrato sarebbe un notaio, uno scrivano. È ovvio che ognuna di queste situazioni va risolta caso per caso, salvo – lo ripeto – il problema processuale Pag. 19di una persona che finisce suicida o distrutta dalle parcelle giustissime degli avvocati, per essere stato assolto dopo anni di processo.
  Questo secondo problema si risolve, secondo me, cambiando le scriminanti, facendo sì che il fatto non sia più considerato «fatto non costituisce reato», ma «fatto non sussiste come reato». Comunque, di questo ho già parlato e non abbiamo più tempo.
  Vi leggo la norma. Noi scrivevamo: «è scriminato il fatto commesso da chi è stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa – era rimasto – tenuto conto – questa è la novità – dei beni in conflitto, dei mezzi a disposizione della vittima e delle modalità concrete dell'aggressione».
  È questo il problema. Signora presidente, nell'esempio che lei che mi ha citato, se uno entra in casa con il cappuccio per rubarmi i limoni o la biancheria e io reagisco, lo faccio perché non posso sapere se è venuto a rubarmi la biancheria o a violentare mia moglie. In quest'ultimo caso lo posso ammazzare – su questo siamo tutti d'accordo – mentre non lo posso fare se viene a rubarmi la biancheria.
  Pertanto, c’è un largo spazio per l'esimente soggettiva o putativa, come diciamo noi, ed è ovvio che solo il magistrato lo può risolvere. Se noi abbiamo inserito questo in un contesto di riforma delle scriminanti originali e del sistema processuale, che non penalizza chi viene sottoposto a un'indagine, abbiamo trovato una certa compensazione.

  ALESSIO LANZI, Professore di diritto penale presso l'Università degli studi di Milano Bicocca. È bene capirsi. Avete detto delle cose che, in effetti, si inseriscono benissimo nelle scelte. Io penso che la scelta dovrebbe essere quella di rispondere alle esigenze della collettività e di creare una norma efficace, che trova applicazione senza divagazioni interpretative e applicative.
  Se la scelta è questa, allora bisogna porsi concretamente un problema, che prescinde sempre, secondo me, dai beni patrimoniali. È chiaro che se uno mi sta rubando due mele e io gli sparo non ci può essere una scriminante. È chiaro che se uno prende la refurtiva e scappa e io gli sparo alle spalle non ci può essere una scriminante. Tuttavia, il problema è quello di anticipare la possibilità di difesa (l'attualità, come diceva la presidente).
  È chiaro che ogni proposta di legge può essere migliorata e riformata, però nella proposta A.C. 2892 leggo che l'atto interviene per respingere l'ingresso. È una forma di tutela domiciliare, quindi è attuale. La difesa avviene per respingere l'ingresso, non dopo che il soggetto è già entrato e se ne sta andando.
  È indubitabile che la proporzione, in uno schema di legittima difesa, deve essere mantenuta – ci mancherebbe altro – ma qui stiamo parlando di un settore particolare: attentato ai beni dell'incolumità personale, in relazione a una situazione di tranquilla convivenza e vita domiciliare. È un'ipotesi assolutamente particolare.
  Difatti – su questo sono d'accordo con quello che dice il procuratore Nordio – il tema dovrebbe essere riesaminato nella prospettiva delle scriminanti. Qui ci si ostina a parlare sempre dell'articolo 52 del codice penale, che va modificato con la casistica eccetera, mentre questa fattispecie può essere benissimo inserita nell'articolo 52, perché ci sono norme che prevedono anche dieci fattispecie sotto un unico numero e nomen iuris.
  Tuttavia, nella mia prospettiva, per le contingenze, dovrebbe essere una forma particolare di scriminante, che è una via di mezzo fra la legittima difesa (articolo 52) e lo stato di necessità (articolo 54). Ripeto che è una situazione particolare: è una tutela dell'incolumità personale in relazione all'aggressione che si realizza al domicilio. Siamo in una tematica molto particolare, che prescinde dalla proporzione.
  Infatti, come dicevo, anche storicamente tutte le analisi sulla proporzione sono sempre relative ai beni patrimoniali Pag. 20(per tutelare il bene patrimoniale, non può essere superata la proporzione con il bene vita), ma non è questo il problema: qui si tratta del pericolo a seguito del tentativo di intrusione violenta di persona armata in un domicilio. Non è un problema di attentato al bene patrimoniale, ma è un problema di attentato all'incolumità delle persone. Questo è il discorso.
  Uscendo dall'equivoco, è inutile che parliamo di proporzione che storicamente riguarda i beni patrimoniali da tutelare. Non si discute sul fatto che le difese sono sproporzionate, se per tutelare il bene patrimoniale si intacca l'incolumità delle persone; qui parliamo di un caso molto circoscritto e diverso.
  Del resto, senza voler essere ipocriti, la CEDU, che adesso rappresenta il faro delle tematiche di diritto e della giurisprudenza convenzionale, all'articolo 2 premette che il diritto alla vita di ogni persona è protetto e non si discute.
  Al secondo comma dell'articolo 2 prevede, però, il caso in cui la morte non è considerata inflitta in violazione di questo articolo. Lo dice senza peli sulla lingua, e lo dice la CEDU, non lo dice un regime totalitario assolutista. Nella situazione generale di assoluta necessità di assicurare la difesa di qualsiasi persona dalla violenza illegale, è addirittura ammessa la violazione del bene vita, secondo la Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Di questo stiamo parlando.
  Qui parliamo, quindi, di una via di mezzo fra legittima difesa e stato di necessità, che riguarda la tutela dell'incolumità relativamente a un'intrusione illegale nel domicilio.
  Io condivido quasi tutto quello che ha detto lei. È vero che, se parliamo di una specificazione della legittima difesa, è assurdo dire che si presume. Dove sono gli altri elementi ? Tuttavia, qui non parliamo di una specificazione della legittima difesa. Questa, secondo me, è una scriminante, che è una via di mezzo nuova.
  Taluni hanno cercato di dire che è nuova anche quella della riforma del 2006. Non è vero, è una specificazione dell'articolo 52, primo comma, tant’è vero che non trova applicazione ed è assolutamente inutile. È stata una riforma inutile. Questa è, invece, la prospettiva di una scriminante nuova, diversa, via di mezzo fra articolo 52 e articolo 54 del codice penale, relativa alla tutela dell'incolumità, rispetto all'intrusione domiciliare. Difatti, se ben vedete, dello stato di necessità gli manca soltanto un elemento, che è il pericolo altrimenti evitabile; tutti gli altri elementi sono sostanzialmente uguali: c’è l'attualità e c’è la necessità presunta. Bisogna avere il coraggio di dire che vi è la necessità presunta.

  DAVID ERMINI. Allora non le sembra che bisognerebbe anche specificare quando si parla di abitazione ? Si tratta di capire cosa succede, perché le pertinenze fanno parte dell'abitazione, però è evidente che è molto diverso un soggetto che entra in un parco e un soggetto che entra in casa.

  ALESSIO LANZI, Professore di diritto penale presso l'Università degli studi di Milano Bicocca. Onorevole, il principio è quello che ho detto, poi chiaramente le modalità esecutive vanno verificate.
  Una volta che foste eventualmente d'accordo sul fatto della necessità presunta, dell'abbandono dei criteri di proporzione perché non parliamo di legittima difesa, di una forma particolarissima di stato di necessità vicino alla legittima difesa, una volta che siamo d'accordo su questo, poi il dettaglio del luogo esatto – che è quello in relazione al quale ruota l'attualità: per evitare l'entrata dove ? – lo si specifica dicendo quello che è.

  CARLO NORDIO, Procuratore aggiunto della Procura della Repubblica di Venezia. Cerco sempre di parlare in modo tecnico. La limitazione, sia all'abitazione, sia al bene della vita, è una limitazione che non può essere razionale.
  Faccio due esempi. Voi credete veramente che non si possa sparare a una persona che scappa con i documenti Pag. 21segreti, i cui contenuti riguardano la sicurezza nazionale ? Eppure quello è un bene e non è stato rubato dentro un'abitazione.
  Voi pensate veramente che non si possa sparare a un ladro che scappa con la Gioconda dal Louvre ? È ovvio che si può sparare, altrimenti non ci sarebbero le guardie armate.
  Per quello che noi abbiamo definito quella volta, tra l'altro in linea con il codice vigente, «difendere un diritto proprio o altrui», può essere anche un diritto patrimoniale. Si può sacrificare una vita per un bene patrimoniale ? Certo che si può, altrimenti non ci sarebbero le guardie armate nei musei. Si può sacrificare una vita se uno scappa con i documenti segreti che riguardano la sicurezza dello Stato ? Certo che si può fare.
  Allora, se non si lascia uno spazio al requisito di attualità, di proporzionalità, tenuto però conto delle circostanze di tempo e di luogo, certo ci sarà la discrezionalità del magistrato ma questa discrezionalità è inevitabile, altrimenti noi – non parlo per la mia categoria – dovremmo andare a casa. Il fatto è che più la legge cessa il suo carattere di generalità e astrattezza e più cerca di considerare i casi concreti e più diventa limitativa. Però, congegnata così – questo articolo non l'ho fatto io, ma una Commissione dopo mille discussioni – a me sembra che sia un buon punto di equilibrio. Limitarla alla vita per la vita e alla cosiddetta «abitazione» implicherebbe delle complicazioni assurde.
  Ho citato l'esempio della sicurezza per lo Stato, ma potrei citare quello dei gioielli della corona. Vi pare che non si possa sparare al ladro che ruba i gioielli della corona di Inghilterra ? Allora non ci sarebbero le guardie armate !

  ANTONIO DE MICHELE, Consigliere del Consiglio nazionale forense. All'esito di questa discussione, che ha certamente costituito un arricchimento dal punto di vista culturale, da avvocato, abituato a rispondere alla contestazione che viene formulata dal pubblico ministero, avrei voluto rispondere al quesito che ci è stato proposto oggi. In pratica, mi riferisco ai contenuti della proposta di legge, e ci limitiamo ai contenuti della proposta di legge Molteni.
  Il proponente, nella relazione accompagnatoria, specifica in maniera chiara che nella iniziativa legislativa si propone la modifica della proporzionalità tra difesa e offesa. C’è, quindi, un abbassamento della soglia di proporzionalità attualmente vigente secondo l'interpretazione del diritto vivente, secondo l'interpretazione giurisprudenziale.
  Ora, un abbassamento della soglia di proporzionalità possiamo considerarlo come un'evenienza positiva oppure è un'evenienza che ci deve portare a riflettere, al di là di tutte le elucubrazioni di carattere giuridico, che, ripeto, sono state le benvenute e hanno costituito un arricchimento. Noi dobbiamo valutare se all'interno di questa proposta sono riscontrabili delle criticità. Chi vi parla ha ritenuto di rilevare la presenza di innumerevoli criticità. Il concetto di attualità è stato completamente obliterato. Non è che in tema di legittima difesa, in cui vengono in gioco valori che a volte sono equivalenti e a volte sono diseguali, noi possiamo prescindere dal concetto d'attualità. Non so se il dottor Nordio o il professor Lanzi ritengono che da un'attenta lettura e dall'ermeneutica del contesto si riesca a capire che il concetto di attualità non è stato obliterato. Però, nel momento in cui un legislatore scrive non può lasciare, già sapendo di farlo, all'interprete di andare a ricercare se un concetto è stato inserito oppure è stato pretermesso. Quindi, sarebbe stato opportuno da parte del proponente che questo concetto di attualità non fosse dimenticato.
  Un altro elemento che lascia perplessi è il problema delle pertinenze. Nemmeno questo è chiaro, perché nel momento in cui si parla di effrazione questa potrebbe riguardare sia la casa d'abitazione, dove è allocato il soggetto, sia il garage sottostante. Quindi, si consentirebbe di sparare Pag. 22nei confronti del malvivente che sta tentando di aprire la serranda del garage per sottrarre il motorino. L'equilibrio, che deve essere sempre in gioco, in questi casi verrebbe meno.
  Noi abbiamo rilevato – almeno io – diverse criticità, però data l'ora e dati gli impegni di tutti preferisco mettere a disposizione (anche il collega Savi farà la stessa cosa) delle schede che possano essere facilmente intelligibili per tutti, a cominciare da noi che andremo a proporle. Grazie.

  VITTORIO FERRARESI. Ovviamente mi scuso se la mia terminologia – cerco sempre di essere tecnico – è stata offensiva. Ho detto «tra virgolette» e ho specificato che non voglio pregiudicare un'idea, quella del dottor Lanzi, che tra l'altro credo sia al momento, senza offesa per gli altri, l'unica proposta alternativa che ho al testo vigente dell'articolo 52 del codice penale. Uno stravolgimento, seppure esagerato, credo che sia l'unica alternativa in questo momento che cambi la prospettiva di questa norma.
  O si fa come dice il dottor Lanzi o secondo me – è il mio parere – al momento tecnicamente le modifiche all'articolo 52 proposte sulla proporzionalità lascerebbero la situazione totalmente invariata, per le cose che ho già prospettato prima.
  Le critiche e i discorsi, ovviamente, sono stati interessantissimi, coinvolgenti e utili, però al momento ho un'alternativa: lasciarla così o appunto prevedere quanto riferito dal dottor Lanzi.
  Chiudo solo dicendo che nel far west è indicativa perché l'America fonda anche sulla sua costituzione, dopo guerre molto pesanti, la legittima difesa e l'uso delle armi nel fatto che ancora lo Stato non poteva garantire i diritti degli individui e momentaneamente gli individui si difendevano comprando delle armi da fuoco per garantire la libertà. Quindi, credo che tutto il concetto e il contrasto tra le due culture derivino proprio dal cosiddetto «far west». Grazie.

  PRESIDENTE. Il tema è complesso.
  Vi ringraziamo perché la seduta di oggi è stata sicuramente molto proficua. Provvederemo a inviarvi i resoconti, in modo che voi potrete restituirceli con le osservazioni o comunque con le correzioni che riterrete utili.
  Eventualmente andremo avanti con le nostre audizioni e vediamo come possiamo uscire da questo problema.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.10.