XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Martedì 7 luglio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DEL DISEGNO DI LEGGE DEL GOVERNO C. 3201 , DI CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE N. 83 DEL 2015, RECANTE «MISURE URGENTI IN MATERIA FALLIMENTARE, CIVILE E PROCESSUALE CIVILE E DI ORGANIZZAZIONE E FUNZIONAMENTO DELL'AMMINISTRAZIONE GIUDIZIARIA»

Audizione di Francesco Vigorito, Presidente della sezione esecuzioni immobiliari del Tribunale di Roma e di Giuseppe Ferri, Ordinario di diritto commerciale presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata.
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Vigorito Francesco , Presidente della sezione esecuzioni immobiliari del Tribunale di Roma ... 3 
Ferranti Donatella , Presidente ... 9 
Vigorito Francesco , Presidente della sezione esecuzioni immobiliari del Tribunale di Roma ... 9 
Ferranti Donatella , Presidente ... 9 
Ferri Giuseppe , Ordinario di diritto commerciale presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata ... 9 
Ferranti Donatella , Presidente ... 13 
Ferri Giuseppe , Ordinario di diritto commerciale presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata ... 13 
Ferranti Donatella , Presidente ... 13 
Ferri Giuseppe , Ordinario di diritto commerciale presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata ... 13 
Ferranti Donatella , Presidente ... 13 
Bazoli Alfredo (PD)  ... 14 
Colletti Andrea (M5S)  ... 14 
Ermini David (PD)  ... 15 
Ferranti Donatella , Presidente ... 15 
Vigorito Francesco , Presidente della sezione esecuzioni immobiliari del Tribunale di Roma ... 15 
Bazoli Alfredo (PD)  ... 16 
Vigorito Francesco , Presidente della sezione esecuzioni immobiliari del Tribunale di Roma ... 16 
Ferranti Donatella , Presidente ... 17 
Vigorito Francesco , Presidente della sezione esecuzioni immobiliari del Tribunale di Roma ... 17 
Ferri Giuseppe , Ordinario di diritto commerciale presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata ... 17 
Bonafede Alfonso (M5S)  ... 19 
Ferri Giuseppe , Ordinario di diritto commerciale presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata ... 19 
Bonafede Alfonso (M5S)  ... 19 
Ferri Giuseppe , Ordinario di diritto commerciale presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata ... 19 
Ferranti Donatella , Presidente ... 20 
Ferri Giuseppe , Ordinario di diritto commerciale presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata ... 20 
Ferranti Donatella , Presidente ... 20

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 14.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di Francesco Vigorito, Presidente della sezione esecuzioni immobiliari del Tribunale di Roma e di Giuseppe Ferri, Ordinario di diritto commerciale presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame del disegno di legge del Governo C. 3201, di conversione in legge del decreto-legge n. 83 del 2015, recante «Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria», l'audizione di Francesco Vigorito, Presidente della sezione esecuzioni immobiliari del Tribunale di Roma, e di Giuseppe Ferri, Ordinario di diritto commerciale presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata.
  Ringrazio gli auditi per la disponibilità data anche a breve termine rispetto alle nostre richieste.
  Do la parola al dottor Francesco Vigorito.

  FRANCESCO VIGORITO, Presidente della sezione esecuzioni immobiliari del Tribunale di Roma. Buon pomeriggio a tutti. Credo che l'audizione abbia essenzialmente ad oggetto una valutazione a prima lettura, come si dice, del decreto-legge n. 83 del 2015 che è stato emanato dal Governo qualche giorno fa.
  Faccio una premessa brevissima di carattere generale. Sicuramente mi occuperò, direi in maniera esclusiva, della parte relativa alle procedure esecutive, in quanto la mia competenza specifica, almeno più recente, è relativa a questa materia. La premessa generale è che la materia esecutiva è una materia che è stata in questi ultimi anni oggetto di una serie reiterata di interventi normativi che nascono dall'esigenza di razionalizzare un sistema che sicuramente era, e in parte è tuttora, molto lontano dagli standard di funzionalità degli altri Paesi occidentali. Tuttavia, si è trattato di interventi che, proprio per le loro caratteristiche, sono stati spesso frammentari e hanno quindi provocato problemi di coordinamento e via dicendo.
  Questa tipologia di problemi mi sembra si riproponga anche rispetto a questo intervento normativo. Si tratta di un intervento che, in linea generale, è apprezzabile, ma presenta una serie di problemi che proverò a esporvi. Devo dire che la funzionalità del processo esecutivo – ormai è diventato quasi un luogo comune – è direttamente correlata alla funzionalità del sistema economico. La difficoltà di recuperare i crediti o di recuperarli tempestivamente incide sulla funzionalità del sistema economico e sulla possibilità, da parte degli investitori anche stranieri, di Pag. 4approcciarsi al nostro sistema economico, quindi ha una rilevanza diretta e immediata.
  Trattandosi di dati ormai a disposizione di tutti, che sono entrati nella cognizione comune, è inutile ripeterli. Proverò quindi a soffermare la mia attenzione sui dati normativi e formali che mi sembra opportuno segnalare. Preciso che, rispetto al contenuto del decreto legge, per facilitare la comprensione, ho fatto un'articolazione di temi sulla base di una valutazione dell'intervento normativo.
  Ci sono delle norme che sono sicuramente apprezzabili, anche tecnicamente redatte in modo soddisfacente. Ci sono altre norme che hanno sicuramente una finalità apprezzabile, ma presentano qualche difetto di carattere tecnico che io proverò a evidenziare.
  Ci sono poi interventi che sono contraddittori oppure presentano delle grosse novità rispetto al profilo sistematico, quindi credo che sia opportuno in questa sede segnalarne la criticità.
  Infine, vorrei individuare una serie di temi e di settori sui quali il decreto legge non interviene e che invece sarebbe opportuno trattare, proprio in relazione agli effetti che sono stati provocati sul sistema dagli interventi più recenti, essenzialmente dell'anno scorso, quelli del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, che hanno provocato effetti positivi però anche una serie di profili problematici.
  Sicuramente sono da condividere e sono tecnicamente corrette una serie di disposizioni contenute nel citato decreto-legge. Sono sicuramente da condividere, almeno a mio avviso: gli interventi sulla pignorabilità di stipendi e pensioni; gli interventi sulle modalità della vendita mobiliare; gli interventi sul processo telematico; gli interventi sui criteri di determinazione del valore degli immobili da porre in vendita; gli interventi sul contenuto della consulenza tecnica; la disposizione che assume un orientamento prevalente nella giurisprudenza sulla sospensione parziale dell'efficacia del titolo esecutivo.
  Inoltre, è sicuramente positivo, almeno a mio avviso, l'intervento che fa una precisazione in materia di ricerca dei beni da pignorare. Voi sapete che, in tale materia, il decreto-legge n. 132 del 2014 ha introdotto la possibilità della ricerca dei beni attraverso l'ufficiale giudiziario e, in una fase transitoria, grazie all'attività diretta degli avvocati. Poi mi soffermerò sulla fase transitoria, però la prima interpretazione della norma è stata abbastanza complessa, poiché, secondo alcuni interpreti, comunque quel tipo di ricerca dei beni si inserisce all'interno della procedura esecutiva e quindi deve essere preceduta dalla notifica dell'atto di precetto, per una soluzione sistematica e per la necessità di evitare intrusioni pesanti nella sfera privata dei cittadini senza che sia direttamente collegato a quest'intrusione l'inizio di una procedura esecutiva.
  Questa è la lettura che mi sembra più congrua e più adeguata al sistema ed è questa la lettura che il decreto-legge n. 83 del 2015 ha adottato. Voglio però segnalare, per correttezza complessiva, che a questa lettura se n’è contrapposta un'altra, secondo la quale, invece, sarebbe sufficiente la notifica del titolo esecutivo, quindi senza la notifica del precetto e senza il compimento di atti che sono già direttamente funzionali allo svolgimento della procedura esecutiva, per poter effettuare ricerche dei beni al debitore.
  Questa seconda lettura è più simile a modelli di altri Paesi europei e forse anche in termini di efficienza può produrre effetti positivi. Ripeto, tuttavia, che credo sia in contrasto con il nostro sistema complessivo e possa provocare seri dubbi, perché consente l'accesso a informazioni private anche senza la prospettiva immediata di agire esecutivamente.
  Come dicevo, ci sono poi una serie di disposizioni che sono sicuramente condivisibili dal punto di vista della ratio legis, cioè della scelta del legislatore, ma che presentano a mio avviso qualche difetto di Pag. 5carattere tecnico o di coordinamento, che secondo me si potrebbero abbastanza facilmente superare.
  Una prima serie di disposizioni in questo senso è quella che interviene sul coordinamento tra l'istituto dell'assegnazione del bene al creditore e il procedimento di vendita. L'intervento su questa materia si è reso indispensabile dal fatto che il decreto-legge n. 132 del 2014 aveva di fatto, anche se non di diritto, eliminato l'istituto della vendita con incanto, mentre il provvedimento di assegnazione era un provvedimento che per il codice era strettamente connesso con la vendita con incanto. D'altra parte, impedire l'assegnazione del bene al creditore è una soluzione che non ha una sua ragionevolezza. Dunque, il legislatore è intervenuto su questa discrasia precisando che l'istituto dell'assegnazione non è legato unicamente alla vendita con incanto, ma a tutte le ipotesi di vendita.
  Nel fare questo, però, c’è stato qualche difetto di coordinamento. Basti pensare che l'attuale articolo 590 del codice di procedura civile prevede che si proceda all'assegnazione in caso di mancanza di offerte di vendita, mentre l'articolo 591 del medesimo codice stabilisce che si può procedere all'assegnazione soltanto se per due volte si verifica questo fenomeno. Quindi, c’è da coordinare e anche da operare una scelta, ossia se procedere all'assegnazione nel caso di mancanza di offerte oppure soltanto nel caso in cui questa mancanza di offerte si reiteri per almeno due volte. Questo è un primo profilo.
  Un secondo profilo, anch'esso molto importante, attiene proprio al discorso sulla ricerca dei beni. La disposizione introdotta dal decreto-legge n. 132 del 2014 sulla ricerca dei beni era una norma transitoria che consentiva, come vi dicevo, la ricerca da parte degli avvocati. Tuttavia, la formulazione della norma aveva dato adito a una serie di problemi interpretativi, quindi la stragrande maggioranza dei tribunali italiani, compreso il tribunale di Roma dove lavoro, era arrivata alla conclusione che questa ricerca da parte degli avvocati non si potesse effettuare se non dopo l'emanazione del regolamento ministeriale, adottato d'accordo con il Garante della privacy e il Ministero dell'economia e delle finanze, con il quale si definivano le modalità di accesso alle banche dati.
  Con il decreto-legge n. 83 del 2015 si è intervenuto su questa materia, ma lo si è fatto con una norma che probabilmente non risolve i problemi perché non fa riferimento a quel regolamento previsto dall'articolo 155-quater delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, ma a un altro regolamento, in modo che immediatamente nel mio ufficio si sono presentati soggetti che hanno sostenuto che adesso la possibilità di ricerca dei beni da parte degli avvocati è chiara e la ratio legis è sicuramente quella, e altri che hanno sostenuto che i problemi ostativi che c'erano prima sopravvivono anche alla formulazione di questa norma.
  Basterebbe probabilmente un inciso con il quale si chiarisce che, se l'intenzione è quella di applicarla immediatamente, anche fino all'entrata in vigore del regolamento di cui al citato articolo 155-quater è possibile effettuare la ricerca dei beni da parte degli avvocati. Quindi si rimuove un problema.
  Un altro problema di carattere tecnico è quello relativo alla disciplina dei compensi degli ufficiali giudiziari, che è stata sistemata in modo abbastanza chiaro, però non è ancora chiaro se la liquidazione del compenso degli ufficiali giudiziari nel caso di procedure esecutive non iscritte a ruolo debba essere fatta o meno dal giudice dell'esecuzione. Anche qui, probabilmente, andrebbe inserito un inciso per rendere esplicito quello che esplicito non è. Trattandosi di denaro, di pagamenti, di titoli esecutivi è il caso di esplicitare.
  Ci sono poi una serie di disposizioni che sono invece condivisibili, ma soltanto parzialmente. Parlo della possibilità di rateizzare il pagamento delle somme da versare in conversione. È una disposizione sicuramente condivisibile nella misura in cui estende questa facoltà, che prima era prevista solo per le esecuzioni immobiliari, Pag. 6anche alle esecuzioni mobiliari. Tuttavia, essa prevede un prolungamento dei tempi di rateizzazione fino a trentasei mesi (cioè tre anni) che è oggettivamente confliggente con l'esigenza di rendere più rapide le procedure esecutive. Quindi, probabilmente è giusto estendere la conversione anche alle esecuzioni mobiliari, ma probabilmente non lo è particolarmente consentire che la rateizzazione avvenga fino a tre anni.
  Analogo è il discorso della rateizzazione del pagamento del prezzo. Il decreto-legge consente la rateizzazione del pagamento del prezzo per gli aggiudicatari fino a dodici mesi. Capirete però che questa norma, che sicuramente è opportuna per le vendite mobiliari, perché i valori delle vendite mobiliari sono tali da poter essere rateizzati e pagati in un anno, non lo è altrettanto per le vendite immobiliari. È la stessa cosa che si verifica nel mercato privato: se devo comprare un televisore lo rateizzo in dodici mesi; se devo comprare un immobile, non lo rateizzo in dodici mesi ma faccio il mutuo e lo pago in vent'anni. Dunque, questa previsione normativa riferita alle vendite immobiliari è superflua e può provocare quell'allungamento di tempi che di nuovo è un problema.
  È sicuramente positiva l'istituzione del portale telematico, anche se bisognerebbe investire in termini economici su questo tipo di iniziative. Non altrettanto positiva, però, è la previsione della eliminazione di fatto della pubblicità sui giornali. È un nodo abbastanza delicato, perché il rilancio delle procedure esecutive che in qualche misura si è verificato negli ultimi quindici anni in Italia è ruotato intorno alla pubblicità delle vendite immobiliari sui quotidiani. Oggi probabilmente è uno strumento un po’ obsoleto, tuttavia è ancora uno strumento di trasparenza. Se io so che un immobile viene messo in vendita e lo so attraverso i giornali, è un elemento di trasparenza per tutti.
  Voi sapete che le procedure esecutive, anche quelle fallimentari, hanno sofferto per decenni problemi di scarsa trasparenza, quindi credo che questa possibilità sia utile. Il fatto che la norma prevede che la pubblicità sui giornali si possa fare unicamente a istanza del creditore è una disposizione problematica, per due motivi. In primo luogo, il creditore nell'immediatezza probabilmente non ha un interesse sistemico, ma ha l'interesse a risparmiare sulle spese della procedura. L'interesse sistemico, cioè di chi ha il quadro complessivo della situazione, ce l'ha il giudice che può valutare se in certe situazioni molto avanzate la pubblicità sui giornali sia effettivamente obsoleta e in altre situazioni meno avanzate o particolari sia ancora uno strumento efficace.
  Quindi, probabilmente la previsione che la pubblicità sui giornali debba essere disposta solo a istanza del creditore è una previsione discutibile.
  In questo ambito, credo che si possa anche ragionare sull'inserimento di qualche informazione ulteriore sia nella pubblicità che nell'ordinanza di vendita. Parlo di informazioni relative a quello che probabilmente può essere lo strumento chiave per rilanciare le vendite immobiliari nel nostro Paese: parlo della stipula, che io so essere in fase avanzata, di una convenzione tra uffici giudiziari e istituti bancari e l'Associazione bancaria italiana (ABI) per prevedere delle modalità di concessione di mutuo ai privati, in presenza di vendite immobiliari, con criteri di trattamento favorevoli.
  Questo tipo di strumento, nel momento in cui dovesse essere completato, potrebbe essere inserita sicuramente nella pubblicità, in maniera che chi sa che un immobile si vende verrà a sapere anche che c’è la possibilità di accedere a un mutuo e di accedervi a condizioni favorevoli.
  Faccio un'altra breve considerazione di tipo tecnico prima di passare ai nodi più grossi. Si prevede la reclamabilità dei provvedimenti presi in caso di delega: è un istituto un po’ atipico, perché è vero che riduce i tempi, tuttavia la reclamabilità, ai sensi dell'articolo 669-terdecies, nel nostro sistema in genere è legata a fenomeni di carattere cautelare, anche in senso lato, mentre questi provvedimenti non hanno nulla di cautelare. Quindi, Pag. 7sarebbe una reclamabilità cautelare di un provvedimento che non lo è, ed è una abnormità.
  Passo brevissimamente alle questioni che invece credo siano le più delicate, che sono essenzialmente tre.
  Innanzitutto è previsto nel decreto-legge al vostro esame – ed è una novità assoluta, a mio avviso discutibile – la possibilità di vendere gli immobili in prima vendita a un prezzo del 25 per cento inferiore al prezzo base. È una disposizione molto discutibile, sotto una serie di profili. In primo luogo, il legislatore con un'altra norma si preoccupa dell'opportunità che il giudice stabilisca un prezzo base ridotto in considerazione delle caratteristiche delle vendite immobiliari, quindi già il prezzo non è il prezzo di mercato ma è un prezzo di mercato ridotto.
  Questo prezzo di mercato ridotto è la base dell'ordinanza di vendita, ma è previsto che il bene si possa giudicare anche a un prezzo del 25 per cento inferiore. Questo significa che operatori scaltri, come sono quelli che operano sul mercato delle vendite immobiliari, probabilmente in maniera sistematica partiranno, nelle loro offerte, da un prezzo del 25 per cento inferiore al valore del bene. Dal punto di vista generale, è ovvio che questa è una valutazione di tipo politico, però noi stiamo vendendo un immobile a un soggetto che solo per il fatto di essere debitore subisce una riduzione di un quarto, e non del valore di mercato del bene ma su un valore già ridotto.
  In questo tipo di situazione, il giudice o ha la possibilità di non aggiudicare soltanto se ritiene, sulla base di elementi certi, che la vendita avverrà a un prezzo superiore, o addirittura – questa è la cosa più grave – nel caso di gara non ha nessuna possibilità di interloquire. In presenza di una gara, se io e mio fratello offriamo un prezzo del 24 per cento inferiore al prezzo base, il bene sarà aggiudicato a quel prezzo, senza che nessuno abbia la possibilità di dire nulla rispetto a questa possibilità. Questa mi sembra una cosa grave.
  A questo si aggiungono dei difetti di carattere tecnico, di coordinamento, perché, come dicevo, mentre nel caso in cui ci sia una sola offerta e un'istanza di aggiudicazione che deve essere per forza, per legge, a prezzo base, il giudice non assegna ma valuta la possibilità di aggiudicare, invece nell'ipotesi in cui ci sia la gara, si può verificare, nell'esempio che vi ho fatto di un'offerta mia e di mio fratello al 24 per cento in meno, una richiesta di aggiudicazione al prezzo base del creditore, ma il giudice è costretto, con il dato normativo vigente, ad assegnare al 24 per cento in meno.
  In questo modo non solo si danneggia il debitore – e abbiamo già visto che l'intero istituto rischia di danneggiare il debitore – ma si danneggia anche il creditore, che non ha la possibilità di avere l'assegnazione del bene al prezzo previsto dalla legge, che per lui non può che essere quello base. È un istituto secondo me da ripensare, e in maniera radicale, poiché non so se sia coerente.
  Un secondo passaggio delicato è quello dell'obbligatorietà della delega ai professionisti. L'effetto negativo dell'obbligatorietà della delega è che essa vincola il modello procedimentale. In questi anni, i miglioramenti nella funzionalità del sistema sono stati legati alla possibilità dei vari giudici, in relazione alle singole situazioni, di adottare dei modelli elastici: in una situazione in cui la delega non funziona o non ha funzionato – è l'esempio di Roma, laddove per molti anni la delega non ha funzionato per niente – si è scelto di modificare il meccanismo di delega, delegando alcune attività e mantenendone altre ai giudici; in altre situazioni ha funzionato benissimo e si è delegato; in altre situazioni, magari anche per contesti ambientali particolari, la delega è sconsigliabile ed è consigliabile la vendita davanti al giudice.
  Questa previsione rigida, di obbligo di delegabilità, è una scelta molto forte che, al di là di ogni tipo di valutazione, credo possa produrre effetti dal punto di vista funzionale estremamente negativi.Pag. 8
  Un'altra norma – seppur minore – che appare discutibile è quella che consente, nell'ipotesi di vendita con rateizzazione del prezzo, l'immissione anticipata dell'acquirente nel possesso dell'immobile acquistato. Come ho detto, credo che questo istituto avrà una scarsa applicazione perché rateizzare i prezzi degli immobili in dodici mesi non significa granché; tuttavia, ammesso che funzioni, c’è la possibilità da parte dell'aggiudicatario di immettersi nell'immobile, lasciando una fideiussione pari a un sesto del prezzo base, e poi, nell'ipotesi in cui non dovesse pagare il residuo, gli verrà ordinato il rilascio dell'immobile e verrà incassata la fideiussione.
  Sembra uno strumento efficace, ma chi conosce la realtà dei nostri uffici giudiziari sa che una procedura di rilascio dura moltissimo, che una escussione di garanzia fideiussoria, soprattutto nei confronti di soggetti non particolarmente forti, dura moltissimo. E torniamo al discorso di prima: è un meccanismo che può comportare il prolungamento di procedure esecutive per anni, rispetto all'esigenza di rapidità.
  Chiudo invitando la Commissione a valutare alcuni piccoli – o non tanto piccoli – settori sui quali si potrebbe intervenire, settori che non sono oggetto dell'intervento ma che sono in grave sofferenza in questo momento nelle procedure esecutive, talvolta (questa è una cosa su cui dovremmo riflettere) anche in funzione di norme approvate recentemente che erano finalizzate a migliorare la situazione, ma purtroppo, invece, nell'applicazione pratica si sono rivelate fallimentari.
  Cito in primo luogo il discorso del pignoramento degli autoveicoli. Il pignoramento degli autoveicoli è stato totalmente riletto dalla legge n. 162 del 2014, di conversione del decreto legge n. 132 del 2014, ma oggi è bloccato. Non si pignora più niente, perché è un pignoramento che viene lasciato, sulla base di modelli che forse sono un po’ diversi dai nostri, sostanzialmente alla buona volontà del debitore. Si intima infatti al debitore di consegnare l'autoveicolo pignorato.
  Credo che a Roma ne abbiano consegnato uno, ma da altre parti non se ne vedono.
  È prevista la possibilità – funziona un po’ come il fermo amministrativo – che ove il veicolo fosse fermato, la polizia lo blocchi. Credo, però, che si sia trattato di un difetto di coordinamento, per cui, che io sappia, il Ministero dell'interno non si è attivato. Comunque, la percentuale di ipotesi che il bene venga fermato a un posto di blocco dalla polizia è comunque molto limitata rispetto al numero dei pignoramenti che si potrebbero fare.
  La conseguenza è che questo è un istituto che in questo momento è fermo, mentre prima in qualche modo funzionava, tant’è che qualcuno sostiene che basterebbe anche soltanto consentire un'ipotesi di pignoramento cumulativa, cioè si fa in questo modo oppure nel vecchio sistema.
  Un intervento andrebbe fatto anche sulla liberazione dei beni mobili nel caso di rilascio dell'immobile. È una vecchia questione che occupa molto gli uffici giudiziari, perché molto spesso, quando si fa un rilascio, nell'immobile da rilasciare restano dei beni e non si sa che cosa fare.
  La legge dell'anno scorso è intervenuta, ma in quella norma ci sono difficoltà applicative e incongruenze, quindi anche in questo ambito forse sarebbe necessario intervenire.
  Credo che la cosa più importante sia pensare a un intervento, sempre come conseguenza della legge dell'anno scorso, su una fase procedurale che sta provocando molte difficoltà negli uffici. Brevemente, mentre in passato i pignoramenti venivano effettuati o notificati e venivano trasmessi dall'ufficiale giudiziario all'ufficio giudiziario, che immediatamente formava il fascicolo, designava il giudice e poteva cominciare a trattare la vicenda, dopo la legge n. 162 del 2014, che ha sicuramente razionalizzato il sistema, è previsto invece che dopo l'effettuazione del pignoramento l'iscrizione a ruolo di questo pignoramento avvenga a cura del creditore Pag. 9entro un termine di trenta giorni dalla consegna del pignoramento nelle mani dello stesso creditore.
  Succede che prima di tutto non si sa quanto dura il procedimento di notifica; in secondo luogo, non si sa quando il creditore va a ritirare il pignoramento, presupposto dell'iscrizione a ruolo; dopodiché passano trenta giorni per l'iscrizione a ruolo e in alcuni uffici giudiziari, come a Roma, il procedimento telematico dell'iscrizione a ruolo si sta rivelando una vera tragedia, per cui ci sono mesi di ritardo anche su quello.
  Nel frattempo, che cosa accade ? Nel frattempo la vita va avanti, quindi c’è qualcuno che si mette d'accordo e vorrebbe rinunciare alla procedura, estinguerla, ma non sa a chi rivolgersi per farlo perché il pignoramento c’è, ma l'iscrizione a ruolo non c’è. Oppure qualcuno si oppone e di nuovo non si sa come regolamentare questa circostanza, perché il pignoramento c’è ma la procedura esecutiva davanti al giudice non c’è. Quindi, dove si fa l'opposizione ? Qualcuno vuole intervenire nella procedura, ma di nuovo non sa come farlo.
  Non solo, ma c’è una disposizione che prevede che, nel caso di pignoramento di beni mobili, se vengono rinvenuti gioielli o denaro l'ufficiale giudiziario li consegni direttamente alla cancelleria del giudice; ma oggi la cancelleria si rifiuta di riceverli perché non sa dove metterli, dato che la procedura esecutiva non è iniziata e inizierà dopo alcuni mesi. Quindi, c’è una necessità abbastanza impellente di disciplinare questa fase. È una necessità che nasce dall'intervento normativo dell'anno scorso e che in questo caso si potrebbe utilizzare.
  Ci sarebbe la necessità di chiarire per l'ennesima volta – forse per la quarta volta di seguito – il procedimento di pignoramento presso terzi per le dichiarazioni tacite, che oggi sono lasciate a interpretazioni anche troppo divergenti tra i vari giudici.
  Poi c’è il dubbio, ma lo lascio lì, circa il motivo per cui questa vendita con incanto, che è stata abrogata di fatto, resta invece presente nel nostro codice come una norma totalmente inapplicabile. Tenete conto che si può procedere alla vendita con incanto se si ritiene che soltanto per il fatto di vendere un bene all'incanto quel bene può essere venduto a un prezzo una volta e mezza superiore a quello base. È la classica condizione impossibile, che rende inapplicabile la vendita con incanto, però ci sono 20 norme nel codice di procedura civile che continuano a parlare di questo istituto. Sarebbe il caso di sistemare questa situazione.

  PRESIDENTE. Grazie. Vedo che consultava uno scritto, le chiedo se sia possibile per la Commissione acquisire i suoi appunti.

  FRANCESCO VIGORITO, Presidente della sezione esecuzioni immobiliari del Tribunale di Roma. Certamente.

  PRESIDENTE. Nel ringraziarla, do ora la parola al professor Giuseppe Ferri.

  GIUSEPPE FERRI, Ordinario di diritto commerciale presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Grazie presidente. Mi occuperò della parte restante del decreto-legge, cioè di quella relativa alla legge fallimentare, effettuando un'incursione nel codice civile.
  Lo spirito del mio intervento, visto che sono un assoluto neofita, l'avrei pensato in questo modo: limitarmi a qualche suggerimento che possa essere accolto già in sede di conversione e circoscritto a profili tecnici. Do un po’ per scontato che l'intenzione del legislatore sia di un certo tipo; non mi permetto di parlare in questa sede del merito, però mi limito a dire quali sono gli ostacoli all'applicabilità pratica – in fondo, l'urgenza significa anche l'urgenza dell'applicazione non solo della normazione – che queste norme possono richiedere.
  Questo discorso iniziale mi serve in qualche modo per fare un'osservazione di carattere generale. Prima di scendere nel dettaglio e, a titolo di campione, indicare Pag. 10qualche passaggio del decreto che meriterebbe una modificazione o quanto meno una riflessione, vorrei fare una considerazione di tipo generale. Dentro questo decreto-legge si nasconde un'intenzione molto alta del legislatore, quella cioè di modificare l'equilibrio tra le varie procedure concorsuali. Non ci si limita, in questa sede, a regolare diversamente l'uno o l'altro profilo dell'accordo di ristrutturazione del concordato preventivo, ma si tocca l'equilibrio un po’ sistematico che regge e che regola tutti questi istituti. È un equilibrio sicuramente instabile da sempre, ma che deve essere tenuto in considerazione.
  Quali sono i due profili che, a mio avviso, consentono di dire che il legislatore abbia voluto in qualche modo modificare l'assetto complessivo delle procedure concorsuali ? Sono due modificazioni, introdotte l'una in materia di concordato preventivo, l'altra in materia di accordo di ristrutturazione, che hanno come cifra comune un'accentuazione in entrambi i casi del profilo collettivo e procedimentale delle rispettive discipline.
  Faccio riferimento, per quanto riguarda il concordato preventivo, alla norma – che credo sia prevista dall'articolo 3 del decreto legge al vostro esame e che introduce una modifica all'articolo 163 del regio decreto n. 267 del 1942 (cosiddetta legge fallimentare) – che prevede la possibilità per i creditori di presentare proposte di concordato concorrenti. Una caratteristica del concordato preventivo era il monopolio concesso al debitore nello stabilire i termini di composizione della crisi che lui soffre. Uno dei profili di appetibilità del concordato preventivo era proprio la circostanza che il pallino del gioco (utilizzo un'espressione un po’ volgare) resta sempre in mano al debitore. Ora, con questa norma si dice, invece, che una volta che il debitore abbia scelto di avviare una procedura di concordato, i creditori possono – praticamente sempre, perché l'ipotesi in cui il debitore paghi il 40 per cento ai creditori chirografari è un'ipotesi realistica – presentare proposte concorrenti. Questa circostanza avvicina molto il concordato preventivo al concordato fallimentare, dove invece questa possibilità è data già dalla riforma organica.
  La seconda norma a cui faccio riferimento è quella in tema di accordi di ristrutturazione – credo che sia l'articolo 9 del decreto-legge – che consente di superare una caratteristica degli accordi di ristrutturazione che era la negozialità di questa figura, il fatto cioè che questo accordo vincolasse soltanto le parti. Ora, al contrario, questa nuova norma consente al debitore di chiedere che venga estesa l'efficacia dell'accordo anche a soggetti non aderenti, cioè creditori che non hanno dato il loro consenso.
  In entrambi i casi, proposte concorrenti ed efficacia, nei confronti di alcuni terzi, degli accordi di ristrutturazione sono accomunati a una cifra di accentuazione dei profili collettivi e procedimentali. In qualche modo il concordato preventivo si avvicina al concordato fallimentare e l'accordo di ristrutturazione si avvicina al concordato preventivo e si allontana dal contratto di diritto civile che vincola solamente le parti, almeno di regola.
  Questo può comportare, a mio avviso, una duplice conseguenza, che vorrei semplicemente registrare. Innanzitutto, è sempre meno chiaro il motivo per il quale il presupposto oggettivo del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione sia diverso da quello del fallimento. Attualmente tale presupposto è indicato nello stato di crisi, mentre il fallimento mantiene il suo presupposto oggettivo dell'insolvenza.
  Forse questa procedimentalizzazione di queste procedure minori è l'occasione di superare questa differenza di presupposti oggettivi, anche perché la differenza tra stato di crisi e stato di insolvenza è così scivolosa e labile da creare più problemi di quanti non voglia risolverne.
  La seconda conseguenza riguarda, invece, non tanto il rapporto tra queste due procedure minori e il fallimento, quanto il rapporto di queste due procedure tra di loro. In fondo, se uno considera che il debitore che sceglie il concordato perde l'esclusiva dell'iniziativa non di accedere al Pag. 11concordato ma di proporre una soluzione ai creditori, e dall'altra parte invece chi si avvale dell'accordo di ristrutturazione può lucrare di questa efficacia anche nei confronti dei terzi, ebbene secondo me quell'equilibrio sistematico di cui parlavo prima è stato un po’ toccato a favore degli accordi di ristrutturazione contro il concordato preventivo. Non vorrei, insomma, che dopo tutta questa disciplina il debitore, almeno in prima battuta, ricorra sempre all'accordo di ristrutturazione e solo successivamente al concordato preventivo. Questo comporterebbe, però, un allungamento dei tempi che non so quanto in linea con quell'urgenza che ha spinto il legislatore a inserire e a prevedere queste norme.
  Dopo queste considerazioni un po’ più generali, se consentite scendo nel dettaglio per vedere come, tecnicamente, queste ambiziose intenzioni del legislatore siano state di fatto realizzate. Qui farei una carrellata a titolo esemplificativo, magari riservandomi, se è possibile, di lasciare un testo più completo in cui ho declinato, su ogni norma, i profili che ad una lettura possono sembrare meno convincenti.
  Cito innanzitutto, come dicevo prima, la novità della possibilità dei creditori di presentare proposte concorrenti. A mio avviso, dal testo della norma del nuovo articolo 163 della legge fallimentare, che è stato introdotto dall'articolo 3 del decreto-legge n. 83 del 2015, non è chiaro come si coordini questo potere dei creditori di presentare proposte concorrenti con la disciplina – almeno così è sembrato a una primissima lettura – che consente al debitore di presentare una domanda in bianco.
  La domanda concorrente deve essere necessariamente successiva a quella presentata dal debitore oppure il debitore può presentare la domanda in bianco, cioè quella non accompagnata da piano e proposta, e poi i creditori anticipano il debitore e presentano loro per primi una proposta concorrente (però anticipata) ? Questo forse è un punto che meriterebbe di essere chiarito.
  Un secondo e, a mio avviso, un po’ più grave difetto – mi permetto di chiamarlo così perché non sono riuscito a capire assolutamente il senso di questa innovazione – si ha all'articolo 165 della legge fallimentare, come modificato dall'articolo 3 del decreto legge. A un certo punto, nel citato articolo 165, laddove si parla di concordato preventivo, si dice espressamente «In ogni caso si applica il divieto di cui all'articolo 124, comma primo, ultimo periodo» suppongo della legge fallimentare. Questo articolo 124 prevede che il debitore – che, ricordiamo, prima di questo decreto legge ha l'esclusiva nel proporre il concordato preventivo – una volta dichiarato fallito non può proporre un concordato fallimentare se non in una finestra di tempo.
  La premessa di questa norma di cui all'articolo 124 è che il concordato fallimentare è un'eventualità che non necessariamente, anzi quasi mai accompagna l'apertura del fallimento. Questa è una norma richiamata in tema di concordato preventivo. Visto che il concordato preventivo si apre sulla base di una domanda del debitore, che quindi è necessaria sempre, come si può applicare un divieto al debitore di presentare una domanda di concordato ?
  In altri termini, mentre nel fallimento il debitore non è necessariamente proponente e quindi ha senso ridurre il suo potere di presentare una proposta, se c’è una procedura di concordato è perché il debitore ha fatto già una proposta di concordato. Allora, come si fa nel concordato a vietare al debitore di presentare la proposta che è il presupposto per aprire la procedura di concordato preventivo ? Questo non mi sembra chiaro.
  In totale i punti di dettaglio sono sette, quindi andrò rapidamente agli altri.
  L'articolo 169 bis della legge fallimentare, come modificato dall'articolo 8 del decreto legge, è la norma di recente introduzione in tema di contratti pendenti. È una questione che considero un po’ personale, perché il decreto legge, aggiunge alla fine del secondo comma dell'articolo 169-bis la locuzione: «ferma Pag. 12restando la prededuzione del credito conseguente ad eventuali prestazioni eseguite legalmente e in conformità agli accordi o agli usi negoziali, dopo la pubblicazione della domanda ai sensi dell'articolo 161». Questa formulazione vuole dire che il credito che nasce da prestazioni fatte prima del concordato è un credito anteriore e, in quanto tale, è un credito che fa parte del passivo concordatario, cioè in altri termini subisce la falcidia concordataria, mentre i crediti nati durante la procedura, in quanto successivi, sono estranei al concordato.
  Da un punto di vista gergale, i crediti nati durante il concordato si chiamano – appunto nel gergo – crediti prededucibili, sulla premessa infondata che siano pagati per intero. In realtà, la prededuzione è un concetto che opera in un'altra procedura, cioè quella di fallimento. Io consiglierei di dire, anziché «ferma restando la prededuzione», «fermo restando il carattere successivo – oppure il carattere estraneo al passivo concordatario – dei crediti nati nel corso della procedura».
  Su questo profilo, sono convinto che i crediti nati durante il concordato non sono prededucibili, o meglio non si può dire che siano prededucibili per indicare una caratteristica che si spende e che rileva nello stesso concordato, e magari indicherò qualche motivazione maggiore nello scritto.
  Arrivo agli ultimi tre punti, di cui due relativi alla legge fallimentare e l'ultimo al codice civile. L'articolo 1 del decreto legge n. 83 del 2015 modifica l'articolo 182-quinquies della legge fallimentare. Tale articolo già da vario tempo raccoglie le regole in tema di finanziamento «interinale», cioè la concessione di finanziamenti al debitore non precedenti all'ammissione alla procedura (finanziamenti ponte), non successivi all'omologa, quindi i finanziamenti esecutivi, ma quelli concessi nel corso della procedura.
  Quello che non colgo è il motivo per il quale questo decreto legge da un lato ha innovato il primo comma dell'articolo 182 quinquies della legge fallimentare, precisando che l'autorizzazione del giudice può intervenire nel caso di concordato in bianco anche prima dell'ammissione, quindi dopo la domanda incompleta e prima del suo completamento, salvo poi al terzo comma introdurre una complessa disciplina che è circoscritta al concordato in bianco e ad altri due casi, il caso di accordo di ristrutturazione con deposito della proposta e il caso di accordo di ristrutturazione con deposito della domanda di omologazione.
  Quello che voglio dire, più semplicemente, è che non mi è chiaro il coordinamento tra il primo e il terzo comma, perché il primo e il terzo comma hanno una fattispecie pressoché identica, con l'unica differenza che il primo comma si applica anche al concordato non in bianco, mentre il terzo no. A fronte di una fattispecie essenzialmente identica, i due commi dettano due discipline completamente diverse: nel primo comma il finanziamento è subordinato a una relazione di un professionista che nel terzo comma non è più citata.
  Il problema è questo: salvo l'ipotesi di concordato completo, al quale si applica soltanto il primo comma, negli altri casi, in cui si applicano potenzialmente entrambi i commi, questa relazione serve o no ? O, comunque, si applica o no ? Quali di queste due norme si applicano, visto che sembrano regolare la stessa fattispecie ?
  Un ultimo cenno alla legge fallimentare lo traggo, invece, dall'articolo 185, come modificato dall'articolo 3 del decreto legge n. 83 del 2015. L'articolo 185, a mio avviso, è il più interessante di tutti, o meglio le modifiche contenute nell'articolo 3 del decreto legge in relazione all'articolo 185 della legge fallimentare sono le più interessanti, sono le più moderne e propongono un approccio molto nuovo al tema del fallimento delle società.
  Su questo punto mi sono permesso di dilungarmi nello scritto che allegherò. Adesso, però, voglio fare una considerazione molto più banale. All'ultimo comma si dice «fermo restando il disposto dell'articolo 173». Ora, l'articolo 173 riguarda la revoca del concordato preventivo, cioè Pag. 13la revoca in presenza di fatti che si possono verificare nel corso della procedura, che come è noto finisce nel momento dell'omologazione.
  Tutta questa disciplina, invece, riguarda il momento dell'esecuzione di una proposta già omologata. Allora, perché fare salvo un articolo che già non si applica più perché la procedura è finita ? Il mio modestissimo suggerimento è di togliere questo richiamo.
  L'ultima norma che richiamo è quella molto interessante che introduce nel codice civile l'articolo 2929-bis. È una norma in tema di esercizio dell'azione esecutiva su beni immobili dei quali si è disposto o che sono stati destinati per atto a titolo gratuito. Questa norma riguarda l'esecuzione, ma ovviamente si riflette anche sul tema dell'azione revocatoria.
  Faccio due annotazioni in merito a questa norma. La prima è che nel sistema revocatorio, essenzialmente in quello ordinario, si distingue molto nettamente tra creditori anteriori e creditori successivi all'atto. In questa norma, invece, si parificano pressoché integralmente. Normalmente, perché si ottenga la revoca, un creditore successivo al compimento dell'atto, cioè che è diventato creditore dopo il compimento dell'atto, ha l'onere di provare non solo la conoscenza, ma anche la dolosa preordinazione. Quindi, c’è un differente atteggiarsi sia del presupposto oggettivo, pregiudizio contro dolosa preordinazione, sia di quello soggettivo, conoscenza del pregiudizio. Invece, di questa distinzione, che è un po’ centrale nell'ambito dell'azione revocatoria ordinaria, non vi è cenno in questa norma.
  In secondo luogo, questa norma prende decisamente posizione a favore della natura dichiarativa della sentenza di inefficacia, cioè della revocatoria. È un tema aperto, e a mio avviso può anche essere convincente sostenerlo, però la cosa un po’ paradossale è che la legge ne prende posizione in una norma che si applica soltanto agli atti a titolo gratuito aventi ad oggetto beni immobili. Ciò farà sorgere una serie di problemi, se è l'espressione di un principio generale o se è l'eccezione a un principio generale contrario.
  Questo riferimento, che si trova verso la fine del primo comma dell'articolo 2929-bis, è quantomeno sistematicamente impegnativo.
  Ultima considerazione: non si capisce bene se questa norma si applichi soltanto alla revocatoria ordinaria o soltanto alla revocatoria ordinaria fuori dal fallimento o invece anche alle revocatorie fallimentari. Questo meccanismo è pensato per il debitore civile, è pensato per l'azione revocatoria ordinaria esercitata fuori dal fallimento o anche per quella esercitata nel fallimento o anche per la revocatoria fallimentare ?
  Come impostazione, la sensazione è che la norma si applichi all'azione revocatoria ordinaria, perché in fondo si parla di pignoramento, allora il fallimento in fondo è un'ipotesi diversa; però, quantomeno chiarire se questa norma si applica anche quando l'azione ordinaria è esercitata dal curatore ai sensi dell'articolo 66 o meno può essere un ricavo importante. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, professore. Ha già il documento di cui ha parlato ?

  GIUSEPPE FERRI, Ordinario di diritto commerciale presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Sì, ce l'ho.

  PRESIDENTE. Grazie. Lo acquisiamo subito.
  Vorrei porre una domanda a entrambi gli auditi. C’è una norma all'articolo 5 del decreto legge n. 83 del 2015 che modifica la disciplina del curatore fallimentare e i requisiti per la nomina a curatore.
  Non so se volete approfondire questo punto.

  GIUSEPPE FERRI, Ordinario di diritto commerciale presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Questa norma è stata trattata ieri ?

  PRESIDENTE. Ieri abbiamo sentito solo una persona, il presidente della Corte Pag. 14d'appello. Su questo punto non si è fatto un particolare approfondimento, quindi vorrei sapere se ci sono interventi al riguardo da parte di entrambi.
  Potete rispondere dopo, se volete.
  Do la parola ai colleghi che desiderano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ALFREDO BAZOLI. In queste audizioni abbiamo avuto un saggio della complessità tecnica del decreto legge n. 83 del 2015.
  Vorrei porre alcune domande, cominciando dal tema delle procedure esecutive. Premesso che noi qui ovviamente analizziamo un decreto-legge, quindi nella legge di conversione che dovremo approvare tendenzialmente staremo dentro i binari che ci sono stati indicati dal Governo attraverso il decreto legge, parallelamente, però, stiamo anche analizzando una legge di riforma un pochino più articolata della procedura civile che può essere invece destinataria di provvedimenti anche più organici e più approfonditi che riguardano in particolare il processo esecutivo.
  Sulle questioni sollevate dal presidente Vigorito, vorrei capire meglio alcuni aspetti. Mi pare di aver capito che lei ritiene sostanzialmente inutile, inefficace o forse addirittura controproducente l'introduzione della rateizzazione nel versamento delle somme a seguito dell'aggiudicazione dei beni. Vorrei un chiarimento su questo per capire se, tutto sommato, non è solo una questione di allungamento dei tempi della procedura ma forse stiamo ragionando di un'ipotesi che non produce effetti positivi particolari.
  La seconda questione riguarda il tema dell'iscrizione a ruolo della procedura esecutiva. Effettivamente qualche perplessità ce l'avevo anch'io quando è stata introdotta questa novità nel processo esecutivo. Mi è sembrato che, alla fine, fosse funzionale a onerare gli avvocati di un adempimento che altrimenti deve ricadere sulla cancelleria, ma con un appesantimento dei tempi della procedura. Mi piacerebbe capire se non sia il caso – come mi è parso di intuire, da quello che lei diceva – di tornare indietro rispetto alla novità introdotta in passato, oppure se invece si tratta di introdurre un miglioramento effettivo.
  Presidente Vigorito, approfittando della sua presenza e ragionando anche della possibilità di fare una riforma più complessiva attraverso l'altro veicolo normativo che stiamo valutando, le pongo una domanda sul tema degli agenti dell'esecuzione, cioè gli ufficiali giudiziari. Lei ritiene che si possa intervenire anche su una ridefinizione e riorganizzazione del tipo di attività che svolgono gli ufficiali giudiziari, magari con una sorta di avvicinamento non dico a una privatizzazione ma a una messa in competizione degli ufficiali giudiziari stessi per garantire una maggiore funzionalità ed efficacia della loro attività ? Anche su quel versante, secondo lei, potrebbe valere la pena di intervenire in maniera più puntuale ? Questo ovviamente riguarderà l'altro provvedimento normativo.
  Professor Ferri, vorrei rivolgerle una domanda per un chiarimento. Lei ha detto che sostanzialmente questo provvedimento sembra tendere a incentivare gli accordi di ristrutturazione un po’ a scapito dei concordati preventivi. Lei sostiene che questo rischia di tradursi in un allungamento complessivo dei tempi. Tuttavia, non ho ben afferrato questo passaggio logico. Vorrei capire perché incentivare gli accordi di ristrutturazione rischia di produrre un allungamento dei tempi.

  ANDREA COLLETTI. Vorrei ricollegarmi all'intervento che mi ha preceduto in merito al tema degli ufficiali giudiziari. Leggendo le ultime norme, ma anche una norma del decreto-legge che abbiamo votato mesi fa, mi sembra che dentro il Ministero ci sia la voglia di prevedere il ruolo degli ufficiali giudiziari come nell'ordinamento francese. Ne è un sintomo l'aggio, che non è stato mai previsto, addirittura per legge, nell'articolo 492.
  Non c’è il Ministro né il sottosegretario a cui chiedere, tuttavia, dal vostro punto di vista, come ha anticipato anche il collega Bazoli, prevedere la privatizzazione e il monopolio di alcune attività in direzione degli ufficiali giudiziari non potrebbe provocare Pag. 15delle sacche non solo di inefficienza, ma anche maggiori costi per gli utenti, cittadini, imprese, ma anche liberi professionisti nella ricerca dei beni, ad esempio ? Le stesse cose non potrebbero farle, ad esempio, gli avvocati stessi ?

  DAVID ERMINI. Prima di tutto ho una domanda sull'articolo 7, sulla chiusura della procedura di fallimento. La chiusura della procedura di fallimento sostanzialmente avviene anche se alcune liti possono essere ancora in corso. Allora, tenuto conto che comunque il collegio del tribunale fallimentare dovrebbe essere sempre in attività, perché è evidente che qualsiasi transazione o qualsiasi altro tipo di intervento necessita di un'attività da parte del collegio, chiedo se non sarebbe forse meglio inserire una norma per accelerare i processi che vedono come parte una curatela fallimentare. La mia sensazione, leggendo il testo, è che alla fine si chiude il fallimento ma l'attività del tribunale permane.
  Inoltre, per quanto riguarda l'articolo 9 sulle ristrutturazioni, vorrei un parere su questa modalità, che avete sicuramente visto, della sufficienza del 75 per cento del credito della categoria per dare il consenso alla ristrutturazione.
  Infine, l'articolo 10 amplia le sanzioni penali anche alla ristrutturazione, però sostanzialmente noto che manca la relazione del curatore o del commissario al giudice. Quindi, la domanda è questa: chi è che sostanzialmente avvisa il giudice o comunque mette a conoscenza il giudice dell’iter e del perché si arriva a questo tipo di procedura ? Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola agli auditi per la replica.

  FRANCESCO VIGORITO, Presidente della sezione esecuzioni immobiliari del Tribunale di Roma. Ne approfitto anche per dire due parole sul fallimentare, riprendendo esperienze neanche tanto lontane.
  Cominciamo dalle questioni che sono state sollevate relativamente alle procedure esecutive. Sulla rateizzazione, credo che sia una misura utile con riferimento alle procedure esecutive mobiliari. Intendo dire che è utile la rateizzazione dei pagamenti e anche la rateizzazione della conversione. In genere discutiamo di valori tali da poter essere versati nel giro del periodo di rateizzazione, che per la conversione è tre anni (e mi sembra eccessivo) e per il pagamento delle somme necessarie per l'acquisizione del compendio è un anno.
  Credo che sia sostanzialmente inutile la rateizzazione del pagamento in presenza di vendite immobiliari, perché l'esperienza sia professionale sia individuale è tale che le rendite immobiliari coinvolgono somme di denaro significative e, in tal caso, o c’è la disponibilità in breve tempo di queste somme di denaro da versare oppure lo strumento più diffuso è quello di prendere in prestito queste somme di denaro, che per la loro entità richiedono mutui lunghissimi.
  Quindi, il motivo per cui si debba rateizzare il pagamento di somme di denaro nelle vendite immobiliari non lo capisco tanto. Mi sembra uno strumento sostanzialmente inutile, che però provoca un allungamento eventuale della durata della procedura e poi anche una serie di problemi, nel senso che bisognerebbe capire dopo se è possibile pagare, saltando le rate eccetera. Comunque sia, mi pare uno strumento complicato.
  Per l'iscrizione a ruolo forse non sono stato chiaro. Credo che lo strumento dell'iscrizione a ruolo di per sé sia uno strumento positivo, e ne ho una ricaduta immediata: nel mio ufficio nel corso del 2014 sono state iscritte a ruolo, cioè trasmesse dall'ufficiale giudiziario all'ufficio, 48.000 procedure esecutive in un anno. Oggi, pur con una serie di problemi molto complessi che dovremo risolvere, da quando c’è l'iscrizione a ruolo il numero di procedure esecutive iscritte a ruolo è drasticamente crollato. Non arriveremo, credo, alle 25.000, quindi siamo alla metà. Ciò perché tutte le procedure esecutive che non ha senso iscrivere a ruolo vengono di fatto abbandonate.Pag. 16
  Dal punto di vista della funzionalità degli uffici giudiziari, lo strumento è stato efficace. Bisognerebbe migliorare il profilo telematico e bisognerebbe soprattutto prevedere una disciplina per questa fase di vuoto che c’è tra il momento del pignoramento, che secondo i sacri testi è il momento dell'inizio della procedura esecutiva, cioè la notifica del pignoramento, e il momento dell'iscrizione a ruolo, che è il momento in cui il giudice viene investito della possibilità di intervenire. C’è un vuoto, anche di mesi, in cui si verificano dei fatti e non si sa bene come regolamentarli.

  ALFREDO BAZOLI. Se funzionasse bene l'iscrizione telematica saremmo a posto.

  FRANCESCO VIGORITO, Presidente della sezione esecuzioni immobiliari del Tribunale di Roma. No, perché anche con l'iscrizione telematica c’è il vuoto. Con l'iscrizione telematica che funziona male la situazione diventa drammatica, ma comunque, anche con l'iscrizione telematica, c’è un vuoto di almeno trenta giorni.
  È un momento importante, perché è il momento in cui il debitore si sente investito dalla procedura esecutiva, quindi reagisce. Immaginatevi i pignoramenti presso terzi, che vengono effettuati anche per somme molto rilevanti, presso le banche, e possono comportare il crollo di un'azienda. Io pignoro tutti i conti di un'azienda perché ho un credito. Il nostro sistema prevede delle misure, in questo caso: la riduzione del pignoramento, la rinuncia eccetera.
  C’è un periodo di un mese in cui non si sa chi deve fare queste cose, perché il giudice non c’è ancora e invece c’è il blocco dei conti. È una cosa molto pesante.
  Quello degli ufficiali giudiziari è un tema enorme. Credo che l'intera materia del funzionamento degli uffici UNEP (Ufficio notifiche esecuzioni e protesti) sia croce e delizia, da decenni, nel nostro sistema. Secondo me, bisogna mettere mano a questa materia e valutare se c’è la possibilità di una maggiore interrelazione con il creditore.
  È previsto addirittura che il creditore metta bocca sulla nomina del curatore fallimentare, però non mette bocca sull'ufficiale giudiziario che deve fare il pignoramento. La norma sul curatore non mi piace, ma probabilmente si potrebbe pensare a qualcosa sul funzionamento complessivo degli uffici UNEP per farne uno strumento efficiente. Non dovunque e non sempre è così.
  Approfitto per fare due brevissime considerazioni sul fallimento. Io trovo che sia una norma bizzarra questa che regolamenta la nomina del curatore fallimentare, perché l'articolo 28 adesso prevede che il curatore debba essere «in possesso di una struttura organizzativa e di risorse che appaiano adeguate al fine del rispetto dei tempi previsti dall'articolo 104-ter». Ma come fanno i giudici a conoscere questa circostanza ? Quali sono le strutture ? Qual è l'organizzazione ? È un tipo di conoscenza che non entra minimamente nel circuito della conoscenza formale. Come fa il giudice a saperlo ?
  La cosa è aggravata dal fatto che il capoverso successivo prevede quanto segue: «La sentenza pronunciata ai sensi dell'articolo 16 motiva specificamente in ordine alla sussistenza dei requisiti di cui al terzo comma e tiene conto, anche alla luce delle risultanze dei rapporti riepilogativi di cui all'articolo 33, quinto comma – di che cosa ? Delle altre procedure, credo – delle eventuali indicazioni in ordine alla nomina del curatore espresse dai creditori nel corso del procedimento [...]».
  Quindi, i creditori danno delle indicazioni su chi dovrebbe essere nominato curatore fallimentare. Il giudice deve decidere sulla base di questa conoscenza delle strutture organizzative e delle risorse che nessuno offre. Non solo, ma la scelta è legata a cosa ? Al comportamento del professionista nelle altre procedure esecutive ? E se questo professionista lavora su tanti uffici giudiziari, come fa il giudice a conoscere i rapporti riepilogativi ex articolo 33 di un altro ufficio ? Insomma, è una norma francamente strana.Pag. 17
  Capisco che il settore della nomina dei curatori fallimentari è uno dei più delicati e più sotto controllo. Sono stato componente della Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura e tante volte abbiamo fatto processi a magistrati che non hanno fatto bene il loro lavoro proprio in relazione a questo.
  Questa disposizione normativa, tuttavia, mi pare abbastanza bizzarra e anche tecnicamente difficile. Non mi viene in mente come si possa motivare, sulla base di quali elementi.

  PRESIDENTE. Invece sul registro nazionale siete d'accordo ?

  FRANCESCO VIGORITO, Presidente della sezione esecuzioni immobiliari del Tribunale di Roma. Sì.
  Dico un'ultima parola sulla chiusura del fallimento e sulle proposte concorrenti. Quest'ultimo è un istituto interessante, ma ho l'impressione che gli effetti materiali sullo sviluppo e sulla durata delle procedure di concordato possano essere abbastanza pesanti.
  Il commissario giudiziario viene caricato di una quantità di oneri e di incombenze, in presenza delle proposte concorrenti, che non mi pare semplicissimo fronteggiare, e farlo nei termini e nei tempi previsti dalla legge. È una proposta che, sebbene magari spinta dalle migliori intenzioni, potrebbe tuttavia provocare un ulteriore effetto di inefficacia, di intasamento.
  Sulla chiusura del fallimento, mi sentirei di essere d'accordo sul fatto che è un po’ una fictio dire che si chiude il fallimento, però praticamente gli organi fallimentari continuano a operare. Se la causa pendente si conclude, per esempio, con un'assegnazione di somme al fallimento, quelle somme dovranno essere distribuite, quindi potrebbe iniziare un contenzioso. È una finzione dire che il fallimento si chiude in quel momento, lasciando in piedi tutto il resto.

  GIUSEPPE FERRI, Ordinario di diritto commerciale presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Trovo condivisibili le osservazioni fatte prima sull'articolo 28, ma se posso aggiungerei due punti sul tema.
  Innanzitutto attualmente l'articolo 28 sancisce che non si può essere nominati curatori quando ci sia stata una partecipazione alla creazione del dissesto – o una cosa di questo genere – nei due anni precedenti, cioè quando il soggetto ha contribuito al dissesto dell'impresa nei due anni precedenti. La nuova norma passa dai due ai cinque anni precedenti.
  Ora, a mio avviso è encomiabile l'estensione temporale, ma è anche irrealistico che un dissesto duri cinque anni. Suggerirei, dunque, di togliere il limite temporale; basta indicare che il soggetto non deve aver contribuito al dissesto, qualunque sia stata la durata dello stesso. Questo è il primo punto.
  In secondo luogo, concordo pienamente sulla bizzarria del richiamo all'articolo 33, alle relazioni riepilogative. A differenza del consigliere, che è andato molto più avanti, io non capisco come si possa nominare il curatore sulla base di un adempimento che presuppone che lui sia già stato nominato curatore. Probabilmente – così mi è stato detto – si fa riferimento ad altre esperienze anteriori, ma è comunque bizzarro.
  La terza circostanza, sempre sull'articolo 28, riguarda il potere dei creditori di indicare il nome. Non vado, come sempre in questa sede, nel merito, cioè non dico se va bene o male. Tuttavia, visto che nell'articolo 15 non si dice nulla su questo potere, se uno vuole regolare questo profilo non si può limitare a presupporlo, ma deve inserire nell'articolo 5 una norma in cui si dice che i creditori possono indicare il nome del curatore. Diversamente è una norma che ne presuppone un'altra che non c’è e che si deve ricavare in qualche modo, ma sono sempre percorsi complessi.
  Passo rapidamente alle altre domande. Per quanto riguarda l'accordo, in che senso si allungano i tempi ? Adesso ancora capita di vedere che il debitore chieda il concordato, tendenzialmente in bianco, e poi se va male fallisce. Però, considerati Pag. 18tutti i vantaggi che si possono ricavare dall'accordo di ristrutturazione secondo me – ma è soltanto una mia profezia molto fragile – il debitore non chiederà più il concordato in bianco, ma si avvarrà sempre dell'accordo di ristrutturazione. Poi se va male quello attiverà il concordato, magari in bianco, e se va male quello il fallimento. In questo senso, non parlavo di tempi tecnici ma ipotizzavo una utilizzazione maliziosa del debitore in crisi, che in genere è uno dei soggetti più maliziosi che esistano.
  Per quanto riguarda l'articolo 118 (chiusura del fallimento), così come modificato dall'articolo 7 del decreto legge, esso secondo me ha un problema strutturale che ho segnalato e che vuole essere una disciplina generale, ma è stata inserita – a mio avviso un po’ discutibilmente – in un comma che riguarda soltanto la chiusura del fallimento sociale.
  Questa collocazione topografica può far sorgere il dubbio che sia una norma che si applica soltanto in caso di fallimento delle società. A questo punto, meglio spostarlo in un comma autonomo, forse anche precedente a quello sul fallimento delle società.
  Inoltre, questa disciplina si applica tecnicamente soltanto alla chiusura del fallimento nel caso di cui al numero 3. Non si vede per quale motivo non applicarla anche al numero 4 o quantomeno – lì suggerivo una modificazione – distinguere: che la pendenza di giudizi non impedisca la chiusura del fallimento per me è una regola generale, che prescinde dal tipo di chiusura; soltanto in relazione a quello di cui al numero 3 (o se si vuole di cui al numero 4) c’è in più il potere del curatore di continuare a gestire i processi.
  Allora scriverei due norme diverse: la pendenza non esclude la chiusura; quando la chiusura si verifica ai sensi dei numeri 3 e 4 del primo comma, il curatore può gestirli lui, perché sono chiusure che non soddisfano i creditori, mentre quando la chiusura è satisfattiva non c’è più senso di dare questo potere al curatore.
  L'articolo 182-septies si riferisce alla maggioranza del 75 per cento. Al riguardo mi ero dimenticato di dire una cosa che era forse la più importante: questo articolo 182-septies, che è quello che consente l'estensione degli effetti anche ai terzi, è a mio avviso in alcuni punti discutibile.
  In primo luogo, se è vero che questa efficacia oltre le parti è una deroga all'articolo 1372, che fissa il principio di efficacia relativa del contratto, non si capisce cosa c'entri l'articolo 1411 che fa riferimento al contratto a favore di terzi, che è figura del tutto diversa. Quindi, io eliminerei «in deroga all'articolo 1411».
  In secondo luogo, il vero problema è che questa del 75 per cento non è una maggioranza, perché la norma è molto complessa. Non si capisce se l'estensione degli effetti del negozio concluso con alcuni creditori sia soggettivamente limitata alle banche e agli intermediari finanziari – cioè gli effetti si estendono soltanto a loro – ma la legge sembrerebbe far capire un'altra cosa, cioè che quando ci sono delle categorie di creditori in cui le banche hanno il 75 per cento si può chiedere l'estensione anche a non banche. Quindi, si dovrebbe chiarire a chi si estendono questi effetti, se solo alle banche o anche ai terzi.
  Sicuramente un comma, l'ultimo, dice che solo alle banche devono essere notificate alcune documentazioni. Allora il discorso è un po’ squilibrato: o si dice che questo effetto in fondo è negativo, perché si estende a un terzo l'accordo concluso tra due parti, è circoscritto alle banche (e si potrebbe capire) e allora la documentazione deve essere inviata soltanto alle banche, ma se questo effetto presuppone la presenza di banche, però si riferisce in realtà anche ai creditori non bancari, non si vede perché solo le banche debbano essere informate e non anche questi altri creditori.
  Consiglierei dunque di mettere in parallelo i destinatari degli effetti di contratti di terzi e i destinatari della comunicazione di informazioni, altrimenti c’è uno squilibrio.
  L'ultimo punto è quello sulle relazioni particolareggiate. Al riguardo sono particolarmente d'accordo con quanto detto dal Pag. 19consigliere, perché questo sistema delle proposte concorrenti finisce per caricare il curatore di una serie di oneri, in particolare quello di fare delle relazioni particolareggiate su ciascuna di queste proposte, che possono essere più di una, quella del debitore e quelle dei creditori. Se si legge il comma 3 dell'articolo 3 del decreto-legge, quando si parla dell'articolo 172 della legge fallimentare, e si considerano i tempi, ci si accorge di una circostanza che a mio avviso rende un po’ inapplicabile questa norma, laddove si dice che le modificazioni alle proposte del debitore e degli altri creditori possono essere fatte, se non sbaglio, fino a quindici giorni prima, mentre le relazioni del commissario giudiziale – se prima ho detto «curatore» è stato un errore – devono essere fatte entro dieci giorni prima.
  Quindi, succede che se l'ultimo giorno utile debitori e creditori modificano tutte le loro proposte, il commissario giudiziale avrà solo cinque giorni per fare relazioni particolareggiate – se le modificazioni sono radicali richiedono una reazione particolareggiata – su ciascuna di queste modificazioni. I tempi, in questo caso, secondo me sono troppo contratti perché all'organo della procedura viene lasciato un tempo troppo ridotto per tenere conto non solo della pluralità di proposte, ma anche della loro modificazione.
  Sui profili penali non capisco assolutamente nulla, quindi preferisco tacere.

  ALFONSO BONAFEDE. Al professor Ferri, ad integrazione di quello che ha detto sull'accordo di ristrutturazione del 75 per cento, vorrei chiedere se concorda con la valutazione che ieri ci ha dato il presidente della corte d'appello di Roma, il giudice Panzani, relativa al fatto che la forzatura ancora più grave deriva nel momento in cui, ai fini della valutazione del 60 per cento ai sensi dell'articolo 182-bis, addirittura i creditori che si sono dichiarati dissenzienti rispetto all'accordo vengono invece considerati come soggetti che hanno dato il consenso, quindi consenzienti.

  GIUSEPPE FERRI, Ordinario di diritto commerciale presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Sinceramente non avevo considerato questo profilo in particolare, però, a mio avviso, è così dirompente la novità di fondo che discutere di maggioranze è uno dei profili. Che qui si consenta a un negozio privato di produrre effetti nei confronti di terzi avrebbe pure senso, però bisogna sapere che è una deroga a uno dei due o tre princìpi di fondo del diritto privato.
  Sulle maggioranze a quale norma lei in particolare fa riferimento ? Glielo chiedo così la esaminiamo insieme.

  ALFONSO BONAFEDE. Ho la relazione che ci è stata consegnata ieri, però il discorso dovrebbe riguardare l'articolo 1, comma 1, lettera b), quando si modifica l'articolo 182-quinquies della legge fallimentare. Leggo dalla relazione di ieri: «La questione più critica sorge dalla previsione che i creditori, cui viene esteso l'accordo – si parla dell'accordo che è stato raggiunto con il 75 per cento – siano considerati consenzienti ai fini della formazione della maggioranza del 60 per cento necessaria perché l'accordo di ristrutturazione sia efficace ai sensi dell'articolo 182-bis».

  GIUSEPPE FERRI, Ordinario di diritto commerciale presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Questo è un qualcosa in più, perché questi vengono considerati consenzienti anche come destinatari degli effetti. Di certo, quindi, è una norma che ulteriormente facilita il raggiungimento della soglia minima per ottenere l'omologazione, ma soprattutto questa finzione non si ha soltanto nell'ambito del procedimento di omologazione dell'accordo, ma anche rispetto ai princìpi generali. In altre parole, tanto si fingono aderenti che si attribuiscono loro gli effetti voluti da altri.
  È proprio sotto questo profilo che l'accordo di ristrutturazione diventa appetibile per il debitore. Non vorrei che poi il sistema sia squilibrato a favore degli accordi.

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  PRESIDENTE. Noi vi ringraziamo molto. Come ho chiesto anche al consigliere Vigorito, non so se nel suo documento troviamo anche proposte emendative o soltanto argomentazioni.

  GIUSEPPE FERRI, Ordinario di diritto commerciale presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata. No, ci sono le proposte.

  PRESIDENTE. Considerata la ristrettezza dei tempi, chiedo anche al consigliere Vigorito se ritiene di inviare alla Commissione dei punti, magari quelli di maggiore importanza e interesse, data la particolare complessità della materia e la specificità del tecnicismo.
  Per quanto riguarda i tempi, vorrei pregarvi, se è possibile, di inviare il materiale entro questa settimana.
  Ringrazio gli auditi e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.55.