XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Mercoledì 15 aprile 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 1138  D'INIZIATIVA POPOLARE, C. 1039  GADDA, C. 1189  GARAVINI, C. 2580  VECCHIO, C. 2786  BINDI e C. 2737  BINDI, RECANTI «MISURE PER FAVORIRE L'EMERSIONE ALLA LEGALITÀ E LA TUTELA DEI LAVORATORI DELLE AZIENDE SEQUESTRATE E CONFISCATE ALLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA»

Audizione di Franco Roberti, Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo.
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Roberti Franco , Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo ... 3 
Ferranti Donatella , Presidente ... 4 
Roberti Franco , Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo ... 4 
Rossomando Anna (PD)  ... 10 
Roberti Franco , Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Roberti Franco , Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo ... 11 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Mattiello Davide (PD) , Relatore ... 11 
Roberti Franco , Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo ... 12 
Mattiello Davide (PD) , Relatore ... 12 
Ferranti Donatella , Presidente ... 12 
Roberti Franco , Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo ... 12 
Mattiello Davide (PD) , Relatore ... 13 
Roberti Franco , Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo ... 13 
Ferranti Donatella , Presidente ... 13 
Roberti Franco , Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo ... 13 
Ferranti Donatella , Presidente ... 14 
Roberti Franco , Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo ... 14 
Ferranti Donatella , Presidente ... 14

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 9.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, ove non vi siano obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di Franco Roberti, Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame delle proposte di legge C. 1138 d'iniziativa popolare, C. 1039 Gadda, C. 1189 Garavini, C. 2580 Vecchio, C. 2786 Bindi e C. 2737 Bindi, recanti «Misure per favorire l'emersione alla legalità e la tutela dei lavoratori delle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata», l'audizione di Franco Roberti, Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo.
  Do la parola al Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti.

  FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Innanzitutto consegno il testo scritto della relazione. La relazione non tocca, naturalmente, tutti i punti del testo unificato e delle proposte di legge all'esame oggi, ma soltanto quelli che noi riteniamo essere i punti più interessanti e anche più degni di approfondimento dello sviluppo dell’iter parlamentare.
  Noi pensiamo che, in un giudizio complessivo, questo intervento sia opportuno e necessario e che ci siano molte cose buone anche nel testo unificato. Personalmente ritenevo che il testo della Commissione parlamentare antimafia fosse un testo organico, un testo condivisibile in larghissima misura, che potesse – e che possa ancora adesso – essere preso come base per lo sviluppo dell’iter parlamentare.
  Mi preme dire subito che il testo tocca sia la parte relativa all'applicazione delle misure di prevenzione, sia la parte relativa alla gestione e alla destinazione dei beni confiscati. Si tratta di due momenti che si succedono nell’iter di sottrazione dei beni ai mafiosi, ma anche di due momenti tra loro intimamente connessi. Il bene tanto più facilmente si gestisce e si destina – come vuole la legge, a uso pubblico, oppure, come oggi si pone in alternativa con questi testi, eventualmente anche alla vendita o alla liquidazione, se si tratta di aziende – quanto meglio è stato amministrato e quanto più tempestivamente è stato amministrato nella fase giudiziaria. Vedete, dunque, che si tratta di due questioni intimamente connesse.
  Passando a due aspetti che io ritengo essenziali, in primo luogo, il tribunale distrettuale per le misure di prevenzione, secondo me, è una riforma fondamentale. Il tribunale distrettuale consente intanto la concentrazione delle procedure di prevenzione nei 26 tribunali distrettuali, la formazione di una giurisprudenza più coerente e soprattutto un più agevole ed essenziale rapporto con l'Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati, che deve, anche secondo i testi che abbiamo Pag. 4oggi all'esame, continuare a seguire e ad affiancare l'autorità giudiziaria e l'amministratore nella gestione del bene fino alla confisca definitiva.
  La seconda cosa che mi preme dire subito è relativa agli amministratori giudiziari. Con il decreto legislativo n. 14 del 2010 è stato istituito l'albo degli amministratori giudiziari. Le proposte di legge e anche il testo unificato modificando gli articoli 35, 36 e 37 del decreto legislativo n. 159 del 2011, cosiddetto: «codice antimafia» prevedono una disciplina sicuramente più razionale e compiuta degli amministratori giudiziari, i quali svolgono una funzione assolutamente fondamentale nell'amministrazione del bene sotto sequestro.
  Che cosa manca ancora ? Manca l'operatività dell'albo degli amministratori giudiziari. È previsto dal 2010. Siamo al 2015, ma questo albo, previsto e istituito, non c’è ancora. Sembra che non sia stata ancora emanata la disciplina regolamentare alla quale rinvia il comma 1 dell'articolo 8, del decreto legislativo n. 14 del 2010 per la disciplina delle modalità di calcolo e di liquidazione dei compensi degli amministratori giudiziari. Si tratta di una normativa essenziale per assicurare omogeneità di liquidazione dei compensi agli amministratori giudiziari in tutti i procedimenti di prevenzione e penali.
  Il problema dei compensi agli amministratori giudiziari è un problema enorme. Sembra che sia proprio questa difficoltà di determinazione dei compensi che sta bloccando l’iter che porta all'operatività dell'albo.
  A cosa serve l'albo ? Serve ad assicurare il rispetto delle condizioni di legge per avere un servizio degli amministratori giudiziari all'altezza del compito. Si tratta di princìpi di rotazione degli incarichi, di non accumulazione degli incarichi, di specializzazione degli amministratori. È richiesta, infatti, una specializzazione particolare in rapporto al bene da gestire. Una cosa è la gestione aziendale, un'altra è la gestione immobiliare, per esempio.
  Pertanto, un amministratore esperto della materia richiesta dal bene che gli viene affidato in gestione è assolutamente indispensabile. Io sollecito, quindi, in tutte le occasioni l'operatività dell'albo degli amministratori giudiziari, e non solo per la rotazione.

  PRESIDENTE. Questa è una disciplina che dovrebbe essere già stata emanata.

  FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. La disciplina dovrebbe essere già stata emanata dal 2010, con il decreto legislativo 4 febbraio 2010, n. 14. Il punto è che il citato decreto legislativo rinvia a una disciplina regolamentare che in parte, compresa la parte relativa ai compensi, non è stata ancora adottata. Per questo motivo siamo fermi, dopo cinque anni, ed è una stasi normativa che pesa non poco.
  Andando agli aspetti che noi riteniamo più interessanti di questo contesto di norme, vi prego di soffermare la vostra attenzione sul novellando articolo 4 del codice antimafia. Forse anche qualche altro esponente istituzionale che avete audito vi avrà fatto questa osservazione.
  Che cosa fa il nuovo articolo 4 ? Introduce quella che io chiamo una «norma manifesto» assolutamente inutile, ossia quella che riguarda la corruzione. Alla lettera i-bis), comma 1, articolo 4, del codice antimafia, infatti, introduce «soggetti indiziati di uno dei delitti contro la pubblica amministrazione previsti dal libro secondo, titolo II, capo I del codice penale, che rientrino nelle categorie di cui all'articolo 1, comma 1, lettere a) e b)».
  Questa è una precisazione inutile, perché già nell'articolo 1, comma 1, lettere a) e b) del codice antimafia sono previste tutte le categorie di delinquenti abituali e di soggetti che vivono abitualmente dei proventi di attività criminali, compresi i corruttori abituali e i corrotti abituali. Fare questa specificazione all'articolo 4 potrebbe indurre l'interpretazione a restringere e a escludere altri reati che concorrono con la corruzione, come l'evasione fiscale, il riciclaggio e la truffa.
  Noi intendiamo far vedere che vogliamo perseguire a tutti i livelli la corruzione. Pag. 5È giustissimo, ma già la perseguiamo con gli strumenti che abbiamo, previsti dal combinato disposto degli attuali articoli 1 e 4 del codice antimafia. Facendo questa precisazione, c’è il rischio di introdurre o di indurre interpretazioni restrittive, cosa che non possiamo assolutamente permetterci. Questo per quanto riguarda l'articolo 4.
  Per quanto riguarda l'estensione della proposta patrimoniale al Procuratore nazionale antimafia, l'avete già prevista nel decreto antiterrorismo, ragion per cui non mi soffermo. Vorrei, però, sottolineare una questione a cui tengo: sia nel testo dell'antiterrorismo, sia nei testi che analizziamo oggi si dice che il potere di proposta patrimoniale del Procuratore nazionale è – c’è un inciso – «nell'ambito delle attività di cui all'articolo 371-bis, commi 2 e 3», ossia le attività di coordinamento e di impulso investigativo del Procuratore nazionale antimafia.
  Io credo, sommessamente, almeno stando a quello che ho capito, che questo sia un inciso inutile, in quanto la norma configura un potere di proposta autonomo del Procuratore antimafia che si va ad affiancare a quello del procuratore distrettuale, del questore e del direttore della Direzione investigativa antimafia (DIA). Non vedo la ragione per cui si faccia questo riferimento, perché i compiti di cui all'articolo 371-bis sono diversi. Sono i compiti di coordinamento e impulso, non i compiti di iniziativa e proposta penale, né preventiva, di misure di prevenzione. Si tratta di un autonomo potere, questo delle misure di proposte di prevenzione, che non richiederebbe questo inciso. Lo segnalo al Parlamento per le sue valutazioni.
  Sono molto importanti, invece, secondo me, la modifica dell'articolo 5 del codice antimafia e l'introduzione dell'articolo 5-bis. L'obiettivo è il coordinamento tra le proposte che possono essere inoltrate autonomamente dal procuratore circondariale e quello antimafia, che possono essere inoltrate dal procuratore distrettuale e, in futuro, anche dal Procuratore nazionale. Si dice che bisogna coordinarsi, ragion per cui il procuratore distrettuale deve conoscere le proposte che fa il procuratore ordinario.
  Il punto, però, è che questa modifica dell'articolo 5 interviene in un momento successivo a quello dell'investigazione, che richiederebbe, invece, il coordinamento. Il coordinamento deve avvenire nel momento in cui più uffici fanno indagini finalizzate alle proposte di prevenzione. Non c’è una norma che imponga, in quel momento investigativo, agli uffici di coordinarsi e di evitare accavallamenti e sovrapposizioni, ossia di evitare che un ufficio non sappia che cosa fa l'altro.
  Qui, però, non c’è una norma. La norma che si vuole introdurre sposta questo momento del coordinamento all'esercizio dell'azione di prevenzione, dopo l'esercizio dell'azione di prevenzione. Si dice, infatti, che il tribunale che riceve la proposta di misura di prevenzione da parte del procuratore ordinario, deve obbligatoriamente richiedere il parere. La norma, quindi, introduce un obbligo di parere del procuratore distrettuale.
  Io non dico che questo parere non sia un bene. Non dico che questa norma non vada bene, perché, sia pure, secondo me, tardivamente, introduce un principio di coordinamento. È giusto che il procuratore distrettuale conosca l'iniziativa del procuratore circondariale, perché potrebbe avere, per esempio, gli elementi ulteriori forti che il procuratore circondariale non ha. Potrebbe e può, secondo la previsione normativa da approvare, indicarli poi al tribunale.
  Tuttavia, io non vorrei che questo parere obbligatorio del procuratore distrettuale finisse per deprimere l'azione di proposta di prevenzione da parte dei procuratori circondariali, che sono gli uffici vicini al territorio, che hanno più il polso della situazione sul territorio e che, quindi, possono fare proposte non antimafia, ma ugualmente importanti per quanto riguarda la prevenzione del crimine.
  Io non vorrei che si arrivasse a un appesantimento burocratico, con questo parere richiesto in questo momento al Pag. 6procuratore distrettuale. In ogni caso, ripeto, il problema non è tanto nel momento della proposta, ma prima. La Procura nazionale antimafia, per quanto riguarda la parte precedente all'esercizio dell'azione di prevenzione, ha previsto dei protocolli di intesa. Noi abbiamo fatto sottoscrivere a quasi tutte le procure distrettuali – ce ne sono un paio con le quali non l'abbiamo ancora fatto – dei protocolli di intesa. Si tratta di documenti che chiamano alla collaborazione e allo scambio informativo gli uffici di procura circondariali con gli uffici di procura distrettuali. Sono promossi dalla Procura nazionale sotto l'egida del Procuratore generale del distretto di Corte d'appello interessato.
  Si sottoscrivono, dunque, questi protocolli in cui ciascun ufficio di procura circondariale e distrettuale si obbliga a scambiarsi, nella fase delle indagini, le informazioni. Per esempio, se un ufficio di procura circondariale fa indagini su un soggetto finalizzate alle misure di prevenzione e non sa, o gli sfugge, che questo soggetto è indagato presso la procura distrettuale per fatti di mafia, è giusto che lo sappia. È giusto che gli uffici si coordinino fin dalla fase delle indagini per formulare una proposta unica e sostenuta da tutti gli elementi che si possono inserire nella proposta.
  Perciò, per compensare la mancanza di una disposizione normativa per la fase delle indagini, noi abbiamo fatto i protocolli di intesa, ai fini dello scambio di informazioni – per la verità, funzionano dove sono stati sottoscritti – perché è necessario arrivare a proposte forti e soprattutto unitarie.
  Ripeto, gli articoli 5 e 5-bis, con il parere obbligatorio, spostano l'obbligo di comunicazione alla procura distrettuale alla fase successiva all'esercizio della proposta di prevenzione. La modifica è sicuramente positiva, ma occorre tenere presente che non risolve tutti i problemi del coordinamento, che dobbiamo cercare di risolvere con i protocolli.
  Va benissimo la modifica dell'articolo 27 in materia di impugnazione – come ripeto, presidente, tocco soltanto alcuni punti – perché compensa una lacuna che era stata già colta. Prevede, infatti, l'estensione della disciplina della sospensione e l'esecutività del provvedimento di revoca del sequestro nei casi di revoca della confisca disposta dalla corte d'appello, qualora il Procuratore generale ne chieda la sospensione.
  Finora non era così. Si poteva soltanto agire nella sospensione dell'esecuzione della revoca per il primo grado. L'articolo 27 adesso prevede che il Procuratore generale d'appello possa chiedere la sospensione dell'esecuzione della revoca in vista del ricorso per cassazione.
  Opportuna è anche la previsione, allo stesso articolo 27, della possibilità di appellare sentenze di revoca della confisca quando la confisca non sia preceduta dal sequestro. È capitato a Firenze un caso concreto. Da lì siamo partiti per segnalare anche questa necessità.
  Arriviamo a un altro aspetto molto importante, quello della modifica dell'articolo 34 e dell'introduzione dell'articolo 34-bis del codice antimafia. Si tratta di una modifica che è stata elaborata e fortemente voluta dalla Commissione Fiandaca, ossia dalla Commissione ministeriale, diversa dalla Commissione Garofoli, che, contestualmente, sulla stessa materia operava presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.
  La Commissione Fiandaca ha elaborato la proposta di modifica dell'articolo 34 e l'introduzione dell'articolo 34-bis. Va tutto bene, nel senso che la modifica dell'articolo 34, sull'amministrazione giudiziaria, prevede una serie di condizioni per poter procedere all'amministrazione giudiziaria, in alcuni casi.
  Quali sono questi casi ? Qui c’è la modifica. Mentre attualmente si può applicare l'istituto dell'amministrazione giudiziaria alle aziende che sono soggette a condizioni di intimidazione o di assoggettamento mafioso, la nuova norma sposta le condizioni dalle intimidazioni del soggetto mafioso alle condizioni di agevolazione, attraverso l'attività imprenditoriale, di soggetti mafiosi.Pag. 7
  Infatti, la modifica prevede l'agevolazione mafiosa come agevolazione nei confronti di persone proposte o sottoposte alla misura di prevenzione, ovvero di persone sottoposte a procedimento penale per uno dei delitti previsti dall'articolo 4, comma 1, lettere a) e b), che abbiamo già visto prima.
  È vero che la norma dell'articolo 34 fino a oggi ha avuto scarsissima applicazione. So che, per esempio, a Milano viene applicata frequentemente, ma negli altri tribunali ha avuto scarsissima applicazione. Qui, però, si fa una distinzione della disciplina e si propone di sottoporre ad amministrazione giudiziaria le aziende che sono a rischio stabile e permanente di agevolare soggetti mafiosi sottoposti a misure di prevenzione, oppure a precedenti penali per reati di mafia. Qui si parla di agevolazione stabile.
  Per i casi, invece – dice la proposta di legge – di agevolazione occasionale attraverso l'attività aziendale non è prevista l'amministrazione giudiziaria, ma all'articolo 34-bis si introduce il più attenuato controllo giudiziario.
  Qual è la funzione del controllo di cui all'articolo 34-bis ? L'istituto del controllo giudiziario consente all'imprenditore che viene raggiunto da un'interdittiva antimafia prefettizia di bloccare l'efficacia dell'interdittiva antimafia chiedendo egli stesso al giudice di essere sottoposto al controllo giudiziario.
  L'articolo 5-bis, così come elaborato, prevede – su questo punto noi siamo molto perplessi – un automatismo fra la richiesta di sottoposizione al controllo giudiziario e il controllo giudiziario, senza che il giudice possa valutare se sia accoglibile o meno questa richiesta di controllo giudiziario, che, ripeto, blocca l'interdittiva antimafia.
  Secondo me, così come è configurata, questa è una norma pericolosa, perché, ripeto, non offre alcuna possibilità al giudice di valutare l'opportunità del controllo giudiziario, tant’è che noi diciamo nel nostro testo scritto che rischiamo di fare un gran bel regalo al mafioso, al cripto-mafioso o al contiguo alla mafia che si vede raggiunto da un'interdittiva antimafia. Noi forniamo, infatti, lo strumento per bloccare l'interdittiva e per acquisire l'appalto, alla fine, sia pure sotto controllo giudiziario.
  È opportuna una riflessione sul comma 6 del nuovo articolo 34-bis, che non prevede alcun filtro per l'adozione del provvedimento di controllo giudiziario, sicché qualsiasi impresa destinataria di informazione interdittiva ne può bloccare gli effetti presentando al tribunale della prevenzione una richiesta di applicazione del controllo giudiziario.
  Secondo la formulazione della norma, il tribunale non ha la possibilità di valutare la richiesta, né le ragioni poste a fondamento dell'informazione interdittiva e, tuttavia, deve sospendere gli effetti sulla base di una mera richiesta dell'interessato. Tale sistema potrebbe consentire all'imprenditore condannato in primo grado per alcuni reati indicati dall'articolo 84 del codice antimafia e perciò destinatari dell'interdittiva di continuare nell'attività d'impresa, vanificando del tutto l'intera disciplina in materia di documentazione antimafia.
  In altri termini, la norma, così formulata, senza gli opportuni filtri giudiziari, potrebbe di fatto estendere una disciplina che ha come fine il recupero e il sostegno dell'attività economica il cui esercizio è condizionato da organizzazioni mafiose a causa di assoggettamento, intimidazione o agevolazione non collusiva con ben altre infiltrazioni, se non addirittura con imprese totalmente mafiose.
  In altri termini, il rischio è che una tale procedura possa, senza i dovuti filtri, consentire la prosecuzione dell'attività a un'impresa infiltrata dalla mafia con il sostegno dello Stato. Questo è il rischio. Secondo me, anzi secondo noi, l'articolo 34-bis, se vogliamo introdurre il controllo giudiziario, va ripensato prevedendo il filtro.
  Soprattutto noi indichiamo anche un'altra possibilità, ossia quella di prevedere, come condizione per la proposizione della domanda di controllo giudiziario, che sia comunque impugnata davanti al giudice Pag. 8amministrativo l'interdittiva antimafia, di modo che le cose procedano parallelamente. Io, imprenditore sospettato di collusione, chiedo il controllo giudiziario e impugno l'interdittiva antimafia. Non solo sospendo gli effetti dell'interdittiva con la richiesta di controllo, ma sottopongo comunque al giudice naturale amministrativo l'interdittiva antimafia. Se poi il giudice accoglie il ricorso, evidentemente decade anche il controllo giudiziario.
  Sempre sul controllo giudiziario svolgo un'ultima notazione. L'articolo 5-bis introduce la figura del commissario giudiziario, una figura inedita all'ordinamento, ma non indica i requisiti per tale incarico. Mentre per gli amministratori giudiziari c’è tutta una disciplina che la nuova normativa dovrebbe anche arricchire e precisare, per i commissari giudiziari non c’è alcuna precisazione dei requisiti per tale incarico, né dell'applicazione dei criteri volti a garantire la necessaria trasparenza delle nomine e la rotazione degli incarichi. Si ripropone, quindi, aggravato nel controllo giudiziario, il tema dell'amministratore giudiziario.
  Per quanto attiene al ruolo dell'Agenzia, siamo tutti d'accordo sul fatto che essa debba essere rinforzata, che sia necessaria una struttura organizzativa più importante e più forte e che servano soprattutto strumenti finanziari forti. E, per sostenere l'azione dell'Agenzia, è previsto dalle nuove norme.
  Siamo tutti d'accordo che l'Agenzia debba affiancare anche prima della confisca definitiva, come pure il testo della Commissione Bindi prevede, il giudice e l'amministratore, indicando i criteri di gestione, salvo poi acquisire il bene per la destinazione finale dopo la confisca definitiva, come vorrebbe la riforma.
  Attualmente il bene viene acquisito dopo la sentenza di primo grado. Ora si vuole spostare l'acquisizione dell'amministrazione del bene in carico all'Agenzia dopo la sentenza definitiva. Va bene. Io sono tra coloro che sostengono che questa riforma va fatta perché non si può gravare l'Agenzia della gestione dei beni già dalla sentenza di primo grado. Va bene, ma a condizione che l'Agenzia continui, e la proposta lo prevede, ad affiancare e «a dare ausilio e supporto» – così dice la norma – al giudice e all'amministratore nella fase di gestione giudiziaria del bene.
  Il punto nevralgico, o almeno uno dei punti nevralgici, riguarda la composizione dell'Agenzia. Le nuove norme prevedono l'istituzione di un comitato consultivo. La composizione del consiglio direttivo secondo me, così come viene proposta nel testo unificato, va bene. Viene integrato il consiglio direttivo. Non ci sono obiezioni di alcun genere.
  Le perplessità riguardano, invece, il comitato consultivo. Noi non vorremmo che questo comitato consultivo costituisse, anziché un sostegno operativo, un appesantimento burocratico dell'azione dell'Agenzia.
  Io attualmente faccio parte del consiglio direttivo dell'Agenzia. Ancora una volta, come si diceva prima, onorevole Mattiello, quando le cose si vogliono fare, si fanno. Anche con questa struttura dell'Agenzia, un po’ debole e con poche persone addette, le cose si stanno facendo. Certo, se avessimo più mezzi, anche finanziari, le faremmo più rapidamente. Bisogna poi andare a vedere. Ci sono mille problemi nella gestione dei beni fino all'assegnazione finale, ma le cose si fanno.
  Il rischio è che questo comitato consultivo appesantisca burocraticamente l'operatività dell'Agenzia. Secondo noi, il punto centrale che serve veramente sono le strutture di supporto presso le prefetture, che non funzionano nella stragrande maggioranza dei casi. Non sono state proprio istituite o comunque esistono solo sulla carta, ma non funzionano.
  Sono le prefetture i veri strumenti, le vere strutture operative sul territorio. Noi abbiamo un problema enorme di migliaia di beni immobili confiscati da tempo ai mafiosi e ancora non destinati. Addirittura molti di essi sono ancora occupati dai mafiosi, dai loro familiari o dai loro prestanome.
  Nella relazione annuale della Direzione nazionale antimafia c’è un capitolo dedicato a questa tematica dei beni confiscati, Pag. 9ossia sottratti ai mafiosi definitivamente e ancora occupati dai mafiosi. La procura distrettuale di Torino si è accorta di mafiosi ’ndranghetisti che stavano beatamente nella loro villa nel Canavese dopo che era stata confiscata da anni.
  Noi abbiamo fatto una ricognizione con la Direzione investigativa antimafia e abbiamo visto che il problema riguarda un po’ tutto il territorio nazionale. Per esempio, io me ne ero occupato fin dai primi anni Duemila quando ero procuratore aggiunto a Napoli. Vedemmo che c'erano beni sottratti alla camorra ancora occupati da inquilini dei camorristi, che addirittura continuano a pagare il mensile ai camorristi, invece che essere sfrattati.
  Quello dell'operatività, anche sotto questo profilo, dell'Agenzia e delle strutture che stanno nelle prefetture, ossia dei nuclei di supporto, è un problema fondamentale, se vogliamo far funzionare il sistema.
  Secondo me, sono tre i pilastri del sistema: il tribunale distrettuale, amministratori giudiziari efficienti, che consentano anche di ridurre i tempi della procedura giudiziaria, e i nuclei di supporto presso le prefetture, che rappresentano i «bracci secolari» dell'Agenzia nazionale per quanto riguarda la sollecita e tempestiva ablazione del bene materiale a destinazione a uso pubblico, oppure a vendita, nei casi in cui non è possibile destinarlo a uso pubblico. Segnaliamo tutti gli interventi che, secondo noi, potrebbero agevolare la funzionalità dell'Agenzia e anche quelli che riguardano la gestione delle aziende.
  In conclusione, ribadisco che, più che l'istituzione di nuovi organi di sostegno a livello centrale – il Comitato consultivo – o a livello locale – la legge prevede i tavoli provinciali per le aziende – questo Ufficio ritiene essenziale una disciplina vincolante per garantire l'effettiva operatività di quelli già esistenti, anche eventualmente integrati quanto alla composizione, attraverso un'attività stabile e continuativa modulata sulla tipologia, maggiore o minore consistenza e sulla problematicità dei beni sequestrati e confiscati.
  Il vero obiettivo è rendere operativa l'Agenzia nello svolgimento di tutte le molteplici competenze previste dalla legislazione attuale, da un lato garantendo le adeguate risorse economiche e strutturali per far fronte ai compiti che le sono assegnati – questo è previsto nelle modifiche che si vorrebbero introdurre – e, dall'altro, favorendo una piena sinergia, che ancora manca e non è soddisfacente, con gli altri soggetti istituzionali che a vario titolo sono coinvolti nel processo di gestione e destinazione dei beni.
  Credo di poter concludere rifacendomi all'ultimo capitolo della mia relazione. Gli interventi necessari per agevolare la prosecuzione dell'attività produttiva delle aziende sequestrate e confiscate possono essere di diversa natura, ma devono incidere imprescindibilmente sui rapporti in essere con gli istituti di credito, sui rapporti di lavoro, quasi sempre totalmente irregolari, sulla sicurezza dell'attività aziendale e, non ultimo, sulla posizione di mercato acquisita dall'azienda prima dell'intervento di sequestro.
  Le proposte legislative in esame affrontano i temi evidenziati formulando condivisibili proposte che incidono sull'anticipazione della vendita di aziende al momento della confisca di primo grado. È importante, in merito, anche un'altra novità prevista dal testo, quella di una relazione compiuta, immediata e tempestiva dell'amministratore sulle possibilità in prospettiva dell'azienda di poter continuare a stare sul mercato. Se queste condizioni non ci sono, è meglio liquidare subito l'azienda.
  Bisogna avere il coraggio di liquidare l'azienda. Certo, però, bisogna avere gli elementi concreti per farlo. Pertanto, è importante l'amministratore bravo, capace e onesto, che non punti solo ad arricchirsi da quella gestione e che faccia una relazione compiuta mettendo il magistrato, il giudice, il tribunale in condizione di stabilire subito se si tratta di un bene che può essere sostenuto e rimesso in condizioni di legalità sul mercato, oppure di un bene che deve essere puramente e semplicemente liquidato.Pag. 10
  Altri interventi positivi sono l'istituzione di un fondo di garanzia per assicurare il credito bancario, l'individuazione di forme di premialità fiscale o convenzioni per il conseguimento di commesse pubbliche, la prosecuzione dei rapporti pendenti e la liquidazione tempestiva dei creditori.
  Quando si parla di accertamento dei crediti e di liquidazione tempestiva dei creditori ci si riferisce ai crediti strategici. I crediti strategici sono quelli che vanno pagati subito, quando si decide di fare andare avanti l'azienda. Se non si pagano i creditori e non si mantiene il rapporto di fornitura con i creditori come si manda avanti l'azienda ? Ecco perché è fondamentale disporre di adeguate risorse finanziarie.
  Proseguendo, sono previsti l'utilizzo di manager nei settori interessati, forme di tutorship a titolo gratuito con la previsione di premialità e il riconoscimento della prelazione nel caso di vendita o affitto, incentivi per la regolarizzazione di rapporti di lavoro in nero e per la costituzione di cooperative di lavoratori dell'azienda sequestrata o di imprenditori in vista dell'affitto dell'azienda.
  Rivolgiamo una perplessità, o quantomeno una sollecitazione, al Parlamento a una più approfondita riflessione per quanto riguarda la proposta relativa all'introduzione di convenzioni per il conseguimento di commesse pubbliche da parte delle aziende confiscate, in considerazione degli effetti che potrebbero derivarne in punto di rispetto delle procedure per l'affidamento dei relativi appalti.
  Sappiamo qual è il nostro male per quanto riguarda, purtroppo, la farraginosità e il mancato rispetto delle procedure d'appalto e l'opacità di queste procedure. Ne abbiamo ogni giorno nuovi esempi. Io non vorrei che, introducendo questo «privilegio», si possa aggravare il quadro complessivo dell'opacità delle procedure di appalto.
  Un plauso, infine, per le disposizioni relative alla disciplina del Fondo unico giustizia. Le nuove norme prevedono rilevanti interventi e rilevanti acquisizioni dalle somme del Fondo unico giustizia, che deve essere in parte consistente, come previsto dalle modifiche normative, trattandosi della fonte che alimenta le risorse finanziarie dell'Agenzia.
  Questo ufficio condivide le proposte di modifica del codice antimafia e auspica un ampio utilizzo delle somme del Fondo unico giustizia, sia per sostenere le spese di manutenzione dei beni, assicurando che non si alteri il valore economico dello stesso bene in vista della destinazione, sia per soddisfare i creditori dei quali sia stata accertata, secondo le procedure previste, la buona fede.
  Consegnare un bene all'ente pubblico per la destinazione a finalità pubbliche in buone condizioni significa incentivare l'accettazione da parte dell'ente pubblico, il comune in questo caso, del bene stesso. Molto spesso i comuni sono scoraggiati dal richiedere l'assegnazione dei beni o dall'accettarne la destinazione perché si tratta di spendere soldi per la loro ristrutturazione e per il loro ripristino funzionale. Farlo prima e mettere il bene in condizione di essere destinato all'ente pubblico in condizioni già pienamente funzionali significa anche incoraggiare l'ente pubblico ad assumere il bene stesso.
  Abbiamo l'esempio del castello, in provincia di Novara, del camorrista Pasquale Galasso, che è stato confiscato circa 15-20 anni fa e che non era stato ancora destinato. C'era una società, che faceva capo allo stesso Galasso, che lo gestiva per eventi. Nessuno lo voleva perché gestire quel castello rappresenta un onere enorme.
  Forse il problema si riesce a risolvere.

  ANNA ROSSOMANDO. È stato risolto da pochissimo.

  FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. È stato risolto da pochissimo, ma perché è stato risolto ? Perché ci sono stati più interventi di soggetti che hanno detto, compresa la Procura nazionale, che questa situazione è intollerabile. È intollerabile che ci sia ancora il camorrista, attraverso un prestanome, a lucrare da questo bene perché nessuno lo vuole.Pag. 11
  Era la verità. È costosissima anche solo la vigilanza. Si tratta di un castello vero e proprio, che mantenere in condizioni accettabili e, quindi, funzionale comporta una spesa notevole, che nessuno vuole sobbarcarsi. Comunque, pare che stiamo risolvendo il problema.

  PRESIDENTE. La ringrazio moltissimo e ringrazio anche i colleghi che stamattina hanno anticipato la loro presenza.

  FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Li ringrazio io.

  PRESIDENTE. Devo dire che l'apporto della Procura nazionale antimafia è sempre molto costruttivo e testimonia anche un'attività di studio e di partecipazione al dibattito parlamentare molto seria e responsabile. È un ringraziamento che vale per tutte le volte in cui il Procuratore è riuscito a venire.
  Do la parola a uno dei relatori, l'onorevole Mattiello, per porre delle domande, se crede.

  DAVIDE MATTIELLO, Relatore. Desidero ringraziare a mia volta il Procuratore. Il più puntualmente possibile, rilevo nella riflessione del Procuratore l'incoraggiamento a noi tutti ad andare avanti. Questo mi sembra il primo elemento importante. Lei ha detto nelle sue conclusioni che l'ufficio condivide sostanzialmente l'impianto di questa riforma e ci incoraggia ad andare avanti.
  Il secondo punto che mi preme rilevare, più sul piano politico, di quanto lei ci ha consegnato è che è proprio vero che, quando si vuole, le cose si fanno. Credo che sia doveroso anche da parte nostra riconoscere in questa sede che si percepiscono una svolta e un cambio di passo e che l'Agenzia nazionale si è messa a lavorare. Proprio il caso del Castello di Miasino, cui lei faceva riferimento nella parte conclusiva della sua relazione, credo sia un buon esempio di come si sia creata un'altra sinergia positiva tra tutti i soggetti coinvolti.
  Rilevo anche l'attenzione che lei ha messo nel riflettere con noi, questa mattina, sul ruolo degli amministratori giudiziari e sull'importanza che si faccia ciò che non si è fatto. Mi riferisco all'importanza che ci siano amministratori onesti che non stiano lì per arricchirsi, con ciò rimandando, nel merito e nel concreto, situazioni complicate che abbiamo presenti e che speriamo di affrontare.
  Finisco con alcune domande. La prima domanda è sull'articolazione territoriale rinnovata dell'Agenzia nazionale. A partire da ciò che lei ha detto, c’è chi ha avanzato la seguente proposta: non sarebbe opportuno immaginare un'articolazione territoriale dell'Agenzia che coincida con le sezioni distrettuali specializzate ? Al netto di ciò che abbiamo detto, quindi, nell'ipotesi di costituire le sezioni distrettuali specializzate, non sarebbe opportuna un'articolazione territoriale ?
  Come seconda domanda, o meglio sottolineatura, credo che sia stato proprio importante da parte sua, procuratore, anche quanto ha detto sull'articolo 4 e sull'inopportunità che l'articolo 4 faccia espresso riferimento ai reati di corruzione. È bene che l'abbia detto anche lei in questa sede, perché questo ci tutela da eventuali successive polemiche strumentali quando cercheremo di spiegare ciò che anche lei ci ha portato.
  Rispetto all'articolo 5-bis e all'attività di coordinamento della procura distrettuale, colte le sue perplessità, basta la buona prassi dei protocolli a cui lei ha fatto riferimento per trovare un punto di equilibrio soddisfacente tra ciò che il testo propone e l'esigenza che lei ha manifestato ? Oppure ci sta invitando a cambiare la norma ?
  Concludo con un'ultima questione sul controllo giudiziario, ossia sull'articolo 34-bis. Non richiamo tutto il dibattito che c’è dietro questa proposta di riforma che lei e i colleghi hanno ben chiaro. Mi chiedo solo una cosa. Lei ci sta invitando a inserire un filtro. Se noi lo inserissimo, l'equilibrio, a suo avviso, sarebbe sufficientemente raggiunto ?Pag. 12
  Sottolineo che il controllo giudiziario attraverso il commissario giudiziario, che pure, come lei ha detto, non è adeguatamente definito, dovrebbe far salva la prosecuzione del lavoro dell'azienda, che non perderebbe quel singolo appalto. Tuttavia, il guadagno del lavoro che prosegue non dovrebbe essere a beneficio dell'imprenditore.

  FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Una volta che si arrivi al sequestro.

  DAVIDE MATTIELLO, Relatore. Una volta che si arrivi al sequestro.
  Le chiederei solo di precisare questo in merito al punto di equilibrio tra l'esigenza, che mi sembra essere stata evidenziata, che non si perda il lavoro e che non vengano bloccati gli appalti quando c’è il sospetto e il fatto, però, che questo istituto non diventi un modo per aggirare l'interdittiva.

  PRESIDENTE. Posso fare una domanda molto breve ? La proposta dell'onorevole Mattiello di creare delle sedi decentrate dell'Agenzia ci è venuta, mi pare, in corso dell'audizione di lunedì 13 aprile scorso. Tuttavia, io, francamente, sono un po’ perplessa rispetto a questa proposta, perché, a mio avviso, creiamo di nuovo tante articolazioni e centri di potere, un po’ come per i provveditorati regionali.
  Mi sembra, invece, che lei abbia colto – questo era nella proposta, che ha voluto riprendere anche l'onorevole Mattiello per capire anche la vostra posizione – proprio quella carenza operativa, che speriamo di risolvere, perché ovviamente non dipende solo dalla Commissione giustizia, o comunque strutturale del riferimento delle prefetture.
  Può essere quella l'ipotesi ? La proposta che voi avete fatto di potenziare strutture e bracci operativi nelle strutture dell'Agenzia, proprio in fase di attuazione dell'acquisizione del bene, per evitare quello che si è verificato in questo caso, può rappresentare una soluzione intermedia ? Eventualmente lei, che ha il polso della questione, facendo parte del Consiglio dell'Agenzia, ha compreso quali sono le difficoltà, se sono le solite difficoltà di personale, oppure se c’è ancora proprio una «non sensibilità» culturale su questo punto ?
  A me sembra, se devo essere sincera, assurdo che, dopo una confisca e un'acquisizione, i beni rimangano nella gestione dei mafiosi e che chi ha il controllo del territorio (forze di polizia e prefettura) non lo segnali. È una questione simile a quella degli abusi edilizi con le condanne di demolizione che non vengono eseguite. È proprio una mancanza culturale, a mio avviso, di senso istituzionale. Io credo che anche nelle difficoltà tutto si possa fare, quando si vuole.

  FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Condivido totalmente le sue osservazioni. Io non sarei favorevole a una specularità tra tribunali distrettuali e sedi dell'Agenzia perché mi sembrerebbe, come lei giustamente rilevava, Presidente, un appesantimento burocratico inutile.
  Sappiamo benissimo dove si concentrano i beni. I beni sequestrati si concentrano presso i tribunali e le procure distrettuali più importanti. Ci sono procure distrettuali piccolissime in cui non c’è niente o quasi niente. In quel caso sarebbe veramente uno spreco mettere un'articolazione dell'Agenzia.
  Si può comunque e si deve arrivare a rafforzare le strutture di supporto presso le prefetture. Io credo moltissimo al ruolo delle prefetture in questa materia. Naturalmente, le situazioni variano. Non è sempre per le stesse ragioni che queste strutture di supporto non funzionano o non funzionano in modo soddisfacente. Tuttavia, se opportunamente sollecitati, i prefetti poi rispondono. Anche nel caso, che citavamo, del Castello di Miasino si è determinata una sinergia, così come in altri casi. Quando c’è la sollecitazione, le cose si fanno. Non c’è niente da fare.
  Per quanto riguarda l'articolo 4, onorevole Mattiello, non ricordo lei che cosa mi avesse chiesto.

Pag. 13

  DAVIDE MATTIELLO, Relatore. Nulla. In realtà, l'articolo 4 l'ho voluto solo richiamare esplicitamente, perché era importante.

  FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Allora passiamo all'articolo 5-bis. Anche qui i protocolli di intesa per le indagini finalizzate alle misure di prevenzione funzionano più o meno bene a seconda delle sedi giudiziarie.

  PRESIDENTE. E delle persone.

  FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. E delle persone. Lo strumento è uguale per tutti, ma devo dire che due procure, che non voglio nominare per evitare ulteriori polemiche, che già ci sono state, non ci hanno ancora dato l'adesione per adottarli.
  Nella stragrande maggioranza dei casi – si tratta di 23-24 procure – l'hanno fatto. Poi dal farli al farli funzionare cambia un po’ il discorso a seconda delle persone che se ne occupano.
  Sarebbe opportuno, quindi, inserire nell'articolo 5-bis – se volete, vi posso anche fornire una copia dei nostri protocolli per prendere uno spunto – un obbligo di scambio di informazioni tra le procure circondariali e le procure distrettuali nelle indagini delle procedure che sono in corso prima della formulazione della proposta, anche ricorrendo all'istituto nuovo del parere, che però viene dopo e che potrebbe bloccare, perché il tribunale non può provvedere sulla proposta se non acquisisce il parere del procuratore distrettuale.
  Poi c’è il discorso dell'articolo 34-bis. Ma prima di parlarne, io vorrei dire ancora una parola sull'articolo 34.
  Quello che ci preoccupa, anche in questo caso, è la previsione del presupposto per l'applicazione dell'amministrazione giudiziaria all'agevolazione, ossia soltanto come agevolazione all'attività mafiosa e non anche quando l'azienda è soggetta a intimidazione o a condizionamento da parte dell'organizzazione mafiosa, come è previsto nel vigente articolo 34.
  Per esempio, in particolare noi sottolineiamo le difficoltà applicative di un provvedimento ablativo, successivo all'amministrazione giudiziaria dalla quale venga fuori l'agevolazione stabile, che sia il frutto delle attività illecite agevolative – la nuova norma fa riferimento a questo – ossia quando si può provvedere al sequestro per i beni che siano frutto di attività illecite agevolative.
  Che cosa sono le attività illecite agevolative ? Le attività agevolative possono anche non essere illecite. Possono anche essere oggettive. La norma attuale dice che si deve fare la confisca, qualora il tribunale non ritenga di revocare il provvedimento, dei beni che sono il frutto di attività illecite, non di attività agevolative, ma di attività illecite tout-court, puramente e semplicemente, o che ne costituiscano il reimpiego. Si fa riferimento ad attività illecite. È evidente il rinvio ad attività contrarie alla legge.
  L'attività agevolatrice che può essere frutto di intimidazione o di condizionamento intimidatorio potrebbe non essere illecita. Questo non lo prendiamo in considerazione.
  Prendete il caso di un imprenditore che è sotto estorsione e che è sotto finanziamento del camorrista o del mafioso. È un'attività illecita quella di un imprenditore, che fa l'imprenditore e che, come tale, essendo stato finanziato dal mafioso, agevola, tutto sommato, il mafioso e l'associazione a cui egli fa capo ? È un'attività illecita agevolativa quella del soggetto imprenditoriale o è un'attività in qualche modo condizionata per effetto di intimidazione ?
  È chiaro che i confini sono molto sfumati, ma disporre, come si vorrebbe fare nella nuova norma, che si possano effettuare il sequestro e poi la confisca quando l'attività imprenditoriale sia il frutto di attività illecite agevolative mi sembra un po’ vago, mi sembra un po’ generico. Perché non rimaniamo all'attuale formulazione, che prevede che, Pag. 14quando risulta che i beni siano frutto di attività illecita o ne costituiscano l'impiego, siano sequestrati e confiscati ?
  Con questa formulazione, con questo ricorso all'agevolazione, noi rischiamo questo. Questa è un'altra cosa che è venuta fuori dalla Commissione Fiandaca. Io ne capisco anche lo spirito. Si tratta di cercare di ridurre al massimo il campo di intervento dell'amministrazione giudiziaria e di evitare il più possibile l'intervento ablativo. Tuttavia, se parliamo di attività illecite agevolative, poi c’è il rischio che ci troviamo in difficoltà nel definire quali sono gli illeciti agevolativi e quali sono attività agevolative, ma non illecite. Questo è il punto.
  Veniamo all'articolo 34-bis. Onorevole Mattiello, io credo che il punto di equilibrio che lei, giustamente e ovviamente, richiede sia nel filtro del giudice ordinario e, quindi, del tribunale. Esclude l'automatismo.
  La norma recita che «il controllo giudiziario di cui al comma 1 è adottato dal tribunale per un periodo non inferiore a un anno». Si potrebbe dire che può essere adottato, oppure che è adottato con provvedimento motivato, oppure che è accolto o non è accolto con provvedimento motivato. Il tribunale si esprime e accoglie o non accoglie con provvedimento motivato. L'importante è dare al tribunale la possibilità di valutare.

  PRESIDENTE. Che non sia strumentale.

  FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Che non sia strumentale.
  Non ci dimentichiamo mai che il soggetto che chiede il controllo giudiziario è un soggetto che per il prefetto, ai sensi dell'articolo 84 del codice antimafia, è un indiziato di mafia e che molto spesso è un mafioso vero e proprio. Fornire questo strumento a un soggetto che già la prefettura ha valutato come contiguo alla mafia a me sembra un po’ troppo rischioso, tanto più che si aggancia un istituto come quello del commissario giudiziario, per la scelta del quale non si hanno criteri.
  L'equilibrio sta nel filtro e nella proposizione obbligatoria nel ricorso. L'imprenditore può chiedere il controllo a condizione, però, di fare il ricorso al giudice amministrativo. Deve impugnare comunque il provvedimento. Non si può paralizzare il provvedimento prefettizio, l'interdittiva antimafia, solo con la richiesta di controllo giudiziario.
  Questa è la nostra opinione.

  PRESIDENTE. Grazie. Non ci sono altre domande.
  Abbiamo sviscerato tutti i temi, anzi, sono contenta di aver posto la sua audizione per ultima. Noi abbiamo affrontato lunedì, in una full immersion, tutte le problematiche. Peraltro, ci sono documenti scritti a disposizione di tutti i colleghi. Oggi abbiamo nuovamente puntualizzato alcuni aspetti che erano stati evidenziati, mentre altri rappresentano un nuovo spunto di riflessione.
  Grazie da parte di tutti i colleghi.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.