XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Mercoledì 3 dicembre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN RELAZIONE ALL'ESAME DELLA PROPOSTA DI LEGGE C. 925-B , APPROVATA DALLA CAMERA E MODIFICATA DAL SENATO, IN MATERIA DI DIFFAMAZIONE, DI DIFFAMAZIONE CON IL MEZZO DELLA STAMPA O CON ALTRO MEZZO DI DIFFUSIONE, DI INGIURIA E DI CONDANNA DEL QUERELANTE NONCHÉ DI SE

Audizione di Antonello Soro, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali.
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Soro Antonello , Presidente del Garante per la protezione dei dati personali ... 3 
Ferranti Donatella , Presidente ... 6 
Soro Antonello , Presidente del Garante per la protezione dei dati personali ... 6 
Ferranti Donatella , Presidente ... 6 
Vazio Franco (PD)  ... 6 
Soro Antonello , Presidente del Garante per la protezione dei dati personali ... 6 
Ferranti Donatella , Presidente ... 7

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Nuovo Centro-destra: (NCD);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia: (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 10.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di Antonello Soro, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame della proposta di legge C. 925/B, approvata dalla Camera e modificata dal Senato, in materia di diffamazione, di diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, di ingiuria e di condanna del querelante nonché di segreto professionale. Ulteriori disposizioni a tutela del soggetto diffamato, l'audizione di Antonello Soro, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali.
  Il presidente Soro è accompagnato dalla dottoressa Federica Resta, assistente del Presidente, da Mario De Bernart, dirigente del Servizio relazioni istituzionali, e da Baldo Meo, dirigente del Servizio relazioni con i mezzi di informazione.
  Do ora la parola al Presidente Soro.

  ANTONELLO SORO, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali. Grazie. Tra le norme introdotte al Senato alla proposta di legge al vostro esame abbiamo rivolto una speciale attenzione all'articolo 3, che sin dalla sua approvazione in Commissione al Senato è stato descritto come volto a disciplinare il cosiddetto «diritto all'oblio».
  Su questo aspetto vorrei esprimere alcune perplessità, ma prima voglio sottolineare, sia pure a grandi linee, rinviando per il dettaglio al testo scritto, che la formulazione adottata presenta, a nostro parere, alcune incongruenze, superabili con un migliore coordinamento interno, e qualche sovrapposizione con istituti già presenti. Questo rischia di ingenerare dubbi in sede applicativa.
  La norma sancisce il diritto dell'interessato di richiedere la rimozione dai siti internet e dai motori di ricerca dei contenuti diffamatori o comunque dei dati personali trattati in violazione di legge. In caso di rifiuto o di inadempimento del titolare – peraltro non viene fissato il termine oltre il quale si verificherebbe l'inadempimento – l'interessato può rivolgere le stesse richieste al giudice ai sensi del richiamato articolo 14 del Codice del commercio elettronico, norma con la quale va effettuato, tuttavia, un migliore coordinamento, in quanto essa già oggi consente all'autorità giudiziaria o di vigilanza di inibire il trattamento illecito ancorché limitatamente ai fornitori di accesso alla Rete.
  Soprattutto, la norma si sovrappone all'articolo 7 del Codice per la protezione dei dati personali, che consente di adire tanto il giudice quanto il Garante per ottenere la rettificazione, la cancellazione dei dati trattati in violazione di legge, l'inibizione della loro ulteriore diffusione e la deindicizzazione.Pag. 4
  Rispetto a tale norma, però, l'articolo 3 priva l'interessato della possibilità di adire, anziché il giudice, il Garante, che pure oggi rappresenta l'istituzione cui nella maggioranza dei casi sono rivolte le richieste di deindicizzazione, aggiornamento, blocco e rettifica dei dati trattati in violazione di legge. Andrebbe, dunque, in ogni caso inserita una clausola di riserva in favore degli speciali istituti previsti dal Codice, anche per ragioni di compatibilità con la normativa europea.
  Tuttavia, anche con queste singole interpolazioni, che possono essere apportate per evitare dubbi interpretativi e per evitare che sia depotenziata la norma, essa così com’è rappresenterebbe un'occasione mancata per disciplinare compiutamente un aspetto del diritto alla protezione dei dati personali, ovvero il diritto all'oblio, che sta assumendo un'importanza sempre maggiore nel rapporto tra dignità e libertà di espressione.
  Questa, infatti, potrebbe essere la sede opportuna per normare espressamente i vari strumenti con i quali questo diritto può esercitarsi, migliorandone anche la procedura, per garantire una tutela più celere, effettiva e adeguata non solo aggravando, ma addirittura deflazionando il contenzioso giudiziario.
  In primo luogo, per quanto concerne l'ambito di applicazione della norma, essa si riferisce unicamente a contenuti diffamatori o ai dati trattati in violazione di legge, non considerando, quindi, il termine di riferimento proprio del diritto all'oblio, ovvero dati personali che non sono inesatti, e dunque da rimuovere o integrare, ma semplicemente connotati da un interesse pubblico non più così attuale da giustificarne l'indiscriminata reperibilità in rete.
  Nel suo più noto precedente giurisprudenziale – la sentenza Google Spain –, infatti, il diritto nasce come richiesta di deindicizzazione dei dati riferiti a un procedimento di pignoramento datato di oltre quindici anni. L'interesse caratterizzante la notizia era quindi sfumato, in misura tale da giustificarne non la rimozione dagli archivi dei giornali, ma la sottrazione ai motori di ricerca generalisti, così contenendo il danno all'immagine del ricorrente derivante dalla perenne associazione tra il suo nome e quella vicenda.
  Come precisa la Corte, il servizio offerto dai motori di ricerca comporta un'ingerenza nella vita privata assai più rilevante di quella che deriva dalla pubblicazione della singola pagina web poiché costruisce un profilo dettagliato dell'interessato spesso decontestualizzato.
  Pertanto, se esigenze informative e un interesse pubblico, pur affievolito nella sua attualità, legittimano la permanenza della notizia nel sito sorgente, rendendo così possibile la piena ricostruzione storica della vicenda, proprio il decorso del tempo può invece imporne la sottrazione all'azione dei motori di ricerca generalisti.
  Anche secondo il Regolamento europeo per la protezione dei dati, nella versione votata dal Parlamento europeo e in corso di approvazione, il diritto all'oblio può esercitarsi nelle forme della cancellazione dei soli link alla notizia pur esatta, ma il cui periodo di conservazione ecceda le finalità della raccolta, cogliendo quella dimensione diacronica della riservatezza che è necessario considerare quale contrappeso alla memoria eterna della Rete e al rischio di decontestualizzazione dovuto all'infinita duplicabilità e trasportabilità dei dati online.
  A tale soluzione erano, del resto, giunti sia la giurisprudenza interna, con diverse sentenze della Corte di cassazione, sia il Garante, che sin dal 2008 ha adottato questa via soprattutto in relazione agli articoli contenuti negli archivi online dei giornali.
  Il cosiddetto diritto all'oblio copre dunque un'ampia categoria di ipotesi eterogenee, dai dati veritieri legittimamente raccolti in origine ma il cui interesse pubblico sia ormai scemato in ragione del tempo trascorso, a quelli trattati in violazione di legge e non aggiornati. Per questo, con una piena corrispondenza tra il profilo sostanziale e procedurale, il diritto all'oblio deve potersi avvalere di un'altrettanto ampia gamma di strumenti, ciascuno rispondente a specifiche esigenze di tutela e diversamente Pag. 5modulabili in ragione delle caratteristiche delle fattispecie concrete e del bilanciamento da realizzarsi di volta in volta con gli interessi in gioco, prima di tutto l'informazione.
  Così, alla rimozione dei dati trattati illegittimamente deve affiancarsi l'integrazione di quelli inesatti perché superati dagli eventi successivi, la loro rettifica e la deindicizzazione di quelli veritieri ma ormai risalenti. Tra le possibili soluzioni, rimozione, integrazione e deindicizzazione, quest'ultima è certamente la meno limitativa del diritto all'informazione, in quanto preserva nella sua integrità la pubblicazione della notizia sul sito sorgente, ma ne impedisce l'indiscriminata reperibilità in Rete attraverso il solo nome dell'interessato, ed è dunque quella che meglio può contribuire a realizzare un bilanciamento adeguato tra interessi entrambi costituzionalmente rilevanti.
  Non a caso, tale soluzione è quella prescelta dalla Camera dei deputati e dal Senato per coniugare diritto all'oblio, pubblicità e, in questo caso, intangibilità degli atti parlamentari, non sottraendoli alla conoscenza dei cittadini, ma limitandone la loro indiscriminata accessibilità.
  Per altro verso, l'aggiornamento e l'integrazione delle notizie superate dagli eventi consente non solo di tutelare la dignità dell'interessato, ma anche di migliorare la stessa qualità dell'informazione, che risulta in questo modo più esatta, completa e aggiornata, senza imporre alcuna censura o forme di controllo preventivo dei contenuti in Rete, in linea anche con quanto sancito dalla Corte europea dei diritti umani e dalla Cassazione italiana con sentenze del 2012 e del 2013.
  Per questo, disciplinare il diritto all'oblio con esclusivo riferimento ai dati illegittimamente trattati, senza affrontarlo nella sua interezza sotto il profilo sostanziale e processuale, rischia di risultare poco utile o in alcuni casi addirittura inopportuno, se non dannoso, privando l'autorità chiamata a decidere di quella pluralità di strumenti – cancellazione, rettifica, integrazione e deindicizzazione – volti ciascuno a garantire di volta in volta il migliore bilanciamento tra riservatezza, diritto di cronaca ed esigenze di ricostruzione storica delle vicende in ragione della peculiarità dei casi concreti esaminati.
  Sotto il profilo funzionale, poi, nel disciplinare il diritto nei suoi vari aspetti si dovrebbe comunque espressamente fare salvo, anche per ragioni di compatibilità con l'ordinamento europeo, il doppio binario tutela giurisdizionale/tutela amministrativa dinanzi al Garante, sempre che non si intenda invece concentrare in capo alla sola autorità tale funzione in ragione della specifica competenza sinora acquisita.
  In tal senso si muovono alcuni progetti di legge: uno in fase molto avanzata in Commissione I del Senato sul cyber-bullismo, che radica in capo al Garante una procedura specifica e celere pur nel rispetto del contraddittorio, a tutela della dignità e del diritto all'oblio dei minori, e altri progetti di legge in questo ramo del Parlamento, che attribuiscono – uno in particolare sulla diffamazione – al Garante la competenza non solo a pronunciarsi sul diritto all'oblio, ma anche a prescrivere la pubblicazione della rettifica con efficacia estintiva del procedimento penale per diffamazione, sempre che il giudice ne ravvisi la congruità.
  Sistemi del genere, adottati in molti Paesi europei, consentono di incentivare la rettifica, potendo essa intervenire quale causa di improcedibilità sopravvenuta anche ad azione penale già avviata, come una peculiare forma di ravvedimento operoso che, reintegrando il bene giuridico leso, fa venir meno l'esigenza di una sanzione a contenuto esclusivamente repressivo o afflittivo, meglio tutelando anche le esigenze della vittima.
  Simili soluzioni valorizzerebbero la specifica competenza acquisita dal Garante in materia di rettificazione e, rispetto al principio di esattezza che ovviamente la rettifica intende ripristinare, consentirebbero una deflazione importante del contenzioso giudiziario, puntando su quel coordinamento tra giudizio penale e procedimento amministrativo già previsto Pag. 6dal nostro ordinamento e sicuramente capace di coniugare istanze deflative a tutela dei diritti dei cittadini nella maniera migliore.
  L'autorità garante, oltre a rappresentare un'istanza specializzata per la tutela di tali diritti, offre la garanzia di una giurisprudenza unica e uniforme sul territorio nazionale, non esposta alla variabilità di diverse pronunce da parte dei diversi uffici giudiziari presenti sul territorio, e assicurerebbe la possibilità di avere una risposta in tempi molto più rapidi e con costi procedurali incomparabilmente più ridotti.
  Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Presidente Soro, che ci farà avere copia scritta della relazione.
  Se ritiene, questa potrebbe essere una proposta di modifica.

  ANTONELLO SORO, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali. Se fosse condivisa, sì.

  PRESIDENTE. Lei ha sollevato una serie di questioni che potrebbero confluire in alcune proposte del Garante, in linea con la relazione depositata. La Commissione poi ne farà l'uso che crede.
  Do la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

  FRANCO VAZIO. Condivido e comprendo il suo intervento, Presidente Soro. Vorrei porle una domanda.
  So che è in atto una discussione con il Garante sul diritto all'oblio ed è in corso un approfondimento per l'attuazione di tale diritto anche in sede europea. C’è il tema della privacy e ci sono stati anche dibattiti e incontri interparlamentari europei su questo.
  Lei ha detto che il diritto all'oblio, trattato con queste modalità e con questa settorialità, non coglie il vero spirito della questione. Del resto, non può sfuggirci che un provvedimento di questa natura nei confronti dei motori di ricerca, non accompagnato da una visione extra-territoriale, è un risultato modesto perché non colpisce i motori di ricerca che non hanno sede sul territorio italiano, come i .com. C’è chi dice che questo intervento sia molto limitato.
  Sotto questo profilo è opportuno, secondo lei, insistere per una modifica o una migliore ridefinizione all'interno di questa norma o è preferibile completare il percorso di affinamento del concetto di diritto all'oblio in un provvedimento separato, che affronti le tematiche nel loro complesso e quindi non in maniera settoriale ?

  ANTONELLO SORO, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali. Lei ha assolutamente ragione. Si è svolto un ricco dibattito in sede europea. Il coordinamento dei Garanti europei nei giorni scorsi ha esitato un documento specifico, che abbiamo chiamato guide e linee interne, nel senso che rappresenta l'orientamento attraverso il quale ci coordiniamo per avere un atteggiamento comune.
  L'efficacia di un provvedimento di deindicizzazione, riferito non esclusivamente al sito che abbia sede europea – ad esempio, Google Italia piuttosto che Google Francia o Germania – è stata discussa e l'orientamento al quale siamo pervenuti poggia sul presupposto che l'atto di raccolta della notizia che il motore di ricerca indicizza è un atto unico, che poi si manifesta nella pluralità di siti nel mondo.
  Abbiamo quindi ritenuto, formalizzando la nostra valutazione, che la scelta del motore di ricerca di deindicizzare non debba essere limitata esclusivamente ai siti in sede europea, ma debba avere diffusione in qualunque parte un cittadino europeo possa ricondurre o rintracciare il link che lega un nome a una notizia.
  Nell'ambito delle autorità europee di protezione dei dati si è arrivati a una conclusione e credo che questa vada incontro a un'esigenza sostanziale. Cittadini europei che viaggiano, cercano lavoro o hanno attività economiche nel mondo non possono incorrere in una notizia che il motore di ricerca ha ritenuto essere lesiva della sua dignità.Pag. 7
  Dal punto di vista del secondo quesito, abbiamo argomentato – nel testo scritto ancora più in profondità – tutte le ragioni per cui riteniamo che l'articolo 3 così com’è non solo non corrisponda al bisogno attuale di disciplinare un tema tanto importante, ma sia anche ricco di molte incongruenze.
  Le strade sono l'ipotesi di riscrittura emendata di quel testo, come suggeriva la presidente, oppure la decisione di stralcio di questo articolo, che oggettivamente non copre la risposta alla tutela dell'oblio e lo fa in modo assolutamente improprio. Le strade sono entrambe percorribili.
  Da parte nostra c’è tutta la disponibilità nei confronti della Commissione a contribuire e concorrere alla definizione di un testo più puntuale.

  PRESIDENTE. Ringrazio tutti gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.35.