XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 8 di Mercoledì 8 aprile 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DEL DISEGNO DI LEGGE DEL GOVERNO C. 2798 , RECANTE MODIFICHE AL CODICE PENALE E AL CODICE DI PROCEDURA PENALE PER IL RAFFORZAMENTO DELLE GARANZIE DIFENSIVE E LA DURATA RAGIONEVOLE DEI PROCESSI E PER UN MAGGIORE CONTRASTO DEL FENOMENO CORRUTTIVO, OLTRE CHE ALL'ORDINAMENTO PENITENZIARIO PER L'EFFETTIVITÀ RIEDUCATIVA DELLA PENA, E DELLE ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE C. 370  FERRANTI, C. 372  FERRANTI, C. 373  FERRANTI, C. 408  CAPARINI, C. 1194  COLLETTI, C. 1285  FRATOIANNI, C. 1604  DI LELLO, C. 1957  ERMINI, C. 1966  GULLO, C. 1967  GULLO, C. 2165  FERRANTI, C. 2771  DORINA BIANCHI E C. 2777  FORMISANO.

Audizione di Stefania Carnevale, professoressa di diritto processuale penale presso l'Università degli studi di Ferrara, e di rappresentanti dell'Organismo unitario dell'avvocatura.
Ferranti Donatella , Presidente ... 2 
Li Vigni Ilaria , Rappresentante dell'Organismo unitario dell'avvocatura ... 2 
Ferranti Donatella , Presidente ... 2 
Li Vigni Ilaria , Rappresentante dell'Organismo unitario dell'avvocatura ... 2 
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Li Vigni Ilaria , Rappresentante dell'Organismo unitario dell'avvocatura ... 3 
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Carnevale Stefania , Professoressa di diritto processuale penale presso l'Università degli studi di Ferrara ... 3 
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Carnevale Stefania , Professoressa di diritto processuale penale presso l'Università degli studi di Ferrara ... 3 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
Carnevale Stefania , Professoressa di diritto processuale penale presso l'Università degli studi di Ferrara ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Carnevale Stefania , Professoressa di diritto processuale penale presso l'Università degli studi di Ferrara ... 11 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Carnevale Stefania , Professoressa di diritto processuale penale presso l'Università degli studi di Ferrara ... 11 
Colletti Andrea (M5S)  ... 11 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Colletti Andrea (M5S)  ... 11 
Carnevale Stefania , Professoressa di diritto processuale penale presso l'Università degli studi di Ferrara ... 11 
Colletti Andrea (M5S)  ... 11 
Carnevale Stefania , Professoressa di diritto processuale penale presso l'Università degli studi di Ferrara ... 11 
Ferranti Donatella , Presidente ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 14.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, se non vi sono obiezioni, anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di Stefania Carnevale, professoressa di diritto processuale penale presso l'Università degli studi di Ferrara, e di rappresentanti dell'Organismo unitario dell'avvocatura.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame del disegno di legge del Governo C. 2798, recante modifiche al codice penale e al codice di procedura penale per il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi e per un maggiore contrasto del fenomeno corruttivo, oltre che all'ordinamento penitenziario per l'effettività rieducativa della pena, e delle abbinate proposte di legge C. 370 Ferranti, C. 372 Ferranti, C. 373 Ferranti, C. 408 Caparini, C. 1194 Colletti, C. 1285 Fratoianni, C. 1604 Di Lello, C.1957 Ermini, C. 1966 Gullo, C. 1967 Gullo, C. 2165 Ferranti, C. 2771 Dorina Bianchi e C. 2777 Formisano, l'audizione di Stefania Carnevale, professoressa di diritto processuale penale presso l'Università degli studi di Ferrara, e di rappresentanti dell'Organismo unitario dell'avvocatura (OUA).
  Abbiamo con noi l'avvocato Ilaria Li Vigni, coordinatrice della Commissione società professionali-OUA, e Paola Ponte, coordinatrice della Commissione diritto penale dell’(OUA). Abbiamo riconvocato gentilmente l'OUA perché nella giornata di audizione che gli era dedicata, purtroppo non abbiamo avuto il tempo per fare il nostro lavoro.
  Do la parola all'avvocato Li Vigni.

  ILARIA LI VIGNI, Rappresentante dell'Organismo unitario dell'avvocatura. Vi ringraziamo innanzitutto per averci rimesso nei termini, come si suol dire in linguaggio processuale, perché ci tenevamo a fornire da parte nostra un documento esaustivo ed esplicativo – speriamo – del disegno di legge C. 2798, che è alla vostra attenzione.
  Io credo, e ne ho avuto la conferma, che sia già arrivato alla vostra attenzione il documento. Mi permetto di ricordare che vi è arrivato anche un secondo documento, sulla proposta di legge C. 2150, che so voi avete già licenziato. Nel caso in cui ritornasse, noi ci siamo preparati anche su quello, in modo tale che resti a futura memoria...

  PRESIDENTE. Oggi, però, trattiamo solo il C. 2798.

  ILARIA LI VIGNI, Rappresentante dell'Organismo unitario dell'avvocatura. Sì, questo è vero, ma volevo spiegarvi come mai fosse arrivato anche l'altro documento.
  Io non ho molto da dire, oltre a quello che ho scritto, anche perché non vorrei Pag. 3tediare voi, che già conoscete meglio di noi i passaggi. Di certo nella disamina del testo del disegno di legge noi abbiamo enucleato i punti fondamentali che l'Avvocatura – che noi, ossia l'Organismo unitario, rappresentiamo – ritiene imprescindibili: norma penale chiara, rispetto dei princìpi di tassatività, principio in dubio pro reo, che è sacrosanto – con la presidente ci siamo già conosciuti «in tempi non sospetti» e abbiamo già avuto modo di confrontarci sul tema – e durata del processo ragionevole sono concetti sui quali non c’è assolutamente discussione.
  Non entro nel merito delle norme perché le abbiamo comunemente esaminate. Questo è un documento che arriva da OUA, ma è giusto dire che la Commissione che coordina la collega Paola Ponte, alla mia destra, è quella che l'ha licenziato. All'interno dell'Organismo noi abbiamo diverse Commissioni, come le avete voi, e questo era il suo compito.
  Abbiamo fatto un iter molto veloce, dalle modifiche del codice penale, ossia dalla norma di diritto sostanziale, a quella di diritto formale di procedura penale. Io non aggiungo null'altro, ma devo assolutamente soffermarmi su quella che per noi avvocati è una norma un po’ particolare. Anche prima, mentre eravamo in treno, venendo da Milano, ci siamo confrontati in merito. Si tratta dell'articolo 448-bis, sulla sentenza di condanna, che credo sia, alla fine – io non so se voi abbiate già sentito, ma sicuramente l'avrete fatto, i nostri colleghi delle camere penali – un po’ il vulnus della questione.
  Noi abbiamo delle riserve, e credo che non siamo solo noi ad averle, per una serie di motivazioni che vedrete indicate nel documento. Crediamo che la norma si potrebbe prestare a dubbi di legittimità costituzionale, con particolare riferimento – leggo il passo – «all'ammissione del fatto e alla conseguente richiesta di interrogatorio immediato», che, secondo noi, è in palese contrasto con il diritto dell'imputato ad avvalersi della famosa norma nemo tenetur se detegere e, quindi, al consenso per l'esame.
  Questi, secondo noi, sono i punti nevralgici di questa norma. Da parte nostra abbiamo fatto una disamina piuttosto attenta e articolata, che spero sia per voi esaustiva. Direi che nulla di più di quello che ho scritto posso aggiungere. Non so se la collega Ponte vuole aggiungere qualche altra considerazione, ma io ho finito la mia audizione e vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Ringraziamo, sia per la sinteticità, che ci consente di andare avanti con i nostri lavori, sia soprattutto per avere messo i punti in un documento scritto. All'esito dell'indagine conoscitiva ci sarà un esame attento dei documenti, oltre che delle audizioni che sono state svolte.

  ILARIA LI VIGNI, Rappresentante dell'Organismo unitario dell'avvocatura. Grazie a lei. Noi siamo a disposizione, nel caso il nostro contributo servisse ulteriormente. Se possiamo fermarci e sentire la professoressa, che è sempre molto interessante, lo facciamo.

  PRESIDENTE. Sì, anche perché poi ci potrebbero essere delle domande.
  Do la parola alla professoressa Stefania Carnevale, professoressa di diritto processuale penale presso l'Università degli studi di Ferrara.

  STEFANIA CARNEVALE, Professoressa di diritto processuale penale presso l'Università degli studi di Ferrara. Grazie, presidente. Ringrazio tutti per l'invito in quest'alta sede istituzionale. Spero che il mio contributo, in uno spirito costruttivo, possa essere utile a migliorare il testo che mi avete sottoposto. Ho preparato anch'io un testo scritto, perché le questioni che mi ero ritagliata sono, ahimè, molto tecniche. Oralmente cercherò di fornirvi dei flash. Poi eventualmente mi farete delle domande.

  PRESIDENTE. Ci ha già mandato il testo ?

  STEFANIA CARNEVALE, Professoressa di diritto processuale penale presso l'Università Pag. 4degli studi di Ferrara. Non ho mandato il testo perché, se fosse nato qualcosa di nuovo in discussione, l'avrei aggiornato e integrato, ma è già pronto. Se vuole, glielo lascio già qui.
  Io mi ero ritagliata il tema delle impugnazioni ed eventualmente, se ci fosse tempo, ma difficilmente ci sarà, quello dell'esecuzione. Mi sono poi accorta che sono numerosissime le norme dedicate alle impugnazioni in questo disegno di legge, anche perché le impugnazioni sono uno dei maggiori indiziati di responsabilità per l'irragionevole durata del processo. È comprensibile, quindi, che voi vi siate concentrati soprattutto su questa parte finale del processo penale.
  Devo dire, però, che, essendo la materia davvero tecnica, mettere mano alle impugnazioni è come entrare in una cristalleria. Bisogna stare molto attenti e agire con cautela, perché ci si muove tra equilibri fragili. A volte, toccando una norma, ci sono dei riverberi che non si percepiscono immediatamente, ragion per cui ciascuna di esse dovrebbe essere approfondita. Io cercherò di essere telegrafica e rimanderò poi agli appunti scritti – sono appunti, non una relazione – per eventuali approfondimenti.
  Sicuramente, se, in materia di impugnazione, un filo conduttore va individuato in questo disegno di legge, è quello di spostare un po’ indietro le competenze. Per sgravare soprattutto la Suprema Corte di cassazione si tende, infatti, a portare competenze sulle spalle delle corti d'appello e a volte su quelle di primo grado.
  Questo è comprensibile, ma il rischio che si corre è che l'operazione possa rivelarsi controproducente proprio sotto il profilo che voi perseguite, cioè quello della ragionevole durata e dello sgravio, perché le decisioni delle corti d'appello sono, per vincolo costituzionale, ricorribili per Cassazione. Se non si interviene su questo vincolo, si rischia di aggiungere gradi di giudizio, invece che di toglierne. Questa è una prima considerazione generalissima.
  Partirei ora con un brevissimo flash su una delle norme secondo me più problematiche, che è stata sinora poco approfondita. Io mi sono letta tutti i resoconti stenografici. Si tratta del nuovo meccanismo di accertamento delle inammissibilità delle impugnazioni. È una norma delicata, perché è una norma a valenza generale.
  Nel disegno di legge si interviene sulla norma generale e sull'inammissibilità delle impugnazioni. L'idea è di spostare questa competenza dal giudice cosiddetto ad quem, ossia, nel nostro sistema, il giudice dell'impugnazione, che decide se l'impugnazione sia ammissibile o no, al giudice a quo, ossia al giudice che ha pronunciato un determinato provvedimento di primo grado o di secondo grado, quando si tratti di cause di inammissibilità – per così dire – semplici da rilevare, ossia manifeste, chiare, palesi.
  Questo è lo spirito della norma, che capisco. Questa norma, però, a me pare che crei molti più problemi di quelli che vorrebbe risolvere. La sua approvazione rischia proprio di allungare i tempi del processo, invece che accorciarli.
  Innanzitutto può essere discutibile affidare allo stesso giudice che ha pronunciato un provvedimento il compito di vagliarne l'ammissibilità, ma questa è un'osservazione che è già stata fatta. Non solo, la giurisprudenza dimostra che non esistono inammissibilità semplici da rilevare. Anche le più semplici, tra cui il rispetto del termine, creano – basta sfogliare un repertorio – una miriade di questioni interpretative. Anche a questo aspetto bisogna stare attenti. Quando si prevedere in astratto qualcosa di semplice, non è sempre detto che poi lo sia in concreto.
  Prescindendo anche da questo, il problema maggiore di questa nuova disciplina è l'aver dimenticato che tutte le ordinanze in materia di inammissibilità sono ricorribili per Cassazione. Se noi le spostiamo al giudice di primo grado o al giudice d'appello, sarà sempre previsto contro di esse il ricorso per Cassazione. La Corte di cassazione, quindi, non viene sgravata, perché probabilmente verrà interpellata ugualmente.
  Questo entra in frizione con l'effetto sospensivo delle impugnazioni, ma anche con la norma sulla formazione del giudicato. Pag. 5Proprio questa norma non tiene conto dell'articolo 648, che andrebbe sicuramente modificato, se voi voleste mantenerla.
  La proposta correttiva, che ho letto in qualche resoconto, è di eliminare questo ricorso e di rendere immediatamente esecutiva la pena, come in effetti adesso questo disegno di legge prevede. Il giudice si pronuncia sull'inammissibilità e l'esecuzione penale parte. Alcuni osservavano che, se qualcuno avesse da ridire contro questa inammissibilità, ci si potrebbe rivolgere al giudice dell'esecuzione.
  Questo ve lo sconsiglio fortemente, perché il giudice dell'esecuzione non è altro che il giudice che ha emesso il provvedimento divenuto irrevocabile. Il paradosso che si verrebbe a creare, quindi, è che in capo a uno stesso giudice convoglierebbero tre funzioni diverse: pronunciare una sentenza, dichiarare inammissibile un'impugnazione proposta contro di essa e decidere sulle proteste contro questa inammissibilità in veste di giudice dell'esecuzione. Chiaramente ciò non è possibile. Questa soluzione correttiva va sicuramente scartata.
  Così com’è la norma, i controlli si moltiplicano, perché ci sono i giudici a quo, ad quem e la Cassazione che si incrociano. Negli appunti scritti vi ho riportato tutti i casi per dimostrare questo assunto.
  Devo poi anche dirvi che questa norma entra in frizione o va coordinata con tante altre norme del codice di procedura penale esistenti che prevedono che l'impugnazione si presenti direttamente al giudice dell'impugnazione, cui spetta di vagliare l'inammissibilità. Un esempio riguarda il riesame. Non lo potremmo spostare al giudice a quo, anche per la tempistica del riesame.
  Un altro esempio è la revisione. Anche la revisione si propone direttamente alla corte d'appello. È il giudice d'appello che valuta l'inammissibilità. Queste potrebbero essere considerate deroghe o norme speciali, ma cominciano a essere numerose.
  Ce n’è anche un'altra, la questione sul titolo esecutivo, all'articolo 670. Non vi tedio, ma vi segnalo che ci sono molti problemi. Lo stesso disegno di legge di riforma prevede nuove impugnazioni contro l'archiviazione, in particolare un appello contro le ordinanze di archiviazione, demandando – così sembra – al giudice ad quem il vaglio di inammissibilità. Anche in questo caso bisogna osservare che all'interno della stessa riforma queste due norme sono in contraddizione.
  Questa disposizione è in contraddizione anche con una direttiva di delega nella stessa riforma. Questo contrasto va risolto, perché in una direttiva di delega – la lettera l) del comma 1 dell'articolo 25 – si prevede, almeno per l'ammissibilità dell'appello, non certo una procedura de plano e senza formalità, come vorrebbe il comma 1-bis dell'articolo 591 proposto dal comma 2 dell'articolo 17 del disegno di legge, bensì una procedura in contraddittorio, in udienza. Qui bisogna capire se porre l'uno o l'altra. Ho fatto cenno anche a questo nuovo regime delle impugnazioni in materia di archiviazione. Vi segnalo anche qui un problema che finora non è stato posto. La nuova norma 410-bis introduce un ricco sistema di nullità, che è del tutto condivisibile, in materia di archiviazione. Il comma 1 è dedicato ai vizi del decreto – è l'articolo 10, comma 5, del disegno di legge – dovuti al fatto che la persona offesa sia stata indebitamente esclusa dalla procedura di archiviazione. La vittima è stata dimenticata e non ha potuto, quindi, opporsi, oppure la sua iniziativa non è stata considerata.
  Questi vizi vengono qualificati come nullità, e siamo d'accordo, ma si propone di rimediarvi con una procedura dichiaratamente rivolta a non rimediare alle nullità. Si dice, infatti, che questi problemi vanno risolti con la procedura di correzione degli errori materiali, di cui all'articolo 130, che è proprio una norma che esordisce asserendo che questa procedura va bene purché i vizi non siano nullità. Qui si qualificano delle nullità, ma si usa una norma che, almeno per regola generale, non sarebbe utilizzabile in caso di nullità, anche perché è una norma che Pag. 6prevede una correzione per sviste minori da parte dello stesso giudice che ha commesso l'errore.
  È vero che è una procedura veloce, ma si tratta di un provvedimento già emesso, ossia di un'archiviazione, e di un offeso che potrebbe opporsi. A questo punto non si capisce neanche come. Non sono previsti forme, modi e termini. Anche questo punto va rivisto, anche perché qui – attenzione – siamo nell'orbita della famosa direttiva 2012/29/UE del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, che considera proprio questi casi, cioè l'informazione all'offeso sui casi di inazione e le sue possibilità di reazione. Questo mi sembra proprio un profilo che potrebbe entrare in tensione anche con questa questione europea.
  Non mi sembra, invece, che entri in particolare tensione, anche se si potrebbe approfondire, ma non ne ho il tempo, la questione dell'impugnazione della sentenza di non luogo a procedere, che il disegno di legge toglie alla parte civile. Oggi la parte civile può ricorrere. Qui, però, non si tratta di mancato esercizio dell'azione. Qui l'azione è stata esercitata. Il giudice ha operato un controllo e l'ha ritenuta non fondata.
  La citata direttiva europea è rivolta soprattutto agli Stati che hanno la discrezionalità dell'azione penale e che, quindi, si preoccupano soprattutto di tutelare le vittime di fronte a inazioni non giustificate e non controllate. Qui abbiamo un pubblico ministero che ha esercitato l'azione e un giudice che ha ritenuto che vi fosse qualche problema di fondatezza. Con riferimento all'idea di impugnare il non luogo a procedere non mi sembra che l'esclusione della parte civile o della vittima entri in tensione con la direttiva europea.
  Devo dire, anzi, che la disciplina vigente è ritenuta un po’ anomala. Infatti quella per cui la parte civile possa ricorrere per Cassazione contro un non luogo a procedere è ritenuta da molti una previsione eccentrica, in quanto il non luogo a procedere non ha riverberi civilistici. Nel nostro sistema la parte civile può perseguire nel processo penale solo questo tipo di interessi.
  Al di là di questo, volevo segnalare che anche qui il nuovo sistema di impugnazioni della sentenza di non luogo a procedere non va certo nel senso dell'alleggerimento. Io condivido l'istanza alla base della riforma. Perché la Cassazione si deve occupare di proteste contro il non luogo a procedere ? È un giudice di legittimità. Queste sono questioni di merito. La Cassazione è un po’ disarmata di fronte a questo tipo di impugnazioni. Tuttavia, affidarle al giudice d'appello moltiplica i gradi di giudizio, per il solito problema che poi la sentenza del giudice d'appello sarà ricorribile.
  Pertanto, di fronte alla questione del rinvio a giudizio o del non rinvio a giudizio, abbiamo l'udienza preliminare, la possibilità di appello e la possibilità di ricorso, oltre alla revoca della sentenza di non luogo a procedere, che non è stata toccata e che è esperibile in ogni tempo, se sopravvengono nuove prove.
  Mi sembra proprio che ci sia un sovraccarico di controlli, ma questa è un'opinione personale. Sembra un po’ che si rimedi in sede di impugnazione ai poteri tolti al giudice dell'udienza preliminare. Questa riforma toglie poteri integrativi al giudice dell'udienza preliminare, ossia i supplementi istruttori e gli ordini di nuove indagini, ma scarica sul piano delle impugnazioni tutti i problemi. Non so se questa sia una buona idea.
  La norma poi pone problemi sul piano dell'interesse a impugnare dell'imputato. Pone un limite su cui spendo due parole, perché è ripreso tale e quale sempre da una direttiva della delega in materia di appello dei proscioglimenti da parte dell'imputato.
  Si prevede che l'imputato non possa appellare i proscioglimenti per le due classiche formule cosiddette totalmente liberatorie, ossia «il fatto non sussiste» e «l'imputato non ha commesso il fatto», ma se ne aggiunge un'altra, quella per cui Pag. 7il fatto è stato compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima.
  Questa intanto non è una formula, ma è un'ipotesi che rientra nella formula «il fatto non costituisce reato», che da sempre non è considerata totalmente liberatoria. Questa precisazione ha senso dal punto di vista degli effetti extra-penali della sentenza. Non vi tedio, perché è una questione molto tecnica, ma, dal punto di vista dell'interesse cosiddetto morale dell'imputato, cioè dell'imputato che voglia perseguire un proscioglimento che lo riabiliti totalmente agli atti della società, potrebbe esserci qualche problema.
  Il legislatore è tendenzialmente sovrano in questa materia, perché può decidere di tenere conto degli interessi in gioco e, per ragioni di economia, di dare tutela solo ad alcuni di questi interessi. In questo caso, però, c’è la Corte costituzionale che si mette un po’ di mezzo. Tantissime sentenze della Corte costituzionale – penso a tutte quelle degli anni Settanta e Ottanta sull'impugnazione dei proscioglimenti e anche a quelle sulla legge Pecorella – tengono nel massimo conto proprio questo interesse cosiddetto morale dell'imputato.
  Al di là dei profili civilistici, oltre a cercare di migliorare la formula, perché si potrà brandire questa decisione anche in sede civile, che è un tipo di interesse, c’è anche un interesse tutto penalistico a poter ottenere il massimo della riabilitazione. Dato che il processo penale stigmatizza e porta con sé conseguenze anche molto sfavorevoli sull'immagine, la Corte è molto sensibile a questi interessi morali. La scelta di aggiungere questo strano terzo caso, che ha senso dal punto di vista civilistico, ma non in questa seconda prospettiva, potrebbe essere rivista.
  Poiché sto parlando della delega, spendo due parole proprio telegrafiche su due direttive.
  Io non mi trovo d'accordo, ma quasi tutti l'hanno detto, sulla proposta di rendere tassativi i motivi d'appello, perché è molto difficile immaginare in anticipo tutti i casi di merito di legittimità. Mi riferisco alla lettera h) del comma 1 dell'articolo 25 del disegno di legge. Mi sembra un po’ controproducente, perché già immagino quante questioni potrebbero sorgere per i motivi, o volutamente, o forse inavvertitamente, non tipizzati dalla legge. Questa è, quindi, un'operazione molto rischiosa, in cui io non vedo grandi vantaggi.
  Mi sembra che desti un po’ di perplessità anche un'altra direttiva, quella della lettera i) del comma 1 dell'articolo 25, in cui si parla di «prevedere la titolarità dell'appello incidentale in capo all'imputato e limiti di proponibilità». Questa io non l'ho capita bene. L'appello incidentale dell'imputato è già previsto e non produce particolari effetti nel sistema, perché la cognizione del giudice è già piena e c’è un appello principale del pubblico ministero. Non ho capito se il senso della direttiva sia di volerlo limitare, ma non ne comprendo le ragioni. Andrebbero esplicitate almeno in sede di relazione, perché questo non è un istituto insidioso. Anzi, l'appello incidentale è già molto sbilanciato sul pubblico ministero. Andarlo a erodere da parte dell'imputato non mi sembra molto utile, anzi potrebbe prospettare qualche problema.
  Ci tengo molto, invece, a parlarvi di un profilo a proposito di traslazioni dalla Cassazione in appello, perché non vi ci siete ancora soffermati. Una norma molto problematica è quella sulla rescissione del giudicato, istituto nuovo previsto per i processi celebrati in assenza.
  La riforma, in maniera condivisibile, sposta la competenza, che era stata appena attribuita alla Cassazione, alla corte d'appello. Io sono d'accordo, perché, la corte d'appello, come giudice di merito, è più adatta, come tipo di giudizio, ad andare a verificare se l'imputato abbia davvero o meno avuto conoscenza effettiva di un processo celebrato in sua assenza.
  Al di là di questo, però, questa norma è nata come norma estremamente lacunosa. Presenta una serie di omissioni molto preoccupanti, che vengono riprodotte. Io vi prego proprio di cogliere questa occasione di rimetterci mano per colmare tali omissioni. Ve le enumero velocissimamente.Pag. 8
  Non si chiarisce quale sia la forma di questa richiesta di rescissione, né quali siano i contenuti della richiesta.
  Non si chiarisce dove vada presentata, se al giudice dell'impugnazione, o al giudice di primo grado. Sono intervenute le Sezioni unite l'anno scorso, ma sul vecchio sistema, per il quale la competenza era della Cassazione. Forse qui si sposta qualcosa.
  Non si chiarisce poi quale sia la corte d'appello competente. La Cassazione era unica. Spostando la competenza alla corte d'appello, almeno un criterio per individuarla bisognerà porlo, anche perché la decisione contro cui ci si oppone e che si vuole rescindere può essere di primo grado, ma anche d'appello, oppure addirittura di Cassazione, se il processo in assenza ha percorso tutte le fasi possibili. Qualche chiarimento, dunque, ci vuole. La norma è innestata un po’ nel tessuto della revisione e la revisione fa riferimento ai criteri dell'articolo 11. Non so se volete richiamare quelli, ma va chiarito almeno quale sia il giudice competente.
  Non si spiega poi la procedura: sarà in dibattimento o in camera di consiglio ? Come si svolgerà questa rescissione ?
  Non si spiega se ci possono essere spazi istruttori, oppure no.
  Non si spiega anche la forma della decisione finale. Quando il giudice accoglie la richiesta, che tipo di provvedimento pronuncia: un'ordinanza, una sentenza ? Se è una sentenza, c’è ancora un ricorso per Cassazione ? Questo va chiarito.
  Non si dispone la sorte degli atti pregressi. Facciamo attenzione, perché, qui si elimina un giudicato e, quindi, bisognerebbe capire se si butta via tutto o se si tiene qualcosa.
  Questi sono tutti profili rimasti in ombra. Il provvedimento è nato così nel 2014, lacunosissimo. Tutti l'hanno rilevato. Quello che io dico è che, visto che tornate ad esaminarlo, potreste intervenire. Non si tratta di profili facilmente colmabili in via interpretativa, ossia in relazione al tipo di procedure e di forme. È proprio una norma nata in fretta. Dato che si rivisita, lo si potrebbe fare anche da questo punto di vista.
  Poi c’è il problema che tutti hanno coralmente rilevato nella precedente versione della rescissione del giudicato e che questa norma ripropone, ossia quello dei profili di tensione con la giurisprudenza della Corte europea per i diritti dell'uomo. Questa è una norma davvero a rischio di incompatibilità convenzionale, perché pone l'onere di provare la mancata conoscenza del processo sulle spalle dell'imputato. Si tratta di un onere probatorio pesante, perché è una prova su un elemento negativo, del tipo «io non sapevo, io non conoscevo».
  In tutte le sentenze della Corte europea che ci condannarono in materia di contumacia questo profilo era centrale. Tutti su questo punto hanno rilevato che è un profilo molto a rischio. Capisco che sia difficile da ribaltare. Le altre questioni, invece, le potete forse risolvere.
  Spendo due parole sul concordato sui motivi d'appello, un nuovo istituto. Si tratta anche in questo caso, di una riedizione che ritorna, su cui io non ho particolari critiche, se non per la novità, oltre alle direttive dei procuratori generali, del nuovo articolo 599-bis previsto dall'articolo 18, comma 1, del disegno di legge.
  Qui c’è, oltre alla novità dei criteri dettati dai procuratori generali, anche un inedito doppio binario in materia di impugnazioni, che, secondo me, è molto difficile da giustificare. Naturalmente, io ho scelto di parlare delle norme in cui ho ravvisato profili critici. Non è che per questo vi sto parlando solo criticamente. Credo che questa sia un po’ la mia funzione.
  Questo doppio binario, per il quale per alcuni reati non si può accedere a questo concordato sui motivi d'appello, collocato in sede di impugnazione, è un po’ strano. Una cosa sono i doppi binari in primo grado, un'altra in materia di impugnazione. È una questione davvero anomala.
  Nella materia delle impugnazioni, in verità, le parti sono molto sovrane. C’è il principio devolutivo. Possono scegliere Pag. 9cosa devolvere al giudice, possono rinunciare all'impugnazione, possono non proporla mai. Se decidono di mettersi d'accordo su alcuni motivi e di rinunciare ad altri, non è detto, peraltro, che indichino una pena e si accordino su una pena. È un'eventualità.
  Perché escludere alcuni tipi di reati da questa procedura ? Non si tratta di rinunciare all'accertamento. Non è un patteggiamento. In primo grado l'accertamento c’è stato ed era completo. È una gestione dell'impugnazione, che peraltro il giudice può rifiutare. Può anche andare avanti.
  Per arginare accordi al ribasso per gravi reati – penso che sia questo lo spirito del legislatore – mi sembra che sia già sufficiente la possibilità di dissenso di una delle parti. Tutte le parti devono essere d'accordo: il controllo del giudice, che può andare avanti, e le direttive dei procuratori generali. Questo binario è un po’ difficile da giustificare proprio sul piano della ragionevolezza, anche perché compaiono alcuni reati e non si capisce perché proprio quelli non possano accordarsi sui motivi d'appello. C’è la contraffazione di marchi, ma non ci sono l'omicidio o la strage.
  Pongo la vostra attenzione sulla ragionevolezza, perché anche la Corte costituzionale sta cominciando a intervenire su questi regimi eccettuativi. L'articolo 275 è emblematico. La Corte sta cominciando a censurare dei binari diversi che non siano sorretti da chiare esigenze, ma voi potete farlo, come legislatore. Va spiegato in sede di relazione perché scegliere proprio questi reati. Questo fungerà da parametro per la ragionevolezza. Occorre solo prestare un'attenzione a questo profilo.
  Ho quasi finito. Parlo ancora della rinnovazione dell'istruzione in appello, il nuovo articolo 603, comma 4-bis, quando è il pubblico ministero ad appellare contro i proscioglimenti. È una norma anche questa condivisibile. Non torno su temi che sono già stati toccati. Vi porto solo qualche nuovo spunto.
  Anche qui c’è una peculiare norma eccettuativa, perché il giudice dell'appello dispone l'assunzione di prove «quando non ritiene manifestamente infondata l'impugnazione». Qui la riassunzione della prova è subordinata a un vaglio di manifesta infondatezza, di cui intanto i giudici d'appello di solito non dispongono. Questo è un vaglio tipico di ammissibilità. È nella sede di ammissibilità che si vaglia se un'impugnazione sia manifestamente infondata. La Cassazione lo può fare, l'appello non lo può fare.
  Qui, però, non è in gioco l'ammissibilità, perché siamo già nel pieno dell'appello. Siamo in udienza, in dibattimento. Il giudice deve decidere, anzi la legge gli impone di assumere nuove prove, a meno che non ritenga manifestamente infondato l'appello. È una sorta di anticipazione del giudizio che il giudice rende prima che, in realtà, l'udienza entri nel vivo, potendolo ritenere già infondato. È un po’ incongrua questa situazione. Non so se sia molto tranquillizzante. Alla fine il giudice esprime la sua opinione sul merito prima di una rinnovazione dell'istruzione che potrebbe chiarire le idee.
  Quanto al ricorso contro il patteggiamento, capisco bene il problema che è serio e di cui me ne sono occupata davvero a lungo. Si tratta di arginare l'eccesso di impugnazioni e di ricorsi contro la sentenza patteggiata.
  La mia opinione è che, per stare tranquilli, bisognerebbe decidersi a cercare una maggioranza per riformare l'articolo 111, comma 7. Non è impossibile. C’è questa idea che tutte le sentenze siano per forza ricorribili per Cassazione. C’è l'idea che non si possa rinunciare a questa garanzia del controllo di legittimità. Noi abbiamo messo le rinunce al contraddittorio in Costituzione. Potremmo anche mettervi la possibilità di rinunciare. A questo punto, con la copertura costituzionale, si potrebbero davvero eliminare o ridurre i ricorsi.
  Agire mantenendo il ricorso, perché non lo si può togliere, e sottraendo vizi, cioè scegliendone alcuni, pochissimi, per cui si possono far valere solo questi e non altri, è un po’ discutibile. Già al patteggiamento si possono far valere pochi vizi, perché è nella struttura stessa del rito. Pag. 10Non si fa il dibattimento, non c’è la parte civile, non c’è l'assunzione di prove, ragion per cui sono pochi i vizi che si possono far valere: quelli sui presupposti, sull'intervento delle parti e sui controlli del giudice. In mezzo a questi, che saranno una decina, se ne scelgono quattro. Gli altri lasciati indietro non mi lasciano tranquilla dal punto di vista della garanzia di ricorribilità.
  Per esempio, se un patteggiamento uscisse totalmente privo di motivazione, non ci sarebbe modo di far valere questo vizio. È difficile scegliere tra vizi. Secondo me, bisognerebbe incidere sulla fonte primaria. Non è una questione così complessa, perché non si tratta di una norma così delicata.
  Non mi soffermo, perché è tardi, sull'efficacia vincolante delle Sezioni unite. Non è molto rilevante. Volevo solo dirvi due parole in materia di esecuzione, ringraziandovi della pazienza con cui mi avete ascoltato e della vostra attenzione.
  La delega in materia di impugnazioni, come è già stato rilevato, è davvero generica, soprattutto in alcune direttive. Mi preoccupa particolarmente la lettera b) del comma 1 dell'articolo 26 del disegno di legge, laddove il legislatore delegante affida al Governo la revisione dei presupposti di accesso di tutte le misure alternative, sia con riguardo alle condizioni soggettive, sia con riguardo ai limiti di pena.
  È un criterio che davvero non risponde alle caratteristiche costituzionali di una delega, perché la delega deve fornire coordinate al Governo. Qui il tema delle misure alternative è il cuore dell'esecuzione penale. Sono tantissime, sono cresciute, si sono moltiplicate. Tutti hanno presupposti diversi e hanno limiti diversi di pena. Occorre davvero fare uno sforzo per porre coordinate entro cui iscrivere questa riforma. Mi sembra proprio indispensabile.
  Vale anche per l'esecuzione minorile il tener conto che per i minori occorre un diverso tipo di esecuzione. È necessario dare qualche direttiva.
  Infine, in merito al contraddittorio differito la lettera a) del comma 1 dell'articolo 26 del disegno di legge, invece, è più precisa e prevede che in materia di sorveglianza si prediliga un contraddittorio eventuale e differito. La norma riguarda le decisioni prese dai giudici di sorveglianza, che sono sovraccarichi, che sono oberati, che hanno tantissime competenze. Capisco questa esigenza, che nasce anche dal basso, ossia da loro. Le loro decisioni dovrebbero essere prese in prima battuta de plano, senza contraddittorio.
  Qui i giudici di sorveglianza prendono decisioni delicatissime su quali spazi di libertà concedere a persone condannate. Prevedere come regola che lo facciano solo sulle carte, da soli, senza neanche vedere in faccia il condannato, significa quasi certificare che questi giudizi di sorveglianza alla fine sono delle sorte di automatismi, dei controlli poco profondi, poco approfonditi, come in effetti è. Si leggono solo delle carte. Secondo me, invece, più si punta sulle misure alternative, più bisognerebbe rendere questi controlli accurati. Il procedimento di sorveglianza è già molto snello, molto scarno e fin troppo esile. Dire che fa tutto il giudice da solo de plano, senza nemmeno un contraddittorio, è un po’ una resa.
  Vi ringrazio molto per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie a lei.

  STEFANIA CARNEVALE, Professoressa di diritto processuale penale presso l'Università degli studi di Ferrara. Ho comunque lasciato una relazione scritta.

  PRESIDENTE. Benissimo. Avremo anche la relazione scritta.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  VITTORIO FERRARESI. Ringrazio la professoressa Carnevale per aver approfondito in modo completo tutti gli istituti, anche piuttosto celermente. Vorrei solo che spendesse due parole, visto che a noi stanno abbastanza a cuore, sull'efficacia vincolante e sul principio di diritto da parte delle Sezioni unite di Cassazione.

Pag. 11

  PRESIDENTE. Do la parola alla professoressa Carnevale per la replica.

  STEFANIA CARNEVALE, Professoressa di diritto processuale penale presso l'Università degli studi di Ferrara. C’è solo questa domanda ?

  PRESIDENTE. Evidentemente è stata molto esauriente.

  STEFANIA CARNEVALE, Professoressa di diritto processuale penale presso l'Università degli studi di Ferrara. Questa è un'idea che circola da tanto tempo. Io non sono poi così contraria, devo dire. Di nuovo sono stati posti in risalto in maniera non peregrina dei possibili profili di tensione con l'articolo 101 della Costituzione, per cui il giudice è soggetto solo alla legge. Questa è la norma che ha impedito finora di adottare soluzioni simili. Sicuramente la funzione nomofilattica della Cassazione è in crisi e questo meccanismo consentirebbe di rendere più autorevoli e vincolanti le decisioni delle Sezioni unite.
  Devo dirvi che in un progetto di ricerca del 2011, che era finanziato, peraltro, dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in materia di impugnazioni era già stata proposta questa modifica, incidendo però sulla Costituzione. Di nuovo si suggeriva di mettere questo tema in Costituzione.
  Si suggeriva, e questa potrebbe essere una proposta interessante, se si attribuisce un potere paranormativo alle Sezioni unite – alla fine questo è quasi un potere legislativo, perché sarà vincolante; il giudice della Sezione semplice non potrà distaccarsi, ma dovrà tornare alle Sezioni unite, ragion per cui questo assomiglia davvero a una legge – di bilanciare questo potere così forte con un ampliamento dei collegi. Quando le Sezioni unite devono decidere di queste questioni, si potrebbero far entrare dei membri laici, rappresentanti dell'accademia e magari anche dell'avvocatura. È possibile farlo. Abbiamo tanti collegi che chiamano nel loro seno dei membri laici per introdurre un segno di maggiore autorevolezza.

  ANDREA COLLETTI. Proprio su questa risposta ricordo che, per esempio, in Spagna la Corte costituzionale può prevedere la sentenza di maggioranza e un parere di minoranza.

  PRESIDENTE. La Corte costituzionale ?

  ANDREA COLLETTI. La Corte costituzionale spagnola.

  STEFANIA CARNEVALE, Professoressa di diritto processuale penale presso l'Università degli studi di Ferrara. Lei pensa alla dissenting opinion ?

  ANDREA COLLETTI. Esattamente. Vista la preponderanza, in questo caso, di una sentenza delle Sezioni unite di Cassazione, potrebbe prevedersi, ovviamente cambiando la natura della dissenting opinion della minoranza all'interno della Corte di cassazione a Sezioni unite, una fattispecie del genere, anche per prevedere futuri sviluppi delle stesse Sezioni unite ? In Spagna alcune dissenting opinion sono diventate sentenze vere e proprie con il passare degli anni.

  STEFANIA CARNEVALE, Professoressa di diritto processuale penale presso l'Università degli studi di Ferrara. Questo è un meccanismo previsto in tanti ordinamenti, anche in quello europeo, per esempio. Lei esprime una tensione che mira a potersi distaccare, alla fine, dalla decisione delle Sezioni unite e che va proprio in senso contrario rispetto a ciò che la riforma vorrebbe perseguire.
  Se noi ammettessimo una dissenting opinion, a parte il fatto che questo è fuori dal nostro sistema, immaginando questo congegno, l'idea sarebbe quella di distaccarsi effettivamente dal principio di diritto enunciato dalle Sezioni unite. A me sembra, invece, che la riforma voglia andare proprio nel senso di fissarlo. Le Sezioni unite possono comunque cambiare idea. Questo aspetto non è indispensabile.
  Lei ne parla come di un suggerimento futuro. D'accordo, ma le Sezioni unite restano libere da noi. Non si tratta di una Pag. 12pronuncia costituzionale, che ha valore generalizzato. Si deciderà in questo caso. Capisco l'esigenza, ma questo mi sembra non inopportuno, ma difficile da inserire in una norma che vorrebbe, invece, dare forza a questa decisione. Sembrerebbe di introdurre una sorta di contraddizione interna.

  PRESIDENTE. Ringraziamo la professoressa Carnevale e l'OUA e chiudiamo quest'altra parte dell'indagine conoscitiva, che proseguirà nei prossimi giorni.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.45.