XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Giovedì 19 febbraio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DEL DISEGNO DI LEGGE DEL GOVERNO C. 2798 , RECANTE MODIFICHE AL CODICE PENALE E AL CODICE DI PROCEDURA PENALE PER IL RAFFORZAMENTO DELLE GARANZIE DIFENSIVE E LA DURATA RAGIONEVOLE DEI PROCESSI E PER UN MAGGIORE CONTRASTO DEL FENOMENO CORRUTTIVO, OLTRE CHE ALL'ORDINAMENTO PENITENZIARIO PER L'EFFETTIVITÀ RIEDUCATIVA DELLA PENA, E DELLE ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE C. 370  FERRANTI, C. 372  FERRANTI, C. 373  FERRANTI, C. 408  CAPARINI, C. 1194  COLLETTI, C. 1285  FRATOIANNI, C. 1604  DI LELLO, C. 1957  ERMINI, C. 1966  GULLO, C. 1967  GULLO, C. 2165  FERRANTI, C. 2771  DORINA BIANCHI E C. 2777  FORMISANO

Audizione di Giovanni Canzio, Presidente della Commissione di studio in tema di processo penale presso il Ministero della giustizia, e di Giorgio Spangher, Ordinario di diritto processuale penale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma.
Ferranti Donatella , Presidente ... 2 
Canzio Giovanni , Presidente della Commissione di studio in tema di processo penale presso il Ministero della giustizia ... 2 
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Canzio Giovanni , Presidente della Commissione di studio in tema di processo penale presso il Ministero della giustizia ... 3 
Ferranti Donatella , Presidente ... 6 
Canzio Giovanni , Presidente della Commissione di studio in tema di processo penale presso il Ministero della giustizia ... 6 
Ferranti Donatella , Presidente ... 6 
Canzio Giovanni , Presidente della Commissione di studio in tema di processo penale presso il Ministero della giustizia ... 6 
Ferranti Donatella , Presidente ... 7 
Canzio Giovanni , Presidente della Commissione di studio in tema di processo penale presso il Ministero della giustizia ... 7 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
Canzio Giovanni , Presidente della Commissione di studio in tema di processo penale presso il Ministero della giustizia ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Canzio Giovanni , Presidente della Commissione di studio in tema di processo penale presso il Ministero della giustizia ... 11 
Ferranti Donatella , Presidente ... 15 
Canzio Giovanni , Presidente della Commissione di studio in tema di processo penale presso il Ministero della giustizia ... 15 
Ferranti Donatella , Presidente ... 15 
Ermini David (PD)  ... 15 
Ferranti Donatella , Presidente ... 15 
Dambruoso Stefano (SCpI)  ... 16 
Ferranti Donatella , Presidente ... 16 
Amoddio Sofia (PD)  ... 16 
Ferranti Donatella , Presidente ... 16 
Vazio Franco (PD)  ... 16 
Ferranti Donatella , Presidente ... 16 
Canzio Giovanni , Presidente della Commissione di studio in tema di processo penale presso il Ministero della giustizia ... 16 
Ferranti Donatella , Presidente ... 18 
Canzio Giovanni , Presidente della Commissione di studio in tema di processo penale presso il Ministero della giustizia ... 18 
Ferranti Donatella , Presidente ... 18 
Vazio Franco (PD)  ... 18 
Canzio Giovanni , Presidente della Commissione di studio in tema di processo penale presso il Ministero della giustizia ... 19 
Ferranti Donatella , Presidente ... 20 
Spangher Giorgio , Ordinario di diritto processuale penale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma ... 20 
Ferranti Donatella , Presidente ... 22 
Spangher Giorgio , Ordinario di diritto processuale penale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma ... 22 
Ferranti Donatella , Presidente ... 22 
Spangher Giorgio , Ordinario di diritto processuale penale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma ... 22 
Ferranti Donatella , Presidente ... 22 
Spangher Giorgio , Ordinario di diritto processuale penale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma ... 22 
Ferranti Donatella , Presidente ... 22 
Spangher Giorgio , Ordinario di diritto processuale penale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma ... 22 
Ferranti Donatella , Presidente ... 22 
Spangher Giorgio , Ordinario di diritto processuale penale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma ... 22 
Ferranti Donatella , Presidente ... 23 
Spangher Giorgio , Ordinario di diritto processuale penale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma ... 23 
Vazio Franco (PD)  ... 23 
Spangher Giorgio , Ordinario di diritto processuale penale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma ... 23 
Ferranti Donatella , Presidente ... 25 
Spangher Giorgio , Ordinario di diritto processuale penale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma ... 25 
Ferranti Donatella , Presidente ... 25 
Spangher Giorgio , Ordinario di diritto processuale penale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma ... 26 
Ferranti Donatella , Presidente ... 26 
Spangher Giorgio , Ordinario di diritto processuale penale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma ... 26 
Ferranti Donatella , Presidente ... 26 
Spangher Giorgio , Ordinario di diritto processuale penale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma ... 27 
Ferranti Donatella , Presidente ... 28

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non ci sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di Giovanni Canzio, Presidente della Commissione di studio in tema di processo penale presso il Ministero della giustizia, e di Giorgio Spangher, Ordinario di diritto processuale penale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame del disegno di legge del Governo C. 2798, recante modifiche al codice penale e al codice di procedura penale per il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi e per un maggiore contrasto del fenomeno corruttivo, oltre che all'ordinamento penitenziario per l'effettività rieducativa della pena, e delle abbinate proposte di legge C. 370 Ferranti, C. 372 Ferranti, C. 373 Ferranti, C. 408 Caparini, C. 1194 Colletti, C. 1285 Fratoianni, C. 1604 Di Lello, C.1957 Ermini, C. 1966 Gullo, C. 1967 Gullo, C. 2165 Ferranti, C. 2771 Dorina Bianchi e C. 2777 Formisano, di Giovanni Canzio, Presidente della Commissione di studio in tema di processo penale presso il Ministero della giustizia, e di Giorgio Spangher, ordinario di diritto processuale penale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma.
  Ci sono rappresentanti dei tre gruppi, SEL, Partito Democratico e Movimento 5 Stelle. Abbiamo iniziato l'indagine conoscitiva su questo disegno di legge governativo, che ha sicuramente un'ampiezza molto rilevante, proprio chiamando il presidente e il vicepresidente di una delle commissioni ministeriali da cui è stata tradotta gran parte di questo testo.
  Oggi abbiamo e ringraziamo per la disponibilità il dottor Giovanni Canzio, presidente della corte d'appello di Milano, ma qui nel ruolo di presidente della Commissione di studio in tema di processo penale, nominata dal Ministro della giustizia Cancellieri, e il professore Giorgio Spangher, ordinario di diritto processuale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma, qui chiamato però in qualità di vicepresidente della medesima Commissione di studio presieduta dal dottor Giovanni Canzio.
  Do quindi la parola al presidente Canzio, poi articolerete come credete.

  GIOVANNI CANZIO, Presidente della Commissione di studio in tema di processo penale presso il Ministero della giustizia. Vi ringrazio per l'invito e per l'attenzione che volete riservare ai lavori di questa Commissione che abbiamo presieduto il professor Spangher e io, i cui elaborati sono stati trasmessi al Ministro della giustizia fin dal novembre 2013 con articolato e relazione accompagnatoria su vari profili su cui ci era stata rappresentata l'urgenza di provvedere per riportare ad armonia, a ordine, a migliore efficienza, seppure nel rispetto delle garanzie, il processo penale, Pag. 3che continua a vivere in una situazione che credo si possa definire di degrado e difficile gestione quotidiana.
  I temi che abbiamo affrontato in Commissione in uno spirito davvero leale e amichevole – gli elaborati sono frutto, infatti, di deliberazioni adottate quasi tutte all'unanimità o a stragrande maggioranza – toccavano alcuni aspetti che già hanno costruito oggetto di altri provvedimenti, misure cautelari, libertà personali. Credo sia in dirittura d'arrivo.
  Per quanto riguarda la tenuità del fatto, se mi consente una brevissima osservazione, se può rilevare...

  PRESIDENTE. Presidente, non qui. Se possibile, andiamo direttamente al tema dell'audizione.

  GIOVANNI CANZIO, Presidente della Commissione di studio in tema di processo penale presso il Ministero della giustizia. Ci sono, inoltre, le indagini, le impugnazioni e i riti alternativi.
  Per quanto riguarda il disegno di legge governativo, atto Camera n. 2798, esprimo il mio apprezzamento per la parte in cui recupera pressoché integralmente i lavori della Commissione, soprattutto sui temi dell'impugnazione, in parte anche sui riti alternativi, come dirò, e in parte anche sulle indagini preliminari. Vorrei formulare una sia pur brevissima osservazione, ma su una parte che non è stata trattata dalla Commissione, che però direi costituisca uno dei punti fondamentali, architrave di queste modifiche, ossia quella sulla prescrizione. Non esprimo, ovviamente, il parere della Commissione, ma il mio.
  Mi limito a rappresentare due aspetti. Il primo è la totale condivisione della scelta della paralisi degli effetti della prescrizione con la condanna di primo grado, una tesi che ho sostenuto ripetutamente, che credo sia più corretta rispetto all'altra che vorrebbe anticiparla all'esercizio dell'azione penale, altrimenti tutto il tempo della prescrizione sarebbe riservato al pubblico ministero e alle sue indagini e potrebbe bruciarlo tutto.
  Per quanto riguarda, però, il meccanismo della sospensione, vorrei fare due osservazioni, la prima di ordine generale. Mi sembra che il processo penale, soprattutto di stampo accusatorio, abbia bisogno di semplificazione massima. L'ordito normativo mi sembra troppo pesante per la sua applicazione concreta. Potrebbe rappresentare un ostacolo la pesantezza dell'architettura dell'ordito normativo.
  Soprattutto, c’è un disallineamento, che vorrei sottolineare all'attenzione della Commissione, in relazione al proposito che si legge nella relazione accompagnatoria sul punto, e cioè i tempi di sospensione commisurati ai tempi per la celebrazione del processo in appello e in cassazione. Devo segnalare che, dal punto di vista empirico, fattuale, storico – vivo il processo da quasi cinquant'anni – questi termini non corrispondono assolutamente alla realtà empirica.
  Far decorrere il termine dei due anni dal deposito della motivazione della sentenza di primo grado, a cui si aggiungono i termini per il deposito, che possono essere al massimo di 90 giorni, non ci dà ancora il dies a quo della pervenienza del processo al giudice d'appello. Il processo pende in appello, infatti, quando pervengono gli atti, che però pervengono, appunto, dopo che è stata depositata la motivazione, si sono presi i termini per il deposito.
  Va anche fatto, se necessario, l'avviso alle parti, prima c'era l'estratto contumaciale, ma adesso ci sarà ancora per tutti i processi contumaciali di primo grado. Poi ci sono i termini di impugnazione per gli avvocati, che possono arrivare fino a 45 giorni o anche più se sono stati sforati i termini da parte del giudice di primo grado, dopodiché c’è la notifica dell'impugnazione alle controparti per eventuale appello incidentale del pubblico ministero e, ancora, la formazione del fascicolo.
  Credo di non dovervi dire che il personale di cancelleria è in via di estinzione. Parlo della corte d'appello di Milano, dove la media è il 33 per cento di scopertura, ma con altri tribunali che sono tra il 48 e il 50 per cento. Formare il fascicolo da inviare al giudice ad quem è un'operazione molto seria, perché vi sono le norme di attuazione che prescrivono come va formato, Pag. 4cosa va mandato, in quali termini, in quale modo. Questo significa che in media – parlo di una corte d'appello molto virtuosa – gli atti pervengono al giudice ad quem, cioè al giudice d'appello, se tutto va bene a distanza di sei o otto mesi.
  Aggiungerei che, di questi due anni, rimane al giudice di appello al massimo, se tutto va bene, un anno. La situazione è ancora più grave per la Cassazione. Se, infatti, considerate un anno per la Cassazione e togliete tutti i termini per le attività che dicevo, l'impugnazione, la notifica alle controparti, la formazione dei fascicoli, perché gli atti siano trasmessi da Milano a Roma, per esempio, finché non si forma questo fascicolo e perviene alla cancelleria centrale della Cassazione, decorrono in media otto mesi, a volte anche dieci. Sono ottimista perché parlo di una corte virtuosa sotto il profilo organizzazione. Alla Corte di Cassazione avete lasciato un mese o due.
  A me sembra, quindi, sia il caso di sottolineare questo disallineamento nella realtà del processo tra i termini di due anni e di un anno. Basterebbe dire che i termini decorrono dalla pervenienza del processo. Il giudice d'appello risponde del suo processo da quando gli arrivano gli atti, non può farlo prima. La Corte di Cassazione, che è già velocissima e decide in sette, otto o dieci mesi i processi penali, pur ricevendone oltre 50.000 l'anno, non può decidere in uno o due mesi. Credo che la pervenienza degli atti debba essere il dies a quo.
  Concludo esprimendo anche la mia piena condivisione per la riaffermazione – ormai storica direi – della natura sostanziale della prescrizione, e quindi forse non ci sarebbe neanche bisogno di una disposizione transitoria. Per esperienza, infatti, essendo stato quindici anni in Cassazione, alle Sezioni unite, non abbiamo mai dubitato della natura sostanziale della prescrizione, quindi è impossibile immaginare che possa far riferimento anche a fatti del passato.
  Scusatemi quest'intervento per una porzione del progetto che però è di grande rilievo. La prescrizione non incide numericamente in maniera massiccia, perché l'avvocatura e tutti gli studi della dottrina hanno dimostrato che i due terzi delle prescrizioni si verificano prima del dibattimento, nelle indagini, ma di per sé la prescrizione è un agente patogeno. Scoraggia, infatti, l'accesso interpretativo e implementa, invece, quello alle impugnazioni. Il sapere che c’è uno sbocco possibile di tipo procedurale al processo, il non doversi procedere per estinzione del reato per prescrizione, comunque perverte la funzione propria del processo. Non aggiungo altro.
  Per quanto riguarda le disposizioni processuali, avrei qualche breve osservazione, se mi è consentita, soprattutto nelle parti in cui possiamo dire che non avvertiamo la coerenza con l'impianto dei lavori della Commissione. Non dirò nulla sulle norme, rispetto alle quali vi è una perfetta coerenza.
  Per quanto riguarda le prime disposizioni sulle indagini preliminari di archiviazione, sono testualmente riprodotte dall'elaborato della Commissione e sono assolutamente giustificate, come limitare il differimento del colloquio dell'arrestato col difensore solo nei casi di reati particolarmente gravi. Già per quelli in Commissione si è discusso a lungo, perché è comunque una visione delle garanzie difensive che va bilanciata, ovviamente, in questo modo.
  Ci era sembrato assolutamente ineludibile anche limitare la riserva di incidente probatorio, confinarla in termini ragionevoli e non farne scaturire una sorta di paralisi dell'attività investigativa per gli accertamenti del pubblico ministero, quindi limitarla in modo da non ostacolare il compimento dell'atto di indagine.
  Per quanto riguarda l'archiviazione, trovo molto interessante tutta l'architettura predisposta non solo per la parte in cui riproduce i lavori fatti dalla Commissione, ma anche per quella in cui, per esempio, distingue il decreto dall'ordinanza e per il decreto prevede un meccanismo impugnatorio molto più agile, più semplice, che è la correzione di errore materiale senza articolo 130 da parte dello Pag. 5stesso giudice. Si evita, cioè, che gli atti siano trasmessi a un giudizio di impugnazione.
  È assolutamente condivisibile far lavorare come giudice di impugnazione la corte d'appello. Stiamo discutendo di problemi che è bene che non raggiungano la soglia del giudizio di legittimità. Il problema può essere risolto ragionevolmente a livello di corte d'appello per quanto riguarda l'ordinanza, che in questo caso non è impugnabile perché si è già dato lo spazio adeguato per correggere eventuali errori in questo caso di merito da parte del giudice dell'archiviazione.
  Quanto all'udienza preliminare, credo che la disposizione sul 421-bis, e cioè l'abrogazione per la completezza delle indagini, meriti qualche riflessione. È vero che non si può trasformare l'udienza preliminare in una sorta di predibattimento, quindi di raccolta di prove laddove l'insufficienza del pubblico ministero sia talmente clamorosa da meritare la sanzione a non doversi procedere.
  Quello di completezza, però, è un principio che non può essere del tutto pretermesso. Si potrebbe correre il rischio comunque di rinvii a giudizio su basi istruttorie incomplete, che determinano un impegno, un onere del giudice del dibattimento superiore a quello che dovrebbe essere in uno schema di giudizio accusatorio, difficilmente gestibile.
  Si potrebbe forse – è una mia considerazione, ovviamente, che non ha costituito oggetto dei lavori della Commissione – prevedere la possibilità di mantenere l'ordinanza di integrazione delle indagini laddove esse si presentino, come dicono i civilisti, liquide, cioè di facile, agile, pronta soluzione, e abbiano un connotato decisivo risolutivo della questione controversa, senza dare spazio ovviamente a quelle integrazioni che appesantirebbero e snaturerebbero la ratio e la funzione dell'udienza preliminare. Si potrebbe trovare una formula che prevedesse l'integrazione limitatamente a quelle attività istruttorie di pronta, immediata esecuzione, di agile esecuzione in termini ristretti.
  Per la sentenza di non luogo a procedere, l'impianto corrisponde pienamente a quello elaborato dalla Commissione, che ne ha fatto un punto di forza per due profili. Il primo è quello di riservare la valutazione di un giudizio prettamente di merito, quale quello del non luogo a procedere rispetto al rinvio a giudizio, alla corte d'appello piuttosto che al giudizio di Cassazione.
  Vi assicuro, per averla frequentata per molti anni, che i ricorsi in materia della Corte di Cassazione ci lasciavano veramente stupefatti. Ci chiedevamo quotidianamente cosa dovessimo fare, perché si trattava di ricorsi da dichiarare tutti inammissibili in quanto tutti fondati su problemi di articolazione della motivazione e ragioni di merito che non erano di competenza del giudice di legittimità. Bisognerebbe fare in modo, quindi, che sia il giudice di appello a statuire una volta per tutte la conferma del non luogo a procedere o il rinvio a giudizio e quindi la riforma in questi termini.
  Abbiamo, però, anche deliberato all'unanimità di provare a innestare nel meccanismo impugnatorio un percorso virtuoso, che doveva servire anche per il giudizio assolutorio di merito: di fronte alla doppia conforme, non luogo a procedere confermato dal giudice di appello. Ovviamente, non si può togliere al PM il ricorso per cassazione, ma in questo caso limitarlo solo ai vizi di violazioni di legge, quindi escludendo i vizi motivazionali. Il merito della motivazione era stato scrutinato già negativamente da ben due giudici e la presunzione di innocenza dell'imputato aveva trionfato già in ben due sedi di valutazione del merito delle questioni. In questo modo, si preclude l'impugnazione nuovamente per vizi motivazionali dopo la doppia conforme.
  Devo dire che questo ci aveva spinto a ripercorrere la stessa strada anche per quanto riguarda, come dirò subito dopo, il giudizio di merito, cioè assoluzione in primo grado di merito, assoluzione confermata in secondo grado dal giudice di appello. Il procuratore generale della corte d'appello avrebbe dovuto fare ricorso per cassazione solo ed esclusivamente per i casi di violazione di legge e non anche nel merito.Pag. 6
  Vedo, ma dopo dirò qualcosa, che questa disposizione non è stata recuperata, ma spostata sul terreno della delega. Mi permetto di sottolineare l'importanza che...

  PRESIDENTE. (fuori microfono). La commissione ha elaborato l'articolato ?

  GIOVANNI CANZIO, Presidente della Commissione di studio in tema di processo penale presso il Ministero della giustizia. Sì, ci sono l'articolato e la relazione. Una volta che addirittura due giudici nel merito danno assoluzione nel merito dell'imputato, confermato in secondo grado nel merito, quindi dopo due giudizi di merito, non preliminari – com’è un'udienza preliminare o la corte d'appello sull'udienza preliminare – secondo noi, senza deprivare il pubblico ministero e il procuratore generale del ricorso per cassazione, si può limitarne la portata, come abbiamo fatto col non luogo a procedere, ai vizi di violazione di legge. Vedo che in questo disegno non viene rifiutata quest'ipotesi, ma stranamente spostata nei criteri di delega: mi permetto di suggerire, per un parallelismo equo se possibile, di recuperarla.
  Quanto all'impugnazione della sentenza di appello, decide la Corte di Cassazione in camera di consiglio, quindi con una procedura molto snella.
  Il giudizio abbreviato è sicuramente stato impostato in parte in maniera coerente con i lavori della Commissione, ma in parte è assolutamente innovativo. Devo dire che, per quanto riguarda le parti comuni, vi è una coerenza, in particolare per la sanatoria delle nullità non assolute, la non rilevabilità delle inutilizzabilità, ovviamente quelle non patologiche o quelle fisiologiche, il divieto di eccepire nuovamente la competenza territoriale, quindi vi è un'assoluta conformità e una condivisione.
  Per la verità, avevamo suggerito una strategia di attacco più forte sotto il profilo dei riti alternativi: un giudizio di tipo accusatorio – questa è una scelta di fondo che risale a 25 anni fa – pretende che funzionino i riti alternativi. Diversamente, come oggi sta avvenendo, il rischio è una sorta di paralisi del giudizio dibattimentale, di difficoltà di gestione del processo dibattimentale. Per il giudizio abbreviato, quindi, sia pure con innovazione molto radicale e direi anche coraggiosa, ma all'unanimità – forse la camera penale ha espresso qualche perplessità, ma non un'avversità – avevamo proposto l'esclusione della parte civile in coerenza con la già attuale esclusione del responsabile civile.

  PRESIDENTE. (fuori microfono). Nel giudizio abbreviato ?

  GIOVANNI CANZIO, Presidente della Commissione di studio in tema di processo penale presso il Ministero della giustizia. Sì, nel giudizio abbreviato. Oggi è già escluso il responsabile civile. Qui non è in discussione la figura della vittima del reato, ma del danneggiato, per cui avevamo deciso di rinviarlo a giudizio civile e alleggerire il giudizio abbreviato della presenza della parte civile, in simmetria con la posizione del responsabile civile, che già oggi è escluso.
  Inoltre, per riequilibrare quest'effetto incentivante della diminuente processuale e limitarne l'incidenza eccessiva quando si infliggono pene molto alte – è chiaro che colpisce che un omicidio passi da 24 a 16 anni, l'opinione pubblica, il senso comune non trova ragionevole tutto questo – all'unanimità avevamo proposto di prevedere tre soglie di pena edittale, cui corrispondono tre livelli di diminuzione concreta, quindi mi pare un mezzo per le soglie edittali più basse, un quarto per quelle più elevate, per cui da 24 non si scende a 16 anni e, benché non sia in grado in questo momento di fare i conti, si può comunque ragionare meglio.
  Considerando la pena, soprattutto quella detentiva, partire da tre soglie di pena edittale consentiva di articolare diversamente e rendere più chiaro anche all'esterno, alla comunità, il senso di una riduzione di pena che talvolta stravolge la communis opinio per un principio di proporzionalità, rendendo quindi proporzionata l'entità della diminuente alla gravità del reato.Pag. 7
  Inoltre, faccio presente che avevamo anche previsto un intervento molto significativo per il procedimento per decreto, che invece non viene toccato dal progetto riformatore. Il decreto penale di condanna oggi vive un momento direi quasi di inapplicabilità, perché tutti i decreti vengono opposti. Se oggi bisogna moltiplicare e tener conto di un valore giornaliero da moltiplicare per i giorni di pena detentiva, quindi con una pena pecuniaria elevatissima, è chiaro che si fa opposizione.
  La nostra proposta era, proprio ai fini semplificatori e acceleratori, di ridurre a euro 75 per un giorno di pena detentiva. È nel nostro articolato con relazione, ma è assente nel progetto. Ovviamente, ho trasmesso e lascio gli atti dei lavori della Commissione. Potete consultare sia l'articolato sia la relazione accompagnatoria, con un articolato che disciplinava il procedimento per decreto in modo da renderlo funzionale, soprattutto per tutte le ipotesi bagatellari.
  Capite che questo processo non riesce a vivere per una serie di ragioni, come lo scarso rilievo dei procedimenti alternativi, le impugnazioni, che sono sicuramente tante, anche perché favorite da quest'idea che si possa comunque pervenire con la lunghezza del processo a certi risultati, e infine anche la scarsità di proposte che semplificano e rendono più appetibili certi meccanismi.
  Condivido sicuramente tutto il meccanismo relativo all'impugnazione della sentenza di patteggiamento. Abbiamo voluto ricostruirlo in termini di più obiettiva e più agile semplificazione possibile, perché una soluzione negoziale solo nel nostro Paese era aperta a meccanismi impugnatori davvero pesantissimi. Apprezzo molto, quindi, che siano state recuperate queste linee per quanto riguarda le modifiche del patteggiamento per l'impugnazione, le limitazioni al ricorso per cassazione, il tipo di intervento della cassazione con provvedimenti anche di inammissibilità de plano e la possibilità di correggere anche l'errore materiale, se si tratta di un mero errore ai sensi dell'articolo 130 del codice di procedura penale.
  Devo dire che non avevamo immaginato di ridurre, tuttavia, per il patteggiamento il limite di pena per la richiesta. Non prevedevamo una riduzione come ora da 5 a 3 anni, ma estendendo da 2 a 3 anni tutti i benefìci del patteggiamento. Non avevamo immaginato questo, anche perché avevamo escluso la possibilità dell'altra figura che oggi appare della condanna su richiesta.

  PRESIDENTE. (fuori microfono). Ha creato molti problemi ... Non c'era ?

  GIOVANNI CANZIO, Presidente della Commissione di studio in tema di processo penale presso il Ministero della giustizia. No. Nasce nella Commissione Riccio, dove credo vi fosse qualche accenno, ma quella era una bozza di legge delega. Nel nostro articolato non vi si fa cenno.
  Devo esprimere le mie perplessità su quest'istituto processuale. Se le prove raccolte danno con la massima evidenza un risultato di responsabilità dell'imputato, che confessa, che ci importa della confessione dell'imputato ? Un imputato che confessa un delitto ictu oculi a lui ascrivibile per la molteplicità degli elementi, per l'evidenza della prova a suo carico, può per il solo fatto di confessare beneficiare di una riduzione della metà della pena da 10 a 5 anni ? Quale ratio vi è dietro ?
  Il rito alternativo deve agevolare la celebrazione dei giudizi dibattimentali e semplificare i giudizi, ma quello è già un processo semplice. A confessare, infatti, sarà chi è attinto da maggiori atti di prova, non certamente chi può comunque speculare su una richiesta e su un'investigazione che possa condurre a una migliore risultato.
  Inoltre, se la costruzione avviene sulla confessione dell'imputato, che va verificata dal giudice nel merito, che succede se il giudice non accetta la pena ? Sì, si passa all'abbreviato, ma entro nell'abbreviato con la mia confessione ? Quella confessione è un macigno, perché è stata anche verificata dal giudice, non è solo una dichiarazione. Ho l'impressione che sia un istituto, una figura direi un po’ estranea anche alla nostra tradizione, alla nostra Pag. 8storia. Stiamo facendo tante di quelle innovazioni che potrebbe anche essere tollerata, ma se si lavora bene sull'abbreviato, sul decreto, sul patteggiamento, credo che questa misura sarebbe forse anche meno comprensibile dall'uomo comune, dall'uomo della strada, dal cittadino una volta entrata in vigore.
  Sarebbe incomprensibile un omicidio conclamato con un omicida trovato semmai con l'arma in pugno, da cui tutti si aspettano almeno 24 anni di carcere e ne prende, invece, 12 perché ha confessato. Che contributo ha dato ? Abbiamo riconosciuto i contributi premiali ai complici di reati gravissimi in materie di mafia e criminalità organizzata, ma che dovevano dare un contributo. Mi fermo a questo, perché ripeto che sono mie osservazioni. La Commissione non si è occupata assolutamente di quest'istituto.
  Passo al dibattimento. Trovo assolutamente condivisibile il recupero dell'esposizione introduttiva del pubblico ministero ai fini, proprio come dice la norma, della valutazione delle richieste di prova e, ovviamente, non posso che condividere l'impianto di una norma – in particolare, il vicepresidente e io abbiamo lavorato molto nella sua stesura – sulla motivazione «in fatto» della sentenza.
  Il 546, lettera e), così come è stato riscritto dalla Commissione e recuperato integralmente dal progetto governativo, non è soltanto un esercizio teorico, per la costruzione del modello legale della motivazione, ma significa dare un ordine al giudice che motiva, su come va motivata una sentenza, come vanno affrontate le questioni, come deve essere esposto il ragionamento e le argomentazioni del giudice sulle varie questioni. Perché quest'ordine è importante ?
  Sicuramente, perché la sentenza va compresa da tutti, quindi ha anzitutto una funzione extraprocessuale. La funzione intra-processuale è di costituire la piattaforma devolutiva per i motivi di imputazione, senza cercare, come mi sembra di capire dall'impostazione della delega, che però un po’ contraddice questo, di tipicizzare e tassativizzare i motivi di appello, come ritengo probabilmente non fruttuoso, non proficuo e probabilmente direi anche impossibile. Provate e sperimentatela, noi non abbiamo cercato neppure di farlo.
  Quello che conta è che la piattaforma devolutiva sia chiara. Su quella interviene la devoluzione al giudice d'appello delle questioni. Se la sentenza è articolata per capi, punti e così via, anche i motivi di appello devono essere articolati in relazione a capi, punti, richieste di prove, negazione di prove e così via, come dirò subito.
  Mentre, infatti, è stato recuperato integralmente questo passaggio dalla Commissione, il 546, lettera e), non è stato recuperato, perché si è riservata la delega eventualmente di tipicizzare i motivi di gravame, la modifica strettamente correlata della norma del 581 sui motivi di appello.
  Avevamo previsto, infatti, come abbiamo detto nella nostra relazione, che «la disposizione si raccorda con la norma dell'articolo 581 sulla forma dell'impugnazione ed appare idonea ad assicurare una più razionale semplificazione della procedura impugnatoria». In relazione al 581 avevamo previsto, a proposito della specificità dei motivi di appello, l'articolazione per capi, per punti, sulle prove, sulle richieste istruttorie e sui motivi.
  Questo è l'ordine che va dato nel processo penale, un ordine delle questioni che parte dalla sentenza in cui il giudice ragiona sulle prove e passa alle ragioni della parte che intende impugnare quella sentenza. A noi era sembrato che fosse quasi ineludibile che si potesse muovere in quella direzione. Suggerisco, quindi, se lo ritenete opportuno, di non lasciare alla delega questo passaggio, ma di provare a riportare all'interno già del disegno di legge governativo la norma strettamente correlata dei motivi di impugnazione.
  Accanto alla norma che fissa il paradigma devolutivo e a quella sui motivi di impugnazione scattano i poteri del giudice d'impugnazione. Vi è una correlazione fortissima tra queste norme che non può essere elusa, perché mette insieme il tema probante, il tema decidendum e i ragionamenti dell'uno e dell'altro.Pag. 9
  La semplificazione delle impugnazioni ci trova assolutamente d'accordo su moltissimi passaggi, a cominciare dal ricorso per cassazione riservato solo all'avvocato cassazionista, senza più ricorso personale della parte. Vi faccio presente che la cassazione riceve più di 50.000 ricorsi l'anno, di cui ben il 17-18 per cento di ricorsi personali. Suggerisco, quindi, di procedere con questa misura, che sollecitavamo come urgente già da oltre un anno, al più presto.
  Occorre far respirare la Corte di Cassazione, che ormai lavora senza respiro. È l'unica cassazione al mondo che riceve 52.000 processi penali l'anno. Mi sembra che il Paese non possa reggere a una corte di legittimità con questi numeri. Se pensate che un altro buon 14-15 per cento sono le sentenze di patteggiamento, basterebbero poche mirate riforme già per far respirare il giudizio di cassazione.
  Non è un problema di riforma, ma va affrontato insieme con l'avvocatura, il fatto che il numero degli avvocati cassazionisti in Italia è sicuramente esorbitante rispetto a quello europeo. In Italia, ci sono oltre 40.000 avvocati cassazionisti, ai quali si riserva il giudizio di cassazione, rispetto a poche centinaia in Francia e appena un migliaio in Germania, 1.200-1.300 in Portogallo o in Spagna. Riservare il ricorso per cassazione all'avvocato cassazionista implicherebbe, secondo me, anche la necessità di una forte selezione dell'avvocato cassazionista all'interno del meccanismo di riforma dell'ordinamento professionale dell'avvocatura.
  Altra novità di rilievo recepita è quella di aver previsto l'ipotesi di inammissibilità rilevabile da parte del giudice a quo senza che si verifichi la migrazione del processo da un giudice all'altro, dal giudice a quo al giudice ad quem, laddove l'invalidità dell'atto di impugnazione emerga però con assoluta evidenza e univocità, senza cioè che si debbano fare valutazioni di merito. In quel caso, è giusto che le faccia il giudice ad quem e non quello che ha emesso la sentenza.
  Faccio riferimento ai casi formali, ad esempio quando mancano i motivi, quando manca del tutto la legittimazione, o quando si sono sforati del tutto i termini dell'impugnazione. Oggi questi processi partono dal giudice a quo, vanno al giudice ad quem, il quale, con tutto quanto ho richiamato in merito alla trasmissione degli atti, deve fissare un'apposita udienza, solo all'esito della quale può dichiarare l'inammissibilità. Proponiamo, inoltre, e vedo che il progetto recupera questa proposta, che a fini deflattivi queste ipotesi di inammissibilità si fermino davanti al giudice a quo.
  Ne parlavamo stamattina col professore Spangher: qui occorre, però, un'operazione ortopedica chirurgica penso proprio da parte del Parlamento, della Commissione. È vero che fermiamo in questo modo al giudice a quo le inammissibilità più evidenti, quelle in cui deve solo fare una rilevazione direi quasi da macchina, ai sensi del 591; ai sensi, se non sbaglio, del 588 l'impugnazione sospende, però, l'esecuzione. Significa che, nonostante sia deliberata immediatamente de plano l'inammissibilità della corte d'appello di Milano, l'imputato può fare ugualmente ricorso per cassazione contro l'ordinanza di inammissibilità. L'impugnazione, quindi, sospende l'esecuzione, la corte di cassazione decide dopo otto, dieci mesi, un anno, e praticamente si raggiunge quel risultato strumentale di rinviare l'esecuzione della sentenza nonostante la decisione de plano immediata senza procedura.
  Credo, però, che si possa immaginare, senza stravolgere eccessivamente il codice, la possibilità, di fronte a queste inammissibilità dichiarate de plano dal giudice a quo, di una sorta di reclamo allo stesso giudice, che non sospende l'esecuzione e non è più impugnabile in cassazione. Avremmo la rivisitazione di quei casi patologici che possono esserci – il giudice si è sbagliato nel definire i termini o ha detto che mancano i motivi e i motivi c'erano – e quindi una sorta di correzione dell'errore materiale e si procede immediatamente e si chiude la partita. Se non chiudiamo la partita, anche questa virtuosa innovazione non ottiene nessun risultato, perché gli atti devono essere trasmessi egualmente al giudice ad quem.Pag. 10
  Proviamo a immaginare una soluzione che possa chiudere dall'interno dell'ufficio a quo con un controllo doveroso, anche se è necessario il contraddittorio con le parti perché ci sarà un reclamo, che possa far pervenire alla soluzione equa, ma senza strumentalizzare l'impugnazione al solo fine di rinviare l'esecuzione della sentenza.

  PRESIDENTE. Questa parte non c’è, però, nella relazione.

  GIOVANNI CANZIO, Presidente della Commissione di studio in tema di processo penale presso il Ministero della giustizia. Devo dire che mi ha interessato l'osservazione dell'Associazione nazionale magistrati, che non conoscevo e ho letto ieri, mi pare proprio su questo specifico punto. Ne ho parlato stamattina col professor Spangher e abbiamo immaginato un meccanismo, su cui c’è da lavorare, ma esistono possibilità molto concrete se si passa al tipo di correzione errore materiale o reclamo, che garantisce ma è efficiente.
  Anche per quanto riguarda il giudizio di appello, sapete che abbiamo riproposto il concordato con rinunce ai motivi di appello, perché ci siamo accorti nel corso di questi lunghi anni, dal 2008 a oggi, che il processo penale era stato deprivato di un meccanismo sicuramente deflattivo. In Commissione, però, ci siamo anche interrogati tutti insieme sulle ragioni che avevano condotto all'abolizione del patteggiamento in appello, legate sicuramente a delle prassi, soprattutto in alcune corti di appello, di mercanteggiamento sulla pena, in cui non si discutesse della portata della rinuncia ai motivi, della pena giusta, ma ci si limitasse esclusivamente a deflazionare il carico, mentre qualsiasi misura, sia pure deflattiva o di maggiore efficienza, non può non tener conto dei princìpi fondamentali dell'ordinamento.
  Abbiamo accompagnato, quindi, questo recupero del patteggiamento, richiesto a grandissima voce dall'avvocatura e dai giudici di appello, perché sicuramente in molti casi vi è la possibilità di dare sfogo alla rinuncia dei tanti motivi da parte dell'imputato, il quale chiede soltanto un ridimensionamento della pena. Abbiamo accompagnato questo recupero con la creazione di linee guida, affidate al procuratore generale della corte d'appello dopo aver sentito tutti i procuratori della Repubblica del suo distretto, per i tipi di delitti, i tipi di pena, l'entità delle diminuzioni concedibili, una sorta di cornice che faccia da guida per i singoli pubblici ministeri che vanno in udienza in appello e che devono patteggiare la pena.
  In questo modo si evita che ognuno vada per la sua strada, decida secondo le convenienze del momento, ma si responsabilizza l'organo di vertice del distretto nel definire queste linee-guida alle quali, pur non essendo vincolato – vi è una norma che lo rende autonomo – il pubblico ministero di udienza non potrà non fare riferimento. Voi capite che, a parte quelli disciplinari, vi è anche un profilo di risposta proprio a tutti i procuratori della Repubblica e a un procuratore generale che hanno fissato delle linee guida.
  È chiaro che nelle valutazioni di professionalità non potrà non tenersi conto. A noi è sembrata una misura corretta sotto questo profilo e ho visto che anche nelle norme transitorie o di attuazione è previsto che il procuratore generale debba stendere una relazione ogni anno su questi punti.
  Giudico assolutamente indispensabile e direi doverosa nei confronti della giurisprudenza della CEDU la modifica da noi proposta del comma 4-bis del 603 sulla rinnovazione dell'istruzione orale nel dibattimento di appello allorquando l'imputato sia stato assolto in primo grado, l'appello sia del PM e sia in gioco la valutazione delle prove orali assunta in primo grado.
  Non credo che la valutazione di attendibilità, come sostiene l'Associazione magistrati, possa essere limitata alla porzione soggettiva. La valutazione di attendibilità è totale. A meno che, quindi, non sia manifestamente infondato il motivo di appello, il giudice ha il dovere di rinnovare l'istruzione dibattimentale orale se l'appello del PM è fondato comunque su una rilettura, una rivisitazione delle prove dichiarative. Quelle prove dichiarative devono essere assunte davanti al giudice che Pag. 11ritrova il motivo non manifestamente infondato, e quindi in ipotesi suscettibile di una reformatio in peius, che in quanto tale, come sapete, in appello è tollerata dalla CEDU solo a condizione che il giudice di appello abbia rinnovato queste prove.
  Per quanto riguarda il giudizio di cassazione, innanzitutto ribadisco che avevamo previsto il 608, comma 1-bis, nel quale limitavamo il ricorso del procuratore generale di appello contro la doppia conforme di merito di assoluzione ai vizi di violazioni di legge. Non è stato recuperato nel disegno governativo, ma viene spostata nella delega l'idea di costruirlo.
  Probabilmente, la Commissione potrebbe avere la forza di farlo direttamente, in modo da metterlo in coerenza con la riforma del 428 con la sentenza di non luogo a procedere doppia conforme. Il principio è lo stesso: di fronte a una doppia conforme, non si comprende perché si debba andare in Corte di Cassazione a sollecitare una rivisitazione nel merito di un'imputazione che è stata smentita da due giudici di merito di primo e secondo grado, facendo quindi vincere in modo straordinario la presunzione di innocenza dell'imputato.
  Per quanto riguarda il ricorso per cassazione, è senz'altro corretto che alla causa di inammissibilità si aggiunga anche l'indicazione...

  PRESIDENTE. (fuori microfono) ... con l'assoluzione, no ?

  GIOVANNI CANZIO, Presidente della Commissione di studio in tema di processo penale presso il Ministero della giustizia. Sì, assoluzione in senso stretto. Lì era non luogo a procedere.
  Capite quanto sia importante per la Corte di Cassazione definire inammissibile un ricorso de plano. Un ricorso in materia di patteggiamento – segnalo che più del 94-95 per cento è dichiarato inammissibile – richiede una fatica enorme. Non avete idea di cosa significhi.
  Le parti patteggiano una pena davanti al giudice, c’è la soluzione negoziale, il ricorso per cassazione: più del 90 per cento è manifestamente infondato e sono rarissimi i casi in cui la pena è illegale. Allora è previsto, infatti, il ricorso che viene trattato. Nei casi in cui, però, è manifestamente infondato, oggi l'ufficio spoglio deve individuare la causa manifestamente infondata, trasmetterla al presidente della sezione, che a volta la trasmette alla VII penale per l'inammissibilità, va fissata un'udienza.
  Si hanno così cinque giudici, tra i quali uno viene nominato relatore, va dato avviso alle parti che sarà fatta l'udienza e, se la parte è priva di avvocato, occorre nominargli un difensore di ufficio. Occorrono, inoltre, tutte queste notificazioni, poi si arriva all'udienza e si scrivono due parole: ricorso inammissibile, dopodiché va notificata la sentenza alla parte.
  Poter decidere de plano queste inammissibilità di evidenza palmare senza procedura ci avvicina un po’ all'Europa, ma soprattutto questo sgrava la corte di cassazione di impegni che oggi non sono più compresi né dai giudici, né dagli avvocati né dalle parti, mentre si tiene in piedi il ricorso per cassazione e la trattazione integrale da parte della Corte di Cassazione laddove i motivi attengano a quelle ragioni che sono state editate al 448-bis, come mi pare, e cioè il vizio della volontà della parte, il chiaro errore, l'illegalità della pena, la diversa qualificazione giuridica del fatto e così via. Abbiamo visto l'esclusione per la parte di presentare personalmente il ricorso, l'aumento della sanzione pecuniaria in caso di inammissibilità.
  Direi che è molto interessante che il disegno di legge governativo abbia recuperato integralmente la nostra proposta per quanto riguarda i rapporti tra sezione semplice e sezioni unite. Innanzitutto, non si capisce perché per le sezioni penali vi sia un sistema diverso che per quelle civili. Per le sezioni civili vi è un'apposita norma, il 374 se non erro, comma 3, del codice di procedura civile, che pretende che la singola sezione che voglia distaccarsi da un principio di diritto affermato dalle sezioni unite debba con apposita ordinanza rimettere la questione alle sezioni unite per una Pag. 12rivisitazione del problema. Nel processo penale di cassazione, invece, questa norma non era prevista.
  Nello stesso tempo, si consente alla corte di cassazione penale, come avviene per quella civile, di poter enunciare il principio di diritto anche se il ricorso è inammissibile. Spesso arrivano alle sezioni unite questioni che alle spalle hanno un lungo studio da parte dell'avvocatura, dei giudici, dell'ufficio del massimario, che prepara apposite relazioni, e che poi non trova sbocco perché ad esempio rinuncia al ricorso o viene scarcerato l'imputato per una questione di libertà personale, o si ravvisa un'inammissibilità che prima non era apparsa, eppure la questione di diritto era di grande rilievo e richiedeva da parte di tutti i giudici italiani una stabilità nomofilattica, come fa la Corte di Cassazione civile. In questo modo si consente anche a quella penale sezioni unite di fissare, nonostante l'inammissibilità, il principio di diritto in questo caso.
  Infine, si sono allargate le maglie dell'annullamento senza rinvio ogni qual volta esso è consentito al giudice di legittimità potendo mutuare già dalla decisione di merito i termini per la soluzione della questione. Spesso ci è capitato di annullare con rinvio, e quindi di far fare un giudizio di rinvio al giudice di merito, pure in casi in cui si ricavava già dalla decisione di merito il metro per definire diversamente una pena, la riduzione della pena, ma la norma non lo consentiva pur sapendo che quella riduzione della pena era stata dal giudice di merito individuata, ad esempio, nella misura di un terzo.
  Ogni qual volta, cioè, il rinvio è superfluo perché il giudice di legittimità è in grado di adottare già immediatamente questa misura, è vero che un po’ intinge nel merito, ma vivaddio lo fa la Corte di Cassazione civile. Abbiamo mutuato la stessa norma dal giudizio civile di cassazione, articolo 384, comma secondo, del codice di procedura civile, di riportare anche al giudice penale di legittimità questi spazi di intervento urgente e immediato che deflaziona, semplifica ed evita inutili e superflui giudizi di rinvio.
  Il ricorso straordinario ha alcuni spazi senza formalità su cui non mi soffermerò. Soprattutto, anche se non faceva parte del nostro studio perché la rescissione del giudicato è intervenuta con la legge sull'assenza dell'imputato, trovo assolutamente razionale riportarla nell'ambito del giudizio di revisione di competenza della corte d'appello, tirandola fuori dal giudizio della corte di cassazione. È un'ipotesi molto affine a quella della revisione e che può essere ben giudicata con giudizio rescindente e rescissorio dalla corte d'appello. La corte di cassazione non è in grado come giudice di merito di fare tutto questo, quindi lo trovo assolutamente positivo.
  Mi soffermo proprio pochi secondi, se me lo consentite, sulle norme successive. L'articolo 21, relazione sulla prevenzione della giustizia, dà delle valutazioni sulla durata dei giudizi di appello in relazione al periodo di sospensione. Credo di avervi detto all'inizio della mia breve audizione che non vi è, appunto, allineamento tra i tempi reali dei giudizi di appello e di cassazione rispetto all'allineamento fatto nella norma sulla sospensione della prescrizione, mentre è importante il secondo profilo, cioè dare dati e notizie sull'andamento dei giudizi di appello su un concordato in appello.
  Come con le linee guida del procuratore generale, si responsabilizza anche il presidente della corte d'appello su come funzioni il concordato in appello. Sono norme che possiamo definire per percorsi virtuosi, per best practice, che però sono necessarie. Non si può trovare tutto in un codice. Quest'idea di dover legiferare e deliberare comunque su qualsiasi aspetto e su qualsiasi profilo, anche gli interstizi del processo, è un errore, perché si appesantisce l'architettura e non si fa camminare la macchina.
  Quanto all'articolo 23 e i poteri di controllo del procuratore della Repubblica e del procuratore generale su una fase di notevole rilievo, ossia l'iscrizione delle notizie di reato, mi permetto di sottoporre alla vostra attenzione il lavoro svolto e di cui la Commissione ha consegnato stamattina anche il cartaceo. Sul punto ha elaborato Pag. 13un apposito articolato con relazione in cui prevedeva l'apertura di una finestra di giurisdizione affidata al giudice, che doveva verificare la tempestività degli adempimenti, eventualmente determinando la data, quindi la retrodatazione, alla quale si sarebbe dovuto provvedere all'iscrizione.
  Questa non è stata recuperata dal disegno di legge governativo, ma contemporaneamente si ritiene di risolvere il problema caricando il procuratore della Repubblica e il procuratore generale della responsabilità di tenere gli occhi aperti sulla data dall'iscrizione, come però già dovrebbero fare. Il potere di vigilanza di questi organi su quest'aspetto, che è fondamentale, esiste già. È troppo poco. Il problema esiste da quando è entrato in vigore il codice. Sono stato estensore della sentenza delle sezioni unite nel 2000, la Tammaro, in cui si pose per la prima volta appunto alle sezioni unite il problema di come controllare l'iscrizione. Sapete che si tratta di un fenomeno di inutilizzabilità degli atti quando si superano certi termini, per cui è un problema di estrema gravità.
  Ritenemmo che spettasse al legislatore risolverlo e che allo stato dell'arte si potessero raffigurare solo eventuali ipotesi di responsabilità disciplinare civile o penale a carico del PM che non facesse correttamente quest'operazione di iscrizione, dalla quale ripeto che scaturiscono effetti di straordinario rilievo nel processo per inutilizzabilità delle prove.
  La questione è tornata nuovamente all'attenzione delle sezioni unite credo nel 2009, che di nuovo rimandano al legislatore argomentando che deve pensarci lui, perché loro allo stato non possono recuperare da nessuna norma questo potere di controllo del giudice di eventualmente retrodatare l'iscrizione.
  In questo modo non si risolve il problema. La Commissione, sia pure con l'opposizione di un solo componente, tra l'altro un pubblico ministero, per cui mi rendo conto che forse era anche portatore della sua posizione all'interno del processo, ha ritenuto di individuare nel 407, comma 3, un ulteriore periodo: «Il giudice verifica la tempestività degli adempimenti di cui all'articolo 335, eventualmente determinando la data nella quale si sarebbe dovuto provvedere». Abbiamo spiegato nella relazione di accompagnamento che questa problematica richiedeva una soluzione normativa, senza la quale si sarebbe perpetuato il problema anche col passare degli anni. Il potere discrezionale del pubblico ministero non è sufficiente per dire che tocca al procuratore della Repubblica e al procuratore generale vigilare: se è di utilizzabilità di prove, è un problema giurisdizionale, non di vigilanza.
  I giudici intervengono sulla libertà personale, sulle finestre di giurisdizione all'interno delle indagini, nell'udienza preliminare e, se non si fa allora, nel dibattimento. Di fronte a un'eccezione del genere – lo dico perché l'ho scoperto solo quando abbiamo fatto questa disposizione – il problema si è posto gravemente all'interno della sezione disciplinare del CSM, che qualche volta ha avuto denunzie a carico di pubblici ministeri per tardata iscrizione della notizia di reato e ha dovuto chiudere sempre con l'archiviazione, con la chiusura a non doversi procedere, per difetto di qualsiasi strumento idoneo a identificare da parte del giudice disciplinare la data in cui andava iscritto.
  Se questo compito non è svolto dal giudice nel processo, non può essere poi demandato a un giudice disciplinare, che non ha un potere investigativo per quanto riguarda il processo. Stamattina, quindi, ho lasciato l'articolato con la relazione: collegandomici, vi chiedo di verificare se sia sufficiente questa raccomandazione dell'articolo 23 o si possa intervenire più direttamente.
  Lo stesso discorso vale per l'articolo 25, sui princìpi e criteri direttivi per la riforma del processo penale, per quanto riguarda le impugnazioni, non per le intercettazioni, in cui penso che si tratti di criteri ancora generali. Credo che, così come sono nella loro genericità, comunque tocchino dei temi che vanno affrontati, ma sono molto generici. Quello che voglio dire è che, quando si fa la legge delega, i criteri e i princìpi direttivi devono essere specifici, altrimenti è come dire al Governo di fare la normativa direttamente e autonomamente Pag. 14rispetto al Parlamento. Se si vuole lavorare sul tema così delicato delle intercettazioni, occorre che la Commissione fissi criteri e princìpi direttivi molto articolati e specifici e che creino binari quasi vincolati per il legislatore delegato. Non può esserci uno spazio così ampio di discrezionalità.
  Per le impugnazioni, richiamo alla vostra attenzione che in questa norma si rinvia alla legge delega la possibilità di prevedere il ricorso per cassazione solo per violazione di legge nel caso di doppia conforme assolutoria: perché non recuperarla ?
  Da ultimo, anche relativamente alla previsione della proponibilità dell'appello solo per uno o più dei motivi tassativamente previsti, mi richiamo a quello che abbiamo detto sul 546, lettera e), la sentenza, i motivi di appello, la specificità dei motivi. C’è già nell'articolato e nella relazione col 581 la possibilità di definire insieme con la piattaforma devolutiva i confini di questi motivi e poi dei poteri decisori del giudice d'appello.
  Anche in questo caso, relativamente al rinvio a una tipicizzazione dei motivi, l'interrogativo è inquietante, penso che il professor Spangher dirà anche meglio di me che l'interrogativo è molto più grave e più pesante.
  Si intende mutare la natura del giudizio d'appello nel nostro sistema ? Non è solo un problema di legge delega sui motivi. Se si tassativizzano e si tipicizzano i motivi di appello al di fuori dei capi e punti della decisione, richiesta istruttoria e così via, si riscrive il giudizio d'appello. Cosa vogliamo fare del giudizio d'appello ? Non si può pensare solo a questa norma. Sicuramente positiva è la possibilità di prevedere l'appello incidentale in capo agli imputati. Lo abbiamo detto fin dalla Commissione Riccio: di fronte a un imputato assolto in primo grado (appello del pubblico ministero), l'imputato ha interesse a evidenziare al giudice d'appello dei profili non trattati dal giudice di primo grado (appello incidentale). Credo che sia uno strumento molto utile in questo caso.
  Non condivido affatto e trovo contraddittorio l'ultimo punto, cioè che l'inammissibilità dell'appello sia dichiarata in camera di consiglio con interventi del pubblico ministero e dei difensori: perdiamo tutto quello che abbiamo detto prima sulle procedure de plano. Laddove l'inammissibilità dell'appello attiene a casi di evidente invalidità dell'atto di appello (mancanza di motivi, sforamento dei termini, difetto di legittimazione), prevedere un giudizio camerale con la partecipazione delle parti significa perdere l'effetto deflattivo e semplificatorio. Non lo farà nessuno. I giudici preferiscono a questo punto celebrare il processo.
  In conclusione, voglio soltanto aggiungere che relativamente al codice di tipo accusatorio, che richiede per il giudizio dibattimentale un'architettura organizzatoria pesante, tutto ciò che si può fare per semplificare, deflazionare, rendere efficiente nel rispetto delle garanzie è la cosa migliore.
  Vi prego, però, solo di tenere conto – lo dico perché anche questa legge, come tutte le altre, alla fine reca la clausola di invarianza finanziaria – che se non abbiamo il personale di cancelleria, certe cose non possiamo farle. Vi assicuro che oggi i giudici, almeno quelli che conosco, la mia corte d'appello, già fanno i cancellieri per tantissime cose. Formano anche i fascicoli, perché si rendono conto che un fascicolo che urgentemente deve andare in cassazione, se mancano i cancellieri che devono formarlo, non può rimanere otto mesi in cancelleria. Ho visto giudici in cancelleria sporcarsi le mani con 30, 40 faldoni, preparare i pacchi.
  Aggiungo che abbiamo anche snellito la trasmissione, che non avviene più tramite Poste. A Milano abbiamo stipulato una convenzione col penitenziario: ogni due settimane trasmettiamo in cassazione un apposito furgone di processi e recuperiamo dalla cassazione i processi che ci rinviano. L'abbiamo fatto per non far viaggiare i fascicoli e farli arrivare prima possibile.
  Bisogna lavorare, però, con la consapevolezza che l'invarianza finanziaria non ce la fa a risolvere tanti problemi. Alcuni richiedono l'uomo, la persona, persone qualificate. Il nostro personale non solo è Pag. 15in via di estinzione, ma è anche molto anziano. Sapete meglio di me che da 17 anni non si bandiscono concorsi e che abbiamo nei nostri uffici qualche giovane precario che dopo otto o dieci mesi, al massimo un anno, va via dopo avere appena imparato qualcosa. Questo è l'ultimo appello, che forse non c'entra niente col vostro disegno di legge governativo, ma che è un po’ il primum movens per il nostro lavoro.

  PRESIDENTE. Quest'audizione col presidente Canzio e il professor Spangher è di grande interesse, ma il presidente Canzio ci aveva già detto che avrebbe dovuto partecipare a una cerimonia in cassazione.

  GIOVANNI CANZIO, Presidente della Commissione di studio in tema di processo penale presso il Ministero della giustizia. Commemoriamo due grandi giudici.

  PRESIDENTE. Sì, alle 15.30. Il professor Spangher ci ha offerto gentilmente la sua completa disponibilità. Nel frattempo, possiamo rivolgerle subito delle domande. Do quindi la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
  Inizia il collega Ermini.

  DAVID ERMINI. Ringrazio il presidente Canzio e faccio subito due osservazioni. Concordo sul problema dell'organico. Ci metteremo anima e corpo sulla questione di avere tante persone in sovrannumero per via delle province. Come tutti sappiamo, la difficoltà dei concorsi esiste sotto l'aspetto economico, ma è già stato bandito un concorso da mille posti, assolutamente insufficiente. La speranza è che si arrivi, in accordo con i sindacati – lei conoscerà da presidente di corte d'appello tutto il problema – ad averne dai 6.000 agli 8.000. Perdere questa occasione sarebbe un errore imperdonabile. Andranno riqualificate un po’ di persone, formate e così via, ma non penso sia poi particolarmente difficile.
  Sul decreto penale concordo pienamente. C’è un mio disegno di legge sottoscritto anche da altri colleghi che credo sia già stato unificato a questo, unitamente all'inserimento di procedibilità a querela di alcuni reati attualmente perseguiti d'ufficio, anche ai fini del coordinamento con la giustizia riparativa, che probabilmente porterebbe a un effetto deflattivo ancora più forte.
  Sulla questione della delega concordo e garantisco che cercheremo di fare più articolati possibile. Su questo non c’è dubbio. In effetti, le deleghe vanno per le lunghe e per quanto ci riguarda l'importante è lavorare per cercare anche di fare degli articolati.
  Voglio porle, però, un paio di questioni che mi interessano. Sulla prescrizione capisco bene la sua eccezione sui tempi della trasmissione del fascicolo, ma non si rischia di far decidere il tempo proprio al problema degli organici ? Mentre per il deposito delle motivazioni abbiamo un termine giurisdizionale, con il fatto che si deve arrivare alla trasmissione del fascicolo, già questo accade, ma in modo superato, per esempio nella trasmissione del fascicolo dal giudice per l'udienza preliminare al dibattimento nel momento in cui si fanno istanze di libertà. Gli avvocati allora devono rincorrere il fascicolo per trovare il giudice a cui proporre l'istanza. In questo caso, siccome si tratta di termini importanti, termini di prescrizione, non avere una data certa potrebbe portare anche a delle diseguaglianze, quindi capisco il problema, ma dobbiamo trovare una soluzione che ci permetta di sanare tutte e due le questioni.
  Pongo un'ulteriore questione anche al professore. Sono sempre stato molto dubbioso sull'imputazione coatta, di cui questo testo non parla. Ho visto troppe volte che la testardaggine di qualche giudice delle indagini preliminari impone un'imputazione coatta quando la procura continua a chiedere l'assoluzione e si celebrano dei processi totalmente inutili. Se l'esercizio dell'azione penale è in capo al pubblico ministero, è veramente necessario mantenere quest'istituto ?

  PRESIDENTE. Ringrazio il collega Ermini e do la parola al collega Dambruoso.

Pag. 16

  STEFANO DAMBRUOSO. Intervengo solo per il piacere di poter avere un punto di vista su alcuni aspetti che stiamo valutando proprio in sede di testo finalizzato al provvedimento di legge sulla riforma della prescrizione. Una parte ci è stata più volte sollecitata: in caso di reato continuato, oggi non è previsto che la prescrizione decorra dal termine della continuazione: cosa ne pensa, presidente ? Il reato permanente è già previsto: dal termine della permanenza è assimilabile scientificamente ?

  PRESIDENTE. Ringrazio il collega Dambruoso e do la parola all'onorevole Amoddio. Tra l'altro, sono i due relatori del testo sulla prescrizione, su cui abbiamo un testo che ha una via parlamentare separata, anche se ovviamente il Governo ha ripresentato gli emendamenti come il testo che avete in discussione.

  SOFIA AMODDIO. Ovviamente, condivido, da un punto di vista pratico, le preoccupazioni del presidente Canzio in merito alla formazione del fascicolo dal primo al secondo grado e da questo alla cassazione, e quindi alla decorrenza dei termini dal deposito della sentenza. Questi tempi lunghi e complessi non possono, però, certamente aggravare ancor di più la ragionevole durata dei processi. Nella prescrizione, infatti, dobbiamo tener conto anche di questi due effetti contrapposti: da una parte, la ragionevole durata del processo; dall'altra, il processo certo con una pena e una sentenza certa.
  Uniformandomi, aggiungo a quanto osservato dall'onorevole Dambruoso che la decorrenza dalla cessazione dell'ultimo atto della continuazione era già prevista nella legge precedente alla Cirielli: a suo avviso, dovremmo ripristinare quest'istituto ?

  PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Amoddio e do la parola all'onorevole Vazio.

  FRANCO VAZIO. È una discussione che abbiamo già affrontato in altre circostanze, ma rispetto a cui non abbiamo fatto grandi passi. Si parla sempre dell'effetto deflattivo del patteggiamento, del giudizio abbreviato e così via, ma poi una delle questioni che la classe forense evidenzia è che, all'inizio dell'introduzione di quest'istituto, il patteggiamento era stato praticato in molti processi, come quelli edilizi, ma non solo quelli, però poi è stato completamente abbandonato per gli effetti penali della condanna, che erano andati oltre il dato normativo.
  Non è il caso di recuperare, in senso generale o in senso selettivo, una sentenza penale di condanna a cui non accedano gli effetti della condanna vera e propria, che quindi diventi più appetibile per l'imputato senza che ciò possa voler dire impunità o comunque non applicabilità di un processo amministrativo.
  Nessuno esclude che a un abuso edilizio possa seguire la demolizione, ma certamente farla conseguire automaticamente a una sentenza di patteggiamento che non affronta tutti i temi dell'abuso potrebbe far sì che l'imputato e l'avvocato possano legittimamente preferire un accertamento pieno.
  Una sentenza di condanna patteggiata, invece, che chiuda il conto degli effetti della condanna in quanto penale, ma che rimandino a un giudizio amministrativo per quanto riguarda gli effetti della demolizione, potrebbe essere – quello dell'edilizia è un caso possibile, ma ovviamente ve ne sono molti altri, come in materia stradale, i casi di ubriachezza e così via – un tema da affrontare o si ritiene che la sentenza di patteggiamento debba essere equiparata ormai in tutto e per tutto per la decisione della cassazione a una sentenza vera e propria di condanna ?

  PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Vazio.
  Do ora la parola al presidente Canzio per la replica.

  GIOVANNI CANZIO, Presidente della Commissione di studio in tema di processo penale presso il Ministero della giustizia. Parlerei prima della prescrizione. Ho fatto riferimento ai problemi del personale, ma Pag. 17ho cercato di ancorare il mio ragionamento all'ordinamento vigente, che tiene conto non solo dei tempi per il deposito della motivazione, ma di quelli assegnati dalla norma. Faccio riferimento al 585, se non sbaglio, che assegna i termini alle parti per fare impugnazione. Quelli non sono termini imputabili al personale di cancelleria, ma questi non vengono considerati, mentre sono termini che possono essere anche abbastanza ampi, perché vi sono i termini per l'impugnazione, quelli per la notificazione dell'imputazione alla controparte e via discorrendo.
  La formazione del fascicolo non è un fatto puramente materiale, ma è disciplinato dalle norme di attuazione. Va formato un certo numero di fascicoli, tanti fascicoli di parte per ciascun giudice, per ciascun relatore, vanno formati in un certo modo, estrapolati. Nel giudizio di cassazione la formazione del fascicolo è delicatissima: ci sono apposite circolari collegate a queste norme, che indicano come il giudice a quo deve formare il fascicolo, decidere cosa inserirci e cosa no. È un'operazione direi anche di chirurgia quella di individuare gli atti da trasmette al giudice ad quem.
  Mi rendo conto che quello del personale di cancelleria può sembrare un problema puramente fattuale, ma la formazione del fascicolo è prevista dalle norme di attuazione. Oltretutto, non parliamo di una mia intuizione: è il legislatore in fieri nel suo disegno di legge governativo, articolo 21, che mette in parallelo la sospensione di quei due anni e la sospensione di un anno, appello e cassazione, con la durata dei giudizi di appello avverso le sentenze di condanna. Affida, anzi, al presidente di corte d'appello il compito di dire nella relazione se il periodo biennale di sospensione tra la condanna e quella emessa in giudizio d'appello sia effettivamente sufficiente allo svolgimento del giudizio.
  Sono presidente di corte d'appello e vi dico subito che non è sufficiente per le ragioni che vi ho detto. Nella relazione, che non farò perché sono tra quelli da rottamare, il prossimo gennaio del 2016 il presidente della corte d'appello che mi succederà vi dirà quello che già vi sto dicendo io: non è sufficiente per queste ragioni e non perché manchi genericamente il personale, ma perché non si è tenuto conto di alcune scansioni temporali che ci sono dentro.
  Nel giudizio di cassazione – c’è anche un errore di diritto, che sottolineo, ma di cui sicuramente vi siete accorti – si fa riferimento a termini di deposito dalla motivazione della sentenza di cassazione quando la cassazione legge il dispositivo. È quello il dies ad quem, quindi quelli sono termini che non ci interessano, non si recupera niente.
  A leggere il dispositivo come giudice di appello oggi, 19 febbraio, recuperate i tempi che mi prendo per la motivazione, 15, 45, 90 giorni e posso addirittura sforare. Dopo tre mesi, però, ci sono i termini per l'avvocato, quelli per le parti, quelli per la notificazione alla controparte: fanno parte o no di una fase non pervenuta ?
  Voglio dire che è pacifico in giurisprudenza, in dottrina, nel nostro ordinamento, che se volete allinearlo col giudizio d'appello, dovete partire da quando inizia il giudizio d'appello, cioè da quando gli atti pervengono al giudice d'appello, al giudice dell'impugnazione, non prima. Prima quel fascicolo non è mio, non dovete chiedermi una relazione come presidente di corte d'appello relativa a se i tempi sono stati sufficienti, perché vi risponderò che a me è pervenuto in una certa data e che rispondo del fascicolo da quella. Non mi avete riservato affatto due anni, ma uno. La Corte di Cassazione vi dirà che le avete riservato un mese o due al massimo.
  Occorre verificare empiricamente come funzioni. È questo che voglio dire. Forse bisogna tener conto della pervenienza degli atti e pretendere un'attenzione rigorosa alle fasi cosiddette opache, in cui non si sa come avvenga la storia – mi diceva che rincorreva i fascicoli – chiedendo la relazione, la vigilanza del procuratore della Repubblica, del procuratore generale, del presidente della corte d'appello, del dirigente Pag. 18della cancelleria, su come funziona questo meccanismo, se ci sono le persone o meno.
  Al presidente della corte d'appello, però, potete chiedere soltanto le risposte dal momento in cui è pervenuto il fascicolo. Vi dico che il fascicolo perviene dopo circa un anno dalla data che avete previsto.

  PRESIDENTE. Lei ci sta rappresentando un tema peraltro ulteriore rispetto a quelli che già sono sul tavolo nella discussione sulla prescrizione. Ovviamente, come emerge anche dal tipo di emendamenti che devono essere esaminati dai relatori, varie problematiche e nodi devono essere risolti, ma il tema che lei pone dal punto di vista sostanziale è perfetto, realistico. Se fosse approvata così, la riforma sarebbe più demagogica che altro, ma pone l'altro problema. Cerco un po’ di interpretare soprattutto dalla parte degli avvocati.
  In pratica, in relazione a questi ulteriori tempi, dettagliati dalla legge per quanto riguarda il deposito della motivazione – fin lì ci siamo – potremmo parlare, anziché dalla data di deposito della sentenza o di quella della motivazione, comunque di termini non superiori a quelli che la legge prevede e lì abbiamo una data certa. Il problema che si pone è che non ci sono date certe per la successiva fase che lei dice giustamente disciplinata dalla legge, che è quella di preparazione e spedizione del fascicolo.

  GIOVANNI CANZIO, Presidente della Commissione di studio in tema di processo penale presso il Ministero della giustizia. La data certa è la pervenienza del fascicolo al giudice d'appello.

  PRESIDENTE. Sì, è una data certa. Non sono, però, avvocato e non lo sono mai stata, ma vivo con molti avvocati di fatto nella vita quotidiana, presenti in Commissione, quindi ormai ho assunto anche questa parte nel ruolo che dobbiamo svolgere: a questo punto dipende, è rimessa non una data certa individuabile ex ante, ma è una data certa che dipende distretto per distretto dalla tempestività o meno di quel tribunale o dalla celerità dell'organizzazione del tal presidente del tribunale, qualcosa che non è individuabile. A noi farebbe piacere capire come ancorare tenendo conto di queste esigenze.
  Voi avete trovato una soluzione nella Commissione che riguarda, appunto, l'iscrizione della notizia di reato, che non è stata recepita ma su cui la Commissione sicuramente procederà a un approfondimento, perché quello è un tema che ci viene posto. Non so se il professor Spangher ne parlerà dopo, ma ci viene posto da tutta la parte dell'avvocatura, che lamenta che diciamo loro che i tempi di prescrizione causano l'estinzione dei processi quando molti dei tempi di prescrizione sono consumati durante le indagini. Sostanzialmente, molti processi rimangono in fase di stasi anche dopo aver consumato i termini.
  È questo il problema cui il legislatore credo in maniera oggettiva ed equilibrata debba dare una risposta. Ho fatto un po’ di verifiche e questi tempi si sono allungati dopo l'unificazione delle procure. Finché c'erano procura tribunale e procura circondariale si riusciva a rispettare un po’ i tempi di indagine; adesso proprio a Roma è notorio che, anche per i processi per richiesta del giudice del dibattimento monocratico, si dice al procuratore Pignatone di non mandarli, di tenerseli perché non si riescono a fissare i dibattimenti. Per questi processi trascorre anche un anno, un anno e mezzo, e quindi corre lì la prescrizione. Questo è il nostro problema, che non riesco dentro di me francamente a risolvere.

  FRANCO VAZIO. Il che è alla base delle audizioni svolte in tema di prescrizione. Ragionevolmente, Davigo o anche altri dicono che in molti sistemi non c’è ragionevolezza nel porre il tema dalla prescrizione. Nel momento in cui si esercita l'azione penale, un sistema civile e democratico dovrebbe dire che la prescrizione non esiste più. Noi non lo facciamo perché abbiamo una durata del processo non ragionevole, perché ci sono processi che durano moltissimi anni.Pag. 19
  Il tema che lei pone, ragionevole in assoluto, diventa relativamente irragionevole nel concreto, perché ci sono processi che, dopo l'aumento delle pene e la modifica della prescrizione, potrebbero durare vent'anni: è una durata ragionevole del processo ? È questo il tema da un lato e dall'altro.
  Un processo dovrebbe durare pochi anni. Se si impiega un anno a formare un fascicolo e noi come avvocati cerchiamo la data della formazione del fascicolo, oltre a essere aleatoria – lo dico senza nessuno tipo di polemica – è anche opinabile, nel senso che solo ex post l'avvocato accerta questa data, non può accertarla incontrovertibilmente ed ex ante. Chi mi dice quando hanno formato il fascicolo ?

  GIOVANNI CANZIO, Presidente della Commissione di studio in tema di processo penale presso il Ministero della giustizia. Se posso rispondere, il problema non è il termine di formazione, che non è individuabile, ma il momento in cui una corte prende in carico un processo.
  I termini, due anni e un anno, sono stati mutuati dalla CEDU in relazione alla durata ragionevole e alla legge Pinto. Nessuno dubita che quei termini siano ragionevoli, ma in considerazione della disponibilità del processo da parte di quel giudice. Nessuno addebita a quel giudice di avere sforato i due anni se di quelli un anno appartiene a un altro giudice. È la relazione dell'articolo 21 che allinea i momenti e vi segnalo che quest'allineamento non è corretto.
  Se mi chiedete una relazione sull'allineamento, non vi posso riferire il dies a quo. Quello certo per tutti è il giorno in cui perviene il processo al giudice di appello. Prima abbiamo termini in parte noti, che però non avete considerato, e sono quello per le impugnazioni – dovrebbero essere considerati, anche se appartengono al primo giudizio – quelli per le notificazioni dell'impugnazione, quelli per l'appello incidentale. Non sono termini oscuri, ma fissati dalla legge.
  Per l'unico termine oscuro su cui si può attivare una vigilanza di tipo disciplinare, ma anche di tipo amministrativo, si può chiedere ai dirigenti delle cancellerie di organizzare la trasmissione di fascicoli entro termini definiti e delimitati. Quelli sono termini non imputabili non solo al giudice ad quem – a noi pervengono a una certa data e voi avete la data certa della pervenienza alla cancelleria centrale – ma neppure al giudice a quo, che in realtà chiude quel processo ed è la cancelleria che deve fare tutto.
  Qualche giudice volenteroso va con l'aiuto di qualche avvocato in cancelleria e chiedono cosa fare per far partire un certo processo per cassazione. Si sporcano le mani per farlo partire, ma è un problema di cancelleria, quindi non solo di personale, ma anche di qualificazione, di disposizioni alla direzione della cancelleria perché si possa chiedere quando il processo si è chiuso con i termini di impugnazione, da quanto tempo è in un certo scaffale, perché non parte. Si impongono tempi precisi, ma va evitato il disallineamento.
  Rispondo velocemente ad altre domande sempre in tema di prescrizione. Sono contrario a un dies a quo della prescrizione che decorre dalla cessazione della continuazione. L'ho sostenuto e continuo a sostenerlo, perché la continuazione è un istituto che ha un connotato ideologico, che appartiene, come dice la norma, alla medesimezza del disegno criminoso identificato dal giudice.
  In realtà, sono tutti fatti diversi, distinti, unificati quoad poenam perché il legislatore vuole unificarli per far beneficiare della riduzione di pena l'imputato, che altrimenti sommando quel cumulo sforerebbe termini ragionevoli, equi. Possiamo, però, non spostare il dies a quo della prescrizione alla cessazione, che non si sa neanche quando finisca, perché il disegno criminoso potrebbe anche perpetuarsi. Sarebbe una disposizione non garantista. Apparentemente andremmo incontro all'efficienza.
  L'altra osservazione molto interessante – è chiaro che in altri Paesi è così – è la seguente: perché non l'esercizio dell'azione penale ? Ripeto che, così come funzionano le cose nel nostro Paese, significa affidare tutta la prescrizione al pubblico ministero, Pag. 20il quale consuma tutti i sette anni e mezzo, alla scadenza dei quali esercita un'azione penale, poi il giudice deve celebrare il processo perché non ha più prescrizioni. Se faccio estinguere l'effetto della prescrizione al momento dell'esercizio dell'azione penale, la prescrizione è tutta nelle mani del pubblico ministero. Non credo, soprattutto nel processo di tipo accusatorio, che si possa arrivare a tale conclusione.
  Trovo equilibrata tra le tesi opposte quella per cui non ci importa della prescrizione del processo. Anche quella è una tesi radicale: una volta che c’è un processo, che ci importa della prescrizione ? C’è il processo.
  Relativamente alla tesi secondo la quale la prescrizione corre per tutta la durata del processo, credo ragionevole ed equilibrata una decisione che ancori la chiusura degli effetti della prescrizione alla sentenza di condanna di primo grado. Poi va costruito un meccanismo processuale che non lasci nel limbo indefinitamente un imputato condannato ed è giusta la preoccupazione di fissare dei termini per la celebrazione dei gradi di impugnazione.
  Inoltre, mi rendo conto che sarebbe molto bello un patteggiamento che non fosse una sentenza di condanna, ma soprattutto che avesse degli effetti premiali molto larghi. Certo, farebbe funzionare meglio anche il dibattimento, ma mi chiedo se per determinati reati non sarebbe molto meglio lasciare la sanzione amministrativa e lasciar perdere quella penale.
  Per un costruttore abusivo qual è il prezzo più alto ? La sanzione pecuniaria o quei giorni di arresto per la violazione edilizia o la sanzione amministrativa della demolizione, della confisca e tutto quello che consegue ? Per l'ubriaco che guida la macchina è più importante la sanzione penale o non poterla più guidare per tre, quattro, cinque anni o per sempre e la confisca dell'autovettura ?
  Forse proverei a rovesciare il ragionamento: che ce ne facciamo di un patteggiamento assimilato alla sentenza di condanna senza quegli effetti sanzionatori che sono gli unici che veramente contano ? Mi rendo conto, però, che il problema esiste in tutta la sua grandezza di cosa possa salvarsi sotto il profilo degli effetti del patteggiamento.
  Sull'imputazione coatta condivido pienamente. In un sistema di stampo accusatorio, l'imputazione coatta è extra ordinem, non ha una sua coerenza sistematica. Una volta che sia affidato nel sistema accusatorio un meccanismo di formulazione dell'accusa al pubblico ministero e al giudice il controllo, credo che forse dopo 25 anni occorrerebbe avere il coraggio di dire: che c'entra il giudice ? Diamo al giudice il controllo sull'iscrizione del reato, sulle proroghe, poteri effettivi, finestre di giurisdizione. In questo fa il giudice istruttore, che non fa più parte del meccanismo.
  Chiedo veramente scusa, ma ho lavorato quindici anni con questi colleghi, li commemoriamo in cassazione e ci tengo molto a essere presente. A qualunque domanda il professor Spangher saprà rispondere anche meglio di me, perché senza di lui non avremmo portato a casa quegli elaborati e quegli articolati. C’è stata una condivisione totale, almeno tra me e lui, sul 100 per cento dell'elaborato e dell'articolato. Vi ringrazio molto e vi auguro buon lavoro.

  PRESIDENTE. Professor Spangher, la ringraziamo innanzitutto per averci dato questo spazio con il presidente Canzio e le lasciamo la parola per le questioni che riterrà di puntualizzare.

  GIORGIO SPANGHER, Ordinario di diritto processuale penale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma. Non posso che condividere le cose dette dal presidente Canzio, perché abbiamo lavorato due volte sulla parte dell'impugnazione: dapprima nella Commissione Riccio e successivamente nella Commissione Canzio. Sulla parte delle impugnazioni c’è una totale condivisione, perché sono stati ragionati la costruzione della 546, la struttura della sentenza, il collegamento dei motivi con l'effetto devolutivo, il 599. Non riassumo ciò che ha detto il presidente Canzio.
  Mi limiterò a dire ciò che sostanzialmente, però, non condivido, non di Canzio, Pag. 21ma del disegno di legge, perché ci sono anche degli aspetti sui quali non siamo intervenuti. Del primo ha detto già Gianni Canzio e ci torno. Non siamo riusciti ad affrontare il tema dell'iscrizione. Non sono riuscito ad affrontarlo mai. Avevo fatto parte di un tavolo cosiddetto tecnico al momento in cui era Ministro della giustizia Nitto Palma, un tavolo informale. Non ci siamo riusciti neanche nella Commissione Canzio per difficoltà e resistenze. È un problema serio al quale abbiamo cercato di trovare una soluzione. Se fosse possibile, lo toglierei dalla delega e lo metterei come dato normativo.
  Inoltre, sono parzialmente responsabile – vengo ai punti critici – della formulazione del 104, differimento del colloquio. Lo sono nella misura in cui ho cercato di trovare tra due visioni contrapposte, tra chi voleva del tutto eliminarlo, gli avvocati, e chi voleva del tutto mantenerlo, i magistrati, una soluzione di compromesso.
  Devo dire, però, che questa soluzione di compromesso – che ripeto è stata trovata per cercare di tenere unita la Commissione, per dire la verità – presenta dei profili di criticità. Per un verso, non vorrei che la formulazione o l'individuazione dei reati possa condurre quasi automaticamente al differimento del colloquio. Non vorrei che il risultato positivo di aver lasciato in bianco la norma e averla, invece, tipizzata possa portare a risultati opposti a quelli che si erano prefissati, ma vorrei fare un discorso ancora più ampio.
  Chi è il soggetto pericoloso ? L'avvocato. Cerchiamo di essere attenti a quello che dice la norma. Il signore che sta in carcere sta in carcere, allora non fugge, non reitera, inquina le prove dal carcere, ma soltanto per il tramite del legale, quindi c’è un problema che sposta dal soggetto in carcere al soggetto che è chiamato a esercitare il diritto di difesa. Lo dico perché valutiate il senso di questa norma, che ripeto nella Commissione ha avuto solo il senso di trovare un punto di equilibrio.
  Posso permettermi un'ulteriore formulazione del 104, e poi aggiungerò però che c’è un altro rischio ? Perché non limitarlo solo ai reati di 275, comma 3, quelli a presunzione assoluta di pericolosità ? Mi pare che il campo che abbiamo – 51, comma 3-bis e 371 o 372, qual che sia – sia molto vasto. Oggi abbiamo, invece, una compressione dell'ipotesi di pericolosità presunta che si fa più o meno su quattro o cinque fattispecie alla luce del provvedimento che abbiamo in sede di Senato e che avete fatto anche voi.
  Sarebbe forse più sistematicamente coerente se fosse calibrato su quelle situazioni, soprattutto per evitare il rischio che non si mandi un messaggio sbagliato, che tutte le volte che ci sono quei reati ci siano le gravi esigenze eccezionali, considerato che le eccezionali dirigenze sono dell'avvocato, non dell'imputato che sta in carcere.
  C’è un altro problema. Quando abbiamo scritto quella norma – scusatemi se mi permetto – dico sommessamente che non c'era la formulazione attuale di un ulteriore comma: quello della traduzione e dell'interprete. Oggi abbiamo corretto il 104 prevedendo il diritto della persona di avere l'interprete e il difensore prima, schema decreto legislativo della direttiva europea, per cui a quel punto c’è un'ulteriore compressione anche sui diritti linguistici, la traduzione degli atti, l'informazione e la presentazione della difesa.
  Dico ancora sommessamente di riflettere non solo sulla prima parte, ma anche sul collegamento con il diritto dell'alloglotta, il quale oggi ha un riconoscimento che viene da una direttiva europea nella quale forse non ci sono riserve di contattarlo prima. Ora, il prima non può essere nel vestibolo prima dell'interrogatorio di garanzia, 294. Lo dico perché magari ci si possa riflettere.
  Sempre in questa prospettiva – tengo a precisare che non sono, non sono mai stato e non ho nessuna intenzione di fare l'avvocato – mi permetto di suggerire e di attenzionare un problema invece collocato nella delega, sempre nelle garanzie di libertà del difensore, articolo 103, cioè le intercettazioni negli studi, che non sono tali. Non è un problema di 266 e 271, ma di 103, garanzie di libertà dell'avvocato.
  Oggi questo problema delle garanzie di libertà dell'avvocato nel momento dell'intercettazione, Pag. 22che non a caso non sono collocate in quella norma ma nel 103, a mio parere andrebbe eliminato dalla delega delle intercettazioni e collocato a parte. Abbiamo, quindi, questo problema, il 335, il 104 e l'articolo 103, che espungerei dalla delega.

  PRESIDENTE. (fuori microfono) Con un articolato.

  GIORGIO SPANGHER, Ordinario di diritto processuale penale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma. Con una norma. Si tratta di recuperarla dalla disciplina delle intercettazioni. Lì il vero problema sono le intercettazioni occasionali, se si interrompe o non si interrompe.
  Quanto all'utilizzabilità, secondo me è sbagliato il collegamento tra il 103 e il 271, che dice un'altra cosa, per cui la sanzione di inutilizzabilità c’è, ma c’è qualcosa prima. Nel 103 si comincia con «è consentito», poi si dice «si può fare», poi si dice «non si può fare», poi si dice «sulla corrispondenza è vietato».
  Allora, ci sono vari passaggi. Sull'intercettazione, se leggete il 103 con attenzione, le perquisizioni e i sequestri sono possibili, sono consentite in certi casi, quell'altro è possibile, questo non può essere disposto, terzo e quarto sono vietati, quindi quella previsione si colloca non sul piano delle intercettazioni, ma sul piano delle garanzie.
  Se mi permettete, entrerei un po’ nell'argomento del provvedimento. Sono favorevole all'eliminazione del 421-bis e del 422. So che Canzio è l'estensore della famosa o famigerata sentenza Battistella sull'integrazione dell'imputazione nel corso dell'udienza preliminare, sentenza molto criticata, ma in ogni caso Canzio lì ha una sua visione dell'udienza preliminare.
  La domanda è, dal punto di vista sistematico, nel momento in cui si comprimono i poteri d'ufficio in materia probatoria del giudice ancorché in udienza preliminare, tiene ancora un 507 nei termini in cui è prospettato o non è il caso di dire che allora il 507 va calibrato sul 422 in parallelo a richiesta di parte ?

  PRESIDENTE. Questa cosa...

  GIORGIO SPANGHER, Ordinario di diritto processuale penale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma. Sì, è nostra. Non vorrei sbagliare, ma il 421-bis e il 422 sono nel disegno.

  PRESIDENTE. Questa parte è stata criticata dall'ANM.

  GIORGIO SPANGHER, Ordinario di diritto processuale penale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma. Lo so, ma o c’è o non c’è. Se resta, resta.

  PRESIDENTE. Voi dite che anche la 507 va calibrata, ma è diverso.

  GIORGIO SPANGHER, Ordinario di diritto processuale penale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma. È diverso, ma il 507 diventa come il 525, comma 2, una di quelle guerre di religione. Il discorso è che non è utilizzato per integrare un deficit di conoscenza del giudice, ma per integrare le carenze di chi non ha presentato le domande nel 468. L'utilizzazione del 507 non è per consentire al giudice di decidere, ma per coprire deficit.
  Il discorso che a richiesta di parte sia fatto potrebbe essere più ragionevole: la parte che è decaduta chiede al giudice di essere rimessa, come il 422 in qualche modo. Poi mi permetterò di descrivervi lo schema di processo, che non è che mi entusiasmi, che esce dalla riforma se lo guardiamo mettendo insieme il puzzle dei vari pezzi come si stanno succedendo.
  Quanto al patteggiamento, vado solo per problemi, non voglio fare discorsi paludati. Si parla di restituzione integrale in alcuni casi, ma questo concetto implica che restituisco quello, non l'equivalente. Allora, ho due problemi. Quando si tratta di un fare...

  PRESIDENTE. (fuori microfono) È la parte che hanno messo sulla corruzione.

  GIORGIO SPANGHER, Ordinario di diritto processuale penale presso l'Università Pag. 23degli studi «La Sapienza» di Roma. Sì. Quando si tratta di un facere, per esempio una prestazione sessuale, cosa restituisco ? Come faccio a restituire ? Restituisco i soldi, ma se si tratta di altro, come restituisco ? Si parla di restituzione integrale. È facile per i soldi, che sono fungibili – 10 sono 10, 20 sono 20 – ma se si tratta di altra utilità, come faccio a restituire ? Questa è una condizione del patteggiamento.
  Inoltre, la restituzione integrale è un'attenuante. Gioca due volte il terzo, cioè lo gioco soltanto sul piano dell'ammissibilità del rito o posso giocarmelo anche una volta restituito come un terzo di diminuzione ? Allora ho prima un terzo di diminuzione e poi ho il terzo di abbattimento ? E i beni dell'altro ? In alcuni casi, come mi ha detto un giudice a Napoli, non sono io a disporre del bene che dovrei restituire, ma l'altro, per cui chiedo il patteggiamento, ma il bene non è più nella mia disponibilità. C’è una fattispecie criminosa nel 319, nel quale non sarei ammesso al rito.
  Intervengo sul problema del patteggiamento visto che lei l'ha sollevato. Resto allibito di fronte alla giurisprudenza amministrativa e contabile per come interpreta la sentenza di patteggiamento. Leggiamo bene quello che dice la norma: salvo che non sia diversamente disposto, è equiparata. Se allora si dice che è una sentenza di condanna, dovrebbero essere i casi nei quali non opera l'effetto di condanna a essere normativamente previsti. Non so se riesco a spiegarmi. Si è fatto, invece un dibattito con i giudici amministrativi e contabili e quella di patteggiamento è una sentenza di condanna, tranquillo e pacifico, al di là di ciò che dice la legge.

  PRESIDENTE. (fuori microfono) Non era così.

  GIORGIO SPANGHER, Ordinario di diritto processuale penale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma. Non era così, lo so. Bisognerebbe essere chiari. La formulazione è evidente, perché è scritto addirittura che, anche se pronunciata in seguito a giudizio, non ha autorità di giudicato, che vuol dire che quella sentenza non ha quegli effetti. Ma allora si scriva la norma in termini che mi permetto di suggerire più chiari.

  FRANCO VAZIO. (fuori microfono) Addirittura, non ha efficacia in giudizio.

  GIORGIO SPANGHER, Ordinario di diritto processuale penale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma. Neanche se pronunciata a seguito di dibattimento, perché solo le sentenze del dibattimento hanno autorità di cosa giudicata, quindi già non ce l'avrebbe perché è una sentenza di udienza preliminare. Si tratta di un problema che la Commissione valuterà.
  È chiaro che le grosse critiche sul piano sono quelle della richiesta di condanna. È un istituto che innanzitutto ho definito un semilavorato, cioè è stato messo lì ed è lasciato appeso: su che profilo ?
  Innanzitutto, come si fa in un codice di procedura penale a dire che la pena è ridotta da un terzo alla metà, dove c’è il principio di certezza ? Da un terzo alla metà è un margine talmente elastico che non riesco a capire quando il giudice me lo dà e quando no.
  La domanda di Canzio è chiarissima: che effetto fa la confessione ? Sano le invalidità ? Anche nel caso in cui avanzi la richiesta di condanna – il giudice può applicare il 129 – sano le invalidità processuali, l'inutilizzabilità, il difetto di competenza ? Questo non è scritto. Vorrei che si chiarisse meglio il senso di questa confessione e che si capisse meglio il senso di questo rito. Messo così, oggettivamente stride col sistema. Anche se è funzionale al fatto che il patteggiamento sia stato ridotto a tre anni, che c’è una fascia superiore non coperta dall'abbreviato, e quindi si cerca di coprire la fascia intermedia.
  È chiaro che entro i tre anni c’è il patteggiamento, sopra i tre anni si può arrivare alla richiesta di condanna con pene che vanno ridotte da un terzo fino alla metà, il che vuol dire da 16 anni fino a 8, ma devo sapere, nel momento in cui faccio la richiesta di condanna, se mi sarà Pag. 24abbattuta di un terzo della metà, altrimenti navigo al buio.
  La domanda ulteriore è: si sanano le invalidità in questo caso o no ? Un'intercettazione telefonica inutilizzabile, al di là della confessione, mi viene cancellata oppure no ? Che effetti avrà questa dichiarazione nei confronti dei terzi ? Io l'ho chiesta per ottenere uno sconto di pena, non è detto che sia assolutamente credibile e veritiera, perché il giudice l'accerta in relazione alla mia responsabilità. Quest'atto probatorio che effetto ha ? Dove va a finire ? Che ricadute ha ?
  Sull'abbreviato, abbiate pazienza, ma non posso del tutto condividere la sanatoria dell'invalidità. È vero che l'imputato può fare l'eccezione prima di chiedere il rito e non ho capito se, così facendo, respinte che siano, nonostante le eccezioni, le abbia sanate. A me pare difficile ritenere che sia una sanatoria delle nullità a regime intermedio e mi pare che la legge vada al di là, se non ricordo male, della sentenza Tammaro, che parla di patologie fisiologiche e patologiche. Qui non è esattamente così.
  Faccio una domanda. Il difetto di motivazione dei decreti di proroga delle intercettazioni telefoniche riguardano un problema di limiti all'ammissibilità dell'intercettazione, e quindi non sanabile perché le intercettazioni sono state fatte fuori dei casi previsti dalla legge, o sono sanate con la richiesta di abbreviato ? In teoria, secondo la formulazione, si va ben al di là della distinzione tra patologiche e non patologiche. Tra parentesi, anche l'eccezione di incompetenza per territorio viola una norma di garanzia costituzionale del giudice naturale.
  Infine, se esco dal rito, ho sanato o mi riprendo l'invalidità ? Se esco dal rito dell'abbreviato, perché il giudice a un certo punto rinnova e io rinuncio al rito, la sanatoria è ancora efficace ? Questa sanatoria è un po’ a intermittenza ? Devo dire che mi lascia perplesso. Tra parentesi, nel passaggio tra la richiesta di condanna e il rito abbreviato mi pare che debba essere almeno prevista l'incompatibilità, perché il giudice che mi ha rigettato la richiesta di condanna non potrebbe essere il giudice che fa il rito abbreviato. Almeno così mi sembrerebbe.
  Vengo a una notazione. Non voglio parlare della prescrizione. Sono sempre stato convinto del problema della prescrizione perché abbiamo imbastardito un sistema di natura sostanziale con elementi di natura processuale. Altro è il tempo del commesso reato, altro quello del processo. Sono sempre stato convinto anche nella Commissione Riccio di tenere nettamente distinto il tempo della prescrizione del reato, cioè il tempo in cui ci si allontana dal fatto, e quello in cui si deve celebrare i processi.
  Sapete che esiste un meccanismo che riguarda il procedimento disciplinare per i magistrati in cui si distingue il tempo dell'illecito e quello del processo. Sono dell'avviso che bisognerebbe lavorare in questa diversa prospettiva: tempo del reato, dal reato commesso, tempo lungo, nel quale il senso del reato si allontana, e tempo nel quale il processo si deve celebrare. Sono due tempi. Abbiamo fatto, invece, una commistione di elementi. Il processo sospende la prescrizione. È il processo che la sospende, è il processo che la allunga. Vedo, invece, una necessità di tenere i due piani assolutamente distinti. Mi rendo conto che può essere difficile.
  Qual è lo schema processuale che stiamo costruendo ? Vorrei che qui fosse chiaro a tutti che abbiamo un pubblico ministero – per cortesia, i reati ci sono, vanno accertati, puniti e così via – che è dominus dell'iscrizione, del tempo delle indagini, del tempo del processo, rito direttissimo, rito immediato, 48, 30 giorni, 180, 90: chiaro ?
  È, però, dominus anche di una richiesta di decreto penale di condanna che può essere chiesto o non chiesto. È dominus dell'irrilevanza del fatto che può essere archiviata su richiesta del pubblico ministero o meno e seguire un rito assolutamente ordinario.
  Siamo di fronte a un imputato che, di fronte al deposito per 415-bis, è nell'alternativa se celebrare il dibattimento o opporsi al decreto penale di condanna, patteggiare, chiedere la sospensione del Pag. 25processo e messa alla prova, condotta riparatoria, remissione di querela, richiesta di condanna, abbreviato.
  L'allungamento della prescrizione del tempo, e quindi l'impossibilità di lucrare, sul tempo del processo, un proscioglimento, porterà a un'alternativa: accedere a questi riti che hanno contenuto di condanna, con accettazione della condanna sul materiale dell'accusa, o giocare il dibattimento sul materiale dell'accusa. Questo è lo schema di processo che stiamo costruendo.
  Qualcuno lo dice punitivo. Quando si ha richiesta di condanna, sospensione del processo e messa alla prova, che è una cripto-pena, irrilevanza del fatto, che è un reato senza pena, si hanno le condotte riparatorie e si ha a un certo punto la remissione della querela o comunque l'accordo con la persona offesa monetizzata. Questo è uno schema processuale che l'eliminazione della prescrizione fa tutto rifluire in questa determinata fase.
  Va benissimo perché porta nel sistema accusatorio, ma a condizione che il dibattimento sia tale. Il problema è se il dibattimento è di nuovo recupero dello stesso materiale. Il sistema bifasico era questo, indagini e dibattimento. Qui, invece, si conducono le indagini, sulle prove va accettato questo tipo di definizione, sulle stesse prove si deve accettare il dibattimento. Una volta avevo la possibilità di giocarmi sulle invalidità o su altro, oggi non ho neanche questa possibilità. Vorrei che si fosse attenti a questo.
  Allora, il discorso è che questa scelta può andare bene, ma forse qualche correzione delle regole dibattimentali di formazione della prova, cioè a dire qualche sanzione sulle modalità con cui si forma la prova in dibattimento, che oggi non è sanzionata, sarebbe necessaria, altrimenti gli avvocati e gli imputati si troveranno veramente nella situazione di giocarsi la condanna subito o la condanna dopo. Vorrei che fosse chiaro.
  Sono condanne miti o comunque premiali rispetto a condanne più gravi, ma si finisce per accettare di giocare la partita sulle carte dell'accusa. Vorrei che almeno questo scenario fosse chiaro, poi può andare anche bene. Mi fermerei qui e mi rimetto a ciò che mi chiederete.

  PRESIDENTE. In realtà, qui il dibattimento non c’è, anzi non è stata fatta nessuna modifica alla questione del dibattimento. Ho vissuto la riforma del codice di procedura penale del 1989, quindi tutto quello che era prima e quello che è diventato, ma sostanzialmente leggo in questa riforma, che poi andrà migliorata – stiamo facendo l'indagine conoscitiva apposta – un po’ il tentativo di far tornare o comunque di rivalorizzare, se possibile, alcuni riti premiali che erano nell'ottica della riforma del 1989, dove c'era un dibattimento che doveva essere per pochi processi e uno allungato inevitabilmente perché lì si doveva formare la prova.
  Ora, abbiamo visto, con un sistema dove i riti alternativi non sono diventati più appetibili perché la prescrizione era più appetibile, un dibattimento allungato enormemente nei tempi. Alcune volte al dibattimento un maresciallo della finanza deve ripetere a voce le indagini bancarie effettuate per anni, mentre prima nel rito inquisitorio si leggeva il rapporto e questo porta a udienze e udienze.
  I tempi del dibattimento sono ancora molto lunghi e non mi sembra che ci siano norme che vanno a restringerli. Noi siamo pronti e ci rendiamo conto che dobbiamo cercare di ricalibrare, ma vedo invece che qui si cerca di ridare dei valori. Anch'io posso avere delle perplessità su come si cerca di farlo, ma ad esempio vedo un po’ forti le modifiche del giudizio abbreviato e la sanatoria di nullità. Sostanzialmente, si accetta un rito e non è detto che per questo si debba sanare le nullità se ci sono state, anche perché il giudizio abbreviato è un mini-dibattimento con delle prove che ci sono e io accetto le prove, ma non accetto...

  GIORGIO SPANGHER, Ordinario di diritto processuale penale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma. La validità delle stesse.

  PRESIDENTE. Sul resto, però, francamente non riesco a cogliere quale potrebbe Pag. 26essere la rivisitazione del dibattimento per riequilibrare. Forse è il 507 ?

  GIORGIO SPANGHER, Ordinario di diritto processuale penale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma. Uno può essere il 507, ma può essere...

  PRESIDENTE. Il giudice allarga o comunque integra l'aspetto probatorio, anche d'ufficio: lei dice di fare la richiesta di parte, rifacendo così il processo di parte a tutto tondo...

  GIORGIO SPANGHER, Ordinario di diritto processuale penale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma. Mi sono sempre domandato perché sia fallito l'immediato chiesto dall'imputato. Era ed è ancora nel codice. Una volta eliminata la prescrizione, siamo sicuri che ci sarebbe un 419, comma 2 ? No, perché il problema di quel rito era determinato dal fatto che al dibattimento si cominciava daccapo, che non c'era il passaggio del materiale probatorio del pubblico ministero a dibattimento, c'era un 500.
  Ricordo che Dominioni diceva di guardare le carte dell'accusa. Queste sono le tue carte. A me l'udienza preliminare non interessa, non mi scopro, mi gioco la partita. Se, invece, c’è un'osmosi tra ciò che viene prima e ciò che viene dopo, non ho alternative. Ecco dove i riti sono falliti, perché allora si puntava tutto sulla prescrizione.
  Il discorso è: va benissimo questa griglia di volontaria adesione alle condanne, riparatorie, anticipatorie, sospensione e messa alla prova, che è una pena, irrilevanza, che di fatto è sanzionata perché c’è l'iscrizione nel casellario. Va benissimo la riparazione, va benissimo l'abbreviato, al limite anche la domanda di condanna, ma facciamo pulito il dibattimento, rifacciamolo da capo.
  Saranno pochi, perché tutto sommato so che quello della Guardia di finanza verrà non a confermare, non gli si potrà opporre ciò che ha detto prima. Si dirà che oggi dice che la macchina era rossa, non interessa se prima ha detto che la macchina era nera. So che quando mi depositano le carte corro il rischio che la macchina sia nera, ma a dibattimento me la voglio giocare sul colore della macchina daccapo. Era questo il senso del bifasico, del 500, che è crollato, altrimenti oggi consegniamo un processo all'udienza preliminare con questi riti. Bisogna essere chiari.
  Non voglio spaventare nessuno, ma vorrei che capissimo il sistema che stiamo costruendo, perché a pezzettino a pezzettino (abbreviato, richiesta di condanna, messa alla prova, irrilevanza, decreto penale di condanna opposto o non opposto), stiamo costruendo un modello sanzionatorio dell'udienza preliminare. L'accusatorio si fa sul materiale pulito, non sul materiale trasferito. Questo è il senso del ragionamento. Se non si fa questo, rifluirà tutto, visto che mancherà la prescrizione come valvola di sfogo, nei riti, nella richiesta di condanna o di condanne più miti o meno miti, quello che abbiamo detto e vi ho elencato: decreto oblazione, condotte riparatorie, condotte risarcitorie, irrilevanza del fatto, patteggiamento abbreviato, richiesta di condanna. Questa farà lievitare il dibattimento, ma sono condanne e i patteggiamenti saranno condanne. Basta che siamo consapevoli. Questa è la mia pessimistica visione del processo.

  PRESIDENTE. Dovendo anche fare da relatore di questo provvedimento, mi pongo questo problema. In America ridono di come abbiamo attuato il processo accusatorio cosiddetto all'americana, perché loro celebrano quattro o cinque processi, mentre il resto è tutto patteggiamento, abbreviato, condanne e così via. Ci si può permettere un processo della durata di due o tre anni solo per alcuni reati. Stiamo andando, quindi, verso la situazione per cui la minutaglia deve trovare altre via d'uscita. Per il resto, spendiamo il processo di primo grado.
  Dato che siete concentrati anche sulle impugnazioni, fermo restando che sono perfettamente d'accordo con quello che diceva anche il presidente Canzio che forse la delega qui, quando vuole tipizzare i motivi di appello, forse va oltre, mi Pag. 27chiedo però anche questo: rispetto a un accusatorio, anche se non puro, però dove spende nell'oralità e nella formazione che si fa della prova al dibattimento in primo grado, che senso ha un processo di appello che rimette in discussione tutto il materiale di primo grado sulla carta ?
  Noi abbiamo nel nostro sistema un processo orale, di formazione della prova a dibattimento orale in primo grado, poi l'appello, che si fa sulla carta. Spendiamo anche un anno in più in primo grado, ma facciamo in modo che poi l'appello verifichi... Ecco perché mi convince la vostra proposta, non la tipizzazione. Facciamo in modo di razionalizzare i motivi d'appello, perché il giudice deve fare il suo canovaccio e l'avvocato contesta al giudice i punti specifici. Eventualmente, chiediamo – sono pienamente d'accordo – al giudice d'appello, laddove debba rivalutare alcune prove, di farlo de visu. Che senso ha che in appello si rivedano le carte ?

  GIORGIO SPANGHER, Ordinario di diritto processuale penale presso l'Università degli studi «La Sapienza» di Roma. La logica è stata esattamente questa. Ci sono ragioni storiche. È chiaro che sistemi con giuria non hanno l'appello per ovvi motivi: hanno verdetti motivati, non si controlla niente.
  Abbiamo una motivazione, ma allora il problema è che abbiamo, e su questo si innestano i poteri d'ufficio del giudice – comunque lo trascuro adesso – dei procedimenti o dei processi che si chiudono con motivazione di 50, 100, 200, pagine, in cui il dato giuridico si mischia col dato narrativo. Il tentativo fatto con Canzio e che credo, per esempio, il presidente Lupo stia cercando di fare è di avere una specie di modello di sentenza, in modo che ci sia non dico la formula «considerato, ritenuto» e così via, ma certamente un modulo sul quale innestare i motivi di impugnazione, tipizzati o non tipizzati ha poca importanza, purché ci sia relazione tra il motivo e la motivazione. Allora, critico il punto A1 e su di esso dico questo, sul punto C1 non dico niente e vado avanti.
  Questo limita i poteri del giudice dell'appello, il quale naturalmente ha un devolutum sul motivo e sulla parte della sentenza. Questo è il senso del 507. Ha ragione Canzio che bisogna prendere questa parte e forse togliere dalla delega quel pezzettino relativo alla tipizzazione dei motivi, anche se, com'era stata proposta dall'ufficio legislativo, si trattava, sostanzialmente, di riprendere i motivi del ricorso per cassazione, con la sola differenza della prova non decisiva ma rilevante.
  Il termine «decisiva» diventava «rilevante», ma i motivi erano gli stessi: motivi di legittimità, i primi tre, motivi del difetto di motivazione e motivo relativo alla prova che era solo rilevante e non decisiva. Mi ero permesso di dire, infatti, che non si possono calibrare i motivi di cassazione sui motivi d'appello. Bisogna differenziare almeno il senso della rilevanza o della decisività della prova. Questo potrebbe essere uno schema sul quale ragionare.
  Il problema è chiaro se il giudice si trova 250 pagine di sentenza e l'avvocato 150, più o meno narrative, argomentative, perché questo deriva anche dalla formulazione dell'imputazione. Anzitutto, cominciamo con la sentenza.
  Guardavo al 292. L'ordinanza cautelare è il provvedimento nel quale la legge si è sforzata più di tutto di dire cosa devo trovare, il nome dell'imputato, l'imputazione, i gravi indizi, le esigenze cautelari, il tempo del fatto, una struttura motivazionale, la ragione del carcere. Poi va bene, si scrive che il carcere è l'unica misura, ma non ha importanza. È importante che ci sia tutto e io impugno quel punto. Naturalmente, sarà più lungo, più corto, quattro o dieci righe. Su questo calibro il giudizio d'appello e il ricorso per cassazione perché la motivazione deve riguardare questo. Questo era il senso del ragionamento che abbiamo fatto.
  Naturalmente, per un sacco di tempo – qui purtroppo l'appello sembra sempre lì sul punto di morire – abbiamo pensato che la prova si forma una sola volta, mentre l'Europa ci ha detto che non è così. La prova si forma davanti al giudice che decide, e quindi la Corte europea dei Pag. 28diritti dell'uomo ci ha detto che nei processi di Romania e Moldavia il giudice che deve decidere deve guardare in faccia l'imputato, il testimone. Il discorso è che, se c’è in accusa o in difesa una prova dichiarativa, bisogna che il giudice la valuti e la guardi.
  Naturalmente, questo può appesantire per alcuni versi, però è la condizione che abbiamo nel nostro sistema processuale. In poche parole, se c’è l'appello bisogna dare le garanzie; se lo togliamo, bisogna darne altre. Non possiamo, però, prendere – su questo sono d'accordo – gli accusatori americani e trasferirli da noi, perché non sono comparabili. Dobbiamo costruire il nostro, ma un primo modello nostro non può partire innanzitutto che dal rispetto delle regole.
  Allora, se nel dibattimento è scritto che il giudice – scusate, lo dico – 506 non può fare domande ai testimoni, non le faccia. Non deve farle. È questo il punto. Se dobbiamo dire che il materiale dell'accusa rifluisce tutto sul dibattimento, a questo punto il discorso cade. Basta che ci capiamo.
  Credo che, onestamente, da parte di tutti non ci sia volontà di barare più, perché ormai è finito il tempo per barare. Nella Commissione Canzio, infatti, sulle questioni su cui ci siamo trovati siamo andati all'unanimità anche con i magistrati, poi ci sono state quelle su cui non ci siamo trovati, come il 335, nel qual caso effettivamente il discorso è stato difficile. Lì si incide sui poteri. Ci sarebbe un altro tema: l'iscrizione soggettiva e non solo l'iscrizione a notizia.
  Se non scrivo, come ha fatto Giovanni Savia a Catania, ma non per una volontà punitiva, bensì per garantire il diritto di difesa, e ti faccio il 360 (accertamenti tecnici) senza il tuo consulente, poi te li gioco a dibattimento, perché non ti ho iscritto nel registro, naturalmente nominativo e come notizia.
  I problemi ci sono. Sappiamo dove sono. Se c’è la volontà, come sul 335, si possono risolvere, come quelli del 103 e mi permetterei di riflettere anche sul 104 con riferimento all'alloglotta. Lì la norma è un po’ più stringente.

  PRESIDENTE. Desidero ringraziare il professor Spangher per gli spunti di approfondimento, anche di critica costruttiva. Il disegno di legge è sicuramente una base di partenza, che però già è molto importante avere.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.20.