XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Mercoledì 25 giugno 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DELLA PROPOSTA DI LEGGE C. 559  BOLOGNESI, RECANTE «INTRODUZIONE DELL'ARTICOLO 372-BIS DEL CODICE PENALE, CONCERNENTE IL REATO DI DEPISTAGGIO»

Audizione di Armando Spataro, Sostituto Procuratore della Repubblica Aggiunto presso il Tribunale di Milano, di Fabio Repici, Avvocato, di Roberto Scarpinato, Procuratore generale presso la Corte d'Appello di Palermo, e di Andrea Pertici, Ordinario di diritto costituzionale presso l'Università degli studi di Pisa.
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Spataro Armando , Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano ... 3 
Ferranti Donatella , Presidente ... 6 
Repici Fabio , Avvocato ... 6 
Ferranti Donatella , Presidente ... 8 
Scarpinato Roberto , Procuratore generale presso la Corte d'Appello di Palermo ... 8 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Pertici Andrea , Ordinario di diritto costituzionale presso l'Università degli studi di Pisa ... 11 
Ferranti Donatella , Presidente ... 12 
Sarti Giulia (M5S)  ... 12 
Mattiello Davide (PD)  ... 12 
Bolognesi Paolo (PD)  ... 12 
Verini Walter (PD)  ... 13 
Berretta Giuseppe (PD)  ... 13 
Ferranti Donatella , Presidente ... 13 
Scarpinato Roberto , Procuratore generale presso la Corte d'Appello di Palermo ... 13 
Ferranti Donatella , Presidente ... 14 
Scarpinato Roberto , Procuratore generale presso la Corte d'Appello di Palermo ... 14 
Morani Alessia (PD)  ... 14 
Ferranti Donatella , Presidente ... 14 
Spataro Armando , Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano ... 14 
Ferranti Donatella , Presidente ... 14 
Spataro Armando , Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano ... 15 
Pertici Andrea , Ordinario di diritto costituzionale presso l'Università degli studi di Pisa ... 15 
Repici Fabio , Avvocato ... 15 
Ferranti Donatella , Presidente ... 16

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia: (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 14.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione di Armando Spataro, Sostituto Procuratore della Repubblica Aggiunto presso il Tribunale di Milano, di Fabio Repici, Avvocato, di Roberto Scarpinato, Procuratore generale presso la Corte d'Appello di Palermo, e di Andrea Pertici, Ordinario di diritto costituzionale presso l'Università degli studi di Pisa.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di Armando Spataro, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano, di Fabio Repici, Avvocato, di Roberto Scarpinato, Procuratore generale presso la Corte d'Appello di Palermo e di Andrea Pertici, Ordinario di diritto costituzionale presso l'Università degli studi di Pisa.
  La Commissione, ovviamente, non è al completo, ma ci sono tutti i rappresentanti dei gruppi. Nel frattempo, è riunita la Giunta per l'autorizzazione a procedere poiché oggi c'era l'audizione di Galan. Ecco perché non ci siamo tutti.
  Con la precisazione che darei 10 minuti ciascuno, do la parola ad Armando Spataro.

  ARMANDO SPATARO, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano. Ringrazio il presidente della Commissione per questa convocazione che, ovviamente, mi e ci onora. Dico subito che, ovviamente, ho pensato di portarvi, come è naturale, la mia esperienza di pubblico ministero, non certo quella di giurista. Oltretutto, i pubblici ministeri sono spesso definiti giuristi pratici, alludendo alla loro ignoranza, ma valuterete voi il frutto dell'esperienza che vi rappresenterò.
  Nella mia carriera, mi sono occupato di terrorismo, soprattutto di sinistra, durante gli anni di piombo, poi di mafia al nord in tutti gli anni Novanta, sostanzialmente fino alla fine, sono stato membro del Consiglio superiore della magistratura, poi mi sono occupato di terrorismo internazionale e anche, visto che si parla di stragi, dell'ultima tranche dell'indagine di Piazza Fontana, archiviata su richiesta del nostro ufficio recentemente da parte del gip di Milano.
  Devo dirvi subito che, tranne che per la vicenda di Piazza Fontana, dove in qualche modo i depistaggi sono sedimentati, risalenti nel tempo, non ho mai avuto seriamente occasione di imbattermi in dichiarazioni depistanti di pubblici ufficiali rispetto alle indagini che conducevo, ma sottolineo di dichiarazioni depistanti di testimoni o persone informate.
  Un primo rilievo, infatti, va fatto e credo che anche per voi sarà importante: è ovvio che un obbligo di dire la verità e la punizione del contrario può sussistere solo nei confronti dei testimoni o delle persone informate sui fatti, poiché gli imputati, anche se pubblici ufficiali, hanno Pag. 4diritto di mentire e ciò non è neppure sanzionabile. L'idea di ostacoli, grandi difficoltà a questo tipo di indagini pur rilevanti non è, quindi, mia. Non mi sono mai imbattuto in quello che si definisce non tecnicamente depistaggio.
  Sono conscio che, soprattutto a proposito del terrorismo interno, vi sono ancora coloro che credono a ipotesi di depistaggi, di misteri. Mi riferisco alle vicende della scoperta della base di via Monte Nevoso, l'omicidio Tobagi. Potremmo anche enumerare qualche altro episodio, ma ritengo che queste ipotesi siano definibili né più né meno che sciocchezze pure. Ebbi modo di parlarne a suo tempo anche alla Commissione su terrorismo e stragi presieduta dal senatore Pellegrino, quando fui convocato, ed esposi le mie teorie in proposito.
  Ovviamente, poi potremo approfondire eventuali domande, seguo le cronache di tutte le altre indagini importanti, ma non conoscendone direttamente gli atti, credo che non ci si possa pronunciare fino a sentenza e lettura della medesima.
  Credo, visto che se ne parla anche nella relazione di accompagnamento della proposta di legge, che invece sia stato, per quanto mi riguarda, molto più importante e grave il problema del segreto di Stato. Qui rilevo che nella proposta in questione, o meglio, nella relazione di accompagnamento si pone in evidenza l'importanza del segreto di Stato. Nello stesso tempo, questa proposta di legge non lo affronta minimamente e, anzi, esplicitamente si dice esclusa ogni proposta d'intervento in quella materia. Ritengo, invece, e dico sommessamente che forse su questo, anche se forse fuori dal tema della seduta odierna, è il settore su cui l'attenzione del legislatore dovrebbe appuntarsi. Presidente, mi permetta due parole su questo.
  Premetto che la legge 3 agosto 2007, n. 124, che ha rinnovato il sistema del segreto di Stato e delle agenzie di informazioni, a mio avviso è poco criticabile in sé. Al contrario, lo è pochissimo. Dirò la norma che in qualche modo mi lascia perplesso. Il problema vero è quello, a mio avviso, dell'inefficienza o non funzionamento dei controlli sul segreto di Stato.
  Per quanto riguarda la norma criticabile, rammento che anche quando era in gestazione ipotizzai che l'articolo 41 di questa legge, anche nell'interpretazione che ne sono state date successivamente e persino la Corte costituzionale, impedendo all'imputato l'esercizio del diritto di difesa adducendo il segreto di Stato, contrariamente a quanto la Suprema corte aveva più volte sentenziato, di fatto consente a qualsiasi imputato che opponga il segreto di Stato, ove questo ovviamente sia confermato dalla Presidenza del Consiglio, in qualche modo di sfuggire all’iter valutativo della giustizia ordinaria. È avvenuto, come sapete, nella vicenda Abu Omar per quanto riguarda imputati italiani, ma non è sul punto specifico che voglio soffermarmi.
  Perché cito l'articolo 41 ? Non che il segreto di Stato non riguardi anche gli imputati – ci mancherebbe – ma prima di questa norma e di questa legge la giurisprudenza unanimemente riteneva che fosse prevalente l'articolo 51 del codice penale, l'esercizio del diritto di difesa, che consentiva all'imputato di difendersi violando il segreto di Stato senza incorrere in sanzioni. Questo non è più possibile, e quindi ci troviamo di fronte a un buco nero. Recentemente, anche la Corte di cassazione l'ha messo in evidenza.
  I controlli, quindi, di cui parlo e previsti sul segreto di Stato sono di due tipi, come sappiamo: quello giurisdizionale e quello politico. Quello giurisdizionale è affidato alla Corte costituzionale dopo l’iter previsto, ma la Corte costituzionale in tutte le sue ultime pronunce ha scelto, dicendolo chiaramente, di non entrare nella valutazione del merito del segreto di Stato, quindi sostanzialmente limitandosi al controllo della regolarità della procedura e a una valutazione giuridica.
  Il controllo politico, allora, spetta al Copasir e qui ovviamente non entro nel merito delle valutazioni dell'attuale Comitato di controllo, che forse non si è neppure mai pronunciato sul segreto di Stato, come sono certo. Il Copasir, però, e Pag. 5prima ancora il Copaco non si è mai pronunciato criticamente sul segreto di Stato apposto dal Presidente del Consiglio o confermato dopo le opposizioni delle persone sentite.
  Rispettosamente – vorrei che fosse chiaro – mi permetto di ricordare, ad esempio, che sulla vicenda Abu Omar, che ovviamente mi ha impegnato per molti anni, abbiamo avuto il Copasir presieduto in successione dai parlamentari D'Alema e Rutelli, che erano stati entrambi Vicepresidenti del Consiglio dei ministri che aveva posto il segreto di Stato. Questo è un caso che ho discusso anche in sede di Commissione del Consiglio d'Europa e lo stupore dei componenti del Consiglio d'Europa – credetemi – era indescrivibile.
  Forse, quindi, anche su questo ci si potrebbe concentrare con un rimedio che non è solo culturale. Forse servirebbe anche una diversa composizione del Comitato di controllo, un divieto di farne parte per chi ha avuto ruoli di Governo, prevedere una quota di componenti di nomina presidenziale, ma mi fermo qui e passo ai rilievi sulla proposta che riguarda il 372-bis.
  Alla luce della mia premessa e, ovviamente, con ulteriore sottolineatura del rispetto per i proponenti e per tutti voi, ritengo, come ripeto sommessamente, che forse non vi è bisogno di un'altra norma di questo tipo. Cerco di spiegare il mio pensiero, ma con delle premesse e dei piccoli passi che segnano il ragionamento.
  Anzitutto, la norma prevede che essa si applichi soltanto alle dichiarazioni rese dai pubblici ufficiali. Se la preoccupazione è di evitare, appunto, il depistaggio a cui si intitola la norma, non si può non prendere in considerazione che vi sono ben altre condotte materiali diverse dalle dichiarazioni che possono produrle.
  In secondo luogo, è chiaramente un reato proprio, che cioè può essere commesso dai pubblici ufficiali. Anche solo fermandosi, però, all'ipotesi delle dichiarazioni, queste potrebbero essere rese anche da chi ha prestato assistenza a pubblici ufficiali. Vi rammento, però, che soltanto la legge che ho citato prima, n. 124 del 2007, sul segreto di Stato e sulle agenzie di informazione, prevede l'assimilazione tra chi appartiene ad agenzie di informazione e chi presta assistenza ai fini della qualifica di pubblico ufficiale. Se solo di dichiarazioni dovremmo preoccuparci, quindi, forse va pensato anche che la sanzione va prevista anche per chi assiste il pubblico ufficiale.
  Mi chiedo, però, sempre su questo punto, se sia necessaria in sé quest'aggravante per i pubblici ufficiali – parleremo dalla tipologia dei reati cui si riferisce – posto che già esiste comunque un'aggravante nell'articolo 61, comma 9, del codice penale, che rammento aggrava la pena di un terzo. Il reato di falsa testimonianza sarebbe punito fino a 8 anni rispetto a 10, mi pare, di reclusione, come prevede la proposta di 372-bis. Vado ancora avanti per arrivare a una modestissima proposta.
  Quanto alla tipologia dei reati, è previsto un elenco di quelli rispetto ai quali le dichiarazioni danno luogo alla violazione del 372-bis, le dichiarazioni false o il tacere quello che si sa. Anzitutto, mi permetto un piccolo rilievo tecnico, su cui spero di non sbagliare. Siccome, però, è citata la legge sulle associazioni segrete, si parla di reati di cui all'articolo 1 della legge in questione, mi pare di ricordare che l'articolo 1 sia una norma definitoria. La previsione del reato è nell'articolo 2: allora, o si richiama l'articolo 2 o i reati di cui alla legge, perché l'articolo 1 sono quasi certo essere definitorio.
  Inoltre, il catalogo dei reati per cui si procede e nell'ambito dei quali le dichiarazioni o le mancate dichiarazioni sono sanzionabili, così preciso e categorico, potrebbe anche apparire o rivelarsi in futuro restrittivo. Ne parlavamo anche col collega Scarpinato un attimo fa: non si comprende perché sia fuori il reato di omicidio. Potrebbe esserci anche un omicidio che ha una rilevanza rispetto agli interessi che si vogliono tutelare. Sono fuori anche altri reati che la moderna tecnologia consente di consumare a chi voglia «depistare», come i reati informatici.
  Forse, mi permetto di dire che sarebbe meglio aggiungere o modificare questa Pag. 6norma utilizzando la formula di cui all'articolo 378, cioè favoreggiamento personale, che fa riferimento ai reati per i quali la legge stabilisce l'ergastolo o la reclusione, e classificarli in base alla pena. Può essere anche una pena diversa. Anziché, però, specificare una per una le figure di reato, bisognerebbe far riferimento alla pena prevista per indicarne la gravità.
  In alternativa, si potrebbe semplicemente aggiungere al catalogo già presente nella formulazione del 372-bis una formula ulteriore del tipo «e comunque reati puniti con la pena della reclusione non inferiori ad anni...» e stabilisce il legislatore quanto, in modo da riportare la gravità del comportamento, anche omissivo del pubblico ufficiale che nulla dice, a un giudizio di gravità dei reati, che prescinde dal catalogo adesso presente e fa riferimento all'entità della pena. Dovreste deciderlo voi.
  Ho due osservazioni ancora, per cui credo di sforare al massimo di due o tre minuti. Anzitutto, definire depistaggio questo reato, al di là del fatto che ripeto di essere favorevole alla strada che adesso mi permetto di suggerirvi piuttosto che a quella di creare una nuova figura di reato, mi sa tanto di definizione non tecnica né giuridica. È come se fosse ancora una volta una cessione alla logica del messaggio informativo. Lo usano i giornalisti, oltre ad altri commentatori. Questa definizione non mi pare tecnica.
  Inoltre, all'interno del testo, si parla alla fine di comportamento di chi afferma il falso o nega il vero e così via intorno ai fatti sui quali è interrogato. Attenzione: l'interrogatorio è quello dell'indagato. È vero che nel 372 attuale, falsa testimonianza, si fa anche riferimento all'interrogato, ma la premessa del 372 dice testualmente «chiunque deponendo come testimone dinanzi all'autorità giudiziaria». Questa premessa, non presente nella formula del 372-bis, induce a dire che quindi, «interrogato» sui fatti si riferisce al testimone. Siccome, però, qui non c’è, allora c’è qualcosa che non va, perché l'interrogatorio a me pare decisamente essere quello dell'indagato dinanzi al pubblico ministero, dinanzi al giudice.
  Con l'attuale formula, quindi, non è chiaro se la norma punisca solo le dichiarazioni rese o quelle taciute dinanzi al P.M., solo al P.M. o come io credo, se si voglia punire con una maggiore pena anche quelle rese dinanzi al giudice.
  Concludo dicendo che, per evitare questi problemi, che spero non troppo confusamente di avervi elencato, ma che sono problemi tecnici, mi viene in mente che, anziché una nuova figura di reato, si potrebbe pensare a un'aggravante, un comma 2, da aggiungere però sia al 371-bis, che riguarda le dichiarazioni false rese al P.M., sia al 372. Mi riferisco a un comma secondo che dica – mi son permesso persino di scriverlo – «se il fatto è commesso da pubblico ufficiale – qui, se siete d'accordo, si potrebbe aggiungere» o da persone che hanno fornito assistenza al pubblico ufficiale «– nell'ambito di procedimento penale per i reati già elencati e comunque per quelli puniti con la pena della reclusione non inferiore al massimo a... – può essere 15, 20, vedete voi – il responsabile è punito con la pena da... a...». Spero sia chiaro.
  Alludo non a una nuova figura di reato, ma a un'aggravante che preveda la qualità di pubblico ufficiale o quella di chi ha assistito il pubblico ufficiale, un catalogo di reati cui viene aggiunto anche l'insieme di quelli che hanno una gravità derivante dalla pena, che sia possibile punire chi rende dichiarazioni sia al P.M. sia al giudice.
  Spero di non avere esagerato.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il procuratore anche del supporto e dell'inquadramento che ha voluto offrirci.
  Do ora la parola all'avvocato Fabio Repici.

  FABIO REPICI, Avvocato. Buonasera. Grazie, presidente e onorevoli componenti di questa Commissione. Presidente, brevemente, ancor più di chi autorevolmente mi ha preceduto, vorrei portare non un apporto Pag. 7che sarebbe ben modesto sotto il profilo dottrinario, ma più sotto il profilo della pratica processuale e le emergenze che nella vita giudiziaria si possono verificare. Mi permetto, però, di fare una premessa.
  La proposta di legge introduttiva dell'articolo 372-bis reca una rubrica che porta il nome di depistaggio. Come ho già detto privatamente al proponente mentre entravo qui, apprezzo e comprendo bene le ragioni morali che hanno portato al progetto di legge. Trovo, però, un'incongruenza, un'aporia tra la rubrica e la condotta che si vorrebbe punire. In qualunque dizionario che consultassimo, al termine depistaggio, leggeremmo dell'attività di sviamento delle indagini o del processo da parte di operatori della Polizia giudiziaria o della magistratura. Questo è ciò che si legge in tutti i dizionari. Ciò corrisponde anche al senso comune, ritengo abbastanza condiviso, tutto sommato, in società.
  La proposta, invece, vorrebbe sanzionare solo la condotta dichiarativa nella sede propria. Mi pare facile ricomprendere nella previsione sia la sede delle dichiarazioni innanzi al pubblico ministero sia la sede delle dichiarazioni innanzi al giudice, ma solo la condotta dichiarativa del pubblico ufficiale, che comunque avrebbe, come è già stato ricordato, l'obbligo di legge gravante su tutti i cittadini di dire comunque la verità innanzi all'autorità giudiziaria.
  Diceva bene il procuratore Spataro che, in realtà, lo sviamento dell'attività giudiziaria è di ben più facile verificazione. Nella mia esperienza, ho assistito e assisto parti civili o persone offese dal reato in vicende delittuose che hanno avuto casi che possono già così ritenersi depistaggio. Alludo al processo Borsellino-quater, all'omicidio del poliziotto Antonino Agostino e della moglie commesso nel 1989, all'omicidio del giornalista Beppe Alfano, all'omicidio di Graziella Campagna. In ultimo, come mi piace ricordare perché domani cade il 31o anniversario dalla commissione di quel delitto, alludo all'omicidio del procuratore Bruno Caccia.
  In realtà, la pratica giudiziaria mi ha fatto rilevare in concreto, alle volte anche con statuizioni dell'autorità giudiziaria, che l'attività che possiamo convenzionalmente definire depistatoria si è verificata non nella sede formale propria delle dichiarazioni innanzi al P.M. o al giudice, ma in una fase precedente, addirittura alle volte perfino precedente all'iscrizione della notizia di reato, quindi prima ancora che il procedimento penale avesse corso.
  Vi prospetto delle difficoltà di carattere pratico che renderebbero spesso, se non sempre, la condotta che si vuole sanzionare come una condotta inesigibile. Il pubblico ufficiale che, in fase di indagine o, addirittura, in fase prodromica rispetto alle indagini, si fosse reso responsabile di una qualche condotta depistante – i casi della stazione di Bologna sono ben noti a tutti, le vicende delle quali mi sono occupato anche – comporterebbero la necessità da parte del pubblico ufficiale, che già si è reso responsabile di condotte oggettivamente depistanti, di doversi accusare, se volesse sfuggire alla sanzione penale, innanzi al giudice. Ovviamente, quindi, si tratterebbe di una condotta non esigibile da parte del pubblico ufficiale dichiarante. Questo, secondo me, rischia di far risolvere in una certa inutilità la proposta così fatta.
  In realtà, secondo me, proprio perché apprezzo lo spirito della proposta, il legislatore dovrebbe preoccuparsi e verificare la possibilità di sanzionare il depistaggio in un modo coerente rispetto al concetto di depistaggio che c’è nella testa di ognuno di noi, che non è il concetto della falsa dichiarazione al pubblico ministero o al giudice.
  Ieri, ho fatto udienza relativa al processo per l'omicidio del poliziotto Agostino. Molti di voi avranno saputo, poiché il fatto è di pubblica notorietà, che nel corso delle indagini fin dall'immediatezza, come regola spesso vuole, apparati investigativi cercarono di imporre una causale sentimentale del delitto che sviasse da ragioni di alta mafia e di devianze istituzionali, che in realtà a modo di vedere di chi parla stanno dietro al delitto. Nel far Pag. 8ciò, alcuni apparati investigativi e, in particolare, una persona fisica poi individuata, si rese responsabile della soppressione di importantissimi elementi, appunti manoscritti del poliziotto assassinato.
  Vi segnalo che solitamente queste risultanze emergono spesso per ragioni del tutto casuali, ma soprattutto a distanza di tempo anche imponente rispetto alla commissione del fatto. Allora, due sono le mie osservazioni. Anzitutto, ritengo che il legislatore dovrebbe valutare la possibilità di sanzionare a titolo di depistaggio delle condotte che altrimenti oggi potrebbero essere punite, non sempre, ma spesso sì, a titolo di favoreggiamento, di falso, di calunnia se del caso.
  La previsione è di un'ipotesi autonoma che colpisca l'attività del pubblico ufficiale, che nella specie quindi sarà l'ufficiale o l'agente di Polizia giudiziaria, il magistrato se del caso. Naturalmente, ho rispetto sommo dell'istituzione giudiziaria, ma come la condotta deviante può essere commessa dalla Polizia giudiziaria, non si vede la ragione in natura per cui non possa essere commessa da un soggetto appartenente alla magistratura.
  Andrebbe prevista, quindi, una sanzione nei confronti dell'operatore della magistratura, dell'operatore della Polizia giudiziaria, dell'operatore delle agenzie di intelligence e degli ausiliari dell'autorità giudiziaria che si rendessero responsabili di condotte finalizzate all'occultamento della verità, allo sviamento delle indagini o, in sede processuale, direttamente della giustizia.
  Cito un esempio rispetto a ciò che dicevo circa la possibilità che condotte depistanti possano oggi non trovare sanzione. Mi riferisco proprio a ciò che ho verificato. Una fonte orale si presenta innanzi al pubblico ministero e riferisce una circostanza di fatto fornendo accusa sulla causale del delitto e sul responsabile del delitto, dicendo che le preoccupazioni in capo a determinate persone sono derivate dall'emissione di una comunicazione giudiziaria per un altro grave delitto.
  Il pubblico ministero interrompe l'atto istruttorio e, a un certo punto, informa il dichiarante che il fatto presupposto, cioè la comunicazione giudiziaria emessa da quello stesso ufficio che aveva dato adito alle preoccupazioni che poi avevano portato alla commissione del delitto, non si era mai verificato, come accertato nel suo ufficio. Oggi posso dire che il fatto era documentalmente falso, perché quelle comunicazioni giudiziarie erano state emesse. Cosa si deve pensare della condotta di quel pubblico ministero ? Potrà essere punito a titolo di favoreggiamento ?
  È possibile che il legislatore limiti alla valutazione della condotta come condotta favoreggiatrice oppure proprio lo spirito della proposta di legge non rende necessario che si valuti l'introduzione di una norma che non sia una fattispecie aggravata della falsa testimonianza o delle false dichiarazioni al P.M., ma autonoma, che colpisca il pubblico ufficiale nelle varie vesti in cui può operare scadendo in quell'attività illecita che porti allo sviamento – questo è il depistaggio – dell'attività giudiziaria.
  Sull'ultima osservazione, presidente, chiedo preventivamente scusa. Sul momento dell'emersione dell'eventuale prova sull'attività depistatoria vi sollecito una riflessione. Il depistaggio è lo sviamento della pretesa punitiva dello Stato. La prescrizione è l'estinzione della potestà punitiva dello Stato. Ontologicamente, la risultanza su un'attività depistante emergerà vent'anni dopo. Sull'omicidio Agostino è emersa da un'intercettazione di vent'anni dopo e, infatti, il reato, per cui la procura della Repubblica ha dovuto chiedere l'archiviazione, è già prescritto sotto il profilo del falso per soppressione.
  Faccio rilevare che non ci sarebbero, secondo me, profili di incostituzionalità perché si tratta di condotta dolosa, e quindi certi fulmini che hanno, giustamente secondo me, colpito fattispecie colpose non avrebbero ragione di essere. Resto a disposizione.

  PRESIDENTE. Do ora la parola al procuratore Scarpinato.

  ROBERTO SCARPINATO, Procuratore generale presso la Corte d'Appello di Palermo.Pag. 9Nel corso della mia esperienza professionale, ho dovuto misurarmi sin dall'inizio con l'esperienza del depistaggio delle indagini, una costante nella mia storia professionale. Questo dipende dalla tipologia delle indagini che ho dovuto effettuare, indagini per omicidi eccellenti: il presidente della regione siciliana Mattarella, il segretario regionale del PCI La Torre, il prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, il segretario provinciale della Democrazia cristiana Reina o indagini che hanno portato alla condanna definitiva di vertici dei servizi segreti collusi con la mafia, come Bruno Contrada, o del dirigente alla squadra mobile di Palermo, D'Antona, che pure è stato condannato, o ancora indagini sulle stragi. È un'esperienza che mi ha molto colpito, molto segnato e che arriva sino ai nostri giorni.
  Nella qualità di procuratore generale di Caltanissetta, ho dovuto occuparmi, per esempio, della revisione dell'indagine relativa alla strage di via D'Amelio. Per citare gli ultimi episodi di depistaggio di cui stiamo ancora occupandoci, pensiamo a tre episodi che riguardano la sottrazione dell'agenda rossa di Paolo Borsellino, la cancellazione della memoria del computer portatile Casio di Giovanni Falcone, l'introduzione di falsi collaboratori di giustizia nella strage di via D'Amelio. Sono gli ultimi tre, ma potrei occupare i miei dieci minuti, ma mi servirebbero due ore, per l'elenco di tutti gli episodi di depistaggio con cui ho dovuto confrontarmi.
  È alla luce di quest'esperienza che vorrei offrire un contributo. Con i miei colleghi e l'avvocato Repici condivido, naturalmente, le finalità della proposta di legge in discussione, ma mi pare che la soluzione prescelta sia assolutamente inadeguata rispetto allo scopo. In sostanza, si risolve il momento della pena per un singolo comportamento di depistaggio, che è quello che replica la condotta attualmente già punita di falsa informazione al pubblico ministero, 371-bis, o di falsa testimonianza con il 372, come è stato detto condanne per reati per i quali col gioco delle aggravanti di cui all'articolo 61, comma. 9, abuso della qualità di pubblico ufficiale, 61, comma. 2, reato per occultare altro reato, si arriva per la falsa testimonianza a 10 anni e 4 mesi, quindi lo stesso risultato per le false informazioni al pubblico ministero a 7 anni e oltre.
  Il problema che nasce dalla mia esperienza è che la condotta di depistaggio, addirittura programmata prima delle soluzioni al reato o, comunque, posta in essere immediatamente dopo la consumazione del reato, si consuma attraverso una molteplicità di comportamenti che vanno dal furto alla soppressione dei documenti, alla simulazione di reato, alla calunnia, all'autocalunnia. Ho fatto un catalogo di 39 comportamenti diversi che sfuggono attualmente a un'adeguata sanzione penale. Pensiamo, per esempio, all'agenda rossa di Paolo Borsellino. Il reato contestato è stato il furto: che altro dovevamo contestare ? È un reato punito da 1 a 3 anni. Pensiamo alla cancellazione della memoria del computer di Falcone: attualmente, è previsto all'articolo 635-bis, distruzione dei file informatici, punibile a querela.
  Il problema non è aumentare la pena per il reato di falsa dichiarazione al P.M. ma aumentare il perimetro della punibilità di reati mediante i quali si consuma il depistaggio. Attualmente, nella gran parte sono punite con pene ridicole: da 1 a 3 anni la simulazione di reato; Scarantino, autocalunnia, da 1 a tre anni, quindi falcidiati dalla prescrizione.
  Per raggiungere questo risultato – ho fatto uno sforzo di elaborazione che poi lascerò alla Commissione – si possono seguire due tecniche legislative. La prima consiste nel prevedere un'aggravante speciale, ossia non bilanciabile con le circostanze attenuanti, che possiamo chiamare per comodità di depistaggio, che si applica a tutti quei reati che in base all'esperienza acquisita sono i reati mediante i quali si attua la condotta di depistaggio.
  Leggo sinteticamente un esempio. Ho immaginato un articolo 384-ter, aggravante speciale, così congegnato: per i reati previsti agli articoli 367, 368 e così via – tralascio l'elenco perché sono 39 reati, perché tante sono le condotte con le quali Pag. 10si può attuare il depistaggio – la pena è aumentata dalla metà al triplo – perché un aumento dalla metà a due terzi per i reati per i quali è prevista una pena da 1 a 3 anni non determina nessuna efficacia deterrente, quindi ci vuole un'escursione di pena più ampia – se commessi da pubblici ufficiali o da incaricati di pubblico servizio. Bisogna inserire, infatti, anche quest'altra figura. Quelli che non rivestono la qualità di pubblico ufficiale all'interno dei servizi segreti e delle forze di polizia possono svolgere, come l'esperienza dimostra, un'attività di depistaggio altrettanto importante. L'obiettivo è ostacolare l'acquisizione di fonti di prova, depistare ed eludere le indagini in un procedimento penale concernenti reati diretti e qui c’è la categoria già prevista con in più il reato di omicidio.
  Per tutti questi reati, che vanno dal furto all'autocalunnia, ai vari falsi, servirebbe un'aggravante speciale prevista nel titolo dei reati contro l'autorità giudiziaria con un comma che poi è questo: le circostante attenuanti diverse da quelle previste agli articoli 98 e 114 del codice penale concorrenti con l'aggravante di cui al comma primo non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti e così via. Questa è la prima tecnica legislativa, che consentirebbe di abbracciare con una sola aggravante speciale e non bilanciabile tutta quella serie di comportamenti, e quindi di reati che, in base all'esperienza, sono quelli con i quali si realizza il depistaggio.
  La seconda tecnica legislativa è, invece, la costruzione di una fattispecie a largo spettro di depistaggio, che copra non soltanto i comportamenti dichiarativi, falsi, reticenti, ma anche tutte le condotte con cui si può immaginare il depistaggio. L'ho immaginato in questo modo: articolo 370-ter, codice penale, nuovo reato di depistaggio, «Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che con azione o omissione ostacola, ritarda indebitamente, depista le indagini e i procedimenti penali concernenti reati diretti all'eversione dell'ordine costituzionale – segue l'elenco di tutti i reati fino all'omicidio – è punito con la reclusione da 6 a 12 anni».
  Potrebbe esserci l'adozione delle due tecniche legislative contemporaneamente, tenuto conto che il bene giuridico protetto nel reato specifico del depistaggio sarebbe l'amministrazione della giustizia, negli altri reati sarebbero più beni giuridici perché sono reati plurioffensivi.
  Inoltre, anch'io mi sono posto il problema che è stato qui evidenziato della prescrizione e ho proposto anche una modifica dell'articolo sulla prescrizione che ricalca lo stesso regime speciale previsto per i reati di mafia. Come sapete, per fortuna abbiamo un doppio binario che scongiura che per i reati di mafia si verifichi la stessa sorte che si verifica per i reati ordinari, che nella maggior parte sono la condanna alla prescrizione.
  L'articolo 157 prevede che per i reati di mafia i termini della prescrizione siano raddoppiati. Allora, basterebbe modificare l'articolo 157 nel primo periodo «i termini di cui ai commi che precedono sono raddoppiati» e fare un elenco aggiungendo «anche per i reati aggravati ai sensi dell'articolo 384-ter del codice penale – l'aggravante speciale di cui dicevo – e per il reato di cui all'articolo 377-ter del codice penale», il nuovo reato di depistaggio che dicevo.
  Attraverso questo ventaglio aggravante speciale non bilanciabile, nuovo reato di depistaggio ad ampio spettro e modifica al regime della prescrizione, forse riusciremmo a porre in essere degli anticorpi giuridici che ci consentirebbero di contrastare meglio questo fenomeno.
  Nel corso della mia esperienza, ho potuto verificare anche un profilo tecnico. Dovendo applicare delle fattispecie come, per esempio, il favoreggiamento, che non hanno quest'aggravante, ci troviamo dinanzi a una difficoltà: dobbiamo provare un dolo che è stato pensato non per il depistaggio, ma per altre finalità.
  Il favoreggiamento del mafioso presuppone che io presuppongo la volontà di favorire il mafioso. Se, però, non è questa la volontà, ma quella di depistare le indagini Pag. 11per altri fini, mi trovo con una difficoltà enorme che dipende da un vuoto legislativo. Introdurre, quindi, un'aggravante speciale o un reato specifico evita che ci si trovi dinanzi a una difficoltà probatoria enorme e a delle torsioni che derivano dal fatto che devo provare un dolo che non è quello previsto dal reato, ma un altro e che, tuttavia, non è stato previsto dal legislatore.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il procuratore.
  Do ora la parola al professor Andrea Pertici.

  ANDREA PERTICI, Ordinario di diritto costituzionale presso l'Università degli studi di Pisa. Anch'io ringrazio il presidente e i componenti della Commissione per l'invito e per l'attenzione. Dico subito che starò nei dieci minuti. Io stesso mi autovincolo a questo termine.
  Mi ero chiesto anche un po’ la ragione dell'invito di un costituzionalista, perché non porterò in questo senso l'esperienza che chi ha parlato prima di me ha portato, ma cercherò di fornire alcune indicazioni che tengono conto della mia qualifica professionale.
  Da questo punto di vista, quindi, poche sono le osservazioni in relazione a questa fattispecie che si vorrebbe introdurre. Una prima è stata già, però, da alcuni punti di vista più volte sottolineata e riguarda la delimitazione della fattispecie soltanto a un numero, tutto sommato anche abbastanza contenuto, di fattispecie di reato, salvo qualcosa che vorrò dire sull'eversione dell'ordine costituzionale, che crea sempre qualche problema.
  Come mi sembra che anche l'esperienza di chi ha parlato prima di me dimostri, mi pare che questa delimitazione possa essere fortemente opinabile. Anche i reati connessi a quelli qui indicati e in relazione ai quali può esserci ugualmente il depistaggio – potrebbe essere collegato un omicidio, una truffa, un'appropriazione indebita eccetera – e questi stessi reati in sé talvolta possono assumere una gravità tale che, probabilmente, il coinvolgimento anche di determinate persone nel reato potrebbe portare a queste ipotesi, affermazione del falso, negazione del vero e così via, da parte di un pubblico ufficiale, tanto più se alcuni reati sono commessi in ambito pubblico, dove si crea anche una certa vicinanza del pubblico ufficiale che deve rendere queste dichiarazioni e, eventualmente, chi ha commesso il reato.
  Proprio per questo, mi chiedo, per l'ipotesi in cui si arrivasse a introdurre questa fattispecie aggiuntiva, e mi sembra siano emerse opinioni un po’ diverse, che tendenzialmente si potrebbe propendere per l'introduzione della fattispecie ulteriore, se non prevederla appunto come a carattere generale, senza una delimitazione di reati. Eventualmente, una volta previsto come portata generale che «il pubblico ufficiale che è richiesto dall'autorità giudiziaria di fornire informazioni in un procedimento penale che afferma il falso o nega il vero, tace in tutto o in parte, è punito con la reclusione da... a...», potrebbe essere previsto un aggravamento di pena per questi reati e, eventualmente, anche con l'ampliamento che il dottor Spataro in particolare ricordava.
  Se vogliamo metterla su un piano costituzionale, questo attiene anche a un problema di ragionevolezza, cui potrebbe dar luogo una norma che portasse a una delimitazione che per alcuni versi potrebbe risultare arbitraria dal punto di vista delle fattispecie incluse.
  Per quanto riguarda l'eversione dell'ordine costituzionale, sostanzialmente l'unico altro tema che tratterò, anche perché si collega al segreto di Stato, che anche secondo me qui ha una ridondanza della quale bisogna tener conto, si crea sempre una difficoltà definitoria, che è stata oggetto anche di una nuova guerra, forse guerriglia, tra le due Corti, la Corte costituzionale e la Corte di cassazione.
  La Corte costituzionale, infatti, coerentemente con l'impostazione che tende a privilegiare la valutazione politica del Consiglio di Stato fino alla sentenza n. 24 del 2014, che definirei una chiusura totale su tutto – l'autorità giudiziaria, una volta che si trova di fronte il segreto di Stato, può Pag. 12chiudere direttamente perché, se la Corte costituzionale si pone su questa posizione, è ovvio che non ci sono più margini – ha anche ristretto in ordine alla definizione di fatti eversivi dell'ordine costituzionale, che appunto sarebbero soltanto quelli volti a sovvertire, disarticolandolo, l'assetto complessivo delle istituzioni democratiche.
  Se accediamo a questa nozione, sicuramente restrittiva e che attiene esclusivamente alle istituzioni repubblicane, e quindi va soltanto sulla seconda parte quasi della Costituzione, certamente forse questo serve a poco, quanto meno in casi come quelli riguardati dal depistaggio, che invece attengono molto più spesso alla tutela di diritti fondamentali, diritti inviolabili dall'articolo 2, a tutte le ipotesi enumerate nella prima parte della Costituzione.
  Tra l'altro, esaminato dalla Corte costituzionale in relazione al segreto di Stato, sarei d'accordo con quanto ha detto in apertura il dottor Spataro, che questo riferimento al segreto di Stato presente nella relazione introduttiva mi lascia abbastanza perplesso. A molte di queste fattispecie di reato non sarebbe apponibile il segreto di Stato, anzi a quasi tutte, salvo anche qui l'interpretazione della Corte costituzionale, che di nuovo devo dire poco felice, per cui, se si tratta di elementi di prova, sì. Se, però, la possiamo mettere sugli elementi di prova, è chiaro che di nuovo non si può procedere.
  Sicuramente, nel presentarla, non farei riferimento al segreto di Stato e, anzi, mi preoccuperei di coordinare eventualmente l'introduzione di questa fattispecie, anche come ristrutturata sulla base delle indicazioni che sono emerse oggi o che emergeranno successivamente, anche con una riforma del segreto di Stato sia in relazione ai comportamenti scriminati dei pubblici ufficiali quando ci troviamo in presenza di un segreto di Stato, sia in relazione alla prima delle fattispecie che indica lo stesso articolo 372-bis come lo si vorrebbe introdurre.

  PRESIDENTE. Ringrazio il professore anche per gli ulteriori spunti di riflessione.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIULIA SARTI. In realtà, ho solo una domanda velocissima perché siete stati già molto chiari con le vostre esposizioni. È più che altro una domanda sulla scelta che, ovviamente, sarà del legislatore. Visto, però, che la maggior parte di voi ha proposto più un'aggravante speciale che l'introduzione di una figura di reato da aggiungere al codice penale, vorrei capire meglio perché, secondo il vostro parere, anche dal punto di vista dell'applicazione è meglio un'aggravante speciale rispetto a un'autonoma figura di reato ulteriore da creare. È una domanda che rivolgo a tutti.

  DAVIDE MATTIELLO. Per brevità, provo a porre la domanda facendo un esempio di come potrebbe essere scritta la norma, per capire dalle vostre reazioni, da chi vorrà reagire, se quest'esempio coglie nel segno o meno di alcuni profili e alcune preoccupazioni che avete rappresentato.
  Se la norma fosse scritta in questo modo, «chiunque ponga in essere condotte volte a sviare le indagini per fatti di reato puniti nel minimo con pene non inferiori a» e via dicendo, l'espressione «condotte volte a sviare» farebbe tesoro di ciò che avete detto ? Rubare un'agenda è rubare un'agenda: poi, che quel rubare un'agenda diventi rubare l'agenda di Borsellino dipende dal fine. È sempre rubare un'agenda, ma cambia profondamente di significato se questa condotta è posta in essere per sviare indagini su fatti di reato di una certa gravità.
  Concludo chiedendo se sempre la stessa espressione sarebbe sufficientemente tecnica sul piano giuridico o meno. Se no, in quale altro modo si potrebbe esprimere questa finalizzazione della condotta, che poi mi sembra essere il cuore del problema ? È il fine che rende la condotta particolarmente grave.

  PAOLO BOLOGNESI. Ringrazio enormemente del grande contributo che hanno portato i relatori. Vorrei chiedere se si può Pag. 13prevedere l'interdizione perpetua dai pubblici uffici degli ufficiali che commettono determinate operazioni. Oltretutto, viene meno proprio un discorso di fiducia. Si commette un reato teoricamente banale, ma per il fine sicuramente dovrebbe venire meno proprio la fiducia nei confronti di un «servitore dello Stato».
  Inoltre, il discorso depistaggio è chiaro, è un termine giornalistico, che immediatamente si comprende. Si parla di depistaggio e tutti capiscono di cosa si stia parlando. Chiaramente, se analizziamo il termine, immediatamente ci sono dei problemi. Se sostituissimo tutto con «inquinamento processuale», potrebbe essere più facile operare ? Come, infatti, osservava chi mi ha preceduto, probabilmente con un discorso del genere si può già comprendere che anche rubare un'agenda non è più semplicemente portare via un'agenda, ma un inquinamento del processo, che ha creato dei problemi al processo e via di questo passo.

  WALTER VERINI. Come relatore, rivolgo un ringraziamento davvero non formale alle illustri personalità che sono state audite. Credo che ci abbiano comunque confortato su un punto, cioè che lo strumento che avevamo e abbiamo intenzione di adottare è, probabilmente, lacunoso, inadeguato per il fine che si propone e che la proposta di legge dell'onorevole Bolognesi si proponeva e si propone.
  Almeno io, come relatore, non penso che si tratti di istituire dei simboli e dei totem mediatico-giornalistici, che pure hanno il loro significato, che non va disprezzato. Aggiungo che non è solo un linguaggio giornalistico quello del depistaggio, se è vero che la Cassazione in sede civile, per esempio nella sentenza che riguarda il risarcimento dei familiari di Ustica, ha usato proprio questo termine. Non è un giornale, ma una sentenza della Cassazione.
  Ai relatori, ai procuratori Spataro e Scarpinato, al professore Pertici a all'avvocato Repici, chiedo venia per le mie lacune specifiche, ma chiedo se negli ordinamenti di altri Paesi europei esista un reato proprio di questo tipo. Recentemente, se la memoria non mi inganna, mi pare che una sentenza che riguardò Licio Gelli in Francia contenesse, nell'ambito di una richiesta di procedimento, anche questo reato. Posso, però, sbagliarmi, quindi chiederei qualche chiarimento su questo.
  In ogni caso, naturalmente se ne occuperanno l'intera Commissione e il presentatore del progetto di legge. Quello che a me interessa è che queste condotte siano sanzionate, punite anche penalmente con un messaggio, di carattere naturalmente penale, di carattere giurisprudenziale, ma anche di carattere civile, se posso dirlo. È chiaro che i piani sono diversi.
  Se lo strumento può raggiungere questi obiettivi, che potrebbe essere quello dell'aggravante o dell'aggravante speciale o il comma 2, che mi pare qualcuno degli auditi ipotizzava, cioè l'aggravamento di pena all'interno dell'aggravante, laicamente sono disponibile, naturalmente, a discutere, purché si raggiunga il fine che la proposta Bolognesi o il lodo Mattiello ripreso da Bolognesi si propongono. Credo, però, che sia utile ringraziare davvero gli auditi perché ci hanno dato una mano costruttiva, non distruttiva.

  GIUSEPPE BERRETTA. Uno degli esempi che mi ha colpito, citato dal procuratore Scarpinato, è quello di Scarantino, peraltro sul tema delle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia e di come far rientrare nella fattispecie anche queste ipotesi. Chiaramente, infatti, se configurassimo il reato proprio, rischieremmo di lasciarli all'esterno, quindi men che meno con l'aggravante.

  PRESIDENTE. Do ora la parola ai nostri ospiti per la replica.

  ROBERTO SCARPINATO, Procuratore generale presso la Corte d'Appello di Palermo. Rispondo a quest'ultima domanda. Nel caso di Scarantino, il depistaggio è stato realizzato attraverso due condotte tipiche: l'autocalunnia e la calunnia. Ha accusato se stesso del reato commesso e ha accusato innocenti, quindi con l'aggravante Pag. 14sarebbe molto facile perché abbiamo due reati tipici e c’è un aumento della pena, che sarebbe molto significativo per il reato di autocalunnia, punito attualmente sino a 3 anni, mentre la calunnia, quando consegue l'ergastolo, è punito sino a 20 anni. Sarebbero 20 anni aggravati dalla metà al triplo. Come tecnica di costruzione legislativa, l'aggravante, secondo me, semplifica perché abbiamo una serie di reati tipici. Il lavoro è stato già fatto, si fa una selezione, si mette l'aggravante ed è fatta.
  Per la costruzione di un nuovo reato, invece, c’è il problema di garantire la tipicità del reato, cioè un problema che la Corte costituzionale ha più volte evidenziato, e lì si gioca sulle parole «Questa condotta è sufficientemente descritta, determinata la parola, azione, omissione, ostacolo, ritarda indebitamente, depista ? È sufficientemente descrittiva ?». Come velocità di risposta, a me pare che l'aggravante sarebbe semplice, 39 reati dovrebbero coprire abbastanza, in base all'esperienza.
  Come costruzione di nuova fattispecie di carattere generale, probabilmente potrebbe coprire anche uno spettro più ampio e, tuttavia, si pone un problema di tecnica legislativa facilmente superabile. Nella proposta che lascio agli atti della Commissione tento uno sforzo di tipizzazione. Credo che forse, combinando le due cose, un reato a fattispecie generale e un'aggravante specifica, si porrebbe soltanto un problema di concorso formale del reato, di concorso materiale da lasciare di volta in volta al giudizio del singolo.

  PRESIDENTE. C'era la domanda dell'onorevole Bolognesi: se il depistaggio vi sembri un po’ troppo «giornalistico», anche se in realtà potrebbe essere ed è stato utilizzato, la rubrica inquinamento processuale...

  ROBERTO SCARPINATO, Procuratore generale presso la Corte d'Appello di Palermo. Più che la rubrica, è la descrizione della condotta, che dovrebbe essere, utilizzando più verbi, «ostacola, ritarda indebitamente, depista», in modo che ciascuno di questi verbi in qualche modo descriva. È un problema di ingegneria, occorre trovare le parole che meglio possano sottrarre la norma all'accusa di non essere tipica, come è successo col concorso esterno.

  ALESSIA MORANI. [fuori microfono] Quanto alla domanda dell'onorevole Verini sulla comparazione con altri ordinamenti ?

  PRESIDENTE. Adesso vediamo le risposte. Nel caso, qualcosa di diritto comparato possiamo farlo fare anche dal Servizio studi della Camera, se non ci fosse una risposta immediata.

  ARMANDO SPATARO, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano. Ovviamente, anch'io condivido assolutamente la osservazione del collega Scarpinato. Non possiamo veramente trascurare le difficoltà definitorie, che potrebbero rimanere e non essere risolte se adottassimo termini come «chiunque depisti, inquini». Non riesco a immaginare di fronte a quale pluralità di interventi giurisprudenziali si troverebbe una corte di legittimità che dovesse valutare se una condotta depista, inquina e così via.
  La proposta di legge sulla quale siamo stati chiamati a esprimere le nostre sensazioni, le nostre opinioni, in sostanza si preoccupa, encomiabilmente ovviamente, di punire più gravemente delle dichiarazioni rese contro – diciamo «contro» poiché è il Titolo III del libro II – l'amministrazione della giustizia.
  Non dobbiamo preoccuparci di creare un'altra forma di reato. Che si voglia chiamarla, a mio avviso, inquinamento, sviamento o depistaggio, le difficoltà rimangono. Vogliamo, ma credo che l'intenzione ci accomuni a voi, punire più gravemente in certi casi i reati contro l'amministrazione della giustizia. Di questo stiamo parlando.
  Vorrei aggiungere che, talvolta, comportamenti anche...

  PRESIDENTE. Non solo la falsa testimonianza, in poche parole.

Pag. 15

  ARMANDO SPATARO, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano. Possiamo anche pensare ad altri reati, in particolare a tutti quelli contro l'amministrazione della giustizia, perché c’è calunnia, autocalunnia, favoreggiamento, ma è inutile che elenchi il codice penale, che abbiamo tutti davanti.
  Voglio, però, aggiungere che molto spesso chiamiamo depistaggio, sull'onda dei commenti di tipo storico-giornalistici, anche condotte che in realtà integrano un reato associativo. Può darsi che mi sbagli, ma Contrada è stato indicato come un depistatore: era, però, un depistatore perché, secondo la sentenza definitiva, era concorrente esterno in associazione mafiosa e dubito che si potesse in quel caso, se fosse esistito il reato, contestargli il 110, il 416-bis e il reato di depistaggio. Quello era l'in sé di essere mafioso in quanto pubblico ufficiale. Questo dimostra che dobbiamo individuare delle condotte specifiche, che ci sono, e aggravarle con pene per effetto del riferimento di quelle condotte o omissioni a questi reati. Continuerei, dunque, a essere più per l'aggravante, sperando di aver chiarito perché anche altri sforzi per individuare una terminologia diversa potrebbero essere difficili da superare.
  Concludo telegraficamente. L'interdizione dai pubblici uffici è già possibile adesso per condanne non inferiori a 5 anni, quindi persino con una falsa testimonianza oggi si potrebbe arrivare a interdizione perpetua dai pubblici uffici dei pubblici ufficiali. Non mi risulta che all'estero vi siano ipotesi di reati quali quelli cui abbiamo fatto riferimento. Di Scarantino ha già detto il collega Scarpinato e mi sembra che qui ci sia tutto.

  ANDREA PERTICI, Ordinario di diritto costituzionale presso l'Università degli studi di Pisa. Mi scuso per le spalle. Molto rapidamente, per quanto riguarda la rubrica, mi pare chiaro che è un problema che magari lascerei a quando è stata un po’ ridefinita la fattispecie. In realtà, se depistaggio si presta forse a questa lettura, però anche inquinamento processuale mi pare tecnicamente non troppo preciso, e quindi prima ridefinirei la fattispecie e poi, come naturale conseguenza, mi occuperei della rubrica.
  Per quanto riguarda la riformulazione dell'onorevole Mattiello, l'unico dubbio che un po’ avrei è, appunto, sulla determinatezza dei comportamenti. Si potrebbe rischiare qualche problema dal punto di vista della tipicità del reato su cui anche la Corte costituzionale è intervenuta.
  Sull'interdizione ha risposto anche adesso Spataro e mi pare di non dover aggiungere altro.

  FABIO REPICI, Avvocato. Brevemente, sulla rubrica depistaggio secondo me non si pone il problema. La questione sta poi nella fattispecie, ma a mio avviso il titolo è anche adeguato sia rispetto alla storia del Paese sia rispetto alle ragioni per cui vorrebbe nascere la norma, che non è un lemma di carattere giornalistico, ma una parola del dizionario utilizzata. Non è una parola del codice penale, come tutte le parole introdotte in una rubrica di una norma di nuova formazione naturalmente.
  Inoltre, è vero che, sotto il profilo pratico, la soluzione proposta dal procuratore Scarpinato dell'aggravante speciale nei termini proposti rispetto alle norme che sanzionano i delitti contro l'amministrazione della giustizia, è di più pratica esperibilità. Qui il problema è, secondo me, di tipo politico: ciò a cui vuole rispondere la norma.
  Credo che la storia del Paese e il senso del progetto di legge, probabilmente, lo impongano. Limitandoci all'Italia repubblicana, infatti, la storia delle deviazioni sull'attività giudiziaria probabilmente rende attuale la necessità di creare una fattispecie autonoma, che naturalmente avrebbe necessità di trovare una sua adeguata elaborazione. Sul punto, le valutazioni esposte dal procuratore Scarpinato a me sembrano sufficientemente adeguate.
  Rispetto a Scarantino collaboratore di giustizia, qui non è il problema della falsa dichiarazione del collaboratore di giustizia Pag. 16perché non è questo il tema. Mi permetto, anzi, di osservare che la congiunzione della proposta di legge Bolognesi e poi delle integrazioni sia di Bolognesi sia di Mattiello sono perché la fattispecie o l'aggravante speciale non colpisca solo le condotte dichiarative di chi deve dire la verità innanzi all'autorità giudiziaria – non è quello il depistaggio – ma le condotte che sviano l'accertamento della verità, che è l'obiettivo delle indagini e del processo. Ribadisco, rispetto a queste, che riempire la norma con indicazioni che siano quelle di connotazione di cosa sia l'attività di depistaggio o di sviamento, indicando il nascondimento della verità, la falsificazione di risultanze investigative o di prova o altri termini di questo tipo, secondo me sottrarrebbe la norma a sanzioni di carattere di illegittimità costituzionale.

  PRESIDENTE. Ringrazio veramente tutti per questa riflessione. Acquisiamo anche le proposte di riformulazione, che saranno sottoposte ai relatori e ai deputati. Se vorrete anche inviarci nei prossimi giorni per e-mail qualche ulteriore spunto, ovviamente sarà ben accolto.
  Vi ringraziamo molto anche per l'approfondimento che ci avete consentito di fare.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.