XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Martedì 15 ottobre 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 957 MICILLO E C. 342 REALACCI, RECANTI DISPOSIZIONI IN MATERIA DI DELITTI CONTRO L'AMBIENTE E L'AZIONE DI RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE, NONCHÉ DELEGA AL GOVERNO PER IL COORDINAMENTO DELLE DISPOSIZIONI RIGUARDANTI GLI ILLECITI IN MATERIA AMBIENTALE

Audizione di rappresentanti di Legambiente.
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Ciafani Stefano , Vicepresidente di Legambiente ... 3 
Fontana Enrico , Responsabile dell'Osservatorio ambiente e legalità di Legambiente ... 5 
Ferranti Donatella , Presidente ... 7 
Fontana Enrico , Responsabile dell'Osservatorio ambiente e legalità di Legambiente ... 7 
Ferranti Donatella , Presidente ... 7 
Micillo Salvatore (M5S)  ... 7 
Bratti Alessandro (PD)  ... 8 
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 8 
Ferranti Donatella , Presidente ... 8 
Fontana Enrico , Responsabile dell'Osservatorio ambiente e legalità di Legambiente ... 8 
Ciafani Stefano , Vicepresidente di Legambiente ... 9 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 13.55.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di Legambiente.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame delle proposte di legge C. 957 Micillo e C. 342 Realacci, recanti disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente e l'azione di risarcimento del danno ambientale, nonché delega al Governo per il coordinamento delle disposizioni riguardanti gli illeciti in materia ambientale, l'audizione di rappresentanti di Legambiente.
  Tra le numerose questioni all'ordine del giorno, tra le quali soprattutto l'avvio dei temi trattati nel messaggio del Presidente della Repubblica, abbiamo pensato di iniziare con l'audizione dei rappresentanti di Legambiente.
  La richiesta di audizione di Legambiente Onlus è sostanzialmente trasversale, poiché ci viene sia dai relatori che da altri gruppi. Sono presenti il vicepresidente Stefano Ciafani e il responsabile dell'Osservatorio ambiente e legalità Enrico Fontana.
  Do la parola al dottor Ciafani per lo svolgimento della relazione.

  STEFANO CIAFANI, Vicepresidente di Legambiente. Grazie, Presidente, di questo invito a intervenire su un tema che ci è particolarmente caro.
  L'introduzione dei delitti ambientali nel codice penale è una delle richieste, purtroppo molto datate, della nostra associazione, che rientrano nel nostro lavoro che, ormai, va avanti da vent'anni, da quando nel 1994 presentammo il primo Rapporto sulle ecomafie, arrivato quest'anno alla ventesima edizione. Abbiamo portato con noi una copia del Rapporto da lasciare alla Commissione, in modo che possa consultarlo.
  Vent'anni fa iniziammo questo lavoro per procedere ad analisi, denunce e monitoraggio di un fenomeno criminale che era già piuttosto evidente tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio degli anni Novanta, ovvero il fenomeno della criminalità ambientale, delle ecomafie. Questo fenomeno veniva allora affrontato – e in parte, come dirò tra poco, avviene ancora oggi – con armi assolutamente spuntate.
  Il nostro lavoro partiva con l'obiettivo sostanziale, da una parte, di denunciare questo fenomeno, dall'altra di analizzarlo in tutti i suoi dettagli, per far scoprire i profili criminali elevati e i business miliardari illegali dietro al ciclo illegale dei rifiuti e al ciclo illegale del cemento, i due maggiori cicli a impatto ambientale.
  Negli anni la nostra attività si è estesa con il monitoraggio anche di altre attività, come il racket degli animali o il traffico di reperti archeologici e beni culturali, ma i due principali focus del nostro rapporto Pag. 4continuano a essere quelli che affrontano il ciclo illegale del cemento e quello dei rifiuti.
  Venti anni fa iniziammo questa attività perché c'era allora un paradosso abbastanza evidente: i reati ambientali erano disciplinati come reati di natura contravvenzionale, quindi i rappresentanti istituzionali, come i magistrati o le forze dell'ordine, attivi nel contrastarli, potevano utilizzare ben pochi strumenti per fermare queste attività. Come dicevamo allora, rubare una mela in un supermercato era un reato molto più grave rispetto a trafficare illegalmente milioni di tonnellate di rifiuti speciali pericolosi o inquinare smaltendo dei reflui industriali in un fiume o, ancora, erodere illegalmente una montagna per attività di cava. Ho citato solo pochi esempi, che rientravano, come tutti i reati della normativa ambientale, nella fattispecie delle contravvenzioni, con evidenti problemi per chi voleva contrastare queste attività.
  Nell'arco di questi vent'anni si è verificato un evento particolare: l'8 marzo del 2001, l'ultimo giorno della XIII legislatura, con una votazione bipartisan il Parlamento approvò una norma ambientale all'interno della quale era prevista anche l'introduzione, nell'allora decreto Ronchi, dell'unico delitto ambientale vigente ancora oggi nella normativa ambientale, quello dell'articolo 260 del decreto legislativo n. 152, che sanziona pesantemente, in maniera molto efficace, le attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti.
  Un anno dopo questo unico delitto previsto dalla normativa fu utilizzato per la prima volta per arrestare un trafficante di rifiuti in Umbria; in undici anni di applicazione di questa norma sono state concluse oltre 200 indagini dalle procure di tutta Italia, equamente distribuite tra le procure del sud, del centro e del nord, e sono state emesse oltre 1.300 ordinanze di custodia cautelare.
  Riporto questi numeri per rappresentare la gravità di un fenomeno che riguarda una parte importante del mondo produttivo italiano, che purtroppo sconta emergenze sotto il punto di vista della gestione dei rifiuti urbani e altrettanti problemi, se non più gravi, sul fronte della gestione dei rifiuti speciali.
  Quando nel 2008 l'Europa varò la direttiva sulla tutela penale dell'ambiente, speravamo che con il recepimento di quella direttiva europea si potesse concludere quella che noi abbiamo sempre definito una riforma di civiltà, ovvero l'inserimento di alcuni delitti ambientali nel codice penale per i reati ambientali più gravi; una riforma che era stata parzialmente iniziata sette anni prima, con l'inserimento dell'articolo 260 nel decreto legislativo n. 152.
  Purtroppo, sono stati spenti la nostra speranza, il nostro augurio, il nostro entusiasmo rispetto all'approvazione di quella direttiva europea, che dava indicazioni molto chiare sul fatto che su alcuni reati ambientali si dovessero utilizzare norme più efficaci sotto il punto di vista penale. Infatti, quando l'Italia ha recepito questa direttiva europea, l'ha fatto in maniera pessima, in alcuni contesti addirittura peggiorando il quadro sanzionatorio o inserendo all'interno del decreto legislativo di recepimento della direttiva sulla tutela penale dell'ambiente anche cose che non c'entrano nulla, come la riapertura delle trivellazioni per il petrolio nel mar Jonio. In sintesi, abbiamo fatto una pessima operazione, sotto ogni punto di vista.
  Il quadro conoscitivo del fenomeno è ormai abbastanza chiaro. Alla pubblicazione annuale del nostro Rapporto sulle ecomafie, in questi venti anni, si sono affiancati tanti rapporti istituzionali. Il Parlamento ha giustamente approvato – e speriamo che anche nell'attuale legislatura possa farlo – l'istituzione della Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti, monocamerale nella prima edizione e bicamerale nelle successive. Sono state approvate dal Parlamento tante relazioni che affrontano il tema della gestione illegale dei rifiuti in questo Paese.
  Negli anni c’è stata anche un'importante produzione normativa in termini di disegni di legge. Ci sono stati due disegni di legge governativi, approvati in Consiglio dei ministri, negli anni Novanta e l'ultimo Pag. 5nel 2007, poi purtroppo arenatisi in Parlamento. Diversi disegni di legge sono stati presentati durante le precedenti legislature e altri, altrettanto importanti, sono stati presentati anche in questa legislatura, come la proposta dell'onorevole Realacci e quella dell'onorevole Micillo, per le quali siamo stati invitati all'audizione odierna.
  Prima di lasciare la parola per i dettagli, anche su alcune questioni inserite nelle proposte di legge, a Enrico Fontana, nostro responsabile ambiente e legalità, vorrei sottolineare l'importanza, per noi, di alzare il livello di contrasto dei reati ambientali. È fondamentale la previsione della forma delittuosa per contrastare i reati ambientali più gravi, perché questo permette ovviamente di utilizzare strumenti di indagine più efficaci e di evitare i tempi di prescrizione più veloci che sono previsti per i reati contravvenzionali.
  Salutiamo, quindi, con grande favore l'attività della Commissione giustizia nell'affrontare queste proposte di legge in questa legislatura.
  È altrettanto importante innalzare il livello dei controlli preventivi in questo Paese. Mi riferisco al sistema delle agenzie, al sistema ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) e al sistema delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente (ARPA). Peraltro, proprio domani saremo in audizione in Commissione Ambiente per discutere anche del disegno di legge di riordino del sistema delle agenzie. Si tratta di una norma assolutamente importante perché se si decide di spingere molto sulle semplificazioni – com’è necessario procedere su alcuni fronti – senza gli adeguati contrappesi, che possono essere i delitti ambientali per i reati ambientali più gravi e l'innalzamento dei sistemi di controllo ambientale, rischiamo il boomerang della deregulation, cosa che ovviamente non ci auguriamo.
  Lascio la parola a Enrico Fontana.

  ENRICO FONTANA, Responsabile dell'Osservatorio ambiente e legalità di Legambiente. Grazie, Presidente, per questa opportunità. L'Italia ha davvero un urgente bisogno di adottare sanzioni in materia penale a tutela dell'ambiente che rispondano davvero ai requisiti già previsti dalla direttiva comunitaria del 2008, ovvero sanzioni che possano essere contemporaneamente efficaci, proporzionate e dissuasive.
  Questi, infatti, erano i tre princìpi che hanno ispirato quella direttiva comunitaria, purtroppo non ancora tradotti nella nostra legislazione nazionale, anche perché, quando si è approvata la legge di recepimento della direttiva comunitaria, si è inserita una clausola che non consentiva l'introduzione di nuove fattispecie penali, il che ha rappresentato per il legislatore un limite obiettivamente complicato da superare.
  L'Italia, ripeto, ha bisogno di queste sanzioni. I dati del nostro Rapporto ecomafia lo testimoniano ogni anno. Noi Siamo arrivati a censire, in collaborazione con tutte le forze dell'ordine – i dati che rendiamo pubblici sono il frutto delle attività delle forze dell'ordine – oltre 34.000 reati contro l'ambiente consumati nel 2012: una media di 3,9 reati l'ora. Tali reati, che vanno dallo smaltimento illegale di rifiuti all'abusivismo edilizio, dall'inquinamento dell'aria e dell'acqua ai reati contro la fauna, hanno una consistenza significativa, accompagnata da migliaia di sequestri giudiziari – come sapete, il sequestro è un'azione più forte dal punto di vista giudiziario – e decine di migliaia di persone denunciate.
  Abbiamo pubblicato per la prima volta, grazie alla collaborazione con l'Ufficio statistica della Corte di cassazione, il dato delle condanne definitive, considerato ovviamente che molti procedimenti si autoconsumano con patteggiamenti e quant'altro. Ebbene, il dato è sconfortante: c’è un costante trend a diminuire, nelle sentenze definitive passate in giudicato che riguardano i reati ambientali.
  Come, del resto, è ormai frutto di una consapevolezza assai diffusa e condivisa, siamo in presenza di un'inefficacia dell'attuale sistema sanzionatorio, che non solo è inefficace ma non è neppure proporzionato, quindi finisce per non essere dissuasivo.Pag. 6
  Ancora oggi nel nostro Paese, purtroppo, per contestare delitti i magistrati devono fare ricorso a interpretazioni del codice penale. Non esiste, in Italia, nel codice penale il delitto di disastro ambientale, che viene qualificato dai magistrati ricorrendo all'articolo 434, che prevede formule specifiche. Questa circostanza è stata anche oggetto – ingiustamente a nostro avviso – di dibattiti in sede di costituzionalità, perché il delitto non è tipizzato. Lo stesso vale per l'inquinamento ambientale: noi tutti parliamo di inquinamento ambientale, ma non esiste in Italia il delitto di inquinamento ambientale. A volte, è capitato di avere a che fare con processi istruiti partendo, ad esempio, dal lancio di oggetti tesi a offendere, cioè formulazioni del codice penale che vengono utilizzate ma non sono puntuali. Questo non garantisce l'efficacia dell'azione giudiziaria, ma neppure la consapevolezza di chi questi reati, non correttamente qualificati, tendenzialmente può commettere.
  Accennava già il vicepresidente Ciafani ai numerosi tentativi che sono stati messi in campo nel corso di questi vent'anni. Noi ci auguriamo che questa sia davvero la volta buona. Già nel 1997 l'allora Governo Prodi approvò un disegno di legge che prevedeva l'introduzione dei delitti contro l'ambiente, frutto dell'elaborazione di una commissione di magistrati, giuristi e avvocati che si erano cimentati nella definizione delle diverse fattispecie penali. Siamo in un ambito nuovo e – pur non essendo un esperto del settore, dopo venti anni che ce ne occupiamo qualche competenza, anche solo ascoltando, l'ho acquisita – non è certo semplice, perché si tratta di definire e delineare nuovi reati in una materia complessa come quella ambientale.
  Quando nel 1997 questo disegno di legge venne approvato dal Governo, non ebbe purtroppo esito nel dibattito parlamentare; lo stesso tentativo si ripeté nel 2007. Peraltro, la proposta di legge dell'onorevole Micillo fa riferimento in larga parte al provvedimento approvato dal Governo il 24 aprile 2007, frutto anche in quel caso di una commissione (della quale ha fatto parte anche, se non ricordo male, l'attuale Presidente del Senato, il senatore Grasso, in quanto Procuratore nazionale antimafia), quindi di una riflessione approfondita nel definire le fattispecie penali e calibrare le sanzioni.
  Ci sono già, come detto, due disegni di legge approvati da due Governi diversi, frutto di questa elaborazione; c’è la direttiva comunitaria a cui ho fatto riferimento, la 2008/99, sulla tutela penale dell'ambiente, nella quale l'Unione europea sottolinea la necessità di alzare la tutela penale dell'ambiente, perché l'ambiente è oggetto di attività illecite e criminali pericolose e di profilo rilevante. Non si tratta di una direttiva generica, ma delinea delle fattispecie.
  Il dibattito intorno alla definizione delle fattispecie principali, per quanto ci riguarda, è dunque maturo e vorremmo che fosse dato per acquisito. Le due proposte di legge, che pure sono diverse tra loro (quella dell'onorevole Realacci più sintetica, quella dell'onorevole Micillo più ampia), hanno diversi punti di contatto, quindi il nostro auspicio è che la Commissione possa deliberare quanto prima la definizione di un testo unico da mettere sulla strada di una rapida approvazione. È un auspicio che lascio, ovviamente, alla vostra valutazione, ma è un suggerimento che viene dal cuore, proprio perché consideriamo maturo il dibattito.
  Basta avere negli occhi quanto sta accadendo in questi giorni, frutto di venticinque anni di saccheggio sistematico del territorio, nella cosiddetta «Terra dei fuochi» (sono stato recentemente a San Cipriano d'Aversa, in un'affollatissima assemblea all'interno di una chiesa, per darvi un'idea della preoccupazione che si registra). Ebbene, ciò che si è consumato in quelle terre, che non esitiamo a definire un ecocidio, è il frutto di vent'anni non solo di traffici illegali di rifiuti, ma anche di una sistematica violazione dell'ambiente rimasta sostanzialmente impunita.
  Se il nostro Paese avesse avuto strumentazioni penali adeguate, in tempi adeguati, probabilmente alcuni degli effetti Pag. 7più gravi, che già misuriamo in termini di impatto sulla salute dei cittadini, non si sarebbero verificati. Chiudo questa parentesi sottolineando che non c’è davvero più tempo da perdere.
  Ci è stata chiesta anche una valutazione – e qui proverò a entrare più nel merito – riguardo al disegno di legge semplificazioni con la proposta di legge delega al Governo che, vorrei segnalare, prevede all'interno dell'articolo 3 un intervento in delega sulla materia di codificazione ambientale. Il disegno di legge fa riferimento a un principio che è condiviso, quello dell'introduzione di nuove fattispecie penali, salvo poi prevedere – ne abbiamo fatto oggetto di osservazioni che non abbiamo oggi, ma vi faremo avere presto – meccanismi di depenalizzazione da un lato, che un poco ci preoccupano, e di penalizzazione dall'altro che andrebbero coordinati.
  Si prevede una depenalizzazione per tutti i reati di natura contravvenzionale fino a un anno di arresto. Il rischio è che rientrino in questa depenalizzazione reati di pericolo che non andrebbero depenalizzati.
  Si tratta di un disegno di legge delega al Governo in materia di semplificazioni che, pur non essendo ancora arrivato alla vostra attenzione, è in cammino. Segnaliamo a titolo di cronaca che l'articolo 3 riguarda la materia di cui vi state occupando con i disegni di legge sulla tutela penale dell'ambiente.

  PRESIDENTE. Probabilmente sarà ancora in sede consultiva. Lei ce lo segnala in prevenzione.

  ENRICO FONTANA, Responsabile dell'Osservatorio ambiente e legalità di Legambiente. Esattamente, avendolo letto.
  Altro tema che va tenuto presente è che nella famosa legge di recepimento della direttiva comunitaria, non completa per i motivi che ho detto prima, vengono però definite le sanzioni per le personalità giuridiche che fanno riferimento ai reati di natura contravvenzionale. Anche questo tema è stato oggetto di riflessione, perché basta leggere quel provvedimento per capire le condizioni dell'attuale sistema. Per intenderci, sono previste circa 24 sanzioni diverse per violazioni di commi, dalla lettera alla lettera, che per essere interpretate richiedono l'esperienza non di un avvocato, ma probabilmente di un esorcista. Insomma, è difficile anche qualificare il delitto.
  Poiché nel disegno di legge dell'onorevole Micillo è previsto anche un titolo specifico sulle responsabilità delle persone giuridiche, segnaliamo – ancora come semplice avvertimento – che c’è già una legge in vigore che verifica e quantifica le responsabilità per le violazioni dei reati di natura contravvenzionale; evidentemente questa normativa dovrà essere resa il più possibile omogenea.
  L'occasione ci sembra straordinaria, come ho detto, sapendo che bisogna sicuramente mettere a punto un provvedimento che risponda a quei requisiti di efficacia, di proporzionalità e di dissuasione cui ho fatto riferimento prima. Pochi interventi del codice penale, infatti, come quelli che riguardano la tutela penale dell'ambiente, possono avere effetti preventivi. In questo contesto, la prevenzione fa veramente la differenza.
  Certo, poi si interviene sanzionando i colpevoli, ma sappiamo come questi reati – soprattutto se non riusciamo ad alzare la prevenzione e di dissuasione – producano effetti difficilmente riparabili.
  Per questo, a nostro sommesso avviso, l'efficacia preventiva di queste norme dovrebbe essere il faro che guida l'attività legislativa.

  PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  SALVATORE MICILLO. Ringrazio i delegati di Legambiente e la Commissione giustizia per la volontà di occuparsi di qualcosa, come diceva Enrico Fontana, che sembra vitale per certi territori.
  Io Provengo da quei territori che lei citava prima. Per vent'anni ho studiato i Pag. 8Rapporti ecomafia, verificando come non ci fossero cambiamenti. Cambiavano i reati e i presupposti alla base delle azioni che attaccavano l'ambiente, l'acqua, i fiumi, il mare e così via. Vivendo in quei territori si comprende realmente che si sta non solo inquinando un territorio, ma si sta uccidendo l'intera popolazione.
  Ringrazio ancora Legambiente per i vent'anni di rapporti che hanno creato una coscienza che forse adesso si sta risvegliando. Mentre fino a oggi ne parlavano soltanto loro, adesso speriamo di usufruire di questa indignazione nazionale per portare avanti qualcosa che consideriamo vitale.

  ALESSANDRO BRATTI. Vi ringrazio per le cose che avete detto e per il lavoro che è stato svolto. Credo che molte problematiche, oggi faticosamente affrontate nel nostro Paese, in virtù della vostra attività, ma anche dell'attenzione che si è rivolta a questi temi negli ultimi anni, in altri Paesi che vengono considerati più avanzati di noi per altre questioni in ambito europeo non siano ancora state affrontate in maniera esaustiva.
  Non so se in questa Commissione avete avuto occasione di guardare le modifiche del Regolamento sul traffico transfrontaliero dei rifiuti, ma segnalo la richiesta a livello della Commissione europea perché ci si rende conto che il fenomeno del traffico di rifiuti transfrontalieri, così come c’è stata la globalizzazione dell'economia, va globalizzandosi. Peraltro, purtroppo questi traffici non solo provocano problemi ambientali, ma sottraggono all'economia pezzi importanti di attività. La Commissione europea chiede una riorganizzazione del sistema dei controlli e una delega agli Stati membri per l'acquisizione di dati che, tra l'altro, sono legati a una questione che ci vede affrontare, in questo Paese, una discussione non ancora esaustiva riguardo al sistema della tracciabilità e alla famosa applicazione del Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI).
  Come sapete, il SISTRI, in vigore dal primo ottobre, è stato oggetto anch'esso di diverse indagini da parte della magistratura, ma è considerato un elemento fondamentale per acquisire dei dati.
  Mi limito a porre alcune domande, al di là di ulteriori considerazioni che si potrebbero fare. Vorrei sapere se avete contezza – come dicono in procura – delle situazioni, in altri Paesi, rispetto alla legislazione. Dall'altro lato, come notava prima il vicepresidente Ciafani, vorrei sapere se non sia anche il caso di introdurre, oltre a fattispecie di reato, azioni su un tema che secondo me va assolutamente affrontato, ossia il sistema dei controlli in questo Paese. Ci sono diversi organi di polizia che in maniera diffusa eseguono controlli, in modo purtroppo spesso non coordinato. Mentre, quindi, ci sono tante persone che eseguono controlli, spesso le operazioni sono inefficaci, a volte proprio perché non c’è un minimo di coordinamento tra le forze di polizia.
  Credo che questa possa essere anche l'occasione per dirimere, una volta per tutte, il tema dell'ufficiale di polizia giudiziaria, una discussione che periodicamente ritorna. Si tratta di definire chi deve avere questa qualifica, qual è il vantaggio e, anche, come le procure si rapportano con gli organismi, quali ad esempio le agenzie di controllo, per quanto riguarda il sistema delle verifiche, delle indagini e dei controlli ambientali.
  Avremo sicuramente l'occasione di discutere in Commissione di questa situazione, ma vorrei conoscere al riguardo l'opinione di Legambiente.

  VITTORIO FERRARESI. Vorrei solo chiedere se, oltre a quanto ci avete detto, c’è anche una relazione scritta che entra nel merito delle due proposte di legge, analizzandole sul piano sostanziale.

  PRESIDENTE. Do la parola agli auditi per la replica.

  ENRICO FONTANA, Responsabile dell'Osservatorio ambiente e legalità di Legambiente. Vi faremo avere una relazione scritta; purtroppo abbiamo cercato di rispondere Pag. 9prima possibile alla richiesta di convocazione e non abbiamo qui il documento, che è stato preparato.
  Ho già provato a davi una prima valutazione sulle proposte, che penso possano essere integrate abbastanza agevolmente, dal momento che l'una, quella dell'onorevole Micillo, fa riferimento al più ampio disegno di legge già approvato dal Governo nel 2007, e l'altra, quella dell'onorevole Realacci, è limitata ad alcune fattispecie penali. Ci sono differenze di pena: la proposta dell'onorevole Micillo, ad esempio, prevede pene più forti e significative, ma i titoli dei delitti previsti ci sembrano abbastanza facilmente assorbibili. Non abbiamo visto, infatti, contrapposizioni tali da giustificare differenze di opinioni, fino al ravvedimento operoso.
  Riguardo alla prima parte dell'intervento dell'onorevole Bratti, nel 1997 e penso anche nel 2007 sono stati svolti degli studi comparativi sulle diverse legislazioni, peraltro difficili da comparare perché hanno differenti strutture di codice penale. C’è un punto, però, che vorrei sottolineare e che riguarda anche la proposta di legge dell'onorevole Micillo: l'introduzione in Italia del delitto di attività organizzata di traffico illecito di rifiuti, ovvero l'attuale articolo 260.
  Noi dobbiamo chiedere con forza che in tutti i Paesi dell'Unione europea l'attività organizzata di traffico illecito di rifiuti sia un delitto, perché oggi ci risulta – glielo confermo – che l'unico Paese in cui, nelle dogane, per iniziativa dell'autorità giudiziaria, si fanno indagini significative, che portano a sequestri e ordinanze di custodia cautelare per traffici internazionali di rifiuti è l'Italia. Ci sono porti dove vengono movimentati quantitativi di materiali in uscita, che non vengono trafficati come rifiuti – ovvero il foglio di esportazione non li classifica rifiuti, ci mancherebbe – ma magari come cascami, scarti o avanzi di lavorazione, molto più significativi dei nostri, dove questa attività di indagine non viene svolta.
  Solo due volte l'Organizzazione mondiale delle dogane ha deciso di fare identiche operazioni, quelle che si chiamano operazioni «Demeter», seguendo l'esempio dell'Agenzia delle dogane italiana: ci sono stati sequestri ovunque.
  Secondo me, dobbiamo chiedere che questa specificità del nostro Paese si estenda agli altri Paesi europei. Sul punto sono previsti due articoli di legge, il 452-septies e il 452-octies del disegno di legge dell'onorevole Micillo, che è necessario coordinare con l'articolo già vigente. Al riguardo, la nostra unica preoccupazione è che si tratta di un articolo in vigore da dodici anni, che ha pertanto sviluppato un'abbondante giurisprudenza. C’è già il traffico illecito di rifiuti che, nella forma semplice, è sanzionato come reato di natura contravvenzionale, mentre l'attività organizzata è delitto. È necessario tenere conto di questa differenza per evitare che ci siano problemi nell'approvazione della norma, perché c’è già un delitto sperimentato e oggetto di giurisprudenza.
  Dico questo poiché siamo consapevoli delle difficoltà incontrate da questi provvedimenti di legge nelle precedenti legislature, dunque vorrei che questa volta tutti condividessimo l'obiettivo – noi sicuramente lo auspichiamo – dell'approvazione, da parte del Parlamento, di un disegno di legge che contenga questi delitti e questi princìpi.

  STEFANO CIAFANI, Vicepresidente di Legambiente. Rispondo molto velocemente all'onorevole Bratti sul modello italiano, sul confronto tra l'Italia e gli altri Paesi.
  Dall'approvazione dell'articolo 260 del decreto legislativo n. 152, in questi undici anni di sua applicazione per contrastare i trafficanti di rifiuti, siamo diventati paradossalmente un modello: pur avendo, evidentemente, un grande problema, siamo tuttavia riusciti a trovare anche lo strumento normativo per contrastarlo e per illuminare un fenomeno che negli anni Ottanta e Novanta potevamo semplicemente immaginare.
  Siamo dunque diventati un modello perché la conoscenza che abbiamo in questo Paese, sotto tutti i punti di vista, delle attività organizzate di traffico illecito di rifiuti non c’è in nessun altro Paese. Pag. 10Probabilmente in Germania, in Francia o in Gran Bretagna ci sarà una parte – possiamo immaginare, anche se di molto minore – dei rifiuti di origine industriale smaltita in maniera non adeguata e illegale, ma è un fenomeno che non è conosciuto, perché non ci sono, sotto questo punto di vista, norme che possano permettere di illuminare questo fenomeno contrastandolo in maniera evidente.
  Ovviamente, partendo dall'attività organizzata di traffico illecito di rifiuti, bisogna adesso lavorare sugli altri reati ambientali gravi che, ancora oggi, sono di natura contravvenzionale.
  Sul tema della polizia giudiziaria, il dibattito dura da pochi anni e riguarda l'obbligatorietà per gli ispettori delle ARPA di essere membri di polizia giudiziaria, quindi a servizio delle forze dell'ordine e della magistratura. Alcuni sostengono che se venisse meno questa obbligatorietà le ARPA avrebbero la possibilità di avere la dotazione di tutto il personale per le proprie attività; dall'altra parte, ovviamente, c’è chi paventa che a seguito di questa mancanza di obbligatorietà possa venir meno un adeguato sistema dei controlli ambientali in forma repressiva.
  Molto probabilmente tra queste due correnti di pensiero è possibile trovare una via di mezzo. Difatti, è sicuramente importante che gli organi di polizia giudiziaria, la magistratura e le forze dell'ordine possano utilizzare anche le competenze delle ARPA – si tratta, ricordo, di competenze tecniche, che non possono essere a disposizione dei magistrati o, magari, dei Carabinieri, del Corpo forestale dello Stato – ma questo dovrebbe avvenire trovando un accordo con la direzione delle Agenzie. Le Agenzie regionali per la protezione ambientale si trovano talvolta, infatti, «private» del loro personale perché impegnato in attività giudiziarie importanti, ma questo riduce inevitabilmente l'attività ordinaria delle ARPA per fare i monitoraggi.
  Probabilmente è possibile pensare a una via di mezzo, a un accordo che integri le due esigenze; si può, da una parte, aiutare le procure a fare indagini ambientali e, d'altra parte, al tempo stesso, consentire alle Agenzie regionali per la protezione ambientale di continuare a fare il lavoro per cui sono state istituite, ovvero i monitoraggi ambientali.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio molto. Noi proseguiremo la nostra indagine conoscitiva senza ovviamente rallentare i tempi di elaborazione in sede di Commissione, ma aveva un significato particolare iniziare con la vostra audizione.
  Informo i commissari che la copia del Rapporto Ecomafia è a loro disposizione per la consultazione e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.30.