XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Giovedì 4 maggio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DEL DISEGNO DI LEGGE C. 4220 GOVERNO, RECANTE LA DELEGA AL GOVERNO PER LA RIFORMA DELLA DISCIPLINA SANZIONATORIA IN MATERIA DI REATI CONTRO IL PATRIMONIO CULTURALE

Audizione di Stefano Manacorda, Professore di diritto penale presso la Seconda Università degli Studi di Napoli, e di Fabrizio Parrulli, Generale di Brigata dell'Arma dei Carabinieri.
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Manacorda Stefano , Professore di diritto penale presso la Seconda Università degli Studi di Napoli ... 3 
Ferranti Donatella , Presidente ... 8 
Parrulli Fabrizio , Generale di Brigata dell'Arma dei Carabinieri ... 8 
Ferranti Donatella , Presidente ... 13 
Parrulli Fabrizio , Generale di Brigata dell'Arma dei Carabinieri ... 13 
Ferranti Donatella , Presidente ... 13 
Manacorda Stefano , Professore di diritto penale presso la Seconda Università degli Studi di Napoli ... 14 
Ferranti Donatella , Presidente ... 14 
Manacorda Stefano , Professore di diritto penale presso la Seconda Università degli Studi di Napoli ... 14 
Ferranti Donatella , Presidente ... 15 
Manacorda Stefano , Professore di diritto penale presso la Seconda Università degli Studi di Napoli ... 15 
Ferranti Donatella , Presidente ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista: MDP;
Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD: AP-CpE-NCD;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile: SI-SEL-POS;
Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE: SC-ALA CLP-MAIE;
Civici e Innovatori: (CI);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri;
Misto-UDC: Misto-UDC;
Misto-Alternativa Libera-Tutti Insieme per l'Italia: Misto-AL-TIpI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 14.25.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione di Stefano Manacorda, Professore di diritto penale presso la Seconda Università degli Studi di Napoli, e di Fabrizio Parrulli, Generale di Brigata dell'Arma dei Carabinieri.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame del disegno di legge C. 4220 Governo recante la delega al Governo per la riforma della disciplina sanzionatoria in materia di reati contro il patrimonio culturale, l'audizione di Stefano Manacorda, Professore di diritto penale presso la Seconda Università degli Studi di Napoli, e del Comandante del Comando Carabinieri Tutela patrimonio culturale Fabrizio Parrulli, Generale di Brigata dell'Arma dei Carabinieri, accompagnato dal Tenente Colonnello Antonio Coppola, Comandante del Reparto Operativo Tutela patrimonio culturale.
  Ci scusiamo per il leggero ritardo, ma, purtroppo, siamo stati impegnati nei lavori dell'Aula e delle Commissioni congiunte con alcune votazioni indispensabili. Mentre è in corso la chiama dei senatori per il voto sulla Corte costituzionale, continuiamo e chiudiamo oggi l'indagine conoscitiva sul disegno di legge delega al Governo per la riforma della disciplina sanzionatoria in materia di reati contro il patrimonio culturale.
  Abbiamo dato atto del fatto che forse c'è anche un'idea, proprio perché si va verso la fine della legislatura, di anticipare i tempi di esame del provvedimento, con il deposito di un articolato da parte del relatore, che sostituirebbe la delega. Su questo si sta lavorando e sicuramente le audizioni portano un forte contributo.
  Do la parola, per primo, al professor Stefano Manacorda, professore di Diritto penale presso la Seconda Università degli Studi di Napoli, che ha particolarmente curato questi aspetti. Lo ringraziamo per la disponibilità.

  STEFANO MANACORDA, Professore di diritto penale presso la Seconda Università degli Studi di Napoli. La ringrazio, presidente, e rivolgo un saluto a tutta la Commissione. Mi sono occupato del tema – preliminarmente forse è utile dirlo – essenzialmente nell'ambito dei lavori delle Nazioni Unite per la previsione di una disposizione comune su scala internazionale, le guideline per il traffico di beni culturali, e in altri ambiti normativi analoghi, sia su scala internazionale, sia su scala interna.
  Questo mi consente di salutare con estremo favore l'idea della riforma, che risponde, com'è noto a questa Commissione, a una mutata sensibilità, di cui da tempo si avvertiva la necessità di una traduzione in atti normativi. Due disegni di legge precedenti sono decaduti nel corso dell'ultimo decennio.
  Vengono richiamate opportunamente prospettive costituzionali di tutela degli articoli 9 e 42 della Costituzione, ma forse è utile rilevare anche che l'esigenza di questa Pag. 4riforma si coglie dal punto di vista della prospettiva comparata. L'Italia ha, infatti, accumulato, nonostante la ricchezza del proprio patrimonio culturale, un certo ritardo dal punto di vista della riforma legislativa e, come dicevo poco fa, in ottica internazionalistica, forse è utile rammentare che, al di là di una serie di strumenti a tutti noti (Convenzione UNESCO, Convenzione UNIDROIT, strumenti delle Nazioni Unite), verrà portata in discussione nel corso del mese di maggio, in questo stesso mese, al Consiglio d'Europa la prima Convenzione per la tutela penale del patrimonio culturale, di cui l'Italia è, ovviamente, promotrice e di cui si è resa parte attiva nella fase di elaborazione.
  Fatta questa premessa doverosa, devo dire che dal mio punto di vista occorre valutare con estrema attenzione una pluralità di aspetti, anche per esigenze di equilibrio e di effettività nella risposta penale. Questo tenendo in considerazione, certo, quei precetti costituzionali a cui facevo riferimento, ossia gli articoli 9 e 42, ma anche tutta una serie di altri presìdi costituzionali, a questa Commissione perfettamente noti, che devono sovraintendere all'esercizio dell'attività legislativa in materia penale e poi all'attività interpretativa e applicativa.
  Dico questo perché – è forse opportuno che lo indichi sin da ora – si coglie in alcuni passaggi, al di là degli intenti meritori e dell'indubbia qualità del testo portato in discussione oggi, una forte componente punitiva che forse occorre rimeditare, o rispetto alla quale comunque esprimerò qualche valutazione di segno non totalmente concorde.
  Sono ben consapevole del fatto – questo sarà evidentemente spiegato molto meglio da chi mi seguirà – che parte di questa riforma è motivata anche, come la relazione illustra, da esigenze di trascinamento (così si dice) sugli strumenti processuali, ossia dalla possibilità di ricorrere a misure cautelari e a strumenti investigativi particolarmente performanti. Questa è una logica di cui spesso il legislatore si avvale, ma che credo non ci esima dal compito di valutare con attenzione alcune delle componenti della riforma.
  Prima ancora di cimentarmi con 3-4 dati che mi paiono significativi, vorrei illustrare un'idea di fondo che utilmente dovrebbe presiedere, a mio modo di vedere, a una riforma di questo tipo, una riforma che dovrebbe integrare anche componenti di natura prevenzionistica. Farò un brevissimo riferimento, alla fine, al profilo della responsabilità delle società commerciali e degli enti collettivi, che è contemplata dalla riforma e che mi sembra utile valutare e forse addirittura potenziare, nell'ottica proprio della prevenzione di condotte di questo tipo.
  Ovviamente, le mie indicazioni, che saranno contenute nell'arco di quindici minuti, hanno una valenza cursoria, ossia non hanno alcuna finalità di ricostruzione sistematica del quadro, ma servono soprattutto a evidenziare alcune componenti che ritengo sia utile in questa sede sottolineare, perché probabilmente, almeno dal mio punto di vista, possono essere oggetto di un'ulteriore rimeditazione.
  Da un punto di vista sistematico, con riguardo alla prima delle componenti che vorrei affrontare, la tecnica redazionale delle fattispecie, direi che il bilancio è tendenzialmente positivo rispetto alla prospettiva della delega. Per la prima volta si prevede l'inserimento di un nuovo titolo nell'ambito del Codice penale.
  È ben nota a questa Commissione la valenza anche simbolica dell'inserimento di fattispecie di questo tipo all'interno del Codice. D'altronde, è un'esperienza che abbiamo già conosciuto in altri ordinamenti. Penso a quello spagnolo nella riforma del 1995. Mancava in Italia una componente di questo tipo. Vi è anche una reductio ad unum della disciplina, in maniera tale da evitare quella frammentazione che discendeva dalla duplicazione di fonti (Codice penale e Codice dei beni culturali). Ci sarebbero dei rilievi da fare su questo punto ma credo che siano poco rilevanti.
  Quanto alla tecnica di redazione, vi è una scelta che definirei anfibia. Il legislatore intende procedere secondo due percorsi: da un canto, prevedere nuove fattispecie Pag. 5 di reato autonome e, dall'altro, prevedere determinate circostanze aggravanti in particolari circostanze aggravanti a effetto speciale.
  Queste due opzioni normative convivono fin dalla relazione ed è chiara la volontà che sottende alla prima scelta, quella di avere fattispecie autonome, ossia evitare il giudizio di bilanciamento delle circostanze in sede applicativa e, quindi, la neutralizzazione che nasce oggi dalla previsione di circostanze aggravanti agli articoli 635 e 639 del codice penale. Si tratta, quindi, di evitare, sostanzialmente, che in sede di giudizio il danneggiamento o il furto del bene culturale sia trattato alla stregua del furto di una gallina o del danneggiamento di un'automobile. Sono esigenze comprensibili.
  Vi dicevo che, come a voi noto, queste due tecniche legislative, quella delle fattispecie autonome con rinvio per relationem – lo dirò tra un attimo – e quella delle circostanze aggravanti, convivono. Proprio la dimensione della convivenza di queste due componenti un po’ mi preoccupa, perché, come vi cercherò di dimostrare, si innalzano molto le pene e si prevedono nuove circostanze aggravanti, ragion per cui il rischio è davvero di pene che, a mio modo di vedere, possono risultare sproporzionate.
  Esaurita questa componente in maniera così sintetica, certamente da prestarsi a rilievi critici – la volontà è quella di sintetizzare in poche battute alcune riflessioni che mi auspico possano essere utili per i vostri lavori – mi soffermerei su altre tre componenti, innanzitutto sulla previsione delle fattispecie.
  Non intendo fare una rassegna di tutte le fattispecie che vengono contemplate, ma vorrei segnalare alcuni punti che mi paiono problematici. Poi mi soffermerò brevemente sui profili sanzionatori, che tra tutti mi appaiono i profili meritevoli di maggiore rimeditazione. Infine, un ultimo cenno, come dicevo poco fa, vorrei dedicarlo ai profili della responsabilità da reato degli enti, tematica alla quale credo e che forse addirittura potrebbe essere potenziata.
  Vediamo nella delega l'ipotesi di una nuova fattispecie di distruzione, danneggiamento, deturpamento o imbrattamento di beni culturali e paesaggistici, alla lettera a) del comma 3 dell'articolo 1. Si tratta di una norma che andrebbe a sostituire le disposizioni degli articoli 635 e 639 del codice penale, in entrambi i casi secondo comma, ossia ipotesi aggravate, e le disposizioni contravvenzionali degli articoli 733 e 734 del medesimo codice.
  Qual è il mio motivo di interrogazione in questa sede? Si prevede una fattispecie omnibus che inglobi condotte tra loro dal disvalore molto disomogeneo, perché altro è la distruzione, altro è il danneggiamento, altro è il deturpamento e altro è evidentemente l'imbrattamento. Se la prospettiva originariamente prevista dal disegno di legge dovesse essere eseguita, cosa che personalmente non auspico, ci ritroveremmo al cospetto di una fattispecie che riconduce a una medesima cornice edittale che – adesso non ricordo esattamente quale sia; mi dicono da uno a cinque anni – ricondurrebbe insieme condotte tra loro molto disomogenee, come dicevo, dal punto di vista del disvalore. Altro è la distruzione e altro, ovviamente, è l'imbrattamento.
  Potrebbe almeno, in un'ottica di riforma, individuarsi come stato auspicabile quello di una divaricazione in due categorie, una che comporti la distruzione e il danneggiamento, l'altra che comporti il deturpamento e l'imbrattamento, con una diversa cornice edittale, più mite. Tra l'altro, siamo già di fronte a prospettive di innalzamento molto cospicuo della sanzione detentiva rispetto all'ipotesi di base, ragion per cui non ci dobbiamo preoccupare di un deficit di tutela.
  Mi pare di poter rilevare, ma su questo un approfondimento forse è necessario, che, giacché è prevista l'abrogazione dell'articolo 733, che è fattispecie contravvenzionale, verrebbe meno l'ipotesi incriminatrice del danneggiamento di cosa propria, che è un'ipotesi molto particolare, predisposta solo per i beni culturali.
  Ricostruendo la fattispecie alla stregua dell'articolo 635, cioè del danneggiamento comune, si fa riferimento esclusivo al danneggiamento Pag. 6 di cosa mobile altrui. Verrebbe, quindi, meno una prospettiva di tutela che oggi esiste nell'ordinamento, salvo errore da parte mia o valutazione diversa che mi può essere sfuggita.
  Passo al secondo punto, sempre relativo alle fattispecie. Con riferimento a questo insieme di condotte piuttosto eterogenee alle quali facevo riferimento, si stabilisce la punibilità anche a titolo di colpa. La relazione si spende parecchio sul punto, nel senso che ci spiega che altro è, ovviamente, danneggiare un bene immobile qualsiasi e altro è danneggiare un bene culturale. Su questo siamo tutti d'accordo.
  Tuttavia, mi chiedo quale sia lo spazio e anche – potremmo dire; passatemi il lessico un po’ accademico – quale sia il tipo criminologico che si ha in mente. Chi è il danneggiatore per colpa? Dico questo perché il danneggiamento nel nostro ordinamento è previsto in termini generali solo a titolo di dolo. È nozione elementare. D'altronde, un danneggiamento a titolo di colpa genera solo una responsabilità civile.
  Ho qualche difficoltà a concepire un danneggiamento colposo. A chi stiamo pensando? Al turista distratto, al trasportatore che abbia violato una qualche regola cautelare, così generando un danno al patrimonio culturale? Stiamo prevedendo sanzioni detentive fino a due anni e mezzo. Mi sembra che questa prospettiva meriti oggettivamente riconsiderazione. Sarebbe, tra l'altro, una forte discontinuità rispetto alle logiche tradizionali del sistema e forse anche a prospettive di taglio costituzionale.
  In altre occasioni si è parlato di una responsabilità a titolo di colpa nel settore dei beni culturali, ma qual è l'ambito? È quello dei professionisti che procedono all'incauto acquisto, con quella che noi chiamiamo willful blindness, ossia cecità volontaria, una sorta di «chiudo gli occhi per non vedere cosa accade», ma ci riferiamo a ipotesi che sono presidiate da regole cautelari specifiche. In questo caso, invece, sarebbe una colpa sostanzialmente riferita al quivis de populo, non al professionista del settore, che possa incorrere in un danneggiamento, nella distruzione o in un deturpamento di un bene culturale.
  Francamente, questa ipotesi, non mi vede, per quel che può valere, cioè nulla, favorevole. Sottolineo, però, che mi sfugge non solo il paradigma criminologico, ma anche la capacità prevenzionistica di una fattispecie di questo genere. A chi stiamo inviando un messaggio in termini di prevenzione generale positiva? Francamente, forse questo è un aspetto da valutare.
  Salterei alcune componenti e vorrei rimanere su una fattispecie molto innovativa, ma anch'essa parzialmente problematica. So che è una norma fortemente voluta. Mi riferisco alla fattispecie relativa ad attività organizzate per il traffico di beni culturali, alla lettera m) del comma 3 dell'articolo 1 del disegno di legge delega.
  Se mi è consentita l'espressione un po’ banalizzante, è una microfattispecie di associazione a delinquere. Perché dico «micro»? Perché, ovviamente, ci si riferisce a una prospettiva nella quale c'è un'attività organizzata e stabile, anche continuativa, ma non vi è la previsione di un numero indeterminato di reati fine e, peraltro, neanche un numero minimo di partecipanti. Vi sono, quindi, esigenze molto meno stringenti di quelle dell'articolo 416.
  Si tratta di sanzionare condotte prodromiche fortemente anticipate di organizzazione – lo dicevo poco fa – di colui che «con più operazioni o l'allestimento di mezzi e di attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta e importa ingenti quantitativi...» Sappiamo perfettamente che questa disposizione è mutuata dall'articolo 260 di cui al Testo unico sull'ambiente.
  Mi chiedo una cosa. Nell'ambito del citato Testo unico la finalità non era quella in parte di sopperire all'inapplicabilità dell'articolo 416, trattandosi di ipotesi in gran parte contravvenzionali? È ovvio che l'articolo 416 ha come reati fine solo delitti. Mi domando se uno dei motivi genetici dell'articolo 260 del Testo unico sull'ambiente non stesse nella volontà di sopperire, almeno parzialmente, all'inapplicabilità dell'articolo 416. Questo motivo, laddove fosse convalidato – non ho avuto modo di verificarlo nei lavori preparatori – cesserebbe di avere rilevanza in questa sede, perché Pag. 7stiamo parlando di delitti, e anche di delitti gravemente sanzionati.
  Quale potrebbe essere l'altra finalità? Quella di uniformarsi a eventuali, reali o presunti input di penalizzazione di fonte internazionale? Consentitemi di dire che, per averlo in parte studiato, istanze di penalizzazione in questa direzione specifica non emergono.
  Anche questa disposizione, rispetto alla quale forse ci sono delle alternative – segmentazione delle condotte rilevanti e, quindi, non tanto organizzazione di mezzi ma realizzazione di condotte che, segmentate, costituiscano un valido presidio penalistico – avrebbe forse maggiore rilievo. Capisco che le mie valutazioni sono molto succinte e non aprono forse spazi ad alternative reali.
  Tra queste condotte segmentate ve n'è una già penalizzata, la detenzione illecita. La detenzione illecita, al di fuori delle ipotesi di ricettazione – ve lo segnalo, perché questo mi consente anche di fare una transizione al punto successivo – è punita con la pena fino a otto anni. Si va, quindi, dal minimo della reclusione fino a otto anni, perché un minimo edittale non è previsto. Questa è una norma problematica dal punto di vista sanzionatorio.
  Passerei, dunque, brevemente a illustrarvi alcuni profili sanzionatori, in positivo e in negativo.
  In generale, assistiamo a un incremento delle cornici edittali molto significativo. Per il gioco combinato dell'incremento delle cornici e delle circostanze aggravanti si vengono a generare degli effetti che possono assumere connotati problematici. Comincerei da un punto rispetto al quale la delega mi appare un po’ difettosa dal punto di vista sanzionatorio, forse l'unico punto che ho trovato, ossia l'esportazione illecita, disposizione che sostituisce l'articolo 174 del Testo unico dei beni culturali.
  Se ricordo bene, la pena – oggi è una contravvenzione – andava fino a due anni, con pena alternativa detentiva o pecuniaria. Oggi che cosa si prevede, nel disegno di legge? Si prevede un innalzamento fino a quattro anni, ma comunque la pena alternativa della multa da 258 a 5.165 euro.
  Questa è una cornice edittale con una previsione della sanzione in forma alternativa tra pena detentiva e pena pecuniaria che mi lascia, francamente, perplesso per vari motivi. Innanzitutto, stiamo passando da un massimo di quattro anni di reclusione a una multa massima di 5.000 euro. Cogliamo tutti l'immediata sproporzione.
  Inoltre, non vedo perché rispetto a condotte di questo tipo, come unica condotta, si preveda una sanzione di tipo alternativo detentivo/pecuniario, quando vedrei, francamente, plausibile una sanzione di tipo congiunto, proprio perché siamo di fronte a una di quelle condotte dotate di rilevanza – per così dire – dispersiva più significative.
  Tra l'altro, è notizia delle ultime ore che ieri è stata anche varata la riforma del disegno di legge sulla concorrenza relativo all'estensione del termine temporale che consente la libera circolazione. Direi che vanno contemperate esigenze di taglio diverso. Mi pare che questa sia una delle poche ipotesi nelle quali il legislatore delegante possa peccare per difetto.
  Dove trovo un po’ di problemi è, invece, laddove si prevedono nuove cornici edittali soprattutto combinate con circostanze aggravanti particolarmente rilevanti. Il furto aggravato di beni culturali viene sanzionato fino a dodici anni, che non è esattamente una pena lieve. Si può valutare. Non compete a me. Lo segnalo.
  Segnalo, il che è più importante, l'innalzamento di pene per l'ipotesi aggravata. C'è una pena base e poi, al secondo comma, nelle ipotesi aggravate dell'articolo 625, che definisce le circostanze aggravanti, o altre, si prevede una pena da quattro a dodici anni.
  Vorrei con voi riflettere su quello che mi sembra forse un possibile rischio. Per i delitti di ricettazione e di riciclaggio, agli articoli 648 e 648-bis, che, com'è noto, hanno cornici edittali già abbastanza cospicue (il 648 fino a otto anni, il 648-bis da quattro a dodici anni), si prevede un innalzamento della pena fino alla metà. Questo significa che, per reati di entità medio-grave, la ricettazione e il riciclaggio assumono una rilevanza straordinaria, che conduce Pag. 8 a spostare la sanzione massima in un caso a dodici e nell'altro a diciotto anni. Mi rendo conto della rilevanza di questi beni, ma mi sfugge anche l'effettiva necessità, visto che neppure quell'effetto di trascinamento, se lo si vuole tenere valido, nel caso di specie, ha motivo di essere.
  Tra l'altro, attirerei la vostra attenzione sul fatto che sia prevista un'aggravante a effetto speciale generale con incremento del trattamento sanzionatorio da un terzo alla metà applicabile a tutti i reati aventi a oggetto beni culturali, qualora il fatto sia commesso nell'esercizio di un'attività commerciale o professionale.
  Giacché questi fatti di ricettazione e riciclaggio sono notoriamente commessi da soggetti che esplicano abitualmente attività di tipo professionale o commerciale, dobbiamo ipotizzare un aumento fino alla metà sulla pena base della ricettazione e del riciclaggio correlato alla tipologia del bene giuridico protetto e un ulteriore incremento fino alla metà derivante dalla particolare tipologia degli autori. Arriviamo a pene che definire draconiane non mi pare eccessivo: 22 anni per il riciclaggio. Siamo di fronte a ipotesi molto severamente sanzionate, nelle quali mi pare di poter cogliere un qualche elemento di sproporzione, per usare una frase un po’ eufemistica.
  Concludo segnalando due aspetti che mi sembrano positivi. Uno è, ovviamente, il ricorso alla confisca, anche alla confisca per valore. Mi pare che sia un'ipotesi percorribile e già in parte prevista. Forse manca un riferimento sistematico, ma da questo punto di vista non ho sufficientemente riflettuto per indicarvelo, alle sanzioni pecuniarie, che mi paiono apparire un po’ a macchia di leopardo.
  L'altra componente di taglio positivo attiene, ovviamente, all'estinzione della responsabilità ex decreto legislativo n. 231 del 2001. Mi pare un'ottima notizia, perché i soggetti tipici ai quali pensiamo sono operatori del mercato e, quindi, una logica prevenzionistica che passi anche per una responsabilizzazione degli operatori commerciali è molto apprezzabile. Se non erro, è prevista solo la sanzione pecuniaria, mentre troverei particolarmente utile la sanzione interdittiva in un caso di questo tipo, giacché si tratta proprio di attività correlate all'esercizio di queste funzioni, sanzioni interdittive molto più temibili, ma – diciamo la verità – molto più efficaci dal punto di vista anche prevenzionistico, conoscendo l'impianto legislativo del decreto.
  Avrei terminato. Sono a vostra disposizione.

  PRESIDENTE. Grazie, professore. Le siamo molto grati, anche perché questo ci consentirà di intervenire anche alla luce di una ricostruzione complessiva. Abbiamo capito, però, anche che ci sono degli spunti critici da dover approfondire.
  Vorrei passare ora la parola al Generale di brigata dell'Arma dei Carabinieri Fabrizio Parrulli, Comandante del Comando Carabinieri Tutela patrimonio culturale. Con noi in aula c'è anche il Tenente colonnello Antonio Coppola, che comanda il Reparto Operativo Tutela patrimonio culturale.

  FABRIZIO PARRULLI, Generale di Brigata dell'Arma dei Carabinieri. Grazie, signora presidente, onorevoli deputati. Innanzitutto vi rivolgo il mio rispettoso saluto. Ringrazio tutti i componenti della Commissione giustizia per l'attenzione che hanno sempre riservato all'Arma dei Carabinieri, in particolare oggi al Comando Carabinieri Tutela patrimonio culturale, nel poter fornire elementi di conoscenza e di valutazione sui contenuti del disegno di legge al vostro esame.
  Il testo della delega al Governo per la riforma della disciplina sanzionatoria in materia di reati contro il patrimonio culturale risponde alle esigenze preventive e repressive a contrasto dell'aggressione ai criminali di settore e si colloca pienamente nel quadro di progressivo rafforzamento della sensibilità internazionale in materia di tutela dei beni culturali.
  Se l'Italia ha ancora un paesaggio e un patrimonio culturale così importanti, enunciati tra i princìpi fondamentali della nostra Costituzione, lo dobbiamo a secoli di tutela e custodia, vorrei dire a secoli di amore e di passione degli italiani per il Pag. 9nostro Paese. Tra quanti si occupano di proteggerlo può, a buon titolo, essere annoverato il Comando Carabinieri Tutela patrimonio culturale, inserito come ufficio di diretta collaborazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Si tratta del primo reparto di polizia specializzato creato nel mondo per operare in questo specifico settore, che costituisce oggi anche un esempio a livello internazionale.
  Il principale strumento normativo alla base delle complesse investigazioni dei Carabinieri del Comando Tutela patrimonio culturale è rappresentato dal Codice dei beni culturali e del paesaggio. Il limitato vigore sanzionatorio della legislazione speciale, tuttavia, molto spesso la rende meno incisiva rispetto alle norme del Codice penale, che paradossalmente meglio si adattano allo sviluppo delle indagini sul patrimonio culturale.
  Per ottenere migliori risultati investigativi occorre, così come previsto dal disegno di legge in esame, che siano introdotte previsioni di reati specifici, oggi non presenti né nel Codice penale, né nel Codice dei beni culturali e del paesaggio, come il furto, la ricettazione, il traffico illecito di beni culturali, il possesso ingiustificato di strumenti per il sondaggio del terreno o di apparecchiature per la rilevazione dei metalli (metal detector) nelle aree archeologiche.
  Vi è necessità che sia stabilito un trattamento sanzionatorio improntato a una maggiore severità per chi commette delitti contro il patrimonio culturale. L'aumento delle pene non è fine a se stesso. È stato anche citato prima un effetto di trascinamento utile sugli strumenti processuali, tra i quali l'arresto in flagranza, il processo per direttissima, le intercettazioni telefoniche.
  Sempre in questo senso l'introduzione del delitto di distruzione, danneggiamento, deturpamento o imbrattamento dei beni culturali o paesaggistici potrà fornire alla Polizia giudiziaria maggiori possibilità di successo nella lotta a questo tipo di reati. Il disegno di legge prevede, infatti, tali delitti punibili anche a titolo di colpa e procedibili d'ufficio, in considerazione del preminente interesse pubblico alla prevenzione e repressione di queste condotte di reato.
  Il disegno di legge razionalizza anche la materia degli sconti di pena e dei benefici per chi collabora con la giustizia e permette, quindi, il recupero di beni trafugati.
  Infine, il disegno di legge prevede che si possa fare uso di strumenti di maggiore efficacia nel perseguire i reati contro il patrimonio culturale. Al riguardo, per i reparti specializzati sono estese al delitto di traffico illecito di beni culturali le operazioni sotto copertura, nonché l'attivazione di siti civetta su Internet, facoltà già previste per altre gravi tipologie di diritti.
  Le nuove norme introducono, quindi, finalmente strumenti efficaci e moderni per contrastare i reati contro il patrimonio culturale, un provvedimento molto importante non solo per l'Italia, ma per l'intera comunità internazionale, dal momento che questi reati, oggi più che mai, non conoscono limiti territoriali, linee di confine e, come emerso in molti autorevoli contesti, il terrorismo utilizza il traffico illecito di beni culturali come fonte di finanziamento.
  Con queste nuove norme, l'Italia si pone all'avanguardia a livello internazionale. In sintesi, si prevedono: pene più severe, che garantiscono possibilità di arresto e di intercettazione, oggi impossibili se non con riferimento a reati comuni previsti e puniti dal codice penale; reati, quindi, maggiormente aderenti alla specifica materia; possibilità di aggredire patrimoni accumulati dalle organizzazioni criminali dedite al traffico illecito di beni culturali; operazioni sotto copertura, ritardati arresti, ritardati sequestri, operazioni sulle reti, strumenti indispensabili per progredire concretamente nella tutela del patrimonio culturale, elevandola ai livelli richiesti dalla comunità internazionale; adeguamento dell'ordinamento italiano ai nuovi standard internazionali e ai nuovi impegni che l'Italia ha assunto in quest'ambito.
  Proprio in relazione a quest'ultimo aspetto – mi ricollego a quanto detto prima anche dal professore – il tema della tutela del patrimonio culturale trova sempre più significativa centralità anche in ambito internazionale. In questa direzione, a testimonianza Pag. 10 dell'accresciuta sensibilità per le questioni legate alla protezione del patrimonio culturale, vanno segnalate le linee-guida internazionali per la prevenzione del crimine e le sanzioni penali in relazione al traffico di beni culturali e dei reati ad esso connessi adottate dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite con le risoluzioni n. 69 e 196 del dicembre 2014, su proposta dell'Italia.
  Obiettivo primario è quello di promuovere l'adattamento delle legislazioni degli Stati membri intorno a princìpi e regole condivisi, nonché quello di rafforzare la cooperazione internazionale e l'assistenza giudiziaria attraverso la promozione, in particolare, dell'applicazione della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata, la Convenzione di Palermo.
  Il testo della delega al Governo in discussione, attraverso l'introduzione di nuove fattispecie di reato, l'innalzamento delle pene edittali per quelle già contemplate e la previsione di aggravanti specifiche per reati comuni quando riguardano i beni culturali, appare più aderente alle tematiche del contrasto ai reati in danno del patrimonio culturale, prevedendo strumenti investigativi in linea con la Convenzione di Palermo.
  Il punto fondamentale del testo della riforma in discussione è, tuttavia, senza dubbio l'introduzione del delitto di attività organizzata finalizzata al traffico di beni culturali. Infatti, il reato, così come previsto nel disegno di legge, viene inserito nella struttura del Codice antimafia, consentendo di beneficiare di strumenti investigativi di ricerca della prova, quali attività sotto copertura, da condurre anche attraverso la rete, procedendo, per esempio, ad acquisti simulati di beni e alle relative attività di intermediazione.
  In relazione all'attività investigativa, infatti, questa norma rappresenterebbe uno straordinario passo in avanti, una vera e propria rivoluzione, che porrebbe l'aderenza investigativa degli organi specializzati di settore al medesimo livello delle strutture investigative di contrasto alla criminalità organizzata.
  Proprio in quest'ultima direzione, la possibilità di utilizzare strumenti investigativi incisivi, quali le attività tecniche di intercettazione piuttosto che la possibilità di realizzare azioni sotto copertura, consentirebbe di contestualizzare le complesse rotte del traffico internazionale di beni culturali, che sono costituite da un vero e proprio network criminale in cointeressenza diretta con il lato pulito del mercato.
  Al tempo stesso, inoltre, si avrebbe un adeguato strumento normativo utile a esplorare le contiguità e gli interessi diretti della criminalità organizzata nel traffico di beni culturali, soprattutto attraverso il reimpiego di beni accumulati con le attività tipiche, quali il racket delle estorsioni o il traffico degli stupefacenti.
  Nel dettaglio, andando a colpire le forme di trasferimento illecito, alienazione, scavo clandestino e gestione illecita di beni culturali, si contribuisce a offrire un ampio spettro investigativo per gli operatori di Polizia giudiziaria. Basti pensare che lo scavo clandestino e il traffico illecito di reperti archeologici, soprattutto negli anni Sessanta-Ottanta, l'epoca che è stata definita della «grande razzia», ha portato migliaia di beni culturali italiani all'estero.
  Ancora oggi un incessante lavoro dei Carabinieri per la tutela del patrimonio culturale, nonostante molto spesso ci si trovi di fronte a reati ormai prescritti, è focalizzato al loro recupero. Ciò avviene anche attraverso quell'attività di diplomazia culturale svolta in sinergia con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, con il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e con l'Avvocatura generale dello Stato. Spesso si rivela l'unico mezzo per tentarne la restituzione.
  La nuova normativa, inoltre, tiene conto del fatto che i dati di settore, in particolare modo quelli della falsificazione – ma non solo questi – sono realizzati spesso da gruppi strutturati con una chiara definizione di compiti lungo la filiera criminale che sempre più frequentemente si proiettano a livello transnazionale.
  In questo contesto, tali gruppi criminali, – nei quali ogni componente ha un ruolo Pag. 11ben determinato e funzionale alla ricostruzione della filiera – si mostrano sempre più connotati da elevata specializzazione e l'introduzione di una siffatta tipologia di reato – quella appunto del delitto di attività organizzata finalizzata al traffico di beni culturali – contribuisce a contrastare in misura adeguata le molteplici modalità con le quali si realizza il traffico illecito dei beni culturali, su uno scenario complesso come può esserlo quello che interessa più Stati.
  Le clausole di non punibilità, tra cui la facoltà di omettere o ritardare gli atti di propria competenza, così come previsto nel testo all'attenzione di codesta Commissione, si applicano agli ufficiali di Polizia giudiziaria degli organismi specializzati di settore, nonché agli agenti di Polizia giudiziaria, agli ausiliari e alle interposte persone di cui la stessa Polizia giudiziaria intende avvalersi nell'esecuzione delle citate operazioni.
  Quest'ultima ipotesi risponde pienamente alle esigenze investigative. Considerando un potenziale scenario operativo è possibile, infatti, che possa essere richiesto il supporto di tecnici che garantiscano la credibilità di un'operazione sotto copertura, così come l'utilizzo di interposte persone che possano simulare un'intenzione di acquisto che potrà rivelarsi fondamentale per agevolare l'infiltrarsi in filiere criminali difficilmente penetrabili dall'esterno.
  Tali strumenti, quindi, garantirebbero le capacità di combattere con efficacia la criminalità di settore, disarticolando gli apparati organizzativi e indebolendone i punti nevralgici attraverso una strategia diretta a infiltrarsi in tali sodalizi, anche transnazionali, disgregandoli dall'interno.
  Inoltre, l'attivazione di siti civetta con indicazioni di copertura e la possibilità di transazioni fittizie sulle reti e sui sistemi telematici consentirebbe di poter investigare e contrastare il nuovo mercato rappresentato dalle transazioni online. Negli ultimi anni, infatti, questo è diventato il nuovo campo di sfida, laddove le piattaforme telematiche di vendita, oltre ad agevolare le attività illecite di transazione di beni culturali, diventano spesso il terreno di fidelizzazione dei clienti.
  Inoltre, è importante considerare che l'attuale orizzonte operativo debba tener conto anche dello scenario internazionale relativo alle aree di crisi, nelle quali è presente una continua attività di saccheggio di reperti archeologici che, transitando nei mercati esteri, contribuisce a finanziare indirettamente il terrorismo internazionale.
  In tal senso, infatti, poter disporre di un efficace strumento investigativo che consenta un'attività sotto copertura infiltrandosi nelle reti certamente potrebbe incidere in misura notevole sulle capacità di individuare e monitorare eventuali transiti o cessioni di beni archeologici che, provenendo dalle suddette aree di crisi, soprattutto quelle mediorientali e quelle dell'Africa settentrionale, possano finire sul territorio nazionale o vedere il coinvolgimento di mediatori italiani.
  Giova rammentare, al riguardo, che il Comando Carabinieri Tutela patrimonio culturale, quale reparto specializzato nel settore e polo di gravitazione informativa e analisi anche a favore delle altre forze di polizia, gestisce la Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti, così come previsto dall'articolo 85 del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
  I Carabinieri altamente specializzati della dipendente Sezione elaborazione dati da anni, oltre a gestire e implementare il suddetto database, sono impegnati in un'importante attività di monitoraggio delle transazioni telematiche e delle piattaforme di vendita online. La grande capacità tecnica evidenziata, pur in assenza di una legislazione in grado di supportare l'attività con efficaci strumenti investigativi e adeguate scriminanti, ha comunque consentito dei risultati operativi di rilievo, permettendo di localizzare e sequestrare beni anche a distanza di decenni dalla loro sottrazione.
  Con i nuovi strumenti messi a disposizione dalla delega la Sezione elaborazione dati del Comando Carabinieri Tutela patrimonio culturale potrà supportare gli organi investigativi nella gestione di attività sotto copertura sulle reti, incrementando l'incisività Pag. 12 e la remuneratività dell'azione repressiva.
  L'attuale riforma, così come proposta, rappresenterebbe un indiscutibile vantaggio per gli operatori di polizia, laddove la reductio ad unitatem della materia considerata conferirebbe una coerenza sistemica al complesso delle sanzioni penali, in relazione alle lesioni dell'interesse della collettività nella tutela del patrimonio culturale, divenendo così il principale punto di riferimento normativo per la Polizia giudiziaria specializzata di settore.
  Infine, ripercorrendo il testo in esame, mi sento di evidenziare, quali ulteriori aspetti positivi, univocamente tesi al concreto miglioramento della tutela del nostro patrimonio, l'introduzione della nuova fattispecie di furto di beni culturali, certamente pioneristica nel panorama internazionale, che rafforza ulteriormente la tutela giuridica dei beni, soprattutto quelli custoditi nei luoghi della cultura.
  Aggiungo la previsione del delitto di distruzione, danneggiamento, deturpamento o imbrattamento di beni culturali e paesaggistici, i cui risvolti positivi sulle attività di indagine e soprattutto sulla definizione della responsabilità sono garantiti dalla punibilità anche a titolo di colpa e dalla procedibilità d'ufficio.
  Segnalo anche le norme sul ravvedimento, che, garantendo un vantaggio rispetto a contestazioni più gravi a chi si attiva concretamente nel fornire aiuto nella ricostruzione del fatto delittuoso e nell'individuazione del suo autore, potranno tradursi in oggettivi miglioramenti investigativi in termini di un minor dispendio di tempo e di risorse, con un consequenziale incremento dell'attività di recupero di beni culturali.
  Signora presidente, onorevoli deputati, a voi rinnovo il mio ringraziamento per aver consentito di poter fornire il punto di vista del Comando Carabinieri Tutela patrimonio culturale su questo argomento così delicato e importante.
  Mi sia consentito di fare un'ultima riflessione. Vista l'importanza che il nostro Paese attribuisce al patrimonio culturale, occorre davvero dare centralità, nell'ambito del sistema penale, alla tutela del patrimonio culturale. Il testo della delega offre agli organi di polizia specializzati strumenti adeguati per poter incidere concretamente sulle aggressioni criminali al patrimonio culturale nazionale, sia in funzione deterrente, sia in funzione repressiva.
  Non posso esimermi dal ricordare che la comunità internazionale sempre più guarda al modello italiano di tutela, in cui la normativa, le capacità e le potenzialità investigative date dagli strumenti che il legislatore conferisce agli organi di polizia specializzata sono i fattori fondamentali.
  L'esito del G7 dei Ministri della cultura, tenutosi a Firenze a fine marzo, ne è l'ultima significativa testimonianza. In quella sede, durante la sessione tecnica, tra l'altro, ho avuto modo di presentare la task force italiana Unite for Heritage – i nostri caschi blu della cultura – e di evidenziarne il prossimo possibile impiego nelle attuali aree di crisi, in cui le forze fondamentaliste depredano siti archeologici di inestimabile valore riconosciuti come patrimonio dell'umanità. Solo per citarne qualcuno, Nimrud e Palmira sono gli esempi più noti dello scempio che la cieca aberrazione jihadista, purtroppo, sta perpetrando in questo periodo.
  Anche in tale contesto di gravi criticità internazionali la riforma normativa in tema di beni culturali fornirebbe idonei strumenti operativi. Avrebbe, infatti, risvolti positivi nel contrasto al traffico di opere d'arte provenienti da quelle aree, contribuendo a contestualizzare gli interessi della criminalità organizzata nazionale di settore e permettendo di ricostruire gli interessi delle organizzazioni terroristiche internazionali anche per quanto riguarda il possibile transito di questi reperti dal territorio nazionale.
  In conclusione, la tutela del patrimonio culturale merita un'attenzione normativa specifica, poiché è la natura stessa dei beni che lo costituiscono a richiederlo. Con le disposizioni attuali, oggi non vi è differenza, in termini di norme e di strumenti per colpire le aggressioni criminali, tra il furto di una bicicletta, un'autovettura, un Pag. 13qualsiasi bene mobile rispetto a un dipinto, un reperto archeologico, una scultura, un manoscritto o un libro antico. Chi sottrae uno di questi oggetti, o un bene culturale in ogni caso, soggiace alla stessa pena e identici sono gli strumenti di cui la Polizia giudiziaria dispone per prevenire e reprimere questi reati.
  Non posso, quindi, che ravvisare una sproporzione nella tutela che lo Stato prevede oggi nei confronti di un interesse che è lo stesso, è vero, il diritto alla proprietà, ma che si deve necessariamente collocare su piani diversi a seconda della natura del bene che si intende proteggere. Indipendentemente dalla proprietà e dal valore venale dei beni, il furto di un dipinto, di un reperto archeologico, di una scultura, di un manoscritto o di un libro antico non determina esclusivamente la perdita di un oggetto, ma implica la sottrazione di un tassello di ciò che costituisce il patrimonio culturale, fondamento di ogni civiltà, compresa la nostra, soprattutto della nostra, che custodisce per l'intera umanità una gran parte del patrimonio culturale mondiale.
  Una riforma nel senso prospettato dal Governo, e che è alle valutazioni di codesta Commissione, rappresenterebbe non solo la migliore forma di riconoscimento per chi lavora quotidianamente con sacrificio, dedizione e passione per prevenire e reprimere tutte le aggressioni allo straordinario patrimonio culturale che ci hanno lasciato le generazioni precedenti, ma anche una migliore forma di tutela di quelle stesse ricchezze che abbiamo il dovere di affidare alle generazioni future.
  Ringrazio per l'attenzione che lei, signora presidente, e tutti i membri della Commissione mi hanno riservato e sono a disposizione per eventuali domande.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio. Trattandosi di un'indagine conoscitiva, l'audizione è registrata e sarà trascritta e trasmessa anche per eventuali integrazioni o puntualizzazioni, se ritenete. Vedo che il generale ha un documento. Se ce lo vuole lasciare, lo mettiamo già agli atti e a disposizione anche degli altri colleghi. In contemporanea, abbiamo in Aula le votazioni per l'elezione di un giudice della Corte costituzionale, ma sono qui presenti i colleghi che rappresentano i Gruppi e il relatore, l'onorevole Berretta.
  Faccio una domanda a lei, generale, veramente minuscola e forse scontata. Oggi questa delega risponde sicuramente all'esigenza di dare una visibilità e un corpo unico ai reati contro il patrimonio culturale, ossia al bene giuridico relativo al bene culturale e al patrimonio culturale come qualcosa che viene identificato anche all'interno del codice penale. C'è, però, anche un'esigenza che deriva dal fatto che oggi i reati, le sanzioni, le figure, sia amministrative, sia penali, sono di così scarsa incidenza per cui avete delle difficoltà a incidere dal punto di vista della repressione e prevenzione, oppure no?
  È una domanda banale, ma è la domanda che va proprio al fondo di questa delega, che ci consentirà anche forse di accelerarne il passo, per capire un po’ com'è la situazione oggi.

  FABRIZIO PARRULLI, Generale di Brigata dell'Arma dei Carabinieri. La ringrazio, signora presidente, di questa domanda. Effettivamente, è come dice lei. Oggigiorno gli strumenti a disposizione della Polizia giudiziaria di settore non consentono a volte di sviluppare in profondità e, quindi, di arrivare a disarticolare soprattutto le attività di organizzazioni, a causa della mancanza di misure, di norme e di leggi che ci consentano di cristallizzare una serie di elementi che vengono raccolti durante le attività investigative.
  Sicuramente l'elevazione delle pene e la possibilità di questo trascinamento e, quindi, di poter sviluppare un'attività investigativa più incisiva mediante le attività di intercettazioni telefoniche o soprattutto le attività sotto copertura, potranno offrire maggiori capacità investigative e più strumenti per svolgere un'attività sicuramente repressiva, ma anche in termini di prevenzione e, quindi, anche di dissuasione delle persone dall'interessarsi in termini criminali di questo settore.

  PRESIDENTE. Al professore, invece, volevo porre un altro quesito. Ho capito, e ce Pag. 14ne siamo anche resi conto da alcuni esempi che ha fatto in concreto, che forse è necessario in parte rivedere e coordinare i tetti massimi di pena, o comunque gli aumenti e le circostanze aggravanti. In questo senso saremo attenti a non creare dei «mostri», ossia a non passare da un eccesso a un altro. Da quello che ho compreso, però, l'impianto lei lo condivide. La voce della dottrina è importante e ci aiuta anche ad andare avanti nelle riforme.
  Quindi, lei l'impianto lo condivide. Mi pare di aver capito che condivide un po’ meno, se non ho inteso male, la questione riguardante i reati colposi, ossia la definizione di reato colposo con riferimento al danneggiamento. Su questo punto c'era stata un'osservazione nella scorsa seduta anche da parte di una collega.
  Lei ha detto, se ho capito bene, che non riesce a capire quali siano poi le condotte in concreto...

  STEFANO MANACORDA, Professore di diritto penale presso la Seconda Università degli Studi di Napoli. I destinatari.

  PRESIDENTE. I destinatari. Potrebbero essere i pubblici amministratori? Questo è un quesito che ha posto al contrario la collega Amoddio la scorsa volta, in sede di audizione della professoressa Severino. Ci si è chiesti questo: a titolo di colpa chi ne risponde? L'amministratore negligente ne potrebbe rispondere?

  STEFANO MANACORDA, Professore di diritto penale presso la Seconda Università degli Studi di Napoli. È interessante. Faccio una battuta iniziale, se me lo consente.
  Nel patrimonio culturale italiano, come questa Commissione sa benissimo, perché è il maggior presidio nello Stato di queste esigenze, ci sono anche esigenze di equilibrio, di armonia e di rispetto dei princìpi costituzionali, che non credo possano essere così profondamente obliterate in un contesto pur così sensibile. Io sono stato uno dei fautori di una riforma e questo è un primo dato che vorrei sottolineare.
  Un secondo dato è che ben conosco il quadro normativo internazionale, che è in profonda evoluzione. Francamente, obblighi di penalizzazione in relazione a condotte di questo tipo non ne vedo.
  Mi spiego meglio. La Convenzione del Consiglio d'Europa, che credo – mi è arrivato un messaggio pochi istanti fa – sia stata addirittura approvata oggi, è una Convenzione che comporta molte delle fattispecie di cui si sta discorrendo (scavo clandestino, ipotesi di furto previste in maniera autonoma o aggravata). L'Italia era già compliant rispetto a molte di queste fattispecie, ma va detto che, in particolare, più che le cornici edittali, perché le aggravanti c'erano, il meccanismo delle circostanze faceva sì che anche per i tempi di prescrizione alcune di queste condotte cadessero nel vuoto.
  Per esprimersi proprio in termini estremamente sommari, mi pare di poter condividere le ipotesi del furto, della contraffazione e anche del danneggiamento, sia pure con quei distinguo che facevo prima. Ci sono, però, ipotesi più problematiche, come la detenzione.
  Che vuol dire la detenzione? Qui siamo al di fuori dei casi di cui all'articolo 648. Chi è il detentore del bene, cioè colui che non ha l’animus del possessore, se ricordo bene qualche nozione di diritto civile? Non sono neanche reati di possesso in senso proprio, che pure sono notoriamente fattispecie problematiche per le nostre reminiscenze di studenti, ma sono evidentemente ipotesi diverse. Mi veniva in mente anche l'erede. Nel disegno di legge sono ipotesi punite fino a otto anni di detenzione, laddove la provenienza del bene sia illecita. Mi sembra un'ipotesi di problematica.
  Anche quella del traffico, perché la ritengo problematica? Perché, francamente, capisco che è agganciata adesso all'articolo 51, comma 3, del Codice di procedura penale, ma questa per me non è una ragione sufficiente. La dimensione strumentale della riforma, che comprendo dal punto di vista investigativo e delle agenzie di enforcement, dal mio punto di vista si espone a una valutazione di tipo analitico sulla struttura della fattispecie, con fortissima anticipazione della soglia di tutela. Pag. 15
  Qui le pene sono un po’ più contenute, mi pare fino a sei anni, se non sbaglio. Non sono pene lievi, ma mi chiedo quale sia l'interferenza con l'articolo 416 del Codice penale, che qui è applicabile, ovviamente. È una domanda retorica.
  La colpa non mi vede orientato in questo senso. Non c'è traccia nei lavori preparatori di tipologie di autori come quelli a cui lei faceva riferimento. Credo che tutto nasca dall'allarme sociale di colui che fa il bagno nella Fontana di Trevi e scalfisce, gravemente e colposamente, com'è ovvio, la statua. La domanda è se abbia utilità prevedere la reclusione fino a due anni e mezzo, se questo abbia un'efficacia deterrente, se sia proporzionato ed equilibrato. Come dicevo, è una profonda discontinuità rispetto alla tradizione giuridica. D'altronde, una modifica di questo tipo non impatterebbe neanche sulle prospettive di indagine, che hanno, ovviamente, a che fare con macrodimensioni.
  Si pone un'altra domanda. In altre legislazioni vi è una soglia di rilevanza del bene. Qui noi stiamo coprendo l'area del bene culturale, che sappiamo essere estesissima, senza soglie – per così dire – quantitative, che hanno una componente selettiva. Penso alle dimensioni delle soglie quantitative in materia di tutela dell'ambiente. Sono anche queste ipotesi che abbiamo visto affacciarsi. Sono problemi di tecnica redazionale e legislativa nei quali non mi è dato entrare in maniera diretta. Osservo, però, che forse selezionare può far sì che la sanzione appaia meno sproporzionata, o che la cornice edittale non appaia tanto biforcata.
  Non ho risposto esattamente alla sua questione, ma le ho fornito qualche indicazione.

  PRESIDENTE. La ringrazio anche di questo ulteriore approfondimento. Potremmo anche acquisire questa Convenzione, che mi ha detto essere stata approvata oggi.

  STEFANO MANACORDA, Professore di diritto penale presso la Seconda Università degli Studi di Napoli. C'è un gruppo di lavoro al Gabinetto del Ministero della giustizia che ha curato la fase di elaborazione della proposta italiana, di cui facevo parte anch'io. Dagli uffici mi hanno comunicato che il testo ormai era definitivo. Una collaboratrice poco fa me l'ha riferito. L'ho appena letto. Immagino, quindi, che sia pressoché ufficiale, se non addirittura già diffuso.

  PRESIDENTE. Questo anche a livello orientativo ci può essere utile, anche per avere un ulteriore parametro di valutazione.
  Vi ringrazio molto e dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.20.