XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Giovedì 15 settembre 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DEL DISEGNO DI LEGGE DEL GOVERNO C. 4025, DI CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE N. 168/2016, RECANTE MISURE URGENTI PER LA DEFINIZIONE DEL CONTENZIOSO PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE, PER L'EFFICIENZA DEGLI UFFICI GIUDIZIARI, NONCHÉ PER LA GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA

Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale magistrati, dell'Associazione tra i magistrati del Consiglio di Stato, dell'Associazione magistrati della Corte dei conti, del Coordinamento per una nuova magistratura amministrativa, dell'Associazione nazionale magistrati amministrativi e del Consiglio nazionale forense.
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Minisci Francesco , segretario generale dell'Associazione nazionale magistrati ... 3 
Ferranti Donatella , Presidente ... 8 
Palese Rocco (Misto-CR)  ... 8 
Ferranti Donatella , Presidente ... 8 
Severini Giuseppe , presidente dell'Associazione tra i magistrati del Consiglio di Stato ... 8 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
Granelli Ermanno , presidente dell'Associazione magistrati della Corte dei conti ... 11 
Ferranti Donatella , Presidente ... 12 
Spagnoletti Leonardo , presidente del Coordinamento per una nuova magistratura amministrativa (Co.N.MA) ... 12 
Ferranti Donatella , Presidente ... 14 
Spagnoletti Leonardo , presidente del Coordinamento per una nuova magistratura amministrativa (Co.N.MA) ... 14 
Ferranti Donatella , Presidente ... 15 
Mattei Fabio , segretario generale dell'Associazione nazionale magistrati amministrativi ... 15 
Ferranti Donatella , Presidente ... 17 
Vitanza Roberto , componente dell'Associazione nazionale magistrati della giustizia amministrativa ... 17 
Ferranti Donatella , Presidente ... 17 
Secchieri Carla , consigliere nazionale del Consiglio nazionale forense ... 17 
Ferranti Donatella , Presidente ... 19 
Palese Rocco (Misto-CR)  ... 19 
Ferranti Donatella , Presidente ... 20 
Palese Rocco (Misto-CR)  ... 20 
Ferranti Donatella , Presidente ... 20 
Palese Rocco (Misto-CR)  ... 20 
Ferranti Donatella , Presidente ... 20 
Minisci Francesco , segretario generale dell'Associazione nazionale magistrati ... 20 
Palese Rocco (Misto-CR)  ... 20 
Ferranti Donatella , Presidente ... 20 
Colletti Andrea (M5S)  ... 20 
Minisci Francesco , segretario generale dell'Associazione nazionale magistrati ... 20 
Colletti Andrea (M5S)  ... 21 
Ferranti Donatella , Presidente ... 21 
Minisci Francesco , segretario generale dell'Associazione nazionale magistrati ... 21 
Ferranti Donatella , Presidente ... 22 
Minisci Francesco , segretario generale dell'Associazione nazionale magistrati ... 22 
Ferranti Donatella , Presidente ... 22 
Minisci Francesco , segretario generale dell'Associazione nazionale magistrati ... 22 
Ferranti Donatella , Presidente ... 22 
Minisci Francesco , segretario generale dell'Associazione nazionale magistrati ... 22 
Ferranti Donatella , Presidente ... 23

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri;
Misto-Movimento PPA-Moderati: Misto-M.PPA-Mod.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 14.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale magistrati, dell'Associazione tra i magistrati del Consiglio di Stato, dell'Associazione magistrati della Corte dei conti, del Coordinamento per una nuova magistratura amministrativa, dell'Associazione nazionale magistrati amministrativi e del Consiglio nazionale forense.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame del disegno di legge del Governo C. 4025, di conversione in legge del decreto-legge n. 168 del 2016, recante «Misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di cassazione, per l'efficienza degli uffici giudiziari, nonché per la giustizia amministrativa», l'audizione di Francesco Minisci, segretario generale dell'Associazione nazionale magistrati (ANM), accompagnato da Concetta Potito, componente della giunta esecutiva centrale dell'ANM, da Daniela Monaco Crea, componente della giunta esecutiva centrale dell'ANM e da Paolo Criscuoli, componente della giunta esecutiva centrale dell'ANM; di Giuseppe Severini, presidente dell'Associazione tra i magistrati del Consiglio di Stato, accompagnato da Roberto Chieppa, vicepresidente dell'Associazione tra i magistrati del Consiglio di Stato, e da Diego Sabatino, componente dell'Associazione tra i magistrati del Consiglio di Stato; di Ermanno Granelli, presidente dell'Associazione magistrati della Corte dei conti, accompagnato dal Maria Teresa Polito, vicepresidente dell'Associazione magistrati della Corte dei conti, da Manuela Arrigucci, segretario generale dell'Associazione magistrati della Corte dei conti, e da Donato Luciano, componente della giunta esecutiva dell'Associazione magistrati della Corte dei conti; di Leonardo Spagnoletti, presidente del Coordinamento per una nuova magistratura amministrativa, accompagnato da Lydia Ada Orsola Spiezia, vicepresidente del Coordinamento per una nuova magistratura amministrativa, e da Alessandro Maggio, componente del comitato di coordinamento del Coordinamento per una nuova magistratura amministrativa; di Fabio Mattei, segretario generale dell'Associazione nazionale magistrati amministrativi; di Roberto Vitanza, componente dell'Associazione nazionale magistrati della giustizia amministrativa, e di Carla Secchieri, consigliere nazionale del Consiglio nazionale forense, accompagnata da Angelo Schillaci, componente dell'ufficio studi del Consiglio nazionale forense.
  Do, quindi, la parola a Francesco Minisci, segretario generale dell'Associazione nazionale magistrati, per lo svolgimento della sua relazione.

  FRANCESCO MINISCI, segretario generale dell'Associazione nazionale magistrati. Innanzitutto, a nome dell'Associazione nazionale magistrati, esprimo l'apprezzamento Pag. 4 per questa convocazione e ringrazio la presidente per la tempestività con cui ha disposto questa audizione.
  Le norme su cui focalizzeremo il nostro intervento, evidentemente, sono quelle che riguardano la magistratura ordinaria e, quindi, gli articoli da 1 a 6 del decreto-legge oggetto di discussione.
  Siamo già intervenuti sulle norme più importanti e di maggiore impatto per l'attività degli uffici (la proroga di alcuni pensionamenti, l'aumento del termine di legittimazione per i trasferimenti, la riduzione del tirocinio dei magistrati di prima nomina), evidenziando la nostra ferma contrarietà con riferimento alle modalità di adozione del provvedimento.
  Si tratta di materie ordinamentali, da un lato eterogenee tra di loro e dall'altro aventi profili di particolare delicatezza, che riteniamo avrebbero meritato un percorso diverso, connotato anche da interlocuzioni istituzionali con i vari attori, tra cui la stessa ANM, e certamente più meditato, e non di essere affrontate con lo strumento del decreto-legge estivo.
  Tuttavia, è soprattutto il merito del provvedimento che non ci convince, sul quale siamo contrari. Se la ratio dell'intervento legislativo è quella di razionalizzare e rendere più efficace l'attività degli uffici giudiziari e se ogni intervento legislativo deve essere connotato dalla ragionevolezza, non possiamo non sottolineare che il decreto-legge n. 168 del 2016 ci sembra non presentare nessuna di queste imprescindibili caratteristiche.
  Il metodo e il merito del provvedimento hanno disorientato i magistrati italiani, perché, non solo non si riescono a individuare quei profili che mirino al miglioramento della situazione negli uffici giudiziari, che, come tutti in quest'Aula sappiamo, di problemi ne hanno tanti, ma ha provocato e provocherà una serie di conseguenze negative.
  Partiamo dalla norma che ha avuto il più immediato impatto: l'articolo 5, comma 1, ovvero la proroga del trattenimento in servizio di alcuni magistrati della Corte di cassazione.
  La scelta di prorogare per un altro anno il trattenimento in servizio solo di alcuni dei magistrati che sarebbero andati in pensione il 31 dicembre 2016, alcuni dei quali già destinatari di un anno di proroga per effetto di un provvedimento del 2015, appare inaccettabile sotto diversi aspetti.
  In primo luogo, produce chiare situazioni di disparità di trattamento, è viziata da profili di illegittimità costituzionale, che saranno certamente fatti valere da chi non beneficerà della norma, e crea, per la prima volta nella storia repubblicana, la distinzione tra due tipologie di magistrati: una che deve andare in pensione quando scade il termine previsto dalla legge e un'altra che usufruisce inspiegabilmente e irragionevolmente di una proroga a pochi mesi dal collocamento a riposo.
  Ci chiediamo in base a quale principio si decide che un magistrato deve andare in pensione prima e l'altro, che ha la stessa anzianità, deve andare in pensione dopo.
  Si tratta di un provvedimento che, come tutti gli atti legislativi destinati a pochi, pone in essere un vulnus costituzionale che, come dicevo, è agevole ritenere non mancherà di essere fatto valere, con una prognosi che, come possiamo ragionevolmente prevedere, sarà favorevole per i colleghi discriminati dalla norma.
  È impossibile non condividere lo stato di disorientamento dei colleghi, per effetto di una scelta che abbiamo già definito di due pesi e due misure, e di tutti i cittadini, i quali con difficoltà comprendono le ragioni di questa scelta, perché lede il principio costituzionale di eguaglianza che deve connotare la legge.
  L'Associazione nazionale magistrati lo ha già sottolineato e in questa sede lo ribadiamo con forza: si tratta, secondo noi, di una scelta che conferma come quella decisione del Governo di abbassare nel 2014 l'età pensionabile dei magistrati da 75 a 70 anni, in maniera brusca e senza prevedere periodi transitori, sia stata errata, atteso che non ha fatto altro che peggiorare il progressivo vuoto di organico, che oggi ha superato le mille unità.
  Quella legge è stata inopportuna e già all'epoca avevamo previsto le ricadute negative Pag. 5 dell'intervento per il sistema giudiziario, che puntualmente sono arrivate e oggi sono confermate dallo stesso esecutivo, con un provvedimento che non vediamo come possa migliorare le cose.
  Al contrario, ritarda solo di un anno la possibilità di affrontare in modo organico, strutturale e lungimirante, per esempio, i problemi della cassazione.
  Inoltre, crea innegabili disservizi anche allo stesso Consiglio superiore della magistratura (CSM), il quale ha già pubblicato i bandi per il conferimento di numerosi incarichi direttivi e semidirettivi, che in tal modo, in parte qua, subirà un significativo slittamento.
  Ci sembra poi che il decreto-legge abbia affrontato solo una parte dei problemi degli uffici giudiziari, laddove nella relazione illustrativa, in modo laconico – chiediamoci il perché di queste poche parole utilizzate per giustificare il provvedimento – si motiva l'intervento con l'esigenza di «assicurare la continuità degli incarichi oggetto della proroga» e «in ragione delle molteplici iniziative di riforma intraprese per la definizione dell'elevato contenzioso ivi pendente».
  La valutazione circa la necessità di garantire la continuità e la verifica delle iniziative in corso per definire l'elevato contenzioso sono state fatte per tutti gli uffici giudiziari italiani? Non crediamo che sia così, visto che il provvedimento ha avuto questo tipo di impostazione, che possiamo definire parziale e limitata. Certamente non possiamo affermare che gli uffici di merito (procure e procure generali, tribunali e corti d'appello) non siano oberati o non abbiano necessità di interventi strutturali urgenti.
  Una politica giudiziaria che abbia una visione d'insieme e che faccia un investimento a lunga scadenza richiede in questo momento la velocizzazione dei tempi di reclutamento dei nuovi magistrati, l'adozione di misure finalizzate ad affrontare le difficoltà in cui versano tutti gli uffici giudiziari e la reintroduzione dell'età pensionabile a 72 anni a regime per tutti.
  È questa la nostra richiesta sul punto, sia per consentire un graduale e generalizzato avvicendamento, necessario per permettere la funzionalità degli uffici, sia allo scopo di garantire ai più giovani un congruo periodo di servizio e, dunque, una dignitosa fase post lavorativa, oggi fortemente minata dall'attuale sistema, per effetto della dilatazione dei tempi di ingresso in magistratura, essendo ormai da anni un concorso di secondo livello, e dell'accorciamento dell'età pensionabile.
  L'altra norma su cui focalizziamo la nostra attenzione è l'articolo 3: le limitazioni alla mobilità dei magistrati.
  L'aumento del termine di legittimazione per i trasferimenti da tre a quattro anni cambia, in una maniera che riteniamo assolutamente inaccettabile, le regole del gioco a partita in corso. Con questa norma dal disorientamento i magistrati italiani sono passati allo sconcerto, poiché è stato fortemente minato l'affidamento che il cittadino (in questo caso il magistrato) ripone nella legge vigente regolativa di uno status.
  Una tale scelta risulta danneggiare, soprattutto, e non solo i più giovani, ma l'intera categoria, frustrando delle legittime aspettative, senza produrre effetti positivi per la funzionalità del servizio. Infatti, un anno in più di servizio in una sede non risolve affatto i problemi endemici e strutturali di carenza di organico degli uffici più oberati e operanti nelle zone italiane più difficili, ma ha come unica conseguenza quella di ritardare di un anno il trasferimento e il ricambio e, di conseguenza, non consente ai capi degli uffici di attivare un percorso di stabilità organizzativa.
  Se ci pensiamo, un anno è pari al rinvio, se va bene, che attualmente viene disposto per le cause civili, tenuto conto dell'enorme e ormai insostenibile carico che grava sui tribunali nonché dell'insufficienza degli organici. Questo significa che la causa oggi rinviata a fra un anno non sarà trattata da me, ma dal collega che mi subentrerà e, quindi, di fatto, si è vanificata questa dilatazione.
  Trattenere il magistrato per un anno in più, dunque, non risolve nulla in termini di servizio ai cittadini.
  Anche in questo caso la laconicità della relazione illustrativa, che parla di «promuovere Pag. 6 la continuità e la funzionalità degli uffici», denota una scarsa convinzione circa le finalità che si intendono perseguire con la norma, perché essa non è migliorativa né della continuità né della funzionalità.
  La nuova norma, come si diceva, incide negativamente su tutti i magistrati, a prescindere dall'anzianità.
  Con riferimento ai magistrati di prima nomina, nel passato vi è stata una differenziazione nel termine di legittimazione. Infatti, fino alla legge n. 133 del 1998 era previsto un periodo di permanenza minimo di due anni, in ragione della peculiarità della loro posizione, peraltro tuttora esistente, in ragione della quale il loro trasferimento presso la prima sede di assegnazione dopo il conferimento delle funzioni giurisdizionali è considerato trasferimento d'ufficio e non a domanda. Credo che su questo possiamo essere tutti d'accordo.
  Se si intende evitare la migrazione con l'innalzamento a quattro anni del periodo di legittimazione, in questo modo non la si evita fatto. Al contrario, si ritarda di un anno la possibilità di copertura dei posti più disagiati, che in genere sono quelli cui vengono assegnati i magistrati di prima nomina, senza nessun beneficio per il funzionamento degli uffici e per l'efficacia del servizio.
  Segnaliamo a tal proposito che la stessa relazione tecnica al decreto-legge riconosce questa peculiarità ai più giovani e, infatti, in essa si legge testualmente che la norma amplia «il vincolo ordinario di permanenza dei magistrati alle sedi assegnate a quattro anni», a eccezione dei magistrati di prima nomina, per i quali si prevede una «limitazione a tre anni del limite minimo di permanenza». Lo afferma la relazione tecnica, riconoscendo questa peculiarità.
  La stessa commissione Vietti – è bene sottolinearlo – trattando dell'articolo 194 dell'ordinamento giudiziario, ha proposto per i magistrati di prima nomina un termine di permanenza minima di tre anni.
  Anche con riguardo a questa norma, dunque, la nostra posizione è quella di mantenere per tutti i magistrati, a prescindere dall'anzianità, il termine di legittimazione per i trasferimenti a tre anni.
  Accanto alla fondamentale considerazione di opportunità dell'intervento riguardante la politica giudiziaria e l'efficienza degli uffici giudiziari, c'è una considerazione più squisitamente giuridica, che attiene alla lesione del principio tempus regit actum, peraltro già pacificamente affermato dal Consiglio di Stato, che potrebbe pertanto avere un positivo sfogo anche in sede di giustizia costituzionale, sia sotto il profilo del principio di eguaglianza che sotto quello dell'inamovibilità ex articolo 107 della Costituzione.
  Anche in questa materia, dunque, l'accelerazione delle procedure di reclutamento dei magistrati (non del tirocinio presso gli uffici giudiziari, come diremo in seguito, ma dei tempi d'indizione del bando, di espletamento delle prove scritte e orali e di emissione del decreto di nomina) è sicuramente uno dei rimedi idonei a rispondere a queste finalità.
  Tuttavia, occorre trovare anche altre soluzioni che possano convincere e invogliare il magistrato a permanere nelle sedi più difficili. Pensiamo, ad esempio, a un sistema di incentivi, che nel passato ha dato buona prova di sé, un tema che merita attenta riflessione e sul quale siamo pronti a discutere.
  Che l'articolo modificativo del termine di legittimazione sia frutto di una scelta affrettata lo dimostra, tra l'altro, la mancanza totale di una qualsivoglia norma transitoria, circostanza che, oltre a provocare le conseguenze pregiudizievoli che abbiamo evidenziato, rafforza la convinzione che siano state cambiate le regole del gioco a partita in corso, senza un'attenta riflessione sulle ricadute pregiudizievoli e generali per il sistema, sicuramente non migliorative.
  Non è questa una subordinata. La nostra posizione è chiara e va nel senso di mantenere fermo a tre anni per tutti il periodo di legittimazione, perché dalla sua modifica non rileviamo alcun beneficio per l'organizzazione giudiziaria.
  È solo la constatazione di un modo di procedere che non ci convince affatto, perché Pag. 7 cambia irragionevolmente il destino di una categoria in una notte. Ci si addormenta con un assetto normativo ben delineato e ci si sveglia la mattina dopo con le carte sparigliate, con un assetto nuovo di cui non si comprendono le ragioni.
  È inaccettabile, soprattutto, perché non fornisce alcun beneficio per i cittadini, fruitori del servizio giustizia.
  Vengo ora all'articolo 2: le misure per accedere alla copertura degli uffici giudiziari. La scelta di ridurre il tirocinio presso gli uffici giudiziari dei nuovi magistrati di cui ai bandi del 2014 e del 2015 da dodici a dieci mesi incide negativamente, a nostro parere, sul percorso formativo dei giovani colleghi.
  Come sappiamo, il decreto legislativo n. 26 del 2006 ha radicalmente modificato la struttura del tirocinio, prevedendo dodici mesi presso gli uffici giudiziari e sei mesi non continuativi presso la Scuola superiore della magistratura.
  La nostra contrarietà al comma 3 dell'articolo 2 del decreto-legge in discussione non è per partito preso, ma deriva dall'esperienza sul campo, soprattutto quella che è maturata negli uffici giudiziari di maggiori dimensioni, come per esempio la procura di Roma, dove io presto la mia attività lavorativa, in cui il passaggio dei giovani colleghi, quelli che a noi piace ancora chiamare «gli uditori», è molto frequente.
  Alla luce della nuova struttura del tirocinio adottato con il decreto legislativo n. 26 del 2006, abbiamo verificato trattarsi di un percorso eccessivamente sbilanciato (sei mesi dell'intero periodo) verso quello che possiamo definire un nozionismo didattico di cui certamente i più giovani non hanno troppo bisogno, visto che sono freschi di studi, e verso una simulazione giudiziaria spesso fine a se stessa.
  Si tratta di un percorso non adeguatamente attento all'attività concreta negli uffici giudiziari con i magistrati affidatari, cioè alla partecipazione attiva alle udienze vere, all'esperienza di gestione delle udienze, alla redazione di sentenze di altri provvedimenti in genere, ai rapporti con il foro, il personale amministrativo e la polizia giudiziaria, all'affinamento delle tecniche investigative, alla gestione del ruolo, all'attenzione all'organizzazione del proprio lavoro che tanto sta a cuore a tutti gli attori.
  Ebbene, negli ultimi anni abbiamo avuto l'impressione che i giovani colleghi abbiano assunto le funzioni quando ancora il percorso probabilmente doveva essere completato.
  Incidere sul tempo di tirocinio presso gli uffici giudiziari non ci sembra una scelta ragionevole, perché il rischio è quello di peggiorare il trend di cui abbiamo detto. Il mantenimento del periodo di esercizio reale dell'attività giudiziaria secondo lo schema vigente fino al 31 agosto del 2016, cioè dodici mesi presso gli uffici giudiziari, ci sembra misura idonea a curare adeguatamente la formazione dei più giovani, nell'ottica della migliore funzionalità degli uffici di destinazione.
  Passiamo all'articolo 1: applicazione temporanea di magistrati dell'ufficio del massimario alle sezioni dalla Corte di cassazione. Nutriamo perplessità anche in ordine alla norma che consente al primo presidente della Suprema Corte di applicare temporaneamente i magistrati del massimario alle sezioni della stessa cassazione. Vi sono alcuni aspetti che presentano delle zone d'ombra, su cui vogliamo focalizzare la nostra attenzione.
  In primo luogo, per dare certezza alle posizioni, riteniamo debba essere specificata la durata dell'applicazione, come avviene in generale per tutti i tipi di applicazione requirente e giudicante nel nostro ordinamento giudiziario, previsto da norme primarie.
  Occorre stabilire dei criteri, magari prevedendo il ricorso alla disciplina secondaria, in base ai quali la scelta di applicazione ricade su un magistrato piuttosto che su un altro, per evitare l'acquisizione di titoli e la costituzione di corsie preferenziali, anche ai fini del conferimento di altri incarichi, sganciate da presupposti normativi e, al contrario, affidate a scelte discrezionali.
  Inoltre, la norma, così come formulata, contrasta con l'articolo 10 del decreto legislativo n. 160 del 2006, che riconosce le funzioni di legittimità solo ai consiglieri della Cassazione che abbiano conseguito la Pag. 8quarta valutazione di professionalità, salvo rare eccezioni. La nuova previsione, così come formulata, ammetterebbe alle funzioni di legittimità anche i magistrati di prima nomina addetti al massimario, creando un'evidente disparità di trattamento tra questi ultimi e tutti gli altri magistrati che svolgono funzioni di merito.
  Va, inoltre, valutata la questione relativa alla possibile richiesta degli applicati di rivendicare l'attribuzione di mansioni superiori per effetto dell'applicazione alle sezioni della cassazione.
  Tuttavia, siccome l'ANM non sa dire solo «no», rileviamo nel decreto-legge anche alcuni interventi che accogliamo positivamente, innanzitutto la previsione di cui all'articolo 2, comma 1: i tirocini formativi dei neolaureati presso la Corte di cassazione e la procura generale. Si tratta di un'estensione a questi uffici, già prevista per gli uffici di merito, che rappresenta sicuramente un'opportunità per i giovani laureati nell'ottica di quello che andranno poi a svolgere nella loro vita professionale futura.
  Per ciò che concerne l'articolo 2, comma 2, ovvero la possibilità di nominare magistrati in tirocinio coloro che sono stati dichiarati idonei nel concorso fino a un decimo in più dei posti messi a concorso e tenuto conto delle vacanze di organico, si tratta di una misura che, sebbene evidentemente non in modo significativo, va nel senso dell'implementazione dell'organico vacante.
  Vengo ora all'articolo 2, comma 2, lettera b): rimozione del divieto per i magistrati di prima nomina di svolgere le funzioni monocratiche penali. Ve lo avevamo detto: era un ostacolo che aveva creato tanti disservizi, a seguito dell'introduzione dell'articolo 13, comma 2, del decreto legislativo n. 160 del 2006, l'abrogazione del quale potrà finalmente consentire agli uffici più disagiati, coperti solo dai magistrati di prima nomina, di poter operare al meglio.
  In virtù della norma di cui all'articolo 4, comma 1, ovvero la limitazione alla mobilità del personale amministrativo degli uffici di sorveglianza, senza il nullaosta del capo dell'ufficio questo personale non può essere destinato in via temporanea ad altri uffici. Ciò favorisce la stabilità del personale amministrativo nel settore della sorveglianza, anche se la norma tratta solo delle destinazioni temporanee e non anche di quelle definitive.
  Sul personale c'è tutto un altro discorso, perché l'insufficienza del personale è una partita che stiamo cercando di giocare, ma la situazione è veramente disastrata.
  Vengo ora all'articolo 4, commi 2 e 3: limitazioni alla mobilità del personale non dirigenziale dell'amministrazione della giustizia. Anche questa norma può essere utile a evitare l'esodo dal comparto giustizia ad altri comparti di quel residuo (purtroppo) personale che c'è fino alla fine del 2019.
  Queste sono le nostre considerazioni e le nostre richieste, che riteniamo razionali sotto il profilo dell'opportunità e della politica giudiziaria e rigorose sotto il profilo tecnico: innalzamento a regime a 72 anni per tutti i magistrati, mantenimento del periodo minimo di legittimazione per i trasferimenti a tre anni per tutti e non riduzione del periodo di tirocinio dei magistrati di prima nomina presso gli uffici giudiziari.
  Diversamente, il rischio concreto è quello di peggiorare, per effetto di questo decreto-legge, la situazione del sistema giudiziario italiano, già in grave difficoltà. Grazie per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Ho visto che ha letto qualcosa.

  ROCCO PALESE. Presidente, è possibile avere il contributo scritto?

  PRESIDENTE. Certo, ci sarà. Sicuramente non oggi, anche perché, peraltro, è tutto trascritto e, quindi, avremo sia il resoconto stenografico dell'indagine conoscitiva sia il documento, se ci arriverà, rivisto dal segretario.
  Do ora la parola a Giuseppe Severini, presidente dell'Associazione tra i magistrati del Consiglio di Stato.

  GIUSEPPE SEVERINI, presidente dell'Associazione tra i magistrati del Consiglio Pag. 9di Stato. Buonasera a tutti. Grazie, presidente, per questa convocazione. Esprimo, a nome dell'associazione che ho l'onore di rappresentare, la soddisfazione per essere qui e porgo il saluto a tutti i parlamentari presenti.
  L'Associazione tra i magistrati del Consiglio di Stato vede con favore alcuni concetti di base presenti nel decreto-legge e in particolare nelle norme che riguardano la giustizia amministrativa, innanzitutto il riferimento di base al cosiddetto «efficientamento», come dicono gli aziendalisti e, quindi, il richiamo nell'intitolazione del decreto-legge alla regola dell'efficienza e, per una delle norme che ci riguardano, a quella della funzionalità.
  La nostra associazione saluta con favore alcune delle disposizioni dettate in tema di magistratura amministrativa, in particolare le norme sul processo amministrativo telematico (articolo 7), l'ufficio del processo (articolo 8) e le norme riguardanti l'incremento del personale amministrativo (articolo 9).
  L'associazione che rappresento si permette di sollevare osservazioni, invece, piuttosto marcate con riguardo all'articolo 10, che concerne la proroga del trattenimento in servizio dei magistrati in posizione apicale del Consiglio di Stato, mediante un combinato disposto e un rinvio interno all'articolo 5, comma 1.
  Anzitutto corre l'obbligo di sottolineare che, malgrado la dizione della norma, nella realtà delle cose nessun magistrato del Consiglio di Stato viene a trovarsi nella condizione di ricevere il beneficio di questa norma. È, quindi, una norma che ha una funzione, che è quella di corroborare l'articolo 5, ma, in realtà, al di là di questa apparenza e formalità, non rappresenta un'autentica norma per quanto ci riguarda.
  Tengo a sottolineare che i magistrati del Consiglio di Stato tengono molto alla parità di trattamento riguardo al collocamento a riposo con le altre magistrature. Abbiamo sentito prima i colleghi dell'Associazione nazionale magistrati esprimersi in modo netto e chiaro su questo tema, auspicando che venga individuata nei 72 anni a regime per tutti la data di collocamento a riposo. Tale è la nostra richiesta: tal quale per tutte le magistrature e per tutti i magistrati.
  Da questo punto di vista, ci preme soprattutto rimarcare l'esigenza di uscire dalla regola dell'eccezionalità. Ci troviamo sostanzialmente di fronte al terzo provvedimento che incide sulla data di collocamento a riposo del magistrato e lo fa in modo piuttosto frammentario, creando disparità, gradini e divergenze.
  Di fatto, se andiamo a guardare all'applicazione concreta di questo provvedimento, ovvero dell'articolo 5, si può individuare quasi nel settantatreesimo anno d'età una data di collocamento a riposo, mentre per i magistrati amministrativi continua a essere di 70 anni. Una tale divergenza manifesta a quali discontinuità e a quali eccezioni si dà luogo. Dunque, l'esigenza di stabilità, di certezza e di prevedibilità è molto importante.
  Non sfugge poi l'esigenza che sta dietro alle prospettive pensionistiche dei più giovani. Da noi si arriva per diversi canali d'accesso, ma provenendo comunque da altre amministrazioni, per lo più dalla magistratura ordinaria.
  Oggi mediamente si entra in magistratura ordinaria passati i 30 anni, mentre – lasciatelo dire a chi di anni ne ha – una volta si entrava a 27 anni. Questo cambia toto coelo le prospettive riguardo alle situazioni pensionistiche e, dunque, anche all'appetibilità di un certo tipo di scelte esistenziali.
  Ci pare, quindi, che una proiezione nei sensi che sono stati detti dall'Associazione nazionale magistrati possa seriamente convenire su questo tema.
  Il tema del decreto-legge e del nostro intervento è l'efficientamento dal punto di vista delle risorse umane. Questo riguarda naturalmente il tema dell'uscita dall'attività lavorativa, mentre su quello dell'entrata noi nulla abbiamo da dire. A noi va benissimo la situazione esistente e su quella intendiamo mantenere ferma la nostra posizione, ove mai qualcuno intendesse profilare diverse prospettazioni da questo punto di vista.
  Al di là di questi temi (par condicio, uscita dalla regola dell'eccezione, prospettive Pag. 10 dei giovani e così via), ci preme cogliere l'occasione per illustrare due richieste di emendamento che ci siamo permessi di formulare e che deposito qui, che sono strettamente connesse alle questioni trattate dagli articoli 7 e seguenti.
  Una in particolare si aggancia al processo amministrativo telematico ed è l'implementazione delle regole circa la sinteticità degli atti processuali, che già è stata introdotta, limitatamente al rito appalti, con il decreto-legge n. 90 del 2014. In realtà, è entrata in vigore nel luglio 2015, però in questo ampio anno ha dato già ottima prova di sé, contenendo in numero di pagine ciò che è utile e necessario e dando modo alle poche risorse di cui noi disponiamo di arrivare a fondo.
  Mi sia consentito un inciso. Per quanto riguarda i nostri organici, noi oggi ci troviamo, per effetto del prospettato ricambio generazionale, ad avere una scopertura di effettivi che, secondo le statistiche di questa mattina, è pari al 36,61. Noi ci troviamo a lavorare con poco più del 60 per cento degli effettivi. Per esempio, nella sezione che io presiedo, che si occupa di appalti pubblici, lavoro con sei-sette magistrati su dieci che ne dovrei avere.
  Questo naturalmente crea una quantità di difficoltà molto notevoli nel dare la risposta di giustizia a una domanda che vuole i suoi tempi e che si vuole avvalere dei tempi previsti proprio da norme acceleratorie sul processo in rito appalti, vale a dire dal decreto-legge n. 90 del 2014 e dalla riforma del Codice degli appalti.
  Torniamo alla nostra richiesta. La nostra richiesta è che queste regole sulla sinteticità, secondo lo stesso modello, vengano replicate per tutto il contenzioso amministrativo, anche con riguardo al processo amministrativo telematico, che con la sua dematerializzazione costringerà parti e magistrati a una lettura in video, con conseguenze immaginabili anche dal punto di vista della salute del magistrato e dell'avvocato.
  Al tempo stesso, sarebbe forse il caso di introdurre, sempre nel rispetto del principio di sinteticità, una norma che induca al contenimento dalla prolissità anche i magistrati stessi, limitando le sentenze a ciò che è davvero essenziale.
  Presidente, io mi permetto di depositare quest'idea di emendamento, con una relazione illustrativa.
  Il secondo tema su cui noi vorremmo proporre un emendamento – anche su questo depositerò un testo – è l'aumento dell'organico, perché la crescita della domanda di giustizia amministrativa non sarà soddisfatta nemmeno dalla reintegrazione degli organici, quando questo potrà avvenire.
  Noi riteniamo che, per poter corrispondere realmente alle esigenze del Paese e poter dare una risposta di giustizia amministrativa che sia consona alle esigenze del sistema economico nazionale, ci sia necessità di un notevole incremento della dotazione organica.
  Mi permetto di osservare che il Consiglio di Stato della Francia, Paese che ha un ordinamento giuridico molto simile al nostro e che ha più o meno la stessa popolazione, è composto dal triplo dei consiglieri di Stato rispetto al Consiglio di Stato italiano.
  Noi chiediamo che ci sia un incremento di diciassette consiglieri di Stato, di quattro presidenti di sezione del Consiglio di Stato e di 27 magistrati di tribunali amministrativi regionali. Anche su questo deposito una bozza.
  Ciò detto, ringrazio lei e tutti i parlamentari che hanno avuto la pazienza e la bontà di ascoltarmi.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente. Prenderemo atto degli emendamenti, che saranno messi in distribuzione. Faremo un fascicoletto apposito per i colleghi. Ovviamente, stiamo discutendo su un decreto-legge, però prendiamo atto di queste tematiche, che in qualche modo entrano nella discussione e anche nella prospettazione futura.
  Do ora la parola a Ermanno Granelli, presidente dell'Associazione magistrati della Corte dei conti, per lo svolgimento della sua relazione.
  Nel frattempo è arrivato, quasi subito dopo l'inizio, il relatore, onorevole Ermini, che ovviamente conoscete, che ha avuto un Pag. 11impegno che gli ha impedito di essere presente fin dall'inizio.

  ERMANNO GRANELLI, presidente dell'Associazione magistrati della Corte dei conti. Presidente, anch'io, a nome dell'Associazione magistrati della Corte dei conti, ringrazio per questo invito a poter discutere temi che a noi stanno molto a cuore.
  Naturalmente, parlando in una fase successiva dei lavori, ho il vantaggio di poter richiamare molti dei temi che sono già stati prospettati dai colleghi della magistratura ordinaria e del Consiglio di Stato, a cui mi rifarò in qualche punto della mia esposizione.
  La nostra attenzione si focalizza sull'articolo 10, comma 3, del decreto-legge n. 168 del 2016. Il decreto-legge ha differito il termine per il collocamento a riposo dei magistrati della Corte dei conti, che è stabilito in via generale al settantesimo anno, al 31 dicembre 2017 solamente per alcuni magistrati, cioè per quelli che sono in servizio, a condizioni che svolgano funzioni direttive o semidirettive, che non abbiano compiuto il settantesimo anno di età al 31 dicembre 2016 e debbano essere collocati a riposo nel periodo compreso tra il 31 dicembre 2016 e il 30 dicembre 2017. Per tutti gli altri, il termine dei 70 anni resta invece fermo, come previsto dal decreto-legge n. 90 del 2014.
  Dobbiamo chiarire che il decreto-legge in esame riguarda in concreto un esiguo numero di magistrati contabili (sei) e, pertanto, produce effetti molto limitati sulla funzionalità della Corte dei conti sotto il profilo quantitativo. Non c'è la possibilità di mantenere un congruo numero di magistrati in servizio.
  Peraltro, essendo la citata disposizione rivolta solo ad alcune categorie, determina una palese disparità di trattamento tra i magistrati che svolgono funzioni direttive e semidirettive e tutti gli altri e desta dubbi in ordine alla costituzionalità, sotto il profilo dei princìpi di uguaglianza, di autonomia e indipendenza della magistratura.
  Va, altresì, rilevato che il ricorso a provvedimenti legislativi urgenti in materie che attengono allo stato giuridico dei magistrati, oltre a incidere sull'organizzazione degli uffici, arreca un vulnus al principio di indipendenza della magistratura e determina situazioni di incertezza sulle risorse disponibili.
  Pertanto, l'Associazione magistrati della Corte dei conti è favorevole a soluzioni legislative che assicurino l'uniformità di trattamento del regime giuridico del collocamento a riposo di tutti i magistrati, senza distinzioni tra i diversi ordini magistratuali e senza distinzioni tra funzioni svolte.
  È, quindi, per questa ragione – naturalmente mi rifaccio a quanto è stato detto dai colleghi che mi hanno preceduto – che anche l'Associazione magistrati della Corte dei conti chiede un regime stabile, con un collocamento a riposo a 72 anni uguale per tutti, senza distinzioni tra le diverse magistrature e senza distinzioni tra magistrati che svolgono diverse funzioni. Questa è una richiesta che noi facciamo ovviamente con fermezza. Si auspica, inoltre, un quadro normativo stabile che nel tempo mantenga questo regime.
  Anche noi ci associamo all'osservazione che è stata svolta precedentemente. Anche alla Corte dei conti, come sapete, si accede con un concorso di secondo grado e, quindi, si arriva ad un'età già abbastanza matura. Proprio perché ormai si accede ai concorsi di primo grado più tardi, è molto facile che si pervenga alla magistratura contabile a un'età che non è più così giovane com'era una volta.
  Anch'io, come il collega Severini, sono entrato molto presto, perché prima si entrava molto presto. Diventare magistrato della Corte dei conti a 30 anni una volta era possibile, mentre adesso è pressoché impossibile; entrare prima dei 35-40 anni è davvero un'eccezione.
  È per questa ragione che è, quindi, utile, considerando anche il regime contributivo, avere un margine di tempo in più per poter avere un trattamento pensionistico congruo al momento del pensionamento.
  Faccio ancora un paio di osservazioni e poi mi avvio a concludere. La prima questione che vorremmo mettere in rilievo è che l'Associazione magistrati della Corte dei conti chiede – e formulerà a questo riguardo un emendamento che vi faremo Pag. 12pervenire – che sia esteso anche alla magistratura contabile l'istituto dell'ufficio per il processo.
  Come tutti sapete, proprio in questi giorni è stato pubblicato il Codice di giustizia contabile, che è per noi un momento di grande importanza. Siamo ancora nella fase della vacatio legis, quindi non è ancora entrato in vigore, però è un momento importante sotto il profilo dell'applicazione di norme che finalmente, dopo tanto tempo, sono state coordinate.
  Noi abbiamo apprezzato questa misura legislativa, però riteniamo che anche la magistratura contabile abbia necessità di questo ufficio, che faciliterebbe anche l'applicazione delle nuove norme. Ripeto che sotto questo profilo faremo pervenire un emendamento scritto.
  Infine – ma non per questo è meno importante – va rilevata, come per la magistratura del Consiglio di Stato, una gravissima scopertura di organico dell'intera magistratura contabile, che è pari a circa il 37 per cento. Su un organico nazionale di 611 magistrati, in questo momento siamo in servizio in 395.
  È una situazione nella quale – credetemi – è davvero difficile lavorare. Ognuno di noi, a qualsiasi livello, è assegnato a una pluralità di funzioni, perché bisogna davvero «tappare i buchi». Mi perdonerete questo termine colloquiale. È, quindi, importante assicurare il turnover.
  Anche sotto questo profilo – faremo pervenire un emendamento a questo riguardo – vorremmo che fosse esteso l'articolo 9, comma 4, ovvero la deroga per assicurare il turnover nella magistratura, che adesso è prevista per il Consiglio di Stato, anche alla Corte dei conti.
  È una questione che tutto sommato, oltretutto, non procura maggiori spese e che, però, facilita l'attivazione dei concorsi per tempo.
  Noi non abbiamo la fortuna di poter reclutare gli idonei, quindi questo ci interessa un po’ meno, perché purtroppo idonei da noi non se ne fanno, essendo un concorso, purtroppo o per fortuna, a seconda delle varie angolazioni, estremamente selettivo. Grazie per la vostra attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente.
  Do ora la parola a Leonardo Spagnoletti, presidente del Coordinamento per una nuova magistratura amministrativa, per lo svolgimento della sua relazione.

  LEONARDO SPAGNOLETTI, presidente del Coordinamento per una nuova magistratura amministrativa (Co.N.MA). Innanzitutto, rivolgo un ringraziamento per nulla rituale alla presidente e ai componenti della Commissione, perché noi riteniamo che, come nella tradizione di questa Commissione, il metodo dell'ascolto dei punti di vista delle categorie e dei protagonisti variamente interessati e attori del processo sia un metodo estremamente positivo, in quanto consente di verificare in maniera critica quello che può essere l'impatto di una normativa nuova.
  Noi abbiamo già ascoltato qui una serie di voci critiche, soprattutto da parte degli esponenti dell'Associazione nazionale magistrati, in ordine all'impatto di alcune di quelle modifiche normative.
  Io devo una spiegazione. Il Coordinamento per una nuova magistratura amministrativa è un'associazione di consiglieri di Stato che ha una sua specificità e una sua ragion d'essere rispetto all'Associazione tra i magistrati del Consiglio di Stato, in relazione alla condizione particolare determinata dalla tripartizione del canale di accesso al Consiglio di Stato.
  Al Consiglio di Stato si accede, per il 50 per cento dei posti, tramite uno scrutinio dei magistrati del Consiglio di TAR per anzianità, con valutazioni di idoneità; per il 25 per cento, si accede tramite concorso pubblico, per titoli ed esami; per il 25 per cento si accede per nomina governativa previo parere del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa.
  Nel passaggio dalla vecchia disciplina, dal vecchio ordinamento recato dalla legge n. 186 del 1982, che aveva salvaguardato le anzianità di servizio dei consiglieri di TAR e dei primi referendari in servizio a quella data, esaurita una disciplina transitoria, i Pag. 13consiglieri di Stato che provengono per anzianità dai TAR sostanzialmente perdono ogni anzianità di servizio nel ruolo dei consiglieri di Stato, e quindi si trovano a essere postergati ai consiglieri di Stato di concorso.
  Naturalmente, la situazione analoga vale per i consiglieri di Stato di nomina governativa, che entrano con anzianità zero.
  Questo spiega le ragioni per cui vi è un'associazione che valorizza in maniera particolare questa posizione e questi punti di vista.
  Tutto questo ci serve per introdurre un'osservazione di fondo proprio sul profilo dell'efficienza della giustizia amministrativa. Io non posso che, ovviamente, confermare il ruolo del presidente Severini in ordine all'opportunità di una reintroduzione a regime di un limite di età più alto, a 72 anni. Come è stato evidenziato, infatti, l'introduzione di un pensionamento obbligato a 70 anni ha avuto effetti gravissimi sull'assetto organizzativo del Consiglio di Stato.
  Il presidente ha fatto riferimento alle percentuali, ma se io, come faccio, vi do i numeri nudi e crudi, forse potete rendervi conto della situazione. Il nostro organico è sostanzialmente quasi del tutto coperto di presidenti – oltre al presidente titolare e al presidente aggiunto, abbiamo 16 unità di presidenti di sezione in servizio – ma abbiamo soltanto 49 consiglieri in attività di servizio su 85, oltre i 6 consiglieri del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana (CGA), che ovviamente prestano servizio presso il CGA e non sono distoglibili da quell'organo, avendo peraltro anche dieci consiglieri di Stato in pensione fuori ruolo.
  Come ha evidenziato il presidente Severini, noi siamo alla celebrazione di udienze con un numero di componenti che identificano la stretta composizione del collegio: cinque magistrati (un presidente e quattro magistrati). Questo significa diventa complicato anche prendere semplicemente un raffreddore.
  Dall'altra parte, questo, poi, induce non infrequentemente ad applicazioni tra le varie sezioni. Questa situazione è stata particolarmente evidente a ridosso delle elezioni amministrative, dove sono state celebrate delle udienze straordinarie. Il rito elettorale ha dei termini assolutamente accelerati, credo unici in tutto il panorama giurisdizionale. Considerate che sostanzialmente viene deciso in giornata, deve essere pubblicata in giornata la sentenza, cioè nello stesso giorno dell'udienza davanti al Consiglio di Stato deve essere pubblicata la sentenza, non il dispositivo. Noi siamo arrivati, appunto, a delle applicazioni, alla terza sezione.
  In questo contesto, quindi di grave carenza degli organici, da un lato è giusta l'evidenziazione fatta dal presidente Severini circa l'opportunità di un incremento degli organici del Consiglio di Stato; dall'altro, però, noi riteniamo che si debba porre all'attenzione della Commissione una situazione che in qualche modo è unica nel panorama delle magistrature italiane.
  Per il Consiglio di Stato, ma il discorso vale, come vedremo, anche per i tribunali amministrativi regionali, vi sono degli incarichi, qualifiche di funzioni direttive che non hanno una natura temporale. È l'unica magistratura, quella amministrativa, per cui vi sono delle qualifiche che assommano alla qualifica l'incarico e che non hanno una durata temporanea. È l'unica. Non è così per la Corte dei conti, non è così per la magistratura ordinaria, non è così ormai nemmeno per l'Avvocatura dello Stato.
  Ora, rispetto a questa situazione, noi pensiamo che si debba por mano a una modifica e ci permettiamo di sottoporre un'ipotesi di emendamento che abbiamo allegato al documento che è stato trasmesso tempestivamente via e-mail.
  Salve le qualifiche di vertice, e cioè a dire la qualifica di presidente del Consiglio di Stato, di presidente aggiunto del Consiglio di Stato –, che corrispondono a quelli di presidente della Cassazione e a presidente aggiunto della Cassazione, anche se è il cosiddetto grado terzo – tutte le altre qualifiche, di presidente di sezione del Consiglio di Stato, titolare o aggiunto, e presidente di TAR, divengano incarichi di funzione direttiva temporanea con durata quadriennale, con possibilità di conferma per Pag. 14un secondo quadriennio e con il rientro al termine dell'incarico di funzione nello svolgimento delle precedenti attività, così come avviene per i magistrati ordinari.
  Presidente, noi non possiamo rivendicare, giustamente, un allineamento quanto ai limiti di collocamento a riposo e a tutti gli altri aspetti dello stato giuridico ed economico ai magistrati ordinari, e però conservare da questo punto di vista uno status del tutto anomalo. Meglio, l'associazione Co.N.MA, espressiva forse della maggioranza dei consiglieri di Stato, perché sono il 50 per cento dei consiglieri di Stato, pensa che sia ora di arrivare a una modifica in questa direzione.
  Accantonato questo profilo, intervengo brevemente sull'articolo 7.

  PRESIDENTE. Non qui, però.

  LEONARDO SPAGNOLETTI, presidente del Coordinamento per una nuova magistratura amministrativa (Co.N.MA). No, non in questa sede. Noi affidiamo, presidente, la riflessione. Per noi è importante che in sede di Commissione giustizia, discutendosi dell'assetto delle giurisdizioni ordinarie amministrativo, questo tema venga posto, per la prima volta dalla nostra associazione e con fermezza.
  Per quanto riguarda, invece, l'articolo 7, cioè le disposizioni più specificamente attinenti al processo amministrativo telematico (PAT), una nota critica devo svolgerla con riferimento all'introduzione del cosiddetto articolo 13-bis.
  L'articolo 7, che reca disposizioni relative al PAT, prevede sostanzialmente un meccanismo inedito e processualmente abbastanza curioso e anomalo, per il quale, se si pongono nei tre anni di entrata in vigore del PAT delle questioni interpretative, i collegi, potrebbero, anche su istanza di parte, sospendere la decisione, rimettere la questione al presidente del TAR e quest'ultimo, eventualmente, al presidente del Consiglio di Stato, il quale a sua volta entro un certo termine potrebbe o tacere con una forma inedita di silenzio-rigetto ovvero deferire la questione all'adunanza plenaria.
  Bene, a noi sembra, questa norma, sgrammaticata sotto il profilo processuale e logico. Tra le altre cose, inverte il rapporto tra momento collegiale e momento monocratico. Praticamente, è intempestiva, perché sarà possibile, verificate le problematiche in sede di attuazione del PAT, valutare se sia il caso di introdurre delle disposizioni di questo tipo. Di questa disposizione chiediamo, quindi, lo stralcio. Mi soffermo sugli ultimi due punti e poi termino.
  Per quanto riguarda la cosiddetta copia cartacea, questo è un problema che è all'attenzione anche dei colleghi ordinari. Certamente, la copia cartacea, anche se la si vuole in qualsiasi modo espungere, finisce per rispuntare inevitabilmente. Non siamo, infatti, nativi digitali. Soprattutto – lo dico per il processo amministrativo, ma vale anche per il processo ordinario – noi abbiamo un processo cartolare.
  Lei, presidente, avrà certamente contezza della quantità e dell'altezza fisica dei nostri fascicoli di causa. Abbiamo documenti complessi, provvedimenti amministrativi, deliberazioni di organi collegiali, verbali di conferenze di servizio, verbali relativi a complicate conferenze di servizio, per esempio in materia di autorizzazione unica, di autorizzazioni ambientali, piani urbanistici.
  Ovviamente, tutta questa massa di documenti può essere digitalizzata, ma se non conserviamo almeno due copie cartacee, una per il presidente e una per il relatore –, tutto sommato per gli avvocati una modestissima incombenza rispetto alla situazione attuale – noi corriamo il rischio di non consentire un effettivo efficientamento dei tempi di lavoro. Si tratterà, infatti, di aprire il file corrispondente ciascuno a un documento. Questa è l'architettura, per esempio, del nostro nuovo sistema informativo. Ovviamente, questo determina una grave perdita di tempo.
  Da questo punto di vista, quindi, sollecitiamo che venga eliminato il riferimento temporale al 1° gennaio 2018, cioè venga previsto che sia deposta la copia cartacea, ma in duplice originale, naturalmente con l'inserimento nelle dispense del riferimento anche ai documenti. Mentre, infatti, gli atti di parte normalmente possono anche essere oggetto di selezione e stampa, per i Pag. 15documenti il problema ovviamente, data la loro mole quantitativa, diventa assolutamente improbo.
  Un ultimo aspetto che vorrei trattare è l'apprezzamento per l'incremento dell'organico del personale amministrativo, con specifiche mansioni informatiche. Con riferimento, però, a queste unità di personale amministrativo, forse va chiarito se e come queste possano anche operare e interagire con l'ufficio del processo.
  Come ha anticipato il presidente Severini, noi non abbiamo soltanto un problema di scopertura di organici, ma anche un problema serio di scopertura o di ridotta copertura degli uffici amministrativi.
  Se pensiamo veramente di creare un ufficio del processo che sia funzionale, dove almeno un'unità per sezione deve essere distaccata a occuparsi sostanzialmente dell'istruzione del lavoro preparatorio sugli appelli, noi dobbiamo avere un numero di unità di personale adeguato. Andrebbe chiarito, quindi, che possono essere impiegati ai fini del processo, anche alcune di quelle 53 unità di personale che, invece, sembrerebbero destinate esclusivamente al servizio centrale per l'informatica.

  PRESIDENTE. Do ora la parola a Fabio Mattei, segretario generale dell'Associazione nazionale magistrati amministrativi.

  FABIO MATTEI, segretario generale dell'Associazione nazionale magistrati amministrativi. Porgo il saluto dell'Associazione nazionale magistrati amministrativi a lei e a tutti i deputati presenti, anche a nome del presidente della nostra associazione, Giampiero Lo Presti, che si scusa, ma che per un impedimento familiare sopravvenuto indifferibile, non ha potuto essere presente. Cercherò di essere concentrato, soprattutto, sulle disposizioni e il provvedimento, tralasciando questioni di più ampio respiro e di sistema e concentrandomi su due disposizioni contenute nell'articolo 7, comma 2, lettera c), e nell'articolo 10, comma 1, che sono state oggetto di una riflessione e meditazione da parte del direttivo dell'Associazione e della giunta, che si sono riunite proprio per rispondere alla sua cortesissima convocazione.
  C'è stato un dibattito e alcune osservazioni preliminari di carattere generale che riguardano, sostanzialmente, una preoccupazione della nostra associazione in relazione all'utilizzo dello strumento del decreto-legge in una materia come quella contenuta, soprattutto, nelle disposizioni normative che ho appena riferito. Per entrambe le disposizioni non sussiste una corretta allegazione delle ragioni di straordinaria necessità e urgenza, per cui non si può non ritenere – questo è stato il convincimento diffuso del nostro direttivo – incostituzionale il provvedimento governativo.
  Se il potere normativo, come lo è, spetta in via generale al Parlamento, il decreto-legge rappresenta un'indiscutibile deroga, quindi va valutata con rigore l'applicazione che il Governo fa di questo suo potere. Non è, infatti, sufficiente il controllo, inevitabilmente politico, operato in sede di conversione dalle Camere, in quanto deve essere, comunque, salvaguardata la legittimità della disciplina delle fonti, essendo tesa anche alla tutela dei valori e dei diritti fondamentali.
  Ciò, del resto, è stato più volte affermato anche dalla Corte costituzionale, che è giunta a dichiarare incostituzionali decreti-legge insieme alle relative leggi di conversione nonostante l'avvenuta conversione da parte delle Camere, proprio a causa del vizio originario di carenza dei requisiti di straordinarietà e di urgenza.
  In particolare, in relazione al provvedimento, va osservato che questo decreto-legge contiene disposizioni che per sua espressa previsione entreranno in vigore solamente alla fine dell'anno o all'inizio dell'anno nuovo. Rispetto al caso di specie, l'articolo 7 introduce una disposizione in materia di processo telematico che entrerà in vigore, dopo varie proroghe, il 1° gennaio 2017, mentre l'articolo 10 introduce una proroga a decorrere dal 31 dicembre 2016.
  La previsione, quindi, di posporre nel tempo l'entrata in vigore delle norme introdotte con decreto-legge è per definizione e in radice incompatibile con il requisito dell'urgenza del provvedere. Se le disposizioni sono, comunque, destinate a rimanere inefficaci per un certo periodo, non si Pag. 16vede perché esse debbano essere introdotte immediatamente con lo strumento eccezionale del decreto-legge anziché essere varate e meglio meditate all'esito dell'ordinario procedimento legislativo parlamentare.
  L'unica eccezione che generalmente si ammette in dottrina è per i decreti-legge a efficacia differita, che si hanno quando l'obiettivo avuto di mira dal Governo risulti già di per sé soddisfatto con il mero varo delle nuove disposizioni legislative.
  Entrando nel merito delle norme che ho prima richiamato, in relazione soprattutto alla proroga degli effetti e del trattenimento in servizio di magistrati amministrativi, contabili e avvocati dello Stato, la norma introduce una proroga che permette sostanzialmente il pensionamento a 72 anni per i magistrati del Consiglio di Stato. In relazione al precedente provvedimento, che aveva in questo caso, invece, disposto un abbassamento dell'età pensionabile, l'Associazione nazionale magistrati amministrativi aveva espresso il proprio compiacimento, proprio in una prospettiva di turnover e anche di ringiovanimento del personale di magistratura, soprattutto nella prospettiva della copertura delle figure apicali.
  Confermiamo, sostanzialmente, questo nostro favore, fermo restando che, se ci dovesse essere un innalzamento a regime, siamo favorevoli a un innalzamento a regime a 72 anni, pur comprendendo, e anzi esprimendo perplessità, in relazione a una disposizione che viene modificata pochi mesi dopo l'abbassamento di età pensionabile.
  È chiaro che la norma, come ha detto il presidente Severini, è per quanto riguarda il Consiglio di Stato applicabile a zero magistrati. A noi ne risultano due o tre, ma quando si danno i numeri c'è sempre qualche perplessità.
  Non possiamo, quindi, non condividere e associarci alla posizione espressa dalla giunta esecutiva dell'Associazione nazionale magistrati, secondo cui la scelta di prorogare con decretazione d'urgenza per un altro anno il trattenimento in servizio solo di alcuni dei magistrati che sarebbero andati in pensione dal prossimo dicembre, costituisce una disposizione ad personam.
  Soprattutto, in materia di stato giuridico del personale di magistratura, disposizioni ad personam che consentono la permanenza in servizio di magistrati a detrimento di altri, i quali potrebbero persino far valere profili di incostituzionalità della disposizione stessa, sono anche lesive a nostro avviso dell'indipendenza dell'ordine giudiziario, della magistratura e dei vertici delle magistrature. L'altra disposizione sulla quale abbiamo incentrato la nostra attenzione è l'articolo 7, comma 2, ricordato dal collega che mi ha preceduto. Anche qui, per il periodo di tre anni si può in questo caso prevedere una rimessione all'adunanza plenaria, da sottoporre da parte del collegio di primo grado su norme che riguardano il processo telematico, e su cui siano sorti dei contrasti. Anche in questo caso, è previsto un meccanismo che a noi lascia molto perplessi.
  La disposizione introduce un sistema di rinvio delle questioni che possono sorgere sull'applicazione delle norme del processo telematico all'adunanza plenaria da parte del tribunale di primo grado, in presenza di contrasti giurisprudenziali con la seguente procedura: abbiamo un'ordinanza emanata su richiesta di parte o d'ufficio e pubblicata in udienza; la richiesta, al presidente del tribunale amministrativo regionale o della sezione staccata di appartenenza, di sottoporre al presidente del Consiglio di Stato istanza di rimessione del ricorso all'esame dell'adunanza plenaria; il presidente del tribunale o della sezione staccata provvede entro venti giorni dalla richiesta, e il silenzio equivale a rigetto.
  La norma introduce, quindi, un sistema e un istituto assai atipico, che rischia di sottrarre talune questioni all'ordinaria valutazione del giudice di primo grado, per di più attribuendo al presidente un per noi inaccettabile ruolo di filtro in un sistema incentrato sulla decisione collegiale, senza trascurare che in particolare l'istituto del silenzio-rigetto riproduce un modulo procedimentale mutuato dall'organizzazione degli organi di amministrazione attiva, e sottintende un rapporto gerarchico inconfigurabile in una dinamica collegiale tra presidente e collegio. Pag. 17
  Di fatto, verrebbe vanificato il provvedimento collegiale adottato da più magistrati in violazione del principio tradizionale, e ciò condurrebbe a una vera e propria aporia ogni qualvolta a decidere la remissione alla plenaria fosse la prima sezione di un TAR, in quanto presieduta dallo stesso presidente del tribunale. Questi potrebbe esercitare un potere di veto sulle scelte collegiali in ogni caso in cui si vedesse in minoranza su tale decisione. L'istituto, dunque, risulta concettualmente inapplicabile, a nostro avviso, all'interno del processo amministrativo.
  Inoltre, la proposizione per saltum, anche per il probabile ingolfamento dell'adunanza plenaria, già chiamata a pronunciarsi molto più frequentemente che in passato, rischierebbe di creare un rallentamento nei tempi del giudizio.
  Concludendo, la nostra associazione, pur riconoscendo che il decreto-legge contiene anche norme che, attraverso l'introduzione del processo telematico, garantiranno un miglioramento del processo amministrativo, auspica un immediato ripensamento nei sensi indicati nell'interesse dell'intera magistratura e della funzionalità del servizio delle due disposizioni sopra indicato.

  PRESIDENTE. Do ora la parola a Roberto Vitanza, per l'Associazione nazionale magistrati della giustizia amministrativa.

  ROBERTO VITANZA, componente dell'Associazione nazionale magistrati della giustizia amministrativa. L'intervento conclusivo, al termine di puntuali argomentazioni da parte di più autorevoli colleghi, sarà chiaramente sintetico. Credo superfluo ripercorre quanto condivisibilmente hanno già espresso gli altri rappresentanti delle organizzazioni, di cui a me pare emergere una posizione sostanzialmente uniforme, che in via trasversale e, segnatamente ad alcune differenze ordinamentali, è comune a tutte le magistrature.
  Mi limiterò soltanto a una brevissima osservazione relativa all'età pensionabile, che secondo me assume una valenza particolare e ondivaga da parte dell'Esecutivo. Questa situazione in cui vengono collocati a riposo i magistrati è passata dai 70 ai 75 anni, voleva essere aumentata a 78, riportata a 70, poi nuovamente a 72. Almeno l'impressione esterna è quella di un'interferenza illecita da parte dell'autorità politica, volta quasi a cercare una captatio benevolentiae dell'organizzazione magistratuale.
  Ritengo che l'intervento dovrebbe essere unico e definitivo e, chiaramente, conforme all'orientamento espresso dai vari e autorevoli colleghi, fissando una volta e per tutte a 72 anni l'età pensionabile, con la premessa che questa situazione non sia nuovamente oggetto di ulteriori discussioni, frammentazioni e simili.

  PRESIDENTE. Do ora la parola a Carla Secchieri, del Consiglio nazionale forense.

  CARLA SECCHIERI, consigliere nazionale del Consiglio nazionale forense. Ringrazio per avere la possibilità di parlare. Io interverrò esclusivamente sull'articolo 7, perché gli altri articoli non ci riguardano, nel senso che l'unico interesse dell'avvocatura è quello che i posti non rimangano vacanti. Dal resto restiamo fuori, e anche volentieri.
  Io mi concentro sull'articolo 7 perché ritengo che sia un articolo che ha un intento lodevole, ma un risultato disastroso. Io ho avuto l'esperienza del processo civile telematico, e quindi siamo in grado come avvocatura di vedere i difetti che reca in sé questa norma, che ha dei commi pericolosissimi, soprattutto per i magistrati, che vedranno il loro contenzioso aumentare a dismisura per una vaghezza o erroneità di norme, che porteranno necessariamente a pronunce probabilmente contrastanti, per le quali è già stata fatta la norma, che voi criticate, dell'articolo 13-bis.
  Chiediamo con forza anche noi un'uniformità di giurisprudenza. Già il Consiglio di Stato, con due sezioni diverse, a pochi giorni di distanza l'una dall'altra, ha pronunciato due sentenze in materia di validità e della notifica a mezzo PEC l'una l'opposto dell'altra. Sentiamo quest'esigenza di uniformità, come che sarà realizzata, ma noi solleviamo il problema su questo punto. Pag. 18
  In ogni caso, le norme sulle quali ho focalizzato la mia attenzione sono sostanzialmente tre. Una riguarda il potere di autentica, un nostro vecchio cavallo di battaglia. Abbiamo chiesto con forza che venisse estesa anche al processo amministrativo la norma che consente agli avvocati di autenticare come pubblici ufficiali tutti gli atti telematici o cartacei come nascita del provvedimento. La norma prevede solo la possibilità di autenticare le copie per immagine, quindi le copie scansionate per il deposito telematico.
  Rimane un palleggio assurdo con la segreteria: «io ti chiedo una copia, ti dico quanto costa, sì però adesso prima di fai vedere che hai pagato e poi finalmente posso rilasciare la copia autentica». Mi pare, sinceramente, un assurdo. Su questo abbiamo delle proposte di emendamenti nel documento, che domani depositerò anche per via telematica.
  Le altre norme che ci spaventano molto sono quelle relative al domiciliatario e al correlato obbligo del deposito della copia di cortesia per il tramite del domiciliatario. Si dice nella norma che per il primo anno di vigenza del processo amministrativo telematico il deposito dovrà essere fatto a esclusiva opera del domiciliatario, che potrebbe anche non essere un avvocato.
  Probabilmente, non è chiaro che il domiciliatario non è necessariamente anche difensore. Il domiciliatario è il luogo fisico. Si dice nella relazione a questa decreto- legge che è fatto in qualche modo perché con il processo amministrativo il domiciliatario andrà a eliminazione, e quindi è prevista l'abrogazione del comma 1 dell'articolo 25.
  In verità, il problema è diverso. Si toglie al difensore un potere/dovere, che è quello di depositare l'atto, per consegnarlo a persona che non è neanche avvocato, con un obbligo che non esiste. Non c'è nel nostro ordinamento un obbligo di avere un domiciliatario. La conseguenza della mancanza di domiciliatario è solo quella della notifica della comunicazione in segreteria, che è una libera scelta della parte e del difensore, confiscata con l'introduzione di questa norma. Perché devo munirmi necessariamente di un domiciliatario?
  Tra l'altro, non potrà avere i poteri del solo domiciliatario, perché la norma va letta in correlazione con la norma che prevede il deposito obbligatoria della copia cartacea asseverata. Da chi? Dal domiciliatario, necessariamente. Se, infatti, devo attestare la conformità al deposito telematico, questa può essere fatta solo dal domiciliatario, che può non essere avvocato e che non ha poteri, perché sono stati dati solo poteri di autenticare la copia cartacea per il deposito telematico, ma non quelli contrari, di autenticare la copia cartacea del deposito telematico.
  Non c'è, quindi, un potere generale, non c'è un potere particolare, perché non ha nessun potere il domiciliatario, non ha un potere delle parti. Parliamo sempre del mero domiciliatario, che è figura che c'è, ed è facoltà della parte scegliere di eleggere domicilio o anche di avere un difensore in loco. Mi pare ci siano anche delle agenzie che fanno questo lavoro, alle quali viene dato un potere immenso, cioè quello di autenticare, certificare l'autenticità di un deposito con questa facoltà, trasformandole in pubblici ufficiali.
  Qua no. Il domiciliatario scrive che ha depositato per via telematica, che c'è la copia conforme, e non c'è sanzione. Per gli avvocati c'è, perché ovviamente hanno un codice deontologico, ma per il privato no. Queste norme secondo noi vanno eliminate, perché sono proprio sbagliate in radice. Discutiamo. Sapete che la nostra contrarietà è ferma sul deposito delle copie di cortesia. Paghiamo contributi unificati altissimi su questo, proprio perché non dovremmo pagare le copie. Ci viene imposto il pagamento di un domiciliatario, ci viene imposto di correre a depositare le copie da Reggio Calabria, da Padova, da dove vengo io, quando noi abbiamo già pagato, visto che la parte ha già pagato i diritti di copia con il contributo unificato.
  Nel civile la soluzione era stata trovata con la circolare che ha imposto alla cancelleria di stampare le copie su richiesta del magistrato. È una cosa volontaria. Il problema è risolto. Potrebbe esserci il magistrato Pag. 19 che non ha necessità. Oltretutto, se con il principio di sinteticità degli atti riusciamo a confezionare degli atti che nel civile già facciamo con il link ai documenti, anche i magistrati amministrativi vedranno la comodità di poter vedere il documento n. 3, di cliccare e che gli si apra la finestra col documento già pronto, anziché andare a scartabellarselo nel fascicolo.
  La confezione di un atto telematico ha i suoi vantaggi e, probabilmente, nel tempo anche il magistrato più restio all'utilizzo del telematico riuscirà a capirne l'utilità. Se continuiamo a girare attorno alla copia cartacea, non ce ne discosteremo più: allora, a che cosa serve il processo amministrativo telematico? A nulla. Addirittura, oggi sento della richiesta di due copie, ma siano allora tutte le sei che depositavamo prima. Che senso ha?
  Abbiamo sottolineato anche noi l'assenza di documenti. Questo ci ha fatto sospettare che i documenti non sarebbero importanti, cioè depositiamo copia cartacea solo degli atti, ma la norma ha un suo senso se non la facciamo, la abroghiamo tutta e c'è la segreteria che ha questo potere e anche i fondi necessari, perché glieli diamo noi. Con 1.800 euro di contributo unificato, infatti, credo che ci siamo pagati abbondantemente anche le copie.
  Oltretutto – torno indietro un attimo – quest'obbligo del domiciliatario imporrà al sistema automatizzato di modificare integralmente la sua struttura. È previsto, infatti, che solo il difensore avrebbe il potere di deposito, e non è consentito a nessun altro, il sistema è bloccante. Se io non sono difensore, non posso depositare. A questo punto, cambiamo il sistema. Lo cambiamo per un anno, e quando entriamo in vigore? È un circolo vizioso, che probabilmente può essere risolto molto più semplicemente.
  Ho due notazioni velocissime. È previsto come ultimo momento di scadenza le ore 24 dell'ultimo giorno di scadenza. È un errore macroscopico, che però può portare delle eccezioni. Per convenzione, il giorno finisce alle 23.59.59. Le 24 è già il giorno successivo. Allora, io potrei eccepire – sapete che le eccezioni sono il nostro pane – che la parte è in ritardo, perché ha depositato alle 24, e quindi siamo già al giorno successivo. Consisterebbe, probabilmente, la certezza di non sbagliare un giorno al deposito. Questa è solo una correzione materiale, che ritengo si possa fare.
  Credo che gli altri siano tutti problemi di minor momento: richiesta dell'aumento della facoltà del potere di autenticare le copie; eliminazione di quelle norme sul domiciliatario, che proprio non stanno né in cielo né in terra per noi. Queste saranno le nostre richieste, che depositerò.

  PRESIDENTE. Ringrazio tutti anche per i contributi scritti che invierete ed eventuali proposte emendative, che metteremo anche a disposizione dei colleghi.
  Abbiamo concluso il ciclo dei vostri interventi. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ROCCO PALESE. Ringrazio per gli autorevoli contributi che sono stati forniti alla Commissione.
  Al di là di tutto, da questi contributi emerge che il decreto-legge dovrebbe essere riscritto o ritirato. Non mi sembra che ci sia altra strada. Mi permetto di segnalare a chi ha annunciato l'invio di emendamenti eventualmente correttivi che la scadenza è per martedì prossimo alle ore 16. Chiederemmo, cortesemente, che arrivassero tutti per tempo.
  Io intervengo solo su un aspetto, che mi sembra sia stato un po’ toccato da tutti, avendo presentato anche una pregiudiziale su quest'aspetto in particolare. Peraltro, su questo c'è stata un'affermazione abbastanza pesante, cioè si è parlato di un intervento illecito da parte della politica. Non ricordo chi ha detto che c'è un intervento illecito da parte della politica in merito all'età, per cui prima c'era una collocazione a riposo, il pensionamento, a 70 anni, a 72, poi a 78 e così via. Quest'affermazione risulta agli atti, e quindi è particolarmente attenzionata da parte nostra.
  In riferimento all'articolo 5, la questione è semplice. Io non sono un tecnico giurista, ma da più parti viene segnalato, Pag. 20nonostante le ripetute sollecitazioni al Governo, che l'approvazione tout court del cambiamento dell'età stabilita per la collocazione al pensionamento da 75 a 70 anni avrebbe comportato situazioni di difficoltà, poi emerse, tali da intervenire con due proroghe. Questa seconda proroga, in particolare, però, secondo gli esperti – anche in questa giornata è emerso – violerebbero gli articoli 3, 97 e 107 della Costituzione.
  Molti ipotizzano anche un percorso di questo tipo, che l'interessato, ricevuta la comunicazione del decreto di collocamento a riposo, possa, in base a quanto emerge sull'anticostituzionalità della norma contenuta all'articolo 5, procedere a formalizzare ricorso al TAR Lazio, che in base a queste perplessità potrebbe ipoteticamente rinviare alla Corte costituzionale e sospendere provvedimenti di collocazione a riposo e, sostanzialmente, determinare una proroga anche superiore all'anno.
  A me piacerebbe sapere come non giurista – non voglio sapere la risposta subito – se è altamente probabile, se è semplicemente probabile o se è scarsamente probabile un percorso di questo tipo.

  PRESIDENTE. Qui, però, chiediamo un po’ un'anticipazione di giudizio ai giudici amministrativi.

  ROCCO PALESE. No, signora presidente, io non chiedo anticipazione di giudizio. Ho premesso che non chiedo anticipazioni di giudizio. Ho chiesto semplicemente se è un percorso – se non c'è nessuno che vuole rispondere, va benissimo – altamente probabile, semplicemente probabile o scarsamente probabile.

  PRESIDENTE. È stata posta questa domanda. Per impugnare un atto, deve esserci un interessato e un atto da impugnare, quindi per ora non può essere impugnato un decreto. Risponde l'ANM, così togliamo dall'imbarazzo...

  ROCCO PALESE. L'interessato che riceve...

  PRESIDENTE. Onorevole, abbia pazienza, facciamo rispondere l'ANM, che è magistratura ordinaria, perché ritengo non opportuno che risponda alcuno dei giudici amministrativi.

  FRANCESCO MINISCI, segretario generale dell'Associazione nazionale magistrati. Abbiamo già affrontato il tema nel corso dell'intervento. Il percorso che lei ha tracciato è un percorso – noi lo abbiamo detto – tecnicamente ineccepibile. Una tale norma crea disparità di trattamento, quindi il percorso è quello evidentemente. I termini probabilistici non li posso conoscere. Le dico solo che è verosimile che ciò accada. Quanti saranno non lo so, ma certo è verosimile che ciò accada, perché è tecnicamente ineccepibile quello che affermiamo.

  ROCCO PALESE. La ringrazio vivamente della risposta che desideravo. Era proprio in questi termini...

  PRESIDENTE. Ci sono stati anche ricorsi da quando il Parlamento ha abbassato l'età a 70 anni. Su questo si potrebbe parlare del passato, se sono state fatte sospensive o meno, ma entriamo in una questione che non riguarda l'approfondimento del decreto legge.
  Vorrei evitare di parlare di contenziosi di soggetti singoli, che: sono liberi di fare quello che credono, come anche la magistratura giudicante di decidere al meglio. Vorrei evitare questo. Qui stiamo parlando dell'approfondimento di questo decreto -legge, e quindi delle normative.

  ANDREA COLLETTI. Non dico che la mia domanda esuli dal contesto, perché sono sostanzialmente d'accordo con quanto hanno riferito tutti gli auditi. È semplicemente una questione statistica, che forse gli auditi sapranno meglio. È un dato che avrà il Ministero, ma che noi deputati non abbiamo.
  Potete dirci in media con quanta anzianità di servizio vanno in pensione i magistrati con la norma vigente? Quanti sono gli anni di anzianità con cui si va in pensione di media?

  FRANCESCO MINISCI, segretario generale dell'Associazione nazionale magistrati. Pag. 21Ma lei si riferisce al periodo di contribuzione?

  ANDREA COLLETTI. Esattamente.

  PRESIDENTE. Quanti anni di contribuzione.
  Faccio una domanda anch'io, così rispondete tutti. I magistrati sono vari. Forse lei lo chiede a tutta la magistratura, non solo a quella ordinaria. Io faccio una domanda che non c'entra nulla con l'età anagrafica né con quella pensionabile. Mi interessa l'osservazione del segretario dell'ANM – mi riferisco alla magistratura ordinaria – con riferimento al tirocinio.
  C'è una critica all'impostazione, mi pare, del decreto di riduzione del tirocinio, soprattutto quando questo incide sul periodo del mirato, cioè l'ultima parte. La prima critica, quindi, se ho capito bene – non ho qui il documento – riguarda la ripartizione: si va a incidere sul tirocinio presso gli uffici giudiziari.
  Pongo tale questione, in cui credo molto. Resta fermo, a mio avviso, che oggi – dopo un percorso di cinque anni di laurea, due anni di specializzazione, il concorso di specializzazione o altri tirocini equivalenti, che dovrebbero anche essere più pratici, e il concorso, che arriva già in un'età più avanzata – può essere esagerato un anno e mezzo di tirocinio, previsto quando si entrava in magistratura dopo la laurea, quindi senza tutta questa procedura che ha allungato i tempi e che deriva dalla riforma dell'ordinamento giudiziario del 2006.
  Il Governo, infatti, all'epoca stabilì che non si doveva entrare in magistratura ordinaria, fu stimolato un concorso di secondo grado che non è un concorso di secondo grado. Vogliamo dire che è un concorso di secondo grado, ma non lo è. Lo diciamo qui di fronte ai giudici amministrativi.
  Chiedo all'ANM, ferma restando la necessità del tirocinio – non si fa prima, si deve fare dopo – giudicate opportuna, comunque, una contrazione del periodo del tirocinio, e però una diversa distribuzione, magari una contrazione di quel periodo invece presso la scuola? Va considerato che entrano ragazzi che hanno fatto già cinque anni di laurea, due anni di scuole di specializzazione, i corsi privati per entrare a fare il concorso. Di teoria ne sanno: avete suggerimenti per una diversa modulazione del periodo di tirocinio, fermo restando che, anziché un anno e sei mesi, si potrebbe fare un anno, ma modulato diversamente?
  Ho un'altra idea da molto tempo: giudicate opportuno che il tirocinio mirato, l'ultima parte, quella per cui si fa il tirocinio analogo a quello dell'ufficio che si ricoprirà, anche forse per agevolare le sedi, si faccia presso l'ufficio di destinazione?
  Ho una terza questione. Da una parte, si chiede di allungare a 72 anni il pensionamento anche della magistratura ordinaria, che non è un concorso di secondo grado. Questa è una valutazione che farà il Governo a livello generale. Se ricordate, il decreto legge cosiddetto Madia, che ha portato al pensionamento a 70, lo ha fatto per i professori universitari, per i primari, non per una sola categoria.
  Comunque, da una parte, dite di alzare a 72 anni perché si entra tardi, ma non ritenete opportuno proporre che si torni ad accedere a concorsi in magistratura dopo la laurea di cinque anni, magari a questo punto dopo un tirocinio non più di un anno, ma di un anno e mezzo?
  Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  FRANCESCO MINISCI, segretario generale dell'Associazione nazionale magistrati. Come abbiamo detto, noi focalizziamo la nostra attenzione sul periodo di tirocinio presso gli uffici giudiziari, perché i nostri giovani colleghi sono freschi di studi, hanno bisogno di attrezzarsi sotto il profilo dell'esperienza giudiziaria e non tanto del «nozionismo» della didattica e della simulazione giudiziaria.
  Questa normativa abbassa di due mesi il periodo di esperienza presso gli uffici giudiziari, da dodici, come è attualmente, a dieci. Lo riteniamo inopportuno, perché verifichiamo sul campo che i giovani colleghi si presentano nelle sedi di destinazione con il percorso di esperienza negli uffici giudiziari non perfettamente completato. Riteniamo che i dodici mesi debbano Pag. 22essere mantenuti. Poi il periodo che si deve svolgere presso la scuola sarà valutato. Sicuramente, i dodici mesi negli uffici giudiziari devono essere mantenuti.
  Con riferimento al discorso sull'accesso immediato al concorso in magistratura dopo la laurea, questa è una riflessione sulla quale non possiamo rispondere oggi in questa sede. È una riflessione più ampia, che sicuramente è oggetto di analisi da parte dall'Associazione nazionale magistrati. Ci stiamo interrogando. Evidentemente, risponderemo in maniera complessiva e completa.
  Quanto alla terza domanda che poneva su una parte del tirocinio, il tirocinio mirato, presso la sede di destinazione...

  PRESIDENTE. Segretario, scusi, il mirato si fa dopo aver scelto una sede. Ora, la procura di Roma non è la procura di Pordenone, e forse è più adatto fare il mirato lì dove dovrò andare necessariamente.

  FRANCESCO MINISCI, segretario generale dell'Associazione nazionale magistrati. Presidente, naturalmente anche in questo caso un'attenta riflessione complessiva deve essere fatta. Personalmente, ritengo che non sia opportuno, ma per un motivo molto semplice.
  L'esperienza che si fa presso gli uffici giudiziari di grandi dimensioni presso i quali gli uditori fanno il tirocinio sono in genere tali da garantire la possibilità di acquisire un bagaglio di esperienze non indifferente poiché si tratta di materie eterogenee. È chiaro che il piccolo ufficio, spesso in gravi difficoltà – non dimentichiamocelo – non può curare adeguatamente la formazione del giovane collega.
  Per quanto riguarda la prima domanda, possiamo fare il calcolo matematicamente in maniera semplice. Noi entravamo in magistratura, come ricordava il presidente, a 26-28 anni, e si andava in pensione a 72 anni fino a un certo punto, a 75 da un certo punto in poi. Oggi, di fatto, abbiamo un concorso di secondo livello – ci si laurea, ma non si può fare il concorso – per cui mentre noi facevamo il concorso appena laureati, adesso i giovani devono seguire i corsi, le scuole di specializzazione, essere avvocati e così via. È, di fatto, un concorso di secondo livello.
  Entrano in magistratura a 32-35 anni e volte anche 36, e vanno in pensione a 70 anni. È un calcolo matematico molto semplice. Per andare al nocciolo della questione, abbiamo contratto il periodo di contribuzione di dieci anni.

  PRESIDENTE. Ho un'altra domanda. A parte il pensionamento, su cui non voglio entrare, non so se avete avanzato proposte o ne avanzerete con riferimento ai quattro anni di permanenza. Mi pare di aver capito che un anno in più o in meno non incide sulla funzionalità dell'ufficio. Mi permetto di dire che dissento. Ovviamente, è una mia opinione personale. Credo che, invece, una continuità nella permanenza sia importante, anche per assicurare un certo percorso. Questo, però, sta in una valutazione.
  Vediamo gli impatti di questa norma immediatamente in corso. A prescindere dalla contrarietà, siete contrari a priori, siete contrari soltanto per le prime nomine, auspicate un'eventuale transitoria? La mia è una domanda proprio a vasto raggio.

  FRANCESCO MINISCI, segretario generale dell'Associazione nazionale magistrati. Noi abbiamo espresso la nostra contrarietà all'innalzamento a quattro anni, non abbiamo subordinati a questo.

  PRESIDENTE. Che riguarda gli uffici, sia di prima nomina, sia chi deve coprire un posto direttivo, da quello che ho capito. Vero?

  FRANCESCO MINISCI, segretario generale dell'Associazione nazionale magistrati. Esatto. Tutti i gradi di anzianità, dalla prima nomina ai trasferimenti e ai tramutamenti successivi.
  Abbiamo segnalato, però, nel corso del nostro intervento, una peculiarità che ha riguardato nel passato i magistrati di prima nomina. Mentre nel passato per i tramutamenti successivi era fissato il termine di quattro anni, poi portato a tre per tutti, per Pag. 23i cosiddetti «uditori giudiziari» che assumevano le funzioni il termine di legittimazione minimo era due anni, che, per effetto dell'articolo 4 della legge n. 133 del 1998, è stato parificato per tutti, e da quattro è stato passato a tre, da due per gli uditori giudiziari con funzioni è stato passato a tre.
  La peculiarità dei colleghi di prima nomina è stata, quindi, riconosciuta storicamente dal legislatore. Tra l'altro, e questo è un dato normativo sul quale credo siamo tutti d'accordo, si tratta, per i colleghi che vanno in prima nomina, di un trasferimento d'ufficio ormai riconosciuto, non a domanda. Il Consiglio superiore della Magistratura mette a disposizione delle sedi, ma il trasferimento è, evidentemente, d'ufficio.
  Ancora, la relazione al decreto-legge parla proprio di questa soluzione, e cioè si parla di quattro anni per tutti, tranne che per i magistrati di prima nomina. Nella Commissione Vietti, per i magistrati di prima nomina si prevede un periodo minimo di legittimazione di tre anni.
  Resta fermo che noi chiediamo la legittimazione a tre anni per tutti.

  PRESIDENTE. La questione è stata forse più chiara per me.
  Vi ringrazio. Alcuni hanno depositato documenti, altri arriveranno. Se ci sono proposte di modifica, ovviamente le potete trasmettere via e-mail sempre alla segreteria della Commissione, che poi le farà avere ai componenti della Commissione medesima per gli emendamenti. Vi ringrazio molto. Ringrazio i colleghi anche per l'impegno di queste ore.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.15.