XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Lunedì 22 giugno 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DEL DISEGNO DI LEGGE DEL GOVERNO C. 2953 , CONCERNENTE DELEGA AL GOVERNO RECANTE DISPOSIZIONI PER L'EFFICIENZA DEL PROCESSO CIVILE

Audizione di rappresentanti dell'Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori (AIAF), dell'Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e per la famiglia (AIMMF), dell'Unione nazionale camere minorili (UNCM), della Camera nazionale avvocati per la famiglia e i minorenni (CAMMINO), di Paolo Biavati, professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Bologna, di Fabio Santangeli, professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Catania, di Massimo Fabiani, professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi del Molise e di Claudio Consolo, professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Roma La Sapienza.
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Sartori Alessandro , Presidente dell'Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori (AIAF) ... 3 
Ferranti Donatella , Presidente ... 5 
Sapi Giulia , Componente del Gruppo di lavoro processuale dell'AIAF ... 5 
Sarnari Giulia , Componente del Gruppo di lavoro processuale dell'AIAF ... 6 
Ferranti Donatella , Presidente ... 7 
Micela Francesco , Presidente dell'Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e per la famiglia (AIMMF) ... 7 
Ferranti Donatella , Presidente ... 9 
Lovati Paola , Presidente dell'Unione nazionale camere minorili (UNCM) ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 12 
Ruo Maria Giovanna , Presidente nazionale della Camera nazionale avvocati per la famiglia e i minorenni (CAMMINO) ... 12 
Ferranti Donatella , Presidente ... 12 
Ruo Maria Giovanna , Presidente nazionale della Camera nazionale avvocati per la famiglia e i minorenni (CAMMINO) ... 12 
Ferranti Donatella , Presidente ... 13 
Ruo Maria Giovanna , Presidente nazionale della Camera nazionale avvocati per la famiglia e i minorenni (CAMMINO) ... 13 
Ferranti Donatella , Presidente ... 15 
Micela Francesco , Presidente dell'Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e per la famiglia (AIMMF) ... 15 
Ferranti Donatella , Presidente ... 15 
Micela Francesco , Presidente dell'Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e per la famiglia (AIMMF) ... 15 
Ferranti Donatella , Presidente ... 15 
Sartori Alessandro , Presidente dell'Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori (AIAF) ... 15 
Ferranti Donatella , Presidente ... 16 
Sartori Alessandro , Presidente dell'Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori (AIAF) ... 16 
Micela Francesco , Presidente dell'Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e per la famiglia (AIMMF) ... 16 
Ferranti Donatella , Presidente ... 17 
Biavati Paolo , Professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Bologna ... 17 
Ferranti Donatella , Presidente ... 18 
Biavati Paolo , Professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Bologna ... 18 
Ferranti Donatella , Presidente ... 18 
Biavati Paolo , Professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Bologna ... 18 
Ferranti Donatella , Presidente ... 20 
Vazio Franco (PD)  ... 20 
Ferranti Donatella , Presidente ... 20 
Santangeli Fabio , professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Catania ... 20 
Ferranti Donatella , Presidente ... 23 
Santangeli Fabio , Professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Catania ... 23 
Ferranti Donatella , Presidente ... 26 
Fabiani Massimo , Professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi del Molise ... 26 
Ferranti Donatella , Presidente ... 26 
Fabiani Massimo , Professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi del Molise ... 26 
Ferranti Donatella , Presidente ... 26 
Fabiani Massimo , Professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi del Molise ... 26 
Ferranti Donatella , Presidente ... 26 
Fabiani Massimo , Professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi del Molise ... 26 
Ferranti Donatella , Presidente ... 26 
Fabiani Massimo , Professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi del Molise ... 26 
Ferranti Donatella , Presidente ... 29 
Consolo Claudio , Professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Roma La Sapienza ... 29 
Ferranti Donatella , Presidente ... 34

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 16.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori (AIAF), dell'Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e per la famiglia (AIMMF), dell'Unione nazionale camere minorili (UNCM), della Camera nazionale avvocati per la famiglia e i minorenni (CAMMINO), di Paolo Biavati, professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Bologna, di Fabio Santangeli, professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Catania, di Massimo Fabiani, professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi del Molise e di Claudio Consolo, professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Roma La Sapienza.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame del disegno di legge del Governo C. 2953, concernente delega al governo recante disposizioni per l'efficienza del processo civile, di Alessandro Sartori, Presidente dell'Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori (AIAF), accompagnato da Giulia Sarnari e da Giulia Sapi, componenti del gruppo di lavoro processuale dell'AIAF, di Francesco Micela, Presidente dell'Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e per la famiglia (AIMMF), accompagnato dalla dottoressa Cristina Maggia, vicepresidente dell'AIMMF, di Paola Lovati, Presidente dell'Unione nazionale camere minorili (UNCM), di Maria Giovanna Ruo, Presidente nazionale della Camera nazionale avvocati per la famiglia e i minorenni (CAMMINO), accompagnata dall'avvocato Carolina Valensise, vicepresidente nazionale e responsabile del settore civile, di Paolo Biavati, Professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Bologna, di Fabio Santangeli, Professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Catania, di Massimo Fabiani, Professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi del Molise e di Claudio Consolo, Professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Roma La Sapienza.
  Do la parola al presidente Sartori.

  ALESSANDRO SARTORI, Presidente dell'Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori (AIAF). Ringrazio per questo invito. Entrando subito nel merito, debbo esprimere un po’ di preoccupazione per il mutamento piuttosto significativo che il disegno di legge delega ha subito da quando era stato depositato il progetto della Commissione Berruti a quando, invece, cinque mesi dopo, il Governo l'ha molto cambiato e un po’ stravolto.
  Ci eravamo un po’ illusi che si sarebbe ottenuta una riforma processuale univoca Pag. 4per la tutela dei diritti relazionali della persona, così da consentire che l'insieme delle statuizioni che riguardano uno stesso minore fossero o siano assunte da una sola autorità giudiziaria, evitando quella proliferazione di processi che non tiene conto dell'interesse del minore nonché i continui conflitti di competenza tra gli organi deputati a conoscere tali controversie.
  Tuttavia, invece, la formulazione approvata alla Camera, su cui oggi siamo stati gentilmente invitati a interloquire, tradisce questo obiettivo nel momento stesso in cui conserva il doppio binario di competenza del tribunale per i minorenni e delle istituende sezioni specializzate. Siamo preoccupati che si privilegi l'essere, cioè la situazione attuale, con qualche leggera modifica, piuttosto che il dover essere, e si perda questa straordinaria occasione di dare un nuovo impulso alle garanzie di tutela dei procedimenti che riguardano i minori.
  Il cambio di rotta è stato giustificato, come ha ricordato anche Berruti nell'audizione del 3 giugno, per ragioni finanziarie: lasciare al tribunale per i minorenni le sole competenze penali avrebbe determinato un'inefficiente utilizzazione delle risorse materiali e umane, in quanto costringerebbe al mantenimento di un numero elevato di magistrati, stante il regime delle incompatibilità dei processi penali, con la relativa dotazione delle cancellerie, per far fronte a modesti carichi.
  Ebbene, intanto il numero non è tanto elevato, se – mi corregga il dottor Micela, poiché non sono aggiornato – i magistrati minorili in tutta Italia sono circa 180 (numero che mi ha riferito il presidente per il tribunale dei minorenni di Napoli, Gustavo Sergio) distribuiti in ventinove tribunali per i minorenni. Peccato che questi tribunali per i minorenni (ma non è una considerazione da nordista, per carità, teniamoci molto distanti da queste cose) siano distribuiti in maniera particolare. Purtroppo, o per fortuna, la Sicilia ha quattro tribunali per i minorenni perché ha quattro Corti d'appello; la Campania ne ha tre; la Calabria ne ha tre; la Puglia ne ha tre, di cui una è una sezione staccata.
  Purtroppo, noi dobbiamo sollevare un problema ormai insostenibile. Abbiamo regioni come il Veneto, il Piemonte, il Lazio, l'Emilia Romagna e via elencando, che hanno un solo tribunale per i minorenni, con buona pace dei giudici di prossimità e della soddisfazione delle esigenze di tutela dei minori, visto che devono percorrere non si sa quanti chilometri per andare a fare dei riti che sono incompresi, o quantomeno non c’è una presenza territoriale e così via.
  Dunque, la spiegazione della questione finanziaria non regge ed è assolutamente priva di senso. In primo luogo, potrebbe essere previsto che alcuni magistrati togati impiegati nelle sezioni specializzate del tribunale civile siano anche applicati ai tribunali per i minorenni per occuparsi delle residue competenze penali e civili che il progetto di Berruti conservava. Quindi, non si capisce questa preoccupazione, tanto più se le regioni che ho detto prima – io testimonio per il Veneto per primo, ma ce ne sono tante altre uguali – ricevono provvedimenti ancora dell'articolo 317-bis, dopo due anni e mezzo, dopo tre, e se ricevono provvedimenti in cui è stato disposto un ascolto del minore e non è stato avvisato nessuno dell'altra parte, e così via.
  Purtroppo c’è una totale divaricazione tra la giustizia minorile delle quattro fortunate regioni che ho citato prima e quella di altre regioni che, addirittura con un carico ben superiore, invece non hanno questa fortuna.
  Si potrebbe optare per l'integrale soppressione del tribunale per i minorenni e l'istituzione di sessioni specializzate presso il tribunale penale. Si obietta sulla specializzazione, ma io vorrei sapere in che cosa consiste la specializzazione e chi ha dato i titoli di specializzato.
  È vero o non è vero che al tribunale per i minorenni – purtroppo parlo sempre del disgraziato Veneto – sono appena arrivati due giudici che hanno fatto nella loro vita solo penale ? Dov’è la specializzazione ? Mi viene un po’ da ridere. Capisco, però, che poi si specializzeranno.Pag. 5
  Per esempio, le sezioni specializzate dei tribunali ordinari – penso alla mitica sezione milanese, la nona sezione del tribunale di Milano – sono super-specializzate, però i giudici ordinari, dopo dieci anni, se ne devono andare. La presidente Servetti dopo otto anni se ne dovrà andare. Perché, invece, i giudici e i presidenti dei tribunali per i minorenni non hanno questo limite temporale ?
  Allora, la specializzazione c’è, eccome, nei tribunali ordinari, a volte anche più che nei tribunali per i minorenni. Tuttavia, anche nel progetto di legge delega che stiamo esaminando, che ha modificato molto il progetto della Commissione Berruti, che era stato molto coerente e molto preciso, si parla ancora di privilegiare la specializzazione. Per piacere ! Dov’è la specializzazione ? C’è sicuramente, ma non per esempio nei casi che ho appena detto; c’è, invece, altissima nei tribunali ordinari, ma ha un limite di tempo, il che è assurdo se dobbiamo preoccuparci della specializzazione per la tutela dei minori.
  Mi richiamo al materiale che abbiamo inviato, soprattutto in queste linee generali che sto sinteticamente illustrando. Noi siamo molto fermi nel sostenere che si debba privilegiare l'ottimo lavoro svolto dalla Commissione Berruti. Non si capisce per quale motivo sia stato così inquinato, quindi noi ci auguriamo che questa Commissione voglia valutare l'opportunità di ripristinare la precedente formulazione di un disegno di legge delega, anche alla luce delle considerazioni che ho fatto adesso, sia pure sommariamente per non tediare e per lasciare spazio alle mie due colleghe che mi hanno accompagnato e che possono fare un riferimento più specifico, senza esagerare nel portare via tempo alla Commissione. Grazie.

  PRESIDENTE. Comunico, però, che ogni gruppo deve mantenersi nel tempo di un quarto d'ora complessivamente.
  Approfitto per salutare i colleghi presenti e i due relatori onorevoli Berretta e Vazio.

  GIULIA SAPI, Componente del Gruppo di lavoro processuale dell'AIAF. Ringrazio per l'invito. Mi riallaccio al discorso del presidente, con riferimento a un'altra problematica che abbiamo riscontrato in questo disegno di legge, che riguarda il depotenziamento della vis attractiva che è stata introdotta dalla riforma della filiazione e che qui viene in realtà ridotta.
Nella stessa relazione introduttiva, a pagina 12, viene ricordata l'importanza della previsione introdotta dalla legge n. 219 del 2012, la cui ratio evidentemente è quella di realizzare, nell'ipotesi in cui sia in corso un giudizio volto a statuire sull'affidamento dei figli, che ogni provvedimento sia assunto dal giudice che si sta occupando di quel procedimento.
  Ecco, ci appare incoerente la scelta di limitare questa vis attractiva ai soli procedimenti ai sensi dell'articolo 333, con esclusione dell'articolo 330, tra l'altro in aperto contrasto con quanto è stato affermato dalla Corte di cassazione e aderendo, invece, a un'interpretazione più minoritaria di una parte della giurisprudenza minorile. Tra l'altro, forse si dimentica nella prassi quanto possa essere sottile la linea di demarcazione tra i giudizi limitativi e quelli ablativi della responsabilità genitoriale. Sappiamo che molto spesso vengono aperti come ex articolo 330 e chiusi come ex articolo 333.
  Inoltre, non convince la spiegazione che viene data nella relazione introduttiva, dove si dice che è meglio lasciarli al tribunale per i minorenni che ha maggiore esperienza ed è maggiormente specializzato. Ora, non si capisce per quale motivo se si vanno a istituire delle sezioni specializzate presso il tribunale ordinario, queste dovrebbero essere meno specializzate dell'attuale tribunale per i minorenni.
  L'altro aspetto per noi fondamentale – perché è quello che rappresenta per noi il problema attuale del tribunale per i minorenni, che è stato istituito nel 1934, epoca in cui non erano ancora stati riconosciuti i diritti fondamentali della persona – è rappresentato dalla funzione giudicante e, nella prassi della maggior parte dei tribunali per i minorenni, anche istruttoria, che viene riconosciuta ai giudici onorari, i cosiddetti «componenti privati» Pag. 6del collegio. Ciò perché, così facendo, la gestione dell'introduzione delle conoscenze nel processo viene demandata a un soggetto che di fatto non ha le competenze per garantire il diritto di difesa e la tutela del contraddittorio.
  Vorrei ricordare che non c’è nessun altro Paese in Europa che riconosce la possibilità di avere dei componenti privati negli organi giudicanti. Questo, secondo noi, è contrario alla previsione di cui all'articolo 111, secondo comma, della Costituzione, che chiede che il processo si svolga nel contraddittorio tra le parti in condizioni di parità e davanti a un giudice terzo e imparziale. Ciò perché il giudice onorario, nel riportare al collegio non può non utilizzare le competenze sue specifiche, quindi di fatto svolge un ruolo di consulente tecnico, fuori però dagli schemi predeterminati della consulenza tecnica d'ufficio (CTU), quindi senza le garanzie proprie dello strumento della CTU che sono state anche rafforzate – lo ricordiamo – nella riforma processuale del 2009.
  Secondo noi, la specializzazione è fondamentale, lo è per i giudici e lo è per gli avvocati. Per quanto riguarda i giudici, la specializzazione sicuramente si può raggiungere oltre che con un'adeguata formazione permanente, anche con il continuo contatto con i consulenti tecnici, che non per questo devono ricoprire ruoli decisori o istruttori, potendo costituire di fatto una Commissione da cui estrapolare i consulenti tecnici.

  GIULIA SARNARI, Componente del Gruppo di lavoro processuale dell'AIAF. Buonasera a tutti. Ringrazio anch'io per l'invito come hanno fatto il mio presidente e la mia collega. Brevemente, per non rubare l'attenzione degli astanti, vorrei dire che come associazione ci battiamo molto perché in questa nuova formulazione del rito della famiglia siano abbandonate queste parole che sono contenute al numero 5 della lettera b) del comma 1 dell'articolo 1, del disegno di legge, secondo le quali il nuovo rito debba avere carattere di semplificazione e flessibilità.
  Noi portiamo avanti un discorso per cui deve essere assolutamente portata a termine una riforma ordinamentale, ma a catena deve discendere anche una riforma del rito processuale che disciplina le controversie in materia di relazioni familiari che non sia un rito dai contenuti così laschi. Chiediamo dunque che vengano individuati criteri più specifici, più dettagliati, che portino questo nuovo rito della famiglia ad avere delle caratteristiche di tutela del diritto di difesa, del diritto del contraddittorio, e con grande contenimento anche dei poteri officiosi del giudice.
  In questa materia si parla di diritti fondamentali della persona, per cui le norme che garantiscono il giusto processo nel nuovo rito che dovrà essere formulato, nel nuovo processo che ci auguriamo venga ben presto formulato, si devono adattare a questo tipo di regole fondamentali.
  Quello che diceva prima la mia collega è fondamentale: l'introduzione di saperi diversi dentro il processo della famiglia deve avvenire attraverso le regole, peraltro rafforzate dalla recente (ormai non più tanto recente) riforma del 2009, che disciplina la CTU nell'ambito del processo civile. Saperi diversi devono essere introdotti nel processo attraverso la tutela del diritto del contraddittorio.
  Il rito deve essere un rito unico, che accorpi il più possibile le materie delle relazioni familiari, attribuito a un giudice unico. Parliamo di un rito atto a disciplinare l'urgenza che questa materia comporta e, soprattutto, che all'inizio di questo procedimento, una volta che le parti abbiano potuto sperimentare tutte le altre strade che ormai l'ordinamento sta riconoscendo per tutelare i propri diritti fuori del processo, attraverso forme in cui viene valorizzata la volontà delle parti, quindi nel momento in cui si arriva al processo che sia un reale processo in cui sin dall'inizio il giudice possa avere e tenere conto della conflittualità che esiste, che non sia demandata a un secondo momento e che immediatamente con provvedimenti di urgenza si possano disciplinare le situazioni delle relazioni familiari sottese.

Pag. 7

  PRESIDENTE. Do la parola al presidente dell'Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e per la famiglia, Francesco Micela.

  FRANCESCO MICELA, Presidente dell'Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e per la famiglia (AIMMF). Grazie. Vorrei partire da una premessa. In realtà, la giustizia minorile in Italia non nasce negli anni Trenta. L'inizio della storia della giustizia minorile italiana è il 1971, quando questo Parlamento, con una svolta fondamentale, per la prima volta determina la pianta organica dei giudici dei tribunali per i minorenni.
  Soltanto da allora alla giustizia minorile sono destinati magistrati con funzioni esclusive. Prima di allora esisteva la giustizia minorile, ma possiamo chiamarla la preistoria. Prima del 1971, in ambito penale sostanzialmente l'intervento del giudice era appena mitigatorio rispetto a quello del giudice degli adulti e la patria potestà era sostanzialmente intangibile o comunque gli interventi erano estremamente ridotti.
  Ecco, io credo che in un momento come questo sia opportuno fare i bilanci. Quante volte noi ci troviamo, nell'ambito della giustizia, a fare dei bilanci e ritroviamo l'Italia in posti non particolarmente commendevoli ? Io porto, come testimonianza, un bilancio di una giustizia minorile che è ampiamente positivo.
  Nell'ambito della giustizia penale minorile, credo che non esista altro settore della giustizia nel quale siamo considerati un'eccellenza a livello internazionale; siamo assunti come modello da moltissimi Paesi che costantemente vengono in Italia per seguire il nostro modello. A livello interno, la giustizia penale minorile è stata il laboratorio di alcuni istituti – penso alla messa alla prova, penso all'irrilevanza del fatto, penso alla mediazione penale – che stanno gradualmente inserendosi nel nostro ordinamento.
  Nell'ambito della giustizia civile minorile, per quanto qualche volta vi siano alcuni servizi giornalistici o televisivi che danno l'impressione che i tribunali per i minorenni allontanino dalle famiglie i bambini per ragioni di povertà, se guardiamo i dati, nel 1968 in Italia vi erano 172.000 bambini e adolescenti negli istituti; nel 2012 sono circa 14.000, meno del 10 per cento, in strutture comunitarie, ai quali possiamo aggiungerne altri 14.000 in affidamento familiare, con una percentuale di allontanamento dai nuclei familiari che è la più bassa d'Europa. In Francia i bambini che sono in istituto sono superiori tre volte rispetto a quelli italiani; percentuali analoghe vi sono anche in Germania, nel Regno Unito e in parte anche in Spagna (cito dati del Ministero del lavoro).
  Data questa premessa, vorrei partire da una considerazione. A volte si ha l'impressione, anche dopo questi interventi e quando ci si confronta su ipotesi legislative, che si parta da un convincimento, ossia che in Italia il pregiudizio che subiscono i minori lo subiscono fondamentalmente nei casi di conflittualità tra i genitori, mentre i tribunali per i minorenni si occupano delle adottabilità, delle situazioni più gravi. Ecco, non è così. Come sanno sia i giudici sia gli avvocati che lavorano nei tribunali per i minorenni, sia anche i servizi socio-territoriali, il grande campo di intervento del tribunale per i minorenni è il campo del pregiudizio.
  Sono moltissime le segnalazioni che in Italia provengono dai servizi sociali del territorio, dai consultori, dalle scuole, dagli ospedali, dai privati cittadini che segnalano situazioni di pregiudizio per bambini e adolescenti, trascuratezze di vario genere, maltrattamenti fisici e psicologici, abusi sessuali. Non esistono delle statistiche ufficiali sul punto.
  Abbiamo cercato, attraverso un'analisi tra le procure minori dove arrivano queste segnalazioni, di quantificarle. Ebbene, sono circa 60.000 in un anno, cioè il doppio delle segnalazioni che riguardano invece le iscrizioni in ambito penale. La condizione minorile in Italia è ancora oggi quella che prima di tutto il resto della popolazione viene a subire gli effetti della Pag. 8crisi, gli effetti dei cambiamenti sociali legati alla multiculturalità, alla migrazione.
  Vengo dalla relazione che il Garante per l'infanzia ha fatto stamattina, in cui c’è l'indagine nazionale sul maltrattamento dei bambini e degli adolescenti in Italia. Ora, se noi dobbiamo fare la riforma del tribunale per la famiglia e per i minori pensando alle separazioni per i divorzi, allora possiamo scorporare questo settore, come se questo intervento non ci fosse.
  Qual è il problema di questa giustizia ? Si tratta di problemi che non so se ho il tempo di descrivere, poiché in realtà è un intervento in cui la magistratura dei pubblici ministeri svolge una funzione importantissima di filtro e di interlocuzione con i servizi. Dopodiché i tribunali per i minorenni lavorano nelle situazioni e, secondo il mandato legislativo, secondo l'articolo 333, sono chiamati ad adottare i provvedimenti convenienti secondo le circostanze.
  Il legislatore non detta dei criteri normativi stretti e nessuno mai ha detto che li deve dettare, perché il valore che c’è dietro le singole situazioni è talmente elevato che è preferibile affidarsi alla discrezionalità e al possibile arbitrio del giudice piuttosto che limitare con regole generali e astratte l'intervento nella singola situazione. Il tipo di intervento non è quello del giudice civile che distribuisce torti e ragioni alle parti, perché, pur nel rispetto del processo, è un ruolo dinamico in cui si tende alla ricostruzione delle relazioni familiari, eventualmente su assetti diversi.
  Ciò che presuppone un atteggiamento completamente differente da quello del giudice civile, con un giudizio anche prognostico, è il coinvolgimento dei servizi e degli avvocati che lavorano, se condividono il progetto, con un ruolo spesso determinante. Flessibilità, dinamicità e dimensione prognostica e progettuale sono le stesse caratteristiche che distinguono il processo penale minorile dal processo penale per gli adulti. La novità del tribunale per i minorenni è proprio l'unione tra il civile e penale.
  Devo dire che mi sorprendo di dover riprendere delle acquisizioni che non sono giustificate nel disegno di legge con ragioni di carattere economico, ma con ragioni di sostanza. L'unificazione è sulle esigenze del minore, perché nel momento in cui il diritto si rivolge al minore, cambia il modo in cui il diritto è chiamato a operare.
  Tutto questo non è una scelta o comunque una decisione neutra, ma trova le sue radici nelle previsioni costituzionali, nell'articolo 31, secondo cui la Repubblica protegge l'infanzia, e nell'articolo 30 secondo cui, nei casi di incapacità dei genitori, è lo Stato che deve provvedere ad assolvere i loro compiti. Non sto qui a richiamare tutte le convenzioni internazionali che seguono il 1970 e che obbligano lo Stato a svolgere questo ruolo.
  Lo ripeto, vengo da questa relazione in cui il Presidente Grasso ha detto giustamente che è uno dei compiti fondamentali dello Stato prendersi cura e tutelare i bambini.
  Quali sono i profili di criticità ? Innanzitutto, purtroppo non li conosce nessuno. Li conoscono i servizi sociali del territorio. C’è un mondo dietro i tribunali per i minorenni: sono i servizi sociali del territorio, sono le realtà del volontariato, sono la parte che si prende cura, compresi gli avvocati che non lavorano prevalentemente ai tribunali della famiglia (AIAF, non c’è la «M»). Io capisco che gli avvocati, abituati ad avere a che fare con le separazioni...
  Lo sforzo è quello di spiegare perché ci possono essere questi equivoci. In un contesto nel quale, purtroppo, il processo civile minorile, cioè il modo in cui attraverso i tribunali per i minorenni procedono, non è un modo regolato dalla legge, mentre invece potrebbe benissimo esserlo, disorienta perché non ci sono regole. In sostanza il tribunale non ha delle regole perché esiste un procedimento camerale che non fissa delle regole precise.
  Allora, il vero problema è quello di fissare queste regole, quindi innanzitutto gli aspetti di carattere processuale.
  Fatta questa permessa, rispetto al disegno di legge, l'associazione ritiene un Pag. 9progetto senz'altro condivisibile ottenere un unico ufficio che si occupi di separazioni e divorzi e di minori, pur essendo consapevole della differenza tra le due giurisdizioni.
  La giurisdizione minorile e familiare, sotto molti aspetti, non è sovrapponibile. La giurisdizione familiare si occupa anche, e molto, di questioni patrimoniali e di controversie tra adulti. Però questa unificazione deve fondamentalmente rispettare tre aspetti, che noi riteniamo prioritari. Il primo aspetto è quello dell'esclusività delle funzioni: non è possibile che i giudici che lavorano in ambito minorile, oltre a lavorare nel civile, nel penale e nella famiglia, si occupino anche di altre questioni. Questo significa sostanzialmente – ahimè – che le sezioni specializzate non è possibile realizzarle, perché i tribunali in Italia, almeno se si pensa di realizzarli in tutti i tribunali d'Italia, sono 139 e di questi 63 sono medio-piccoli, tali che, con tutta la fantasia di questo mondo, non è possibile riuscire a organizzarli in questo modo.
  Il secondo aspetto è la composizione mista dell'ufficio giudicante. Di nuovo, sui giudici onorari, cito la sentenza della Corte costituzionale – facile da ricordare – n. 1 del 2015: la Corte ha dichiarato incostituzionale l'interpretazione di una norma penale secondo cui un giudizio immediato poteva essere celebrato dal singolo giudice togato senza la composizione mista, dicendo che la composizione mista è funzionale all'accertamento della decisione del singolo caso concreto.
  La verità è che la specializzazione in ambito minorile non è la specializzazione che si può pensare come quella del diritto commerciale, quella del diritto del lavoro, in cui c’è un singolo settore del diritto che viene conosciuto in modo approfondito, come se fosse la cardiologia o l'oculistica in medicina. È un approccio diverso con la materia di cui ci si occupa. Nella fase dell'istruzione, è chiaro che, mentre nei processi ordinari l'istruzione ha il compito di accertare qualcosa che si è verificato in passato, nell'ambito minorile è talmente importante e fondamentale che anche sbagliare l'approccio nell'istruzione a volte può essere molto più dannoso rispetto alla situazione.
  Quindi, noi teniamo molto a questa esclusività delle funzioni sia per il giudicante sia per il pubblico ministero. Proprio per questo, l'unica strada che noi riteniamo percorribile è quella di un ufficio giudiziario unico e autonomo, in cui l'articolazione periferica che più rispetta il criterio della prossimità non sia un'articolazione del tribunale di quella zona, di quella città, perché inevitabilmente in questa maniera i giudici che si occupano di quell'articolazione dovranno occuparsi di altre materie. L'articolazione deve fare riferimento alla sede centrale, un po’ nel modello della magistratura di sorveglianza, in cui c’è un magistrato di sorveglianza sul territorio, che però svolge le sue funzioni non soltanto in loco, ma anche nel distretto.
  In questa maniera si può garantire la prossimità e la specializzazione, secondo un modello ampiamente seguito in altri Stati come la Francia e l'Inghilterra.
  Nel nostro documento abbiamo immaginato dei circondari e dei tribunali che potrebbero rispettarlo. Esiste un progetto di legge, l'AC. 2461, che sostanzialmente si ispira a questo modello presentato qui alla Camera. Nel caso in cui non si ritenga di avere l'energia, le forze, le capacità di spesa di adottare un modello del genere, quantomeno salvaguardiamo la specializzazione sul pregiudizio.
  L'idea che c’è nel disegno di legge tutto sommato corrisponde a un rinvio del progetto di unificazione, con lo spostamento opportuno di alcune competenze, prima fra tutte quella sui minori stranieri, in cui i tribunali ordinari non ce la fanno. Sui minori stranieri i giudici tutelari sono infatti impotenti.

  PRESIDENTE. Grazie. Attendiamo anche un vostro documento, presidente, con proposte di miglioramento del testo, come hanno fatto gli altri.
  Passo quindi la parola al Presidente dell'Unione nazionale Camere minorili, Paola Lovati.

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  PAOLA LOVATI, Presidente dell'Unione nazionale camere minorili (UNCM). Grazie, presidente. Mi attengo alla consegna, per cui sarò molto breve, rinviando al documento che abbiamo presentato.
  Debbo però dire che, per quanto riguarda l'impostazione generale del problema, come avvocati minorili siamo della stessa opinione appena espressa dal dottor Micela, in quanto riteniamo che l'accorpamento delle competenze, se ben pianificato, potrebbe consentire un notevole risparmio in termini di spesa, migliore razionalizzazione delle risorse sul territorio, con una conseguente, maggiore efficienza del sistema e un'evidente, positiva ricaduta sulla qualità e tempestività dell'azione giudiziaria.
  Questo perché conosciamo tutti le attuali risorse per i tribunali ordinari e trovo molto significativo che in alcuni piccoli tribunali come quelli di Novara e di Livorno la sezione che tratta di famiglia sia stata accorpata alla sezione che tratta di fallimenti, con un significativo paragone tra le due specializzazioni.
  Prima di entrare nell'analisi del testo della proposta di legge delega, volevo fare un'accorata richiesta al legislatore perché, nonostante le disposizioni processuali della legge n. 149 del 2001, che disponevano la nomina dell'avvocato del minore in tutti i procedimenti minorili e sulla difesa d'ufficio dei genitori nei procedimenti di adottabilità siano entrate in vigore dal 1 luglio 2007, ad oggi non è ancora stata emanata la necessaria normativa sulla difesa d'ufficio nei procedimenti civili minorili.
  Questo ha comportato notevoli problemi interpretativi sia in dottrina che in giurisprudenza, e la presenza sul territorio nazionale di differenti prassi giudiziarie.
  Segnalo che il curatore del minore, oltre che nei procedimenti di adottabilità, deve anche essere nominato nelle azioni di stato (dichiarazione giudiziale della paternità e maternità, impugnazione dei riconoscimenti per difetto di veridicità) e può essere nominato ex articolo 78 in caso di conflittualità genitoriale nei procedimenti separativi fra genitori.
  Chiedo quindi in modo accorato al legislatore di voler considerare nell'ambito della riforma anche questo aspetto, cioè di emettere finalmente, dopo quasi dieci anni, le norme attuative per quanto riguarda queste disposizioni processuali così importanti.
  Fatta questa premessa, entrando nell'analisi del testo della proposta di legge delega, per quanto riguarda l'articolo 1, comma 1, lettera b), segnalo che laddove si parla di sezione specializzate la frase indica «per la famiglia e per la persona». Chiederei di aggiungere anche la dicitura «persone minori», per evitare una visione puramente adultocentrica delle istituende sezioni, perché mi sembra evidente che ci debbano essere tutti i soggetti tutelati.
  Per quanto riguarda la specializzazione, ferme restando le perplessità già espresse dal dottor Micela, è chiaro che tutti gli operatori (giudici togati e non, e avvocati) dovranno essere particolarmente formati anche attraverso una formazione obbligatoria continua e multidisciplinare, seguendo le indicazioni europee più recenti, tra cui le linee guida del Consiglio dei ministri del Consiglio d'Europa del 17 novembre 2010.
  Per quanto riguarda invece il punto 2.4) della lettera b) del comma 1 dell'articolo 1, si condivide la proposta di chiarire la suddivisione delle competenze per materia, di cui all'articolo 38 delle disposizioni di attuazione al codice civile. Siamo quindi favorevoli all'ipotesi che le condotte che possiamo far rientrare nell'articolo 330 siano lasciate alla competenza del tribunale per i minorenni.
  Questa sarebbe anche l'occasione di intervenire sempre sull'articolo 38 per quanto riguarda il nuovo articolo 317 bis, che è stato introdotto dalla riforma ed è dedicato al diritto di visita degli ascendenti ed è stato attribuito alla competenza del tribunale per i minorenni con un'evidente discrasia, perché sarebbe opportuno che tutto ciò che concerne la questione relativa al diritto di visita degli ascendenti facesse capo a un'unica autorità giudiziaria che Pag. 11l'affrontasse. Bisognerebbe quindi che anche questa materia andasse al tribunale ordinario.
  Per quanto riguarda la questione dei minori stranieri non accompagnati e di quelli richiedenti protezione internazionale, siamo assolutamente favorevoli ad attribuirne la competenza al tribunale per i minorenni, e chiederemmo anche noi che, vista l'attuale situazione di drammaticità, si possa operare uno stralcio per consentire l'immediata attuazione di questa disposizione.
  Per quanto riguarda invece il punto 3) della lettera b) del comma 1 dell'articolo 1, anche noi nutriamo perplessità per quanto riguarda la norma quando parla di servizi sociali e di tecnici specializzati nelle materie di competenza, perché non risulta chiara la delega circa il ruolo dei servizi sociali e l'individuazione di questi tecnici specializzati.
  Riteniamo che per quanto riguarda i servizi sociali debbano essere necessariamente soggetti terzi e che pertanto non possono rientrare nella competenza della decisione e per quanto riguarda invece i tecnici specializzati, richiamando il ruolo dei magistrati onorari, suggeriremmo che l'apporto di saperi extragiuridici venga fornito anche in ambito civile dalla magistratura onoraria.
  Riferendomi all'intervento dell'AIAF, rammento che il Consiglio superiore della magistratura, nella delibera del 17 giugno 1998, ha precisato il ruolo del giudici onorari, che non si limitano ad assistere i giudici togati nella decisione, ma forniscono un apporto tecnico analogo a quello di un perito e di un consulente tecnico d'ufficio, quindi entrano a far parte del collegio giudicante con pienezza di poteri, distinguendosi dai giudici togati soltanto per status.
  Il giudice onorario è quindi giudice con pari dignità e deve decidere secondo scienza e coscienza. È chiaro che per quanto riguarda le mansioni da attribuire ai magistrati onorari riteniamo che debbano essere esclusivamente quelle di ascolto del minore o dei genitori e che non vi siano altre deleghe di carattere istruttorio da fornire loro.
  Per quanto riguarda il punto 5) della lettera b) del comma 1 dell'articolo 1, suggeriremmo che venissero attribuite alla competenza monocratica tutte le questioni strettamente ricollegabili alle tematiche patrimoniali e risarcitorie, lasciando invece la competenza collegiale per quanto riguarda le altre materie.
  Ci lascia un po’ perplessi la disposizione del punto 6) della lettera b) del comma 1 dell'articolo 1, laddove, parlando della competenza delle corti di appello, che attribuisce almeno in misura prevalente alla sezione di corte d'appello le impugnazioni avverso la decisione di competenza delle sezioni specializzate e del tribunale per i minorenni, perché, se c’è un giudice specializzato in primo grado, naturalmente dovrebbe esserlo anche il giudice di secondo grado, quindi chiediamo che sia apportata questa modifica.
  Per quanto riguarda invece il comma 2, «Delega per il riassetto sostanziale del Codice di procedura civile», rammentiamo come nella materia di cui stiamo parlando, che non a caso in Europa viene definita «la giurisdizione delle relazioni», debba essere valorizzato ogni intervento di mediazione, ma per l'effettività di tale risultato si debba necessariamente tener conto della volontà dei soggetti parti nel processo.
  In merito al maggior utilizzo dello strumento di cui all'articolo 185 bis, che prevede il maggior utilizzo della proposta di conciliazione del giudice anche in funzione di valutazione prognostica della lite, in questa materia deve tenersi conto della diversità e particolarità della situazione.
  Per quanto riguarda invece il punto 2) della lettera a) del comma 2 dell'articolo 1, siamo assolutamente d'accordo su un modello di semplificazione che richiede di applicare identiche regole sostanziali e procedurali in situazioni simili, senza discriminazione alcuna di status rispetto alle scelte personali di vita.
  La semplificazione richiederà necessariamente lo studio e l'approfondimento Pag. 12della razionalizzazione dei riti relativi a ipotesi diverse, ma che possano appartenere all'esperienza di vita della persona minorenne o maggiorenne, coniugata o non coniugata, cittadina italiana, straniera o apolide in situazione di fragilità psichica e/o fisica.
  Nell'applicazione di identiche regole bisognerà avere l'obiettivo di garantire il pieno contraddittorio in ogni procedimento e una disciplina specifica nella fase di attuazione dei provvedimenti. Siamo anche noi dell'opinione, come espresso prima dal dottor Micela, che anche il rito camerale debba necessariamente essere adeguato rispetto all'articolo 111.
  Rimanendo all'esame di della lettera a) del comma 2, ci lascia un po’ perplessi la previsione di cui al punto 3) sull'immediata provvisorietà esecutiva di tutte le sentenze di primo grado. Facciamo presente che, per quanto riguarda le sentenze relative allo status della persona, l'immediata esecutività che poi potrebbe essere sottoposta a successiva revisione potrebbe determinare incongruenze sul piano della libertà personale delle persone, quindi chiediamo che rispetto a questa previsione si tenga conto di questa osservazione.
  Per quanto riguarda sempre il comma 2, lettera d), condividiamo l'ampliamento dell'utilizzo delle misure di coercizione dirette di cui all'articolo 614 bis, per cui esprimiamo parere favorevole.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola all'avvocato Maria Giovanna Ruo, Presidente nazionale della Camera nazionale avvocati per la famiglia e i minorenni (CAMMINO).

  MARIA GIOVANNA RUO, Presidente nazionale della Camera nazionale avvocati per la famiglia e i minorenni (CAMMINO). Grazie, presidente, dell'opportunità. Si sta disegnando una riforma che vorrebbe essere epocale, cioè la nuova giurisdizione per la persona, le relazioni familiari e i minorenni, nuova giurisdizione che non può non tenere conto delle indicazioni europee e di quello che si sta svolgendo in Italia e in Europa.
  Abbiamo da una parte la sottolineatura della forte autodeterminazione dei soggetti adulti, di cui la negoziazione assistita ci sembra essere espressione grazie anche al ruolo di responsabilità sociale dell'avvocatura, e dall'altra – insieme, non in contrapposizione – la tutela rafforzata dei soggetti vulnerabili, tra i quali le persone di età minori.
  Questo è l'epocale snodo che stiamo vivendo oggi in Europa, e l'Italia non può rimanere a guardare in una querelle, tribunale per i minorenni versus sezioni specializzate, ma dovremmo tentare di fare un salto avanti, un salto di sintesi.
  Nella discussione svolta in questi mesi e in questi anni mi sembra che ci fosse una convergenza su quello che dovrebbe essere l'identikit del nuovo giudice per le relazioni familiari e i soggetti vulnerabili, fermo restando che gli adulti fanno quello che vogliono e lo faranno sempre di più.
  Questo identikit prevedeva un giudice unico, che fosse specializzato nel senso in cui ci indica l'Europa, perché la multidisciplinarietà ci viene indicata dall'Europa, non ce la stiamo inventando noi – nasce delle linee guida del Consiglio d'Europa per la giustizia child-friendly – specialità che quindi pretende l'attribuzione esclusiva delle funzioni, ma pretende anche che nel giudizio ci sia l'apporto di saperi diversi, che individuino l'interesse del soggetto vulnerabile.
  Per i minorenni deve essere the best interest of the child, ma lo stesso vale anche per i soggetti di terza e quarta età, per gli incapaci, perché è sempre l'interesse del soggetto vulnerabile ad essere centrale, e questo interesse non è valutabile solo con l'apporto del sapere giuridico: serve anche altro.
  Non ce la facciamo con questo disegno di legge ad arrivare a un giudice unico, e questo pone una grande tristezza...

  PRESIDENTE. Non è detto, però...

  MARIA GIOVANNA RUO, Presidente nazionale della Camera nazionale avvocati per la famiglia e i minorenni (CAMMINO). Non è detto, perché ci si potrebbe anche Pag. 13arrivare con un po’ di sforzo, senza rimanere abbarbicati a un passato in un senso o nell'altro, ma guardando al futuro, cercando di fare una sintesi, di disegnare un tribunale per la persona e le relazioni familiari che emendi i molti decreti del tribunale ordinario, ma tenga presenti i limiti delle sezioni specializzate, perché questi limiti ci sono e questo disegno di legge ne è espressione.
  Rimandando al documento che abbiamo presentato anche perché cerco di essere sintetica, direi che questo disegno di legge ha tanti problemi e che esiste una discrasia tra la relazione e l'articolato che è veramente incredibile.
  Cominciamo con il dire che l'articolo 38 delle disposizione di attuazione del codice civile nel nuovo testo derivante dalla legge n. 219 del 2002 ha provocato molti problemi. Credo che lo si debba dire nel momento in cui si fa la riforma.

  PRESIDENTE. Lei che ha seguito il precedente iter sa bene di chi sono le responsabilità dei danni...

  MARIA GIOVANNA RUO, Presidente nazionale della Camera nazionale avvocati per la famiglia e i minorenni (CAMMINO). Assolutamente, non mi volto indietro, perché non voglio diventare una statua di sale: fu fatta una scelta. Però di fatto noi ci troviamo oggi a operare con un sacco di problemi che i presenti ben conoscono, e la relazione ne parla.
  Abbiamo una pendenza affievolita e non si sa cosa fare, se il procedimento di separazione e divorzio pende in Cassazione, non sappiamo cosa fare e chi sia competente, se i termini a impugnare sono pendenti, io non ho interesse a impugnare, ma c’è un abuso sul minore, chi è competente ? Qui stiamo parlando di soggetti vulnerabili.
  Di tutti questi problemi, di cui la relazione parla, nell'articolato non c’è niente, tamquam non esset, e questo non è possibile. Anche se (auspico di no) si mantiene questo dualismo giurisdizionale, bisogna fare un'operazione chirurgica di pulizia, e non è (chiedo scusa) spostare l'articolo 330 e l'articolo 333: l'opera di pulizia chirurgica è dare delle regole di competenza.
  Anche nella competenza territoriale siamo nel caos totale, sono riuscita a immaginare situazioni in cui c'erano almeno tre o quattro giudici competenti territorialmente – oltre che funzionalmente – ma di tutto questo non c’è parola nel disegno di legge, mentre invece va previsto, perché altrimenti non si fa una riforma, nemmeno mantenendo questo dualismo giurisdizionale contro il quale mi sento di esprimermi in ragione di due motivi: la tendenza culturale europea giuridica e le raccomandazioni del Comitato ONU della presa in carico olistica della persona di età minore, che non può essere spezzettata se i genitori si separano.
  La prossimità in questo modo viene anche tradita, perché non c’è prossimità, checché ne diciamo, e non c’è nel procedimento.
  Altre discrasie dell'articolato. Il disegno di legge prevede l'attribuzione prevalente delle funzioni solo dei pubblici ministeri e non dei magistrati giudicanti, ma questa mi sembra una follia. I pubblici ministeri nel civile hanno un ruolo piuttosto marginale, oggi potenziato dalla negoziazione assistita, ma in realtà non stiamo pensando alle volte in cui il pubblico ministero dà parere negativo: stiamo pensando ai molti casi di forte conflittualità, e forse avrò letto male ma non c’è l'attribuzione prevalente alla magistratura giudicante.
  Il disegno di legge prevede una delega generica, imprecisa, atecnica e contraddittoria per disciplinare il necessario apporto di altri saperi alle sezioni specializzate, perché da una parte parla di questi aspetti come ausiliari – articolo 1, comma 1, lettera b), numero 3) – dall'altra al numero 5) della lettera b) del comma 1 ne parla come integranti il collegio.
  Chiedo scusa ai colleghi dell'AIAF, ma, se pensiamo che ogni volta che si deve valutare l'interesse del minore serva una consulenza tecnica d'ufficio, i costi per l'utenza che cifra raggiungeranno ? Questo vorrebbe dire non valutarlo mai e oltretutto si va verso una privatizzazione della Pag. 14giustizia che in ambito di tutela dei soggetti vulnerabili è totalmente – a nostro modesto avviso – inammissibile.
  Non solo: se si mantiene il dualismo giurisdizionale, da una parte l'interesse del minore sarà valutato all'interno del collegio (siamo d'accordo che i giudici onorari non devono fare istruttoria, perché questo è uno dei mali della giustizia minorile oggi, non devono fare l'istruttoria perché confondono un setting terapeutico con un processo, per formazione, non per colpa), ma con profili di incostituzionalità avremo le sezioni specializzate nelle quali c’è il pool di esperti e il tribunale per i minorenni nel quale invece è integrato nel collegio sulle stesse materie, a seconda che penda o meno il procedimento di separazione o di divorzio. Mi sembra che questo comporti eclatanti profili di incostituzionalità.
  Non solo: un altro problema del disegno di legge è che pone gli esperti sullo stesso piano dei servizi alla persona, non solo servizi sociali. I servizi alla persona sono molto più globali, si ha non solo l'apporto dei servizi sociali, ma anche delle unità sanitarie locali, dei servizi per le tossicodipendenze, dei manuali diagnostici e statistici dei disturbi mentali (DSM), quindi si deve parlare di servizi alla persona.
  Questo sì che va normato. Questo sì che comporta dei problemi di prova bloccata al di fuori del contraddittorio, del quale soffriamo in maniera incredibile perché, una volta che il servizio sociale ha dichiarato inidoneo un soggetto, non c’è più niente da fare, e questa affermazione è avvenuta al di fuori del contraddittorio. Ma un conto sono i servizi alla persona, altro conto sono gli esperti che devono essere identici a quelli del tribunale per i minorenni se si vuole mantenere il dualismo giurisdizionale, cosa che spero si superi con un tribunale per la persona.
  Anche sul piano processuale ci sembra di aver notato dei problemi seri, tra l'altro tutti riportati in relazione e non affrontati nell'articolato (ci riserviamo poi di pensare a dei suggerimenti emendativi rispetto al testo).
  Abbiamo la pluralità di riti diversamente normati: il rito della separazione del divorzio troppo rigido quando ci sono minorenni; un sistema preclusivo e decadenziale assolutamente inadatto a una materia magmatica, tanto che si prevedono continuamente dei sub procedimenti; rito camerale ex articoli 737 e 336 assolutamente insufficiente per assenza del contraddittorio di diritti di difesa; assenza di rito per i figli di genitori non coniugati (su questo la nostra associazione si batte da anni, ma nel disegno di legge non c’è alcun riferimento); assenza di regole per la valutazione e indagine da parte di servizi; assenza di qualsiasi previsione normativa in tema di esecuzione.
  Noi stiamo subendo tantissime condanne dalla Corte europea dei diritti dell'uomo proprio in materia di esecuzione. Causa Lombardo contro Italia, 29 gennaio 2013, che sancisce che l'Italia debba fornirsi di un arsenale giuridico adeguato. Non si sa chi deve eseguire questi provvedimenti nell'ambito della relazione, quindi è mandato in bianco ai servizi, ma torna indietro, quindi un disastro e quasi tutte le condanne dell'Italia (c’è qualcuna «di nuovo sapore») sono su questo punto, ma dell'esecuzione non c’è traccia e avevamo parlato tutti della necessità di normare l'esecuzione.
  Dunque, ci sono mandati in bianco ai servizi e invece c’è una generica delega solo a normare separazione e divorzio e solo i procedimenti davanti al tribunale ordinario. Ciò non è possibile, perché proprio l'assenza di regole nei procedimenti davanti al tribunale per i minorenni porta a quegli abusi di discrezionalità che sono assolutamente insostenibili parlando di diritti fondamentali, quindi anche in questo ci sembra che la delega debba essere assolutamente rivisitata, volendo mantenere il dualismo. Ammesso e non concesso che si mantenga, la delega va tutta rivista.
  È chiaro che sono stati tenuti presenti solo separazione e divorzio, che sono tipologicamente in estinzione, perché la gente non si sposa più e per di più c’è la negoziazione assistita, quindi resta il contenzioso Pag. 15altamente conflittuale, soprattutto sui figli, quindi quello che tracima verso l'articolo 333. Non possiamo dare a un 333 davanti al tribunale ordinario una normazione diversa rispetto a quello che ha davanti al tribunale per i minorenni a seconda che il giudice di primo grado abbia chiuso o no la sentenza.
  Se si vuole mantenere il dualismo, il mostro a due teste, la delega va comunque rivista, ci riserviamo di inviare dei suggerimenti nei limiti di un'associazione di avvocati, che è presente in tutto il territorio ma che certamente non è un legislatore.
  Minori stranieri non accompagnati: c’è un'emergenza non soltanto di competenza, ma anche di normare il ruolo del tutore. Agli avvocati viene data questa nomina e noi abbiamo delle norme tutte orientate in una prospettiva patrimoniale, per cui fai l'inventario, c’è il protutore se sei in conflitto di interessi, presenti l'inventario e il rendiconto.
  I minori stranieri però hanno tutt'altre esigenze e questi colleghi sono lasciati a loro stessi con una responsabilità sociale enorme, perché spesso dalla capacità del tutore di prendersi cura di questo minore straniero deriva se questo finirà nella criminalità organizzata scomparendo o resterà all'interno dei binari.
  C’è una serie di ulteriori problematiche sulle quali ci riserviamo di mandare un ulteriore documento. Tra l'altro, tra negoziazione assistita e divorzio breve bisognerebbe fare il raccordo perché non c’è. E allora se hai fatto la negoziazione assistita per la separazione, da quando decorre il termine breve per il divorzio ? Bisogna assolutamente emendarlo.
  In conclusione, ribadita l'esigenza prioritaria di non perdere l'occasione storica di spogliarsi delle ideologie e di andare verso una configurazione di un giudice unico per le persone e le relazioni, senza rimanere attaccati al passato nella querelle sezioni specializzate versus tribunale per i minorenni, se si ha da fare questa dualità, almeno cerchiamo di farla in modo che emendi i problemi presenti e non ce ne crei di futuri. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie avvocato. Il presidente Micela ha chiesto di poter integrare il suo intervento.

  FRANCESCO MICELA, Presidente dell'Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e per la famiglia (AIMMF). Non volevo dimenticare di dare un'informazione alla Commissione. Tutti noi siamo convinti che uno dei problemi grossi in ambito di pregiudizio sia quello processuale, laddove ad esempio sull'esecuzione non si dice nulla, come anche su moltissimi aspetti.
  Oggi, in Italia, se si allontana un bambino da una famiglia ci sono alcune Corti d'appello che ritengono ammissibile il reclamo, altre no, perché la legge non dice niente, cosa palesemente assurda, quindi abbiamo lanciato l'idea di un tavolo tra di noi, proprio quelli che voi vedete, e ci siamo già incontrati due volte, manca oggi solo l'Associazione nazionale magistrati...

  PRESIDENTE. È venuta l'altra volta...

  FRANCESCO MICELA, Presidente dell'Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e per la famiglia (AIMMF). E abbiamo avuto due incontri nei quali stiamo non troppo faticosamente, con grande buona volontà, cercando di ipotizzare un articolato normativo che aiuti questo procedimento e chiunque se ne debba occupare in futuro ad essere in qualche modo normato.
  Da quindici o vent'anni lo diciamo tutti, però separatamente, l'idea è che, se lo diciamo insieme, abbia più probabilità di riuscita. Avremo il terzo incontro, che potrebbe essere l'ultimo se riusciamo a raccogliere questo lavoro, il 13 luglio. Se ci date più tempo, meglio ancora !

  PRESIDENTE. No, meno tempo. Lascio la parola all'avvocato Sartori per una breve integrazione.

  ALESSANDRO SARTORI, Presidente dell'Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori (AIAF). Non vogliamo abusare del vostro tempo né in Pag. 16alcun modo polemizzare, anche perché è vicino il bellissimo clima che abbiamo creato in quel tavolo e ci stimiamo tutti, ma mi aveva turbato il riferimento a chi vive nel tribunale per i minorenni, perché noi ci viviamo perché l'AIAF è l'acronimo per Avvocati per la famiglia e per i minori, e ci teniamo molto.
  A parte questo, non ce l'abbiamo con il tribunale per i minorenni e siamo convinti delle sue funzioni, siamo qui solo per dire che il disegno di legge che ci avete presentato non ci va bene, ci andava certamente meglio il disegno della Commissione Berruti, che seguiva un iter logico e ordinamentale più coerente e adeguato.
  Non abbiamo capito perché il Governo, dopo aver recepito il 29 agosto il disegno di legge della Commissione Berruti, cinque mesi dopo lo abbia stravolto, quindi era questo il problema.
  Per quanto riguarda i giudici onorari si parla del costo delle consulenze ma c’è anche quello dei giudici non togati. Ma il disegno di legge Berruti non intendeva abolire il tribunale per i minorenni, c'era solo da dire che il 330 e il 333, che oggi sono frazionati, fossero messi davanti a un unico giudice, perché, come evidenziato, è una follia quella che stiamo vivendo !
  L'attuazione dei diritti degli ascendenti va al tribunale per i minorenni, mentre l'altro dei genitori no, ma la gente non capisce questa scelta soprattutto nelle regioni dove c’è un solo tribunale dei minorenni, questa è la grande non dico vergogna, ma quasi.
  La Corte europea dei diritti dell'uomo ci ha già condannato due volte per decisioni non adeguate da parte del tribunale per i minorenni, noi dovremo fare chissà quanti altri ricorsi, perché abbiamo decine e decine di casi di ritardi pazzeschi e stiamo parlando di diritti di minori.
  Nel nostro documento abbiamo comunque proposto degli emendamenti precisi.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio molto dei contributi scritti già depositati e di quelli che arriveranno. Fermo restando che questo è uno dei nodi irrisolti del disegno di legge, perché è noto a tutti che il disegno di legge su questo punto ha avuto un percorso abbastanza farraginoso, mi rivolgo a lei, presidente Micela, perché ha parlato di questo tavolo, perché sarebbe auspicabile che riusciste ad anticipare.
  Noi dovremmo andare in Aula con questo disegno di legge a fine luglio e per questo siamo oggi in seduta straordinaria. Proprio questa settimana si saprà se il provvedimento sarà calendarizzato a fine luglio. In questo caso chiuderò l'indagine conoscitiva lunedì 6 luglio e fisserò un termine per gli emendamenti per poi iniziare la discussione.
  Il vostro sarebbe quindi un tavolo preziosissimo di costruzione nei confronti del legislatore perché qui (e credo di parlare anche a nome dei relatori) non ci sono preclusioni rispetto a una modifica funzionale e rispettosa delle esigenze dei cittadini, degli utenti e anche delle professionalità degli operatori della giustizia.
  Se quindi uscisse un documento prima dei nostri emendamenti, sarebbe più utile, quindi cercherei di anticipare le riunioni del tavolo, perché sarebbe un percorso che il legislatore è libero di valutare, ma ci sarebbero delle prospettive da considerare con più calma.
  Se infatti il vostro documento ci arriva a emendamenti conclusi – è vero che i relatori possono sempre rimodulare – non si fa in tempo. A un certo punto si vota, se siamo in Aula a fine luglio almeno per la discussione generale, quelli saranno i giorni in cui ci sarà il termine per gli emendamenti.
  Se il 13 luglio chiudete e mandate il documento, è un conto, se invece quella è una seduta interlocutoria, suggerirei di farne un'altra prima. Credo che il contributo di un tavolo così ricco possa essere importante per i relatori e per la Camera.

  ALESSANDRO SARTORI, Presidente dell'Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori (AIAF). Sì, ma i nostri incontri non erano sul disegno di legge...

  FRANCESCO MICELA, Presidente dell'Associazione italiana dei magistrati per i Pag. 17minorenni e per la famiglia (AIMMF). Cioè sul processo, perché sul processo abbiamo potuto costruire il tavolo...

  PRESIDENTE. Vedete voi, le problematiche sono tante, se voi riuscite a chiudere quel documento il 13 luglio, ne terrò conto nel fissare il termine per gli emendamenti, però cercate di tenete presente il termine del legislatore, perché a volte questi documenti arrivano quando siamo già in seconda lettura, mentre andrebbero fatti quando l'iter ha inizio, è lì che c’è il rapporto con il legislatore.
  Se volete mandare anche delle osservazioni, le recepiremo volentieri, perché abbiamo capito l'impostazione, c’è sicuramente la volontà di risolvere alcune inefficienze però senza mortificare le professionalità. Questa è la volontà del Parlamento, il Governo ha fatto un disegno di legge e non un decreto-legge, quindi si è rimesso al Parlamento, che deve trovare la sintesi.
  In ogni caso, a prescindere dal tavolo, inviate possibili miglioramenti del testo alla Commissione, perché verranno sottoposti ai colleghi.
  Darei la parola Paolo Biavati, professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Bologna.

  PAOLO BIAVATI, Professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Bologna. Grazie, presidente, per questo invito e per questa possibilità di confrontarci con la Commissione che sta operando sul disegno di legge delega. Devo scusarmi con lei e con i relatori perché la mia sarà una posizione molto critica rispetto a quanto elaborato fino a questo momento.
  Parto da una considerazione di fondo: noi vogliamo tutti un processo civile più veloce e una giustizia civile più efficiente, siamo dei medici al capezzale di un malato grave, ma dobbiamo fare bene la diagnosi perché altrimenti sbagliamo anche la terapia o perlomeno rischiamo di fare una terapia inutile, di curare con l'aspirina un malato terminale o almeno molto grave (non diciamo terminale, diamo un po’ di speranza).
  È pacifico, nel senso che l'opinione è assolutamente condivisa, che le ragioni della crisi della giustizia civile sono di tipo strutturale, di tipo organizzativo, di metodi di lavoro, legate al modo di essere dell'amministrazione della giustizia e in misura molto ridotta collegate alle disposizioni processuali. Noi, presidente, potremmo prendere la Zivilprozessordnung (ZPO) tedesca, la traduciamo in italiano, cominciamo ad applicarla e ci troviamo nella situazione di prima perché voi siete politici e avete il senso di quella che è la domanda sociale degli operatori, che certo chiedono giustizia veloce, ma non chiedono direttamente di cambiare queste norme impossibili.
  In questo senso ci sono state tante prese di posizione, vi lascerò anche il testo della lettera che il professor Federico Carpi, Presidente dell'Associazione italiana fra gli studiosi del processo civile su delega del nostro consiglio direttivo, aveva inviato tempo fa (l'ho riportata per completezza oltre a due note che manderò domani in posta elettronica, ma volevo prima esporre a voi).
  In questo senso la mia valutazione sul disegno di legge delega opera su due piani. Il disegno di legge delega contiene tanti interventi, alcuni dei quali si muovono sul piano che ho definito strutturale, organizzativo e metodologico, e questi mi vanno bene tutti, al di là della scrittura delle norme, perché li trovo concettualmente coerenti con la terapia adeguata, quindi ciò che riguarda l'ampliamento delle competenze del tribunale delle imprese. Ho ascoltato prima con molto interesse il problema delle sezioni per la famiglia.
  Si può discutere, ma certamente l'idea di andare verso una maggiore specializzazione non può che essere condivisa, si tratta di vedere come si realizza, ma l'obiettivo è certamente condivisibile ed è molto interessante che il Parlamento si muova in questo senso.
  Idem dicasi per quanto riguarda il problema, accennato nel disegno di legge delega, del coordinamento fra le norme di codice e le disposizioni di attuazione del processo telematico. Questo esecutivo Pag. 18come anche gli esecutivi precedenti, questo Parlamento come anche i Parlamenti precedenti, hanno operato positivamente su tanti aspetti organizzativi, dalla geografia giudiziaria al processo telematico, all'ufficio per il processo, però sono tutte cose che ci sono ma vanno completate e implementate, c’è da lavorarci tanto, quindi sono aspetti ben avviati che richiedono ancora lavoro, quindi è opportuno procedere su questi.
  Il coordinamento ad esempio fra le norme del codice pensate per un modello cartaceo (analogico) rispetto alle disposizioni telematiche è utilissimo, non è un surplus, ma è fondamentale. Mi è capitato per ragioni professionali di avere il problema di depositare telematicamente una istanza di querela di falso che deve essere firmata in base al codice direttamente dalla parte e allora ho chiesto l'autorizzazione al giudice di poterla depositare in cartaceo, quindi sono tutti problemi che vanno risolti.
  Bene anche la disposizione sul riassetto del lavoro della Cassazione, bene anche quella sulla sinteticità degli atti processuali, gli avvocati brontoleranno, faccio l'avvocato anch'io, quindi brontoleremo, ma bisogna andare avanti perché, se riuscissimo a far sì che un magistrato anziché 100 pagine ne leggesse 50, avremmo già raddoppiato i tempi di produzione delle sentenze, quindi ci sono molte buone cose in questo disegno di legge e io le condivido.
  Le perplessità si aprono dove il disegno di legge interviene sul codice di procedura civile, perlomeno sulle sue connotazioni di tipo strutturale. La mia convinzione è che questo intervento abbia tre caratteristiche negative.
  Il primo è che è inutile. Cioè, se è vero che il male sta essenzialmente nelle questioni organizzative, cambiare le norme nella migliore delle ipotesi ci dà un saldo attivo pari a zero, cioè torniamo al punto di prima, norme diverse ma ugualmente mal gestite da una macchina che non funziona.
  Durante la Commissione Vaccarelli in cui ero stato inserito mi permisi di fare un banale paragone: se la macchina non va perché è messa male e la strada è dissestata e piena di buche, non cambio la macchina prima di aver asfaltato la strada perché la macchina nuova si romperà di nuovo nelle buche della strada che continuano a esserci. Anche se costa di più, anche se le riforme vere non sono mai a costo zero (forse a costo zero economico, mai politico) è necessario intervenire su questo.
  In secondo luogo, ci sono quelli che Claudio Consolo ha chiamato in un'occasione «costi transazionali»: laddove ogni normativa nuova ci obbliga a studiarla, ad abituarsi, si commettono errori, ci sono dei costi. Benissimo se questo è in vista di un cambiamento importante, non se questo viene fatto al fine di un cambiamento che mi porta un risultato pari a zero, cioè non giustifica il costo transazionale.
  Non ho tempo di essere analitico su questo perché vi porterei via decisamente troppo tempo, ma molte di queste modifiche mi appaiono sbagliate. Ragiono non solo sul testo del disegno di legge di delega, conosciamo non solo la relazione, ma anche testi ufficiosi, quindi ho l'impressione che una volta approvata la legge rapidamente si sarebbe pronti.

  PRESIDENTE. Se questa è la delega...

  PAOLO BIAVATI, Professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Bologna. Esattamente, in questo senso. Mettendo insieme sia ciò che è scritto nella delega, sia ciò che è scritto nel disegno di legge ci sono molte debolezze.
  Mi scuso con i relatori, massima stima nei confronti sia della Commissione Berruti sia dei relatori, ma la cosa peggiore del disegno di legge è la relazione...

  PRESIDENTE. La fa sempre il Governo...

  PAOLO BIAVATI, Professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Bologna. Sì, è la relazione, quella che era sul sito del Governo dal 1o luglio dell'anno scorso.Pag. 19
  Si dice a un certo punto che un processo etico suppone che si preveda già l'esito della decisione, quindi si nega la cosa fondamentale del processo, salvo i casi di abuso, che è l'incertezza, laddove noi abbiamo il principio del contraddittorio in Costituzione, presidente, non per un gusto, ma perché c’è incertezza, ed è l'incertezza che porta con sé il contraddittorio.
  Negare l'incertezza significa negare il ruolo del processo, il ruolo degli avvocati e il ruolo del giudice. È chiaro che questo tipo di impostazione non può andare.
  L'articolo 185-bis formula obbligatoriamente una prognosi. Posso capire che in diritto si possa immaginare una soluzione, ma oggi ci sono gli strumenti per andare veloci, abbiamo l'articolo 183-bis, passo al sommario se la questione non richiede indagini di fatto, c’è una norma esistente vado in decisione, e immaginare l'ipotesi obbligatoria (finché è facoltativa ci stiamo come nella norma attuale) con gli effetti che ha, senza conoscere i fatti, evidentemente mi sembra una notevole forzatura.
  Idem dicasi per la gestione della fase introduttiva del processo. L'idea è quella di allontanare la prima udienza, di anticipare le memorie e arrivare in prima udienza. Questo mi fa ricordare l'antico e non rimpianto processo societario.
  È importante che ci sia un momento di passaggio in cui tutto va in mano al giudice, il quale può decidere che la cosa è semplice e passa al sommario. Potremmo immaginare (credo che alcuni colleghi possano proporlo) di rendere flessibili i termini delle memorie, cioè che non siano necessariamente quelli, ma vengano stabiliti di volta in volta, elementi di flessibilità che renderebbero positiva la cosa.
  Eliminare questo passaggio significa portare a valle, con più tempo alle spalle, una serie di situazioni che invece andavano risolte prima. Una questione di giurisdizione per esempio rilevante suppone per le parti dover comunque dedurre i mezzi di prova, svolgere un'attività che poi può risultare inutile.
  Alla fine, signori, si dice che si perdono ottanta giorni, ma mi permetto di dire che in quegli ottanta giorni è vero che quella causa è ferma, ma il giudice non è fermo, perché sta facendo altre cause.
  Bisogna pensare al fatto che non esiste nel processo civile una causa – Robinson Crusoe nell'isola deserta con il selvaggio Venerdì che sono in due e hanno solo quello da fare – e quindi gli ottanta giorni sono tanti, ma in quegli ottanta giorni il giudice non è inoperoso, sta lavorando, tanto che quando fissa l'udienza successiva non la fissa l'ottantunesimo giorno, ma magari dopo mesi, il che significa che non è questo il punto.
  Certo, molti di noi si sono lamentati dell'introduzione degli articoli 348-bis e 348-ter, però l'esperienza delle Corti d'appello lo ha gestito in maniera molto seria, a Milano c’è una percentuale del 6 per cento di inammissibilità, quindi non ha spostato le cose, ma certamente è qualcosa che è stato realizzato.
  Possiamo di nuovo tornare indietro ? Forse sì, ma io vorrei dire al Parlamento che non possiamo essere una specie di area di materie in cui si fanno gli esperimenti, il quesito di diritto dentro e il quesito fuori, come è stato il processo societario dentro e il processo societario fuori. Fatta una scelta, lasciamola per un po’ e poi si vedrà, bisogna capire se abbia possibilità di incidere.
  Mi spaventa non tanto l'ipotesi che l'appello possa essere fatto su alcune tipologie di motivi, perché di fatto in qualche modo è già così, ma che ci siano limiti alle deduzioni in diritto. Se l'avvocato in primo grado non si è accorto che la norma decisiva era un'altra e cambio avvocato, che mi dice di andare in appello perché esiste questa norma che lui non ha visto, devo rischiare di perdere la causa con ingiustizia sostanziale solo per questo motivo ? Sinceramente mi sembra una situazione inaccettabile.
  Il mio suggerimento, che mi rendo conto sia politicamente improbabile, ma comunque lo esprimo perché avete avuto la cortesia di invitarmi e io vi dico quello che penso, è quello di uno stralcio: andate Pag. 20avanti con le cose organizzative, stralciate le altre, poi si ragionerà sul disegno di legge, andate avanti con quello che ha un consenso generale senza toccare un altro tipo di situazioni, sulle quali le critiche sono molto serie.
  Si possono pensare tante soluzioni per rifare il processo civile, e non sono né un conservatore, né un difensore di questo testo del codice. A me piacerebbe tanto un processo su un rito unico, valvole di flessibilità come nei Paesi anglosassoni, come nelle Corti europee, e si potrebbe fare, ma è un altro discorso: noi siamo chiamati a parlare del disegno di legge e su questo il mio suggerimento è: andiamo avanti con le tante cose buone e utili che ci sono, lasciamo stare quelle che ci possono dare delle criticità. Grazie per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie, professore. Lascio la parola all'onorevole Vazio, che è uno dei relatori.

  FRANCO VAZIO. Rispetto ai temi che sono stati enucleati esistono criticità che tutti conosciamo: una giustizia civile che non funziona o comunque con tempi lunghi.
  Anziché concentrarci sul tema della delega ampia che deve essere riscritta, che mi pare tutti facciano emergere, se ci sono problemi organizzativi o criticità di altra natura, su quali temi ci si dovrebbe concentrare e intervenire efficacemente ? Credo che sia poco probabile che si possa procedere a stralciare una parte della delega.
  La seconda questione che volevo porre riguarda il tema della prognosi. È irragionevole pensare a una prognosi sui princìpi di diritto e non sulla causa in questione, una prognosi che tenga conto dei temi che devono essere provati per poter ottenere un risultato positivo nella causa, anziché una prognosi concentrata su chi vince e chi perde, su un fascicolo che oggettivamente potrebbe essere tutto da vedere e/o da provare ?
  Potrebbe non essere irragionevole in un'ottica conciliativa indicare per esempio in una causa di rivendicazione della proprietà il principio di diritto che si ritiene applicabile e nel contempo segnalare i temi di prova e gli elementi da provare.

  PRESIDENTE. Saluto nel frattempo il professor Claudio Consolo e do la parola a Fabio Santangeli, professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Catania. Il professore è accompagnato dall'avvocato Cettina Di Salvo.

  FABIO SANTANGELI, professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Catania. Vi ringrazio per l'invito a questa audizione.
  Ho sentito prima l'apertura da parte sua, presidente, a rivedere alcuni punti. Avete detto con chiarezza che questo sarà un disegno di legge parlamentare e come tale i relatori, secondo la forza che vorranno avere, se si convincono e se ce la fanno, avranno la possibilità di fare alcune modifiche. Questo, francamente, mi apre alla speranza.
  Vorrei fare soltanto una breve premessa iniziale a cui credo. Penso che ci siano dei miglioramenti evidenti nel processo civile, negli ultimi periodi. L'ufficio del giudice verrà implementato e la magistratura ordinaria – e questo è molto importante – ha un disegno di legge interessante che è in dirittura d'arrivo. Inoltre, lo smaltimento dell'arretrato con i nuovi 400 giudici nelle Corti d'appello lo vedremo tra poco. Nel frattempo, alcune cose, come il processo telematico, sono in vigore e stanno dando dei risultati.
  Vorrei aggiungere un'altra cosa che mi sembra importantissima. Per me è un dato negativo, per come lo leggo, ma è oggettivo: da un anno e mezzo, abbiamo un calo nettissimo delle sopravvenienze. Penso che questo – per me è facile, vengo dal Sud – discenda soprattutto da una crisi che ho la sensazione sia poco percepita, e questo crea una situazione difficilissima. Peraltro, ci sono stati aumenti dei contributi unificati che rendono oggi il processo una giustizia per una borghesia medio-alta. È un elemento su cui dovremmo interrogarci.
  Detto ciò, penso che questo disegno di legge – non questo, ma quello che potrebbe Pag. 21essere, e voi dovreste avere l'entusiasmo e l'ambizione vera di farlo – possa essere oggi risolutivo. Sono realmente convinto che, intervenendo anche in via organizzativa, quando serve, quindi con il coraggio di avere delle proposte di delega che possono essere esitate immediatamente o con i tempi di mediazione politica più ampia, voi dovete avere la forza di dire che adotterete il disegno di legge delega con la serenità di chi è convinto che con esso si risolveranno i problemi quantomeno del primo e secondo grado (della Cassazione sarà più difficile). Sono convinto che ciò sia assolutamente possibile.
  Mi dispiace dover dire, con la stima assoluta e personale che nutro per il presidente Berruti, che secondo me questo disegno di legge delega dovete avere la forza di cambiarlo. Condivido quello che ha detto il relatore prima. Non si tratta qui di criticare quello che c’è, ma di dire con forza che serve cambiare alcuni elementi ma soprattutto aggiungerne tanti.
  Durante la prima interessantissima audizione in materia di famiglia, quello che più mi ha colpito è stato il senso della preoccupazione di un avvocato entusiasta per l'occasione persa. Dopo questa, non penso ne avremo altre in questa legislazione. Siamo qui e oggi abbiamo la possibilità di cambiare, non in via polemica ma individuando una serie di elementi che possono essere appunto oggetto di cambiamento.
  Da questo punto di vista, vorrei darvi alcune indicazioni sintetiche rimandando a un testo in cui ci saranno una serie di princìpi corredati dagli eventuali articolati che, secondo me, potrebbero risolvere – è presuntuoso dirlo, ma ne sono fondamentalmente convinto – o quantomeno contribuire a risolvere i problemi attuali dell'arretrato. Certo, le soluzioni devono avere dei profili di coraggio e forse anche di costo. Come ha detto il professor Biavati ci sono dei costi politici anche quando non ci sono costi economici.
  Una riflessione sulle sezioni famiglia nasce dal fatto di essere professore in una città di prossimità del migrante. Valuto con molto favore la distribuzione delle competenze che passa dal tribunale distrettuale ai vari tribunali. Dato che lei, presidente, conosce questa situazione, mi permetto, nei limiti di quello che si potrà, di ipotizzare in questa sede uno stralcio o un decreto-legge o, se del caso, una normativa transitoria sui processi in corso, perché i tribunali stanno scoppiando e non si riesce a dare una giustizia.
  Inoltre, l'avvocatura non va alle udienze, ma vanno le Commissioni. Quindi, spalmare sul territorio più vicino le Commissioni è un elemento che va perseguito – e sono contento che questo disegno di legge lo menzioni – prima possibile, perché oggi le situazioni di ingiustizia e di disagio quotidiano sono veramente drammatiche.
  Per quella che è l'esperienza concreta della mia realtà, se io potessi suggerire una possibilità di accelerare tale elemento, che è un segmento minimo della riforma, lo faccio volentieri. Credo che questo disegno debba avere un'ambizione maggiore, debba essere ambizioso. Da questo punto di vista, dico soltanto che, una volta che si fa, si faccia una modifica processuale, ancorché limitata. Parlo sempre di migranti e immigrazione, perché sulla famiglia si è detto tanto.
  Noi abbiamo alcuni processi che sono trattati davanti al tribunale e ne abbiamo altri, soprattutto in materia comunitaria, che sono trattati davanti al giudice di pace. Abbiamo dei riti diversi. Cominciamo da qui. Abbiamo costruito il «tribunale per i migranti». Ebbene, facendo una cosa estremamente semplice, mettiamo tutto insieme. Non diciamoci più che dobbiamo semplificare i riti, ma semplifichiamoli che facciamo prima. Tra l'altro, si tratta di controversie che vanno trattate con rito camerale, unico rito possibile perché non ha preclusioni, e spesso non ci sono gli avvocati. È l'unico rito che si può adottare, adottiamolo per tutti e in maniera semplice, facendo in modo che chi lo applicherà – normalmente giudici onorari eccetera – possa adeguarlo, come il rito camerale consente, alla situazione. In effetti, sono piccole cose, ma realmente Pag. 22darebbero il senso anche politico di un'attenzione a un problema così importante e risulterebbero positive.
  Per quanto riguarda il tribunale delle imprese, il tempo è tiranno e mi costringe a dire poco, ma vorrei farvi notare come ci sia, anche qui, la mancanza di ambizione di questo testo, che voi dovete cambiare e correggere. Si aumentano le competenze: non abbiamo il tempo di valutarle una per una, e sarei curioso di capire che attinenza hanno gli appalti, ma non ha importanza. Sono materie opinabili, come l'ampliamento delle competenze, che può avere un senso o non averlo; secondo me, siamo sul crinale della despecializzazione, però sono valutazioni su cui non intendo entrare.
  Qui si inserisce la materia delle società di persone. Va benissimo, ma non dimentichiamoci di fare una cosa minima, cioè cambiamo le regole sul contributo unificato perché non è pensabile far pagare a una società di persone i costi che attualmente devono essere sopportati da una società per azioni. Oppure facciamo una cosa più semplice – parlo sempre dal punto di vista di una realtà sconfortata – cioè abroghiamo il contenzioso societario per la società di persone perché nessuno sarà in condizione di permetterselo. Sono piccole cose, ma sono segnali di attenzione che sono convinto voi vorrete dare, anche perché uno dei due relatori è delle mie zone, quindi conosce la situazione.
  Innanzitutto, ci sono toni encomiastici che è meglio evitare: «il tribunale delle imprese sta funzionando positivamente». Ma dove ? Il tribunale delle imprese sta funzionando come tutti gli altri tribunali di questo Paese, in qualche zona bene, in altre così così e in altre ancora in maniera devastante. In realtà, il tribunale delle imprese ha un problema.
  La legge delega prevede che se ne mantenga invariato il numero. Senza falsa retorica, immaginate di dover sistemare degli ospedali sul territorio. Vediamo qual è la statistica. Vediamo, anche con queste nuove attribuzioni, quante sono le cause che vanno al tribunale delle imprese e poi lavoriamo. Io vengo da Catania e se, per avere un giudice specializzato davvero, devo andare a Napoli, ci vado. Ci saranno delle contestazioni e delle polemiche, ma non voglio la giustizia di prossimità su materie di tale importanza. Voglio una giustizia specializzata. Non è vero che il tribunale delle imprese funziona, o meglio non funziona in tutte quelle realtà in cui sostanzialmente non c’è un tribunale delle imprese, ma 21 in tutta Italia, in tutte quelle realtà in cui sostanzialmente non fanno tribunale delle imprese, ma fanno fallimento, fanno bancario e tra un po’ faranno anche il matrimoniale.
  Ci crediamo ? Allora siamo davvero ambiziosi e facciamo un decreto legislativo immediato sul processo (sui processi è facile) e poi su questo, che è il punto centrale, magari consentiamo un decreto delegato a farlo successivamente, in maniera estremamente semplice. Noi abbiamo fatto un grande passo avanti – ne parlerà forse il professor Fabiani – laddove la relazione di Barbuto ci consente di guardare realmente allo stato del processo in Italia oggi.
  Si tratta di una situazione che non può avere una diagnosi unica, perché ci sono zone in cui il processo funziona, zone in cui funziona così così e zone in cui non funziona. Ciò fa pensare che non è vero che il processo attuale di per sé non funzioni perché, se funziona a Torino o a Marsala, allora non è un problema di rito. Detto questo, secondo me, non è vero che il rito è ininfluente, tant’è che un rito cattivo può fare danno. Lo dico con assoluto rispetto per la relazione illustrativa, poiché non conosco le bozze. Non posso lavorare sul progetto di legge di delega perché non dice nulla e, a mio avviso, è incostituzionale per genericità, ma voi avrete tempo di modificarlo.
  Se ragioniamo sulla relazione illustrativa, questa è la dimostrazione che non è vero che le regole processuali sono ininfluenti. Le regole processuali possono, invece, fare molto danno e queste regole – dobbiamo avere la forza di dircelo – secondo me sono estremamente dannose.
  Vorrei anzitutto premettere che, quando si modifica un processo, sarebbe Pag. 23opportuno conoscere quello che è. La relazione illustrativa dà una lettura dell'attuale processo che è falsa o, rectius, imprecisa. Si parla di un processo rigido in cui c’è una prima udienza e poi ci sono trenta, più trenta, poi venti eccetera. Ma non è vero, perché voi avete esitato, mi pare con la legge n. 162 del 2014, una modifica, l'articolo 183 bis, che consente al giudice in prima udienza di decidere se andare avanti con il processo ordinario o se fare il sommario.

  PRESIDENTE. Il decreto del fare.

  FABIO SANTANGELI, Professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Catania. Di fatto, oggi, in prima udienza il giudice si trova a scegliere se chiudere il processo in quindici giorni o meno, e l'avvocato che non è d'accordo può chiedere quindici giorni di tempo per le prove. Parliamo di un processo che attualmente è diventato molto elastico (non è più un processo rigido) e deve esserlo ancora più. Dobbiamo dare questi termini in un range, non più trenta, più trenta, più venti, ma, a seconda dei casi, da dieci a trenta, lasciando un margine al giudice.
  Cambieremo l'articolo 183 bis, che non funziona perché è poco conosciuto, ma anche perché è entrato in vigore da pochissimo e fa riferimento al processo sommario che è una sciagura. Il processo sommario è fallito. È l'unico punto su cui non condivido l'opinione del professore Biavati. Quando le cose vanno male è inutile insistere, è meglio che vadano via.
  Il problema è che, ragionando come un giudice, se dovessi passare al sommario mi metterei le mani nei capelli. Che cos’è il sommario ? Abbiamo Corti d'appello, ad esempio quella di Roma, dove se c’è un rigetto si può ripresentare il processo, quindi non si sa bene che tipo di istruttoria si possa fare.
  Il processo sommario è un processo che apre tanti dubbi e ne risolve pochi, ma se voi cambiate l'articolo 183-bis, rendendo invece al giudice la possibilità di un procedimento informale, abbiamo risolto i problemi. La soluzione offerta – nella mia lettura – dal processo Berruti è rigida, lunghissima e, secondo me, prende i peggiori aspetti del societario. L'errore più clamoroso è quello di pensare che il processo è fatto da un attore e da un convenuto, mentre il processo è fatto da un attore, all'inizio, e tanti convenuti. La spia di questo è nella relazione introduttiva, dove si dedica una pagina a spiegare quanto sono stupidi quelli della Commissione Vaccarella e quelli che hanno fatto il processo attuale e dicono che il primo termine dell'articolo 183 bis si dà all'attore e al convenuto, mentre lo si dovrebbe dare solo all'attore, o ancora che il convenuto ha fatto la comparsa e non dovrebbe avere questo termine. Transeat che non cambia niente, perché il termine lo lasciano lo stesso, ma questo termine serve al convenuto che ha chiamato un'assicurazione che magari potrebbe dire che non paga.
  Non avere il senso di tale situazione significa stare nell'iperuranio e poi diventa difficile pretendere – e lo dico per voi – di migliorare un processo simile. Non si può fare, anche perché una delega di questo tipo, sebbene non conosciamo gli articolati, sappiamo che sarebbe costruita in tal senso. Le norme vanno, dunque, cambiate in maniera radicale, anche perché non è così difficile farlo. Si cambiano attribuendo a questo tipo di processo maggiore elasticità e soprattutto modificando le altre norme del processo. Si può fare con dei princìpi direttivi semplici, che mi riservo di dare.
  Bisogna cambiare la norma sull'intervento, specificando che il giudice, richiesto dal convenuto di chiamare un terzo, deve poter valutare e rigettare la domanda, se manifestamente inammissibile. Si cambia la norma sulla sospensione, specificando che il giudice della causa, verificata una sentenza di primo grado sulla sospensione, ha il potere di valutare se proseguire oppure se attendere il giudicato. Questi sono gli elementi che cambiano sulla durata ragionevole e che devono adeguare il processo a un sentimento nuovo.
  Si cambia anche sull'istruttoria. Come si può pensare di fare un processo rapido Pag. 24e non cambiare nulla sull'istruttoria ? Quantomeno si ripensi culturalmente alla testimonianza prima del processo, che è stata eliminata di gran corsa. Pensiamoci seriamente, scriviamola in maniera concreta. La testimonianza prima del processo è una testimonianza nell'immediatezza del fatto. Cosa convince di più, una testimonianza fatta un mese dopo, in uno studio legale, o quella fatta davanti a un giudice dopo un anno e mezzo ? A me convince di più la prima, ma è una posizione personale.
  Scriviamo le norme almeno utilizzando le conoscenze che ci danno gli altri processi. Noi le abbiamo, abbiamo le indagini difensive. Sappiamo come deve essere escusso un teste e come deve essere registrata la sua testimonianza, quindi non dobbiamo neanche inventare così tanto. Se riteniamo che sia indispensabile – per me potrebbe esserlo – aggiungiamo ancora la possibilità, che rimane per il giudice che ritenga di voler risentire il teste, di sentirlo nonostante la produzione della testimonianza scritta.
  Cambiamo le norme sulla giurisdizione. Per inciso, ci sono due possibilità: cambiare il codice di procedura civile, come secondo me dovremmo fare, ma richiede tempi che voi non avete, oppure modificare quello attuale, seguendo però maggiormente la cultura di questo momento, senza cambiamenti clamorosi. Nel 2009 si è fatto un nuovo codice, il codice del processo amministrativo, quindi non sarebbe un evento così particolare. Sulla giurisdizione si è detto che il decreto legislativo rimaneva facultato a modificare le regole sulla giurisdizione, modificando anche quelle del processo civile.
  Facciamo un restyling. Sono passati cinque anni, andiamo a vedere quali sono le maggiori criticità. È chiaro che io, come molti, vorremmo un giudice unico, ma facciamo quello che si può allo stato attuale. Certo, c’è una parte fisiologica. C’è una lotta di poteri ed è normale che sia così, perché è una naturale situazione a cui ogni organismo tende. Si può andare contro la retorica, ma non contro la fisica. Però migliorare oggi tale elemento non è così complesso. In quel caso avremmo un calo di sentenze sul processo, come noi tutti vogliamo, e di regolamenti di giurisdizione. Fatelo, però ! Non è così difficile.
  Peraltro, la delega che è stata ammessa e non contestata sul processo amministrativo era veramente ampia. Sarei curioso di capire perché una delega nel 2015 non dovrebbe valere allo stesso modo di una delega ammessa dalla Corte costituzionale nel 2009.
  La competenza è un elemento fondamentale. Quando ho cominciato – ed ero bambino – se c'erano problemi al tribunale si aumentavano le competenze dei giudici conciliatori. Potremmo pensare a una soluzione ugualmente semplice, soprattutto considerando che è alle porte una modifica seria, lo speriamo, dei giudici onorari. Superiamo le resistenze degli avvocati e ampliamo parzialmente le ipotesi di competenza del giudice. Non sono piccole cose, sono quelle che possono risolvere veramente la situazione. Aumentiamo di una percentuale, di un 10 per cento, facciamolo statisticamente.
  Il legislatore dia un range entro il quale si può pensare a un allargamento e questo avrà effetti benefici non tanto sul tribunale ma sulla Corte d'appello. Il vero problema sono le Corti d'appello. Se riduciamo del 10 per cento le pendenze del tribunale in entrata, riduciamo automaticamente, mutatis mutandis, del 10 per cento le pendenze delle Corti d'appello e ottengo un risultato veramente molto utile in questo momento.
  Ci sono altre cose semplici, che vi indicherò, che si possono fare facilmente perché sono immediatamente comprensibili dalla nostra realtà, poiché sono cose che noi avvocati conosciamo e che possono dare dei profondi miglioramenti. Per esempio, potremmo modificare l'articolo 281 sexies e renderlo ammissibile anche per i tribunali collegiali. Può non piacere, ma lo abbiamo ammesso per le Corti d'appello, quindi non possiamo non ammetterlo per i tribunali di primo grado.
  Si tratta di tante cose singole che, secondo me, messe insieme davvero potrebbero risolvere i problemi, naturalmente Pag. 25insieme ad alcune modifiche strutturali che, mi rendo conto, sono più difficili.
  Prima di dedicarmi a un ultimo aspetto, vorrei anticipare che farò delle richieste di modifica anche su altri elementi, come i procedimenti esecutivi e il procedimento cautelare. Una volta che ci siete, fatelo !
  Ci sono elementi culturali che devono essere superati. Dal mio punto di vista, è fondamentale superare la sperequazione tra il cittadino quando è davanti al giudice civile o amministrativo per la pubblica amministrazione. Non è difficile, basta cambiare le norme. Basta cambiare l'articolo del codice sul processo amministrativo e consentire l'immediata esecutività o meglio l'ottemperanza, anche sulle sentenze di primo grado civile. Non credo che la modifica sia complessa; sarebbe una decisione politica di cui tutti vi saranno grati, che darà anche maggiore dignità al giudice. Dovremmo specificare che il giudice civile può nominare un commissario ad acta.
  Non sono cose dell'altro mondo, ma cose su cui probabilmente troveremo anche un consenso generalizzato. Qualcuno potrebbe dire che sono cose superflue, nel senso che ci si può arrivare anche in via ermeneutica, ma se non ci si arriva arrivateci voi. Eliminate questa perniciosa questione – rispondo al relatore – del tentativo obbligatorio di conciliazione in prima udienza.
  Questa riforma porta a una prima udienza dopo un anno, un anno e mezzo (più un anno e mezzo che un anno). Nell'ipotesi in cui ci sia un errore anche minimo, chiude il processo per due anni, una cosa mai vista. Dopodiché c’è un tentativo obbligatorio di conciliazione non motivato (non lo sappiamo, ma potrebbe essere scritto negli articolati). Fate una scelta: vogliamo un processo che, possibilmente in primo grado, dia una decisione motivata o vogliamo un provvedimento che in prima udienza dia una proposta conciliativa non motivata ?
  Sfuggo dalla retorica, ma se avessi un giudice come Berruti, a me starebbe pure bene una proposta non motivata, anzi mi basterebbe una soluzione e l'accetterei. Tuttavia, davvero vogliamo che un giudice onorario aggregato (GOA) sia obbligato a dare una proposta conciliativa prima delle istruttorie, e deve farlo per forza ? Vogliamo veramente che un giovane giudice, che ha preso le funzioni da poco, sia obbligato a dare una proposta conciliativa e a fare una valutazione prognostica ? Vogliamo che tanti colleghi bravi, ma che magari hanno bisogno di studiare diversamente la questione, siano obbligati a decidere immediatamente, in questo modo ?
  La motivazione non è uno scudo, ma è uno scudo per il giudice. Oggi i magistrati possono dire – l'ho detto al professore Biavati – di aver studiato e valutato la vicenda e di aver preso una decisione. Il cittadino, a sua volta, potrà giudicare scarse le capacità del magistrato, ma non un altro.
  Volete veramente cambiare e, in una realtà come quella italiana, con la percezione attuale, offrire soluzioni senza neanche spiegarle ? Vi rendete conto di quello che si dirà ? Questo, secondo me, significa vivere nell'iperuranio e non comprendere che questo amplierebbe una conflittualità, peraltro, ripeto, a danno del giudice, e non delle parti, perché il giudice sarebbe sovraesposto. Perché vogliamo sovraesporre un funzionario che studia e lavora, che deve essere anche protetto, protetto dal suo sapere ma anche dall'espressione esterna del suo sapere ?
  Superiamo questa idea e superiamo alcuni passaggi intollerabili dell'appello. Vogliamo cambiare l'appello ? Ci sono tante possibilità. Innanzitutto, ventisei Corti d'appello sono troppe. Può essere complesso ridurle, perché c’è il problema penale, ma vanno contemperate.
  Facultate, allora, un decreto legislativo che non potrà essere immediato, magari per l'appello qualcosa andrà in vigore prima e qualcosa dopo, ma siate ambiziosi, dicendo di voler uscire con una possibilità di risolvere.
  In secondo luogo, pensiamo oggettivamente – e facciamolo adesso – alla possibilità Pag. 26di eliminare alcune materie dal secondo grado. Non possiamo farlo per la Cassazione perché l'articolo 111 della Costituzione ce lo nega, ma facciamolo almeno in appello. Prendiamo il coraggio ed eliminiamo alcune materie dal secondo grado. Facciamo gli appelli che possiamo fare, ma facciamoli davvero ed evitiamo di dire, come già si è detto, che non si possono aggiungere deduzioni, altrimenti si tagli.
  L'appello ha un obiettivo, cioè rendere decisioni migliori, ma se lo rendete impossibile che ci stiamo a fare ? Che ci state a fare ? Perché li facciamo ? Dobbiamo costruire un processo che dia questo risultato e, se non lo si può fare per tutti, dovremo e dovrete avere la forza di indicare, per un numero definito di controversie, che tali controversie in secondo grado purtroppo non ci possono andare.
  Avrei ancora tante altre cose da dire, ma mi fermo qui. Vi ringrazio tantissimo e vi rimando a un testo scritto.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, professore. Do la parola a Massimo Fabiani, professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi del Molise.

  MASSIMO FABIANI, Professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi del Molise. Grazie, presidente, e buon pomeriggio a tutti.
  Ieri ho inviato un brevissimo testo con una minima premessa e poi, in aderenza a quelle che erano state le richieste del presidente, ho fatto delle piccole proposte emendative a lato del testo oggi in discussione in Commissione, per facilitarvi. Non so se è pervenuto, altrimenti posso lasciare il testo cartaceo.
  Le considerazioni si richiamano a un dato di cui vi ha già parlato il professor Biavati, ma che vorrei in qualche modo settorializzare. Esiste un problema di carattere organizzativo, che definirei logistico, che oggi è rappresentato in modo esemplare, come mai era stato fatto in settant'anni, in uno studio analitico a cura del presidente Barbuto sui veri carichi di lavoro, sugli indici di smaltimento e sui rapporti tra magistrato e abitante, in tutti gli uffici di tribunale e di Corte d'appello. Tale documento, che a mio modo di vedere, da quando è stato rilasciato, non ha intercettato l'interesse che invece meriterebbe...

  PRESIDENTE. Quello di Barbuto o della Commissione di valutazione ?

  MASSIMO FABIANI, Professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi del Molise. Quella di Barbuto è l'indagine statistica...

  PRESIDENTE. Mi dica bene. L'abbiamo chiesta ufficialmente, ma vorrei sapere se lei si riferisce a un altro documento.

  MASSIMO FABIANI, Professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi del Molise. Mi pare che sia stato rilasciato a marzo.

  PRESIDENTE. L'abbiamo formalmente acquisito.

  MASSIMO FABIANI, Professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi del Molise. Ho qui il documento in PDF.

  PRESIDENTE. Ce l'abbiamo anche noi.

  MASSIMO FABIANI, Professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi del Molise. Secondo me, tale documento squarcia un vero e proprio velo su tantissimi luoghi comuni. Non è vero che ci sono più risorse al nord, non è vero che funzionano male gli uffici del sud. Purtroppo, di fronte a oltre 130 tribunali, ci sono numeri molto disomogenei e probabilmente ancora più significativi da un punto di vista statistico per quanto riguarda le Corti d'appello.
  Parlo delle Corti d'appello perché, se volete stranamente, abbiamo nel testo della relazione al disegno di legge di cui parliamo un accenno molto puntuale a tale circostanza, cioè alla cattiva distribuzione Pag. 27sul territorio delle Corti e dei giudici di secondo grado, ma poi nell'articolato non c’è nulla.
  Mi sarei aspettato una disposizione che coniugasse ai fini del decreto legislativo qualcosa che fosse in armonia con quanto previsto nella relazione.
  Su questo punto, mi sono permesso di fare una proposta emendativa, che non è eccentrica, perché si ricollega in modo diretto alla previsione contenuta nella relazione illustrativa.
  Vi riporto solo un dato: secondo me è intollerabile, per il rispetto del principio di eguaglianza, che ci siano differenze tra i cittadini che abitano sul confine tra la provincia di Trento e quella di Vicenza. Se un cittadino abita un metro più in là, vede il suo processo d'appello definito in qualche mese. Infatti, spesso i giudici d'appello a Trento vanno piano, perché devono dare un po’ di tempo alle parti, altrimenti i processi si chiuderebbero ancor prima. Se un cittadino sfortunato abita un metro dall'altra parte del crinale, invece, va in Corte d'appello a Venezia.
  Come ho scritto nell'intervento, parliamo di 283 giorni per l'uno e di 1.145 giorni per l'altro. Vi ho riportato questo esempio, perché sono realtà omogenee. Non parliamo di Bolzano e Lecce, ma di Trento e Venezia. La stessa cosa capita in realtà omogenee tra Potenza e Bari.
  Questa è una situazione, a mio modo di vedere, intollerabile per il cittadino, perché c’è una lesione clamorosa del principio di eguaglianza.
  A Trento qualcuno si lamenta dei tempi ? Assolutamente no, potranno lamentarsi della qualità, se si vogliono per forza lamentare, ma certamente non potranno dolersi dei tempi.
  È evidente che un intervento serio, che vuole toccare anche le norme processuali, non può non contenere delle norme di organizzazione. Come vi diceva il professor Santangeli, bisogna avere un po’ di coraggio. Bisogna avere soprattutto il coraggio di dimenticarsi dei corporativismi.
  Riporto un esempio, che qualche anno fa era stato proposto. Ne parlo perché ci abito. Il circondario di Verona, in quanto Veneto, è attaccato a Venezia, ma avrebbe a 90 chilometri Trento. Tutti gli utenti della giustizia a Verona dovrebbero essere contenti di uno spostamento extraregionale, ma gli avvocati di Verona hanno fatto una grandissima battaglia perché questo non accadesse, perché non stava bene che Verona, una città più importante, fosse sotto la Corte d'appello di Trento.
  Parlo di questo caso specifico – lo ripeto – perché lo conosco, ma sono sicuro che nella realtà municipale domestica queste cose accadrebbero ovunque.
  Possiamo permettercelo ? Io non credo che possiamo permettercelo, come non possiamo permetterci quello che tanto spesso è invocato, ovvero il giudice di prossimità. Come diceva il professor Santangeli, io preferisco prendere un aereo o un treno e fare un po’ di chilometri, sapendo che lì troverò il giudice, anziché prendere la bicicletta, arrivare in un tribunale, che è composto da tre magistrati (in pianta organica saranno cinque, ma in quel giorno sono tre), e scoprire che non possono celebrare il mio processo, perché uno è incompatibile oppure quella mattina non è arrivato in ufficio. Purtroppo, tutti sanno che ciò accade, ma ideologicamente non possiamo rinunciare al giudice di prossimità.
  Questi interventi di carattere organizzativo devono essere fatti e secondo me sono l'unica giustificazione perché poi si possa anche, se si vuole, toccare le regole del processo.
  L'onorevole Vazio diceva che quando critichiamo non prospettiamo soluzioni alternative. Probabilmente è vero, ma è anche vero che l'incidenza sulle norme processuali da un punto di vista statistico è dimostrata. Il professor Biavati affermava che siamo a zero e non perdiamo. In realtà, forse qualche minima marginalità si recupera. Tuttavia, il calo delle pendenze civili del 4 per cento non ci serve a niente, perché per avere un calo significativo dovremmo aspettare vent'anni, se ogni anno migliorassimo di quel quoziente. Pertanto, è del tutto irrilevante.
  È necessario intervenire anche con piccole cose, ma in tanti momenti della Pag. 28giustizia civile, che è chiaramente qualcosa di molto più complesso e articolato del processo civile. Gli interventi possono essere anche apparentemente piccoli, ma, se ciascuno di questi incide marginalmente e queste marginalità vanno a sommarsi, possiamo ottenere dei risultati.
  Non possiamo, però, raccontarci che con una o due disposizioni miracolose il processo civile diventerà veloce, molto affidabile, pronosticabile o altro. Questo è velleitario. Cerchiamo di raggiungere dei risultati attraverso una serie di micro interventi.
  Per quanto riguarda il processo, io, come il professor Biavati, penso che toccarlo sia molto pericoloso. Tuttavia, in un approccio di realpolitik, è inutile negare che dal Governo e dal Parlamento ci vorrà essere un intervento. Io penso che ci sarà. Allora, se ci deve essere, proviamo a immaginare che faccia meno danni possibile e magari recuperiamo anche da lì una marginalità positiva.
  Qual è il tema che si può prendere in esame con una delegazione che non sia quella attuale ? Quella attuale, a mio modo di vedere, è impresentabile dal punto di vista delle norme processuali. Io penso che, se si deve toccare qualcosa, lo si debba fare rendendo il processo più facile.
  Dobbiamo ricordarci che il processo è soltanto lo strumento di attuazione del diritto sostanziale. Se noi costruiamo un processo complicato, che continua a cambiare e che ha quei costi di cui abbiamo già parlato, magari aumenteremo la produttività, ma avremo una crescita esponenziale delle decisioni di rito e non sapremo dove è il diritto sostanziale e dove è il bene della vita.
  Pertanto, se qualcosa si deve fare, lo si deve fare nell'ottica di rendere il processo un po’ più facile, nel quale gli avvocati si dedichino al diritto sostanziale e a valutare se c’è o meno la situazione protetta, e non debbano perdere tempo a pensare a quale regime si applica, a quando è stata introdotta la lite e ad altro, perché questo è fonte oggettiva di errori e viola il principio dell'articolo 24 della Costituzione. Infatti, la tutela giurisdizionale non consiste nell'avere una sentenza rapidamente, ma nel cercare di avere un giudice che ci dica dove sta il diritto.
  In questa prospettiva, per esempio – ne hanno già parlato i colleghi – è tollerabile che si tocchi l'articolo 183, ma solo nella misura in cui si rendano flessibili i termini e si dica che è il giudice che di volta in volta valuta, a seconda della complessità del processo, se concederli un po’ più lunghi o un po’ più corti. Questo è un principio di leale collaborazione fra giudice e parti che, se si fa capire che il processo va verso la semplificazione, è tollerabile.
  Per quanto riguarda la fase decisoria, abbiamo moltissimi modelli decisori. A cosa servono ? Occorre che ci sia un momento spartiacque, dopodiché, a seconda della maggiore o minore complessità della lite, il giudice deciderà con la sentenza contestuale, si riserverà la decisione, leggerà il dispositivo. Queste cose sono irrilevanti, ma se aggiustate possono servire – lo ripeto – per creare tante marginalità positive.
  Passo alle ultime due osservazioni. La prima è sul giudizio di appello. Lo possiamo anche chiudere un po’ di più – io personalmente non sono ostile – ma, quando si accerta che c’è stata una violazione delle regole, lo si deve riaprire molto più di adesso. Il giudizio di secondo grado può essere chiuso, se ci sono delle valvole di recupero e di riapertura totale del giudizio quando ci sia, ad esempio, una violazione del contraddittorio.
  Penso che la sinteticità degli atti sia inevitabile, ma non possiamo scrivere che la comparsa di risposta deve essere di cinque pagine, di 25 o di 30. Creiamo una regola-principio che consenta al giudice di modulare, a seconda della complessità della lite, escludendo gli atti introduttivi. Questo, secondo me, sarebbe un buon modo per invitare le parti a essere esaurienti. Negli atti introduttivi non ci devono essere limitazioni, invece negli atti interprocedimentali ci potrà essere un invito alla sinteticità, ma calato sul singolo processo, in una prospettazione di semplificazione Pag. 29e di conformazione del processo alla reale semplicità o complessità della lite.

  PRESIDENTE. Grazie, professore.
  Do la parola a Claudio Consolo, professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Roma La Sapienza, per lo svolgimento della sua relazione.

  CLAUDIO CONSOLO, Professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Roma La Sapienza. Grazie, presidente, per l'attenzione che con questo invito ci avete dedicato.
  Io, per la verità, non ho ancora mandato nessun appunto e non so nemmeno se sarà opportuno farlo. Ritengo che il professor Biavati, che credo sia qui anche nella veste di esponente, come lo sono stato io, dell'Associazione italiana tra gli studiosi del processo civile, che ha creato una piccola commissione e ha reso un suo parere, abbia detto larga parte delle cose fondamentalmente scettiche che purtroppo io devo affidare a questa registrazione.
  Secondo me, i problemi sono quelli a cui accennava il professor Fabiani e altri ancora: riguardano l'organizzazione, il numero degli avvocati comparato con il numero di magistrati, le strutture fisiche.
  Chi viaggia e ha la curiosità di mettere piede nei tribunali di tutti gli altri Paesi, non solo dell'Unione europea, ma anche di altri continenti, ha la netta sensazione che già sul piano edilizio si noti il gap, in maniera particolare con gli Stati Uniti, ma perfino con i Paesi ancor più poveri di come sta diventando il nostro.
  Da questo punto di vista, l'onnipotenza della disciplina processuale, che è stata il mito che io ho visto imperare praticamente per tutto il periodo in cui sono stato professore di diritto processuale civile, ovvero dalla metà degli anni 1980 fino a ieri, è esattamente l'avversario da combattere.
  Con le discipline processuali non si cambia praticamente nulla. Io sono radicalmente scettico su un ennesimo intervento in quest'ambito.
  Condivido in linea di principio molte delle cose che Berruti ha detto nei convegni che abbiamo fatto insieme, ma anche durante la sua audizione in questa sede. Anch'io ho la sensazione che molti magistrati, anche di Cassazione, facciano il 50 o il 60 per cento del loro lavoro un po’ a vanvera. È triste, ma questa è la sensazione che lui ha alla fine della sua carriera. Ha detto che questa cosa lo ammorba un po’. Io temo che lui non abbia torto.
  Credo che non abbia torto nell'essere recisamente critico su come funziona adesso il processo. Tuttavia, questa critica non può calarsi in una proposta principalmente di abbandono delle attuali norme sulla trattazione in primo grado, perché le attuali norme sulla trattazione in primo grado sono una bicicletta semplicissima, con un piccolo cambio – per esempio, l'articolo 183-bis è un piccolo cambio – ma sostanzialmente con due grandi pedali, un ottimo manubrio e delle gomme, che di solito hanno l'aria della voglia di far bene degli avvocati, ma soprattutto dei magistrati e delle cancellerie.
  Pertanto, occorre influire sulle gomme e magari ogni tanto su un certo oliamento della catena di questa bicicletta, ma non aggiungere altri sei o sette cambi, che metterebbero la catena fuori servizio e trasformerebbero sempre di più in uno scrutinare ratione temporis su quale disciplina si applica il tempo dedicato dai magistrati allo studio delle cause e lo spazio dedicato dagli avvocati alla stesura degli atti.
  Da questo punto di vista, sono d'accordo, ma fino a un certo punto, con quanto ho sentito. Lo dico con franchezza e con tutta la naturale cordialità.
  Secondo me, dare una serie di opzioni graduali, sottolineando maggiormente la possibilità di una modifica dei termini delle memorie, per esempio delle tre memore di cui all'articolo 183, significherebbe soltanto far perdere tempo. Infatti, a quel punto l'avvocato, sapendo che può davvero influire su quei termini, comincerebbe a discuterli e a dire: «Per questa Pag. 30memoria ho bisogno di 45 giorni, di 50 o soltanto di quindici». Trenta più 30 più 20 sono 80 giorni.
  Quel segmento dell'articolo 183 non è nulla se comparato con la lunghezza del processo. Certamente questo non vale per il tribunale di Trento, che io conosco molto bene, perché ho cominciato a insegnare proprio all'università di Trento nella seconda metà degli anni 1980.
  Tuttavia, il tribunale di Trento è un'eccezione, per la semplice ragione che si tratta di una provincia veramente piccola, con un tasso di litigiosità tutto sommato più basso e con degli avvocati poco numerosi e anche beneducati. Lo stesso vale per Bolzano e per qualche altro tribunale. Ci sono poi i tribunali che sono iperefficienti, per le ragioni che sappiamo, o lo sono stati in certi periodi della loro vita, come quello di Torino.
  C’è una grande differenza fra un tribunale ben condotto e un tribunale mal condotto, a organico pieno o a organico vuoto. Tutto questo è vero e, quindi, la nostra bicicletta indubbiamente qualche volta va più in salita e qualche volta va più in discesa, ma sostanzialmente dal punto di vista rituale della procedura lo strumento è quello.
  Gli articoli 180 e 184 hanno subìto una riduzione di peso drastica e praticamente non contano più nulla. L'articolo 184 non vuole più nemmeno che si fissi un'udienza per la discussione dell'istanza istruttoria. Se il magistrato vuole, la fissa – la norma non glielo proibisce – se non lo vuole, non la fissa e fa l'ordinanza istruttoria poche settimane dopo aver letto la terza memoria, cioè 80 giorni dopo la prima udienza, che arriva circa 90 giorni dopo la notifica della citazione.
  Pertanto, il processo, volendo, può essere molto veloce, come dimostrano i dati, riportati da Massimo Fabiani, relativi alla durata del processo davanti al fortunato tribunale di Trento.
  Perché può essere così breve ? Se la proporzione fra nuovi arrivi, quindi fra avvocati (le sopravvenienze sono una funzione abbastanza dipendente dal numero di avvocati attivi), e numero di magistrati è buona, il processo dura 230-240 giorni.
  Vogliamo che duri di meno ? Non ci importa assolutamente che duri di meno. La ragionevole durata del processo esige che non sia lungo come è attualmente, ma esige anche che non sia fulmineo. Nessun Paese ha un processo fulmineo né aspira ad averlo, neanche l'Austria dei tempi del famoso Franz Klein, ovvero dell'inizio del 1900.
  A noi serve un processo che abbia una ragionevole durata media. I 250 giorni per il primo grado sono una giusta durata per il rito ordinario.
  Il rito sommario in molti tribunali funziona abbastanza bene. Il suo difetto, semmai, è quello che pochi avvocati lo scelgono, perché non hanno fiducia in se stessi e nella propria capacità di reggere l'udienza del rito cosiddetto «sommario», che in realtà è semplificato. Inoltre, troppi magistrati lo convertono quasi per default tecnico in rito ordinario.
  Sarebbe opportuno che si chiedesse – è il Ministero della giustizia che lo deve fare – ai presidenti di tribunale di dare un'occhiatina alla buona al tasso di conversione dei processi sommari in ordinari.
  Ci possono essere dei tassi di conversione attorno al 95 per cento, che esigono un piccolo colloquio tra presidente e propri magistrati, che è, secondo me, l'asse portante della buona amministrazione della giustizia sul territorio, che spesso non si può realizzare perché si diventa succubi delle forme e delle procedure e reciprocamente permalosi. Sono una serie di cose che appartengono purtroppo a un costume a volte deteriorato dal lato degli avvocati, ma anche dal lato dei magistrati.
  Da questo punto di vista, il mio suggerimento, coerente con la percezione dei guasti che lo stesso Berruti ci ha mostrato, è non toccare quasi nulla nel rito di primo grado e influire sulla possibilità di avere più processi sommari più semplificati, che rimangano tali.
  Questo consente di stare sotto i tre-quattro mesi, abbassando immediatamente la media, e permette alle cause semplici, che hanno bisogno di un'istruzione non Pag. 31particolarmente complessa e di una trattazione non troppo raffinata, di giungere a bersaglio con un'ordinanza sicuramente idonea alla cosa giudicata, sia se di accoglimento sia se di rigetto, e con un titolo esecutivo.
  Se poi la corte d'appello di Roma si è messa in testa che il rigetto della domanda proposta con rito semplificato di cui all'articolo 702-bis non fa giudicato, questo appartiene alle idiosincrasie ermeneutiche, che secondo me non devono influire sulla percezione della bontà dello strumento del rito sommario.
  Il rito sommario mostra la sua bontà per il fatto che, essendo stato adottato ex legge dal decreto legislativo n. 150 del 2011 per i riti «specialissimi», per questa sorta di libero 4-bis del codice che è appunto quel decreto legislativo, in quel campo stanno funzionando bene e hanno avuto pochissime rimessioni – direi soltanto due – che sono state respinte, alla Corte costituzionale.
  Naturalmente, anche in questo caso, la questione è che il magistrato dia un minimo di agio difensivo. Può dare delle memorie, ma non necessariamente deve darne tre, come nel caso dell'articolo 183.
  Adesso abbiamo i due riti, quello ordinario e quello semplificato. Il giudizio di primo grado può funzionare benissimo; se non funziona bene, è per ragioni eminentemente organizzative.
  Se cambiamo queste norme, noi avremo almeno due anni di metabolizzazione delle nuove norme, le quali sono fatalmente un po’ più complicate. Una scorsa che sono riuscito a dare con la coda dell'occhio al possibile decreto legislativo delegato mi ha subito sincerato di questa constatazione.
  Sulla carta, possono anche essere norme belle, interessanti e buone. Se le avesse fatte il legislatore del 2006, prima che il paziente fosse veramente «munto» da tutte queste modifiche legislative, magari sarebbero potute risultare migliori di quelle che abbiamo adesso. Non lo so e non lo voglio nemmeno dire, perché non è fondamentale.
  In questo momento – forse questa espressione è già stata usata da Paolo Biavati – i costi transazionali, per dirla con le analisi economiche del diritto nordamericano, sono troppo elevati, perché significherebbe stare a discutere per due anni su cosa si preclude e cosa non si preclude. Per quanto il Governo possa essere precisissimo – già di questo dubito un po’- non sarà mai abbastanza esauriente per poter sopire questi anni di discussione, che sono nei cromosomi dei nostri avvocati. Questi ultimi sono eminentemente degli avvocati proceduristi, che trovano nella procedura spicciola, e non nel diritto processuale, un appagamento che tutto sommato ha antiche radici storiche, e non amano molto il merito della causa, perché sovente questo, non è più difficile, però è meno soddisfacente dal punto di vista della vanità.
  A proposito dell'appello, sappiamo bene quale illustre tradizione abolizionistica esista. Forse si potrebbe abolire per qualche materia, però bisogna stare molto attenti a ritagliarle bene, altrimenti staremmo a discutere se quel caso rientra o meno nella materia che abbiamo pensato di espungere dalla sfera di appellabilità. Siccome questa è un'opera difficile, francamente io indugerei.
  Se vogliamo conservare l'appello e tutto sommato attualmente soprattutto la protezione del giudizio di legittimità in Cassazione – laddove aboliamo l'appello, ci troviamo con la Corte di cassazione che geme, quindi è giocoforza averlo – a questo punto è opportuno che reclutino presto quei 400 magistrati e che lo facciano molto bene, perché quella è la linfa. Se quella è la strada, possono diventare anche 500-550, non molti di più. Effettivamente in corte d'appello quello che manca sono i relatori, cioè i magistrati che deliberano insieme agli altri, principalmente le sentenze.
  Naturalmente c’è il problema dei presidenti di sezione in appello e anche in Cassazione, perché, se ne vanno tutti in massa fra breve, non sarà uno scherzo, ma evidentemente questo esula dalla discussione. Non credo sia il caso di stringere Pag. 32ulteriormente i cordoni delle preclusioni. Sono già strettissimi. Hanno tolto perfino le prove indispensabili. Scusate se dico «hanno». Francamente, le prove indispensabili si potevano lasciare. Se sono indispensabili, perché un giudizio, che è pur sempre di secondo grado, deve chiudere loro la porta ?
  Del resto, poi le hanno ammesse, invece, nell'appello contro il rito sommario. Anche in questo caso, hanno fatto male nel rito sommario semplificato, che si basava sul fatto che, se era semplificato in primo grado, avrebbe poi avuto un appello più ospitale e più esauriente e, quindi, aveva bisogno proprio di tutte le possibili prove, sia pure senza formalità di procedura.
  Pertanto, io non farei ulteriori interventi sull'appello da questo punto di vista, perché neanche questi sono utili.
  Sul giudizio di Cassazione, invece, sono abbastanza d'accordo. Non si può essere monotoni e non vedere mai nulla di buono. In questo caso, vedo qualcosa di buono nell'abolizione della procedura camerale, così come è attualmente disciplinata.
  La procedura camerale – forse tutti lo sanno, ma faccio un accenno – attualmente differisce per il fatto di disporre prima della relazione del consigliere, ma dopo c’è comunque la camera di consiglio, che dura poco. Dura poco anche l'udienza. A questo punto, per la verità, disporre della relazione ha dei vantaggi e degli svantaggi.
  Occorre sapere se effettivamente si può ampliare la procedura camerale, cioè sostanzialmente la sentenza che nasce come progetto prima dell'udienza, che secondo me deve rimanere indispensabile. Infatti, il principio di oralità è nell'articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU), non lo possiamo togliere in apicibus, cioè nel giudizio di Cassazione, da cui dipende poi la cosa giudicata.
  Ebbene, avere una bozza di sentenza prima di quella udienza, comunque brevissima, sia essa pubblica sia essa camerale, è naturalmente un vantaggio per il bravo difensore, ma solo nella misura in cui vi siano i presidenti di sezione a cui stiamo pensando, che siano disposti a dire al relatore: «Guarda, ho la sensazione che il collegio questa volta ti debba indurre a ripensarci. Se lo fai da te, tanto meglio; altrimenti ti mettiamo drasticamente in minoranza e, quindi, accantoni la tua relazione e fai la sentenza, oppure la fa un altro».
  In che misura questo potrà essere realizzato con questi numeri ? Quello dei numeri nel giudizio di Cassazione è il vero problema. Ci stiamo girando intorno da tantissimi anni, con tutti questi riti alternativi e con queste piccole forme, che alla fine affaticano le cancellerie più di quanto le sgravino. Infatti, la camera di consiglio ha luogo addirittura nella stessa aula delle udienze pubbliche, quindi non differisce praticamente in nulla, se non che l'avvocato non si mette la toga. Si tratta semplicemente di un po’ di guadagno in meno per quell'ufficietto che c’è al pianoterra in Cassazione.
  Tutto sommato, quindi, sarei dell'avviso di lasciare le cose come stanno, financo il giudizio di Cassazione, pur se percepisco l'utilità di un crescente uso del rito camerale, nella misura in cui, però – lo sottolineerei con un intervento abbastanza chiaro – ci sia una risposta a ciò che l'avvocato, nella memoria ed eventualmente nell'audizione in camera di consiglio, obietta alla relazione.
  Occorre una risposta congrua, mentre a volte si leggono le seguenti due righe, del resto abbastanza note: «Ciò che viene dedotto dal ricorrente o dal resistente» – più spesso dal ricorrente – «non induce a modificare le opinioni sopraesposte». Non dico che bisogna scrivere necessariamente una pagina, però ci vogliono almeno dalle sette alle dodici righe per spiegare perché quegli argomenti non sono probanti.
  C’è poi un'importante idea, che però ha anch'essa la caratteristica di movimentare molto la scena in un momento in cui è ancora sotto sperimentazione una scelta del 2009. Mi riferisco all'ipotesi di generalizzare le astreinte di cui all'articolo 614-bis anche alle obbligazioni fungibili.Pag. 33
  A me non pare una cattiva idea, perché tendenzialmente l'esecuzione forzata mi sembra uno degli aspetti in cui il nostro sistema gira maggiormente a vuoto. Dunque, un minimo di deterrenza che renda, per chi può, spontaneo ma non troppo l'adempimento del titolo esecutivo immediato, secondo me, ci può stare bene.
  Non vedo, però, l'urgenza di cavalcare l'articolo 614-bis in questa fase, in cui abbiamo ancora abbastanza poca – giurisprudenza, abbastanza poca casistica e abbastanza poche risultanze per capire se c’è quella prudenza necessaria per poter stimare bene il quantum al mese, il quantum alla settimana e il modo di crescere della cifra, cioè in sostanza la scalarità di questo tipo di misura coercitiva monetaria.
  Queste sono cose che possono sicuramente essere prese in considerazione più avanti. Ve ne sono tante altre, però la questione di fondo è che noi abbiamo un malato che è stato curato da tutti i possibili medici e anche da molti chirurghi, alcuni di fama e alcuni decisamente no.
  Il malato sta piuttosto maluccio e lo sappiamo, però dà segni di leggera ripresa: c’è un piccolo calo nelle sopravvenienze; finalmente forse sta calando un po’ anche il numero degli avvocati attivi, che è una posta dell'equazione fondamentale; ci possono essere degli interventi sempre più coraggiosi sul piano delle strutture; le prassi applicative sono già molto duttili e molto elastiche.
  Infatti, il magistrato che ha una causa veramente complessa, come sappiamo bene, dà le memorie fra l'udienza dell'articolo 183 e la seconda udienza dello stesso. Si prende da solo quella libertà che Berruti gli vuole dare con apposite norme. Nessuno mette a verbale che questa è una ragione di invalidità. Del resto, non lo è, ma è semplicemente una ragione di elasticizzazione di ciò che nella norma è standard.
  Nei casi veramente complessi, come nel giudizio di responsabilità con venti convenuti chiamati dall'assicurazione e compagnia bella, si splitta l'udienza dell'articolo 183 già alquanto. Invece, dare la possibilità che la prima udienza di trattazione avvenga a così tanta distanza di tempo e nel frattempo si continui a scrivere è una reminiscenza del non rimpianto rito societario, che francamente spero ci risparmierete.
  Se proprio bisogna fare una normativa, si può semmai sottolineare che non è affatto necessario fare un'udienza dopo le tre memorie, ma si può benissimo fare un'ordinanza. Lo sanno tutti, ma sarebbe meglio che lo si sottolineasse, perché ci sono alcuni che lo prendono quasi a pretesto per fissare un'udienza, nella quale poi affermano: «Non c’è bisogno che ci diciate nulla, perché ho già le idee chiare».
  Allora perché fissare l'udienza prevista dall'articolo 184 ? Se hai le idee chiare, partorisci questa ordinanza, dopo aver letto le tre memorie. Le udienze dell'articolo 184 di mera presa di tempo si potrebbero semplicemente vietare.
  Si potrebbe introdurre qualche altra piccolezza qua e là, per esempio sarebbe ora di prevedere la memoria in Cassazione dell'articolo 378 quindici giorni prima e non cinque, per non affaticare gli avvocati, che poi vanno a discutere, sia pure concisamente, la causa in udienza, e gli stessi relatori, che non sempre vivono a Roma, qualche volta trovano la memoria la sera prima e passano le nottate al palazzo di giustizia. Perché non prevedere, al posto di cinque, quindici giorni ?
  Perché non accennare che, per esempio, i giudizi di rinvio, quando sono decisi con una sentenza ulteriormente ricorsa per Cassazione, devono essere decisi da quest'ultima entro sei mesi ? Tutto sommato, sono pochi i secondi ricorsi per Cassazione. Vedo che a volte già attualmente lo stanno facendo, però una piccola norma su questo ci potrebbe stare. Potrebbe bastare anche una circolare.
  Tutte queste cose sono soft law in ultima analisi. Siamo nel campo della soft law. Per quanto riguarda l’hard procedural law, credo che il malato in questo momento, se potesse parlare, direbbe: «Ne ho Pag. 34avuta veramente tanta e non è per questo che sto lievemente migliorando, ma per una ripresa di buonsenso».

  PRESIDENTE. La ringrazio. Alcuni scritti sono arrivati. Se riterrete opportuno mandarci delle ulteriori osservazioni oppure delle precisazioni, anche con la formula di emendamenti, potrete farlo. Vi chiedo di essere il più possibile sintetici, anche per non aggravare ulteriormente il vostro lavoro.
  Vi ringraziamo particolarmente. I relatori e noi tutti componenti della Commissione tenevamo ad avere questo confronto. Chi è stato qui anche nella scorsa legislatura sa che ci sono state varie deleghe e interventi anche in quel periodo. Ovviamente questo dovrà essere, se ci sarà, un intervento quasi definitivo. Francamente, se ci fosse a ogni cambio di Governo una nuova riforma, sarebbe poco utile. Adesso rifletteremo su queste osservazioni e ne parleremo tra di noi, oltre che con il Ministro.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 18.40.