XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Mercoledì 15 gennaio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DEL DISEGNO DI LEGGE C. 1921  GOVERNO, DI CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE N. 146 DEL 2013, RECANTE MISURE URGENTI IN TEMA DI TUTELA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DEI DETENUTI E DI RIDUZIONE CONTROLLATA DELLA POPOLAZIONE CARCERARIA

Audizione del Prefetto Alessandro Pansa, Capo della Polizia – Direttore del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno.
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Pansa Alessandro , Capo della Polizia – Direttore del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno ... 3 
Ferranti Donatella , Presidente ... 5 
Molteni Nicola (LNA)  ... 5 
Pansa Alessandro , Capo della Polizia – Direttore del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero ... 6 
Molteni Nicola (LNA)  ... 8 
Pansa Alessandro , Capo della Polizia – Direttore del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero ... 8 
Ferranti Donatella , Presidente ... 8 
Dambruoso Stefano (SCpI)  ... 8 
Verini Walter (PD)  ... 8 
Businarolo Francesca (M5S)  ... 9 
Ermini David (PD)  ... 9 
Ferranti Donatella , Presidente ... 9 
Pansa Alessandro , Capo della Polizia – Direttore del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Pansa Alessandro  ... 11 
Ferranti Donatella , Presidente ... 12 
Pansa Alessandro  ... 12 
Ferranti Donatella , Presidente ... 12 
Ermini David (PD)  ... 12 
Ferranti Donatella , Presidente ... 12 
Pansa Alessandro  ... 12 
Businarolo Francesca (M5S)  ... 12 
Ferranti Donatella , Presidente ... 12 
Businarolo Francesca (M5S)  ... 13 
Sarti Giulia (M5S)  ... 13 
Pansa Alessandro  ... 13 
Ferranti Donatella , Presidente ... 14

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 9.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Prefetto Alessandro Pansa, Capo della Polizia – Direttore del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame del disegno di legge C. 1921 Governo, di conversione in legge del decreto-legge n. 146 del 2013, recante misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria, del Prefetto Alessandro Pansa, Capo della Polizia e Direttore del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno.
  Il Prefetto Pansa è accompagnato da Eligio Iafrate, primo dirigente ingegnere della Polizia di Stato, e da Marco Baroni, primo dirigente della Polizia di Stato.
  L'audizione è riferita agli aspetti del decreto che più attengono al ruolo del Prefetto Pansa. In particolare l'oggetto è stato ulteriormente specificato circa l'utilizzo non più residuale, ma primario degli strumenti elettronici, tra cui il cosiddetto «braccialetto elettronico», come previsto dal decreto-legge a decorrere dalla sua conversione.
  Saluto il Prefetto Pansa e gli cedo la parola affinché svolga la sua relazione.

  ALESSANDRO PANSA, Capo della Polizia – Direttore del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno. Grazie, presidente. Se la normativa in esame sarà confermata nel testo o se le eventuali modifiche saranno incentivanti, potremo incrementare l'uso del «braccialetto elettronico» o delle altre tecnologie che sarà possibile reperire in futuro.
  Al momento siamo legati a regole tecniche del 2001 e per questo parliamo di braccialetto elettronico – che altro non è se non una cavigliera elettronica – ma allo stato se ne fa un uso molto limitato. Negli ultimi tempi, grazie alla grande attenzione posta su questo tema, siamo arrivati a novanta apparecchiature utilizzate, mentre fino a poco tempo fa erano massimo una quindicina. Come ripeto, se con l'inversione della motivazione o con le altre indicazioni che il legislatore vorrà dare, la norma incentiverà l'uso di tali strumenti è evidente che il loro impiego si diffonderà e noi avremo la possibilità sia di utilizzare appieno la tecnologia di cui disponiamo adesso sia, soprattutto, di andare sul mercato aprendo un bando e cercare nuove strumentazioni.
  Una norma che incentivi l'uso del braccialetto elettronico potrebbe, infatti, stimolare anche gli operatori a interessarsi al tema e probabilmente sul mercato potremmo trovare più concorrenza, ottenendone un vantaggio nella scelta sia per quel che riguarda i costi sia per quel che riguarda la qualità del prodotto. In effetti sul mercato c’è poco, ma il nostro mercato si è comunque chiuso nel 2001, quando si Pag. 4scelse di stipulare una convenzione con Telecom, che offriva al Ministero dell'interno una serie di servizi di telefonia mobile, fissa e comunicazioni radio nonché il braccialetto elettronico.
  Si tratta, tuttavia, di una convenzione illegittima, poiché il Consiglio di Stato, confermando una sentenza del TAR, ha stabilito che non avremmo potuto accordarci direttamente con Telecom e ricorrere a una convenzione unica. A normativa vigente siamo quindi nella condizione di utilizzare uno strumento in minima quantità, secondo una tipologia di apparecchiature imposta dal decreto ministeriale del 2001 che fissa le regole tecniche e in base a una convenzione che è stata dichiarata illegittima.
  Devo fare una precisazione a questo proposito. La dichiarazione di illegittimità comporterebbe di non utilizzare più la convenzione ma, poiché l'operatore, cioè Telecom, ha inoltrato un ricorso alla Corte di giustizia europea, il Consiglio di Stato ha stabilito che gli effetti sono sospesi fino alla decisione della Corte. Tale periodo di sospensione potrebbe causare però un danno agli altri operatori e pertanto siamo costretti a spendere ventisei milioni di euro per una fideiussione da depositare in banca in caso di soccombenza.
  La convenzione attuale, che siamo costretti a utilizzare, ci consente di impiegare un numero massimo di duemila dispositivi. Nel frattempo sarebbe nostro intendimento prepararci, non appena arriverà la sentenza della Corte – secondo i calcoli sulla tempistica media di emissione dei provvedimenti da parte della Corte di giustizia europea potrebbe arrivare in giugno –, che riteniamo confermerà l'illegittimità della convenzione, ad andare sul mercato con un nuovo bando per individuare tecnologie diverse.
  A questo punto, però, ci conviene aspettare che la nuova normativa detti i termini per l'utilizzo dello strumento. Immediatamente dopo l'approvazione della legge un decreto ministeriale dovrà definire il tipo di tecnologia. A quel punto potremo redigere il bando. Prima non ci è possibile per diversi motivi: il primo è che questa contesa giudiziaria ci rende difficile decidere che cosa fare. Qualche mese fa avevamo aperto una discussione con l'Avvocatura dello Stato per capire se, nella costanza del contenzioso, potessimo avviare un bando da rendere esecutivo alla fine della sospensione. Nel frattempo è arrivato il decreto-legge e perciò abbiamo rallentato, in attesa della norma che metterà a punto meccanismi diversi.
  Questo è lo stato dell'arte. È uno stato di attesa, ma sono convinto che la nuova normativa sbloccherà la situazione e ci permetterà di valutare, rendendo possibile fare delle proiezioni, quanti dispositivi si utilizzeranno, sperando che siano più di duemila. A oggi non saremmo in grado di fornire un servizio superiore o per meglio dire dovremmo effettuare spese aggiuntive. Ciò nonostante, ci conviene aspettare la norma e aprire un nuovo bando per trovare sul mercato qualcosa di meglio e, spero, anche di più economico.
  Il sistema attuale è abbastanza costoso: a regime, qualora impiegassimo tutti e duemila i braccialetti disponibili, raggiungeremmo un costo annuo di circa 9 milioni di euro. La parte più rilevante è data dai costi fissi. Al di là dello strumento in sé, a costare è soprattutto la centrale operativa che deve ricevere i segnali da tutti i braccialetti installati in Italia – attualmente sono solo novanta, ma potrebbero essere duemila – e inviare gli allarmi a tutte le sale operative. Il costo maggiore è rappresentato da questa gestione. Il numero dei braccialetti incide in maniera relativa, perché al massimo la spesa potrebbe raggiungere 2,4 milioni.
  Qui con me ci sono i nostri esperti: l'ingegner Iafrate per la parte strettamente tecnica e il dottor Baroni per la parte organizzativa e gestionale del sistema. Ci siamo anche guardati intorno, all'estero, per capire cosa fanno coloro che hanno più esperienza di noi e usano tali dispositivi da moltissimi anni. Le tecnologie più utilizzate sono molto simili alla nostra. Quella adottata dagli inglesi, ad esempio, è identica. È evidente che, mano a mano che Pag. 5si va avanti, l'evoluzione tecnologica e gli interessi economici possono spingere a trovare soluzioni nuove.
  Esistono meccanismi, come l’outdoor tracking, che sfruttano il GPS; anche l'ARVA, il sistema che viene usato dagli sciatori può trovare utilizzo in questa attività. Tuttavia, un conto è applicare il dispositivo a chi si trova agli arresti domiciliari. Ricordo che anche la legge cosiddetta «sullo stalking» prevede l'uso del braccialetto elettronico, ma in questo caso parliamo di qualcosa di completamente diverso. Parliamo cioè di uno strumento che deve regolare la vicinanza tra due soggetti. È evidente che il nuovo bando dovrà comprendere tutti e due i sistemi, cercando di trovare una soluzione che possa fornire entrambi i servizi, e vedremo se saranno conciliabili in una sola apparecchiatura.
  L'evoluzione del GPS permette di tracciare un soggetto quando si muove e potrebbe essere usato per altre tipologie, ma non risolve il problema della vicinanza a un soggetto. La persona oggetto di stalking deve essere localizzata: far indossare il braccialetto elettronico anche alla vittima oltre che all'autore del reato sarebbe complicato. È una delle nuove tecnologie che stiamo studiando e sulla quale non abbiamo ancora una precisa individuazione tecnica. Ci sarà bisogno di una norma regolamentare o di un decreto che ne fissi le caratteristiche, per poi provvedere alla fornitura necessaria.
  Resto a disposizione per rispondere a tutte le domande che i commissari riterranno opportuno rivolgermi.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Prefetto Pansa e do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  NICOLA MOLTENI. Ringrazio il Capo della Polizia per la sua presenza. Avrei alcune richieste di chiarimento. Il dibattito sui braccialetti elettronici non è nuovo. Nel recente passato se ne è discusso anche all'interno di questa Commissione. La domanda che sorge spontanea, anche alla luce di quanto ci è stato detto negli anni passati dai suoi predecessori, è se i braccialetti elettronici oggi in dotazione funzionino o meno. Glielo chiedo perché alcuni suoi predecessori o rappresentanti del ministero ci dissero che i braccialetti elettronici non funzionavano, salvo in un numero estremamente limitato di casi. Tanto è vero che un funzionario del ministero disse, a mo’ di battuta, che se li avessimo acquistati da Bulgari probabilmente avremmo speso meno.
  Poiché da un lato i suoi predecessori dell'epoca dicevano che i braccialetti elettronici non funzionavano e dall'altro alcuni ministri dell'Interno decisero di non adottare questo strumento quale misura obbligatoria, come invece oggi è previsto dal decreto in esame, mi piacerebbe capire, nell'ipotesi in cui oggi funzionassero, che cosa è cambiato rispetto a qualche anno fa, visto che la convenzione è esattamente la stessa.
  Come seconda domanda vorrei che ci spiegasse il motivo per cui nel 2011 – io ero già in Parlamento – la convenzione venne rinnovata non con gara, ma con affidamento diretto a Telecom. Secondo lei è stato corretto rinnovare la convenzione a quei costi e a quell'importo ?
  La prossima domanda gliela pongo nella sua qualità di capo della polizia, e quindi di coordinatore di tutte le forze dell'ordine presenti sul nostro territorio – che ringraziamo per il lavoro fondamentale che svolgono con grande difficoltà, ma anche con grande impegno.
  In questi due anni è stata approvata una serie di provvedimenti definiti dalle forze politiche e dagli stessi ministri come «svuota carceri», cioè provvedimenti in cui, anziché la detenzione in carcere, si è privilegiata la detenzione agli arresti domiciliari. Sappiamo bene che i soggetti posti agli arresti domiciliari necessitano di controlli, controlli che sono svolti dalle forze dell'ordine. È evidente che, in mancanza di un aumento di organico, per esercitare i controlli sui soggetti che si trovano agli arresti domiciliari bisogna sottrarre risorse, mezzi e uomini al controllo del territorio.Pag. 6
  Solo negli ultimi due anni di decreti in questa direzione ne sono stati approvati tre o quattro. Secondo lei, scelte di questo tipo possono inficiare o hanno eventualmente già inficiato il livello di sicurezza e di controllo del territorio in termini di ordine pubblico, dal momento che non sono state stanziate nuove risorse e conosciamo le condizioni in cui le forze dell'ordine sono costrette a lavorare ? Le chiedo, quindi, che impatto avranno tali provvedimenti sulla sicurezza dei cittadini, tema che, come noto, a noi sta particolarmente a cuore.
  Inoltre, mi chiedo e chiedo a lei che ne è a capo come si senta il poliziotto che arresta il criminale, lo spacciatore o il rapinatore e dopo poche ore se lo ritrova libero per strada. Esiste una certa percezione, ma credo che sia supportata dai numeri, relativa al fatto che alcuni reati di natura predatoria, soprattutto i furti, i furti in abitazione e le rapine, siano in netto aumento. Nella mia provincia, la provincia di Como, il dato che ci è stato comunicato dal prefetto è di un incremento di tali reati negli ultimi mesi del 26 per cento. Vorremmo conoscere i numeri reali perché a nostro avviso, nel momento in cui certi reati aumentano, usare una mano più leggera nei confronti di chi li commette è la risposta politica sbagliata.
  Prendo ad esempio il caso di Luca Delfino, che nel 2007 ha ucciso con quaranta coltellate la ex fidanzata ed è stato condannato a diciotto anni di carcere. Ebbene, grazie agli effetti di questo decreto «svuota carceri» nella parte relativa alla liberazione anticipata speciale, cioè all'aumento del premio da quarantacinque a settantacinque giorni, Delfino uscirà dal carcere nel 2015, ben prima del tempo stabilito. Credo che non sia questa la risposta che i cittadini chiedono alla politica.
  Cambiando versante e arrivando al capitolo relativo alle espulsioni e ai CIE, questo decreto contiene una modifica alla legge Bossi-Fini, laddove all'articolo 16 si prevede la possibilità di espellere lo straniero a cui manchino due anni di pena da scontare, configurando l'espulsione come sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione. Nel decreto l'identificazione dello straniero è anticipata dalla permanenza al CIE al periodo in cui esso si trova in carcere. È fattibile, secondo lei ? Possono insorgere problemi ? Era stato segnalato il fatto che l'identificazione non viene effettuata dalle forze di polizia o dalla polizia penitenziaria, ma da soggetti inviati dai consolati o dalle ambasciate.
  Infine, l'identificazione è la precondizione per l'espulsione, ma poi l'espulso deve essere materialmente accompagnato alla frontiera. Al proposito ho fatto presente che in un decreto precedente sono stati tagliati 90 milioni di euro dal fondo espulsioni e dal fondo rimpatri.
  Credo che nel momento in cui vengono tolte risorse alla procedura di espulsione inevitabilmente essa diventi molto più difficile.

  ALESSANDRO PANSA, Capo della Polizia – Direttore del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero. I braccialetti elettronici funzionano. Non abbiamo esperienza di tutti e duemila, ma fino a novanta funzionano perfettamente e ritengo che dovrebbero funzionare anche gli altri. Il fatto è che non abbiamo mai sovraccaricato il sistema perché la normativa prevedeva il consenso dell'interessato e una scelta specifica da parte della magistratura, scelta che non è stata fatta. Noi non abbiamo mai potuto influenzare circa il numero, ma circa il sistema sì.
  Affermare che i braccialetti non funzionavano nel periodo in cui se ne usavano due o tre mi pare difficile. Non so perché è stato detto e da chi. È vero che abbiamo speso un sacco di soldi. Come ho detto prima, la centrale e il sistema di manutenzione per l'installazione è una struttura che vale per duemila dispositivi. Se se ne usano solo quindici è chiaro che risulta sovradimensionata, ma se ci sono un sistema a Milano e uno a Palermo la centrale deve rispondere sia a Milano sia a Palermo. Il costo è stato sproporzionato rispetto a un uso che noi non abbiamo potuto né valutare né prevedere.Pag. 7
  Stipulare la convenzione con Telecom non è stato giusto. Lo ha detto anche il Consiglio di Stato. Abbiamo sbagliato e ora ne paghiamo le conseguenze da un punto di vista economico e forse erariale.
  Per quanto riguarda le ricadute dei provvedimenti «svuota carceri», questa mi sembra una proposta che, pur favorendo lo svuotamento delle carceri, non aggrava il lavoro delle forze dell'ordine. Dovrebbe anzi semplificarlo perché con un sistema elettronico potremo controllare a distanza molto meglio di come facciamo adesso.
  Oggi i controlli vengono svolti in maniera saltuaria e non sono assidui, nel senso che nell'arco di una giornata non verifichiamo se un detenuto esce di casa o meno. Se siamo molto efficienti in quel periodo, controlliamo una volta al giorno e, se capita, qualche volta di notte. Bisogna dire le cose come stanno. Non voglio raccontare sciocchezze. Con uno strumento di questo genere, senza impiegare uomini direttamente, avremo il controllo del soggetto ventiquattro ore su ventiquattro.
  È evidente che dovremo essere pronti a gestire i nostri piani di intervento sulla base della presenza, ma questo cambierà mano a mano che si svolgeranno le scarcerazioni e aumenterà il numero dei soggetti che adotteranno il braccialetto elettronico. La loro distribuzione sul territorio non è al momento prevedibile. Nella circostanza dovremo trovare le procedure di intervento più rapide possibili in caso di allarme, ma questo è normale. È la nostra pratica quotidiana.
  Lei mi chiede che cosa pensano i poliziotti se viene scarcerato qualcuno che avevano arrestato. Se viene scarcerato giustamente, i poliziotti rispettano la legge e sono contenti se la legge viene rispettata. Se viene scarcerato per errore, ci restano male. È indubbio.
  Mi dispiace ma non ho con me i dati su furti e rapine. Non pensavo di dover rispondere a questa domanda. Le posso dire che negli ultimi anni in linea di massima i reati nel loro complesso sono diminuiti. Alcuni dati sono bassissimi. Talune tipologie di reato, come i furti e le rapine in appartamento, sono invece aumentate a macchia di leopardo sul territorio nazionale. Non sono aumentate dappertutto. Mi riservo però di farvi avere i dati dettagliati, che per il 2013 dovrebbero essere già completi.
  Il fenomeno dei furti in appartamento lo stiamo studiando insieme ai colleghi di quasi tutta Europa perché sta riguardando molti Paesi europei, soprattutto Austria, Germania, Francia, Italia e Paesi Bassi. È stata addirittura elaborata una nuova forma di individuazione delle bande itineranti ed è stato avviato uno studio criminologico per trovare gli strumenti più efficaci al fine di impedire la diffusione e la mobilità di questi gruppi organizzati.
  Per quanto riguarda le espulsioni e l'identificazione in carcere, la norma così come è scritta fa diventare legge quello che già era un accordo stipulato tra noi e il Ministero della giustizia. Di regola, infatti, la detenzione in carcere è più lunga della permanenza nei CIE. Inoltre, in quel periodo c’è la possibilità di fare ricorso alla documentazione che il soggetto detenuto porta con sé dalla fase processuale. Sicuramente il sistema migliorerebbe.
  L'unica condizione perché le difficoltà che incontriamo oggi siano le difficoltà che incontreremo domani è la non collaborazione dei Paesi terzi. Non sempre i Paesi di origine delle persone da espellere collaborano. Alcuni non rispondono proprio; altri pretendono addirittura il consenso dell'interessato per rilasciare il provvedimento. Si tratta di una situazione a latere già attuale. Da questo punto di vista avremmo non un peggioramento, ma sicuramente un miglioramento perché ci è difficile trattenere queste persone nei CIE.
  I CIE erano nati per ospitare un soggetto per massimo trenta giorni. Erano strutturati in un certo mondo, ma il tempo ha determinato una diversa strutturazione. Le persone restano lì molto più a lungo, ma gli edifici non sono adeguati. Non sono organizzati, ad esempio, per la socialità. In carcere stanno meglio. Lo dico da un punto di vista prettamente logistico perché il carcere è organizzato per gestire le Pag. 8persone. I centri di identificazione dovevano essere un breve passaggio. Poi col tempo la normativa è cambiata.
  Sicuramente la norma favorirà questo sistema. Mi permetto di segnalare un dato: il numero degli scarcerati che finiscono nei CIE per essere identificati ed espulsi arriva al massimo al 18 per cento, e parliamo di grandi numeri perché a dicembre erano meno del 10 per cento.
  In tutti i CIE in Italia sono detenute appena 440 persone.

  NICOLA MOLTENI. La metà dei CIE è chiusa.

  ALESSANDRO PANSA, Capo della Polizia – Direttore del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero. Lo so. Ogni volta vengono distrutti. Apriamo bandi di gara per farli ristrutturare che vengono regolarmente impugnati e i tempi diventano lunghissimi. Abbiamo difficoltà di gestione.
  Da ultimo, vorrei rispondere a proposito delle risorse destinate alle espulsioni. Per il momento non abbiamo difficoltà finanziarie per le espulsioni perché le uniche risorse aggiuntive che ci servivano riguardavano le missioni e le abbiamo avute. I tagli ci hanno interessato nelle legislature precedenti. Durante questa legislatura non abbiamo invece subito alcun taglio e, anzi, grazie al Governo abbiamo ricevuto complessivamente circa settecento milioni di euro in più su tutti i capitoli di bilancio, comprese le missioni e le missioni internazionali.
  Quello che ci costa di più sono gli accompagnamenti alla frontiera. L'acquisto dei biglietti non è un problema; è la spesa per il personale a pesare di più, ma i soldi dovrebbero bastare, a meno che non sia espulso un numero enorme di persone.

  PRESIDENTE. Saluto il sottosegretario alla giustizia Berretta, che ci ha raggiunto per seguire l’iter del provvedimento.
  Do ora la parola agli altri colleghi per un ulteriore giro di domande.

  STEFANO DAMBRUOSO. Ringrazio il Capo della Polizia per aver trovato il tempo di venire a fornirci questi chiarimenti.
  Tra l'approvazione della nuova normativa, il bando di gara e la una nuova convenzione quanto tempo serve per poter partire con dispositivi elettronici in un numero adeguato rispetto agli obiettivi della norma ? I tempi normalmente previsti sono questi, circa un anno, qualcosa di meno o qualcosa di più ? Questa è la prima domanda.
  È stato mai calcolato – questa è la seconda domanda – quanto costa effettivamente questo tipo di servizio, fra costo del personale e costo del macchinario previsto, per circa 2.000 braccialetti o dispositivi, come sono chiamati ? È stato calcolato effettivamente quanto può costare allo Stato ? Lo chiedo anche per comparare il costo in termini di eventuali spese per altre strutture di tipo carcerario o di polizia penitenziaria. Vorrei fare questo tipo di comparazione.
  Venendo all'ultima domanda, eccellenza, sono stati individuati alcuni limiti non solo ideologici, ma anche giuridici ? C’è una difficoltà di approccio culturale, evidentemente, non solo da parte degli operatori di polizia, ma anche dell'opinione pubblica, nell'accettare l'idea che qualcuno possa andare in giro, sebbene abbia commesso dei reati, con un «semplice» dispositivo di questo genere. Ci sono, però, anche limiti di tipo giuridico in senso stretto ?
  Qualcuno ha fatto previsioni, per esempio, sulle difficoltà probatorie che dovrebbero esistere con un utilizzo massiccio di questi strumenti per poi fornire risposte di tipo giudiziario nel caso di violazione di norme o di prescrizioni da parte di chi porta il braccialetto ? Dal punto di vista funzionale, qual è il limite più grosso che è stato individuato ? Lo chiedo in termini previsionali, visto che ci sono state soltanto poche applicazioni fino adesso.

  WALTER VERINI. Nel ringraziare il prefetto per la presenza e per gli interventi, che hanno già in parte risposto a Pag. 9domande che mi ero ripromesso di fare, mi limito a una domanda sola.
  Lei ha, in qualche misura, già accennato alle difficoltà che hanno impedito un'applicazione, in questo più che decennio, della disposizione legata ai dispositivi elettronici. In merito io mi ero riservato di chiederle quali fossero le sue valutazioni sulle difficoltà e sulle motivazioni reali che hanno impedito un'applicazione e una sperimentazione pari alle attese del 2001.
  La domanda, però, ne richiedeva un'altra. Perché, secondo lei, secondo gli studi e le valutazioni svolte, in altri Paesi, non soltanto europei, questo meccanismo funziona ? Perché in Francia, in Gran Bretagna oppure in Estonia, più recentemente, questo sistema ha dato risultati, è a regime e funziona, anzi viene implementato ? Gli uffici e il Governo avranno anche valutato comparativamente queste esperienze. Forse seguire quelle potrebbe aiutare a superare i limiti e gli errori di questo decennio.

  FRANCESCA BUSINAROLO. Pongo alcune domande sui costi e sul numero dei braccialetti, temi che volevo puntualizzare.
  Vorrei capire se 9 milioni l'anno rappresentano comunque il prezzo dell'appalto anche se i braccialetti sono stati finora 90. Si tratta di 9 milioni anche per 90 braccialetti ? Per 2.000 braccialetti sono sempre 9 milioni ?
  Visto che il sistema si basa su un GPS, a questo punto, perché non prendiamo un cellulare a testa ? Un cellulare può costare 400-500 euro. Per 2.000 cellulari, facendo i conti della serva, arriviamo a un milione di euro.
  Io non so quante persone possano essere messe alle dipendenze per vigilare. Saranno 10-20 persone ? Costeranno un altro milione di euro ? Per le gestioni generali aggiungiamo un altro milione di euro. Comunque l'appalto è con Telecom e, quindi, in teoria, avere un cellulare a testa per queste persone al posto di un braccialetto converrebbe. Sto proprio facendo i conti della serva perché 9 milioni mi sembrano veramente uno sproposito.
  Peraltro, con le tecnologie che ci sono io penso che si potrebbe addirittura internalizzare il servizio.
  Faccio una boutade magari un po’ ironica, ma conviene quasi fornire a questi soggetti un cellulare a testa e legarlo alla caviglia. Questi braccialetti costano, anche se sono 2.000 quelli che si possono applicare in previsione. La mia è una critica, ma ci sta. Secondo noi, 9 milioni sono ancora tanti.
  Inoltre, leggendo la sentenza che è stata emessa nei confronti di Telecom, si vede che il Consiglio di Stato aveva fissato il termine al dicembre 2013. Con questo decreto sostanzialmente si prolunga in maniera indebita la vita dell'appalto nei confronti della stessa Telecom. Non so se sia corretto da parte del Governo superare una sentenza del Consiglio di Stato.
  Queste sono le mie domande, per adesso.

  DAVID ERMINI. Grazie, eccellenza, per essere presente. Pongo una domanda molto semplice, sempre relativa ai braccialetti elettronici.
  Vorrei sapere se avete un calcolo su quanto costerebbe l'applicazione del braccialetto elettronico soltanto per i soggetti in arresto domiciliare o in detenzione domiciliare. Vorrei capire se ci sarebbe una grande differenza tra l'applicazione del dispositivo elettronico abbinata a una misura come l'obbligo di dimora, cioè di non allontanamento da un comune o da una provincia, rispetto semplicemente all'applicazione del dispositivo elettronico, che consentirebbe magari un allontanamento maggiore rispetto al proprio domicilio.
  Chiedo, dunque, se ci sono costi molto diversi fra l'applicazione del mero dispositivo e quella di una misura abbinata al dispositivo.

  PRESIDENTE. Pongo una domanda per ultima, se me lo consente.
  Come è stato accennato precedentemente, anche da lei nel suo intervento, nella legge sul femminicidio il Parlamento ha cercato di rafforzare l'uso di questi Pag. 10strumenti elettronici. Io li vorrei chiamare «strumenti elettronici», non braccialetti, perché questa è la dicitura della legge.
  Noi ci siamo chiesti – anche come relatrice io me lo sono chiesto all'epoca – se, per dare efficacia alle misure che prevedono proprio il divieto di allontanamento e di avvicinamento e per sgravare un po’ il personale della polizia e, al tempo stesso, tutelare effettivamente le vittime, non ci fosse la necessità di mettere a punto anche alcuni strumenti tecnici sempre più efficaci e avanzati.
  Volevo sapere, riagganciandomi anche ad altre domande, a che punto sono l'esame comparativo con altri Paesi nonché gli studi tecnici e tecnologici esistenti e se ci sono, sotto questo aspetto, possibilità ulteriori rispetto alla classica cosiddetta cavigliera.
  Soprattutto, vorrei sapere se ho capito bene il concetto che lei ha voluto rappresentare all'inizio. Dovendo rifare la convenzione, o comunque il bando, anche se questo decreto verrà convertito negli stessi termini o comunque su questa linea, vorrei sapere se i costi che sono stati rappresentati come notevoli rispetto all'uso effettivo possano essere «ridotti» in relazione all'uso, cioè alla maggiore diffusione. Chiedo, cioè, se c’è una previsione di maggiore competitività dal punto di vista economico.
  Tengo le mie valutazioni per me, ma la mia richiesta è questa. Effettivamente questi sono costi notevoli, per l'uso che è stato fatto. Se i numeri sono più alti e la richiesta tecnologica è più avanzata, si può prevedere una riduzione, in termini relativi, dei costi, o comunque una proporzione più adeguata ?
  Do la parola al nostro ospite per la replica.

  ALESSANDRO PANSA, Capo della Polizia – Direttore del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno. L'onorevole Dambruoso ha chiesto se occorre un anno per andare a regime. Probabilmente sì, perché, e con questo posso rispondere anche a qualche altra domanda, dobbiamo aspettare la norma. Sulla base della norma e, quindi, anche in relazione alla norma già esistente sullo stalking, verrà emanato un decreto che definirà le caratteristiche tecnologiche a cui ci dobbiamo ispirare. Sulla base di quel decreto potremo poi fare un bando.
  Il bando è una gara pubblica, è un bando internazionale. I tempi che ci vorranno da quando la normativa sarà a regime saranno di un anno, o forse di 8-10 mesi. Non è nulla di immediato, perché nell'immediato potremo utilizzare, lo ripeto, fino a quando non ci sarà la sentenza della Corte di giustizia europea, la vecchia convenzione. Possiamo usare solo quella.
  Abbiamo calcolato i costi del servizio. Sappiamo quanto costa oggi. Il personale non costa, perché lo mette Telecom. Il sistema attualmente è tutto in outsourcing. In futuro verrà valutato anche questo, ossia verrà fatta una valutazione se sarà opportuno dare tutto il servizio in outsourcing o solo una parte.
  Qual è il costo ? Rispondo anche all'onorevole Businarolo. Il costo è di 9.083.000 euro all'anno. Il noleggio di 2.000 braccialetti elettronici costa 2.400.000, la movimentazione logistica dei braccialetti 2.900.000, la centrale operativa, le reti di trasmissione e le segnalazioni 3.717.000.
  Noi oggi non spendiamo 9 milioni, ma 3.170.000 per l'organizzazione, una cifra minore per quanto riguarda la manutenzione, perché i braccialetti sono pochi, e una cifra ancora minore per il noleggio. Intorno a questo servizio spendiamo, dunque, io credo, meno di 5 milioni. Più o meno questo è quanto spendiamo adesso, ma è chiaro che si tratta di una diseconomia enorme, perché la parte fissa strutturale è tarata per 2.000 dispositivi. Se ne usiamo 90, è sovradimensionata.
  Ripeto, questa è una convenzione che è stata stipulata e sulla quale c’è poco da dire: è illegittima. Non so che altro aggiungere su questo. È stata dichiarata illegittima. Più di questo non posso dire. Abbiamo sbagliato ? Sì, abbiamo sbagliato. Non la dovevamo fare. È una responsabilità che l'amministrazione – non io a titolo Pag. 11personale, ma l'amministrazione – si assume. È stato un errore e, quindi, non va bene, non la dovevamo fare.

  PRESIDENTE. Tanti atti sono illegittimi. Poi si rimedia.

  ALESSANDRO PANSA, Capo della Polizia – Direttore del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno. Sì, io volevo solo fornire la risposta. È successo. Nel 2001 abbiamo fatto questa convenzione e nel 2011 l'abbiamo rinnovata, ma non avremmo dovuto farlo. L'autorità giudiziaria ha detto che abbiamo sbagliato.
  Quanto ai limiti giuridici sull'uso, onestamente noi non abbiamo svolto alcuno studio di proiezione su dati di cui non disponiamo. Di solito questi studi sono svolti dal Ministero della giustizia, che è in grado di calcolare, sulla base della tipologia delle condanne riportate e dei detenuti che le riportano, quanti sono quelli che escono. Sul numero di quelli che potrebbero uscire noi abbiamo avuto anche dal Ministero della giustizia informazioni di carattere generale. Forse sono state un poco di più quelle che riguardano gli stranieri che quelle che riguardano i detenuti, perché il range di applicazione di questa norma non è ancora ben chiaro.
  Per quanto riguarda, invece, l'ampliamento dell'identificazione per l'espulsione, si calcolerebbero 1.300 persone in più. Questo è il calcolo che abbiamo fatto in base ai dati generali. Onestamente, però, questa è una proiezione che noi non siamo in grado di fare e che normalmente fa il Ministero della giustizia.
  Non abbiamo difficoltà sull'uso fino adesso, anche perché sono solo 90 i braccialetti. È una gestione molto semplice, perché sono solo 90. Non credo che ci siano problematiche, perché sappiamo come funziona il servizio altrove. Noi abbiamo una discreta conoscenza di quello che succede all'estero. L'abbiamo visto, l'abbiamo studiato. Nelle mie pregresse esperienze investigative io ho visto queste cose negli anni Ottanta, per la verità, anche all'estero. Negli Stati Uniti il servizio è completamente privatizzato. Sono i privati a fare questo lavoro, ma si tratta di sistemi e ordinamenti giuridici completamente diversi.
  Per quanto riguarda la spesa, ripeto, i 9 milioni sono esagerati. Mettere un cellulare sarebbe più semplice ? In effetti, il braccialetto elettronico è un cellulare che trasmette e non riceve. Più o meno si tratta di questo. Ciò che costa è lo strumento, soprattutto perché sul mercato c’è un operatore solo. Sicuramente oggi, se andiamo sul mercato, troveremo soluzioni che costeranno molto di meno. Il problema fondamentale è che oggi sul mercato troveremmo di meglio. Questa è una tecnologia un po’ datata e il suo costo è enorme rispetto al numero dei dispositivi. È questo il problema.
  Perché tale servizio si usa dalle altre parti e qual è il motivo perché non si è utilizzato da noi ? Perché negli altri Paesi non è richiesto il consenso dell'interessato. Questa è la prima questione.
  In secondo luogo, è uno strumento molto più diffuso perché il meccanismo giudiziario di molti altri Paesi non è basato sulla carcerazione preventiva. Il nostro ordinamento è basato, invece, sulla carcerazione preventiva. Parliamo dei massimi sistemi che riguardano la giustizia, ma il braccialetto è una tecnologia di margine. È un argomento importantissimo, per l'amor di Dio, ma sul quale io non ritengo di potermi cimentare.
  Quanto costerebbe il servizio ? Sappiamo quanto costa adesso e sicuramente riteniamo che, quantomeno rispetto al numero, costerà molto di meno, non fosse altro perché, come il presidente con la sua domanda mi richiedeva, è evidente che, nel momento in cui la legge stabilirà che si deve usare, non ci sarà bisogno del consenso. Addirittura il magistrato dovrà motivare il caso in cui non lo utilizza.
  Noi incentiviamo la detenzione domiciliare non solo perché diventa un meccanismo per svuotare il carcere, ma anche perché è facile controllare il soggetto. Siamo tranquilli sul fatto che il soggetto sta in casa veramente e non esce. Oggi lo riteniamo, speriamo che stia in casa veramente, Pag. 12ma il numero dei controlli che facciamo non ci consente di piantonare la casa. Questo va detto. Se il soggetto esce quando non c’è il controllo, noi non l'individuiamo. Il braccialetto, quindi, creerà un sistema sicuramente molto più efficace.
  Quanti saranno i casi ? La normativa dovrebbe favorire l'uso. A quel punto, io ritengo che non avremo più un rapporto diretto con un operatore, come è stato nel passato – lo ripeto, il meccanismo della convenzione è illegittimo e dovremo fare una gara pubblica – e che sicuramente l'affare sarà di interesse per molti più operatori. Ci saranno molti più operatori.

  PRESIDENTE. Sarà una gara europea ?

  ALESSANDRO PANSA, Capo della Polizia – Direttore del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno. Sì, la gara sarà sempre europea. Il braccialetto in sé e per sé è inglese, non è nostro. È lo stesso che usano gli inglesi. È una società inglese che lo fornisce.
  Il problema reale del braccialetto in sé non è il costo eccessivo, perché costerà quanto un cellulare, o poco più. Quello che costa moltissimo è la rete di gestione degli allarmi, la sala operativa aperta ventiquattro ore su ventiquattro che fa il monitoraggio di ognuno di questi braccialetti. Una megasala operativa per 90 braccialetti è eccessiva, ma, se i braccialetti saranno migliaia, diventerà un valore.
  Se mi permette, in conclusione – credo di aver risposto a tutte le domande – quando il braccialetto elettronico è nato, si pensava a un uso ampio e diffuso. Quando è stata tenuta all'epoca la gara, noi ci siamo buttati in avanti e abbiamo fatto una spesa eccessiva.
  Il punto è che non siamo mai riusciti nel tempo a ridurre i costi fissi. La parte variabile è sempre stata inferiore, perché in effetti fino a oggi non abbiamo mai pagato 9 milioni all'anno. Abbiamo pagato al massimo 5 milioni. Il contratto è fino a 9 milioni perché, se glieli chiediamo, Telecom ha l'obbligo, entro trenta o quaranta giorni, in una fase di sviluppo, di fornirci fino a 2.000 dispositivi. Addirittura Telecom è in grado di fornircene oltre 2.000, anche se, ogni 1.000 in più, dobbiamo pagare altri 1,4 milioni. Il costo, quindi, andrebbe addirittura oltre.

  PRESIDENTE. La gara va rifatta.

  DAVID ERMINI. Dovrebbe dare una risposta alla mia domanda sul costo diverso tra i domiciliari...

  PRESIDENTE. Il nostro ospite può finire la risposta. Poi interverranno Businarolo e Sarti.

  ALESSANDRO PANSA, Capo della Polizia – Direttore del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno. Non credo. Non abbiamo fatto una prova, ma non credo che ci siano costi diversi rispetto al divieto di dimora o di allontanamento da un determinato luogo. Si tratta di definire sul plotter, sul sistema, un'area che non è una casa, ma un comune.
  È evidente che, anche se ampliamo maggiormente l'area entro la quale il braccialetto gira e non fa scattare l'allarme, si tratta sempre di una figura geometrica. Questo risponde a un dato numero di sistemi di rilevazione e, quindi, di stazioni di rilevazione. Probabilmente per un divieto di allontanamento o di dimora non avremo una precisione al metro o al centimetro, come, invece, l'abbiamo sulle case, per le quali la precisione è quasi al centimetro. Credo sia questa la differenza.
  Quanto ai costi, non credo che varieranno, perché si tratta di definire l'allarme sul sistema informatico. Si tratterà semplicemente di creare una mappa sul sistema.

  FRANCESCA BUSINAROLO. Visto che anche il prefetto ha detto che questa convenzione è illegittima, noi stiamo rinnovando qualcosa di illegittimo.

  PRESIDENTE. Non la stiamo rinnovando.

Pag. 13

  FRANCESCA BUSINAROLO. Col decreto ne stiamo prorogando la vita. Argomentatemi questo aspetto, per cortesia.
  Io volevo solo puntualizzare che Fastweb ha fatto ricorso perché era concorrente nell'appalto con Telecom, che non era, dunque, l'unica possibile fornitrice del servizio. Lo preciso solo per chiarezza.
  Avevo chiesto anche se non fosse il caso di internalizzare il servizio a questo punto, visti i costi, considerato che da molti anni stiamo pagando 9 milioni di euro ogni anno e che comunque ci vorrà un altro anno più o meno per entrare a regime e, quindi, altri 9 milioni di euro. Riflettiamo anche sul fatto di non fare più un appalto, ma di internalizzare il servizio.

  GIULIA SARTI. Aggiungo solo un'ultima richiesta alle precisazioni e alle domande già poste dalla mia collega.
  Lei, dottor Pansa, dice che si deve trovare un certo favore da parte del Parlamento, del Governo, del potere legislativo nell'avere una concezione diversa della carcerazione preventiva. Ci stava spiegando perché il nostro Paese è tanto differente dagli altri nell'utilizzo di strumenti quali possono essere questi braccialetti elettronici.
  Io, però, osservo che uno strumento, per essere adottato, deve anche dare una garanzia di funzionamento. Spostandoci dai costi, le chiedo se lei attualmente sarebbe in grado di garantire, o perlomeno, anche se non è lei che lo deve fare, se è in grado di dirci che, se fossero utilizzati 2-3-4.000 braccialetti oggi con questa convenzione, con il sistema che abbiamo, essi sarebbero in grado di garantire un vero controllo sui detenuti. Vorrei capire questo.
  Prima di tutto, secondo me, bisogna guardare il funzionamento di uno strumento, oltre alle circostanze esterne. Io vorrei capire oggi il funzionamento dello strumento. Perché questi braccialetti, o questi strumenti tecnologici, non vengono adottati ? È soltanto perché ci sono norme che non vanno in loro favore, o anche perché la loro adozione in misura massiccia comporterebbe forse uno scarso controllo nei confronti dei condannati a cui è assegnata questa misura ?

  ALESSANDRO PANSA, Capo della Polizia – Direttore del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno. A mio avviso, ci sono tre livelli. Uno è quello della norma, delle regole. La norma oggi è restrittiva sull'uso. Esemplifico la risposta in questo modo. Il decreto-legge che state valutando ai fini della conversione, invece, dovrebbe incentivarlo. È una previsione in questo senso. L'uso dovrebbe aumentare.
  Come funziona ? Oggi il sistema funziona in ragione di una convenzione, lo ripeto, illegittima. Possiamo anche fare un atto di contrizione, ma è stata stipulata e non è rinnovata dalla legge. Oggi questa convenzione sussiste perché c’è una sentenza del Consiglio di Stato che ha dichiarato che è illegittima, ma che si continua a utilizzare fino a quando non si pronunzierà la Corte di giustizia europea a cui ha ricorso Telecom. La Corte di giustizia europea dovrà stabilire se abbiamo sbagliato a fare una trattativa privata direttamente con Telecom e se avremmo dovuto, invece, fare un bando di gara pubblica o meno.
  Quella sentenza avrà una ricaduta anche sull'effettività della convenzione. In teoria, la Corte di giustizia europea potrebbe dichiarare che la convenzione è giusta e che si deve continuare a usare. Contrattualmente, saremmo obbligati ancora a utilizzarla. Allo stato, però, abbiamo un giudicato del Consiglio di Stato secondo cui la convenzione è illegittima e morta, ma sopravvive solo per il tempo dell'attesa del giudizio.
  Nel momento in cui la legge entrerà in vigore, noi dovremmo avere già chiarito l'aspetto contrattuale e giuridico. Se le cose stanno così, procederemo a una gara in cui ci saranno Fastweb e tutti gli altri operatori. Speriamo in quella circostanza di poter trovare tecnologie ancora più efficaci rispetto a quelle che ci sono oggi e che bene o male funzionano, anche se in numero limitatissimo, e a costi sicuramente inferiori.Pag. 14
  In quel momento avremo la possibilità di fare una valutazione anche sul fatto se convenga internalizzare la gestione o continuare a esternalizzarla. Potremo valutare la soluzione economicamente più valida, in termini di risorse non solo finanziarie, ma anche umane.
  Attualmente, il tema è che la tecnologia è utilizzata dagli operatori. Chi fisicamente colloca questo strumento alla caviglia del detenuto è Telecom, o l'operatore che ci sarà, perché è detentore dello strumento. Noi avremo sempre una componente di presenza di outsourcing. Questa è una previsione che io faccio del tutto senza elementi. Dovremo, quindi, bilanciare l’outsourcing e l’insourcing e capire quale sarà la scelta migliore sulla base di quello che il mercato ci offrirà in quel momento a condizioni diverse da oggi.
  Se noi oggi andiamo un'altra volta sul mercato con l'ipotesi di utilizzare non 90, ma 150 braccialetti, spendiamo sempre un sacco di soldi. Se, invece, la normativa favorirà l'uso, la situazione cambierà.
  Se proprio mi consentite una fuga in avanti, che non mi compete, con questa normativa o potenziamo il sistema, o lo chiudiamo. Diversamente, continuiamo a spendere un sacco di soldi per 90 braccialetti. Mettiamo 90 poliziotti e facciamo prima. Alla fine ci costano di meno. Io non devo influenzare il legislatore, per l'amor di Dio, non è compito mio. Parlo più che altro da cittadino: se dobbiamo usare il sistema, usiamolo ampiamente e nella massima possibilità. Oggi, con la tecnologia che esiste, la possibilità di controllare il soggetto con lo strumento elettronico è sicuramente una forte garanzia. Io non mi preoccuperei di questo aspetto. L'unica cosa di cui mi preoccuperei è che l'evasione, o comunque la violazione dell'uso del dispositivo da parte dell'interessato sia sanzionata seriamente. Quella è la garanzia. Che siano 90 o 2.000 i soggetti che utilizzano il dispositivo, noi saremo in grado di controllarli. L'importante, però, è che la violazione sia sanzionata con rigore per renderla non appetibile.
  Se faccio scattare l'allarme perché me ne esco dal mio domicilio e poi la sanzione è irrisoria, avremo difficoltà, perché gli allarmi saranno tanti. Se la sanzione è grave, se prendiamo il soggetto, lo riportiamo in carcere e non gli concediamo più di ottenere il servizio, probabilmente l'interesse sarà maggiore. Da questo punto di vista, quindi, una previsione teorica di efficienza ci sarà.

  PRESIDENTE. La ringrazio molto da parte di tutti. Anche la partecipazione al dibattito testimonia l'importanza dell'audizione. La ringraziamo anche per la chiarezza e per i temi di riflessione che ci ha portato.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.05.