XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Mercoledì 8 gennaio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DEL DISEGNO DI LEGGE C. 1921  GOVERNO, DI CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE N. 146 DEL 2013, RECANTE MISURE URGENTI IN TEMA DI TUTELA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DEI DETENUTI E DI RIDUZIONE CONTROLLATA DELLA POPOLAZIONE CARCERARIA

Audizione di Giovanni Tamburino, Capo Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia e di rappresentanti dell'Unione delle camere penali italiane.
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Tamburino Giovanni , Capo Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia ... 3 
Ferranti Donatella , Presidente ... 6 
Spigarelli Valerio , Presidente dell'Unione delle camere penali italiane ... 6 
Ferranti Donatella , Presidente ... 7 
Spigarelli Valerio , Presidente dell'Unione delle camere penali italiane ... 7 
Ferranti Donatella , Presidente ... 7 
Molteni Nicola (LNA)  ... 7 
Colletti Andrea (M5S)  ... 7 
Ferranti Donatella , Presidente ... 8 
Bonafede Alfonso (M5S)  ... 8 
Pagano Alessandro (NCD)  ... 8 
Ferranti Donatella , Presidente ... 9 
Tamburino Giovanni , Capo Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia ... 9 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
Tamburino Giovanni , Capo Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia ... 10 
Pagano Alessandro (NCD)  ... 11 
Tamburino Giovanni , Capo Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia ... 11 
Pagano Alessandro (NCD)  ... 11 
Tamburino Giovanni , Capo Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia ... 11 
Dambruoso Stefano (SCpI)  ... 11 
Colletti Andrea (M5S)  ... 11 
Tamburino Giovanni , Capo Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia ... 12 
Ferranti Donatella , Presidente ... 12 
Spigarelli Valerio , Presidente dell'Unione delle camere penali italiane ... 12 
Ferranti Donatella , Presidente ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 12.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di Giovanni Tamburino, Capo Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia e di rappresentanti dell'Unione delle camere penali italiane.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame del disegno di legge c. 1921 Governo, di conversione in legge del decreto-legge n. 146 del 2013, recante misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria, di Giovanni Tamburino, Capo Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia e di rappresentanti dell'Unione delle camere penali italiane.
  Do la parola al presidente Tamburino per lo svolgimento della relazione.

  GIOVANNI TAMBURINO, Capo Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia. Saluto il presidente e tutti gli onorevoli commissari. Vi ringrazio per la vostra attenzione al Dipartimento. Per rapidità, farò riferimento alle norme del decreto con le osservazioni che ho ritenuto possano essere utili al lavoro della Commissione.
  Sull'articolo 1, non ho nulla da osservare.
  Per quanto riguarda l'articolo 2, la valutazione sugli effetti sulla diminuzione dei detenuti è abbastanza difficile da calcolare e si potrà avere soltanto in un periodo medio-lungo, stante l'applicazione in questo caso dall'articolo 2, comma 4, del codice penale. Non si tratta, infatti, di una depenalizzazione.
  L'articolo 2 riguarda l'ipotesi del fatto di lieve entità dell'articolo 73. Questa, come noto, diventa un'ipotesi autonoma di reato. Per i tecnici, è chiaro cosa questo significhi: tutto il sistema di attenuanti e aggravanti è applicato sulla fattispecie così come formulata, diventa una nuova fattispecie, un nuovo fatto tipico.
  Se così non fosse, una aggravante sarebbe tale da eliminare l'effetto dell'attenuante, riportando quindi la pena a quella base prevista per il reato del primo comma dell'articolo 73. Questa è, appunto, per i non tecnici la grande differenza nel creare una fattispecie autonoma rispetto alla creazione di un'ipotesi semplicemente attenuata.
  Essendoci, però, una modificazione della pena, ma non una depenalizzazione, tutti coloro che sono stati condannati vigente la precedente disciplina, continuano a scontare la pena così come è stata inflitta in precedenza in forza, appunto, dell'articolo 2, comma 4, del codice penale.
  Aggiungo, solo per dare una indicazione, cosa accadrebbe se, invece, vi fosse una sostituzione della pena detentiva con una pena pecuniaria. Questo, ad esempio, potrebbe in teoria avvenire in relazione Pag. 4alle cosiddette droghe leggere. La distinzione, come si ricorderà, esisteva nella legge del 1975 ed è stata poi eliminata nel 1990.
  In questo caso, si avrebbe l'effetto dell'uscita dal carcere di tutti coloro che pure fossero stati condannati per un fatto lieve in forza del comma terzo del citato articolo 2 del codice penale. Questa è una considerazione di sistema che mi permetto di lanciare per quello che può valere. Credo, però, che gli effetti sulla deflazione carceraria di questa modifica siano difficilmente calcolabili, anche se certamente, soprattutto nel medio periodo, si avrà una diminuzione delle presenze carcerarie in relazione ai fatti di lieve entità.
  Personalmente, sono favorevole a un'impostazione che cerchi di colpire il grande traffico, soprattutto quello delle droghe più pericolose, essendo questo il modo più efficace di contrastare la diffusione di questo fenomeno.
  Per quanto riguarda l'articolo 3, passando alle modifiche dell'ordinamento, penitenziario in particolare, il comma 1 alla lettera a) parla del diritto al reclamo. Ho un'osservazione di carattere tecnico. Al punto 1, si dice che il reclamo può essere indirizzato al direttore dell'istituto, al provveditore regionale, ma si parla anche del direttore dell'ufficio ispettivo, come leggevo nella relazione del relatore di ieri.
  Ora, prima delle modifiche portate alla struttura penitenziaria, esistevano gli uffici degli ispettorati regionali, che corrispondono agli attuali provveditorati regionali. Oggi, gli ispettorati regionali non esistono più. Se per direttore dell'ufficio ispettivo, quindi, si intende il direttore dell'ufficio ispettivo che esiste tuttora nel dipartimento, avrei qualche dubbio sull'opportunità di lasciarlo nel momento in cui ci sono il direttore dell'istituto, il provveditore e il capo del dipartimento. Quest'indicazione potrebbe essere eliminata. L'ufficio ispettivo esiste, ma è un ufficio di staff, uno dei tanti in cui si articola il Dipartimento, per cui forse si trascina quest'indicazione precedente.
  In relazione all'articolo 35-bis introdotto nella lettera b) del comma 1, faccio un'osservazione al comma 3, dove si prevede che il magistrato, accertata la sussistenza e l'attualità del pregiudizio, ordina all'amministrazione di porre rimedio. Qui vi è il rischio, con una formula molto aperta, che il magistrato possa arrivare, nel porre rimedio, a dettare il contenuto concreto dell'attività amministrativa.
  Vi è il rischio che questa formula possa indurre il magistrato non solo a ordinare di porre rimedio, ma indichi anche il modo di porre rimedio, con un intervento che entri nel contenuto dell'attività amministrativa. Questo potrebbe porre dei problemi non facili e, comunque, mi sembra anche non conforme alla ripartizione tra giurisdizione e amministrazione.
  Nel comma 4, è previsto un termine di 15 giorni per il ricorso. Segnalo che sarebbe opportuno per l'amministrazione che il termine fosse portato a 30 giorni. Per l'amministrazione, può essere difficoltoso intervenire con un ricorso in un termine così breve quando la decisione sia presa, come accade normalmente, in periferia, e quindi decorrano dei tempi per la comunicazione al centro, che deve provvedere a elaborare uno schema di ricorso per trasmetterlo all'Avvocatura. Molto spesso, questo tempo è troppo breve e si consolidano decisioni che possono anche non essere appropriate.
  Inoltre, sottolineo che il ricorso dovrebbe avere efficacia sospensiva, salvo grave pregiudizio. Credo che sarebbe anche qui sensato e prudente prevedere un'efficacia sospensiva del ricorso, ripeto salvo grave pregiudizio, che potrebbe essere valutato e giudicato dal magistrato stesso.
  Nel comma 6, alla lettera c), vi è l'espressione «se non sussistono ragioni ostative», abbastanza criptica in relazione alla condanna di pagare una somma di denaro, tra l'altro limitata, a meno che non si faccia riferimento alla clausola di invarianza finanziaria di cui all'articolo 9, ma non credo che questo possa essere il significato di questa formula iniziale, che quindi lascia qualche dubbio.
  Giudico favorevolmente l'ipotesi di cui alla lettera e) sulle deroghe temporanee Pag. 5delle prescrizioni. Si potrebbe forse anche introdurre una previsione espressa di delegabilità. Di fatto, esiste già una prassi di deroghe temporanee dei magistrati in questi casi all'amministrazione. Potrebbe essere da chiedersi se non sia da inserire una previsione anche di delegabilità, ma sarà da verificare se la sede sia propria.
  All'articolo 69 sono apportate le seguenti modificazioni al comma 5: le parole «nel corso del trattamento» sono soppresse. Ho letto nella relazione del relatore di ieri che aveva qualche dubbio sulla ragione della soppressione di queste parole. Credo che si possa spiegare.
  Il trattamento non è in corso nei confronti degli imputati, che però hanno anche loro dei diritti, per i quali possono proporre reclamo, sono soggetti attivi di reclamo. Inoltre, il trattamento anche nei confronti dei non imputati, cioè dei condannati, può iniziare e di fatto inizia dopo un certo tempo, non sempre subito, ahimè, per le carenze dell'amministrazione stessa. Forse è per questo che le parole sono soppresse.
  Passerei all'articolo 4 e, in particolare, al comma 5, salvo aggiungere qualche osservazione sull'articolo 4 in generale. Condivido l'esclusione a chi sia in affidamento e in detenzione domiciliare. La ratio di questa norma è, appunto, legata a un tempo particolare e a una condizione di estremo disagio che si vive in relazione al fenomeno del sovraffollamento, per cui è logico, secondo la mia opinione, che si faccia riferimento per quest'estensione soltanto ai detenuti.
  Andrebbero, quindi, esclusi anche i soggetti di cui all'articolo 5 dello stesso decreto, cioè quelli della legge n. 199 del 2010, che adesso dovrebbe diventare a regime. Siamo all'articolo 4, comma 5: anche quella della legge n.199 è una detenzione domiciliare, ma è una misura dal nomen iuris particolare e potrebbe sorgere il dubbio se si possa applicare anche a costoro, per cui forse è il caso di nominarla.
  Inoltre, in relazione all'ipotesi dell'articolo 656, comma 10, del codice di procedura penale, per cui la misura degli arresti domiciliari si protrae automaticamente fino alla decisione della magistratura di sorveglianza, anche quella di fatto è una detenzione domiciliare, ma potrebbe sorgere il dubbio che non fosse ricompresa, per cui potrebbero essere richiamate anche queste altre due ipotesi nel comma 5.
  Non faccio alcun commento sull'articolo 5, essendo favorevolissimo a portare a regime una misura che ha dato buona prova. Non ho commenti neanche per l'articolo 6.
  Quanto all'articolo 7, vi sono alcune osservazioni di carattere strettamente tecnico. Forse la formula dei 5 anni non prorogabili non è la più perspicua: significa che non è rieleggibile ? Che non è confermabile ? La proroga è cosa diversa, e quindi forse la terminologia potrebbe essere modificata.
  Inoltre, la lettera a) presenta qualche rischio di sovrapposizione con le competenze del magistrato di sorveglianza. Anche i termini «vigila» e «vigilanza» sono identici a quelli che si trovano nell'ordinamento penitenziario, articolo 69, sulle competenze della magistratura di sorveglianza. Nei primi due commi si parla di vigilanza, quindi forse potrebbe esserci un problema di sovrapposizione.
  Sempre alla lettera a), si parla di custodia dei detenuti e di internati e di soggetti sottoposti a custodia cautelare. La custodia in termini giuridici è la custodia cautelare, mentre per gli altri è detenzione, quindi forse anche qui è necessario un aggiustamento terminologico. Per custodia di tutti gli internati si intende la detenzione, mentre poi si parla di custodia cautelare appropriatamente. Segnalo questo problema di terminologia.
  Ancora, alla lettera b), è abbastanza chiaro cosa si intenda, ma di per sé si parla di visita alle strutture private, laddove gli arresti o la detenzione domiciliare avvengono anche nelle abitazioni private e, anzi, normalmente in esse. Questo significherebbe, dunque, che senza autorizzazione può esserci un problema, potrebbe essere previsto un consenso anche verbale Pag. 6come alla lettera c) ? Diversamente, potrebbe esserci un problema di accesso a dimore private.
  Vengo ad alcune osservazioni di carattere puramente tecnico. La lettera f) formula «alle norme dell'ordinamento»: a mio parere, bisogna parlare di ordinamento penitenziario. Inoltre, anche l'amministrazione interessata è quella penitenziaria. Si tratta, in ogni caso, di aspetti di carattere formale.
  Sono, inoltre, favorevole all'aumento della detenzione della liberazione anticipata e vorrei porre qualche osservazione per quanto riguarda la distinzione con i fenomeni indulgenziali o estintivi.
  Qui non si tratta di estinzione della pena, ma di riduzione di una pena sul presupposto di una sua effettiva espiazione, cioè di una effettività. La pena, infatti, viene eseguita entro certi limiti ed è quindi patita, sofferta, sia pure con una riduzione rispetto alla determinazione quantitativa del giudice in sede di condanna.
  Vi è poi un'applicazione caso per caso, quindi è nominativa persona per persona, non a reati o a categorie di reati. Vi è sì un'applicazione alquanto ampia sull'ordine dell'80 per cento e forse anche più dei casi in cui la liberazione anticipata può essere applicata, ma questo corrisponde anche a un'assunzione di comportamenti endocarcerari da valutare positivamente nei confronti di soggetti che, in qualche modo, esercitano un controllo comportamentale, come è sempre positivo anche nella prospettiva dell'uscita dal carcere e della socializzazione.
  È applicato con provvedimento giurisdizionale, quindi con una motivazione sulla base della meritevolezza. È passibile di revoca se si commette un reato durante la detenzione, un delitto non colposo. Debbo anche ricordare che è visto favorevolmente un sistema di elasticità o di flessibilità della pena rapportato al soggetto a livello delle indicazioni del Consiglio d'Europa.
  A me sembra che, di fronte alla necessità di un riequilibrio del sistema, questo sia uno strumento con una buona efficacia e forse il meno lesivo delle esigenze di certezza e giustizia. I numeri in relazione agli effetti di questa misura vanno riferiti a quelli dei condannati per pena residua, che fino a 6 mesi sono quasi 5.000.
  Non tutti ne beneficeranno e nella misura massima. Tuttavia, un'applicazione anche solo al 50 per cento significherebbe una certa consistenza in relazione a una presenza alla data odierna di 62.400 detenuti. Si potrebbe scendere sotto i 60.000 detenuti con una previsione realistica di consegna di ulteriori 4.000-4.500 posti carcere entro il maggio dell'anno prossimo, termine a tutti noto.

  PRESIDENTE. Ringrazio il nostro ospite.
  Prima che ai colleghi, cederei la parola al presidente delle Camere penali, Valerio Spigarelli, accompagnato da Alessandro de Federicis, referente dell'Osservatorio Carcere.

  VALERIO SPIGARELLI, Presidente dell'Unione delle camere penali italiane. Mi riaggancerò immediatamente a quanto riferito dal dottor Tamburino in relazione alla natura del provvedimento e anche agli eventuali dubbi o alle eventuali questioni sollevate in relazione alla possibilità che questo sia di clemenza generalizzato camuffato da qualche altra cosa.
  Non soltanto per i motivi descritti dal dottor Tamburino, l'ultimo dei quali mi sembra particolarmente significativo sulla liberazione anticipata, che rammentiamo non essere un regalo senza fine, ma che è comunque sottoposta a una possibilità di revoca se il detenuto non mantiene un determinato comportamento, già marchiamo una differenza assolutamente sostanziale con provvedimenti invece di clemenza generalizzata.
  Questo discorso ci porta anche alla lettura di alcune delle norme del provvedimento, il cui impianto si muove nella direzione giusta, ma che abbisogna, a nostro modo di vedere, di talune precisazioni e limature, altrimenti si finirà per non raggiungere lo scopo effettivo del provvedimento e dell'intervento legislativo.Pag. 7
  Libererei subito il discorso dalla parte del provvedimento che riguarda la modifica dell'articolo 73 della legge sugli stupefacenti con l'introduzione della nuova norma. Qui vado un po’ al succo del discorso.
  A nostro modo di vedere – mi pare che già discutemmo di modifiche più complessive nella norma sugli stupefacenti...

  PRESIDENTE. Il provvedimento è ancora in corso.

  VALERIO SPIGARELLI, Presidente dell'Unione delle camere penali italiane. Farò anche un discorso sulla possibilità che questo diventi, essendo un decreto-legge, un veicolo attraverso il quale si possa riuscire a sveltire un po’ l’iter normativo di altre significative riforme in discussione al Parlamento.
  Per quanto riguarda la modifica della legge sugli stupefacenti, però, sostanzialmente rileviamo che si poteva essere anche un po’ più coraggiosi dal punto di vista delle pene, cioè del livello sanzionatorio, se condividiamo, come tutto sommato facciamo, l'idea che i fatti di lieve entità si ascrivono in una particolare tipologia criminologica, cioè riguardano essenzialmente i tossicodipendenti che violano la legge.
  Per il resto, non procederei a soverchie disquisizioni in ordine alla necessità, semmai, di distinguere ancora tra tipi di sostanze stupefacenti, che pure è una delle questioni che avevamo già in altra occasione preso in considerazione. Per quanto riguarda l'articolo 3 e le garanzie, mi riporto un po’ a quanto illustrato dal dottor Tamburino esaminando la norma.
  Non condivido, invece, come ho appena sentito, il timore espresso di una certa coartazione della libertà dell'amministrazione da parte della giurisdizione nell'ipotesi di reclamo o simili.
  Semmai, abbiamo registrato il fenomeno opposto, di una certa resistenza talvolta da parte dell'amministrazione rispetto alle decisioni del tribunale di sorveglianza. Il dottor Tamburino sa meglio di me che in un episodio si è arrivati a una pronuncia della Corte costituzionale relativamente ad alcune indicazioni del tribunale di sorveglianza rispetto a limitazioni di un detenuto al 41-bis. Si è dovuti arrivare all'ottemperanza proprio perché accadeva il contrario, una resistenza troppo significativa anche rispetto all'ordine giurisdizionale.
  Quanto all'affidamento in prova e liberazione anticipata, notiamo un punto fondamentale e cruciale. Anzitutto, ovviamente siamo d'accordo sull'innalzamento a 4 anni dell'affidamento in prova, ma notiamo e non condividiamo la spiegazione della défaillance – l'avevamo intesa, infatti, come tale o come un cattivo coordinamento, magari può essere spiegata in maniera diversa, ma a questo punto non concordiamo sulla spiegazione – per cui, nel momento in cui si stabilisce il limite di 4 anni per l'affidamento in prova, bisogna coordinare anche la disposizione dell'articolo 656, comma 5, e quella dell'articolo 51-bis dell'ordinamento.
  Se presupponiamo, infatti, che ben sia possibile un affidamento in prova per una pena che in concreto da eseguirsi è di 4 anni, dobbiamo anche offrire la possibilità che questa pena sia sospesa, come avviene attualmente per l'affidamento in prova nel limite dei 3 anni, in attesa della decisione del magistrato.

  PRESIDENTE. Siccome il dottor Tamburino è convocato in Commissione antimafia, dove hanno anticipato la convocazione alle 13.30, darei subito la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  NICOLA MOLTENI. Dottor Tamburino, con riferimento all'articolo 8, sugli sgravi fiscali alle imprese che assumono detenuti, una norma era già inserita in un precedente decreto: mi spiega bene a cosa si riferisce l'articolo 8 ? Ho provato a leggerlo, ma francamente non l'ho capito.

  ANDREA COLLETTI. In relazione all'articolo 3, il reclamo giurisdizionale, a suo avviso quanti ricorsi vi saranno ? Soprattutto, Pag. 8visto anche che rappresenterà una spesa per lo Stato per un'eventuale multa, quanto pagherà lo Stato considerata una popolazione di 60.000 detenuti ?
  A cosa specificatamente si riferiscono i reclami ? A quali situazioni tipizzate, se lo sono ?
  In relazione all'articolo 4, sull'indulto previsto dai commi 2 e 3, ha asserito che saranno liberati su un fine pena 6 mesi forse 5.000 detenuti, dipendendo da quanto hanno dato prova di aver seguito il trattamento. Siccome dal 2010 a oggi sono 240 giorni di sconto di pena, 8 mesi, quanti ne sarebbero liberati, essendo 30 per 8 semestri ?
  Quanto alla prova del positivo evolversi, quali sono queste prove considerando che l'amministrazione si adopera pochissimo, purtroppo, per il recupero sociale per mancanza di fondi ?
  Se dispone di statistiche, a quanti detenuti è stata rigettata la liberazione anticipata ex articolo 54 ? Quando ne hanno fatto richiesta, a quanti in percentuale essa è stata rigettata, e quindi quanti non hanno dato piena prova del trattamento ?
  Visto che si parla, comunque, di carceri e sovraffollamento, quanti detenuti sono entrati nel 2013 nei nuovi padiglioni messi a disposizione dal commissario e in quali specificatamente ? Catanzaro e Livorno sono stati ultimati e collaudati e vi sono già entrati dei detenuti e quanti ?
  Vorrei anche consegnare al presidente la copia della segretazione del Ministero della giustizia per farla avere al Ministro Cancellieri, che a quanto pare non l'aveva.
  Inoltre, chiedo al dottor Tamburino se può rispondermi in merito a due richieste avanzate sia sulla vigilanza dinamica sia sui costi di progettazione esecutiva dei penitenziari qualora realizzati internamente al DAP, uno a inizio dicembre e uno il 18 dicembre. Non ho ricevuto ancora risposta.

  PRESIDENTE. Si tratta di solleciti di richieste scritte avanzate al capo dell'amministrazione penitenziaria, per cui magari ne prendiamo nota e si consegneranno direttamente al presidente Tamburino.

  ALFONSO BONAFEDE. Avrei posto molte delle domande del collega Colletti.
  In relazione, in particolare, ai provvedimenti già emessi, cioè al beneficio previsto dall'articolo 54 di cui già usufruiscono i detenuti dal 2010, si aggiunge il termine di ulteriori 30 giorni ? Rispetto ai detenuti che usciranno e, in particolare, a quelli che hanno già beneficiato, la stima è sempre quella che calcola la media dei benefìci solitamente ottenuti ? Se in base all'articolo 54 erano l'80 per cento, il numero che mi pare lei abbia individuato, resta l'80 per cento anche considerando quelli che hanno già beneficiato ?
  Questa stima, in realtà, sarebbe errata. Se hanno già beneficiato e se già quindi hanno ottenuto il beneficio da parte di un giudice, francamente non riesco a immaginare che adesso non beneficino di questi ulteriori 30 giorni. La stima di quelli che hanno ottenuto il beneficio e che otterranno l'ampliamento dei giorni non è più, quindi, dell'80 per cento perché già una valutazione del giudice c’è stata.
  Non si capisce perché il giudice, dopo aver concesso il beneficio, debba tornare indietro. A quel punto, la stima si aggirerebbe forse intorno al 99 per cento, ciò che ovviamente porterebbe ad affermare che il filtro del giudice non esiste.

  ALESSANDRO PAGANO. Presidente, la ringrazio per il suo intervento. Ho qui presentato delle domande che non necessitano di una spiegazione ampia. A me basta anche il Rischiatutto, un dato numerico o, comunque, una risposta secca. Mi rendo conto che, probabilmente, a qualcuna di queste non è nelle condizioni oggi di rispondere perché, ovviamente, necessita di una preparazione specifica, che dalla sua relazione, non essendo richiesta, non è arrivata.
  Ritengo, però, che la Commissione, qualora venisse a conoscenza, ovviamente grazie al nostro mandato di parlamentari, delle risposte che nella sua qualità e in Pag. 9maniera autorevole ci fornirà, sarà aiutata nella soluzione migliore del provvedimento in discussione, ottimale. A oggi, qual è il numero dei detenuti in custodia cautelare presente negli istituti di pena italiani ?
  Quanti sono, suddivisi secondo il grado di giudizio, cioè quanti in attesa di giudizi di primo grado, quanti di secondo, quanti in Cassazione ? Voglio conoscere anche il numero dei detenuti stranieri presenti negli istituti di pena italiani. Quanti di costoro potrebbero essere già espatriati o espiare le pene nei Paesi di origine in virtù degli accordi tra gli Stati di origine con lo Stato italiano.
  Presidente – il direttore mi perdonerà l'inciso – sull'Albania, ad esempio, ieri il ministro ci ha fornito una serie di dati: ha chiesto tanti soldi, che ha già ricevuto, per costruire un carcere che ha già costruito. Quanto alla Romania, invece – ho parlato anche con esponenti di quella Nazione – per motivi di rivalutazione dell'immagine, si chiede il rimpatrio dei carcerati. Nonostante tutto, direttore, mi pare che abbiamo delle difficoltà a espatriare o a rimandare nei Paesi di origine questi soggetti.
  Inoltre, perché è così difficile identificare in carcere uno straniero condannato che ha come pena aggiuntiva l'ordine di espulsione ? Al momento della scarcerazione, infatti, è inviato al CIE, aumentando così la popolazione dei centri di identificazione ed espulsione, anziché essere immediatamente accompagnato alla frontiera.
  Aggiungo a vantaggio della Commissione che i problemi sorgono quando questi soggetti, che certamente non sono dei gentlemen, vanno in CIE e creano i problemi in termini di disordine. Dei 10 che si sono cuciti la bocca, la stragrande maggioranza sono soggetti che presentano una fedina penale lunghissima.
  A quanti detenuti domiciliari è stato applicato il braccialetto elettronico dal 2000, anno dell'introduzione, a oggi ? Finora, a partire dal 2000, i braccialetti elettronici non hanno trovato quasi per nulla applicazione nonostante il costo elevatissimo. Forse può rispondermi in questo caso direttamente, senza prendere tempo: cos’è contenuto nel decreto sulle carceri per rendere più estesa quest'applicazione con specifico proprio riferimento al braccialetto elettronico ? Cosa prevede lo «Svuota carceri» in discussione che possa allargarne l'uso ?
  La domanda è molto personale. A suo avviso, questo nuovo sistema funzionerà ? Soprattutto, quali sono state le valutazioni del DAP al ministro ? Vogliamo conoscerle per capire come il ministro ha agito in funzione del suggerimento tecnico che lei ha fornito.

  PRESIDENTE. Dico anche per il presidente Tamburino che alcune delle domande hanno già una risposta nella relazione del ministro, nell'accertamento condotto a seguito del messaggio del Presidente Napolitano, per cui fanno parte degli allegati nonché del dossier. Parlo di alcuni numeri che ha chiesto. Lo dico anche per il presidente nel caso avesse bisogno di consultarli.
  Cedo la parola al presidente per la replica, eventualmente riservandosi, se crede, di farci avere una nota scritta sui punti più dettagliati.

  GIOVANNI TAMBURINO, Capo Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia. Risponderò, purtroppo brevemente, cosa di cui mi scuso, ma sono convocato, come è stato spiegato, dall'altro ramo del Parlamento.
  Onorevole Molteni, confesso che anche a me è oscuro l'articolo 8. Non sono in grado di darle una risposta. È una tematica sulla quale ho bisogno di approfondimenti. Mi dispiace moltissimo, ma sono nella stessa sua condizione.
  Onorevole Colletti, quanto all'articolo 3 relativamente ai ricorsi tipizzati, per la mia esperienza credo che vi sia il rischio effettivo di un proliferare massiccio di ricorsi. Peraltro, nel carcere effettivamente le persone hanno motivi reali o ritenuti tali di lamentarsi. Rispetto a questo, sarà la giurisprudenza della magistratura di sorveglianza a porre degli argini per identificare, Pag. 10mi auguro rapidamente e con chiarezza, i limiti entro i quali si possa ritenere che vi sia una violazione del diritto.
  In qualche misura, la norma offre un'indicazione alla lettera b), prima del comma 2 dell'articolo 3, quando parla di «un attuale grave pregiudizio all'esercizio dei diritti». Vi è una certa circoscrizione. Ho visto, infatti, ricorsi da detenuti perché il direttore vietava di portare i pantaloncini corti, per esempio, quando si andava al colloquio. Alcuni detenuti hanno ritenuto che questo potesse ledere un loro diritto. È chiaro che l'estensione può anche comportare dei rischi di questo genere, ma l'alternativa non può essere di certo quella di escludere la tutela dei diritti.

  PRESIDENTE. Tra l'altro, questo non è uno dei punti di adempimento della sentenza Torreggiani, specifico ?

  GIOVANNI TAMBURINO, Capo Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia. Presidente, è senz'altro così, ma la Corte europea identifica diritti in relazione ai diritti umani elencati dalla Convenzione del 1950 e considera violazione del diritto scendere, ad esempio, in uno spazio inferiore ai 3 metri. Parlando di diritti in generale, vi è effettivamente il rischio, che ritengo di dover sottolineare, di un'estensione «senza fine» di quest'idea, e quindi dell'oggetto del ricorso.
  Ritengo, però, che questo non possa essere definito altro che dalla giurisprudenza. È la magistratura di sorveglianza a definire il campo dei diritti. Da questo dipenderà anche il numero dei ricorsi che saranno accolti.
  Quanto alla spesa, anche riprendendo un passaggio dell'intervento dell'avvocato Spigarelli, direi che l'atteggiamento dell'amministrazione, del Dipartimento, non può che essere quello di dare esecuzione alle decisioni del giudice. Questo deve essere molto chiaro. Altro è definire l'ambito di intervento del giudice.
  Quando il giudice decide, credo che in uno Stato di diritto l'amministrazione non possa altro che eseguire. In proposito la mia posizione è chiarissima. Diverso è il problema dell'ambito in cui il giudice e la giurisdizione devono entrare, è una domanda diversa.
  Venendo all'articolo 4, credo che la percentuale dei rigetti sia forse nell'ordine del 10-15 per cento. Come dicevo, direi senz'altro che si arriva a superare l'80 per cento degli accoglimenti delle liberazioni anticipate. Peraltro, questo non significa che non vi siano un controllo e una verifica del comportamento. Bisogna tenere presente la situazione carceraria reale.
  Onorevole Bonafede, certo, credo che nella misura prevista oggi chi ha già avuto in quei periodi la liberazione anticipata l'avrà al 100 per cento, ma quelli che l'hanno ottenuta sono, appunto, non la totalità di quelli a cui mancano 8 mesi, ma l'80-85 per cento. Non saranno tutti coloro a cui mancano gli 8 mesi, quindi, pressappoco il 100 per cento, ma quelli che l'hanno ottenuta, che non sono altro che un 80 per cento.
  Sono state rivolte anche delle domande su interrogazioni: mi riservo di sollecitare la risposta, che riceverà.
  Per quanto riguarda i padiglioni e gli istituti consegnati, avrei dovuto avere con me l'elenco analitico, ma non l'ho portato. So, comunque, che vari istituti sono stati aperti, ne sono stati istituti di nuovi, di fatto pienamente utilizzati. Certamente, l'amministrazione sa, come credo tutti qui dentro, che non è sufficiente consegnare un istituto per utilizzarlo. La questione è più complessa.
  Onorevole Pagano, la custodia cautelare oggi riguarda 24.000 detenuti, dei quali circa 12.000 sono in attesa del primo giudizio e gli altri 12.000 circa sono in attesa o del giudizio di appello o del giudizio di cassazione. Il totale è, quindi, di 24.000. Credo che il dato sia abbastanza esatto, anche se vado a memoria, su un totale di 62.000 di cui si diceva.
  Naturalmente, la percentuale dei definitivi tende ad aumentare. Gli stranieri Pag. 11rappresentano circa il 30 per cento. Quanto a quelli che possono essere espulsi, naturalmente non si parla della Romania, che appartiene oggi all'Unione europea, ma certamente dell'Albania e di altri Paesi, e la percentuale è considerevole.
  Difatti, si è avviato, anche nel decreto-legge che state considerando, uno sforzo che deve essere assolutamente compiuto per l'identificazione, al più presto possibile, dei detenuti proprio per consentire e facilitare i tempi dell'espulsione, un'identificazione che deve iniziare già dal momento dell'arresto.

  ALESSANDRO PAGANO. A suo avviso, quindi, se l'identificazione iniziasse nella fase dell'arresto, probabilmente il lavoro sarebbe più facile ?

  GIOVANNI TAMBURINO, Capo Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia. Avremmo certamente un maggior numero di persone per le quali l'espulsione diventa possibile.

  ALESSANDRO PAGANO. Il mio ragionamento, però, è semplice. Se il detenuto resta tanti mesi e talvolta anni, com’è possibile che l'amministrazione non riesca a organizzarsi per far in modo che per quel soggetto si trovi una risposta in termini di identificazione ? Mi sfugge come mai non riusciamo a organizzare un sistema che tenga conto di questa negativa peculiarità italiana.

  GIOVANNI TAMBURINO, Capo Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia. È un'osservazione che condivido, corretta, così come condivido che vi è stata una scarsa applicazione della norma, che pure esiste, relativa alle espulsioni per gli ultimi 2 anni di pena.
  Le ragioni sono molteplici e credo che non dipendano solo dall'identificazione, ma anche da una resistenza, tema di cui mi occupai già negli anni scorsi, dei Paesi a ricevere in restituzione soggetti che non desiderano affatto. La questione, quindi, presenta una complessità notevole.
  Sono corrette le sue osservazioni in relazione all'Albania, che già negli anni scorsi ha ricevuto un aiuto da parte dell'Italia ed è stato costruito un carcere con fondi italiani. Era il preludio per ricevere dei detenuti albanesi, ma credo che quelli restituiti si contino sulle dita di un paio di mani.
  Anche su questo, però, abbiamo avuto recentemente un incontro con il Ministro della giustizia albanese: sembra che vi sia un nuovo corso, un atteggiamento diverso, quindi una disponibilità maggiore a ricevere questi detenuti.

  STEFANO DAMBRUOSO. Sto cogliendo delle perplessità del collega Pagano sulle ragioni addotte dal dottor Tamburino per cui solo poche unità di persone sono state trasferite in Albania. Caro collega, purtroppo la nostra fragilità politica ha consentito all'Albania di riempire immediatamente le carceri con i loro detenuti anziché aspettare i nostri. Ci siamo trovati con una risposta negativa nella disponibilità degli spazi. Questa è stata la follia di quell'operazione. Il meccanismo doveva funzionare in modo che costruissimo le carceri e mandassimo le unità.

  ANDREA COLLETTI. A due domande il direttore non ha risposto. Una riguardava il calcolo dell'articolo 4, commi 2 e 3. In realtà, i giorni tagliati grazie alla liberazione anticipata speciale sono 240, quindi 8 mesi e non 6, per cui il suo calcolo su 5.000 di fine pena 6 mesi dovrebbe essere effettuato sugli 8 mesi almeno al 1o gennaio 2013. È quella la percentuale tagliata.
  Considerato che lei ha parlato del 100 per cento di chi già ha avuto la liberazione anticipata normale ex articolo 54, forse dovrebbe ricalibrare il suo conteggio sugli 8 mesi per avere dei dati. Sarebbe interessante conoscere la percentuale degli oltre 5.000 che hanno già beneficiato della liberazione anticipata.
  Catanzaro e Livorno sono stati ultimati e consegnati oppure no ? Che lei sappia, sono stati collaudati ?

Pag. 12

  GIOVANNI TAMBURINO, Capo Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia. Iniziando da quest'ultima, vorrei fornire risposte precise e non correre il rischio di affermare inesattezze. A memoria, sono stati consegnati. Se vi sia il collaudo per entrambi non è tema sul quale in questo momento sia preparato. Avrei bisogno di una verifica.
  Quanto all'altro quesito, come ho detto, sono più di 5.000 quelli che hanno un residuo di 6 mesi. Calcolando che costoro possano ottenere l'aumento della liberazione anticipata nella percentuale appunto fisiologica, grosso modo un 80 per cento, si arriva al numero che illustravo, l'80 per cento di 5.000.
  Naturalmente, abbiamo tutti i dati precisi: da 0 a 2 mesi, 1.696; da 2 a 4 mesi, 1.713; da 4 a 6 mesi, 1.775; da 6 a 8 mesi, altri 1.617. Ne vanno aggiunti, quindi, 1.600 e arriviamo all'incirca a 6.000.

  PRESIDENTE. Alcune domande implicano anche accertamenti numerici. Le manderemo, presidente, lo stenografico con i quesiti: laddove anche dallo stenografico verificherà che non c’è stata una risposta puntuale, potrà trasmettere alla Commissione una risposta sintetica proprio sui dati, in modo che i commissari che hanno formulato le domande possano ricevere le risposte che attendevano. Ovviamente, lei non poteva sapere.
  La ringraziamo e la lasciamo al suo ulteriore impegno di audizione parlamentare.
  Scusandomi ancora, restituirei la parola al presidente Spigarelli, che completerà la sua relazione.

  VALERIO SPIGARELLI, Presidente dell'Unione delle camere penali italiane. Anche a beneficio degli onorevoli intervenuti successivamente, porrei una prima questione assorbente rispetto allo spirito del provvedimento. Questo non può essere ritenuto un provvedimento generalizzato, al di là dell'estensione numerica di quelli che potranno beneficiarne, per il semplice fatto che sono tutti istituti dell'ordinamento penitenziario che presuppongono una valutazione personalizzata di quelli che usufruiscono dei benefìci.
  Ritornando rapidamente al discorso «legge stupefacenti», pure già affrontato in altra occasione, notiamo che si sarebbe potuti essere un po’ più coraggiosi rispetto alla fenomenologia tipica del fatto di lieve entità anche dal punto di vista del livello sanzionatorio.
  Mi rendo perfettamente conto del problema legato alle modifiche successivamente intervenute in relazione ai provvedimenti di privazione della libertà, ma qui non posso che ripetere quanto ho spiegato anche in altre occasioni. Quando il legislatore stabilisce un livello edittale delle pene, lo fa anzitutto prendendo in considerazione, con un bilanciamento di valori costituzionali sottesi, la gravità del fatto e stabilisce, quindi, il punto di pena in relazione alla gravità del fatto e, successivamente, tara gli strumenti processuali rispetto al fatto stesso.
  Se si capovolge l'ottica, e quindi si sostiene che il fatto non è particolarmente grave, ma che è più facilmente scoperto con le intercettazioni telefoniche e si innalza la pena edittale in funzione dello strumento probatorio, esiste una certa logicità, ma che è profondamente deflagrante rispetto alla tecnica legislativa che vede i beni costituzionali in discussione sulla valutazione della gravità o meno del fatto. Questo è il primo punto.
  Ribadisco anche, sulla sottolineatura del dottor Tamburino, che tutto quanto giurisdizionalizza l'interlocuzione del detenuto, le varie richieste che può avanzare, il suo diritto di reclamo sono benvenuti. Oltretutto, non esiste il rischio richiamato dal dottor Tamburino rispetto alla mia sottolineatura del fatto che, semmai, c’è stata qualche mancata ottemperanza da parte dell'amministrazione rispetto ai provvedimenti giurisdizionali.
  Il dottor Tamburino capovolgeva l'ottica e sosteneva che bisogna verificare se il giudice si era mantenuto all'interno dei Pag. 13suoi poteri, tema che mi trova particolarmente sensibile.
  Per stabilire, però, se il giudice si è mantenuto all'interno dei suoi poteri, in uno Stato di diritto generalmente ci sono i provvedimenti di impugnazione del giudice, non l'amministrazione che resiste di fronte al suo provvedimento, semplicemente non applicandolo. Oltretutto, a quel punto si innesca una dinamica che porta all'obbligo di ottemperanza da parte dell'amministrazione, così come ricordo è puntualmente avvenuto nell'episodio che vi ho citato.
  Arriviamo al cuore del problema, l'affidamento in prova al servizio sociale innalzato a 4 anni e la «liberazione anticipata speciale». Rispetto all'affidamento in prova, possiamo osservare che manca un coordinamento tra l'innovazione introdotta, l'articolo 656 del codice di procedura penale e l'articolo 51-bis dell'ordinamento penitenziario.
  Sostanzialmente, dobbiamo rendere agibile nella maniera più logica e sensata questo provvedimento. Se, cioè, riteniamo che una persona con livello di pena modificato rispetto a prima sia meritevole dell'affidamento in prova al servizio sociale, dobbiamo anche evitare surrettiziamente di aggravare il fenomeno del sovraffollamento. Se riteniamo che quella persona possa espiare la pena – quella è, infatti, una maniera di espiazione della pena – in affidamento in prova, è del tutto controproducente e antieconomico che non sospendiamo il procedimento rispetto alla sua eventuale irrogazione.
  Tra l'altro, in questo senso mi sembra che comunque si muova anche il provvedimento quando dispone il potere del magistrato di sorveglianza di applicazione provvisoria del beneficio. Questa ci sembra una incongruenza dell'approccio normativo, che invece potrebbe essere tranquillamente superata.
  Peraltro, presidente, mi scuso di aver dimenticato la premessa delle premesse: siamo stati convocati un po’ rapidamente ma, come è nostro costume, tra domani e dopodomani faremo avere una ragionata esposizione e una ragionata indicazione di potenziali emendamenti da parte di chi volesse farli propri.
  Andiamo alla liberazione anticipata speciale. L'idea, interessante, è scritta però in maniera anche cervellotica e un po’ troppo attenta ai problemi di carattere politico, ossia quello che abbiamo evocato che possa trattarsi di un indulto mascherato, con quel che significa indulto mascherato. L'indulto abbisogna di una maggioranza qualificata, e quindi di un certo tipo di volontà legislativa, per cui obiettivamente sarebbe grave se si mascherasse un provvedimento di clemenza generalizzato attraverso la liberazione anticipata.
  Non riusciamo a comprendere – perdonatemi, ma la norma è scritta in maniera un po’ cervellotica – rispetto alla decisione, sia pur temporanea, quindi riferibile al sovraffollamento, ma che si fonda sul presupposto omogeneo di riconoscere il beneficio della liberazione anticipata nella misura pro tempore stabilita di 45 giorni a chi si è comportato in una certa maniera nel corso del tempo, la doppia valutazione. È un non senso. Addirittura, la doppia valutazione successiva tradisce quasi un’excusatio non petita verso un'idea di questo intervento legislativo che è proprio quella che si vuole negare e che ho richiamato prima.
  Mi aspettavo, peraltro, che lo sottolineasse il direttore del DAP, ma questa maniera congegnata dalla legge produrrà un'enorme serie di défaillance dal punto di vista dell'accertamento. Si dovranno riprendere tutti i fascicoli delle liberazioni anticipate già erogate nel corso del tempo e la valutazione sarà particolarmente cervellotica anche perché non può negare quello che è già stato stabilito precedentemente.
  Si aggiunge a questa prima una valutazione su un tema che mi rendo conto essere sempre politicamente e giuridicamente, ma più politicamente, scottante. Anche in questo caso, come in tanti altri, stabilito il beneficio, si cerca immediatamente l'esclusione, l'infittimento, la barriera o l'ostacolo a che di quel beneficio possano godere i condannati per un certo Pag. 14tipo di reati, in modo che si possa affermare non solo che non è un provvedimento di clemenza generalizzato, ma che, viva Dio, non possono usufruirne mafiosi o simili.
  Rammento alla Commissione che, quando nel 1992 – eravamo in un periodo particolarmente significativo, con il sangue di Falcone e Borsellino sulle strade – si discusse dell'identica questione a proposito della liberazione anticipata, cioè se escluderla così come avveniva per altre ipotesi di benefìci penitenziari per un certo tipo di reato, si stabilì il contrario anche sulla scorta di una sentenza della Corte costituzionale, che motivò la circostanza secondo la quale sarebbe stato incongruo e irragionevole limitare questo tipo di beneficio legato al comportamento penitenziario.
  Compio un ulteriore passo indietro. Ho colto, oltretutto, una battuta da questo punto di vista, ma non ricordo più da chi: la liberazione anticipata è stata quell'innovazione dell'ordinamento penitenziario che ha chiuso, viva Dio, una stagione storica nel nostro Paese che forse si tende a dimenticare, ma che non sarebbe male ricordare perché è quella attualissima nei CIE.
  Esistono delle preclusioni sul comportamento in carcere e solo su quello, ai fini di una pena semplicemente compressa, che provocano determinati comportamenti all'interno dello stesso carcere o, comunque, non ne stimolano di virtuosi.
  Quella norma chiuse il periodo delle rivolte carcerarie. Il riferimento al CIE è voluto. Nel CIE si comportano in un certo modo non soltanto perché sono in condizioni che conoscete ormai tutti, ma anche perché, non essendo una detenzione, non c’è neanche alcuna possibilità di gestire il comportamento all'interno di quella zona.
  Da questo e dal nostro punto di vista, nella valutazione legata anche a un'articolazione di concreto recupero sociale desumibile da comportamenti rilevatori del positivo evolversi della personalità, siamo francamente anche in una disquisizione di difficile accertamento. Riteniamo, invece, che si dovrebbe offrire la possibilità che questo beneficio sia concesso anche a quel tipo di detenuti, ovviamente purché mantenga il comportamento previsto dalla norma.
  Ci sembra irragionevole, né ci convince la spiegazione offerta anche dal direttore del DAP qualche tempo fa, anche la preclusione dell'applicazione della liberazione anticipata agli affidati e ai detenuti domiciliari, in particolare, vorrei sottolineare, per i detenuti domiciliari.
  Stiamo parlando comunque di una forma di detenzione. Gli affidati sono in esecuzione pena. I detenuti domiciliari sono in una compressione di libertà e debbono comportarsi all'interno di quel regime detentivo in una determinata maniera, assente la quale si hanno certi effetti. Da questo punto di vista, quindi, siamo contrari a questo tipo di impostazione.
  Avanzerei un'altra notazione, lasciando altre nuance di carattere più tecnico al documento scritto, per quel che riguarda la previsione dell'articolo 5. Si è voluta stabilizzare la legge Severino nella ultima versione.
  Il problema è che, anche nella concitazione legislativa, forse ci si dimentica che attualmente, con l'eliminazione che si è voluta per i recidivi dell'articolo 47-ter, comma 1-bis, ci troviamo in una situazione sovrapponibile. Già a regime è possibile scontare addirittura gli ultimi 2 anni di pena a regime degli arresti domiciliari, per cui questa norma comunque dovrebbe avere un impatto assai limitato. Non so se il collega de Federicis voglia aggiungere delle considerazioni dal punto di vista tecnico o generale.
  Sostanzialmente, non ho nulla da aggiungere sui braccialetti elettronici, se non la notazione che preannunciavo: il nostro auspicio è che su questo vagone accelerato dalla formula legislativa del decreto-legge possa salire anche qualche carro che riguardi, in sede di conversione, alcune delle norme su cui tanto ci siamo affannati e Pag. 15tanto si è lavorato anche utilmente in questa Commissione, e che magari hanno un percorso un po’ più lungo – stavo per dire letargico – in Aula.
  Tante volte si fa per materie disomogenee, senza finire in soluzioni che contestiamo sempre, e alcune questioni potrebbero essere trasposte in questa materia.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il presidente anche per averci promesso l'invio di alcune osservazioni scritte che leggeremo sempre attentamente, a partire dal relatore.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.50.