XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 8 di Giovedì 9 gennaio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bonafede Alfonso , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 1203  DANIELE FARINA E C. 971  GOZI, RECANTI MODIFICHE AL TESTO UNICO DELLE LEGGI IN MATERIA DI DISCIPLINA DEGLI STUPEFACENTI E SOSTANZE PSICOTROPE, PREVENZIONE, CURA E RIABILITAZIONE DEI RELATIVI STATI DI TOSSICODIPENDENZA, DI CUI AL DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 9 OTTOBRE 1990, N. 309, IN MATERIA DI COLTIVAZIONE E CESSIONE DELLA CANNABIS INDICA E DEI SUOI DERIVATI.

Audizione di Andrea De Gennaro, Direttore centrale del Servizio antidroga del Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'Interno, Gaetano Di Chiara, ordinario di farmacologia presso l'Università degli studi di Cagliari, rappresentanti di Forum Droghe e rappresentanti dell'Associazione SAMAN.
Bonafede Alfonso , Presidente ... 2 
Saletti Achille , Presidente dell'Associazione SAMAN ... 2 
Zuffa Grazia , Direttore esecutivo di Forum Droghe ... 5 
De Gennaro Andrea , Direttore centrale del Servizio antidroga del Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'Interno ... 7 
Di Chiara Gaetano , Ordinario di farmacologia presso l'Università degli studi di Cagliari ... 9 
Bonafede Alfonso , Presidente ... 11 
Pagano Alessandro (NCD)  ... 11 
Vazio Franco (PD)  ... 12 
Bonafede Alfonso , Presidente ... 12 
Farina Daniele (SEL)  ... 12 
Scalfarotto Ivan (PD)  ... 13 
Businarolo Francesca (M5S)  ... 13 
Amoddio Sofia (PD)  ... 13 
Bonafede Alfonso , Presidente ... 13 
Zuffa Grazia , Direttore esecutivo di Forum Droghe ... 13 
De Gennaro Andrea , Direttore centrale del Servizio antidroga del Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'Interno ... 14 
Di Chiara Gaetano , Ordinario di farmacologia presso l'Università degli studi di Cagliari ... 14 
De Gennaro Andrea , Direttore centrale del Servizio antidroga del Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'Interno ... 14 
Di Chiara Gaetano , Ordinario di farmacologia presso l'Università degli studi di Cagliari ... 14 
De Gennaro Andrea , direttore centrale del Servizio antidroga del Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'Interno ... 15 
Bonafede Alfonso , Presidente ... 15 
Di Chiara Gaetano , Ordinario di farmacologia presso l'Università degli studi di Cagliari ... 15 
Businarolo Francesca (M5S)  ... 16 
Di Chiara Gaetano , Ordinario di farmacologia presso l'Università degli studi di Cagliari ... 16 
Bonafede Alfonso , Presidente ... 16 
Di Chiara Gaetano , Ordinario di farmacologia presso l'Università degli studi di Cagliari ... 16 
Bonafede Alfonso , Presidente ... 16 
Di Chiara Gaetano , Ordinario di farmacologia presso l'Università degli studi di Cagliari ... 16 
Bonafede Alfonso , Presidente ... 16

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ALFONSO BONAFEDE

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di Andrea De Gennaro, Direttore centrale del Servizio antidroga del Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'Interno, Gaetano Di Chiara, ordinario di farmacologia presso l'Università degli studi di Cagliari, rappresentanti di Forum Droghe e rappresentanti dell'Associazione SAMAN.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame delle proposte di legge C. 1203 Daniele Farina e C. 971 Gozi, recanti Modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di coltivazione e cessione della cannabis indica e dei suoi derivati, di Andrea De Gennaro, Direttore centrale del Servizio antidroga del Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'Interno, Gaetano Di Chiara, ordinario di farmacologia presso l'Università degli studi di Cagliari, rappresentanti di Forum Droghe e rappresentanti dell'Associazione SAMAN.

  ACHILLE SALETTI, Presidente dell'Associazione SAMAN. Grazie, presidente. Ringrazio il presidente e i membri della Commissione per l'invito all'Associazione SAMAN.
  Esporrò brevemente il mio pensiero sia in ordine alle proposte di legge, sia in ordine alle pene alternative e sostitutive al carcere. Lo faccio in una duplice veste, non solo come Presidente di un'organizzazione che storicamente accoglie uomini e donne provenienti dal carcere per reati connessi alla droga e in stato di dipendenza, ma anche per la mia attività parallela, che è quella di criminologo, e quindi di chi lavora in un carcere e vede quotidianamente o settimanalmente diversi casi.
  SAMAN da sempre si è schierata contro l'introduzione della legge Fini-Giovanardi e di conseguenza non ha difficoltà a sostenere e a condividere l'assunto contenuto nelle due proposte di legge, che dovrebbero portare a una distinzione della cannabis e dei suoi derivati rispetto alle altre famiglie di sostanze stupefacenti e a un'introduzione della lieve entità o del reato il cui spessore criminale è di lieve entità per differenziare quindi il percorso penalistico.
  A maggior ragione, noi crediamo che introdurre l'elemento della possibilità di auto coltivare (sempre limitatamente al consumo personale) la pianta di cannabis sia un elemento favorevole, che potrebbe non solo incidere in parte sul mercato illegale, ma anche normalizzare una situazione che soprattutto negli ultimi dieci anni è completamente sfuggita di mano.Pag. 3
  Ho avuto modo di leggere i resoconti di alcune audizioni precedenti e devo dire che, al di là dei numeri che, come spesso accade in Italia, sembrano essere difformi l'uno dall'altro, posso solo portare la mia esperienza, secondo cui innanzitutto la cannabis viene accettata socialmente non solo da un mondo adulto che ai suoi tempi firmò un referendum, ma anche da un mondo adolescenziale o tardo-adolescenziale.
  Ci sarà una ragione per cui molte ricerche indicano che un 50 per cento del mondo adolescenziale ha provato almeno per una volta la cannabis (questi sono dati milanesi e lombardi, ma credo confermati anche in altre regioni) e ci sarà anche una ragione per cui la storia di questo accanimento contro la cannabis è passata nell'ultimo ventennio da assunti che un tempo erano legati al fatto che dalla cannabis si passasse direttamente a droghe più pesanti e oggi, essendo stato scientificamente verificato che questo non è vero, sono invece legati a una sorta di terrorismo psicologico connesso alla possibilità di sviluppare malattie psichiatriche.
  Lo stato delle ricerche può anche rendere molto cauti, però con il dottor Serpelloni abbiamo discusso più volte e non ho mai capito perché la ricerca si focalizzi sempre solo sulla sostanza e mai sulla personalità della persona, sulle modalità d'uso, sulle quantità usate.
  Al di là di questi aspetti, nella nostra esperienza abbiamo incontrato patologie psichiche legate a un uso di cannabis, ma erano correlate a stati di personalità gravi, se non gravissimi. Si tratta di vedere se l'uno porti all'altro o viceversa. In ogni caso, da un punto di vista esclusivamente penalistico le ripercussioni a cui noi abbiamo assistito in questi anni nel volere equiparare a tutti costi le droghe e nel volere addirittura introdurre nel famoso listino dei princìpi attivi un'equiparazione sostanziale tra il principio attivo della cocaina in termini di milligrammi e il principio attivo della cannabis è stato – e lo dico anche come criminologo – devastante.
  Tornando al pianeta carcere, ritengo che i tossicodipendenti presenti nelle carceri italiane afferiscano a tre tipologie. Innanzitutto c’è un tasso altissimo, in parte dovuto anche a un venir meno del sistema di welfare, di soggetti che presentano anche malattie psichiche. Insieme alla cattedra di criminologia della Bicocca diretta dal professor Ceretti abbiamo realizzato una ricerca nelle carceri lombarde, da cui si evidenziava un 20 per cento delle presenze di persone con gravi e gravissimi problemi psichici nelle nostre carceri.
  Ci sono ricerche americane che utilizzano il sistema dei vasi comunicanti, dimostrando come quando si dilata il welfare o un modello di assistenza territoriale i carcerati diminuiscano, mentre venendo meno il modello di assistenza territoriale i carcerati aumentino.
  In questo momento storico, in parte a causa di leggi criminogene, in parte a causa del fatto che i servizi territoriali stiano collassando, abbiamo un'impennata di soggetti che non dovrebbero essere in carcere. La stragrande maggioranza di questi sono soggetti che hanno problemi con droghe.
  La seconda categoria riguarda gli immigrati, dei quali so che Leopoldo Grosso ha già parlato e dei quali come organizzazione ci occupiamo relativamente poco per la semplice ragione che spesso gli immigrati alla fine della pena hanno un decreto di espulsione e in ogni caso all'interno dei circuiti carcerari, avendo meno risorse anche relazionali, meno di altri riescono ad accedere a educatori, SERT o strutture del privato sociale.
  La terza categoria, che appartiene sempre al mondo la dipendenza anche se il trascorso di dipendenza non è più così centrale per le lunghe carcerazioni, riguarda i soggetti legati a un presente di marginalità assoluto, dove quindi il problema principale è non la dipendenza da una sostanza, ma una situazione di abbandono, di mancate relazioni, di mancata famiglia, di mancata rete amicale.
  Queste sono le tre tipologie, che peraltro sono penalizzate (soprattutto gli immigrati e questa ultima) dal venir meno Pag. 4della difesa di ufficio, in parte poi sostituita dal gratuito patrocinio, che è crollata verticalmente. Se andiamo a vedere i casellari giudiziari e le pene che si trovano a scontare questi soggetti, un buon numero di questi hanno una serie di reati a cui non è stato riconosciuto il vincolo della continuazione, ragione per cui hanno un numero di anni elevatissimi per reati il cui il grado di allarme sociale o la cui gravità da un punto di vista criminale è relativamente tenue.
  Questa è la fotografia, in base alla quale ci chiediamo cosa possa fare il mondo delle comunità per questi soggetti più di quanto fa. Introduco solo un elemento nella storia delle comunità, perché le comunità hanno trent'anni di vita qui in Italia e di fatto hanno storie e metodologie molto diverse, ma c’è un unico comune denominatore che ci unisce tutti: quello di tenere relativamente basso rispetto al numero delle persone accolte i detenuti o i tossicodipendenti che provengono dal carcere e ci vengono affidati per la semplice ragione che certi codici carcerari cozzano inevitabilmente con degli impianti educativi e degli approcci psicoterapeutici prevalenti nelle comunità italiane.
  Essendo quindi le comunità mediamente (ad esclusione di San Patrignano) modulate su numeri che vanno da 20 a massimo 30 persone come la legge impone, ogni comunità accoglierà mediamente non più del 20 per cento, quindi 5-7 persone provenienti dal carcere, mentre i rimanenti ospiti saranno costituiti da persone che scelgono di entrare in comunità, per una questione gestionale di impronta terapeutica rispetto a codici carcerari che verrebbero imposti qualora questo numero di detenuti aumentasse.
  Un altro numero in cui non mi ritrovo con il dottor Serpelloni è quello delle comunità, che dubito siano 1.000. Lo erano un tempo, ma tante hanno chiuso nel corso di questi anni per carenza di fondi o per altre questioni che non staremo qui ad analizzare. Anche ammesso comunque che le comunità vogliano fare uno sforzo alterando questo numero, non credo che più di tanto potranno intervenire rispetto alle migliaia di detenuti che potrebbero teoricamente accedere all'affidamento o agli arresti domiciliari in comunità. C’è questa norma non scritta, che è però una norma di comportamento adottata da tutte le comunità.
  Al contrario, invece, ritengo che, se si investisse in termini economici e ci fosse un pensiero diverso, potrebbero dare una mano i centri diurni, che un tempo erano molto più numerosi. Sarebbe interessante sperimentare da questo punto di vista quello che è uno degli elementi ostativi del ricorso ad esempio all'articolo 21, che è un articolo che permette allo stesso direttore del carcere di intervenire su alcuni soggetti dandogli una sorta di semilibertà, cioè facendoli uscire la mattina e poi riaccogliendoli la sera.
  Si potrebbe fare un massiccio ricorso a questo articolo 21, che non viene utilizzato più di tanto per un problema di organizzazione del carcere. Sappiamo che le carceri hanno problemi di organico e mandare 10, 20 o 30 persone fuori significa organizzarsi per perquisire, ricontrollare l'entrata dei detenuti. Si potrebbe ovviare con dei protocolli specifici a questo problema, ipotizzando di incaricarne le organizzazioni no profit che gestiscono centri diurni (non sono in conflitto d'interesse perché noi non ne abbiamo), che vadano direttamente a prendere all'uscita del carcere persone che possono accedere a un programma terapeutico per poi riaccompagnarli la sera.
  Questo permetterebbe alle comunità di tornare ad occuparsi di chi effettivamente ha bisogno di una comunità. Quello che sta accadendo alla pari del carcere è che anche le comunità stanno diventando discariche sociali, dove le modalità e le ragioni di invio soprattutto dal carcere sono strettamente legate non alla dipendenza o a una dipendenza importante, ma a situazioni di grave ed estremo disagio. Questo è uno dei motivi per cui molte comunità non accolgono più di tanto detenuti o soggetti provenienti al carcere.
  Se riuscissimo a trovare un'alternativa per persone che abbiano trascorsi anche lunghi di dipendenza ma in cui questa non Pag. 5sia più centrale rispetto al loro presente, laddove un'alternativa potrebbe essere rappresentata dai centri diurni, le comunità potrebbero tornare ad accogliere le persone che più di altri hanno bisogno e che sono oggi dentro il carcere, ossia il 20 per cento di uomini e donne che hanno un problema di dipendenza attuale, ma hanno anche un problema di sofferenza psichica, e persone che hanno un problema di dipendenza da sostanze non solo illegali ma anche legali, o dipendenze senza sostanze come il gioco.
  Rispetto a ipotetici percorsi di affidamento in prova, le strutture come la mia e come le altre 5-700 che ci sono oggi in Italia possono dare un altro contributo, a patto che si esca da questa sorta di ghettizzazione, in cui il no profit si è infilato anche per volontà sua, dell'idea che le persone detenute possano trovare accoglienza lavorativa solo nelle cooperative che fanno parte del mondo no profit.
  Molte di queste cooperative sono a loro volta assistite dalle Regioni e dai Comuni, perché non sono in grado di stare sul mercato. Onde evitare questa sorta di effetto ghetto, che fa sì che si sviluppi quello che in psichiatria è ben conosciuto come «porta girevole», per cui quando si entra all'interno di un circuito di servizi che siano privati o che siano pubblici non se ne esce più, i Governi locali, regionali e nazionali potrebbero per una volta cercare di introdurre un elemento nelle gare di appalto, per cui premiare con criteri oggettivi le aziende che decidano di assumere una percentuale di soggetti di questo tipo.
  Dalle proiezioni sull'Expo, ad esempio, si presume che questo dovrebbe dare lavoro a 15.000 persone. Se quindi introducessimo uno sbarramento del 5 per cento, 750 detenuti potrebbero uscire a lavorare al suo interno. A questo punto i servizi pubblici e privati servirebbero a rassicurare le aziende e accompagnare questi percorsi lavorativi all'interno delle aziende come una sorta di operatore territoriale che non abbandona gli aspetti psicologici e fragili della persona, ma li supporta mentre la persona è avviata in un percorso di effettivo reinserimento lavorativo. Questo potrebbe servire anche a rassicurare in parte la magistratura di sorveglianza, che rispetto agli affidi territoriali è sempre molto titubante, dubbiosa e impaurita.
  Mi fermerei qui, anche perché ho lasciato agli atti la mia relazione e non vorrei sottrarre tempo agli altri.

  GRAZIA ZUFFA, Direttore esecutivo di Forum Droghe. Penso che possa essere utile per la Commissione riportare il lavoro di studio e ricerca che l'associazione Forum Droghe ha fatto negli ultimi anni proprio sul problema del collegamento fra l'applicazione della normativa antidroga e il sovraffollamento carcerario, quindi fondamentalmente attraverso due binari.
  Uno è quello di un'indagine in profondità sul comma 5 dell'articolo 73, cioè sull'attenuante di lieve entità, e l'altro è il lavoro di valutazione e monitoraggio dell'applicazione della legge attraverso i dati ufficiali rilasciati dai Ministeri della Giustizia e degli Interni, che poi confluiscono nella relazione antidroga.
  Riguardo al primo punto, l'indagine in profondità sul comma 5 dell'articolo 73, all'interno di una ricerca toscana condotta insieme alla Fondazione Michelucci è stata fatta un'indagine pilota sul carcere di Sollicciano. Eravamo nel 2009 ed è emerso per la prima volta il dato scioccante per cui tra il 25 e il 40 per cento dei carcerati erano detenuti per ipotesi di lieve entità, confermando che fondamentalmente la repressione punta al basso invece che puntare all'alto.
  Naturalmente non è facile fare questa rilevazione (questo è un punto che la Commissione deve tenere presente in un'eventuale riforma), perché si tratta non di una previsione specifica, ma di una circostanza attenuante, che quindi è soggetta poi al bilanciamento con le aggravanti. Nella nuova tranche di indagini che abbiamo concluso proprio in questi giorni si vede che non sempre nei fascicoli presenti nei carceri è inserita questa annotazione. Non è presente per esempio per le persone in custodia cautelare e anche per chi è definitivo non è detto che venga Pag. 6notata, perché dal punto di vista del trattamento carcerario non ha un particolare rilievo.
  Ci troviamo in questa situazione per l'impianto della legge che è imperniato sulla soglia quantitativa, per cui quando la polizia ritiene di trovarsi al di sopra di questa soglia quantitativa molto spesso scatta la custodia cautelare mentre vengono compiuti gli accertamenti.
  Già allora, nel 2010, i risultati di questa ricerca furono sottoposti a un panel di esperti a cui partecipai, e ricordo che l'allora Procuratore di Firenze, Beniamino Deidda, disse che la prima modifica da fare sarebbe stata quella di trasformare la previsione del comma 5 in una previsione specifica, però al contempo diminuendo le pene perché, come voi sapete, queste con la modifica del 2006 sono state aumentate attraverso l'unificazione delle tabelle che ha portato a un innalzamento delle pene.
  Vi illustro quindi i risultati di questa seconda tranche di ricerca, che è molto più importante della prima, perché non è più una ricerca pilota ma è una ricerca effettuata su 1.000 fascicoli delle carceri toscane. Viene quindi riconfermato che da 3 a 4 detenuti su 10 sono detenuti per ipotesi di lieve entità, ma il dato a cui invito la Commissione a prestare attenzione, perché è veramente delicato, è che su 7 detenuti stranieri 6 sono imputati per ipotesi di lieve entità. Se fossimo in un Paese diverso, questo sarebbe un indizio di discriminazione etnica. Il nostro Paese è un pochino più elastico da questo punto di vista, però nei Paesi anglosassoni è così.
  Desidero evidenziare alcuni dati che abbiamo rilevato nel monitoraggio che dal 2007 in poi abbiamo fatto sull'applicazione della legge, che forniscono indicazioni in direzione della riforma. Sono aumentati gli ingressi in carcere per l'articolo 73 in percentuale, perché nel 2006 avevamo il 28 per cento, nel 2012 siamo al 32,4; sono aumentati i procedimenti penali pendenti (sono tutte cifre ufficiali del Ministero della giustizia) per gli articoli 73 e 74, che nel 2006 erano 197.000, nel 2011 224.000.
  C’è poi il punto delicato dei tossicodipendenti. Ci sarebbero da dire molte cose ma vengo al punto principale, che è quello dell'affidamento terapeutico. Come voi sapete, la legge del 2006 teoricamente aveva ampliato le possibilità terapeutiche, portando la soglia da 4 a 6 anni. Nonostante questo, assistiamo a un crollo dell'affidamento terapeutico. Bisognerà considerare gli ultimi anni, perché dopo il 2006 c’è stato l'indulto, quindi ovviamente anche un crollo degli affidamenti, però anche quando gli affidamenti sono ripresi il dato del gennaio 2012 ha evidenziato 2.777 tossicodipendenti in affido, mentre nel 2006 erano 3.850, quindi è ancora una differenza notevole.
  La cosa più grave è però l'inversione di una linea di tendenza che era rimasta costante dagli anni ’90, quando era nata l'idea dell'affidamento terapeutico: gran parte degli affidamenti avveniva dalla libertà, senza passare dal carcere, mentre adesso gran parte degli affidamenti viene dal carcere. Nel 2006, infatti, su 3.850 persone in affidamento terapeutico 2.009 provenivano dalla libertà, nel 2012 delle 2.777 ben 1.800 derivano dal carcere.
  Questa è quindi una ragione molto evidente del sovraffollamento carcerario: si può andare in affidamento ma comunque si passa dal carcere, in contrasto con quella che era la ratio dell'affidamento terapeutico, adottato per evitare i danni del carcere, mentre qui i danni ci sono in tutti i modi.
  Non posso dilungarmi, però inviterei la Commissione a studiare bene questo aspetto, perché dimostra che è un problema non tanto di soglia quanto di meccanismo. Nel rapporto che è sempre complesso tra magistrato e terapeuti, comunità e servizi che fanno il programma si è alterato in qualche modo un equilibrio, per cui l'affidamento terapeutico è meno affidamento terapeutico e più pena alternativa, e di conseguenza il giudice entra più nello specifico del trattamento, creando naturalmente un'incongruenza ma soprattutto con i risultati che ci sono.
  Altra questione che secondo me va modificata urgentemente è il meccanismo delle sanzioni amministrative per il consumo. A parte che siamo uno dei Paesi Pag. 7d'Europa in cui le sanzioni amministrative sono più pesanti, perché normalmente negli altri Paesi la ratio è che per il consumo personale non c’è la sanzione penale, ma c’è una sanzione amministrativa che in genere è una multa, ma l'idea è quella di non avere una pressione punitiva così forte, da noi soprattutto con la normativa del 2006 si è molto aumentata la portata punitiva di queste sanzioni, ma soprattutto si è del tutto cambiata la ratio rispetto al ricorso ai servizi, perché prima era possibile sospendere la sanzione amministrativa e andare ai servizi, cosa che non è più possibile.
  Di conseguenza, il consumatore si trova di fronte un ricorso ai servizi che si presenta come una pena aggiuntiva rispetto alla sanzione, e chiaramente non ci va nessuno. Il crollo è drammatico: nel 2006 c'erano 6.700 programmi alternativi, nel 2012 se ne sono registrati 340 !
  Questo è un punto che va veramente cambiato. Credo che siano abbastanza chiare le linee di riforma della legge perché non è necessario inventarsi grandi cose: basterebbe seguire quello che in Europa viene definito approccio bilanciato, quindi depenalizzare il consumo per uso personale, nel senso di avere una punizione ragionevole senza aggravare con sanzioni amministrative la punizione quasi più che con la sanzione penale, tornare alla distinzione tra le sostanze, cambiare il meccanismo della soglia quantitativa, che sposta l'onere della prova sull'imputato invece che sull'accusa, estendere l'uso personale anche alla coltivazione a uso personale, come è ampiamente previsto nello spirito delle convenzioni.
  Ho partecipato personalmente a un progetto internazionale, il Drug Law Reform Project, condotto dal Transnational Institute di Amsterdam, che ha cercato di mettere insieme le migliori esperienze in campo legislativo. Nel mio contributo ho riportato come una delle buone pratiche il progetto di riforma realizzato negli anni ’90 da un comitato di esperti del Ministero della Giustizia nella XIII Legislatura, comunemente chiamato «bozza La Greca».
  Questo, che non ho tempo per esporre ma molti già conosceranno, ha il grande merito di eliminare la sostanziale equiparazione fra detenzione e spaccio presente nell'attuale impianto dell'articolo 73 e peraltro anche nel precedente, perché copia la dizione delle convenzioni del 1961, in cui il soggetto «comunque detiene». Questo fa sì che l'onere della prova sia in carico della difesa e non dell'accusa, con uno strappo notevole rispetto a una tradizione di diritto.
  Nella «bozza La Greca» l'articolo 73 viene ridefinito come il possesso a fini di spaccio e quindi questo permette di depenalizzare effettivamente l'uso personale, direzione verso cui ritengo sia saggio andare.
  Chiederei ai parlamentari di considerare anche la dimensione internazionale. La prossima Commissione sulle droghe narcotiche di Vienna aprirà di nuovo un momento di valutazione delle strategie delle Nazioni Unite, questo fu già fatto nel 2009, quando fu fatta una valutazione della strategia internazionale 1998-2008, l'Unione europea commissionò un report di valutazione di dieci anni che è quello di Peter Reuter e Franz Trautmann, in cui sono contenute molte cose interessanti tra cui come funziona il traffico, i prezzi delle sostanze, che bisognerebbe avere perché l'Italia possa portare un contributo in sede internazionale. Sarebbe quindi opportuno studiare questi meccanismi e avere una voce anche in quel campo. Vi ringrazio.

  ANDREA DE GENNARO, Direttore centrale del Servizio antidroga del Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'Interno. Buongiorno a tutti, cercherò di contenere in quindici minuti il mio intervento.
  Tengo innanzitutto a fare una precisazione forse superflua, cioè che il mio intervento è di carattere eminentemente tecnico nella misura in cui io rappresento in questo momento il Ministero dell'Interno e quindi il lato della riduzione dell'offerta rispetto al traffico di stupefacenti.Pag. 8
  Mi limiterò quindi ad alcune notazioni di carattere tecnico prima in relazione al fenomeno in generale e poi in particolare sugli aspetti normativi delle proposte di legge che sono all'esame della Commissione.
  Vorrei rapidamente ricordare che ancora oggi e forse di più negli ultimi anni la cannabis e i suoi derivati sono la sostanza stupefacente più consumata al mondo e anche nel nostro Paese, come indicano i dati della coltivazione e i dati dei sequestri. Ci sono sempre delle proporzioni che vengono fatte tra sequestri e consumo, ovviamente tutto è abbastanza relativo, ma comunque sono dati concreti e attendibili.
  Il Marocco, il Messico e l'Afghanistan sono in questo ordine i Paesi nei quali c’è una maggiore produzione di cannabis. In particolare in Afghanistan recentemente si sta arrivando a un trend di inversione di coltivazione tra oppio e cannabis, tendendo a un aumento esponenziale delle coltivazioni di cannabis a discapito di quelle di oppio. Questo è un segnale importante a livello di traffico internazionale, considerando la minore resa sul mercato della cannabis.
  Per quanto riguarda l'Italia, tra i derivati della cannabis la marijuana proviene prevalentemente dall'Albania, l'hashish proviene prevalentemente dal Marocco, noi siamo in mezzo anche per il traffico delle altre sostanze stupefacenti, però questo è un dato che comunque va ricordato: noi siamo in mezzo e da un punto di vista investigativo e di contrasto la forza della pena è sicuramente un deterrente per chi pensi anche solo di attraversare il nostro Paese con carichi importanti di sostanze stupefacenti di qualunque genere.
  Per ragioni di tempo vorrei passare subito ad alcune osservazioni riguardo alle proposte di legge. Per quanto riguarda le sostanze oggetto del provvedimento di legge, si parla in generale di modifica relativa a tutte le sostanze di cui all'articolo 14, comma 1, lettera a) n. 6, quindi non solo la cannabis intesa come sostanza naturale ma anche, leggendo testualmente «le sostanze ottenute per sintesi o semi-sintesi che siano ad essi (cioè ai prodotti naturali) riconducibili per struttura chimica o per effetto farmaco-tossicologico».
  Dal nostro punto di vista bisogna fare grande attenzione alla distinzione tra sostanze nell'ambito del genus dei derivati della cannabis, in quanto le sostanze di sintesi derivate dalla cannabis hanno un valore, in termini di resa del prodotto e quindi di forza degli effetti, che va da 3 a 28 volte in più rispetto a quello del tetraidrocannabinolo.
  La nostra sensazione è che considerare i derivati chimici sullo stesso piano possa avere effetti dirompenti. Poiché la ratio della proposta dovrebbe essere quella di considerare soprattutto la cannabis e i derivati naturali, un'ipotesi potrebbe essere quella di rimodulare la norma nel senso di distinguere nettamente i derivati sintetici, anche perché l'altra proposta di legge, che è relativa alla coltivazione per uso personale, parla appunto di coltivazione e quindi fa esplicito riferimento solo ai prodotti naturali, perché i prodotti di sintesi evidentemente non possono essere coltivati.
  Relativamente all'impianto sanzionatorio, il comma 1 dell'articolo 73 propone una riduzione della pena, ma abbiamo alcune osservazioni sul punto. La prima è un'osservazione relativa alle quantità. Anch'io ho letto i resoconti delle audizioni precedenti e ho constatato che queste osservazioni sono state formulate anche dal dottor Sabelli in rappresentanza dell'Associazione nazionale magistrati. Del resto, il dottor Sabelli è un PM, quindi è abbastanza vicino al nostro sentire in termini di attività investigativa.
  Se si alleggerisce il carico sanzionatorio in questo modo, considerando che con le attuali tabelle e quindi con i 500 milligrammi previsti per la dose media, l'aggravante scatta quando siamo in presenza di un quantitativo di principio attivo che è 2.000 volte superiore al quantitativo medio, calcolando (ed è un calcolo molto attendibile) un 5 per cento di principio attivo in questa sostanza, si arriverebbe a una quantità di circa 20 chilogrammi.Pag. 9
  Tradotto in termini investigativi, questo significa che fino a un traffico, a uno spaccio, a un'importazione di 20 chilogrammi la pena è attenuata. In termini di eventuale custodia cautelare questo significa avere un elevato numero di corrieri di hashish (come confezionamento e come resa è sicuramente superiore alla marijuana) con i quali l'attività delle forze di polizia si rivelerebbe meno efficace, in quanto non si potrebbero applicare varie misure cautelari.
  Un aspetto più di prospettiva è che oggi le organizzazioni criminali attuano prevalentemente quello che definiamo «politraffico», in quanto da molti anni non abbiamo organizzazioni criminali che si occupino di traffico di hashish o di cocaina: a seconda della convenienza e delle necessità viene importata una sostanza anziché un'altra.
  Un abbassamento così forte della sanzione potrebbe portare alcune organizzazioni di trafficanti a prediligere la rotta italiana come rotta di transito. L'Italia è un Paese di consumo, ma è un Paese prevalentemente di transito, per cui è un effetto che potrebbe verificarsi.
  Dal punto di vista della limitazione delle possibilità cautelari, come evidenziato anche dal dottor Sabelli, con questo abbassamento a 3 anni da un lato la polizia giudiziaria avrebbe ancora l'obbligo dell'arresto, dall'altro il GIP potrebbe convalidare ma non avrebbe più la possibilità di un'applicazione di misura cautelare.
  Ovviamente in questa esposizione mi riferisco al lato criminale, quindi allo spacciatore, al corriere, a chi vende e importa, che quindi andrebbe arrestato dalla polizia giudiziaria, il PM dovrebbe fare le sue attività istruttorie ma poi eventualmente, anche con convalida dell'arresto, il GIP non potrebbe più applicare misure cautelari, quindi dopo un massimo di 5 giorni ci sarebbe un'automatica liberazione.
  Questo potrebbe causare appesantimenti complessivi al sistema giustizia in termini di atti obbligatori che i PM dovrebbero fare. Il presidente dell'Associazione nazionale magistrati ha proposto un innalzamento da 3 a 5 anni, in modo da consentire al GIP di applicare quando necessario una misura cautelare successiva.
  Per quanto riguarda la non punibilità prevista dal nuovo comma 3-bis per piccoli quantitativi e per il consumo immediato, la nostra osservazione tende a una chiarificazione della norma che, così come è scritta, «piccoli quantitativi» e «consumo immediato» non è chiara sia per la polizia giudiziaria, sia per l'autorità giudiziaria, perché ci chiediamo chi stabilisca il piccolo o il medio quantitativo, cosa significhi il consumo immediato, se il momento in cui vedo passare una dose di hashish o di marijuana con l'altro che già si sta preparando lo spinello, in quale arco temporale potrebbe essere compresa l'immediatezza del consumo.
  Nell'articolo così come è scritto si dichiara che «non sono punibili la coltivazione per uso personale di cannabis indica e la cessione a terzi di piccoli quantitativi destinati al consumo immediato», ma non è chiaro se questa congiunzione si riferisca solo alla cannabis e derivati o anche alle altre sostanze. Pregheremmo di chiarire questo aspetto nella stesura della norma.

  GAETANO DI CHIARA, Ordinario di farmacologia presso l'Università degli studi di Cagliari. Ringrazio la Commissione per avermi convocato su un problema così importante. Sono un farmacologo, mi sono occupato dal punto di vista della ricerca del meccanismo d'azione della cannabis, quindi le mie competenze riguardano soprattutto cosa è cambiato nelle conoscenze scientifiche sulla cannabis e quanto queste conoscenze possano aver influenzato e influenzare la percezione sociale del rischio dell'uso di cannabis.
  L'aspetto paradossale è infatti che, sebbene negli ultimi vent'anni la conoscenza del meccanismo d'azione della cannabis abbia fatto enormi progressi e la conoscenza anche degli effetti cronici sia diventata molto più ampia e più chiara, stranamente la percezione sociale del rischio dell'uso di cannabis, invece che aumentare, è diminuita. Questo è un dato di fatto.Pag. 10
  Sinceramente ne ignoro il motivo, ma, se andate a vedere i grafici della percezione sociale del rischio prodotto dall'assunzione di cannabis, di sicuro non è aumentato, ma al massimo è rimasto uguale e in ogni caso c’è una lenta tendenza a una percezione di rischio minore.
  Si riteneva che la cannabis agisse perché modificava in maniera generica lo stato chimico-fisico delle membrane neuronali, ma oggi si sa che la cannabis agisce in quanto c’è un principio che si chiama THC che ha suoi recettori che svolgono un ruolo importante nelle funzioni normali e fisiopatologiche dell'organismo sia al centro che in periferia.
  Vi dico soltanto che i recettori al THC, i CB1, che sono recettori centrali, sono i recettori più abbondanti nella loro categoria di tutto il cervello: ce n’è di più che di dopamina, sostanza che ormai tutti conoscono, quindi questa è una sostanza che come la morfina agisce su un recettore fatto per composti endogeni, quindi non ci meraviglia che abbia degli effetti così importanti a livello centrale e degli effetti cronici così rilevanti.
  Per quanto riguarda gli effetti cronici, che penso sia l'aspetto più allarmante di un'eventuale, ulteriore diffusione o facilitazione della diffusione della cannabis, ci sono studi abbastanza recenti, tra cui ad esempio uno realizzato su una coorte in Nuova Zelanda nella città di Dunedin, dove la popolazione è stata seguita dall'età adolescenziale fino all'età adulta e da questi studi epidemiologici sono derivati ben 300 lavori.
  Ne è stato fatto uno anche sulla cannabis, che ha dimostrato come l'uso cronico di cannabis dall'età adolescenziale per un periodo di 10 anni, che a prima vista può sembrare lunghissimo ma non lo è se si consideri come questa sostanza frequentemente diventi un costume individuale, per almeno quattro volte alla settimana (considerato un uso cronico pesante) produca una diminuzione del quoziente di intelligenza e di una serie di funzioni cognitive come per esempio l'attenzione focalizzata, le capacità esecutive, la memoria di lavoro, che risultano irreversibilmente diminuite nell'adulto.
  Si è anche visto che, se invece questo consumo altrettanto cronico e pesante comincia in età post-adolescenziale, queste modificazioni a lungo termine praticamente irreversibili non si hanno. Un dato ormai chiarissimo è che l'età adolescenziale per quanto riguarda la cannabis è estremamente critica e sensibile, in quanto in età adolescenziale avviene una maturazione del sistema nervoso e la cannabis con il THC evidentemente agisce su questi meccanismi.
  Questo aspetto si può mettere in relazione anche a quanto sicuramente avrete sentito dal dottor Serpelloni, cioè il fatto che l'assunzione di cannabis in età adolescenziale aumenta la prevalenza di sindromi schizoidi o schizotipici o di franca schizofrenia. Una delle interpretazioni di questo dato è che praticamente i soggetti diventerebbero schizofrenici comunque e che la cannabis praticamente ne anticipa l'espressione, però noi sappiamo che tutte le malattie sono dovute a due fattori fondamentali: un fattore genetico individuale e un fattore acquisito, per cui l'aspetto genetico non è sufficiente e ci vogliono anche delle condizioni, quindi nulla vieta di sospettare che senza l'uso di cannabis magari alcuni di questi giovani non avrebbero sofferto di questa condizione.
  Un aspetto dibattuto anche in questa sede è la questione droga leggera/droghe pesanti, per cui abbiamo visto dichiarare dalla stampa che sarebbe ora di smettere di fare di tutta l'erba un fascio: le droghe sono leggere o pesanti e la cannabis «happens to be» una droga leggera. Sinceramente non sono mai stato convinto di questo e anzi le ricerche più recenti dimostrano il contrario: la cannabis non è una droga leggera.
  Ritengo che la distinzione tra droga leggera e droga pesante non abbia fondamento logico né scientifico, perché si può parlare di uso leggero e di uso pesante di droga, ma non di droghe leggere e droghe pesanti. Un caso classico è quello della Pag. 11cocaina, perché, se messa come si usava un tempo nel vino a fare il cosiddetto Vin Mariani, è una droga leggera, se sniffata diventa più pesante, ma non è ancora droga pesante, mentre diventa pesante se fumata come crack, come base libera.
  A quel punto, infatti, le concentrazioni aumentano enormemente, la quantità che raggiunge il cervello aumenta e soprattutto aumenta la velocità con cui lo raggiunge, perché per assorbire la droga si ha non più la piccola mucosa nasale, ma tutta la superficie del polmone, che fa arrivare nel giro di uno o due secondi un'enorme quantità di sostanza nel cervello.
  Questo dimostra come tutto dipenda da come la si usa, così come anche per l'alcol, laddove sappiamo bene che bevendo un'intera bottiglia di vodka si rischia il coma etilico e la morte, mentre bevendo un vino di dieci gradi la situazione è ben diversa.
  Qui c’è un problema di concentrazione del principio attivo e nel caso della cannabis purtroppo lo sviluppo di cultivar ad alto titolo ha fatto sì che in alcune partite si sia arrivati addirittura a una concentrazione di principio attivo nella marijuana secca intorno al 50 per cento, percentuale completamente diversa da quella di un tempo, in quanto le specie endemiche al massimo davano un 1 o un 2 per cento di principio attivo, mentre adesso nella pianta fresca arriviamo a concentrazioni intorno al 15.
  Non si arriva al 20 soltanto perché è troppo e allora si tengono un po’ più bassi, ma volendo si può arrivare al 25 per cento dalla pianta fresca, che poi viene essiccata e arriviamo alle percentuali che vi ho detto.
  Dobbiamo usare la storia come insegnamento perché l'oppio è parente stretto della marijuana, l'eroina ha principi sintetici con nomi di fantasia estremamente solleticanti la curiosità, ma quelli hanno tutte le caratteristiche per diventare il corrispettivo cannabinoide dell'eroina (non ci troverei assolutamente niente di inatteso).
  Condivido l'esigenza di non mettere tutto insieme e non equiparare la cannabis vegetale con questi derivati sintetici, perché sarebbe veramente una rovina, quindi nel comma 1, lettera a) dell'articolo del Testo unico, dove si parla anche di prodotti di semi sintesi, bisogna distinguere o eliminare questi prodotti sintetici, che vengono venduti via internet e sono utilizzati per fortificare le preparazioni di cannabis oppure per trasformare l'henné in un'erba che abbia effetti simili, in quanto sono analoghi sintetici estremamente potenti.
  A riprova del fatto che non si può parlare di droghe leggere e droghe pesanti, vorrei evidenziare che il Delta-9 agisce attraverso oppioidi. Noi possiamo bloccare gli effetti della cannabis dando il Naloxone, perché la cannabis libera oppioidi endogeni. Un aspetto fondamentale del meccanismo gratificante della cannabis è esattamente questo.
  Alla cannabis è stata attribuita una serie di proprietà terapeutiche, ma una cosa è sicura: una proprietà fondamentale della cannabis è il fatto che fa star bene, che aumenta il tono dell'umore, che attenua il dolore non perché sia un antidolorifico, ma in quanto migliora il tono dell'umore, quindi è un eccezionale e potentissimo placebo.
  Nel considerare la cosiddetta «cannabis terapeutica» questo è un aspetto che la gente non considera e che invece giustifica quel 97 per cento che negli Stati Uniti usa cannabis terapeutica non per i motivi per cui era stata legalizzata, ovvero l'uso compassionevole. Come voi sapete, infatti, solo il 3 per cento di coloro che consumano cannabis terapeutica negli Stati Uniti ne avrebbe realmente bisogno, in quanto costituito da soggetti affetti da cancro in stadio terminale o sclerosi multipla. Grazie.

  PRESIDENTE. La ringrazio, professore. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  ALESSANDRO PAGANO. Grazie, presidente. Devo veramente ringraziare gli auditi, perché le relazioni del Direttore De Gennaro e del Professore Di Chiara sono state illuminanti (non cito le altre perché purtroppo sono arrivato in ritardo e non ho potuto ascoltarle).Pag. 12
  Alcune notizie mi hanno stupito e sapere che oggi la percentuale di THC è diventata il 15 o addirittura il 20 per cento in alcuni casi rispetto allo 0,5 o 1,5 di qualche decina d'anni fa mi ha preoccupato. Data la premessa in cui si segnala un danno irreversibile qualora venga assunta da adolescente, vorrei chiederle che valutazione lei dia non soltanto su questo impatto negativo diretto, ma anche sui danni indiretti (incidenti stradali, calo di attenzione nei giovani).
  Vorrei sapere inoltre se in base alla sua esperienza di tossicologo forense le risulti che le norme sulla droga introdotte nel 2006 abbiano fatto sensibilmente aumentare solo i detenuti per fatti di droga di lieve entità.
  Il Direttore De Gennaro faceva ventilare l'ipotesi che la legalizzazione delle droghe cosiddette leggere potrebbe rivelarsi una sorta di calamita per i narcotrafficanti internazionali e quindi renderebbe il Paese una specie di Bengodi. Vorrei chiederle però se auspichi un mutamento del quadro normativo. Mi riferisco soprattutto al punto da lei evidenziato, «immediato consumo», su cui mi sembra che lei stia sollecitando la Commissione a intervenire sotto un profilo legislativo, perché questo crea confusione, quindi sarebbe auspicabile un intervento in questo senso.

  FRANCO VAZIO. Vorrei porre due domande, la prima per chiedere se ci sia una sorta di valutazione in riferimento alle ricadute o alle cosiddette «recidive» di coloro che si sottopongono all'affidamento terapeutico.
  Esprimo l'altra valutazione perché abbiamo esperti che travalicano anche l'aspetto tecnico e quindi possono aiutarci sotto il profilo sociologico.
  Affrontare il tema di una depenalizzazione o comunque di una riduzione sotto il profilo punitivo delle droghe sia leggere che pesanti potrebbe costituire un incentivo in grado di favorire soprattutto negli adolescenti il consumo di queste sostanze.
  Alla luce di questo chiedo al Presidente della Commissione se non sia necessario un ulteriore approfondimento delle ricadute, delle valutazioni in merito alla differenza fra droghe leggere e pesanti e comunque degli effetti. La Commissione dovrà fare questa valutazione, perché abbiamo ben chiari gli effetti della costituzione di una fattispecie autonoma di reato, ma cosa diversa è depenalizzare una fattispecie penale, quindi sotto questo profilo un approfondimento scientifico potrebbe essere utile.

  PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Vazio, e ovviamente registro la sua richiesta di approfondimento. Probabilmente non ci saranno i tempi per procedere, perché comunque la Commissione è impegnata nell'audizione di diversi addetti ai lavori, ma comunque registro la sua richiesta. Do la parola all'onorevole Farina.

  DANIELE FARINA. Ringrazio tutti gli auditi e premetto che noi non siamo qui a difendere una modifica legislativa del Testo unico, ma siamo qui per capire come quella modifica possa essere migliorata.
  Ho quindi apprezzato il contributo del Generale De Gennaro perché ci ha posto una serie di temi e alcune precisazioni che erano state meno approfondite in altre audizioni. Visto però che alcune delle audizioni precedenti ci hanno posto di fronte alle nuove frontiere della percentuale di THC in Europa e nel mondo, a me piacerebbe conoscere da lei il dato medio di THC contenuto nei sequestri delle forze di pubblica sicurezza in Italia, che eventualmente potrà fornirci successivamente, perché ho l'impressione che stiamo parlando di qualcosa di assolutamente diverso da quello che qui viene posto e ventilato, quindi noi dobbiamo ragionare in maniera epidemiologica e media su questo valore.
  Agli altri auditi pongo un altro problema. Nella normativa non c’è alcun riferimento ai minori, quindi larga parte delle argomentazioni che riguardano gli effetti dei cannabinoidi sul processo formativo e cognitivo dei minori non è pertinente di questa modifica legislativa, anzi proprio su quel tema della piccola cessione Pag. 13c’è proprio la previsione di esclusione specifica per i minori della non punibilità della condotta.
  Dico questo perché, non essendoci questo problema, vorrei conoscere il legame tra un regime di legalizzazione più ampia (perché oggi in Italia c’è già un regime di legalizzazione restrittivo, che è la Fini-Giovanardi) e un eventuale aumento dei consumi, cioè sapere se esista una relazione positiva tra regime di legalità più ampio e aumento dei consumi.
  Qui, però, abbiamo i dati, e quelli olandesi, che sono dati governativi, non ci raccontano questa situazione, per cui vorrei porre questa domanda a Grazia Zuffa.

  IVAN SCALFAROTTO. Mi rendo conto che praticamente riformulo un tema che sta navigando sulla superficie delle cose che tutti stiamo dicendo e provo ad essere il più brutale e sintetico possibile.
  Il punto è che noi legislatori ci troviamo davanti a sostanze che sono dannose, ma il grande interrogativo che si pone davanti al legislatore è dove tracciare la linea tra ciò che l'adulto può fare autodeterminandosi e la fattispecie penale, soprattutto quando questo comporta una detenzione, quindi tutto ciò che ha a che fare con la custodia in carcere, posto che, se dovessimo vietare tutto ciò che fa male in grandi quantità, dovremmo probabilmente vietare il Culatello di Zibello, cosa che naturalmente ci guardiamo bene dal fare soprattutto in questa Commissione.
  Ho ascoltato con grandissima attenzione il professore ed evidentemente è molto interessante per noi comprendere quanto possano essere dannose queste sostanze, però sappiamo che già esistono sostanze che per la scienza sono sicuramente dannose, cioè causano certamente patologie e addirittura la morte, che sono regolarmente vendute e tassate con il bollino dei Monopoli di Stato.
  Vorrei chiedervi quindi in che punto lo Stato debba tracciare questa linea, cioè dove sia la differenza per cui una persona di diciotto anni può comprarsi un pacchetto di sigarette e non della cannabis, in quanto questo è l'interrogativo davanti al quale ci arrovelliamo quando trattiamo di temi così delicati, che da un lato hanno a che fare con la salute pubblica, dall'altro con la libertà dell'individuo, soprattutto quando sono complicati poi da sanzioni restrittive delle libertà personali.
  Dato che questo è il nostro interrogativo, vorrei porlo anche a tutti voi. Grazie.

  FRANCESCA BUSINAROLO. Solo per chiedere al professor Di Chiara cosa intenda per adolescenti, cioè di che fascia di età stiamo parlando. Grazie.

  SOFIA AMODDIO. La mia domanda è rivolta alla dottoressa Grazia Zuffa. Ritengo che una delle leggi più importanti nel nostro ordinamento garantista sia quella del 2006, che ha innalzato da 4 a 6 anni l'affidamento terapeutico dell'articolo 94 della legge stupefacenti.
  Un dato a mio avviso sconvolgente che ha riportato la dottoressa è quello che nel 2011, per quanto concerne gli affidamenti terapeutici, il soggetto passa prima dalla detenzione carceraria. Vorrei sapere se questo dato allarmante sia dovuto a una mancanza di richiesta o a un rifiuto da parte dei magistrati di sorveglianza, perché è fondamentale per noi capirlo anche sulla base del decreto legge di cui stiamo discutendo in questa Commissione.

  PRESIDENTE. Do quindi la parola agli auditi per la replica.

  GRAZIA ZUFFA, Direttore esecutivo di Forum Droghe. Inizio dall'ultima domanda relativa all'affidamento terapeutico. Credo che la principale ragione risieda nella serie di norme molto più stringenti inserite nella legge del 2006 e soprattutto nel fatto che questo programma terapeutico è soggetto al giudizio del magistrato, il quale segue una logica diversa dal terapeuta. Non c’è niente da fare: c’è un conflitto su questo e credo che la soluzione sia quella di lasciare al terapeuta quello che è del terapeuta, cioè la predisposizione del programma. Credo che questa sia la cosa più ragionevole da fare, che probabilmente risolverebbe il problema perlomeno in gran parte.Pag. 14
  Per quanto riguarda le recidive fra sottoposti a trattamento, non so francamente se ci siano dei dati italiani, ma ci sono dei dati europei, che dimostrano che generalmente sia il trattamento carcerario sia in particolare i trattamenti terapeutici sono predittori di una diminuzione della recidiva, quindi su questo possiamo stare abbastanza tranquilli.
  Riguardo all'ipotesi che sistemi punitivi più stringenti risultino più efficaci nel diminuire la prevalenza dei consumi e che al contrario un allentamento delle norme in direzione meno repressiva favoriscano i consumi, credo che ci sia ampia dimostrazione che la prevalenza e ancora di più i modelli di consumo seguono dinamiche sociali.
  Ho per esempio presente una bella ricerca fatta dal sociologo americano Reinermann, che ha comparato non solo la prevalenza, ma anche i modelli di consumo fra la popolazione di San Francisco e la popolazione di Amsterdam, ed è incredibile come, paragonando un regime fortemente repressivo soprattutto al tempo con uno di quasi legalizzazione come quello olandese, non ci siano grandi differenze. Non a caso l'ha fatto un sociologo, a dimostrazione che c’è una dinamica sociale.
  Ritengo quindi necessario distinguere, in quanto una cosa sono i rischi delle sostanze, e su questo naturalmente continua a esserci un dibattito, perché io ho presente per esempio tutti i lavori del farmacologo David Nutt, il quale nella classificazione delle sostanze pone alcune sostanze legali a livelli di rischio molto più alto di quelle illegali. Naturalmente apparterrà a un'altra scuola, ma è sicuramente un farmacologo di fama internazionale, mentre altro problema è come una società si difende dai rischi delle sostanze.
  Credo che quando una sostanza è entrata nella cultura (penso per esempio alla cannabis e in particolare alle culture giovanili) lo strumento repressivo non serva, ma, come vedo nelle mie ricerche sulle opinioni degli adolescenti, serva solo ad avere un meccanismo di sfiducia complessiva in tutto quello che è il messaggio degli adulti nei confronti del minore.
  Credo invece che diminuire la repressione sia la premessa per mettere in campo dei programmi di sanità pubblica.

  ANDREA DE GENNARO, Direttore centrale del Servizio antidroga del Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'Interno. Cercherò di essere sintetico ma di rispondere in maniera efficace innanzitutto all'onorevole Pagano, in quanto «calamita per i narcotrafficanti» francamente mi sembra un'espressione forte.
  Il senso di quello che volevo dire è che sapere che in un determinato Paese (prendiamo l'Italia) le pene per un certo reato si abbassano di tanto a nostro parere è una possibile spinta a un aumento di transito, però da qui a dire che il nostro Paese diventi l'ombelico del mondo francamente mi sembra troppo.
  Sul consumo immediato in realtà c’è una richiesta di capire meglio. Andrebbe specificato meglio a nostro parere cosa si intenda per «immediato» non tanto in termini temporali.
  Per l'onorevole Farina mi impegno assolutamente a ottenere il dato prima possibile, spero di poter fornire un dato esaustivo ma non ne sono sicuro, perché noi raccogliamo tutte le informazioni e tutti i dati che ci provengono dalle forze di polizia anche in linea retta...

  GAETANO DI CHIARA, Ordinario di farmacologia presso l'Università degli studi di Cagliari. Che dato ?

  ANDREA DE GENNARO, Direttore centrale del Servizio antidroga del Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'Interno. Il dato medio percentuale del principio attivo di THC contenuto nelle droghe sequestrate.

  GAETANO DI CHIARA, Ordinario di farmacologia presso l'Università degli studi di Cagliari. Intorno al 5 per cento di media.

Pag. 15

  ANDREA DE GENNARO, direttore centrale del Servizio antidroga del Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'Interno. Il dato non è esaustivo perché non tutti ci comunicano la percentuale di principio attivo che è stata rinvenuta, quindi potrebbe non essere un dato preciso. Questo mi preme anticiparlo subito.
  Per ultima la domanda più complessa, che meriterebbe più tempo. Come polizia giudiziaria e quindi come organo repressivo di contrasto, nel caso specifico della proposta di legge che stiamo valutando, la linea dovrebbe essere quella che è stata indicata anche dal dottor Sabelli, cioè, se si arriverà a un abbassamento della pena prevista, che questo non comporti dei problemi di carattere processuale e di applicazione di possibili misure cautelari.

  PRESIDENTE. La ringrazio, generale, e la prego di comunicare i dati alla Commissione, in modo che possano essere distribuiti a tutti i commissari.

  GAETANO DI CHIARA, Ordinario di farmacologia presso l'Università degli studi di Cagliari. Per quanto riguarda la questione del titolo medio, gli esempi che facevo riguardavano soprattutto gli estremi perché il titolo medio non è certo il 15 per cento, ma è ben più basso, però di sicuro è più alto di quello di dieci anni fa.
  Per quanto riguarda la questione del mercato, la collega citava questo studio che paragonava San Francisco ad Amsterdam e si diceva che San Francisco era una realtà repressiva mentre Amsterdam era permissiva. Dissentirei però dal considerare la realtà di San Francisco repressiva, perché lo è nelle premesse, ma non nella realtà, in quanto si sa bene che a San Francisco ci sono i corrieri che si possono chiamare con il telefono, pagare con la carta di credito, ricevendo la marijuana migliore del mondo. Su questo ci sarebbe quindi da discutere.
  Per quanto riguarda gli effetti indiretti, di sicuro la cannabis sulla guida ha effetti molto importanti, perché modifica soprattutto la guida automatica, quella che noi facciamo mentre pensiamo alle nostre cose o parliamo con qualcun altro, mentre l'alcol modifica la guida non automatica. Quando sono associati, la guida è alterata in maniera estremamente pericolosa.
  È stato chiesto se la maggiore disponibilità ambientale di cannabis possa aumentare la prevalenza di soggetti dipendenti: non abbiamo tanti dati su questo però la storia ci insegna che la dipendenza da gioco d'azzardo patologico è aumentata enormemente con l'introduzione di internet.
  Siccome la malattia è il risultato dell'interazione tra fattori genetici e fattori ambientali, aumentando le possibilità di azione dei fattori ambientali è prevedibile che ci sia un aumento della prevalenza delle dipendenze. È anche riconosciuto che, se il fumo non fosse una droga sociale come l'alcol, ci sarebbero sicuramente meno dipendenti da tabacco e meno alcolisti.
  La cannabis è una droga estremamente diffusa, quindi non è detto che la maggiore disponibilità produrrebbe un incremento. In Colorado, dove è stata liberalizzata, il costo della cannabis al mercato nero era di 25 dollari, mentre adesso è diventato di 70 dollari al mercato legale.
  Dovremmo chiederci però se il fatto che sia più disponibile anche solo per gli adulti permetta un maggior accesso da parte degli adolescenti, ovvero ragazzi tra i 13 e i 16 anni, periodo in cui si comincia a fumare la cannabis.
  Mi rendo conto che nella proposta di legge è inibita la possibilità di consumo dei minori, però dobbiamo porci il problema se per caso questa maggiore disponibilità non faccia quello che succede con i cognitive and answer, perché per esempio il metilfenidato viene utilizzato da ragazzi che soffrono di ADHD, però viene somministrato anche agli adulti che lo usano per migliorare lo studio prima degli esami o perché gli piace.
  Per quanto riguarda il recupero dei soggetti dipendenti da cannabis, in effetti da questo punto di vista pone meno problemi di una dipendenza dall'eroina, e in ogni caso con la cannabis si matura e, passata una certa età, si passa fortunatamente ad altre cose.

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  FRANCESCA BUSINAROLO. La mia domanda riguardava la fascia di età...

  GAETANO DI CHIARA, Ordinario di farmacologia presso l'Università degli studi di Cagliari. Avevo risposto che per quanto riguarda la cannabis il periodo più critico è quello tra i 13 e i 16 anni, perché iniziando a questa età e continuando per una decina d'anni con un uso cronico e quasi giornaliero (si considera uso pesante almeno una canna quattro giorni alla settimana) i soggetti hanno mostrato una riduzione del quoziente di intelligenza e degli indici cognitivi nell'età adulta.

  PRESIDENTE. Vorrei capire invece quale sia la soglia entro cui non c’è un danno.

  GAETANO DI CHIARA, Ordinario di farmacologia presso l'Università degli studi di Cagliari. Ovviamente una soglia precisa non c’è. È stato stabilito sulla base della convenzione che un uso pesante di cannabis significa un uso per almeno quattro giorni a settimana per dieci anni, poi ci sono variabilità individuali ed è possibile che alcuni soggetti, pur consumando la cannabis con queste modalità, non abbiano alcuna alterazione, come ci potranno essere quelli che avendola consumata solo per cinque anni l'avranno.

  PRESIDENTE. Lo chiedo perché durante questa audizione è emersa l'importanza della differenza non tanto tra droghe pesanti e droghe leggere quanto tra uso pesante e uso leggero e, visto che lei aveva dato un'indicazione in ordine all'uso pesante, volevo capire se ci fosse un'indicazione di massima in ordine all'uso leggero.

  GAETANO DI CHIARA, Ordinario di farmacologia presso l'Università degli studi di Cagliari. Diciamo che la media è questa, ma si tratta di risultati statistici, quindi è chiaro che c’è una variabilità, però i risultati sono altamente significativi per questa popolazione.

  PRESIDENTE. Mi viene segnalato che c’è una ricerca che eventualmente potrà essere mandata come contributo alla Commissione. Nel ringraziare gli auditi, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.45.